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SCACCOMATTO LA MERCE COME SOGGETTO IN FORTUNATO DEPERO E PETER HALLEY Giancarlo Carpi Questo accostamento tra alcuni lavori di Fortunato Depero e Peter Halley si immette, a mio parere, nel corso dell’arte del Novecento senza la necessità di un legame di influenza tra i due artisti. Si possono vedere alcune analogie tra Depero e Halley, e sono analogie che vorrei motivare esteticamente come momenti di relazione rispetto al problema della comunicazione nell’arte, nel suo legame con la pop-art, ma che si pongono prima (Depero) e dopo (Halley) la sua elaborazione storica. L’analogia afferisce anche all’ambito formale specificandosi in relazione a questi problemi come una forma di astrattismo concettuale e una relazione particolare con il “soggetto”. Si tratta, per Depero, di quello stile astratto-analogico che determinò nel 1915 insieme alle formulazioni del manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo”. I punti essenziali enucleavano un visione extrapittorica e oggettuale del fare artistico, attraverso i mezzi tecnici del polimaterismo e di una astrazione sintetica e analogica che incarnava un’idea di contingenza e rapporto con lo
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May 14, 2023

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Lucio Russo
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SCACCOMATTO

LA MERCE COME SOGGETTO IN FORTUNATO DEPERO E PETER HALLEY

Giancarlo Carpi

Questo accostamento tra alcuni lavori di Fortunato Depero e Peter Halley si immette, a mio parere, nel corso dell’arte del Novecento senza la necessità di un legame di influenza tra i due artisti. Si possono vedere alcune analogie tra Depero e Halley, e sono analogie che vorrei motivare esteticamente come momenti di relazione rispetto al problema della comunicazione nell’arte, nel suo legame con la pop-art, ma che si pongono prima (Depero) e dopo (Halley) la sua elaborazione storica. L’analogia afferisce anche all’ambito formale specificandosi in relazione a questi problemi come una forma di astrattismo concettuale e una relazione particolare con il “soggetto”. Si tratta, per Depero, di quello stile astratto-analogico che determinò nel 1915 insieme alle formulazioni del manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo”. I punti essenziali enucleavano un visione extrapittorica e oggettuale del fare artistico, attraverso i mezzi tecnici del polimaterismo e di una astrazione sintetica e analogica che incarnava un’idea di contingenza e rapporto con lo

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spettatore. Depero produsse in quegli anni una serie di quadri che definì “astrazioni animali”, due conservatisi – Ciz-ciz-guaglia 1915, Movimento d’uccello, 1916, la maggior parte distrutti ma visibili in varie fotografie tra le quali quella della mostra personale di Roma nella Sala d’Arte Angelelli nel 1916, Composizione astratta, 1916, e Danza di Chiofissi, 1916 – dell’anno precedente il piccolo collage Ki-ki-golà, in mostra. Ora la definizione deperiana “astrazioni animali” che tratta il soggetto come fosse un vettore formale è molto significativa. Se, infatti, era implicita nella ricostruzione futurista dell’universo la totalità dell’esistente a partire dalla natura, credo che in quel caso il soggetto valesse per la sua relazione con la forma: scegliere un soggetto vivo quel è l’animale serviva a Depero per soggettificare l’astrazione.1 Ci si rivela, quella particolare maniera futurista di Balla e Depero, dove soggetto e astrattismo possono tenersi insieme, che permette di collegarli a certi aspetti di Halley. Una relazione di questo genere è stata sostenuta da uno critico di lungo corso di Halley come Demetrio Paparoni, che considera Halley «un astrattista geometrico che si esprime mostrando il reale»2. Ma occorre inoltre dire che alla relazione che Halley instaura tra le sue formalità astratte e i suoi soggetti – griglie, topografie, sbarre, tubi, – sembra consentanea l’intenzione di Depero quando parla di “astrazioni animali”, cioè trovare una modalità astratta che animi il soggetto. Il primo obiettivo della personificazione futurista è la tecnologia. Quanto a Halley, lo stesso Paparoni ha definito questi elementi meccanici, tecnologici, della comunicazione “cervelli”. In alcuni quadri anche in mostra può notarsi un rapporto di relazioni energetiche e gerarchiche tra gli oggetti inanimati, che ottiene il risultato di personificarli, conferendo alle campiture astratte lo status di soggetti, alle fluorescenze quello di emanazioni. I complessi plastici futuristi accoglievano elementi di realtà, nell’intento, secondo alcuni, me compreso, di porre in relazione l’uomo e la macchina umanizzandola e al tempo stesso

1 Fin dal 1988 Maurizio Fagiolo dell’Arco scrisse di un elemento animistico nell’opera di Depero, cfr. Maurizio Fagiolo dell’Arco (a cura di), Depero, Electa, Milano, 1988, p. 77. 2 Demetrio Paparoni, Peter Halley. Landscapes from life. in Peter Halley Works for Projects (catalogo della mostra Galleria In Arco, Torino, 2008), Galleria In Arco, 2008

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svuotandola di significato, in una sorta di feticismo dell’umano.3 Le parti dipinte “a buccia d’arancia” – che richiamano gli alberghi americani di infimo rango – stanno nelle strutture di Halley come formalità basse e umanizzate, attivano una permutazione tra l’umano e il non umano – la società che quelle strutture, che controllano l’uomo, registrano in se stesse, umanizzandosi.

Ma nella modularità e nella ripetitività dei soggetti e delle forme astratto geometriche dei quadri di Halley c’è anche un’estetica seriale. Depero – come si sta sempre più chiaramente e giustamente riconoscendo4 – già a partire dall’olio I miei Balli Plastici (1918), e dal cartellone pubblicitario Al teatro dei Piccoli, Balli Plastici (1918), individua alcune tipologie – a esempio l’uomo con i baffi o l’omino con la pipa – che riutilizzerà in quadri differenti e nella cartellonistica pubblicitaria, abdicando all’originalità dell’invenzione. Dopo l’esperienza teatrale dei Balli plastici Depero pratica una pittura che ha quel carattere figurativo meccanico e geometrico che sfocerà nell’arte meccanica futurista degli anni Venti, sviluppando il manifesto marinettiano “Lo splendore geometrico e la sensibilità numerica” (1914). In Bitter Campari, Squisito al selz (1926) l’uomo con i baffi appare in un ambiente squadernato da solidi e superfici semitrasparenti. Da lui stesso definito “quadro pubblicitario” – esposto alla Biennale di Venezia (1926) – questo quadro intende fattivamente superare il confine tra l’arte e la pubblicità. L’anno seguente, per la copertina della rivista Emporium, realizza una suddivisione in riquadri che scandiscono la marca alludendo alla natura seriale del prodotto. Durante il viaggio a New York, colpito dalla notizia della cattura di Al Capone, ne riproduce serialmente il volto su una tarsia (Nove teste con cappello, 1929-30), inserendo l’icona mediale nell’opera d’arte come poi farà Warhol. Al suo ritorno dall’America redige il “Manifesto dell’arte pubblicitaria” (1931) dove

3 Confronta il recente Antonio Saccoccio, Roberto Guerra (a cura di) Marinetti 70. Sintesi della critica futurista, Armando, Roma, 2014, contenete il mio saggio Marinetti è il Palombaro dello spazio. Vedi anche Maurizio Ceccagnoli, Marinetti e Venezia: dal Romanticismo al feticismo, in M. Ceccagnoli e P. Valesio (a cura di), Filippo Tommaso Marinetti, Venezianella e Studentaccio, Mondadori, Milano, 2013.4 Si veda la consistente presenza di opere di Depero nella mostra “Italian Futurism 1909-1944”, a cura di Vivian Green, Guggenheim Museum, New York, 2014.

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dichiara: «L’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria». Si devono al soggiorno newyorchese anche una serie di quadri e disegni che sembrano descrizioni del processo di mercificazione. In particolare, in Big Sale 1929, Depero adotta la moltiplicazione dematerializzante del soggetto per rappresentare delle merci, delle pere, rappresentando più volte ma distintamente gli altri prodotti, un cappello, un vestito, una ciambella. La dematerializzazione futurista dei corpi viene in qualche modo a coincidere con la natura immaginale delle merci dovuta al valore di scambio. Un disegno del 1929, Subway (Folla ai treni sotterranei) 1930, presenta una suggestione partendo dal lavoro di Halley, poiché la moltitudine omologata delle figure dentro la metro, indistintamente moltiplicate e serializzate – proprio “L’uomo moltiplicato e il regno della macchina” di Marinetti (1915): l’idea di un’arte indefinitamente surrogabile e replicabile – è rinchiusa da una cupa architettura di tubi e infrastrutture.

Tutto ciò detto, credo che un’esegesi ancora feconda dell’opera di Depero, un artista a posteriori sempre più scollegato dall’ambito pittorico e dentro quello concettuale, debba rimettersi alla sua definizione di arte pubblicitaria per quell’animismo che essa contiene. Depero scrive che «il cartello è l’immagine simbolica di un prodotto, è la geniale trovata plastica e pittorica per esaltarlo ed interessarlo». Già nel 1981 Bruno Passamani interpretava rilevando un carattere animistico: “Il prodotto infatti non si presenta mai nella sua fredda consistenza oggettuale, magari esornato o esaltato alla maniera corrente, ma viene riassorbito nel suo simbolo o dall’azione che esso richiama. Esso si costituisce in tal modo volta a volta come magica apparizione, evento, personaggio grottesco o iperbolico, colpendoci con l’esuberanza plastico-cromatica, con la bizzarria formale e suscitando simpatia automatica»5. Recentemente una studiosa spagnola di Depero, Bélen Sánchez Albarrán ha ripreso questa interpretazione – accostando Depero all’illustratore Leonetto Cappiello – in termini di accoppiamento tra un personaggio e un prodotto invece che di personificazione del prodotto medesimo: «Los carteles de ambos artistas están poblados por criaturas

5 Bruno Passamani, Depero, Musei Civici, Rovereto, 1981, p. 184.

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fantásticas que personifican el producto al que sirven, para sorprender al público y quedarse fijados en su memoria»6. Credo invece che Depero abbia praticato, a volte, una personificazione interna all’oggetto, inscrivendovi una mancanza di umanità. L’animismo deperiano e l’idea di rappresentare un prodotto come “evento”, come “presenza”, al fine di “interessarlo”, convergono, permettendogli di rappresentare i prodotti come feticci dell’umano. Depero volle eliminare la distinzione tra arte e pubblicità, cioè tra arti alte e arti commerciali, ma non cercò di farlo sostenendo che la grafica pubblicitaria dovesse essere elevata a opera d’arte, al contrario egli trasformò i suoi quadri in merci, attraverso una estetica feticistica. Non solo l’idea di un’arte come Presenza, idea espressa da Marinetti in “Ricostruzione futurista dell’universo”, è presa nel divenire storico verso la pop-art, ma Depero sembra avere, se quanto detto si regge, attinto straordinariamente in anticipo – per quel che concerne l’ambito delle arti “alte” – all’estetica cute del neo-pop.7 Infatti tale feticismo dell’umano che, Depero colloca nelle cose, rappresenta la forma delle merci come scissione tra la loro apparenza fenomenica e la loro fungibilità. Riprendendo una filiazione storica, appare un nuovo raccordo con l’opera di Halley e con la Neo-Geo americana, giacché il Neo-Pop giapponese è nato da quella, all’inizio degli anni Novanta.

6 Bélen Sánchez Albarrán, Depero Publicitario, in Manuel Fontán del Junco, Depero Futurista 1913-1950 (catalogo della mostra, Fundación Juan March, Madrid, 2014), Fundación Juan March, Madrid, 2014, p. 321. 7 In alcuni interventi tra i quali un saggio per la mostra che ho co-curato nel 2012 per il museo EMMA di Helsinki-Tapiola – Italian Futurism 1909-1944, EMMA Publications, 2012, ho avuto modo di rintracciare nell’opera di Depero anche alcuni esempi di Kindchenschema, morfologia che produce una presenza negli oggetti per il riferimento biologico allo schema infantile, codificazione cardinale del neo-pop e del pop-surrealism. Sul cute e il futurismo vedi anche “A cute futurism”, in G. Carpi, M. Gaeta, S. Albertini, Futuriste. Women in art and literature (catalogo della mostra, Casa Italiana Zerilli Marimò at New York University) 2009, e Il teatro di Prampolini nella rivista Noi, in Daniela Fonti (a cura di), Prampolini futurista (catalogo della mostra, Auditorium Parco della Musica, Roma), Skira, Milano, 2006. Ringrazio Sergio Bertaccini e il co-curatore di questa mostra, Graziano Menolasci-na, e Peter Halley, per averla realizzata insieme dandomi di fatto lo spunto per queste riflessioni.

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GOODS AS SUBJECTS IN FORTUNATO DEPERO AND PETER HALLEY

Giancarlo Carpi

In my opinion, this combination of works by Fortunato Depero and Peter Halley can enter the course of the twentieth century without the need for a direct influence between the two artists. Some similarities between Depero and Halley are clearly visible, and I would like to motivate these analogies through aesthetics, considering them as instances of connection to the problem of communication in art, in its links with Pop Art, arising before (Depero) and after (Halley) its historical processing. Similarities also emerge in the formal aspect of their work and can be defined, in relation to these issues, both as a form of conceptual abstraction and as a form of peculiar relationship with the “subject”. In Depero’s case, we are referring to the abstract-analogic style that he created in 1915 together with the “Ricostruzione futurista dell’universo” manifesto. The main points of this manifesto articulated a concept of art making as objectual and beyond painting, to be accomplished through a varieties of materials in terms of technical means, and through a synthetic-analogic abstraction that

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embodied both the idea of contingency and of a relationship with the viewer. In those years, Depero produced a series of paintings that he defined “animal abstractions.” Two of them have survived - Ciz-Ciz-guaglia 1915, and Movimento d’uccello, 1916 - while most of the others have been lost. They can be seen in several photographs, including those of the personal exhibition held in Rome at Sala d’Arte Angelelli in 1916, Composizione Astratta, 1916 and Danza di Chiofissi, 1916 (the little collage Ki-ki-golà, 1915, was on display in the same exhibition). Depero’s definition “animal abstractions”, that treats the subject as a formal vector, is critical. If the totality of being, starting from nature, was implicit in Futurist reconstruction of the universe, I think that in that case the subject mattered because of its relationship with the form, whilst Depero chose a living subject, such as an animal, in order to subjectify abstraction1. The particular Futurist approach of Balla and Depero, where abstraction and the subject can be held together, is the link that allows us move to certain aspects of Halley’s work. Such a connection was supported by the long-time critic of Halley Demetrio Paparoni, who considers Halley as “a geometric abstract artist who expresses himself by showing the real.”2 It has also to be pointed out that the relationship that Halley establishes between his abstract forms and his subjects - grids, topography, bars, pipes, - seems to correspond to Depero’s intentions around his “animal abstractions”, that is to animate the subject through abstract means. The main purpose of the Futuristic personification is technology. As for Halley, Paparoni called these elements mechanical, technological, related to communication, “brains”. In some paintings on display, a connection of energetic and hierarchic relationships between inanimate objects can be noticed, which results in their personification, and redefine abstract fields in terms of entities, fluorescence in terms of emanation. According to some critics, me included, the complex Futurists’ plastic models included elements of reality in order to relate the man and the

1 Maurizio Fagiolo dell’Arco has written of an animistic element in Depero’s work since 1988, see Maurizio Fagiolo dell’Arco (curated by), Depero, Electa, Milano, 1988, p. 77. 2 Demetrio Paparoni, Peter Halley. Landscapes from life in Peter Halley Works for Projects (catalog of the show, Galleria In Arco, Torino, 2008), Galleria In Arco, 2008.

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machine, humanizing the latter and at the same time emptying it of any meaning, in a sort of fetishism of the human.3 The “orange peel” painted areas of the canvas - recalling American hotels of the lowest class - stand in Halley’s structures as low and humanized forms, and activate a permutation between human and non-human features – the society that those man-controlling structures record in themselves becoming human.

However, in the modularity and repetition of subjects and of abstract geometric forms of Halley’s paintings there is also an aesthetic seriality. As it is now rightly and widely being recognized4, as early as in the oil on canvas I miei Balli Plastici (1918) and in the advertising billboard Al teatro dei Piccoli, Balli Plastici (1918), Depero identifies certain types - for example, the man with mustache and the little man smoking pipe - that he will use again and again in several paintings and advertising works, renouncing to the originality of the invention. After the theatrical experience of Balli plastici, Depero started a painting style characterized by that mechanical and geometric figurative quality that will lead to the mechanical Futurist art of the twenties, developing Marinetti’s manifesto “Lo splendore geometrico e la sensibilità numerica” (1914). In Bitter Campari, Squisito al selz (1926), the man with mustache appears within a space crossed by semi-transparent surfaces and three-dimensional figures. Defined by Depero himself as an “advertising painting” - exhibited at the Venice Biennale (1926) - the purpose of this work is indeed to overcome the difference between art and advertising. The following year, for the cover of the magazine Emporium, Depero divided the visual space into squares that give a rhythm to the brand, as an allusion to the serial nature of the product. During his stay in New York, struck by the news of the capture of Al Capone, he serially reproduced his face on a marquetry (Nove

3 Confront the recently published Antonio Saccoccio, Roberto Guerra (curated by) Marinetti 70. Sintesi della critica futurista, Armando, Roma, 2014, including my essay Marinetti è il Palombaro dello spazio. See also Maurizio Ceccagnoli, Marinetti e Venezia: dal Romanticismo al feticismo, in M. Ceccagnoli e P. Valesio (curated by), Filippo Tommaso Marinetti, Venezia nella e Studentaccio, Mondadori, Milano, 2013.4 See the significant amount of Depero’s work in the show “Italian Futurism 1909-1944”, curated by Vivian Green, Guggenheim Museum, New York, 2014.

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teste con cappello, 1929-30), inserting a media icon in the artwork as Warhol will do. On his return from America, he prepared the “Manifesto dell’arte pubblicitaria” (1931) where he stated: “The art of the future will be powerfully advertising.” During his stay in New York, he also produced a series of paintings and drawings that seem to be descriptions of the process of commodification. In particular, in Big Sale (1929), Depero used the dematerializing multiplication of the subject to represent some goods (pears) by representing more than once each of the other products (a hat, a dress, a donut). The dematerialized futuristic bodies coincide somehow with the ethereal nature of goods due to their exchange value. A drawing from 1929, Subway (Folla ai treni sotterranei) 1930, seems to show a connection with the work of Halley, for the homologated multitude of figures in the subway, indiscriminately multiplied and serialized – just like “L’uomo moltiplicato e il regno della macchina” by Marinetti (1915): the idea of an art infinitely substitutable and replicable – is framed by a dark architecture of pipes and infrastructure.

All this being said, I believe that a worthwhile critical analysis of Depero - an artist who in retrospect has been more and more disconnected from the field of painting and linked to conceptualism - must refer to his definition of advertising art for the animistic traits that this definition implies. Depero wrote that «the billboard is the symbolic image of a product, it is the brilliant plastic and pictorial means to enhance it and interest it.» As early as in 1981, Bruno Passamani detected an animistic quality: «The product never occurs in its cold objectual texture, maybe embellished or exalted in current fashion, but it is reabsorbed into its own symbol or by the action that it invokes. It thereby appears as a magical appearance, an event, a grotesque or hyperbolic character, striking us with its plastic and color exuberance, with its bizarre form and arousing automatic empathy»5. Recently, the Spanish expert of Depero Belen Sanchez Albarrán has recalled this interpretation - comparing Depero to the illustrator Leonetto Cappiello - in terms of combination between a character and a product, rather than the personification of the product 5 Bruno Passamani, Depero, Musei Civici, Rovereto, 1981, p. 184.

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itself: «Los carteles poblados están por artistas de ambos criaturas fantásticas personifican que el producto que to sirven, para Marvel at the público y quedarse en fijados of memory»6. I think instead that Depero has used, at times, an inner personification of the object, by inscribing to it a lack of humanity. Depero’s animism and the idea of representing a product as an “event”, a “presence”, in order to “interest it”, converge, allowing him to represent the products as human fetishes. Depero wanted to erase the distinction between art and advertising, that is, between high art and commercial art, but he did not attempt to do so by arguing that graphic design for advertising should be elevated to a work of art: on the contrary, he transformed his paintings into commodities, through a fetishistic aesthetic. Not only did Depero shape the idea of art as a Presence - an idea expressed in Marinetti’s “Ricostruzione futurista dell’universo” - in its historical development towards Pop Art but, if my above-explained thesis is valid, he seems to have drawn from the neo-pop aesthetics of cute in extraordinary advance - for what concerns the fields of “high-brow” arts7. The fetishism of the human that Depero place in things represents indeed the shape of goods as a split between their phenomenal appearance and their usability. Going back to a historical filiation, a new connection between the work of Halley and the American Neo-Geo appears, since the Japanese Neo-Pop was born from American Neo-Geo, at the beginning of the nineties.

6 Bélen Sánchez Albarrán, Depero Publicitario, in Manuel Fontán del Junco, Depero Futurista 1913-1950 (catalog of the show, Fundación Juan March, Madrid, 2014), Fundación Juan March, Madrid, 2014, p. 321. 7 In some of my writings such as an essay for the exhibition I co-curated in 2012 for the museum EMMA in Helsinki-Tapiola - Italian Futurism 1909-1944, EMMA Publications, 2012, I could detect in the work of Depero also some examples of Kindchenschema, a morphology producing a presence in the objects due to biological references to infantile physical features, and the main frame of interpretation for neo-pop and pop-surrealism. About the concept of cute and Futurism, see also “A cute futurism”, in G. Carpi, M. Gaeta, S. Albertini, Futurist. Women in art and literature (exhibition catalog, Casa Italian Zerilli Marimò at New York University) in 2009, and Il teatro di Prampolini nella rivista Noi, in Daniela Fonti (curated by), Prampolini futurista (exhibition catalog, Auditorium Parco della Musica Rome), Skira, Milan, 2006. I thank Sergio Bertaccini, the co-curator of this exhibition Graziano Menolascina, and Peter Halley, as the work done together has been the source of inspiration for these reflections of mine.