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Era il 1995. Due ragazzi (il nome non ha impor- tanza) giocavano a basket. Prima in- sieme, poi da avversari. Una parti- ta contro per la vergogna. Uno dei due è ebreo, nello spoglia- toio appaiono cartelli con scritte ingiuriose antisemite verso di lui. Non solo: durante la gara, gli epi- teti razzisti si sprecano. Alla fine, la federbasket comminerà al gio- catore sei mesi di squalifica per quegli insulti gridati al suo ex com- pagno di squadra. Una pena più che altro esemplare: è stata la prima squalifica del mondo sportivo ita- liano per "razzismo". Anche nello sport il termine razza viene usato e abusato. Lo sport dovrebbe eliminare le differenze e invece sembra accentuarle. Negli anni sono cambiate molte situazio- ni, meno la mentalità. Gli episodi di que- sto ultimo periodo nel mondo del calcio lo di- mostrano ampiamente. Eppure sembra così distante parla- re di razzismo. Invece come sono vicini quei cori negli stadi e quelle parole. E, anche, come fanno poco sia calciatori che allenatori per far cambiare la situazione. GRUPPO SPORTIVO Jesse Owens, vincitore di 4 medaglie d'oro alle Olimpiadi di Berlino (100 m, 200 m, 4 100 m,
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Feb 20, 2019

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Era il 1995. Due ragazzi (il nome non ha impor-tanza) giocavano a basket. Prima in-sieme, poi da avversari. Una parti-ta contro per la vergogna. Uno dei due è ebreo, nello spoglia-toio appaiono cartelli con scritte ingiuriose antisemite verso di lui. Non solo: durante la gara, gli epi-teti razzisti si sprecano. Alla fine, la federbasket comminerà al gio-catore sei mesi di squalifica per quegli insulti gridati al suo ex com-pagno di squadra. Una pena più che altro esemplare: è stata la prima squalifica del mondo sportivo ita-liano per "razzismo". Anche nello sport il termine razza viene usato e abusato. Lo sport dovrebbe eliminare le differenze e invece sembra accentuarle. Negli anni sono cambiate molte situazio-ni, meno la mentalità.

Gli episodi di que-sto ultimo periodo

nel mondo del calcio lo di-mostrano ampiamente.

Eppure sembra così distante parla-re di razzismo. Invece come sono vicini quei cori negli stadi e quelle parole. E, anche, come fanno poco sia calciatori che allenatori per far cambiare la situazione.

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Jesse Owens, vincitore di 4

medaglie d'oro alle Olimpiadi di

Berlino (100 m,

200 m, 4x100 m,

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Non solo nel calcio. "Strega nera, tornatene nella savana": du-rante una sfilata di carnevale, la gente di Francoforte insultò così, nel 1992, l'allora fidanzata di Boris Becker, il campione di tennis che è sempre stato controcorrente, nello sport come nella vita. Barbara, figlia di un soldato ame-ricano nero e di una tedesca, subiva "apprezzamenti" simili in ogni tor-neo dove giocava Boris. E allora Bum Bum si schierò apertamente contro il razzismo. Raccontò a un giornale inglese tutte le sue preoccupazioni sul significato di una edizione dei Giochi Olimpici nel suo paese. E al-lora viene in mente l'Olimpiade di Berlino del '36. Razza: quante volte sarà venuto in mente a Hitler quel termine. E quan-te volte avrà ripensato a quell'atle-ta nero, Jessie Owens, che vinceva

e non doveva. Una caduta d'imma-gine che non servì a nulla. La follia dell'Olocausto era lì a un passo, lo sport (come al solito, malgrado sia troppo facile pensare il contrario) non servì a nulla, la società civile si muove sulla base dell'economia, il resto sono quisquiglie. Eppure lo sport qualche coscienza la smuove. Non solo per quanto fanno gli atleti. C'era un commentatore sportivo americano: Jimmy "il gre-co" Snyder, questo il suo nome. La-vorava alla CBS, fu licenziato per aver avanzato la teoria secondo la quale i neri sono atleti migliori dei bianchi perché, a causa del duro lavoro nelle piantagioni di cotone durante lo schiavismo, avrebbero sviluppato fisici formidabili. Non solo. Raccontò al-tre nefandezze di questo tipo. Fu cacciato. Negli Stati Uniti il politically cor-rect (attenzione, è di moda parlar-ne male, ma meglio essere corretti

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che offensivi e volgari) funzionava già allora. Il termine razza ha subìto anche equivoci nello sport. Ecco Carl Lewis (lui e Owens i più grandi di sempre) arrivare a dichiarare: "In certi sport la natura ha dato ai neri un vantaggio sui bianchi: abbiamo meno grassi nel corpo, braccia e gambe più lunghe; e grazie a questo siamo più rapidi nello scatto". Altra teoria che puzza di razzismo secondo il re-verendo nero Jessie Jackson. Sport è eguaglianza e non si può partire da differenze di razza. Il calcio (ma non solo) in Italia sta vivendo mo-menti difficili proprio legati alla pa-rola razza. Fermiamoci: lo aveva detto un gio-

catore italiano di basket - Carlton Myers - che, a causa del colore della sua pelle, si trovava ogni set-timana a sentire schifezze nei pa-lazzetti. Come ogni conqui-

sta civile, anche la fine del razzismo

nello sport passa attra- verso sacrifici e non violenza. Ci sono persone pronte a rischiare il proprio lavoro fra i professionisti dello sport? Purtroppo (senza ca-dere in generalizzazioni), la rispo-sta è no. E allora un segnale chiaro e preci- so deve venire dallo sport di base, da coloro che non ne fanno un me-stiere. Ecco chi deve mettersi in gioco. Anche nelle cose più semplici e piccole. Come spiegare a un vicino allo stadio che fare ululati quando ha la palla un giocatore nero è solo sinonimo di razzismo e violenza. Forse può bastare questo. Forse.

Il vostro Mago Ornello

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