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ANNO XVII NUMERO 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2013 Le Lettere ontemporanea toria BIMESTRALE DI STUDI STORICI E POLITICI SULL’ETÀ CONTEMPORANEA
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Gli apprendisti stregoni. Gli esperimenti nucleari francesi nel Sahara algerino (1960-1966). French nuclear experiments in the Algerian Sahara (1960-1966)

May 02, 2023

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Andrea Colli
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Le Lettere

ontemporaneatoria

B I M E S T R A L E D I S T U D I S T O R I C I E P O L I T I C I S U L L ’ E T À C O N T E M P O R A N E A

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Direttore

Francesco Perfetti

Consiglio direttivo

Massimo De LeonardisSpencer M. Di ScalaDidier MusiedlakFrancesco PerfettiGiorgio PetracchiMaurizio Serra

Comitato scientifico

Ottavio Barié, Università Cattolica del Sacro Cuore, MilanoGiuseppe Bedeschi, Università La Sapienza, RomaAlain Besançon, Institut de FranceMauro Canali, Università di CamerinoDino Cofrancesco, Università di GenovaAntonio Costa Pinto, I.S.C.T.I., LisboaOlivier Dard, Université Paris-SorbonneDavid D. Dilks, The University of HullAntonio Donno, Università di LecceManuel Espadas Burgos, C.S.I.C., MadridStephen Fisher-Galati, University of Colorado at BoulderGiuseppe Galasso, Università di Napoli “Federico II”Michael A. Ledeen, American Enterprise Institute, WashingtonRudolf Lill, Universität KarlsruheJuan J. Linz, Yale University, New HavenLuigi Lotti, Università di FirenzeEdward N. Luttwak, C.S.I.S., WashingtonValeri Mikhailenko, Università degli Urali, EkaterinburgSergio Minerbi, Università di GerusalemmePaolo Nello, Università di PisaErnst Nolte, Freie Universität, BerlinGiuseppe Parlato, Libera Università S. Pio V, RomaFrancesco Perfetti, LUISS Guido Carli, RomaRichard Pipes, Harvard University, Cambridge, Mass.Sergio Romano, Università Bocconi, MilanoHagen Schulze, Freie Universität, BerlinGeorge-Henri Soutou, Institut de France, ParisJean Tulard, Institut de France

Hanno fatto parte del Comitato scientifico: Giuseppe Are, Pierre Chaunu, FrançoisFejtö, Raimondo Luraghi, Nicola Matteucci, René Rémond, Eugen Weber

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Nuova Storia ContemporaneaDirezione, Redazione e Amministrazione:

Casa editrice Le Lettere, Via Duca di Calabria 1/1 - tel. 055.2342710; fax 055.2346010 - 50125 Firenze

ANNO XVII - NUMERO 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2013

SAGGI

RICERCHE

RECENSIONI

NOTE E DISCUSSIONI

Alberto IndelicatoIl (non) senso della Storia 5

Luciano PellicaniAtene, Gerusalemmee la storia degli Stati UnitiUna guerra culturale alle originidell’identità americana 13

Danilo VenerusoAlberto De Stefani, un liberistanel regime fascista 33

Angel Vin�asL’Italia e la sommossa militarespagnola del 18 Luglio 1936 45

Francesco TamburiniGli apprendisti stregoni 91

Mariano GabrieleVerità e leggendadella guerra civile americanaL’ultima opera di RaimondoLuraghi 119

Carlo PulsoniEugenio Morreale e Adolf HitlerSulla prima fortuna del PartitoNazionalsocialista tedesconei media italiani 131

Federico NigliaIl lungo viaggio di unambasciatore «impegnato»Le memorie di Jean-Marie Soutou 137

Vincenzo GrientiUn anno nelle prime paginedei quotidiani italianiIl 1979: dalla cronaca alla storia 141

Roberto Coaloa, Carlo d’Asburgo,l’ultimo imperatoredi Alberto Indelicato 151

Luca Pignataro, Il Dodecanesoitaliano. 1912-1947di Alberto Indelicato 153

Luciano Monzali-Andrea Ungari,I monarchici e la politica esteraitaliana nel secondo dopoguerradi Luca Riccardi 154

Alessandro Orsini, Gramscie Turati. Le due sinistredi Nunzio Dell’Erba 157

Uta Gerhardt-Thomas Karlauf(a cura di), The Night ofBroken Glassdi Sandro Segre 158

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Rivista bimestrale anno XVII - n. 5 - settembre-ottobre 2013

Direttore responsabile: Francesco PerfettiSegretaria di Redazione: Serena SettesoldiImpaginazione: Stefano Rolle

Direzione, Redazione e Amministrazione:Casa Editrice Le Lettere srlVia Duca di Calabria, 1/1 - 50125 Firenzetel. 055.2342710 - fax 055.2346010e-mail: [email protected] - www.lelettere.it

Abbonamenti e arretrati:LICOSALibreria Commissionaria SansoniVia Duca di Calabria, 1/1 - 50125 Firenzetel. 055.64831 - fax 055.641257e-mail: [email protected] - www.licosa.comc/c postale 343509

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Autorizzazione Tribunale di Firenze n° 5081 del 14/07/2001

La pubblicazione dei contributi è subordinata al giudizio favorevole di referees.La responsabilità dei contenuti degli scritti appartiene agli autori.Articoli, fotografie e manoscritti non si restituiscono anche se non pubblicati.La Redazione non assume responsabilità per la loro perdita.L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibilecomunicare.

La corrispondenza va inviata a:Casa Editrice Le LettereVia Duca di Calabria, 1/1 - 50125 Firenze

Copyright © 2013: Casa Editrice Le Lettere srl - Firenze

Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 presso la Tipografia ABC - Sesto Fiorentino (FI)

In copertina: Manifesto sulla guerra di Spagna.

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partire dal 13 febbraio 1960, sino al 16 febbraio 1966, la Francia com-pì diciassette esperimenti atomici nel Sahara algerino, per poi sposta-re le proprie attività nucleari in Polinesia. Tali esperimenti hanno la-sciato una controversa eredità, sulla quale in Francia oggi esiste uncerto imbarazzo. Come noto, molti sono stati gli studi monografici

dedicati alla Guerra d’Algeria (lo storico Stora ne ha contati ben 2.200 pubblicatitra il 1955 e il 1995)1, tuttavia nessuno di questi libri ha offerto spazio agli espe-rimenti nucleari francesi nel Sahara algerino e ai loro effetti, come non lo hannofatto le pubblicazioni successive. Eppure, paradossalmente, nonostante la diffi-coltà nella consultazione del materiale archivistico causata da normative ad hocche hanno limitato, e limitano, l’accesso agli archivi del Ministero della Difesacon la motivazione della sicurezza nazionale2, molti sono stati i lavori pubblicatisulla nascita e sullo sviluppo della Force de frappe3.

L’opinione pubblica francese e internazionale conosce molto meglio invecequanto accaduto in Polinesia francese, non solo perché la Repubblica francese viha effettuato 46 esperimenti nucleari atmosferici e 146 sotterranei sino al 1996,ma anche perché assai più numerose sono state le proteste della popolazionelocale e le implicazioni internazionali (vedasi il caso dell’affondamento della

Gli apprendisti stregoni

di Francesco Tamburini

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1 B. STORA, Le dictionnaire des livres de la guerre d’Algérie, Paris, L’Harmattan, 1997.2 Si veda: Loi n. 78-753 du 17 juillet 1978 portant diverses mesures d’amélioration des relations entre l’ad-

ministration et le public et diverses dispositions d’ordre administratif, social et fiscal, implementata in seguitodalla Ordonnance n. 2009-483 du 29 avril 2009 prise en application de l’article 35 de la loi n. 2008-696 du15 juillet 2008 relative aux archives; ma soprattutto la Loi n. 79-18 del 3 gennaio 1979 sugli archivi, cheall’art.7, c.5 afferma: Le délai au-delà duquel les documents d’archives publiques peuvent être librement con-sultés est porté à Soixante ans à compter de la date de l’acte pour les documents qui contiennent des informa-tions mettant en cause la vie privée ou intéressant la sûreté de l’Etat ou la défense nationale, et dont la listeest fixée par décret en Conseil d’État.

3 Tra i tanti ricordiamo B. GOLDSCHMIDT, L’aventure atomique, Paris, Fayard, 1967; AA.VV., L’aventurede la bombe: De Gaulle et la dissuasion nucléaire (1958-1969), Paris, Plon, 1985; M. DUVAL-Y. LE BAUT,L’Arme nucléaire française. Pourquoi et Comment?, Paris, SPM, 1992; M. VAÏSSE (a cura di), La France etl’atome: Études d’histoire nucléaire, Bruxelles, Bruylant, 1994; A. BENDJEBBAR, Histoire secrète de la bombeatomique français, Paris, Midi Éditeur, 2000.

4 B. DANIELSSON-M.-T. DANIELSSON, Moruroa, notre bombe coloniale: Histoire de la colonisation nucléairede la Polynésie française, Paris, L’Harmattan, 1993; M.-H. AUBERT-M. RIVASI (a cura di), Essais nucléairesen Polynésie : exigence de vérité et propositions pour l’avenir, Actes du colloque du 20 février 1999, Lyon,CDRPC, 1999; B. CHRISTIAN, Tranche de vie à Moruroa, Tahiti, Société des Études Océaniennes & Édi-tions Le Motu, 2003; DIRCEN-CEA/DAM, Les atolls de Mururoa et Fangataufa (Polynésie française), vol.II: Les expérimentations nucléaires - Effets mécaniques, lumino-thermiques, électromagnétiques, Paris, Mas-son, 1995; DIRCEN-CEA/DAM, Les atolls de Mururoa et Fangataufa (Polynésie française), vol. III: Lemilieu vivant et son évolution, Paris, Masson, 1995; D. BERNARD, Les atolls de l’atome, Nantes, EditionsMarines, 1997.

Gli esperimenti nucleari francesi nel Sahara algerino (1960-1966)

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Rainbow Warrior appartenente a Greenpeace)4. Ciò non è avvenuto per il Saharaalgerino e pochissimi sono al momento gli studi specifici compiuti sugli esperi-menti in Algeria da parte di storici francesi, mentre addirittura totalmente assentisono quelli da parte algerina.

Per molti anni si è sempre saputo poco o nulla su quanto era avvenuto nel Saha-ra e questo è anche comprensibile, poiché da sempre la ricerca nucleare per usimilitari va di pari passo con la segretezza. Tuttavia nel caso del Sahara la questioneè ancora più complessa, in quanto il problema del nucleare si innestò su altreproblematiche che attenevano alla guerra d’Algeria e ai rapporti franco-algerinidal 1960 al 1967. Vicende storiche ancora oggi dolorose per la Francia, sulle quali,com’è stato autorevolmente affermato, “non esiste una memoria nazionale”5.Risulta quindi naturale che si sia iniziato a parlare criticamente degli esperimentinel Sahara solamente a metà anni ’90. Certamente i mass media dell’epoca se neoccuparono, ma si trattò di articoli informativi, depurati e passati dalle magliedella censura militare, oltre che concepiti espressamente per glorificare la poten-za francese6.

L’impulso per dotare la Francia dell’arma nucleare avvenne durante la IV Re-pubblica. Anzi, anche prima se consideriamo che questa nacque dopo il referen-dum del 21 ottobre 1945, mentre alcuni giorni prima, il 18 ottobre, il governoprovvisorio guidato da De Gaulle aveva posto le basi legali per il Commissariat àl’Énergie Atomique (CEA), con sede a Saclay, a 20 km da Parigi, e con responsa-bilità in materia nucleare nel campo scientifico, industriale e militare. Il 28 di-cembre 1954 fu invece creato il Bureau d’Études Générales, che si sarebbe occu-pato delle applicazioni militari del nucleare. Tutte le istallazioni necessarie per lafabbricazione di una bomba atomica furono create prima del 1958, a partire dallaproduzione di plutonio nei reattori a uranio naturale di Marcoule (regione diCôtes-du-Rhône), sino all’arricchimento dell’uranio presso la sede del Cea7.

Il demiurgo dietro la “politica nucleare” della Francia però non fu De Gaulle,come si potrebbe pensare, ma Pierre Mendès France, il quale riteneva che il nu-cleare, dal punto di vista militare, fosse garanzia di indipendenza e sicurezza na-zionale nel mondo bipolare della Guerra fredda8, un concetto che poi divenne lapietra d’angolo della politica gaullista e che in seguito fu all’origine della Force defrappe. Non a caso Mendès France affermò che “sans la bombe on n’a pas voix auchapitre”9. L’arma atomica, oltre a costituire l’unico strumento possibile per unapolitica di difesa autonoma, avrebbe anche soddisfatto il bisogno psicologico diuna nazione, abituata a essere leader in Europa per tre secoli, di cancellare il trau-ma causato dall’umiliante sconfitta del 1940. Lo sviluppo del nucleare in ambitomilitare, dopo la caduta del governo Mendès France (6 febbraio 1955), fu prose-guita dai successivi presidenti del Consiglio e, nello specifico, da Edgar Faure,Guy Mollet e Félix Gaillard. Quest’ultimo, l’11 aprile 1958, firmò l’ordine uffi-ciale per la costruzione di una bomba nucleare e il suo relativo test, da effettuarsientro il primo semestre del 1960. Ecco che fu creato prima il Département des

5 B. STORA, Le dictionnaire des livres de la guerre d’Algérie, cit., p. 269.6 A titolo esemplificativo cfr. La bombe atomique française, in «Paris Match», n. 840, 15 maggio 1965.7 B. BARRILLOT-M. DAVIS, Les déchets nucléaires militaries français, Lyon, CDRPC, 1994, pp. 68-69.8 M. FAIVRE, Les nations armées. De la guerre des peuples à la guerre des étoiles, Thèse d’État, Université

Paris I, 1986, p. 173.9 D. LORENTZ, Affaires atomiques, Paris, Les Arènes, 2001.

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Techniques Nouvelles (DTN) e poi la Direction des Applications Militaires (DAM)nel settembre del 1958. La “forza di dissuasione” francese sarebbe stata formatada una triade nucleare, ossia da tre componenti strategiche: una aerotrasportata edue balistiche con missili terra-terra e mare-terra. A questo proposito fu quindifinanziato lo sviluppo del bombardiere strategico supersonico Mirage IV A, laprogettazione di missili a medio raggio S2 SSBS (Sol-Sol Balistique Stratégique)e la costruzione di una flotta di sei sottomarini nucleari, classe Le Redoutable,con capacità di lancio di missili M1 MSBS (Mer-Sol Balistique Stratégique).

Non ci soffermeremo sulle motivazioni politiche e geostrategiche di tali scelte,sulle quali, come già detto, esiste una nutrita bibliografia, ma ci limitiamo a sot-tolineare come l’establishment politico e militare francese volle accelerare almassimo i tempi, ufficializzandoli con due anni di anticipo, a causa delle nego-ziazioni tra Unione Sovietica, Stati Uniti e Gran Bretagna per giungere ad unaccordo su una moratoria delle esplosioni nucleari, che poi fu effettivamenteraggiunto il 31 ottobre del 1958 (Geneva Conference on the discontinuance ofnuclear weapons tests)10.

Le ricerche di un sito adeguato per compiere esperimenti nucleari atmosfericierano però iniziate sin da un anno prima. Di tale compito fu incaricato, per contodel Camea (Comité des Applications Militaires de l’Énergie Atomique), creato il 5dicembre 1956, il Generale Charles Ailleret, operante all’interno del Groupe Mixtedes Experimentations Nucléaires. Il sito avrebbe dovuto possedere le seguenti ca-ratteristiche:

a) essere all’interno di un immenso spazio aperto;b) trovarsi sotto il vento di correnti aeree dominanti;c) essere caratterizzate da una assenza di qualsiasi attività umana.Le conclusioni, rese note nel gennaio del 1957, furono che esistevano solo due

luoghi adatti: il Sahara algerino e le isole dell’arcipelago Tuamotu nella Polinesiafrancese. A livello tecnico e scientifico la Polinesia sarebbe stata la scelta miglio-re, però esistevano problemi logistici insormontabili: oltre a non esserci in locoun aeroporto adeguato, la distanza dalla Francia rendeva impossibile l’utilizzo deipossedimenti francesi in Polinesia. All’epoca infatti non esistevano quadrimotoriche potessero compiere un tragitto così lungo senza scalo da Point-à-Pitre, neiCaraibi, a Tahiti (la rotta più breve per l’isola da un territorio francese), senzaoperare uno scalo tecnico in un paese straniero. Furono vagliate anche altre pos-sibilità, come l’isola disabitata di Tromelin, a 350 km a Est del Madagascar, e altrein Nuova Caledonia (le isole Chesterfield, quella dei Pini o di Walpole), ma risul-tarono tutte opzioni impraticabili11. Così fu deciso che il deserto algerino sarebbestato scelto “provvisoriamente” per effettuare gli esperimenti12. Tale temporanei-tà fu motivata soprattutto dall’incertezza della situazione politico-militare che siera creata in Algeria dopo la sollevazione del Fronte di Liberazione Nazionalealgerino il 1 novembre 1954, tant’è che fu scelto di iniziare in ogni caso la costru-zione di un grande aeroporto a Tahiti-Faa, in previsione di un definitivo sposta-mento degli esperimenti nucleari nel Pacifico. Gli esiti della guerra di liberazione

10 J. GOLDBLAT-D. COX, Nuclear weapon tests. Prohibitions or limitations?, New York, Oxford Univer-sity Press, 1989, pp. 206-207.

11 J.-M. REGNAULT, France’s search for nuclear test sites, 1957-1963, in «The Journal of Military History»,n. 67, ottobre 2003, pp. 1223-1248.

12 C. AILLERET, L’aventure atomique française: souvenirs et reflections, Paris, Grasset, 1968, p. 237.

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algerina non potevano essere previsti, inoltre c’era il pericolo sia di un’interna-zionalizzazione del conflitto, che di una conseguente instabilità generale del nordAfrica, che avrebbero reso impossibile l’utilizzo del Sahara.

Le decisioni generali in merito al prosieguo degli studi militari nucleari e allascelta del Sahara come sito per esperimenti furono mantenute anche da De Gaul-le dopo la nascita della V Repubblica, essendo il generale convinto che l’armaatomica fosse prima di tutto un mezzo politico e un vantaggio diplomatico cheavrebbero rinforzato lo status del Paese e il suo ruolo internazionale13.

A causa delle pressioni internazionali furono compiuti studi per determinareun ulteriore sito per test non più atmosferici ma sotterranei. Il 29 novembre 1958il colonnello Dutheil suggerì ad Ailleret diversi luoghi sulle Alpi (Grand-Goyer,Cime de Pal, Valle del Fournel, Crête de Prénetz), in seguito scartati perché trop-po vicini a falde acquifere, oppure perché necessitanti di lunghi studi geologici.Dutheil propose anche una regione semidesertica nella Corsica settentrionale, ilcosì detto Deserto di Agriate, che però sollevò non poche perplessità a causa siadelle prevedibilissime proteste della popolazione locale, che per il fatto che l’isolaaveva appena iniziato a basare la sua economia sul turismo14. La soluzione fu tro-vata ancora una volta in Algeria e in particolare nella montagna dello Djebel Aissanell’Atlante sahariano, località oggetto di una missione esplorativa dal 20 al 24gennaio del 1959. Tuttavia i test sotterranei, come vedremo, non furono mai ef-fettuati in questa località, ma sul massiccio dell’Hoggar, vicino a In Ekker15. Pergli aspetti riguardanti la sicurezza degli esperimenti, il 6 gennaio 1958, fu creatadal Ministero della Difesa la Commission Consultative de Sécurité des Sites (Ccs),la quale propose norme e parametri specifici16.

In ogni caso il sito adatto per una prima esplosione nucleare atmosferica nelSahara era già stato scelto, come si è visto, sin dagli ultimi mesi della IV Repub-blica, all’interno del deserto del Sahara. Si trattava nello specifico l’area di Ta-nezrouft, conosciuta anche con il nome di ‘Deserto della Sete’, che Ailleret cosìdescrisse: “Pays de la soif et de la peur, d’où toute vie était réputée absente dansles espaces immenses qui séparent Reggane de Tessalit [...] La sécheresse presqueabsolue avait fait son oeuvre; tout était mort”17. Il 10 maggio 1957 il ResidenteGenerale di Algeri rese zona militare un’area pari a 108.000 km² a sud-ovest dellacittadina di Reggane, a sud del Grande Erg occidentale18. Sotto la presidenza del

13 Con De Gaulle il programma nucleare subì una poderosa accelerazione e cessarono le divisioni all’in-terno del governo. Infatti le decisioni in materia nucleare furono accentrate nella figura presidenziale,divenendo Domaine réservé del Presidente della Repubblica, il quale non a caso fu anche soprannominatoda alcuni storici il “monarca nucleare”. L’entrata in scena di De Gaulle fu anche determinante perché egliprovvide ad arrestare, seppur con difficoltà, la cooperazione in materia nucleare con Israele e a cancellarel’accordo tripartito franco-italiano-tedesco del 1957-58, che avrebbe dovuto istituire un consorzio per lasperimentazione e la produzione di “armi moderne”, comprese quelle nucleari. S. COHEN, La monarchienucléaire : les coulisse de la politique étrangère sous la Ve République, Paris, Hachette, 1986 ; M. VAÏSSE, Lagrandeur: politique étrangère du général De Gaulle (1958-1969), Paris, Fayard 1998, p. 47.

14 J.-M. REGNAULT, France’s search for nuclear test sites, cit.15 Y. LE BAUT, Les essais nucléaires français, in M. VAÏSSE (a cura di), La France et l’atome, cit. p. 222-

223.16 Una distanza di sicurezza di 50 km fra il luogo dell’esplosione e la base di Reggane; le zone da con-

trollare; uno spazio aereo interdetto per un raggio di 50 km al momento dell’esplosione; le norme diradioprotezione.

17 C. AILLERET, L’aventure atomique française..., cit., p. 229.18 B. BARRILLOT, L’héritage de la bombe. Sahara, Polynésie (1960-2002). Les faits, les personnels, les popu-

lations, Lyon, CDRPC, 2002, p. 24.

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Consiglio di Guy Mollet, nel giugno del 1957, iniziarono i lavori della base nu-cleare, all’interno di quella che fu denominata Zone 42. Il 15 ottobre 1959 furonodelimitate altre due zone (Zone bleu e Zone verte), inglobanti la Zone 42, che ospitòil Csem (Centre Saharien d’Expérimentation Militaire), ossia il gruppo di lavoroche avrebbe posto in essere e organizzato materialmente gli esperimenti. Regga-ne, anticamente, era stato luogo di passaggio obbligato delle carovane dirette inNiger, ed era stato poi assunto al rango di comune dai francesi, rimanendo peròsempre una località sperduta nel deserto, poiché a 150 km a sud di Adrar, a 700da Colomb-Béchar e 1.500 da Orano, sulla costa mediterranea. Al momento dellacreazione del Csem, Reggane divenne così un centro logistico e di smistamentomateriali di primo piano. Tuttavia il Csem e la base vera e propria non erano esat-tamente a Reggane, ma a 15 km dalla stessa e su un altopiano, tant’è che venneanche conosciuta come “Reggane-plateau”. Vi furono costruiti una centrale elet-trica, un aeroporto, con una pista di 2.400 metri, un ospedale con 100 posti letto,installazioni per la decontaminazione, accampamenti per le truppe in transito ealloggi per tecnici e militari, un campo di calcio (soprannominato “Parc des Prin-ces”), un cinema all’aperto e una piscina olimpionica (che non funzionò mai acausa della scarsità d’acqua). A circa 50 km, presso Hamoudia, dalla base fu inve-ce costruita una piccola base operativa ausiliaria, con la funzione di centro dicomando per le esplosioni (Post de Commandement Avancé - Pca), che sarebberoavvenute a 16 km di distanza, nel così detto “punto zero”, luogo dell’esplosionee vero e proprio poligono. Il “punto zero” era rappresentato da una torre metal-lica di 106 metri, che, costruita dalla Eiffel Baudet Roussel Constructions Métal-liques (società leader in questo tipo di costruzioni) e denominata in codice Z 1,avrebbe alloggiato sulla sua sommità l’ordigno a fissione nucleare dalla potenzaprevista di 25 chilotoni19. I tecnici francesi scelsero tale tipologia di esplosionepoiché ritennero che se fosse esplosa al suolo una bomba di tale potenza avrebbesollevato migliaia di tonnellate fra detriti e sabbia mescolati alla radioattività ge-nerata dall’esplosione. La detonazione a oltre 100 metri da terra avrebbe invecefavorito una lenta dispersione del materiale radioattivo su grandi spazi. Attornoalla Z 1, per verificare gli effetti dell’esplosione sul materiale militare, furonocollocati diversi caccia Dassault MD452 Mystère, camion, mezzi blindati e persi-no tre simulacri di navi da guerra, nonché gabbie con topi, tartarughe e capre.Furono anche predisposti numerosi manichini imbottiti di riso20 e vestiti conuniformi francesi.

Da sottolineare che i francesi si avvalsero come forza lavoro di molta dellapoverissima popolazione locale (circa 3.000 individui di sangue misto berbero,arabo e nero-africano, burocraticamente conosciuti come Population Laborieusedu Bas-Touat o Plbt), che fu pagata in contanti e senza un contratto. L’economiaancestrale del luogo fu totalmente sconvolta: basti pensare che il salario di unmese di questi operai equivaleva a cinque volte quello che normalmente riusciva-no a guadagnare in un anno. La loro vita fu anche messa in pericolo a livello sa-nitario, non essendo stati informati dei pericoli a cui sarebbero stati esposti. Ilfatto poi di essere stati pagati in contanti rese in futuro impossibile provare perquesti autoctoni che erano stati realmente impiegati e poter godere di qualsiasi

19 1 chilotone (kt) corrisponde a 1.000 tonnellate di tritolo.20 Si riteneva che il riso assorbisse le radiazioni come il corpo, avendo quasi la stessa densità. A. BEN-

DJEBBAR, Histoire secrète de la bombe atomique français, cit., p. 279.

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indennizzo21. Va da sé che la popolazione locale e sedentaria della zona non fuminimamente informata della pericolosità dell’evento che si stava per compiere,né ebbero possibilità di far sentire la propria voce.

C’è da sottolineare che i preparativi francesi non passarono inosservati allacomunità internazionale, anche perché la Francia, come si è visto, era stata l’unicanazione al mondo a diffondere con due anni di anticipo a tutte le agenzie di stam-pa la notizia di voler procedere a un esperimento nucleare. Numerose furono lecritiche che giunsero sino all’Assemblea Generale dell’Onu, dove ventidue Paesiproposero una risoluzione nella quale si esprimeva “grave concern over the in-tention of the French goverment of France to conduct nuclear tests in the Saharaand urging it from refrain from such tests”. Tale risoluzione (1379) fu votata il 20novembre 1959 con 51 voti favorevoli, 16 contrari e 15 astenuti e per la Franciafu un vero smacco diplomatico in quanto, oltre ai Paesi non allineati e del bloccosovietico, votarono favorevolmente anche alcuni Paesi facenti parte dell’AlleanzaAtlantica (Canada, Danimarca, Norvegia e Islanda)22.

Tutto era pronto per il test e De Gaulle premette affinché si accelerassero ulte-riormente i tempi e l’esplosione avvenisse entro il 23 febbraio, anche se le condi-zioni meteorologiche non fossero state ottimali23. La data fu quindi fissata per il13 febbraio, rimanendo solo l’assemblaggio degli elementi essenziali della bom-ba: il Plutonio 239 e l’esplosivo convenzionale. Sembra oggi incredibile, ma, adue giorni dall’esperimento, il servizio di fisica-matematica del Cea a Bruyères-le-Châtel avvertì che la potenza dell’esplosione sarebbe potuta essere molto su-periore a quella prevista di 25 chilotoni, potendo raggiungere anche i 100. Si sa-rebbe così rischiato un grande fallout radioattivo sulle regioni occidentali o orien-tali africane. Fatti nuovi calcoli si giunse alla conclusione che la potenza sarebbestata non di 100 ma attorno ai 60 chilotoni, giudicati questa volta accettabili, main ogni caso di gran lunga superiori a quelli preventivati24.

La bomba, denominata M 1, fu quindi finalmente assemblata e collocata sullatorre. Il test, in codice Gerboise25 bleue, avvenne alle 7 e 04 minuti del mattino del13 febbraio, provocando un’esplosione compresa tra i 60 e 70 chilotoni. La po-tenza sprigionata fu quindi superiore ai 19-21 kt del primo test atomico al mon-do, il Trinity del 16 luglio 1945 (che dette origine all’ordigno sganciato su Naga-saki, Fat Man)26, alla prima bomba atomica sovietica RDS-1 del 29 agosto 1949 da

21 B. BARRILLOT, The aftermath of French nuclear testing in Algeria, in www.earthisland.org/yggdrasil, laversione in lingua francese reperibile in «Damoclès», n. 21, novembre 2007.

22 Risoluzione 1379 (XIV), 20 novembre 1959, Question of French Nuclear Tests in the Sahara. L’As-semblea Generale emanò poco tempo dopo altre Risoluzioni riguardanti la sospensione in generale degliesperimenti nucleari e termonucleari (1402A, 21 novembre 1959; 1577 e 1578, 20 dicembre 1960). Degnadi nota è anche la Risoluzione 1652 (XVI) del 24 novembre 1961 con la quale l’Assemblea Generale di-chiarò il continente africano Zona denuclearizzata. N. SINGH-E. MCWHINNEY, Nuclear weapons and con-temporary International Law, Nijhoff, The Hague, 1989, pp. 405-406.

23 “Il y a le plus grand intérêt à ce que l’explosion de Reggane ait lieu le plus tôt possible. En tout caset à moins d’un vent radicalement désfavorable, il faut que l’exlosion ait lieu avant le 23 février. Il n’y apas lieu de vouloir absolument que les circonstances météo idéales soient reunites. On doit accepter unenotable marge de risque à cet égard”, in B. BARRILLOT, L’héritage de la bombe, cit., p. 274.

24 Ivi, p. 284.25 Il Gerboa del deserto, o topo delle piramidi (il cui nome scientifico è Jaculus Jaculus), è un roditore

diffuso in Africa del Nord e Medio Oriente.26 Ricordiamo che la bomba esplosa a Hiroshima (Little Boy) fu una sorta di prototipo mai sperimen-

tato, che impiegò l’Uranio-235 con un sistema di detonazione balistica a blocchi separati. A causa dellasua inaffidabilità si passò all’uso del Plutonio-239 e al sistema della detonazione a implosione, ambedueadottati per Trinity e la Fat Man.

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22 kt e anche a quella britannica di oltre 25 kt del 3 ottobre 1952 (OperazioneHurricane).

Presenziarono all’esperimento l’Alto commissario del Cea, Pierre Guillaumat,e il suo direttore delle applicazioni militari, Generale Albert Buchalet. Si generòun gigantesco fungo atomico di 14 km e di colore grigio, rosa e poi violetto, conuna calotta bianca sulla sommità. Dopo qualche minuto il vento lo disperse tra-sportando una nube radioattiva a 800-900 km verso est, oltre la frontiera con laLibia (per molti giorni in Italia si temette che il tasso di radioattività salisse, fa-cendo calcoli sulla direzione della nube)27. L’onda d’urto giunse sino alla cittadinadi Reggane a 60 km di distanza. La torre Z 1 si dissolse completamente e molti deimezzi militari posti nelle circostanze furono fatti a pezzi o capovolti. Attorno alpunto zero rimase per un raggio di 1 km una macchia di terra nera bruciata e sabbiavetrificata a causa del calore28.

Al limite del ridicolo furono le misure prese per gli osservatori e i tecnici pre-senti: si doveva dare le spalle all’esplosione e proteggersi dalla luce accecantedell’esplosione mettendosi un braccio davanti gli occhi e contemporaneamente le“due mani in tasca”; furono forniti pochissimi occhiali con lenti speciali (ritiratiimmediatamente dopo il test a causa del loro costo elevato); furono forniti dosi-metri alla popolazione civile francese di Reggane, ma in seguito non furono mairecuperati per i controlli29, nonostante fonti ufficiali ancora oggi affermino ilcontrario30. Pochi minuti dopo l’esplosione fu fatto decollare un cacciabombar-diere bireattore SNCASO SO-4050 Vautour, che attraversò la nube radioattivaper prelevare dei campioni con una sonda aspiratrice31. Il pilota, Maurice Jaquin,morì dopo quattro mesi. I rottami dei mezzi militari coinvolti nell’esperimentofurono sepolti nella sabbia da squadre di operai, mentre quelli non danneggiatifurono “decontaminati” con getti d’acqua. Molti meccanici si trovarono a opera-re la normale manutenzione su camion e jeep, senza essere avvertiti della sabbiaradioattiva che vi si era depositata.

Gerboise bleue fu tecnicamente considerato un successo, dal momento che granparte del materiale fissile giunse a fissione (più del 50%)32. Un vero e propriorecord se si considera che solo il 2% dell’Uranio 235 di Little boy sganciata suHiroshima giunse a fissione, mentre nell’esperimento Trinity di Alamogordo il20% di plutonio. A livello internazionale però l’esperimento sollevò pesantissi-me critiche e non tanto perché, anche se non esistevano elementi scientifici diprova, la stampa, soprattutto africana, mise in collegamento, Gerboise bleue conlo spaventoso terremoto (Magnitudo 5,7 della scala Richter) che il 29 febbraio

27 La nube radioattiva non investirebbe l’Italia, in «Corriere della Sera», 14 febbraio 1960; La radioat-tività in Italia immutata dopo lo scoppio in Sahara, in «Corriere della Sera», 16 febbraio 1960.

28 B. BARRILLOT, Les Irradiés de la République, Bruxelles-Paris, Éditions Complexe, 2003, p. 35.29 Y. ROCARD, LA NAISSANCE DE LA BOMBE ATOMIQUE FRANÇAISE, in «La Recherche», n. 141, febbraio

1983, p. 206 ; C. CHANTON, Les véterans des essais nucléaires français au Sahara (1960-1966), Paris, L’Har-mattan, 2009, pp. 66-67.

30 C. BATAILLE-H. REVOL, Rapport sur les incidences environnementales et sanitaires des essais effectuéspar la France entre 1960 et 1996 et éléments de comparaison avec les essais des autres puissances nucléaires,Office Parlementaire d’évaluation des choix scientifiques et technologiques, n. 207, Sénat, Session ordi-naire de 2001-2002, Annexe au procès-verbal de la séance du 6 février 2002.

31 Per gli esperimenti nel Pacifico, lo stesso aereo fu invece dotato di missili Matra per ottenere cam-pioni a distanza senza entrare nella nube radioattiva.

32 In una bomba atomica più materiale fissile giunge a fissione e più energia si sprigiona.

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1960 distrusse la città marocchina di Agadir e fece 15.000 morti33. Tutti i paesiafricani progressisti si scatenarono contro l’esperimento nucleare poiché sim-boleggiava la sopravvivenza del retaggio coloniale francese nel continente, cheproprio in quel periodo stava vivendo il picco massimo delle indipendenze na-zionali e la fase acuta della decolonizzazione. La Francia divenne così “il macel-laio dell’Africa”, che aveva compiuto “il più grande crimine della sua storia”34.Ghana35 e Nigeria ruppero le relazioni diplomatiche con Parigi, mentre il Ma-rocco richiamò il proprio ambasciatore a Parigi, denunciando l’accordo bilate-rale del 28 maggio 1956, che prevedeva la concertazione tra i due Paesi in poli-tica estera36. La rottura con il continente africano avvenne poi ufficialmentedurante la Seconda Conferenza degli Stati Africani Indipendenti di Addis Abe-ba (15-24 giugno 1960), dove la Francia fu condannata per la sua politica nu-cleare nel Sahara algerino.

Secondo il governo francese la nube provocata dal test del 13 febbraio si esteseper soli 350 km, facendo rilevare dopo un anno una radioattività pari a 50 milli-sievert (mSv)37 per 220 km, per poi decrescere sino a 5 mSv38. Non siamo in gradodi contestare tali misurazioni, vogliamo ricordare però che in media annualmenteun essere umano assorbe all’anno 2,4 mSv, dovuti essenzialmente al fondo natu-rale di radiazione39, mentre in Italia la nube di Èernobyl nel 1986 portò le misu-razioni della dose media individuale a 1,6 mSv/h.

L’esplosione di Gerboise bleu ebbe una forte connotazione politica, prima chetecnica, volendo costituire il simbolo della rinascita della “Grandeur francese”.Tale connotazione non era solo di ordine internazionale, ma anche interno, avve-

33 W. CAPPE, AGADIR 29 FÉVRIER 1960. HISTOIRE ET LEÇONS D’UN CATASTROPHE, Marseille, L’Auteur,1967.

34 C. BARBIER, L’Afrique face aux premières experimentations nucléaires françaises, in «Cahiers du CEHD»,Histoire de l’Armement nucléaire, n. 8, 1998, pp. 111-133; N. DENEY, Bombe atomique française et opi-nion publique international. Étude de cas, Paris, FNSP, Série C, Recherches, n. 8, ottobre 1962, p. 12-13.L’esperimento fu stigmatizzato anche da tutta la sinistra europea. Si veda ad esempio in Italia gli articolipubblicati da «l’Unità»: Esplosa l’atomica francese. La nuvola radioattiva è già sul Mediterraneo, 14 febbraio1960; S. TUTINO, Sollevazione dell’Africa contro la Francia, 15 febbraio 1960.

35 Soprattutto il Ghana di Kwame Nkrumah fu il centro ispiratore di molte delle iniziative di protestaantifrancesi, addirittura sin da prima dello svolgimento del primo test. Significativa a questo proposito fuil tentativo condotto da un gruppo internazionale di attivisti di porre in essere una spedizione verso ilSahara algerino con lo scopo di compiere un sit-in simbolico nelle aree oggetto dell’esperimento. Il cosìdetto Sahara Protest Team, guidato dal reverendo britannico Michael Scott e composto in maggioranza daghanesi, ma anche da alcuni statunitensi, partì da Accra nel dicembre del 1959, tuttavia fu fermato in AltoVolta dall’esercito francese. A. CARTER, The Sahara Protest Team, in A. HARE-H. BLUMBERG (a cura di),Liberation without violence, London, Rowman, 1978, pp. 126-156.

36 Nello specifico Marocco e Francia si impegnavano a condurre una politica estera che fosse compa-tibile con gli interessi comuni e a tenersi informati sulle reciproche attività. A. De LAUBADERE, Le sta-tut International du Maroc depuis 1955, in «Annuaire Français de Droit International», vol. 2, n. 2, 1956,pp. 122-149.

37 Per quantificare il danno biologico delle radiazioni sugli organismi sono state introdotte diverse unitàdi misura, ovvero: la “dose assorbita” che stabilisce la quantità di energia ceduta in una massa unitaria ditessuto e che si misura in Gray (Gy); la “dose equivalente” che è una grandezza dosimetrica convenzio-nale che esprime la capacità della radiazione di generare effetti biologici nei tessuti non solo in rapportoall’energia ceduta ma anche in rapporto al tipo di radiazione. Si misura in Sievert (Sv). 1 Sievert equivalea 1.000 millisievert, mentre 1 mSv a 0,001 Sv.

38 Ministère de la Défense, Dossier de présentation des essais nucléaires et leur suivi au Sahara, gennaio2007, p. 2, reperibile in www.defense.gouv.fr.

39 Sources and effects of ionizing radiations. United Nations Scientific Committee on the effects ofatomic radiations (UNSCEAR) Report 2008 to the General Assembly, New York, United Nations, 2010,Vol. 1, p. 339.

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nendo in un momento in cui i francesi avevano bisogno di certezze e rassicura-zioni (era appena terminata la “Settimana delle barricate di Algeri” dal 24 gennaioal 1° febbraio 1960, a sostegno del Generale Jaques Massu, rimosso da De Gaul-le). Non privo di significato fu il secondo esperimento nucleare, Gerboise blan-che, avvenuto alle 6 e 17 del mattino del 1° aprile 1960. Si trattò di una bombachiamata tipo P1, fatta esplodere in fretta, quasi con precipitazione, su un comu-ne blocco di cemento a livello del suolo, a 20 km di distanza dal punto zero diGerboise bleue 40. Quale fu la necessità di tanta premura? In realtà la P1 era una“bomba di emergenza”, ottenuta con il plutonio in eccesso presente nei laborato-ri di Marcoule, che avrebbe potuto essere utilizzata in caso di un improvvisoimprevisto, come la caduta dell’aereo che avrebbe trasportato la M1 in Algeria. Ilrisultato quindi fu un ordigno di modeste dimensioni, ossia dai 4 ai 6 chilotoni.Gerboise blanche fu un vero coup de théâtre di De Gaulle, che sfruttò questa bom-ba di riserva come “manifesto diplomatico” per fini eminentemente di politicainternazionale a causa della visita di Nikita Sergeeviè Chrušèëv a Parigi dal 23marzo al 2 aprile per discutere del destino di Berlino. Da sottolineare che l’esplo-sione avvenne appena dopo la fine del Ramadan per non irritare i musulmani esoprattutto il Marocco, uno dei Paesi che più aveva protestato per Gerboise bleu.

Gerboise blanche fu quindi uno strumento di propaganda e di sfida nei confron-ti delle potenze che avevano sospeso gli esperimenti nucleari nell’atmosfera, maanche un pessimo esperimento di natura tecnica (non a caso dai veterani fu spre-giativamente chiamato “pet de lapin”)41.

Ancora un mezzo insuccesso fu Gerboise rouge, il terzo esperimento nucleareatmosferico francese avvenuto il mattino (ore 7.30) del 27 dicembre 1960 su unatorre di 50 m, denominata Z5). Lo scopo era quello di testare un ordigno atomicominiaturizzato (tipo P1) che potesse essere trasportato dai bombardieri strategi-ci Dassault Mirage IV A; tuttavia un problema all’innesco fece in modo che lapotenza sprigionata dal test fosse inferiore ai 5 chilotoni (si ritiene tra i 2 o 3kt)42. Una quantità nettamente insufficiente se poi, a seguito degli altri esperi-menti, la bomba nucleare a fissione realmente prodotta per i Mirage, la gravita-zionale AN-11, aveva una carica esplosiva di 60 chilotoni43.

Più controverso fu l’ultimo test atmosferico, Gerboise verte, poiché si inserì neitragici sviluppi della guerra di liberazione algerina, che per poco non sfociò inuna guerra civile francese. Già nel settembre del 1959 De Gaulle era giunto allaconclusione che la guerra al Fronte di Liberazione Nazionale algerino non fossepiù sostenibile e parlò chiaramente di autodeterminazione dell’Algeria, i cuiabitanti avrebbero potuto scegliere tra l’indipendenza (sécession), la francesizzazio-ne o l’autonomia in associazione con la Francia. I propositi di abbandonare l’Alge-ria furono la causa della nascita, il 20 gennaio 1961, dell’Organisation de l’ArméeSecrète (Oas), un’organizzazione politico militare raggruppante membri della so-

40 Tale distanza fu giustificata dal fatto che, esplodendo al suolo, la bomba avrebbe provocato più fal-lout radioattivo.

41 C. CHANTON, Les véterans des essais nucléaires français au Sahara (1960-1966), cit., p. 52.42 Y. ROCARD, Mémoires sans concessions, Paris, Grasset, 1988, p. 240.43 La AN-11, con testata al Plutonio 239, pesava 1.500 kg, era lunga 6,6 m. e aveva una potenza nomi-

nale di 60 kt, anche se in realtà era disponibile in più varianti da 18 a 60-80 kt. Era anche dotata di unaspoletta a tempo per il lancio ad alta quota. La produzione iniziò nel 1962 e terminò nel 1968 con qua-ranta esemplari. Nel 1973 fu sostituita dalla AN-22. Forces nucléaires françaises et du Royaume-Unie: entrecoopération et concurrence, in «Cahiers de l’Observatoire des Armes Nucléaires Françaises», n. 11, 2002.

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cietà civile e dell’esercito francese intenzionata a non rinunciare all’Algérie françai-se. Guidata dai generali Raoul Salan, Maurice Challe, André Zeller e EdmondJouhaud, l’Oas scatenò una serie di attentati e omicidi diretti non solo contro lapopolazione araba ma anche contro giudici e uomini politici sia in Algeria che inFrancia, sino a che il 22 aprile non tentò un colpo di Stato, il così detto “putschdes généraux”, prendendo il controllo di Algeri44. Parigi temette fortemente diperdere il controllo dei Départements du Sahara e specificatamente della base diReggane, che tra l’altro dipendeva per approvvigionamenti e per tutti i collega-menti aerei da Algeri. Presso il Csem si trovava ancora in fase di assemblaggiouna bomba (tipo R1) per un nuovo esperimento e andava evitato a ogni costo chei militari ammutinati si impadronissero dell’ordigno per poi ricattare il governoDe Gaulle. Fu quindi indispensabile sbarazzarsi della R1, anche senza verificarele condizioni atmosferiche o di sicurezza45. Che ci fossero stati dei pericoli realilo dimostrerebbe il fatto che il Generale Maurice Challe scrisse al Generale dibrigata aerea Jean Thiry, comandante di Reggane-Plateau: “Évite de tirer ta petitebombe, garde-la pour nous, elle pourra toujous servir”46. Il sollevamento dei ge-nerali sarebbe stato soffocato il 26 aprile, ma questo il governo francese nonpoteva averlo previsto. Ecco che Gerboise verte fu fatta esplodere su di una torre(Z2) alle 6 del mattino del 25 aprile 1961 in condizioni meteorologiche più cheproibitive: una tempesta di sabbia imperversava nell’area e il calore rese inutiliz-zabili le apparecchiature di rilevamento, oltre a provocare un malfunzionamentodel sistema d’innesco, che ridusse enormemente la potenza della R1, ossia da 6-18 chilotoni previsti a 0,747. Un test inutile, oltre che pericoloso dal punto di vistadelle ricadute radioattive. Ciò non impedì tuttavia che si eseguissero manovremilitari all’interno del poligono di tiro in prossimità del punto zero immediata-mente dopo l’esplosione, manovre che, in forma minore, erano state compiuteanche dopo Gerboise rouge. Si trattò di “exercices tactiques en ambiance nucléa-ire”, in codice “Operazione Garigliano”48, compiuta da quasi 200 soldati di stanzain Germania, a Tübingen, e trasferiti per l’occasione nel Sahara, assieme a nume-rosi mezzi blindati di diverso tipo (carri armati Patton M47, blindati EBR Panharde trasporti truppe AMX-13 VTT), guidati da un elicottero Aérospatiale Alouette.L’”Operazione Garigliano” è stata citata per la prima volta in un articolo del 5febbraio 1998 di Vincent Jouvert pubblicato su «Le Nouvel Observateur»49, tut-tavia i particolari emersero grazie a un documento riservato e anonimo, classifi-cato come “Confidentiel défense”, intitolato Genése de l’organisation et les expéri-mentation au Sahara (Csem et Cemo), redatto sempre nel 1998 e frutto di unasintesi di documenti militari50. Anche se si è trattato di una rilettura ufficiale didocumenti militari dell’epoca, contiene numerose informazioni sconosciute. Lo

44 P. ABRAMOVICI, Le Putsch des Généraux, Paris, Éditions Fayard, 2011.45 C. DELMAS, L’Armée entre l’Algérie et la bombe A, in «Rélations Internationales», n. 1989, n. 57.46 Y. ROCARD, Mémoires, cit., p. 232.47 P. BILLAUD, L’opération Gerboise verte (engin R 1, 25 avril 1961), in http://pbillaud.fr/nuc5.html. In

realtà la potenza in kt non fu misurata esattamente, stante il citato malfunzionamento delle apparecchia-ture di rilevamento.

48 Dal nome dell’omonima battaglia del 13 maggio 1943 in Italia a sud di Cassino, combattuta prevalen-temente da truppe coloniali francesi (i Goumiers marocchini).

49 V. JAUVERT, Les cobayes de Gerboise verte, in «Le Nouvelle Observateur», 5 febbraio 1998.50 Il documento è stato ripreso anche da: N. JAQUARD, Le document secret de l’armée française, in «Le

Parisien», n. 20353, 16 febbraio 2010; B. BARRILLOT, Sortir du mensonge. Quelques verté novelle sur les essaisfrançais au Sahara, in «Damoclès», n. 128-129, 2010.

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scopo delle manovre messe in atto dalla Garigliano era quello di verificare il com-portamento di uomini e mezzi in zone contaminate dopo un’esplosionenucleare, dal momento che la dottrina militare dei Paesi del Patto di Varsaviaprevedeva l’impiego di armi nucleari tattiche51. In realtà fu un vero e proprio espe-rimento con “cavie umane” deliberatamente esposte a forti dosi di radioattivitàper verificare gli effetti psicologici e fisici sull’uomo. Fanteria e mezzi furonoallineati a 3,3 km dal punto zero e, venti minuti dopo l’esplosione, furono fattiavanzare simulando un combattimento. Giunti a 650 m dal punto zero le truppesi fermarono, poiché le radiazioni, come riferisce il rapporto riservato, passaronoda 1 a 5 Röngten/h, ovvero, da 0,12 a 0,59 Sv, utilizzando l’unità di misura attual-mente in vigore per la dose assorbita52. In altri termini, in una sola ora furono incontatto con una quantità di radioattività dalle 50 alle 245 volte superiore all’espo-sizione alle radiazioni ammessa in un anno secondo gli standard attuali. I carriM47 Patton avanzarono ancora nella zona contaminata, registrando punte di 200Röngten/h, ovvero in un’ora 1.800 volte la dose massima ammessa in un anno.La cosa più spaventosa fu che tutta la manovra durò tre ore. Nella Genése del’organisation et les expérimentation au Sahara si afferma che gli equipaggi deiPanhard e AMX furono esposti a 1 Röngten/h, mentre quelli degli M47 Pattona 100 volte meno. Misurazioni forse plausibili, soprattutto per gli occupanti deiPatton, dotati di una blindatura in acciaio carbonio da 101 mm capace di costi-tuire una protezione radiologica. Va comunque rilevato che il tipo dei contatoriGeiger-Müller e dosimetri militari dell’epoca non erano il massimo della preci-sione e sensibilità, inoltre ai fini bellici era (ed è) considerata rilevante un’in-tensità di radiazioni che invalida sul momento o nel breve periodo, certamentesottovalutando quelle invece di medio e lungo periodo o che graveranno sullegenerazioni future53.

Interpellato sulla vicenda il ministro della Difesa Alain Richard rispose che:

Les événements évoqués par l’honorable parlementaire concernant le tir “gerboise ver-te” du 25 avril 1961 doivent être situés dans le contexte historique dans lequel ils sontsurvenus. Il faut rappeler qu’à cette époque le risque d’un conflit nucléaire était réel. Al’instar de tous les pays possédant l’arme nucléaire, la France a procédé aux recherches etaux expérimentations nécessaires afin de définir de manière optimale les équipements etles matériels de protection destinés aux soldats. Il convient de souligner que tous lesparticipants à ces travaux et expériences ont fait l’objet d’un contrôle de contamination.Les contrôles radiotoxicologiques et spectrogammamétriques ont montré que les dosesreçues se sont toujours situées au-dessous de la norme publique admise. Il est précisé quele service de protection radiologique des armées détient tous les dossiers de dosimétriedes personnels de la défense ayant participé aux essais nucléaires qui se sont déroulés soitau Sahara, soit au centre d’expérimentations du Pacifique54.

51 J. GARDARIN, Essais, in «L’Ancien Algérie», dicembre 1995; C. LABBÉ, Le secret des irradiés du Sahara,in «Le Point 2», agosto 2002, p. 20.

52 Il Röngten è un’unità di misura che non fa più parte del Sistema Internazionale e quantificava l’ener-gia prodotta da raggi X e Gamma in un centimetro cubo di aria. Non teneva quindi in considerazione leradiazioni ionizzanti Alfa e Beta.

53 The effects of nuclear war, Congress of the United States, Office of Technology Assessment, Washing-ton, U.S. Government Printing Office, 1984, p. 19-20.

54 Information parues dans la presse concernano le tir “Gerboise verte” du 25 avril 1962. 11ème législature.Réponse du ministère: Défense, publiée dans le Journal Officiel Sénat, 2 luglio 1998, p. 2140.

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Neanche una recente interrogazione parlamentare al ministro della Difesa HervéMorin nel 2010 ha chiarito meglio la questione55. L’unica cosa certa è che se Ger-boise verte avesse effettivamente prodotto i 6-18 chilotoni previsti avrebbe certa-mente polverizzato cose e uomini che si trovavano a poco più di 3 km dal puntozero. Come è anche sicuro che le tute di protezione indossate dalla fanteria e daicarristi presenti all’esercitazione non fossero all’altezza della situazione: “Lesvêtements spéciaux ne lui conféreraient qu’une protection relative et il faudraitréduire la durée du séjour des unités dans un telle zone”56. Ancora oggi non siconosce il numero esatto dei militari che parteciparono all’operazione, né le lorounità, né il destino che ebbero. Il rapporto afferma che i ratti usati come caviedurante l’esperimento e posti a 575 m e 645 m dal punto zero morirono dopo 3-9 giorni, ma tace sugli esseri umani.

Tali “esperimenti” non devono sorprendere più di tanto, poiché sia l’UnioneSovietica che gli Stati Uniti avevano effettuato precedentemente numerose ma-novre della stessa tipologia. Basta ricordare la serie delle sette esercitazioni DesertRock dal 1951 al 1957 nel deserto del Nevada57 o i test nucleari sovietici di Semi-palatinsk (Kazakistan) del 10 settembre 1956 e quello di Totskoye del 14 settem-bre 1954, con la gigantesca esercitazione Snezhok, che coinvolse 45.000 soldatidopo lo sgancio da un Tupolev Tu-4 di una bomba da 40 chilotoni58. Il ministrodella Difesa Pierre Messmer ammise nelle sue memorie, pubblicate nel 1992: “j’aifait envoyer deux cents légionnaires avec des tanks, évoluer just eau point zéro,après un tir aérien au Sahara. On voulait savoir s’il serait possible de le faire, justeaprès une explosion nucléaire”. Giustificandosi poi candidamente: “vous savez, àcette époque, on ne connaissait pas très bien les effets”59. Il che non era esatta-mente vero dal momento che sia la comunità scientifica che l’opinione pubblicainternazionale erano a conoscenza degli effetti nocivi delle radiazioni già da moltianni. Basterà qui solo ricordare: l’incidente occorso al peschereccio giapponeseDaigo Fukuryû Maru , quando il 1 marzo 1954 fu investito e gravemente conta-minato dal fallout radioattivo di un’esplosione termonucleare statunitense nel-l’atollo di Bikini, dando luogo a un caso di rilevanza internazionale60; la Risolu-

55 Il ministro riferì addirittura di un’esposizione da 1 a 5 mSv per l’equipaggio dell’elicottero, per gliequipaggi dei blindati di 0,5 mSv e per la fanteria di 2 mSv. Explication sur le rapport défense intitulé “Tome1: La genése de l’organisation et les expérimentation au Sahara (CSEM et CEMO)” relatif aux essais nucléai-res français au Sahara algérien, 13éme législature. Question écrite n. 12215 de M. Richard Tuheiva, Publiéedans le Journal Officiel Sénat, 25 febbraio 2010, p. 418. Réponse du Ministère de la Défense, Journal Offi-ciel Sénat, 26 agosto 2010, p. 2212.

56 Rapport sur les essais nucléaires français (1960-1996), tomo I: Genése de l’organisation et les expérimen-tation au Sahara (CSEM et CEMO), p. 234.

57 D. JONES, Atomic Guinea pigs? Cold war human radiation experiments, in «OAH Magazine of Hi-story», vol. 19, n. 5, settembre 2005, pp. 50-53.

58 Nuclear Testing in the USSR, vol II: Soviet Nuclear Testing Technologies. Environmental Effects. SafetyProvisions. Nuclear Test Sites, New York, Begell-House, Inc., 1998.

59 P. MESSMER, Après tant de batailles – Mémoires, Paris, Albin Michel, 1992, p. 316.60 La Daigo Fukuryû Maru, o Lucky Dragon n. 5, era una imbarcazione di 90 t. per la pesca al tonno

che si trovava a 100 miglia al largo di Bikini al momento dell’esperimento segreto Castle Bravo. Gli StatiUniti, dopo le gravi patologie sviluppate dai 23 membri dell’equipaggio, che portarono alla morte di unodi questi ultimi, tentarono di insabbiare l’accaduto, ma in seguito furono costretti ad ammettere le pro-prie responsabilità pagando 2 milioni di dollari di indennizzo. Prima di questo incidente c’era poca onessuna consapevolezza nell’opinione pubblica internazionale sulle conseguenze dei test nucleari. O.MATASHICHI-R. MINEAR, The day the sun rose in the West: Bikini, the Lucky Dragon and I, Honolulu,University of Hawaii Press, 2011.

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zione 913 (X) del 3 dicembre 1955 che predispose la creazione della UnitedNations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiations (Unscear), com-posta da 15 scienziati, di cui uno francese61; infine i risultati della Prima conferen-za internazionale sulla protezione contro le radiazioni atomiche del 29 maggio 1959,tenutasi a Risø in Danimarca.

DATA NOME IN CODICE POTENZA LUOGO MODALITÀ13-feb-60 Gerboise Bleu 60-70kt Reggane-Hamoudia Torre di 106 m.01-apr-60 Gerboise Blanche Meno di 5kt Reggane-Hamoudia Livello del suolo27-dic-60 Gerboise Rouge Meno di 5kt Reggane-Hamoudia Torre di 50 m.25-apr-61 Gerboise Verte Meno di 5kt Reggane-Hamoudia Torre di 50 m.

Gerboise verte, con il suo strascico di polemiche, fu l’ultimo “essais” atmosfericofrancese nel Sahara. Il ministero della Difesa e il Cea diressero attenzione e risor-se verso una nuova tipologia di esperimenti: quelli sotterranei. Perché questadecisione? Le motivazioni furono molteplici: lo scarso rendimento delle esplo-sioni atmosferiche; la volontà di preservare maggiormente il segreto sulle speri-mentazioni; infine ragioni di politica internazionale. Queste ultime tuttavia co-stituiscono il movente principale. Sin dall’aprile del 1960 De Gaulle era statoinvitato da Eisenhower a effettuare gli esperimenti nucleari nel sottosuolo e perquesto il presidente francese aveva inviato degli esperti in Nevada, dove gli statu-nitensi avevano sperimentato alcuni test sotterranei62. In Algeria era diventatosempre più difficile lavorare agli esperimenti nucleari, non solo perché l’abban-dono del Paese era imminente, ma anche perché il Gouvernement Provisoire de laRépublique Algérienne (Gpra) a ogni Gerboise aveva diffuso minacciosi proclami,mettendo in crisi i colloqui di pace con il governo francese. Nel settembre del1961 l’Unione Sovietica interruppe la moratoria degli esperimenti e nel 1962 gliStati Uniti fecero ugualmente. Le potenze compirono tutta una serie di test at-mosferici di grandissima potenza: l’Unione Sovietica effettuò 136 test, tra i qualiil più importante fu quello da 50 megatoni del 30 ottobre 1961 nella Nuova Zem-ljia, mentre gli Stati Uniti dall’aprile al novembre del 1962 ne effettuarono qua-ranta (il più potente da 8,3 megatoni). All’orizzonte c’era l’entrata in vigore delTrattato di Mosca, firmato poi il 5 agosto 1963 da Stati Uniti, Unione Sovieticae Regno Unito, che avrebbe messo al bando ogni esperimento nucleare nell’at-mosfera, nello spazio e sottomarino (Partial Test Ban Treaty anche conosciutocome Limited Test Ban Treaty)63. I francesi avevano fatto solo quattro esperimentidi mediocri prestazioni, e ridicoli rispetto a quelli statunitensi e sovietici, che tral’altro rispettivamente nel 1952 e nel 1953 avevano già sperimentato ordigni afusione, ossia bombe all’idrogeno (bomba H). Occorreva quindi rimediare e adat-tarsi alla nuova situazione internazionale. L’abbandono degli esperimenti atmo-

61 Il primo rapporto dell’UNSCEAR fu pubblicato nel 1958 ed è considerato un lavoro pionieristico,svolgendo un ruolo essenziale nella conoscenza degli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti. Reportof the United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation General AssemblyOfficial Records: Thirteenth session Supplement No. 17 (A/3838). Cfr. B. LINDELL-D. SOWBY, The 1958UNSCEAR report, in «Journal of Radiological Protection», n. 28, 2008, pp. 277-282.

62 A. BENDJEBBAR, Histoire secrète de la bombe atomique français, cit., p. 332. Il primo test sotterraneoin Nevada fu il Reiner (1,7 kt) del 19 settembre 1957.

63 Francia e Cina Popolare continuarono a effettuare test atmosferici rispettivamente sino al 1974 e 1980.G.M. BONHAM-V. SERGEEV, The Limited Test-Ban Agreement: emergence of new knowledge structures inInternational negotiation, in «International Study Quarterly», vol. 41, n. 2, 1997, pp. 215-240.

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sferici serviva quindi a dimostrare la buona volontà di Parigi di conformarsi agliaccordi internazionali delle altre potenze, oltre a placare le proteste di molti statiafricani, come ad esempio la Nigeria, che, in segno di protesta, aveva rotto lerelazioni diplomatiche con la Francia.

Lasciare l’Algeria era per il momento impossibile. Le strutture in Polinesia nonerano ancora pronte e nuovi carotaggi in Corsica (Baia di Argentella, a 15 km daCalvi), che pure avevano dato risultati positivi, furono abbandonati per una seriedi proteste della popolazione locale. Il Sahara quindi rimaneva, al momento, l’unicaopzione possibile, pur con tutte le sue difficoltà, accresciute dall’inizio ufficialedelle trattative con il Gpra e il Fln.

I geologi del Cea trovarono il luogo adatto sul massiccio di granito dell’Hoggare nello specifico sulla montagna di Taourirt Tan Affila, vicino a In Ekker, a 150km da Tamanrasset64. Una montagna dalla circonferenza di 40 km e con un’alti-tudine tra i 1.500 e 1.200 metri. Anche in questo caso la scelta fu operata senzaconsultare la popolazione locale, come i pastori che usufruivano dei pascoli limi-trofi, che furono trasferiti con i loro animali in un’altra regione. Inoltre in nessunconto furono tenute in considerazione le antichissime pitture rupestri del perio-do neolitico presenti sull’Hoggar. L’opzione di Taourirt non era inoltre tra le piùfelici anche per la presenza saltuaria di piogge torrenziali che alimentavano, oltreche la falda freatica sotterranea, i numerosi corsi d’acqua (ouad) presenti ai piedidella montagna, che, ovviamente, dopo gli esperimenti sarebbero stati contami-nati per sempre.

A differenza di Reggane, questa volta i lavori furono fatti con più economia etutte le strutture furono più spartane, sia per i militari che per i civili (i primifurono alloggiati in tende, mentre i secondi in strutture prefabbricate). A In Ekkerfu creato il Centre d’Experimentation Militaire des Oasis (Cemo), mentre un’altrabase fu costruita vicino al sito degli esperimenti. Il personale civile del Cea e quellodelle ditte sub-appaltatrici furono alloggiati in un altro campo, chiamato Oasis I,poi spostato più a sud di In Ekker e denominato Oasis II. Tuttavia, anche in questaoccasione, si fece grande ricorso ai lavoratori locali (circa 2.500), denominatiPopulation Laborieuse des Oasis (Plo), soprattutto per la creazione ex-novo dellestrade di collegamento.

Tecnicamente, il sistema di esplosioni sotterraneo francese ricalcava quello sta-tunitense e consisteva nello scavare gallerie orizzontali a spirale della lunghezzadi 800-1200 metri. L’effetto distruttivo dell’esplosione avrebbe fatto cadere su sestesse le pareti, impedendo la fuoriuscita di sostanze radioattive dalla galleria, lacui entrata era chiusa con una “porta-parete” di cemento.

Nel frattempo, il 20 febbraio 1961, con la mediazione della Svizzera, iniziaronoi colloqui diretti con il Fln a Lucerna, per poi proseguire a Neuchâtel il 5 marzo,ma senza alcun risultato pratico. Il fallimento fu dovuto alla divergenza di opi-nioni tra la delegazione del Gpra e quella francese riguardo lo stabilimento di unatregua, lo status degli europei in Algeria e l’appartenenza al territorio algerino delSahara. Dal 20 maggio al 31 giugno presero il via i primi colloqui a Évian, chefurono interrotti questa volta dalle resistenze francesi a concedere la sovranitàalgerina al Sahara, che inficiarono anche la riuscita della Conferenza di Lugrin(luglio 1961) e le negoziazioni di Rousses (febbraio 1962). Dalla “Seconda Con-

64 Città di 30.000 abitanti a 500 km a nord del confine con il Niger.

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ferenza di Évian” del 18 marzo 1962 scaturirono gli “Accordi di Évian”65, i qualistabilirono: il cessate il fuoco a partire dalle ore 12.00 del 19 marzo; la liberazionedi tutti prigionieri di guerra; il riconoscimento della sovranità dello Stato algeri-no sui dipartimenti dell’Algeria e del Sahara66; l’organizzazione di un referendumper stabilire se gli algerini desiderassero uno Stato indipendente cooperante conla Francia. Gli accordi infine previdero che lo Stato algerino avrebbe sottoscrittola Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e avrebbe fondato le sue isti-tuzioni su principi democratici. Quello da sottolineare ai fini del nostro tema èche gli accordi prevedevano delle clausole, definite segrete, concernenti ancheaspetti militari, secondo le quali la Francia avrebbe mantenuto una forza militarein Algeria di 80.000 uomini per tre anni, la base aerea di Bou-Sfer per cinque, labase navale a Mers el-Kébir per quindici e l’uso di specifici terreni nel Sahara percinque, ossia: due basi a Colomb-Béchar, vicino al confine marocchino, la B-2Namous, per esperimenti sulla guerra chimica e batteriologica67, e la B-2 di Ha-maguir, attiva sin dal 1948 per la ricerca spaziale nonché per la sperimentazionedi missili e gestita dal Centre interarmées d’essais d’engins spéciaux (Ciees) e dallaSociété pour l’Étude et la Réalisation d’Engines Balistiques (Sereb)68; infine ovvia-mente Reggane con il poligono di Hamoudia. Infatti all’art. 4 del Titolo G Décla-rations de principe relatif aux questions militaires, si affermò che:

La France utilisera pour un durée de cinq ans les sites comprenant les installations d’InEkker, Reggane et de l’ensemble de Colomb-Béchar-Hamaguir, dont le périmètre estdélimité dans le plan annexé. Ainsi que les stations techniques de localisation correspon-dantes. Les measures temporaries que comporte le fonctionnement des installations àl’intérieur de celles-ci, notamment en matière de circulation terrestre et aérienne, serontprises pour les services français en accord avec les autorités algériennes.

In buona sostanza gli esperimenti quindi continuarono anche dopo l’indipen-denza algerina e l’abbandono formale dell’Algeria da parte dell’esercito francese,vidimati e autorizzati dal neo-indipendente governo di Algeri, che non previde icosti di smantellamento delle strutture, né quelli della bonifica dei siti. Non èerrato supporre che il Gpra fosse ansioso di concludere gli accordi nel tempo piùbreve possibile, raggiungendo la meta per cui lottava dal 1 novembre 1954. L’aspet-to degli esperimenti nucleari fu quindi probabilmente considerato sul momento

65 La denominazione esatta dell’atto in realtà fu Déclaration générale des deux délégations du 18 mars1962. In effetti non si potrebbe parlare di accordo internazionale stricto sensu poiché gli insorti algerininon godevano ancora di una personalità giuridica ben definita secondo le norme generalmente accettatedel diritto internazionale. Cfr. C.R. AGERON, Les Accords d’Évian, in «Vingtième siècle. Revue d’Histoi-re», n. 35, 1992, pp. 3-15; R. GALLISOT, Les Accords d’Évian: en conjonction et en long durée, Paris, Kar-thala, 1997.

66 Il Sahara algerino all’inizio non era stato suddiviso in dipartimenti come il resto dell’Algeria. Solo apartire dal dicembre 1902 si adottò la denominazione di “Territori del Sud”, comprensivi nel 1905 deiquattro territori Ain Sefra, Ghardaïa, Oasis e Touggourt. Il 7 agosto 1957 i quattro territori furono infinetrasformati nei due dipartimenti di Oasis e Saoura.

67 La B-2 Namous, che in lingua berbera significa zanzara, copriva una superficie di 100x60 km, costi-tuendo il centro di sperimentazione di armi chimiche più vasto al mondo dopo quelli in UnioneSovietica. Gli algerini accettarono la sua presenza solo a condizione che fosse un’impresa civile a gesti-re la base, che infatti fu presa in carico nel 1965 dalla Sodéteg del gruppo Thompson. V. JAUVERT, Exclu-sif: Quand la France testait des armes chimiques en Algérie, in «Le Nouvel Observateur», n. 1720, otto-bre 1997.

68 Hamaguir fu dotata di quattro basi di lancio denominate Blandine, Bacchus, Béatrice e Brigitte.

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un “dettaglio” sacrificabile agli interessi nazionali. In secondo luogo i dirigentialgerini non potevano immaginare la quantità e la qualità dei test, sui quali trape-lava assai poco. Merita sottolineare anche come l’attività dell’esercito francese edel Cea si svolse in totale tranquillità, pur all’interno della guerra di liberazione.Infatti durante il conflitto non si verificarono mai attacchi agli insediamenti fran-cesi nel Sahara da parte dell’Armée di Libération National.

Il referendum per l’autodeterminazione ebbe luogo il 1° luglio 1962 e gli alge-rini scelsero l’indipendenza (5.975.581 “si” contro 16.534 “no”)69, ma nessuno liinformò su quanto era avvenuto e stava avvenendo nel Sahara.

Il 7 novembre del 1961, alle ore 11.30, iniziò il primo di una serie di trediciessais sotterranei, che ricevettero in codice il nome di una pietra preziosa: Agate,Béryl, Émeraude (Georgette), Ametiste, Rubis, Opale (Michèle), Topaze, Turquoi-se, Saphir (Monique), Jade, Corindon, Tormaline, Grenat (Carmen). Nomi incodice che in parte ricalcavano gli esperimenti balistici compiuti nella base diHamaguir dal 1961 al 1965 su alcuni tipi di vettori a propulsione liquida e solidaall’interno del programma denominato appunto Pierres précieuses70. Questo perevidenziare la complementarietà delle sperimentazioni nucleari e balistiche, nel-l’ottica della già citata “triade nucleare”.

Per quanto riguarda gli esperimenti sotterranei non si trattò solo di tecnicheesplosive diverse, poiché in tali tipi di test il governo francese mutò anche il mododi relazionarsi con la stampa e l’opinione pubblica. I francesi tennero una politicadi bassissimo profilo e diffusero solo poche e circostanziate informazioni inmerito ai loro esperimenti sotterranei. Era la politica internazionale che lo impo-neva, rendendo inopportuna la pubblicità data invece alle Gerboises. È soprattut-to infatti da tenere in considerazione il fatto che la Francia operava ormai su di unterritorio la cui sovranità non gli apparteneva più ed era necessario smorzarequalsiasi polemica con il governo algerino. Tra l’altro i primissimi anni dell’indi-pendenza algerina furono funestati da attriti con il Regno del Marocco riguardoalle comuni frontiere meridionali sahariane che portarono a un breve scontroarmato dall’ottobre al novembre 1963, ossia la così detta “Guerra delle sabbie”71.Guerra che non turbò però gli esperimenti francesi, che seguitarono ininterrottia poche centinaia di chilometri.

Ad ogni modo fu anche un altro il motivo per cui su questi esperimenti furonodiffuse ancora meno informazioni: di tutti i menzionati test sotterranei solol’esperimento Turquoise del 28 novembre del 1964 non provocò fughe di radio-attività all’esterno e non fu afflitto da problematiche secondarie. Particolarmentegrave fu quanto accadde alle 11.00 del 1° maggio 1962 durante il Béryl, esperi-mento nel quale fu testato un prototipo della bomba AN-11 e al quale presenzia-rono alte autorità tra cui il ministro della Difesa Pierre Messmer e il ministro diStato Gaston Palewski, responsabile per le questioni scientifiche, atomiche espaziali. Dopo l’esplosione l’otturazione della galleria avvenne tardivamente, pro-

69 T. SHEPARD, The invention of decolonization: Algerian war and the remaking of France, New York,Cornell University Press, 2006, pp. 111-114.

70 Agate (VE110); Topaze (VE111); Émeraude (VE121); Saphir (VE231); Rubis (VE210). Aggiungendoal Saphir un terzo stadio si ottenne il Diamant, un razzo per mettere in orbita il primo satellite artificialemilitare francese, l’A1 Astérix, che fu lanciato da Hamaguir il 26 novembre 1965. La Francia divenne cosìla terza potenza spaziale dopo Stati Uniti e Unione Sovietica.

71 K. FARSOUN-J. PAUL, War in the Sahara: 1963, in «MERIP Reports», n. 45, marzo, 1976, pp. 13-16.

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vocando un’enorme fuga di sostanze radioattive sotto forma di lava radioattiva(di un volume di 740 m³ e per una massa di 10.000 tonnellate), gas nobili (Xenone Kripton) e polveri. Tutto il Taourirt Tan Affila sembrò esplodere e diventarecome un vulcano, sprigionando un’immensa nube alta 2.600 metri, che, per effet-to dei venti, si diresse velocemente verso il posto di osservazione delle autorità72.La maggior parte dei Geiger-Müller rimasero bloccati a fondo scala sul massimodella rilevazione73. Chi avrebbe dovuto dare l’ordine di evacuazione rapida lo fecein ritardo, forse perché in preda al panico totale, così che quando la colonna deiveicoli con generali e ministri si mise in fuga fu raggiunta dalla nube radioattiva,costringendo ospiti (c’erano anche delle donne) e le più alte autorità a denudarsiassieme a tutti i comuni soldati e al personale civile, sottoponendosi a docce didecontaminazione che durarono quattro ore. Come è stato riferito da testimoni,poco mancò che non fossero anche rasati a zero per ragioni sanitarie74. Per dareun’idea della fretta con cui fu abbandonata la postazione di comando e di osser-vazione basta pensare che fu lasciato sul posto il sontuoso banchetto-buffet pre-parato per l’occasione, che poi fu raccolto in sacchi di plastica e distrutto. I rap-porti ufficiali riferiscono che circa 2.000 persone avevano assistito all’esperimen-to e tra queste solo nove furono ricoverate all’ospedale militare Percy75, vicinoParigi, per aver ricevuto circa 600 mSv/h dopo essere rimaste isolate in una posta-zione sulla montagna ed essersi tolte le maschere antigas. Per i restanti si parlò didosi che andarono dai 5 ai 100 mSv76, mentre a un giorno dell’esperimento si ebbeuna ricaduta radioattiva di 0,1 mGy/h sino a 150 km dal sito. Dosi trascurabili?Fatto è che Palewski morì di leucemia nel 1984 e il ministro affermò sempre chela sua malattia fosse dovuta alla contaminazione subita quel giorno, aumentataanche dal fatto che la sua maschera antigas era stata allacciata non correttamente.Messmer, che nel 2002 ammise pubblicamente di essere stato “gravement irra-dié”77, morì a 91 anni nel 2007 per un cancro, anche se in questo caso è oggetti-vamente difficile mettere in relazione la sua patologia come una causa dell’inci-dente del 1° maggio 1962 78.

Il fallimento di Béryl fu dovuto al fatto che la spirale della galleria era stataprogettata per un’esplosione al massimo di 20 chilotoni e non per quasi 30 comeinvece avvenne. Era noto il sottodimensionamento della galleria, ma non c’eratempo, poiché la visita dei ministri era stata ormai programmata, così come unaconferenza internazionale ad Atene dove Messmer avrebbe annunciato la riu-

72 B. BARRILLOT, Les Irradiés de la République, cit., p. 35.73 S. REED, Et soudain, la montagne a croché le feu, in «L.N.D.», n. 2010, 23 gennaio 2002; J.C. JAUF-

FRET, Soldats en Algérie 1954-1962. Expériences contrastées des hommes du contingent, Paris, Éditions Au-trement, 2000, p. 321 e 323; L. BULIDON, Les irradiés de Béryl. L’essai nucléaire français non contrôlé, Paris,Éditions Thaddée, 2011.

74 A. BENDJEBBAR, Histoire secrète de la bombe atomique français, cit., p. 338-339.75 L’ospedale di Percy si trova a Clamart, una cittadina vicino a Parigi, e ospita il servizio di protezione

radiologica dell’esercito.76 C. BATAILLE-H. REVOL, Rapport sur les incidences environnementales cit., p. 27-30.77 La dissuasion nucléaire française: Genèse et actualité. Colloque organisé le 15 février 2002 à Oxford sur

le thème «La France, la Grande-Bretagne et les politiques de défense de Nassau à Nice: continuité et dévelop-pement» http://www.asmp.fr/fiches_academiciens/textacad/messmer/nucleaire.pdf

78 Messmer così descrisse quel giorno: “Le nuage noir nous enveloppe et il faut le traverser, masqué etcouvert de nos effets spéciaux. Il est impossibile d’évaluer le nombre de Röngten dont nous avons étéirradiés car les pellicules sensibile de détecteurs que chacun porte son complétement voile, prevue que ladose admissible a été dépassée” in P. MESSMER, Après tant de batailles, cit., p. 313.

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scita del nuovo esperimento francese, cosa che in effetti fece79.Alcuni autori hanno invece supposto che l’operazione non fosse stata rimanda-

ta per timore di un’azione di commandos dell’Oas al fine di impadronirsi dellabomba80.

La stampa francese non fece parola dell’incidente, limitandosi alcuni giorni dopoa brevi comunicati sull’esperimento81. Addirittura, «Bled», il mensile per i militaridi stanza in Algeria, classificò Bèryl come un esperimento di elevato interessescientifico sia per le applicazioni pacifiche degli esplosivi nucleari che per l’assen-za di ricadute radioattive82.

Degni di nota sono anche altri quattro esperimenti fallimentari. Améthiste (30marzo 1963): dopo venti minuti dall’esplosione, a 20 metri di altezza, fu rilevatauna radioattività di 0,2 Gy, che dopo 6 ore divennero 20 microgray/h (ìGy/h) a32 km di distanza; Rubis (20 ottobre 1963): uscita di gas e iodio dopo 15 minuticon tassi di radioattività a 1 Gy/h dopo 20 minuti. Nell’occasione si creò una nuberadioattiva che, spinta verso la centrale di tiro e la base Oasis II, ne causò la tem-poranea evacuazione. Il fallo-out, favorito dalla pioggia, fu di 0,1 mGy/h. La con-taminazione giunse fino a Tamanrasset (150 km a sud) con 0,01 mSv/h; Jade (30maggio 1965: uscita di radioattività (10 mGy/h) dopo due ore, aumentata succes-sivamente a 20 mGy/h. Come se non bastasse, durante questo esperimento, siverificò anche un’esplosione di gas nella galleria83.

Ma se per Béryl la causa del disastro fu la sottovalutazione della potenza del-l’esplosione, quale fu quella per gli altri esperimenti? Come fu esplicitamenteammesso, nelle “chambres de tirs” dove avvenivano le esplosioni erano stati pre-disposti degli sfiati esterni di decompressione, pertanto, a ogni esperimento, siverificavano uscite di gas radioattivo84. In secondo luogo non era raro che le fuo-riuscite radioattive seguitassero a intermittenza anche dopo diverse ore, metten-do in pericolo la salute del personale preposta al ritiro della strumentazione sullamontagna. In ogni caso le emissioni erano monitorate da elicotteri che sorvo-lavano la montagna dopo l’esplosione, il che fa supporre che le misurazioni nonfossero precisissime, poiché non riferivano l’esatta radioattività sul terreno. Sullaprecisione delle misurazioni va anche sottolineato che gli strumenti dell’epoca,come già accennato, erano piuttosto “sordi” rispetto ai contatori Geiger-Mül-ler e scintillatori attuali, come diverse erano le tecniche di misurazione. È quin-di lecito supporre che il livello di radioattività fosse in realtà più alto di quellomisurato. Questo ovviamente vale anche per le misurazioni degli esperimentiatmosferici.

79 C. CHANTON, Les véterans des essais nucléaires français au Sahara (1960-1966), cit., p. 61.80 L. BULIDON, Les irradiés de Béryl, cit., p. 101.81 Le 1er mai, une expérience atomique souterraine a été réalisée au Hoggar par la France, in «Le Figaro»,

8 maggio 1962.82 L. ERWAN, La terre tremble au Sahara, in «Bled», n. 5, 1962, p. 33.83 B. BARRILLOT, La vérité sur les fuites des essais souterrains d’In Eker: un seul essai sur treize a été «con-

tenu»!, in Sortir du mensonge, cit., p. 8.84 Rapport sur les essais nucléaires français (1960-1996), cit., p. 197.

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Esperimento Data Potenza Problematica85

Agate 7 novembre 1961 < 20 kt Uscita di radioattività 40 mrad/h dopo 8 ore

Béryl 1 maggio 1962 < 30 kt Uscita di 5-10% di radioattività con colata di lava (740m3). 700 rad/h sino a 7 km.Ricadute di 10 mrad/h sino a 150 km

Émeraude 18 marzo 1963 < 20 kt Uscita di radioattività 40 mrad/h dopo 8 ore

Améthiste 30 marzo 1963 < 5 kt Lava nelle gallerie. 20 rad/h a 20 m. di altezza2 mrad/h a 32 km dopo 6 ore

Rubis 20 ottobre 1963 < 100 kt Uscita di gas nobili e iodio dopo 15 minuti. 100 mrad/hdopo 1 ora a 20 m. di altezza

Opale 14 febbraio 1964 < 5 kt Uscita di radioattività 5 mrad/h dopo 6 ore a 30 m.

Topaze 15 giugno 1964 < 5 kt Uscita di radioattività 5 mrad/h dopo 6 ore a 30 m.

Turquoise 28 novembre 1964 < 20 kt Nessuna radiazione esterna rilevato, ma due esplosioniaccidentali in galleria.

Saphir 27 febbraio 1965 < 150 kt Uscita di radioattività da faglie della montagna.

Jade 30 maggio 1965 < 5 kt Uscita di radioattività 1 rad/h dopo 2 ore dalla galleria.2 rad/h dopo 4 ore.

Corindon 1 ottobre 1965 < 5 kt Uscita di radioattività 320 mrad/h.

Tourmaline 1 dicembre 1965 < 20 kt Uscita di radioattività 20 mrad/h dopo 1 giorno.

Grenat 16 febbraio 1966 < 20 kt Uscita di radioattività 500 mrad/h dopo 1 ora a 20 m.

L’essai Béryl fu il più dannoso e generò in assoluto più radioattività di qualsiasialtro esperimento in Algeria, rimanendo un unicum al mondo, anche per quelloche riguarda il fenomeno della formazione di colata lavica. Infatti tutti i test sta-tunitensi sotterranei hanno certamente prodotto un rilascio di gas, ma non han-

85 Le misurazioni sono espresse in RAD (Radiation Absorbed Dose), la vecchia unità di misura sosti-tuita nel 1985 dal Gray. 1 RAD corrisponde a 0,01 Gray. Rapport sur les essais nucléaires français (1960-1996), cit., p. 194.

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no mai generato lava radioattiva. Ovviamente non esistono dati ufficiali sui più diduecento test sovietici simili a quelli di Taourirt effettuati nella Nuova Zemlja oin Kazakistan, come non si conoscono in assoluto quelli cinesi, a Lop Nur, paki-stani, all’interno della collina di Ras Koh, o indiani a Pokhran.

I tredici esperimenti cambiarono la struttura geologica del Taourirt Tan Affi-la, che mutò anche colore. Se infatti la montagna naturalmente era grigiastra, inseguito alle esplosioni divenne rosa, ovvero del colore di cui era composta al-l’interno.

Parallelamente agli esperimenti “classici”, furono condotti anche più di quaran-ta esperimenti “complementari” al suolo, riguardanti la fisica degli aerosol di plu-tonio. Tali esperimenti, tecnicamente denominati “essais froids”, si svolsero pres-so i siti del Cemo e del Csem e usarono piccole quantità di plutonio, facendoperò in modo che non si producesse una reazione a catena e quindi non si spri-gionasse una vera e propria esplosione nucleare. Trentacinque sperimentazionifurono effettuate a Reggane-Hamoudia, di cui due contemporaneamente a Ger-boise rouge e Gerboise verte, assegnandogli il nome in codice rispettivamente diAugias 1 e Augias 2. Per Augias 1 fu impiegato un kg di plutonio e probabilmenteebbe lo scopo di verificare la tenuta di questo elemento all’interno di un’esplosio-ne nucleare. Sempre ad Hamoudia, dall’aprile del 1961 al maggio del 1963 furonocompiuti altri trentacinque esperimenti con capsule di plutonio (tra i 23 e 30grammi), denominati Augias 3.

Il 19 aprile 1963 si verificò un non meglio precisato incidente nel quale rima-sero ferite dieci persone, che dovettero essere ricoverate nell’ospedale Percy86.Le esplosioni di Augias 3 diffusero nell’aria frammenti di plutonio, che, secon-do le fonti ufficiali, provocarono “une contamination appréciable du terrain”sino a 2 km.

Questi esperimenti furono seguiti da cinque similari test dall’8 maggio 1964 al9 marzo 1966, conosciuti come Pollen (Pollen, Pollen Rose, Pollen Rouge, PollenSafran, Pollen Jonquille), i quali previdero la dispersione di plutonio e Lutezio-177 su una superficie di 1.000 m² attorno alla montagna di Adrar Tikertine (1.250m) a 30 km da Taourirt. Come i test Augias, i Pollen furono concepiti in modoche la reazione a catena dell’esplosione nucleare non si verificasse, ma fu azionatoun esplosivo chimico su una parte del “cuore” delle bombe (riproduzione del-l’AN-11). Si verificò pertanto una polverizzazione del plutonio e una sua disper-sione in rapporto alla potenza dell’esplosione. Il fine era pertanto quello di ricer-care gli effetti e la quantità di aerosol di plutonio generata da una dispersionepirotecnica, avvalendosi anche di cavie animali (cani e topi). Il documento Gené-se de l’organisation et les expérimentation au Sahara afferma che la radioattivitàdi Adrar Tikertine non avrebbe nociuto alle popolazioni nomadi di passaggio,poiché un’area di tre ettari fu ricoperta prima di terra non contaminata e poi diasfalto87.

Il Pollen Jonquille del 9 marzo 1966 fu l’ultimo esperimento nucleare francesenel Sahara. Il Centre d’Expérimentation du Pacifique (Cep) era già stato ultimatoe fu testato il 2 luglio 1966 con l’esperimento atmosferico Aldébaran presso l’iso-

86 Secondo alcune fonti invece i feriti furono diciannove. B. ROSSIGNEUX, Les morts sans importance dela bombe atomique française, in «Le Canard Enchaîné», 11 gennaio 1995; D. RICHARDSON, L’irradié lève lesecret défense, in «Sud-Ouest», novembre 1999.

87 La genése de l’organisation et les expérimentation au Sahara, cit., p. 203.

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la di Mururoa88 (arcipelago Tuamotu), un test atmosferico da 30 kt89. Fu il primodi una lunghissima serie di test (193) che si conclusero solo il 27 gennaio 1996 aFangataufa con l’esperimento sotterraneo Xouthos da 24 kt. Come si è già dettoil Sahara algerino era stato solo un sito temporaneo, in vista di aree più consonedove poter testare tra l’altro un ordigno all’idrogeno (bomba H), il che avvennesempre a Fangataufa il 24 agosto 1968 (esperimento Canopus da 2,6 megatoni)90.La Francia era però arrivata ultima nella corsa alla bomba termonucleare, e tral’altro con costi elevatissimi91, essendo stata preceduta dalla Repubblica PopolareCinese, che aveva sperimentato una bomba H da 3,3 megatoni il 17 giugno 1967.

Nel 1966 quindi iniziò ufficialmente lo smantellamento delle basi, strutture epoligoni di Reggane-Hamoudia e In Ekker-Trourit. Ugualmente fu smantellatoin seguito (1 luglio 1967) il complesso di Colombe-Béchar-Hamaguir, creandodue basi di lancio: una in Francia a Biscarrosse (dipartimento di Landes) e l’altraa Kourou, nella Guyana francese.

In realtà si trattò di un abbandono fatto alquanto velocemente, senza alcun ri-guardo per l’ambiente o le popolazioni nomadi. Le case prefabbricate di Oasis IIfurono asportate, mentre furono lasciati intatti i blockhaus in cemento armato diHamoudia e Reggane. Gli equipaggiamenti non trasportabili o troppo contami-nati (anche se efficienti, come aerei, camion e jeep) furono seppelliti nel desertodopo che bulldozer avevano scavato grandi fosse, causando così un danno ecolo-gico incalcolabile (ricordiamo che alcuni materiali radioattivi rimangono tali percentinaia, migliaia e persino milioni di anni). Le entrate delle gallerie scavate aTrourit furono invece bloccate con il cemento armato, mentre una recinzione fuposta attorno al perimetro della montagna.

Nel 1967 avvenne il passaggio di consegne ufficiale tra esercito francese e unitàdel Genio dell’esercito algerino. Tuttavia quest’ultimo non aveva i mezzi finan-ziari e tecnici per mantenere le installazioni lasciate dai francesi, né per operareuna bonifica del territorio. La sorveglianza armata dei siti quindi cessò quasiimmediatamente, mentre fu costruito un muro lungo 40 km e alto 3 metri perimpedire l’accesso di esseri umani e animali alla montagna di Taourirt. Il proble-ma fu che, quasi immediatamente dopo la partenza dei militari francesi, le areefurono depredate dalla gente del luogo in cerca di materiale recuperabile, so-prattutto installazioni elettriche, piombo che ricopriva numerosi blockhaus ecavi di rame. In particolare il rame, recuperato da cavi elettrici di diversi centi-metri di diametro, fu oggetto di un vero e proprio mercato nero che si estesesino al Marocco92. Un mercato che è durato anni e che ha messo in circolazionemateriale quasi sicuramente radioattivo e nocivo per la salute. Senza contareche molti oggetti sono stati portati via negli anni da tuareg nomadi o abitantidella zona, che li hanno usati come parti di ricambio o utensili per la vita di tuttii giorni.

88 Ironicamente, Mururoa in polinesiano significa letteralmente “luogo del grande segreto”.89 Il secondo esperimento a Mururoa (11 settembre 1966) fu il Bételgeuse con il quale si sperimentò la

testata nucleare MR-31, che avrebbe equipaggiato l’SSBS S2, il primo missile balistico francese a gittataintermedia o IRMB.

90 1 megatone corrisponde a 1.000 kt e sprigiona energia pari a 1 milione di tonnellate di tritolo.91 T. RAUF, French nuclear testing: a fool’s errand, in «The Nonproliferation Review», n. 3, 1995, pp. 49-

57.92 S. FERNEUX, Essais nucléaires en Algérie. Interviews du juin 1992, Paris, ECODIF, 1995, p. 7.

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Nel 1996 il governo della Polinesia francese ottenne dal Ministero della Difesafrancese che fosse installato un sistema di monitoraggio per il controllo dell’evo-luzione geologica degli atolli, come anche (nel 2006) la consegna di mappe con ladislocazione esatta del materiale deliberatamente sepolto o affondato nei pressidegli esperimenti nucleare, sui quali consegnò anche due volumi di documenta-zione tecnica (957 pagine in tutto)93. Tutto ciò non è avvenuto per l’Algeria. Lecomunità nomadi sono così ancora esposte a potenziali pericoli radiologici, te-nendo anche in considerazione che pozzi artesiani sono continuamente scavati ericevono acqua da falde acquifere probabilmente contaminate.

Solamente alla fine degli anni ’90 il Ministero dei Mujahiddin algerino, ovveroil ministero preposto ai veterani della guerra di liberazione del 1954-1962, chieseall’International Atomic Energy Agency (Iaea)94 di compiere uno studio accuratosui siti sahariani oggetto degli esperimenti nucleari. La missione avrebbe avuto ilcompito di verificare in via preliminare la situazione ambientale radiologica deisiti Reggane e In Ekker, raccogliendo in loco anche campioni per poi analizzarlinei laboratori dell’Iaea a Seibersdorf in Austria. I risultati delle misurazioni sa-rebbero infine serviti per predisporre, in caso se ne fosse ravvisata la necessità, unpiano di monitoraggio più specifico. La missione dell’Iaea si svolse dal 18 al 26novembre 1999 e fu composta da alcuni esperti di livello internazionale nel cam-po della dosimetria e della protezione radiologica: Andrew McEwan (NuovaZelanda), Steven Simon (Stati Uniti), Peter Stegnar (Slovenia), Jean-FrançoisSornein (Francia) e Pier Roberto Danesi, rappresentante dell’Iaea. Il team fuaccompagnato da otto membri algerini del Commissariat à l’Énergie Atomique(Comena)95. Polemiche sono state sollevate attorno alla presenza di Sornein, inquanto membro sia del Cea, che della sua branca più “militare”, ossia la Directiondes Applications Militaires (Dam). Jean-François Sornein era stato anche consu-lente per il Centre d’Expérimentations du Pacifique (Cep) riguardo ai siti di Mu-ruroa e Fangataufa, mentre nel 2000 fu nominato direttore del centro di ricercanucleare di Valduc Côte d’Or, la cui missione era specificatamente la fabbricazio-ne di componenti nucleari per le armi della Force de frappe 96. Personalità non avul-sa dagli interessi governativi francesi, e soprattutto legato agli ambienti militari,che quindi fu contestata per la sua parzialità.

93 CEA – DIRECTION DES APPLICATIONS MILITAIRES, Ministère de la Défense. Geomechanical and Radio-logical Impact of Nuclear Tests at Mururoa and Fangataufa, Paris, La Documentation française, 1998.

94 Ricordiamo che l’IAEA, con sede a Vienna e nata nel 1957 per promuovere e regolare l’uso pacificodell’energia atomica, compila periodicamente rapporti da inviare sia all’Assemblea Generale che al Con-siglio di Sicurezza.

95 Il COMENA è un’istituzione creata dal Decreto n. 96-436 del 1° dicembre 1996 ed è lo strumentoper la promozione e la realizzazione dell’energia nucleare in Algeria. Ha per scopo quindi lo sviluppo dicompetenze, conoscenze e tecnologie relative al nucleare e possiede quattro centri di ricerca: Algeri,Draria, Birine e Tamanrasset. Nel 2006 il COMENA è stato incorporato all’interno del Ministero del-l’Energia e delle Miniere. Il programma nucleare algerino risale al 1981 ed è stato favorito dall’Argen-tina e dalla Repubblica Popolare Cinese, Paesi che permisero la costruzione di due reattori sperimenta-li, rispettivamente al-Nûr (1989), un reattore ad acqua leggera da 1 Mw, e l’Es-Salâm (1993), reattoretermico ad acqua pesante da 15 Mw. Proprio quest’ultimo sollevò numerose critiche per il suo possibileutilizzo a scopi militari, poiché è in grado di produrre dai 3 ai 5 kg. di plutonio l’anno, sufficienti a fab-bricare un’arma nucleare. In ogni caso l’Algeria dal 1995 ha sottoscritto il Trattato di Non ProliferazioneNucleare e ha sottoposto i suddetti reattori alle ispezioni dell’IAEA. B. TERTRAIS, La marché noir de labombe: Enquête sur la prolifération nucléaire, Paris, Buchet/Chastel, 2009, p. 260; D. ALBRIGHT-C. HIN-DERSTEIN, Algeria: Big Deal in the Desert?, in « The Bulletin of the Atomic Scientists», n. 56, maggio-giugno2001, pp. 45-52.

96 http://www.cea.fr/le_cea/actualites/nomination_de_jean-francois_sornein-2678

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Il risultato della missione Iaea fu reso noto e pubblicato solamente nel 200597,suscitando diverse polemiche, soprattutto da parte degli ex-militari veterani siadel Sahara che della Polinesia, che negli anni avevano lamentato malattie ricondu-cibili all’esposizione a fonti radioattive e che nel frattempo si erano riuniti fon-dando nel 9 giugno 2001 l’Associations des Vétérans des Essais Nucléaires (Aven).Il rapporto dell’Iaea si compone di circa sessanta pagine ed è senza dubbio benfatto, poiché getta una luce nuova su diversi aspetti sconosciuti, tra cui la localiz-zazione precisa delle attività nucleari francesi. Tuttavia è afflitto da alcune con-traddizioni che saltano immediatamente agli occhi del lettore anche non specia-lizzato. Infatti si afferma da una parte che tutti i siti di Reggane sono in qualchemodo contaminati e in modo assai grave i luoghi di Gerboise bleue e blanche, dovesi trovavano le più alte concentrazioni di radioattività, soprattutto nella sabbiavetrificata, con tracce di Plutonio 239 e 240, Cesio 137 e Stronzio 9098. Dall’altra,invece, specifica che dopo misurazioni in 76 luoghi diversi a Reggane e In Ekker,i siti presentano scarsa radioattività residua, a eccezione dove si erano verificatele esplosioni di Gerboise blue e blanche, nonché nel tunnel E2 della montagna diTaourirt Tan Afella, dove era avvenuto l’esperimento Béryl. Se si escludevanoquindi questi tre luoghi, in tutte le altre località non c’era nessuna indicazioneche l’esposizione radioattiva annuale per un essere umano sorpassasse i valori disicurezza indicati dalle normative internazionali. Ovvero i visitatori dei luoghisarebbero stati esposti a dosi di pochi mSv al giorno. Pertanto gli esperti dell’Iaeanon ritennero opportune altre e più approfondite analisi in futuro, anche perché,sempre per gli stessi scienziati, l’attività sociale e economica nell’area era pratica-mente inesistente, trattandosi di un deserto. Tuttavia si specificò anche che l’as-sunzione della non pericolosità delle zone menzionate era stata dedotta prefigu-rando uno scenario nel quale un soggetto soggiornasse nell’area per un periodo ditempo alquanto limitato, ossia un “overnight camping or other short term stay,for a period amounting to three days per year”. Si aggiunse quindi che si sconsi-gliava “any future activity which could imply greater occupation of the area bypeople”. In caso contrario sarebbero state necessarie ricerche ed esami radiologi-ci più dettagliati99. Anche per quanto riguardava il tunnel E2 il rapporto fu al-quanto rassicurante perché se era vero che colui che avesse intrapreso degli scavinella vicinanza della lava della galleria sarebbe stato esposto a 0,5 mSv in otto ore,era altrettanto vero che la dose di radioattività stava decrescendo annualmente acausa del decadimento del Cesio 137. Non si faceva però riferimento agli altriradionuclidi sicuramente presenti in loco.

Sebbene presentassero ancora tracce di Cobalto 60, non costituivano un peri-colo i residuati ferrosi presenti nei siti, neanche per chi li avesse asportati come“souvenirs” [sic!]100.

Furono prelevati 25 campioni tra rocce, sabbia, sabbia vetrificata, materiale la-vico oltre ad acqua di un pozzo a 6 km dal tunnel E2. Tale numero di campioni fu

97 Radiological condition at the former French nuclear sites in Algeria: preliminary assessment and recom-mendations, Radiological Assessment Report Series, Vienna, IAEA, 2005. Cfr. anche P.R. DANESI- J. MORE-NO-M. MAKAREWICZ-D. LOUVAT, Residual radionuclide concentrations and estimated radiation doses at theformer French nuclear weapons test sites in Algeria, in «Applied Radiation and isotopes», vol. 66, n. 11,novembre 2008, p. 1671-1674.

98 Radiological condition at the former French nuclear sites in Algeria, cit. pp. 26-27.99 Ivi, p. 28.100 Ivi, p. 47.

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però considerato dagli stessi relatori dell’indagine “somewhat small, in view ofthe size of the areas”101. Inoltre si affermò che si sarebbe potuto sviluppare unaricerca sull’assorbimento della radioattività da parte dei nomadi del deserto, sefossero stati a disposizione dati accurati e esaustivi sulle loro abitudini alimentarie comportamentali. In effetti valutare l’impatto dei test sulla salute della popola-zione non sedentaria rimane ancora oggi assai difficile, poiché la registrazione dinascite, morti e matrimoni nel Sahara arriva solo sino al 1969 e pertanto nessunostudio epidemiologico credibile può essere compiuto.

Per stessa ammissione della missione, infine, non furono particolarmente ap-profondite le misurazioni a Adrar Tikertine, nei luoghi degli esperimenti Pollen,dato che non erano disponibili apparecchiature portatili per rilevare basse dosi diradiazioni gamma provenienti da plutonio e americio102.

Nelle sue raccomandazioni finali, il rapporto Iaea consigliò di porre in essereun monitoraggio ambientale e dell’aria dei siti, così come quello dei pozzi d’ac-qua adiacenti a Taourirt Tan Afella. Raccomandazione apparentemente in con-traddizione con le rassicurazioni del rapporto, come anche su quelle riguardantile polveri radioattive eventualmente trasportate dal vento verso la città di Regga-ne (a 50 km), classificate come “clearly negligible” (sotto 1 ìSv l’anno).

Il rapporto non fa nessun riferimento al materiale sepolto sotto la sabbia daifrancesi al momento dell’abbandono delle installazioni, materiale sul quale nonesiste alcuna informazione sulla sua dislocazione esatta, ma solo alcune fotogra-fie. Inoltre, Bruno Barrillot, uno dei massimi esperti delle sperimentazioni nu-cleari francesi, sia in Polinesia che nel Sahara, nonché direttore del Centre desDocumentation et de Recherche sur la Paix et les Conflicts (Crdpc), ha rilevatodiscrepanze nelle misurazioni della radioattività presso il punto zero di Gerboisebleue, durante un sopralluogo a Reggane e In Ekker nel novembre del 2007 conuna troupe del canale televisivo France 3. Barrillot ha misurato dosi sino a 100volte superiori103 dove i dati Iaea avevano rilevato tra 2.7 ìSv/h104 e 0.1 ìSv/h a 500metri dal punto zero105. A onor del vero va però detto che mentre la Iaea si è avvalsadi strumenti portatili assai sofisticati (Geiger-Müller modello FAG e ESM, scin-tillatori GR 320 Exploranium e GR 130 Minispec), non è dato sapere che tipo diapparecchiature abbia usato Barrillot.

In buona sostanza lo studio dell’Iaea non ha posto la parola fine alla diatribasugli effetti degli esperimenti nucleari nel Sahara. Dal canto proprio il governofrancese non ha abbandonato il dogma della non pericolosità dei test, definitiufficialmente “essais propres”, ossia esperimenti puliti. Dogma assimilabile a unasorta di negazionismo di Stato che trova la sua fonte originaria negli interessiruotanti attorno alla lobby nucleare francese, sostenuta dall’establishment milita-re, industriale, finanziario e medico francese106. Le posizioni governative hannoperò dovuto fare i conti sia con le sempre più numerose richieste delle associa-zioni dei veterani, che dei governi algerino e polinesiano. Anche l’opinione pub-

101 Ivi, pp. 1-2, 25-26.102 Ivi, p. 19.103 B. BARRILLOT, Visite du site d’essais français de Reggane au Sahara algérien, in «Damoclés», n. 121,

novembre 2007.104 1 ìSv corrisponde a 0,000001 Sv.105 B. BARRILLOT, Visite du site d’essais français de Reggane au Sahara algérien, cit.106 J.-P. DESBORDES, Atomic Park, Arles, Actes Sud, 2006, pp. 29-30.

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blica, edotta da diversi films e documentari sul tema107, ha costituito un non indif-ferente strumento di pressione.

Ad Algeri, dal 13 al 14 febbraio 2007, ebbe luogo il Colloque international surles conséquences des essais nucléaires dans le monde: cas du Sahara algérien, simpo-sio sponsorizzato dal governo Bouteflika, che mise in evidenza la caparbietà diParigi nel non rendere pubbliche le informazioni relative ai suoi esperimentinucleari, ancora soggetti al secret-défense. L’incontro ebbe una sua riedizione dal22 al 23 febbraio 2010 a Béni-Massous, nella quale si denunciò, da parte dell’or-ganizzazione per la lotta ai tumori Centre Pierre et Marie Curie (Cpmc), la diffe-renza del profilo epidemiologico tra nord e sud dell’Algeria, poiché i tumori allatiroide erano al decimo posto tra le malattie oncologiche al nord, mentre nelleregioni meridionali dell’Adrar, Timimoun e Tamanrasset erano al secondo posto.Si rilevò come nelle stesse regioni anche altre neoplasie, come il cancro della pellee del seno, avessero un tasso particolarmente elevato rispetto ad altre aree delpaese108.

Già da tempo in Francia si stava discutendo di una legge ad hoc che prendessein considerazione gli effetti degli esperimenti nucleari sui militari e i civili. Il 17gennaio 2002 la deputata del partito verde Marie-Hélène Aubert presentò all’As-semblea Nazionale un progetto di legge per il riconoscimento della responsabi-lità statale per le malattie dei veterani e civili, come la popolazione locale, dovutea radiazioni per gli esperimenti nucleari, l’apertura degli archivi sottoposti a se-greto di Stato e creazione di un fondo indennizzi per le vittime109. Tale progettoperò non vide mai la luce e bisognò attendere la legge n. 2010-2 del 5 gennaio2010 relativa alla reconnaissance et à l’indemnisation des victimes des essais nucléai-res français, meglio conosciuta anche come Loi Morin, dal nome del suo promo-tore, il ministro della Difesa Hervé Morin. Secondo tale testo legislativo (art. 2)gli individui che ritenevano di soffrire di una patologia radio-indotta causata dagliesperimenti nucleari francesi dovevano dimostrare di avere risieduto o soggior-nato tra il 13 febbraio 1960 e il 31 dicembre 1967 nei pressi del Csem, oppure trail 7 novembre 1961 e il 31 dicembre 1967 nei pressi del Cemo, oppure in areeperiferiche a questi centri110. Il decreto n. 2010-653 dell’11 giugno 2010 specificòassai dettagliatamente, quasi con precisione cartografica111, tali aree, inficiando sulnascere l’efficacia del provvedimento e questo per diversi ordini di motivi: inprimo luogo molti dei lavoratori autoctoni non possono dimostrare di avere avu-

107 Si veda ad esempio il film Vive la bombe!, dedicato all’incidente Béryl, di Jean-Pierre Sinapi e tra-smesso nel 2007 sul canale ARTE, oppure il film-documentario Gerboise bleue di Djamel Ouahab apparsonel febbraio del 2009. Molto ben fatti sono stati anche i documentari di Larbi Benchiha Vent de sable. LeSahara des essais nucléaires (2008) e L’Algérie de De Gaulle et la bombe (2010).

108 http://www.santetropicale.com/santemag/algerie/iensa2010.htm109 Proposition de la loi relative au suivi des conséquences sanitaires et environnementales des essais nu-

cléaires, 17 gennaio 2002, n. 3542.110 Per i veterani della Polinesia si prescrive che essi debbano comprovare la loro permanenza presso

Mururoa e Fangataufa e alcune zone di Hao tra il 2 luglio 1966 e il 31 dicembre 1998, o sull’isola di Tahititra il 19 luglio 1974 e il 31 dicembre dello stesso anno.

111 Art. 2, c.I: Les Zones du Sahara mentionnée au 1° de l’art. 2 de la loi du 5 janvier 2010 susvisée sontcelles qui sont inscrites, d’une part, dans un secteur angulaire de 10 degrés centré sur le point (0 degré 3 minutes26 secondes ouest, 26 degrés 18 minutes 42 secondes nord) compris entre l’azimut 100 degrés et centré sur lepoint (5 degrés 2 minutes 30 secondes est, 24 degrés 3 minutes 0 seconde nord), compris entre l’azimut 70degrés et l’azimut 110 degrés sur une distance de 40 kilomètres et prolongé sur l’axe d’azimut 90 degrés par unsecteur rectangulaire de longueur 100 kilomètres.

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to parte nella costruzione delle infrastrutture nucleari francesi, come non puòdimostrare di essere stata presente in quei luoghi la popolazione nomade dei tua-reg. Questi ultimi infatti sono dediti al nomadismo e alla tradizione orale e, nellamaggior parte dei casi, non potranno mai provare, attraverso un documentoamministrativo, la loro presenza nei territori menzionati dal decreto; in secondoluogo i radionuclidi si spostano nell’atmosfera a distanze imprevedibili e nonconoscono confini geografici; infine, l’arco temporale è alquanto breve, poichéalcune delle infermità potrebbero essere state causate da un’esposizione a radia-zioni o radionuclidi dopo il 1967.

La Loi Morin inoltre, ancora tramite il suo decreto applicativo, ha enunciato unelenco di patologie oncologiche ben determinate che darebbero diritto a un risar-cimento112, elenco assai contestato dall’associazione dei veterani della Aven, cheessi avrebbero voluto ben più esteso oltre le diciotto forme tumorali elencate. LaAven ha quindi premuto senza successo che fosse adottata la lista di malattiecompilata da United Nations Scientific Committee of the Effects of Atomic Radia-tions (Unscear), la quale è stata inglobata nella legislazione federale statunitense.L’ultimo ostacolo ai risarcimenti all’interno della legge Morin è costituito dallavalutazione del Comité d’indemnisation des victimes des essais nucléaires (Civen),presieduto da un Consigliere di Stato e composto da esperti in ambito medico,nominati dal Ministero della Difesa e da quello della Salute. Solo se il Comitéd’indemnisation riscontra la presenza del requisito temporale e di luogo, nonchédi un’infermità presente nell’elenco, al soggetto viene riconosciuta la présomptionde causalité, dando per scontato che la malattia sia dovuta all’esposizione alla ra-dioattività dovuta agli esperimenti, a meno che i rischi attribuiti agli “essais” nonsiano considerati “trascurabili” (négligeable)113. Ecco quindi che si è affidato alloStato un potere discrezionale non indifferente, anche perché successivamente ilComité d’indemnisation deve sottoporre al Ministero della Difesa una raccoman-dazione sulla risoluzione da dare a ogni caso. È il ministro della Difesa a espri-mersi definitivamente entro sei mesi, al termine dei quali, in caso di silenzio, ladomanda di indennizzo si ritiene respinta, senza la necessità di fornire alcunaspiegazione. Sino all’ottobre del 2011 erano state presentate 632 domande di in-dennizzo attinenti sia all’area polinesiana che algerina. Il Civen ne ha esaminate278, delle quali 185 sono state oggetto di una decisione del ministro della Difesa,il quale ha approvato solo due indennizzi.

Ancora oggi i dettagli tecnici dei test effettuati in Algeria sono piuttosto nebu-losi, essendo circondati dal secret-défense. Si sa per certo però che i loro risultatinon furono soddisfacenti, nonostante alcune utili sperimentazioni per la “mini-bomba” AN-11, e che pertanto la sperimentazione nucleare fece effettivamentedei progressi solo nel Pacifico114. Gli esperimenti sahariani furono compiuti mol-

112 Leucemie (salvo la leucemia linfoide cronica); tumore al seno (solo quello femminile); tumore dellatiroide (se l’esposizione è avvenuta nell’età della crescita); tumore al polmone; tumore del colon; tumoredella pelle; tumore delle ghiandole salivari; tumore dell’esofago; tumore dello stomaco; tumore del fega-to; tumore della vescica; tumore delle ovaie; tumore del cervello e del sistema nervoso centrale; tumoredell’utero; tumore dell’intestino crasso; tumore del retto e del rene.

113 Fonte di polemiche è stato anche il fatto che il comitato, per valutare il grado di probabilità che lamalattia del richiedente sia radio-indotta, si avvalga del software IREP (Inter-Active Radioepidemiologi-cal Program), un programma di calcolo utilizzato negli Stati Uniti dal National Institute for Occupatio-nal Safety and Health. B. BARRILLOT, Une loi pour les victimes des essais, Lyon, CDRPC, 2010.

114 Senza alcun dubbio i francesi si dimostrarono più lenti e tecnologicamente arretrati rispetto alle altrepotenze nucleari dell’epoca. Basti pensare che passarono 102 mesi dalla sua prima bomba a fissione a quella

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to in fretta e probabilmente senza preoccuparsi dei loro effetti sulla salute e sul-l’ambiente, sebbene le nefaste influenze dei test nucleari fossero ben conosciutiagli inizi degli anni ’50. Il risultato più importante degli esperimenti sahariani perla Francia fu che essa entrò nel club delle potenze atomiche, essendo così in gra-do di interagire in modo diverso nel contesto della Guerra fredda, attraverso lacosì detta “dottrina proporzionale”, o della “dissuasion du faible au fort”, propa-gandata dal Generale Pierre Gallois115. In secondo luogo Parigi si permise di ridi-segnare le proprie priorità geopolitiche nel Mediterraneo. Non va dimenticatoinfatti che De Gaulle aveva trattenuto caparbiamente il possesso di Biserta anchedopo l’indipendenza della Tunisia, poiché essa costituiva una delle più importantibasi aeronavali del Mediterraneo sia come avamposto della Nato, sia in funzionedella Guerra d’Algeria. Avamposto per il quale la Francia fu disposta a scatenareun sanguinoso conflitto nel luglio del 1961 con il regime di Bourguiba, ma cheabbandonò nel 1963, una volta che l’Algeria fu indipendente e la Force de Frappefu sul punto di essere operativa116. Le armi di distruzione di massa avevano infattireso obsoleto il concetto delle grandi basi navali. Non a caso De Gaulle dichiarò:“lasciamo Biserta perché Biserta non ci servirà più a nulla una volta che avremouna forza atomica [...] Iniziamo a disporre di ordigni nucleari. Saremo capaci dipolverizzare contemporaneamente Biserta e Mosca”117.

La conquista dell’arma nucleare da parte della Repubblica francese fu un risul-tato che non si sarebbe potuto raggiungere se non ci fosse stata la congiunturaeconomica favorevole delle Trente Glorieuse118 e la situazione estremamente par-ticolare della Guerra d’Algeria, che permise l’utilizzo di ampi spazi deserti rela-tivamente vicini alla madrepatria e il reclutamento di manodopera a buon merca-to, manipolabile dal punto di vista dei diritti e delle eventuali rivendicazioni. Esistequindi un legame inscindibile tra Guerra d’Algeria e test nucleari. Tale tipo diamalgama ha contribuito ad alimentare su questi ultimi il silenzio, il cui confinecon il tabù è molto labile. C’è anche da sottolineare che anche gli accordi di Évianrientrano completamente in questo panorama, poiché permisero alla Repubblicafrancese di operare nel Sahara ben oltre la data dell’indipendenza algerina. Questiaccordi riteniamo possano essere collocati all’interno di quel complesso sistema dirapporti tra Francia e Stati africani, che è stato ben definito come françafrique119,ovvero una rete di legami controversi, e a volte oscuri, intrattenuti da Parigi con

termonucleare. Un’enormità rispetto ai 32 mesi della Cina popolare, ai 66 del Regno Unito, ai 75 del-l’Unione Sovietica e agli 87 degli Stati Uniti. Anche i test atmosferici furono più numerosi (50) rispettoa quelli cinesi (23) o britannici (21). Known nuclear tests worldwide 1945-1994, «The Bullettin of theAtomic Scientists», maggio-giugno 1995, p. 71.

115 Tale dottrina sosteneva che la Francia, come “media potenza”, potesse effettivamente dissuadere unasuperpotenza come l’Unione Sovietica sino a che avesse la capacità di danneggiare o distruggere un nu-mero di centri abitati o infrastrutture sovietiche al punto da indurre Mosca a non ritenere convenienteattaccare per prima. Dottrina che De Grulle riassunse cinicamente nella frase: “In dieci anni saremo ingrado di uccidere 80 milioni di russi. Bene, credo che non si attacchi volentieri chi può uccidere 80 mi-lioni di russi, anche se essi stessi hanno la possibilità di uccidere 800 milioni di francesi, ammesso che cisiano 800 milioni di francesi”. D.S. YOST, Nuclear debate in France, in «Survival», n. 36, 1994-95, p. 116.

116 S. ABIS, L’Affaire de Bizerte. Une crise géopolitique méconnue, in «Confluences Méditerranées», n. 67,2008, pp. 129-146.

117 A. PEYREFITTE, C’était De Gaulle, Paris, Fallois-Fayard, 1995, tomo 1, p. 415.118 L’espressione fu coniata dall’economista francese Jean Fourastié per indicare il periodo di forte cre-

scita economica che attraversò molti Paesi europei dal 1945 al 1975. J. FOURASTIÉ, Les Trente Glorieusesou la révolution invisible de 1946 à 1975, Paris, Fayard, 1979.

119 F.-X. VERSHAVE, La françafrique. Le plus long scandale de la République, Paris, Stock, 1998.

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l’Africa francofona, che sono stati contraddistinti da un controllo politico, eco-nomico e militare sugli ex-possedimenti, quasi al punto da considerare non con-clusa l’esperienza coloniale. Per certi versi anche la Repubblica democratica po-polare algerina non è sfuggita a questo controllo e gli esperimenti nucleari ne sonouna prova.

Nel contesto della poca trasparenza che caratterizza gli esperimenti nel Sahara,non da sottovalutare è anche la questione relativa al riconoscimento degli errorie crimini compiuti dal colonialismo, altra tematica fortemente controversa all’in-terno della società francese. Sebbene il presidente Sarkozy abbia tentato di volta-re pagina rispetto alla françafrique dei suoi predecessori all’Eliseo, parlando pro-prio in Algeria nel dicembre 2007 di un “sistema coloniale profondamente ingiu-sto”, molta strada rimane ancora da fare per giungere a delle scuse ufficiali, cheinvece molti si attendevano. Del resto la legge Mekachera, approvata nel febbraio2005 e che ha sancito il “ruolo positivo della presenza francese d’oltremare, spe-cialmente in Africa del nord”120, è ancora lì a ricordarci che la politica estera fran-cese non ha ancora fatto completamente i conti con il passato. Un passato che,nel caso dei così detti “essais propres”, non è facilmente cancellabile perché, cometutte le questioni nucleari, grava sulla salute e sul destino delle generazioni futu-re, sia francesi che algerine.

120 “Les programmes scolaires reconnaissent en particulier le rôle positif de la présence française outre-mer, notamment en Afrique du Nord et accordent à l’histoire et aux sacrifices des combattants de l’arméefrançaise issus de ces territoires la place éminente à laquelle ils ont droit” (art. 4, c. 2). Loi n. 2005-158,23 février 2005 portant reconnaissance de la Nation et contribution nationale en faveur des Français rapa-triés. C. LIAUZU-G. MANCERON-H. LECLERC, La colonisation, la loi et l’histoire, Paris, Syllepse, 2006.