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FRONTESPIZIO DE GLI ANGELI MALVAGI DI ERIC JOURDAN
La campagna attorno alla Loira costituisce lo scenario della
storia d'amore, che anche itinera-rio verso l'assoluto, fra Pierre
e Grard: storia splendida e terribile che i due protagonisti
raccon-tano ciascuno dal proprio punto di vista nelle due parti in
cui suddiviso questo romanzo. Se ilracconto di Grard segue quello
di Pierre, ne riprende il filo interrotto e giunge sino alla
conclu-sione, rivede anche, per, certe situazioni raccontate dal
primo e le rielabora gettando nuovaluce sugli eventi dapprima
teneri e appassionati, poi sempre pi drammatici e terribili della
lorovicenda. In un mondo chiuso, meschino, soffocante di ricchi
borghesi annoiati, i due ragazzi as-setati di libert cedono al
richiamo di un panteismo sensuale cui ben si addicono le radure
om-breggiate in riva al fiume, i silenzi abitati dal timor panico
dell'ora meridiana, tutte le sensazionivisive, tattili, olfattive
della campagna. In quello scenario - complici la malinconia
infinita ched la consapevolezza di divenire adulti, i cupi richiami
a una misteriosa pienezza del male, lacertezza che il dolore sia
necessario per preparare l'anima e il corpo a uno stato superiore
di gra-zia - i due ragazzi si abbandonano a un amore viscerale in
cui l'uno vuole fagocitare l'altro, entra-re in lui, farsi a
propria volta divorare dal complice. Il lettore si lascia prendere
dal gioco, entranel gioco, assiste avvinto, non giudica pi: la
nozione di peccato e di colpa viene abolita, tantoper i
protagonisti quanto per noi spettatori affascinati dalla pienezza
delle sensazioni, anche lepi brutali, dai rituali cruenti e sadici
in cui si consuma quell'amore impossibile. Impossibilenon per il
suo essere fuori della norma, ma per la sua irrealizzabile
ambizione di far s che queidue esseri diventassero ci che gli
uomini chiamano di.
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RACCONTO DI PIERRE
Il cielo era d'un azzurro splendente, d'una grandezza serena.
Non si capiva pi se c'era il sole.L'acqua scorreva sotto i platani
e le betulle senza nulla riflettere, balenando soltanto quando
unraggio di luce ne attraversava le profondit fatte di macchie
dove, a tratti, il verde incupiva finoal nero.
L'estate aveva bruciato le erbe alte che ricadevano - capelli
d'oro scarmigliati - su tutto lo spa-zio fra albero e albero. Da
sotto le ciglia il paesaggio diventava smisurato. Gambe allargate,
unciocca di saponaria giallo chiaro contro le ginocchia, Grard
dormiva. La camicia aperta sem-brava un'onda bianca che gli si
frangesse sul petto, il cui culmine era color del miele... e i
mieiocchi si fissavano, nellincavo del collo, sui muscoli della
gola, che con il loro vigore davano ri-salto alla dolcezza delle
ombre verso la spalla. Del volto, vedevo soltanto la guancia; ai
capellis'erano intrecciati fili d'erba tagliata; qualche ciocca gli
ricadeva sulla fronte; nel cavo della tem-pia, una vena spessa,
gonfiata dal caldo, portava allo zigomo il bagliore indistinto del
sangue,dando al ragazzo in riposo una carica di volutt ben pi
violenta di quella che gli veniva dallin-solenza delle sue fattezze
quand'era dritto in pieno sole.
Avrei voluto fermare il giorno, catturare per l'eternit
l'istante inafferrabile nel volto di Grardaddormentato alle mie
ginocchia, ma ogni attimo mi portava la crudele smentita del
passato nelmio respiro, nella tonalit pi verde degli alberi, nel
silenzio pi solenne dell'acqua. Grard erad'una bellezza malvagia e,
anche mentre giaceva addormentato, lo si capiva dalla calza
arrotolataalla caviglia che metteva in mostra una gamba liscia da
cacciatore di nidi.
Rivedevo tutta la nostra vita, quella che esclude genitori e
maestri, e m'imponevo studiatamentedi ricordare soltanto le ore di
quel giorno di vacanza. La mattina era trascorsa nella mia
stanza.Avevamo dei compiti da fare: giocammo a dadi. Come al
solito, la colazione fu silenziosa, consuo padre, il mio, e una
cugina che s'occupava di noi da quando avevamo entrambi perduto
lenostre mamme, che erano sorelle.
Quando dico colazioni silenziose, le giudico sempre dal nostro
punto di vista, dal momento chenoi due opponevamo un volto
indifferente alle frasi degli adulti e mangiavamo al loro tavolo
conla sensazione di perdere tempo e basta.
Agli ultimi bocconi, Grard mi guard da sotto in su in un modo
che sarebbe parso ambiguo sela conversazione non ci avesse isolati
dagli altri. Una volta fuori, mi spieg quell'occhiata: An-diamo in
riva al fiume a dormire sullerba, ti va? Il fiume era uno specchio
d'acqua fra due sta-gni, e lo chiamavamo cos per via della pi
lontana Loira, che ci attirava meno perch appartene-va a tutti.
Sulla strada per arrivarci perdemmo tempo per impedire che qualche
invitato importu-no capisse dove andavamo e potesse giungere li
allimprovviso costringendoci a rientrare primache ne avessimo
voglia.
Grard s'abbronzava meno in fretta di me, ma in otto giorni mi
aveva eguagliato, ed eravamoentrambi dorati a un punto tale che
ragazze e ragazzi si soffermavano a guardarci quando
attra-versavamo la citt: eppure anche loro erano baciati da quella
bellezza che, grazie allaria aperta ealla vita tranquilla, faceva
fiorire rose sotto le loro guance bronzee, dando ai corpi la pacata
ma-gnificenza della giovinezza. Avevo imparato a capire tutte
quelle occhiate. Quei giovani, sor-
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presi sulle prime, univano poi Grard e me in una muta
ammirazione; da quell'istante, riviveva-mo nei loro sogni e il
nostro volto non ci apparteneva pi.
A Grard piaceva tirarmi continuamente per un braccio; ci
guardavamo per tutto il tempo,come se al di fuori di noi non
esistesse nulla. Non appena ci ritrovavamo soli in campagna, per,ci
allontanavamo l'uno dall'altro, senza riuscire tuttavia a
distaccarci completamente. Grardcamminava a testa bassa, senza dire
parola, e io, dopo qualche minuto, cominciavo a calciare isassi e
continuavo a farlo finch durava il silenzio. Alla lunga era
insopportabile; allora Grardbuttava la testa allindietro e la sfida
del suo incedere mi faceva irrigidire nel mio
atteggiamentod'indifferenza. Gi ci amavamo senza saperlo, e la
rabbia di sentirci indispensabili l'uno allaltrodava a quellincanto
le parvenze d'una rivalit. Avevamo pensato pi volte di andarcene
ciascu-no per proprio conto, senza dir nulla, ma quando uno di noi
aveva deciso bruscamente che quelcerto giorno avrebbe segnato
l'inizio della sua indipendenza, capitava che l'altro, spinto da
unimpulso incontrollabile, facesse il gesto che rendeva schiavi,
come per esempio dire una parolavicinissima allamore, sicch
piombavamo di nuovo a corpo morto nell'asservimento della
pre-senza.
Quel pomeriggio avevamo bighellonato pi del solito lungo il
cammino, e il caldo che rendevail paesaggio quasi grigio nellora in
cui il sole picchiava pi forte ci permise di raggiungere lostagno
imboccando direttamente la strada senza essere visti, giacch il
pomeriggio appartenevad'un tratto a noi soltanto. Procedevamo al
coperto degli alberi, senza parlare. Attorno a noi, tut-to era
silenzio, la vicinanza dell'acqua cocente. A un certo punto,
giovani getti di querce e alcunirovi impedivano il passo; bisognava
scostare le foglie per raggiungere il fiume, e sentii Grardche, la
voce decisa ma bassa come quella di un ragazzo il cui cuore batta
troppo in fretta, diceva: Qui staremmo bene; il sole ha bruciato
l'erba: pi morbido per sdraiarsi... e saremo fuori dalmondo . Ci
trovavamo in una piccola radura.
Grard si sbotton la camicia - io ero troppo emozionato per
parlare -; si distese sullerba, met-tendosi sotto la testa la
maglietta che s'era tolto appena uscito di casa infilandosela poi
nella cin-tura con gesto provocatorio. Chiuse gli occhi fingendosi
addormentato. A mia volta, aprii la ca-micia appiccicata alla pelle
e mi piegai su un ginocchio per toglierla del tutto. Volgendomi
dallasua parte, vidi che Grard m'esaminava da sotto le ciglia: il
suo sguardo era talmente strano cheebbi la sensazione di non essere
mai stato cos nudo, sebbene ogni giorno lui mi vedesse nellastanza
da bagno. Dato che ci vestivamo l'uno di fronte allaltro, capitava
spesso che rimanessiseminudo, in mutande, davanti a lui, e perfino
completamente nudo, quando avevamo appenafatto il bagno e, sulla
riva di quello stesso fiume, soltanto il pudore comandava i nostri
sguardimentre ci asciugavamo e infilavamo i jeans sulle gambe
ancora bagnate. Al pari di me, nemme-no a lui era sfuggito il
momento in cui il mio corpo non aveva avuto pi nulla da
insegnargli, manoi rispettavamo i nostri turbamenti e quelle
posture che lasciavano gli occhi insoddisfatti. Cos,avevo scoperto
i suoi fianchi tondi, la curva delle spalle, e - nel momento
d'abbandono in cui s'e-ra stirato tenendo l'asciugamano sollevato
sulle braccia tese, il costume da bagno alle caviglie -la forma
perfetta di quella statua cui il sangue dava vita. Sapevo che era
lo stesso per Grard,poich eravamo pi o meno uguali, sebbene lui
avesse qualche mese pi di me, i suoi occhi fos-sero pi scuri e i
capelli pi chiari.
Grard si rigir sullerba. Aveva recitato cos bene che il caldo,
colpendolo alla tempia, l'avevaaddormentato per davvero. Del volto,
vedevo soltanto la guancia. Restavo immobile. Il sanguemi fremeva
nelle braccia e nelle gambe, ma resistevo alla tentazione di
mettere la testa contro lasua ' di abbracciarlo.
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Grard dormiva, e io vegliavo in pieno sole, il corpo chino su di
lui, turbato da quella carne chela camicia sbottonata alonava d'un
dolce chiarore, mentre il sole mi sferzava le spalle con le
suefruste invisibili.
Grard, Grard. Lo chiamavo pianissimo e lui non mi sentiva; mi
veniva sottratto da un'al-tra vita o a sua volta, geloso di un
abbraccio da cui il suo corpo era escluso, era lui che vegliavasu
di me? Grard, Grard , supplicavo.
Il suono veniva da pi lontano che dalla mia gola: era forse la
voce dellanima quell'implora-zione diretta a un essere che non
potevo pi raggiungere e che avrebbe sempre avuto, per na-scondersi,
il labirinto del sonno?
Una tristezza immensa m'avvolse fra le braccia: tutto mi parve
tetro, la vita era senza scopo seGrard mi sfuggiva cos facilmente e
se cos facilmente potevo mettere fra noi quel deserto chenon
appartiene n alla morte n all'esistenza, e la cui sabbia
appesantisce le palpebre. Il soporedi Grard era gi l'eternit.
Fino a quel giorno, la sua presenza m'era bastata per ignorare
che a diciassette anni l'amicizia un nome dellamore. Per la prima
volta, un Grard imprendbile mi disorientava. Strappai - nonso perch
con violenza - uno stelo di loglio e, lasciata la malinconia
accanto a mio cugino, mivoltai dalla parte dell'acqua, cui io ero
pi vicino, scostai alcuni rami bassi, mi allungai, immersila pianta
fino alle dita. Lo stelo spariva dopo aver increspato l'acqua, ma
l'onda non rifletteva nla mia mano n la mia bocca china su di essa;
sulle sponde, distinguevo soltanto un'ombra d'unverde un po' pi
grigio che era il riflesso dei riflessi degli alberi. A tratti,
come un sasso lanciatoda riva, una scheggia di sole piombava nel
bel mezzo dellacqua, ora, per il movimento di unafoglia che
scopriva una striscia di fiume alla sua fionda gigantesca, ora, per
il suo lento calaresullorizzonte, trasformando una scorza che
oziava sull'acqua stagnante in barca luminosa.
Dovetti cogliere un altro stelo, avendo abbandonato il primo
alla debole corrente vicino allariva, poi lasciai andare anche
quello, quasi non sapendo pi se non fossero i miei stessi
desideriche abbandonavo. Quel gioco m'appassionava, trastullo di
giovane Narciso di cui l'acqua nonvuole riflettere il volto. Lo
stelo sommergeva, scompariva, e io ricominciavo, un altro, poi un
al-tro ancora, per costringermi a non guardare dietro di me il
corpo senza difese di mio cugino. Dicolpo qualcosa in me si spezz -
che fosse l'orgoglio? -, mi voltai verso Grard e gli sfiorai i
ca-pelli. Una voce mi sugger: Abbraccialo . Lui gemette nel sonno,
allarg braccia di cieco e,senza sapere quel che faceva, mi attir a
s, mi fece perdere l'equilibrio e mi strinse con tutte leforze. Una
smorfia gli deformava le labbra. Ero sopra di lui, il suo respiro,
il suo calore, il suoalito diventavano miei. Il mistero di un corpo
tenuto fra le braccia mi s'impose, semplice e terri-bile: a chi
apparteneva? Poich il sonno che l'allontana dalla terra lo porta
per contrade scono-sciute, la sua solitudine non forse gi una
piccola immagine della morte?
Credetti che Grard, stringendomi a s, si vendicasse dell'acqua
che gli avevo spruzzato addos-so; cercai di liberarmi, gli dissi:
Grard, lasciami , ma fui presto sicuro che non fingeva
didormire.
Il sole gli rivestiva d'oro il viso, ingrandendo le palpebre
dove le ciglia non avevano pi ombra,screziando i capelli
spettinati, contornando l'orecchio d'un rosa trasparente e
imperlandogli di su-dore il collo di vittima riversa. Di l a un
minuto, a un secondo, si sarebbe voltato per terra, si sa-rebbe
stirato, avevo soltanto un attimo per spiare il suo abbandono. Il
corpo di Grard addor-mentato aveva l'immensit notturna; gli posai
l'orecchio sul cuore. Da cos vicino, la sua boccadiventava la bocca
d'un oracolo, ero pronto a qualsiasi sacrificio pur di sentire la
parola amore.
Continuava a stringermi quando apr gli occhi, e, prima che il
risveglio gli restituisse la memo-ria, ebbi diritto al sorriso di
un volto che non conoscevo... Mio cugino mostrava agli altri un
visoromantico e ambiguo, il cui fascino agiva non appena s'era
riusciti a strappargli uno sguardo. Io,
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tuttavia, ero il solo a conoscere il vero Grard. Spesso, facendo
la lotta, gli avevo preso la testae, rovesciandogliela in piena
luce, l'avevo costretto a mostrarmi le pupille, gialle, punteggiate
diverde e marrone. E ogni volta, per non perdermi in esse, lo
lasciavo andare.
Una mattina litigammo a proposito di un libro che lui giurava
d'avermi prestato e che dovevainvece aver dimenticato nel fienile
dov'era solito isolarsi, e dove l'avevo sorpreso pi volte
al-l'improvviso, le gote in fiamme come chi sia appena uscito da un
sogno carnale: ne segui l'inevi-tabile corpo a corpo, ma lui non
aveva mai la meglio quando si lasciava andare alla collera, sic-ch
poco dopo lo serravo fra le gambe, sedevo sul suo torace e gli
chiedevo se voleva arrendersi.1 suoi occhi lampeggiavano d'odio. No
, sibil. Allora stringo. E, con la stessa calma concui pronunciavo
questa frase, gli afferrai il polso e lo torsi. La faccia gli
divent paonazza, glisfiorai la gota bruciante e scostai con
noncuranza i riccioli che gli spiovevano sulle sopracciglia.Lui
chiuse gli occhi, io gli ingiunsi di guardarmi, accentuai la
stretta. D'un tratto, quasi volesseghermirmi il volto, mi squadr
con le ciglia piene di lacrime. Lo lasciai. Lui non si mosse. Ilsuo
volto s'era fatto serio, le pupille nerissime, immense; ciglia,
sopracciglia e capelli splendeva-no d'un sudore greve, e una
recondita dolcezza sulle guance e attorno alla bocca sollecitava
lepercosse: il dolore m'aveva rivelato la sua tenerezza,
sicuramente quella che gli passava sui tratticome talvolta il
ricordo di sua madre. Mi alzai, Grard rimase a terra, e l'ultima
visione che ebbidi lui prima di uscire fu quella di un ragazzo
abbronzato che, con una gamba, premeva sul tappe-to con tutta la
sua forza, mentre l'altro ginocchio era sollevato e, grazie al
gioco dei muscoliappena intuibili sotto la pelle splendente, dava
alla sua posa umiliata un che di insolente.
Avrei dato tutti i giochi, le provocazioni, i goffi desideri,
tutto ci che nel corso della giornatascandiva il tempo in gesti
indimenticabili, perch Grard mi si mostrasse nella sua vera luce.
Mamentiva a me come mentiva agli altri. Se quel suo modo di essere
lo proteggeva dagli altri, dache cosa lo difendeva nei miei
confronti? Temeva di perdere un potere la cui tirannia non
avevaaltra ragione apparente che la sua bella faccia? Non sapeva
che saremmo stati uniti da un fasci-no ben pi profondo? E, con moti
di stizza volontari, nascondeva i suoi desideri pi naturali,come
quello, la mattina, di baciarmi sulla guancia per darmi il
buongiorno. Temeva gli slanci, latenerezza...
Sorridendomi, aveva proprio l'aria che desideravo vedere in lui,
e sentii che il sangue mi abban-donava, come se fossi stato colpito
al cuore.
Ci squadrammo in silenzio, il fiato corto e trattenuto, il
sangue che pulsava alle tempie, nellebraccia, nelle reni. Dovevo
essere bello anch'io, perch Grard mi contemplava a bocca
aperta.
Quale oscura lotta nei nostri corpi, che lunga lotta fra s e s!
Met di me era Grard, l'altramet lo respingeva. Era un momento di
delizia e di tortura; gi immaginavo il ritorno, Grardche camminava
a testa bassa, di fronte a me, nella rabbia di un pomeriggio in cui
non saremmoriusciti a vincere il nostro orgoglio. Allora, spinto da
tutto il mio sangue, mi piegai sul volto cheamavo, superai
l'ostacolo caldo del suo respiro, e, le labbra socchiuse, sentii
contro di esse altrelabbra che si schiudevano. Non osammo pi
muoverci, goffi e febbrili. Avevo sotto di me il suopiccolo viso;
Grard si trasformava per il mio corpo in quelle due labbra carnose
che baciavo.Pi volte ci manc il respiro e riprendemmo fiato
aspirando la stessa aria senza staccarci; mai ilmio cuore fu pi
grande e mai la gioia mi parve tanto vicina al dolore fisico. Aveva
baciato cosa lungo il mio viso che mi sembrava fatto di diecimila
bocche. Eravamo due ragazzi nuovi, ilpassato non esisteva pi, la
nostra amicizia si toglieva la maschera di guerra e, lentamente,
l'a-more stava per posare le mani sui nostri veri volti e cavarci
gli occhi. Quanto tempo restammocon la bocca incollata alle labbra
dell'altro, in un contatto in cui il pi piccolo gesto ci
avrebbeferiti? Non lo so, ma furono ore, e quando non resistendo pi
pensai d'essere in un altro mondo,sentii di nuovo la lingua di
Grard che cercava la mia. Scoprii il suo palato come un vero e
pro-
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prio palazzo,' con lo stupore del bambino in una dimora
misteriosa, poi gli cedetti la mia bocca e,nella foga del primo
desiderio, rotolai al suo fianco. Ci abbracciammo con violenza di
gladiatoriche lottino per la vita. E sempre riconquistavo la sua
bocca, come se fosse quello - per continua-re a giocare con le
parole' il solo palazzo in cui si rendeva omaggio al nostro amore.
La saliva diGrard aveva freschezza d'acqua, ma il suo bacio la
rendeva bollente. Con una voce cos bassache dovetti fargli ripetere
la frase, mi disse: Sei bello . Il mio sguardo gli rispose
confessando-gli quanto l'ammirassi: furono le nostre sole
dichiarazioni d'amore.
Tutto era uguale e tutto era diverso. Il giorno estivo non era
pi un giorno di vacanza in riva alfiume, ma il primo giorno del
mondo. Una trappola si chiudeva su di noi, anche se eravamo libe-ri
di correre come in passato.
Essere a dieci passi l'uno dallaltro era gi lasciarsi, perch il
primo impulso d'amore abolisce iltempo, abolisce i sogni, le
parole, le ribellioni contro colui che si ama, ma non abolisce lo
spazio.Esso si fa sentire pi che mai, assoluto; e occorre il lento
corteo dei dispiaceri e dei momenti digioia perch questi, svolgendo
attraverso l'orizzonte la loro lunga teoria, trasformino i boschi,
icampi, i fiumi fra i quali sono vissuti in legami per gli
amanti.
Staccammo le labbra soltanto per guardarci con gli occhi negli
occhi, i nostri visi a una boccadi distanza l'uno dallaltro.
L'amore era quel giardino meraviglioso di cui infine avevamo
osatovarcare il cancello per coglierne i fiori di carne.
Misi la guancia su quella di Grard; vedevo gli alberi dalla
parte della loro ombra, paesaggioscuro e splendente al tempo
stesso. Fra due cespugli, avevo di fronte a me tutta la pianura al
dil della Loira, i boschetti piccoli come mosche, i campi di grano,
le terre spoglie fra vigneti lecui linee parallele salivano
all'assalto degli sfondi. L'estate sfavillava. Il luccichio d'un
vetrotradiva per un attimo i casolari sparsi nei boschi, poi
l'azzurro violaceo delle loro tegole si ria-malgamava con vigne e
susini. Era la luce dell'amore.
Una tenerezza violenta mi rendeva sensibile in tutto il corpo;
sotto la mia, la gota di Grard eracalda; gli toccai con la mano
l'altra guancia, accarezzandone col palmo le curve che,
nonostanteuna fossetta voluttuosa quasi in fondo, gi gli
delineavano un volto virile, quasi fosse indegnooffrire alla vita,
alla vita che ama tanto schiaffeggiare volti di uomini, una faccia
d'adolescente.
Grard si divincol per stirarsi e, attirandomi a s, mi lecc
un'orecchia con una dolcezza cheinfiacchiva il mio coraggio. Chiusi
gli occhi: portavo in me un paesaggio che noi soltanto erava-mo in
grado di vedere. L'acqua che rifletteva alberi irreali appariva
dorata. In controluce, la val-le, i boschi sgranavano la loro
illusione; non ero pi sullerba, non c'erano pi Loira, n orizzon-ti,
n campi azzurrini, n vigne. Solo vivo, era quel ragazzo bruno il
cui odore di frutta mi per-vadeva subdolamente, e la cui camicia
aperta sulla pelle dorata, i pantaloni stretti, la
magliettaarrotolata sotto la testa erano la prova d'un miracolo al
quale credevo perch quegli indumentibanali diventavano gli
strumenti di un'adorazione che non li rendeva inferiori alla lira,
allegida eai talari degli di. Eravamo nell'et in cui i simboli
avevano un senso immediato nelle nostrevite. Mi portai la mano di
Grard alla bocca, schiacciai il mio viso sul suo palmo; lui allarg
ledita e mi strinse dolcemente mentre le mie labbra, poggiate nel
cavo di quel palmo, direttamentesulle linee della fortuna e della
vita, avrebbero voluto incidervici sopra con il loro bacio. Mi
al-zai di scatto; allora Grard, sapendo che avevamo appena vissuto
il pi bel giorno della nostraestate, che quel momento ne segnava un
po' la fine giacch il sole stava prendendo un color san-gue
slavato, e che quella nostra stupefacente lentezza aveva lo scopo
di non farci perdere nulladei nostri gesti, dei colori e dei
rumori, Grard, ancora semisdraiato a terra, mi cinse le
ginocchiapremendovi sopra le labbra tumide. 11 tempo correva
attorno a noi.
La sera, cenavamo alle otto. Eravamo dimentichi di tutto, a casa
avrebbero fatto una tragedia.Adesso il giorno moriva; la curva
dellorizzonte sfumava nel cielo crepuscolare.
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Riprendemmo senza entusiasmo la via del ritorno. Camminavamo
nostro malgrado, lasciando-ci dietro le ombre di due ragazzi al
loro primo appuntamento d'amore.
Quando spingemmo il cancello del parco, ci trovammo di fronte
mio padre che, senza darmi iltempo di parare il colpo, mi butt la
testa all'indietro con un ceffone. Dopo che anche Grardebbe avuto
la sua parte, attraversammo il prato in silenzio. Ci aspettavano da
un bel pezzo.
La casa era illuminata; c'erano ospiti e, sotto lo sguardo
ironico di qualche bravo adolescente icui genitori si degnarono di
non guardarci, mio padre ci spinse sulla scala e ci chiuse
ciascunonella nostra camera, portandosi via tutto quello che
trovava sul suo passaggio, dischi, libri, perfi-no le freccette con
il bersaglio. Tentai di accendere la luce: erano stati tolti i
fusibili in tutto ilpiano. Come raggiungere Grard? Da basso si
divertivano; avevo fame, una stanza vuota sepa-rava le nostre
camere. Presi un dizionario e cercai l'alfabeto Morse, ma avremmo
dovuto darecolpi troppo forti per poter comunicare. Provai un mazzo
di chiavi che un giorno avevo, chissperch, rubato in un armadio:
nessuna apriva.
Dei passi nel corridoio precedettero mio zio. Tent a tono
paterno: Che cosa avete fatto dibello, oggi? Seguirono supposizioni
pi o meno garbate. Non risposi.
Eppure non mi sembra di chiedere gran che. Non hai niente da
dire? Be', stando cos le cose,torneremo a trovarvi domani a
mezzogiorno: digiuno e silenzio vi porteranno consiglio. Noi
an-diamo dai Decazes a fare un murder-party con quel che segue.
Arrivederci, amico. Chiudendola porta, fischiett: In una torre di
Londra.
Bisognava agire. In quel momento un lieve rumore mi attir alla
finestra. Aprii. Grard eraappiccicato al muro e in quel modo aveva
percorso gli otto metri che separavano le nostre fine-stre, sulla
stretta cornice che circondava la casa. Poteva cadere dieci volte e
ferirsi mortalmente.
Mi salt fra le braccia: Mio padre venuto; ora possiamo stare
tranquilli fino a domani amezzogiorno . Rimanemmo per un attimo in
silenzio, prestando orecchio ai rumori. Poi le mac-chine
sallontanarono, e noi potemmo ascoltare di nuovo il movimento dei
nostri cuori. Batteva-no in fretta: quella sarebbe stata una notte
d'amore.
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CAP. 2
Mi svegliai e richiusi subito gli occhi, abbagliato dalla luce.
Mi voltai, toccando un corpo ac-canto al mio. Allora ricordai
tutto, e mi strinsi teneramente contro la spalla di Grard.
Dormiva,bocconi, la testa rivolta verso di me, le labbra dischiuse
da un respiro lieve, i capelli arruffati, ilcorpo a nudo fino alla
vita e una sola gamba nella coperta rossa. La notte calda ci aveva
fattopian piano scoprire, sicch giacevamo per met sul lenzuolo
spiegazzato e per met su un drappocolor sangue imprigionato sotto
una gamba di Grard. L'altra splendeva d'una luce smorzata dimetallo
giallo; potevo seguire la linea scura del suo corpo, dalla caviglia
all'ascella, che il suo re-spiro faceva appena fremere, e tirai
dolcemente la stoffa arrotolata attorno alla coscia, come seGrard
uscisse dalla porpora, perch c'erano nel colore della sua carne la
stessa cupa intensit disangue e lo stesso splendore, per avere
intera sotto gli occhi quella statua di ragazzo addormenta-to.
Una deliziosa stanchezza m'appesantiva ogni arto, e soprattutto
la nuca. Ci eravamo dati l'unoall'altro fino a quando, venute meno
le forze, eravamo rimasti inermi e stremati. In una sola not-te
avevamo voluto conoscere tutti i segreti dell'amore; e la furia
presiedeva a tal punto a quellascoperta che l'alba illumin, in quei
corpi soddisfatti ma non sazi, due giovani amanti doppia-mente
maschi nel loro modo di prendersi e di darsi.
Gli posai la mano sulla schiena, laddove una minuta bocca fatta
di sole mordeva la carne,giacch la luce s'insinuava in tutte le
fessure delle imposte per conoscere il seguito della nostrastoria.
Ero cos stanco che mi addormentai di nuovo. Muovendosi, Grard mi
ridest del tutto.Dai suoi occhi usciva la notte. Avvertiva la mia
stanchezza; il suo collo e le sue gambe eranorotti. Eravamo distesi
l'uno accanto all'altro, privi di forze, pareva, ma la nostra
giovinezza esi-geva un'aurora trionfante...
La stanza era assediata dalla luce; lunghe frecce d'oro si
conficcavano nelle pareti, a terra, sulletto, dove trafiggevano i
nostri corpi in modo tale da farne uno soltanto, dominato di volta
involta dal viso delluno o dell'altro. Restammo per un po' immobili
dopo il piacere; abbracciaiGrard e, lentamente, lo accarezzai. Mi
sembrava d'esser partito alla ventura, nelloceano delcielo, il
letto per vascello, e quel bel ragazzo nudo sdraiato accanto a me
doveva farmi naufraga-re. Si rigirava continuamente, la sua anca
sfregava contro il mio palmo. La mia mano non sistancava di
attingere alla dolcezza di quella pelle che resisteva alla mia
carne, ma ne invocavaanche la presa, e pi che la presa il morso, e
pi di questo il colpo che avrebbe spezzato col suoimperio
l'orgogliosa bellezza di un corpo che, da solo, possedeva tutte le
forme del desiderio, deltatto e della vista. E l'estremo possesso,
l'idea di entrare in un corpo, significava soltanto l'impo-tenza a
essere l'altro. Non volevo limitarmi a penetrare in lui, volevo
divorarlo idealmente; im-possessarmi di lui, essere nella sua pelle
non impediva che le nostre carezze si rinnovassero al-linfinito.
Stavamo in silenzio, mi bastava sfiorare la sua spalla per
eccitarmi. Mille volte passaila bocca sulle sue orecchie, mille
volte la mia guancia, si lasci accarezzare dai capelli della
suanuca; la mia mano gli scendeva lungo la schiena, il sangue mi si
fermava, mille volte toccai uncorpo diverso. Vinto dalla sua natura
lasciva, Grard prendeva il cuscino fra le braccia e si
ab-bandonava. Non un centimetro del suo corpo m'era sconosciuto. La
vita, sotto le sembianze diquel ragazzo vigoroso, aveva in tal modo
segnato il mio cammino futuro. Addio, licei in cui im-paravo a
diventare uguale agli altri; ora mi disgustava quella coltura
artificiale dei fiori del suc-cesso. Volevo essere libero, libero
di amare un corpo come il mio. Costruivo una fortezza di
-
cristallo attorno alla nostra vita, ben sapendo che gli altri
avrebbero cercato di demolirla. Pre-sentivo i rifiuti di mio
cugino, le sue menzogne pronte a crollare come castelli di carte al
primorichiamo del padre alla fierezza virile;
la morte che lo spiava, caso mai avesse affrontato la commedia
degli adulti con la stessa serietdei suoi giochi di bambino.
Ricordavo una delle prime volte in cui cominciavamo a essere
dav-vero amici: eravamo a Parigi, in seconda liceo, al Carnot.
Avevamo quindici anni. Grard nonpiaceva a nessuno, non aveva amici:
si mostrava superbo con tutti e pareva sempre seccato. Eranoto
anche il suo ardore di giovane brutale nelle zuffe; con lui, anche
quando aveva la peggio, ipugni facevano male tanto a prenderli
quanto a darli.
Non si degnava di prender parte alle cagnare, aveva un modo
solitario di rifiutare l'autorit,come per esempio addormentandosi
sotto l'occhio stesso dei professori che tuttavia davano provad'una
colpevole indulgenza nei suoi confronti. Soltanto uno ne aveva
fatto il proprio bersaglioprediletto. Presiedeva ai destini del
francese e degli studi latini, stando a quanto dicevano le
pa-gelle. Fra di noi lo chiamavamo Um-um . Era un uomo molto
giovane, dal viso magro e lun-go, che trovavamo buffo e che con
Grard faceva uso di un'ironia machiavellica, interrogandolosempre
sulle regole di sintassi, costringendolo ad alzarsi nel silenzio
generale per poi farsi beffedello stile poetico delle sue versioni
e demolirlo con l'aiuto di Cicerone e Catullo.
Grard opponeva un'espressione impassibile e sollevava fieramente
la testa, quando le risate sa-lutavano una frecciata
particolarmente ben diretta. Lui, cos indifferente allo studio e
che, nelmomento in cui i professori gli avevano rivelato davanti a
tutta la classe di considerarlo un esse-re affascinante, ma forte
soprattutto a ping-pong o a tennis in virt di alcune partite
folgoranti incui lo si era visto mettere fuori combattimento pi
d'un campione incontestato, s'era degnato disuscitare, dopo
l'ammirazione, il loro stupore con uno di quei temi insoliti il cui
segreto stavanella sua foga e nella sua solitudine giovanile.
Um-um, colpito nel vivo da un Tacito particolar-mente azzeccato,
non gliela perdonava.
Come tutti i quindicenni, avevamo creato un reame protetto da
leggi spartane cui ci sottomette-vamo di buon grado. Avevamo un
codice, dei rituali, dei diritti. Esisteva un consiglio
segretodeputato a neutralizzare i progetti di sedizione od ogni
altra manovra tendente allassolutismo.In sette, costituivamo un
piccolo comitato di salute pubblica, e facevamo regnare un terrore
co-cente grazie ai pugni dei nostri sicari preposti ai supplizi
ideati per distrarci nei momenti di ripo-so o per soddisfare una
naturale crudelt, in cortile e alluscita dalla scuola, sulle teste
calde dellealtre classi. Il nostro volere s'esercitava sotto mille
forme: avevamo imposto di volta in volta lamoda romantica dei gil
scozzesi, dei bastoni da passeggio, dei capelli lunghi, poi alla
Tito,' ac-compagnata da un linguaggio da ergastolani. Al polso, un
braccialetto d'argento, come quelloportato dai soldati, commemorava
con tacche praticate con la lima le imprese del nostro club.
Grard viveva fuori da queste regole. Sebbene fosse manifesta una
sorda ostilit contro di lui ela sua insolenza, la nostra parentela
lo tutelava, almeno fintantoch il gruppo avesse continuato avolermi
come uno dei capi del clan.
Prima delle lezioni, boulevard Malesherbes era il nostro punto
di raduno. Arrivavamo a grup-petti e, raggiunto il marciapiede del
liceo, abbandonavo Grard alla sua attivit di franco tiratore.Pur
non tralasciando di fare la corte alle ragazze e di scambiarci le
soluzioni dei compiti di mate-matica, organizzavamo dei
boicottaggi. Quel pomeriggio, avendo deciso alcuni giorni prima
al-l'unanimit una messinscena infernale, decisione cui l'assenza
del preside aveva contribuito nonpoco, rientravamo a scuola
sovreccitati. Soltanto Grard non sapeva nulla o fingeva di non
sape-re e, quando mi unii ai pi scalmanati della banda, venni
interrogato:
E il signorine tuo parente che fa? Niente , risposi.
-
Bene. Va' a informarlo. Mi avvicinai a Grard e gli parlai senza
preamboli della sveglia sotto la pedana; dellacido con
cui avevamo riempito il cassetto di Um-um; delle versioni latine
nessuna delle quali corrisponde-va a quelle assegnate dal prof, e
tutte sotto forma di fumetti; del coro recitato che avevamo mes-so
a punto sulla falsariga delle strofe di Ester, e delle grida
demoniache che avrebbero copertocol loro frastuono il tentativo del
prof di aprire una porta accuratamente inchavardata subitodopo il
suo ingresso nella nostra tana.
Grard alz le spalle: I miei complimenti , mi sibil in faccia.
Siamo arrivati all'opera buf-fa!
Confessai d'aver messo in rima i cori, d'aver portato la
sveglia. Lui sincup e io paventai latragedia: snobbato da Um-um,
Grard si studiava di tradurre le versioni senza aiutarsi con
lenote, e l'apprensione, durante le lezioni di latino, gli
conferiva una bellezza inquietante. Abbassla testa. Un ragazzo lo
punzecchi: Se fai il guastafeste, non te la perdoneremo, e
conceremoper bene la tua bella faccia! Il Rubicone era varcato.
La lezione ebbe inizio in un'atmosfera gelidamente febbrile che
rumori di vario genere turbaro-no a poco a poco, facendo alzare la
voce a colui che stava leggendo con un tono da oratore
dellaCostituente. Umum sinnervos, batt un colpo secco sullorlo
della cattedra con il righello.Scoppi una fragorosa risata subito
repressa. Il righello, abilmente segato, era andato in pezzi.Un
silenzio opprimente cincollava ai banchi. Um-um ci guardava con lo
sguardo del domatoreche si sa sul punto d'essere divorato. Allora
la sveglia trill e, sul sottofondo di mormorii, si levla voce d'un
prigioniero:
Piangiamo e gemiamo, fedeli compagni, lasciamo fluire le lacrime
amare, sono sordi i Latiniai nostri lagni: facciamoli fuori senza
tanto pensare...
Un'altra voce pi chiara riprendeva da quel punto; il coro era
scandito a meraviglia. Eravamotrenta contro uno. Um-um non riusciva
a incassare il colpo e si riaveva soltanto lentamente.
Ciaspettavamo che si alzasse e si mettesse a correre dalluno
allaltro. L'avevamo previsto, e c'era-no dei sostituti nel caso che
uno dei recitanti fosse stato ridotto al silenzio. Poi ci sarebbe
stata lacorsa verso la porta, ma ne avevamo controllato i cardini,
che avrebbero tenuto fino al coro fina-le. Bisognava che lo
spettacolo andasse avanti fino alla scena in cui Um-um avrebbe
avuto lameglio sulla serratura!
In quella, per, Grard si volse e strapp il foglio con cui un
ragazzo di scarsa memoria si aiu-tava per le sue due strofe. Um-um
aspettava soltanto un gesto: ora lo aveva, e in due salti fu
ad-dosso a mio cugino, lo prese per la manica, lo trascin ai piedi
della cattedra. Nessuno pi respi-rava, in classe. Il gesto di Grard
era la prova della sua innocenza, sarebbe bastata una parolaper
accomodare tutto: ma lui si chiuse nel suo silenzio abituale. Um-um
guardava Grard comeuna preda, poi, quasi che il ragazzo non
esistesse proprio, sollev la cattedra, mise la sveglia sulpiano e
disse con voce neutra:
Di chi questo aggeggio? Nessuno ebbe il tempo d'aprir bocca,
quel che segu ebbe la rapidit d'un colpo di frusta. G-
rard aveva risposto: La sveglia mia, professore. E Umum, furente
e tragico, lo schiaffeggicon un manrovescio che lo mand a sbattere
sui gradini della pedana, in ginocchio.
Ammirai Grard: era una di quelle scene silenziose che segnano
una persona per la vita. Sialz, ma Umum aveva deciso di dargli una
lezione e, afferrata la riga da disegno appesa a unchiodo sulla
destra della lavagna, lo colpi sulle natiche, sulle cosce, perfino
sulle spalle. Turbati,noi tutti ascoltavamo il respiro del
professore che scaturiva dalla sua bocca come un gemito
-
strappato allintero suo corpo dalla bellezza dell'adolescente.
Questi stringeva i pugni, si morde-va le labbra. Contai quindici
colpi, ma furono di pi.
Un po' pi tardi, quando Grard fu tornato al suo posto, avevamo
riaperto i libri, e un'oscura eb-brezza ci tratteneva in quell'aula
dove il vuoto della lavagna nera ancora serbava l'immagine
delbraccio di un uomo alzato su un ragazzo bruno raggiunto da colpi
che sembravano le grida soffo-cate dei nostri cuori.
Dopo, avevamo lezione di chimica; quando uscimmo, il vento
autunnale spazzava via le fogliemorte. Ritrovai la mia combriccola
sotto il portico. Grard non era uscito; Christian, il ragazzoche
nel pomeriggio gli aveva dato del guastafeste, mi disse: Faremo i
conti questa sera stessacon lui; siamo tutti d'accordo: anche tu,
no? Dovevamo soltanto aspettare. Mio cugino com-parve con qualche
altro studente e attravers il portico; Christian gli sbarrava il
passo, mani nelletasche: Grard cap, indietreggi e s'addoss a una
colonnina di ferro, in un cerchio di ragazziche lentamente si
chiudeva. Non disse parola, pronto a battersi. Da ogni parte
c'erano volti di cuila sera celava l'esaltazione.
Michel, uno dei sette, fu tanto feroce da descrivergli quel che
intendevamo fargli: avevamo del-l'inchiostro indelebile per
tracciargli sulle natiche la croce di Malta, che era il nostro
simbolo, euna frusta per fargliela penetrare nella pelle. Grard
arrotol l'impermeabile e lo pos contro ilpilastro assieme alla
cartella. Un ragazzo gli afferr l'avambraccio, ma un pugno lo
costrinse amollare la presa. Ci fu un momento d'attesa; il vento,
la polvere, il portico appena illuminatoavevano la tinta violetta
del sangue attorno a una ferita. Poi, due ragazzi si scagliarono
d'im-provviso addosso a Grard, a testa bassa, senza curarsi dei
pugni, e lo immobilizzarono contro lacolonna; altri due lo
afferrarono alle ginocchia; Maurice, giovane diavolo col naso da
pugile, gliapri la giacca, strapp la cravatta e mise a nudo,
nellalone chiaro della camicia sbottonata, il to-race vigoroso di
mio cugino. Questi cercava invano di divincolarsi, goccioloni di
sudore gli in-collavano i capelli alle tempie e le facevano
luccicare. Maurice gli slacci la cintura.
Grard chiuse gli occhi e lasci fare. lo fui il solo a veder
scendere una lacrima sulla sua guan-cia. Con voce risoluta urlai:
Basta! Si batta uno solo: se vince Grard, sar libero . Anche
lavittoria su un Grard gi malconcio faceva esitare. Christian
sugger insidiosamente: Bene, vaitu... Lasciai a Grard il tempo di
togliersi la giacca e di chiudersi la camicia. Credeva, cometutti
gli altri, che volessi umiliarlo; chiamava a raccolta le forze
perch io fossi costretto a fareappello a tutte le mie, o per
riuscire a perdere coscienza nel momento in cui, spalle a terra,
fossestato preda di quei ragazzi che, senza pudore, si sarebbero
avventati su di lui. Ci scagliammo l'u-no contro l'altro e
rotolammo sul cemento. Grard mi spezzava il collo; io mi resi conto
che leginocchia e la schiena gli facevano male, senz'altro per le
frustate prese quel pomeriggio, e lo af-ferrai per la vita al solo
scopo di dimostrargli che avrei potuto batterlo. Eravamo a faccia a
fac-cia e il vento ci riempiva la bocca di frammenti di foglie e
polvere. La sua stretta s'allentava apoco a poco. Con uno scatto,
come per divincolarmi, rovesciai entrambi e mi trovai ad aderire
alsuolo con tutta la schiena. Attraverso la camicia strappata
sentivo il suo cuore, un odore di trion-fo saliva dalla sua
ascella. Ci alzammo. Lui prese le proprie cose e se ne and senza
dire unaparola.
Quando fummo sul viale, un ragazzo del gruppo parl per tutti: E
sempre meglio suonarselein famiglia; quel tipo una tigre! La mia
stella rischiava di spegnersi, ma ero felice d'aver fattobrillare
quella di Grard.
Quando rientrai a casa, c'erano soltanto quattro coperti. Grard
aveva trovato la scusa di unmal di testa manifestando il desiderio
di andare subito a letto. Non osai salire di sopra, pur se
-
tutti i miei pensieri erano rivolti al dormiente. Lo immaginavo
in un caos di lenzuola. La cenafu triste; a ogni istante venivo
distratto da domande alle quali rispondevo a monosillabi, e dove-vo
continuamente ricostruire con l'ostinazione d'un cercatore d'oro le
immagini che mi si costrin-geva ad abbandonare. Cercando di non
lasciare la tavola troppo presto, aprii infine la porta dellastanza
di Grard. Era inginocchiamo accanto al letto, un a mano stesa sul
lenzuolo, l'altra lungoil corpo. Sulla gamba pi vicina a me, Grard
s'era tirato su la calza di lana, e una macchia bru-na gliela
incollava alla pelle. L'altra gamba era nuda, a parte delle strisce
di sangue secco: pote-vano destare i sospetti di qualcuno, per
fortuna ero il primo a vederle. S'era tolto la giacca. Fra icalzoni
e la camicia tirata su fino alla schiena, le sue reni splendevano;
la pelle opaca mi rendevaconsapevole delle mie inclinazioni
profonde, e gi im maginavo attorno a Grard i prati e i bo-schi in
cui saremmo stati nudi. La tristezza mi serrava la gola.
I suoi occhi erano chiusi, alla luce della lampada qualche
lacrima ancora gli tremava sulle ci-glia; lo scossi per la spalla,
ma lui non si mosse. Lo presi fra le braccia e lo sollevai sul
letto: ilposto in cui aveva posato il volto era umido. La
stanchezza aveva avuto ragione di quel suo do-lore segreto, ma non
sapevo d'averlo salvato, n sapevo che mi amava.
L'indomani era gioved: Grard pareva non ricordare nulla dei
fatti del giorno precedente; solo,per qualche tempo port sulla
camicia un maglione, col pretesto che s'avvicinava l'inverno, e
tal-volta, di nascosto, mi sorrideva...
Senza stancarmi, continuai a toccare la sua schiena larga,
divisa da quella linea cui il corpodeve la sua somiglianza a un
frutto. Grard mi ferm la mano sulla nuca, all'attaccatura dei
ca-pelli. Sentivo il suo cuore pulsarmi nel palmo attraverso il
collo fremente.
Abbattuta la barriera dell'orgoglio fisico, un'altra barricata
pi segreta s'innalzava in noi: lascia-va passare i sospiri, i
mormorii voluttuosi, le grida di piacere, ma arrestava le grida
d'amore. Dalgiorno prima avevamo fatto mille passi l'uno verso
l'altro, ma altri mille ancora ci allontanavano,mio malgrado, suo
malgrado.
Grard si alz; ritrovai nel suo alito caldo tutta una notte spesa
a volerci annientare. Ignorava-mo che l'amore esige due corpi, non
per fonderli, ma per scagliarli l'uno contro l'altro,
ciascunodesideroso di strappare la preda del proprio piacere.
C'eravamo comportati come tutti gli altri?Amandolo, non avevo
smesso per un attimo di pronunciare il suo nome ed ero certo che,
dal can-to suo, lui avesse fatto lo stesso col Mio, ma eravamo in
attesa di qualcos'altro di impronunciabi-le...
Nei baci, lui mordeva per ritardare l'offerta della propria
bocca; la cosa lo faceva ridere e quan-do, stizzito, gli prendevo
le labbra fra le dita, il loro arco si schiudeva e io bevevo a
quella coppail vino dello stordimento. Di attimo in attimo, la luce
che filtrava dalle tende si faceva pi chia-ra; ci alzammo. I raggi
del sole attraverso le persiane e gli alberi ci macchiettavano come
leopar-di. Grard si stir. La sua agilit e il suo volto - che il
mattino trasformava in un muso - accen-tuavano quellaspetto felino;
l'odore sensuale della notte che aleggiava nella stanza pareva
usciredalla sua pelle.
Spinsi le persiane. Una marea di luce inond le pareti, i mobili,
il letto. Il rosso della copertadivenne pi vivo, le lenzuola
parvero pi spiegazzate. L'aria fresca cacciava gli odori
notturniannidati negli angoli. Eravamo nudi in pieno sole. Grard
strizzava gli occhi per vedermi, per-ch ero in controluce, il corpo
aureolato da una frangia luminosa. Lui mi offriva il suo petto,
cheil respiro sollevava con la dolcezza d'una mano amorosa, e un
faccino ridente su cui si leggevanotutti i miei baci. Rifacemmo il
letto. Avevamo ritrovato la nudit del mondo, finch venne l'oradi
infilarci di nuovo i vestiti; ma l'incanto non fu rotto: una feroce
intimit rendeva inutili le pa-
-
role, e ogni gesto di Grard mi proiettava in un paese
sconosciuto. Temevo di dovermi ricredere,ma i giorni futuri
m'avrebbero rassicurato. Grard non aveva nulla in comune con gli
altri.
Il mio orologio segnava le otto. Nostra cugina si alzava tardi.
Di sicuro gli altri non erano an-cora tornati, perch nessun rumore
animava la casa. Per precauzione, decidemmo che Grarddovesse
tornare in camera sua. Le mie braccia si chiusero attorno a lui in
vista d'una separazionedi poche ore, ma gi temevamo per quella
breve assenza. Eravamo cos felici, eravamo stati cosfelici:
l'attimo d'una corta separazione ci mostrava il cielo sereno sotto
i colori del temporale, ilsole nero, i nostri cuori immensi.
Come se la sua stanza fosse al termine di un lungo viaggio, gli
baciavo gli occhi, la fronte, leorecchie; lui pos le labbra sulla
mia guancia e le premette cos forte che per un po' vi rimase laloro
impronta. Due volte fu sul punto di passare per la finestra: due
volte torn a stringermi a srovesciandomi la testa per fissare la
mia immagine sulle sue pupille. Infine, strappandosi a ma-lincuore
al nostro amore, lo vidi scavalcare il davanzale, colmare per un
attimo la stanza dellasua ombra e, simile a un giovane essere
soprannaturale, sparire nella luce.
Rimasi a lungo immobile. Gi desideravo raggiungere Grard, e di
attimo in attimo il temporendeva folle questo desiderio. Ecco, la
fragile durata umana mi sottraeva mio cugino, coscome il
prestigiatore restituisce lillusione allillusione. Pochi minuti
bastavano per concludereuna notte troppo bella, meno ancora erano
stati necessari perch i miei giovani anni e quelli diGrard
seguissero la stessa strada, e perch, a quell'et in cui tutto
assume le dimensioni del de-stino, fossimo posti bruscamente, una
sera, a faccia a faccia in quella che sarebbe diventata lanostra
casa. Ricordai il silenzio di mio padre, la sua tristezza che non
era la mia quando tuttosembr vuoto dopo la morte di sua moglie.
Grard aveva conosciuto lo stesso tipo di isolamen-to. I nostri
padri, poco vicini prima di quei lutti, decisero di semplificare le
loro vite e ricordaro-no insieme la loro felicit di giovanotti; gli
affari li unirono poi del tutto e fu per loro naturale le-gare
anche noi in una vita comune, senza curarsi delle nostre tenerezze
e del nostro orgoglio.
Mio padre mi aveva annunciato la loro decisione, una sera, al
mio ritorno da scuola: lindoma-ni, una cugina sarebbe venuta a
prendermi alla fine delle lezioni, perch in mattinata
dovevanoportare via i mobili. Era sicuro che mio cugino Grard e il
gran giardino dietro la nostra nuovacasa di boulevard Malesherbes
mi avrebbero reso felicissimo.
L'indomani marinai la scuola, mi chiusi in una stanza gi vuota;
sedetti al buio ad ascoltare ilfracasso dei traslocatori cui
rispondevano gli echi della casa violata, come se
nellappartamentosi stesse scatenando una tempesta e sul mare calmo
del giorno una furia improvvisa tramutasse imobili in scogli.
Guardavo la strada dalle fessure di un'imposta. Un giovane operaio
in salopetteazzurra portava i miei libri verso un furgone. Aveva
labbra tumide; il sole giovane di febbraiogli mordeva le braccia;
dalla canottiera usciva un collo tondo dove, sotto sforzo,
palpitava unavena; un ciuffo di capelli gli ricadeva sulla fronte e
a tratti, con un movimento del capo, lui lo ri-cacciava indietro;
l'orlo dei calzoni era arrotolato fino a met gamba e, sopra le
calze abbassatefino alle caviglie, una pelle di camelia lasciava
indovinare polpacci che avrei voluto accarezzare.
Per tutta la mattina rimasi l a sorvegliare i suoi andirivieni,
attirato dalla sua bellezza, deside-rando un sorriso da
quell'operaio biondo ch'io immaginavo accessibile ai baci. Ma
quando allafine lui entr nella stanza, ebbi diritto a un: Fila via
di l, bamboccio... Alle cinque, mia cugi-na m'aspettava alla porta
del liceo e io finsi di uscire dalla scuola.
In boulevard Malesherbes c'era una grande anticamera da cui
s'innalzava una scala. Mio padree mio zio erano in sala, in mezzo
ai mobili, ai libri e ai tappeti arrotolati. Fu allora che
scopriiGrard, appena intravisto durante quegli anni perch,
giudicato tremendo, aveva per tempo cono-sciuto le inquietudini
delle amicizie di collegio. Se ne stava in disparte, accanto alla
finestra, la
-
testa un po' piegata, e studiava il ragazzo che avanzava verso
di lui con la mano tesa. La strinsecon seriet, poi mi propose di
dare unocchiata alla nostra soffitta, dal momento che, nella casa
aun solo piano, quella era riservata a noi. Si componeva di due
grandi stanze basse separate da untramezzo da cui era stata tolta
la porta. Avevamo ciascuno la nostra stanza.
Nella sua, Grard aveva insediato il proprio disordine. Sistemai
le mie cose e lui mi guardsenza proferire motto. Dopo pranzo,
stesso silenzio. Mio cugino, sprofondato in una
poltrona,sorvegliava le mie mosse. Il mio malumore cresceva, ero
sull'orlo della disperazione, e, domi-nandomi a stento, quasi gli
gridai: Ho sonno, me ne vado a letto . Lui si alz, fece
dietrofronte pass nella sua stanza. Mi spogliai; una volta a letto,
maccorsi d'aver lasciato la luce accesa.Stavo per alzarmi quando
Grard, in pigiama, si diresse verso la lampada e fece un gesto che
si-gnificava: spengo? L'ombra invase la stanza. Ne fui abbagliato;
mille fiammelle mi scintillavanoancora dietro le palpebre un attimo
dopo, quando la losanga della finestra si deline sotto lo
scal-pello della luna. Grard mi aveva preso la testa fra le mani e
mi baciava la guancia con una tene-rezza di bambino materno. Mi
aveva adottato; la felicit mi addorment.
Quel giorno ebbe inizio la nostra lotta, una lotta subdola.
Tentammo di ignorarci, ma fra noic'era quella prima sera.
E adesso un'altra notte veniva ad annullare tutti gli slanci
interrotti, la nostra cecit d'innamora-ti, il nostro silenzio
d'innamorati, e a costringere la nostra fierezza di diciassettenni
a mettersi inginocchio davanti all'altro, nella postura del
vassallo che presta giuramento. L'universo, la notte,il sole e la
terra, le stelle sarebbero scomparsi; non cos, nel fondo di noi
stessi, la sembianza del-lamore. Per me, quella sembianza aveva
capelli bruno-dorati, bocca carnosa e gi la violenzamalinconica
degli amanti induriti come contadini. Vivevo di Grard. Potevamo
cedere ai ca-pricci del corpo: eravamo puri.
(1) Ovvero come si vede in certe statue dell'imperatore
romano:sia davanti sia dietro, i capelli sono tagliati alla stessa
altezza.(N.d.T.)
-
CAP. 3
Restammo sotto chiave per un'intera giornata, poi la
sorveglianza sallent. Dopotutto eravamoin vacanza. Adesso ogni
pretesto era buono per tagliare la corda. Volevamo starcene soli.
Do-vevamo scoprire tutto l'uno dell'altro... intendo scoprire i
capricci del corpo, capire quello chel'altro s'aspettava. Su questo
punto Grard ne sapeva pi di me, ma di l a poco avrebbe visto chenon
avevo freni con lui.
Avevo sempre amato un vecchio fienile ampio e scuro in cui
sospettavo che talvolta fosse an-dato a masturbarsi. Ora lo seguivo
l. Nella penombra violenta del mattino, si tolse i vestiti e sibutt
su un telo che ricopriva un giaciglio di paglia. Sulla sua carne
bruna distinguevo soltantodue ombre d'un bruno appena pi scuro:
una, sotto la fronte, era l'abisso degli occhi; l'altra, nelbasso
ventre, quella che mi attirava.
Quanto tempo occorre al destino! Fa camminare due ragazzi sulla
stessa strada, per giorni, perstagioni, e d'improvviso decide di
farsi da parte e consente loro di incontrarsi e di prendersi fra
lebraccia. Ero vecchio di tutta la mia giovent, come ogni ragazzo
di diciassette anni; avrei volutoritrovare il nostro primo ricordo
comune, rifare un solo gesto in modo diverso poich per ogniimmagine
del passato un nonnulla avrebbe cambiato il nostro amore. Ma era
soltanto un sogno;contava il presente e basta. A che cosa sarebbe
servito scoprire pi in fretta che ci amavamo, dalmomento che il
nostro cuore aveva scelto di ingannarsi? C'era bisogno di quei
momenti di dub-bio, di quei desideri inconfessati, di quei piaceri
solitari pensando all'altro, di quelle zuffe fisicheche non
capivamo, perch il primo bacio vicino allo stagno fosse il primo
bacio del mondo. Ilpassato ci aveva fatto dono d'una memoria cieca.
Ci sarebbe tornata utile, perch tutto avrebbecercato di separarci,
le abitudini, le convenzioni, le regole della vita, ma ci sarebbe
voluto qual-cuno pi forte ancora per rompere il nodo gordiano della
nostra passione, perch era una passio-ne, adesso, l'amicizia dei
nostri tredici anni che, a poco a poco, man mano che crescevamo,
ciaveva voluti estranei l'uno all'altro, fino alla sera in cui,
diventati adolescenti, i due ragazzi s'era-no guardati per la prima
volta e, sotto i colpi bassi dell'amore, erano rimasti
inermi...
Accadde una sera in cui eravamo ciascuno nella nostra stanza, un
po' prima dellesame di matu-rit. Stavo terminando un problema
d'algebra e supponevo che Grard stesse finendo una versio-ne;
invece, sfruttando gli ampi margini del dizionario, lui disegnava
teste e gambe di guerrieri.Non sentendolo muoversi, lo chiamai:
Grard, stai lavorando? Mi giunse un borbottio che in-terpretai come
un s. Risolvetti unultima equazione e, senza spostare niente, mi
alzai. Fui per-vaso da una sensazione di potenza, non ero pi un
bambino, avevo coscienza dellintero corpo, ivestiti mi
accarezzavano la pelle. Ne avvertivo la pi infima particella, nel
mio petto sussultavaun torrente che col suo corso impetuoso portava
la vita fino alle unghie di mani e piedi. Il miocorpo era una belva
che avrebbe voluto divorarmi il cuore. Non vedevo pi le cose di
sempre: ilcuoio dei libri tornava a essere pelle, il legno dei
mobili una foresta fremente, i colori avevanoun sapore. Un solo
passo bastava a rivelarmi la forza dei muscoli nelle gambe; un
respiro piprofondo dava mani alla mia camicia. Mi sentivo fiero,
eroico come una statua e, non so perch,indefinibilmente
infelice.
Da un po' di tempo venivo guardato molto per strada. Cos, la
sera del giorno precedente, tor-nando solo dal liceo, avevo deciso
di andare un po' a zonzo per parco Monceau al tramonto. C'e-ra un
gruppo di studenti seduti vicino alle finte rovine del tempio
dell'amore, libri e quaderni po-sati su una panca. In quel punto il
viale si restringeva: mentre passavo di l, loro smisero di
par-lare, e li avevo appena superati quando uno disse ad alta voce:
Che bel ragazzo! Io arrossii e
-
avvertii un turbamento che scambiai per gioia. Richiamai alla
mente quella scena mentre mi av-vicinavo alla finestra, e sentire
la presenza di Grard nella sua stanza m'immerse nella stessa
gio-iosa inquietudine. L'odore della primavera, un odore sensuale
di tiglio, entrava e mi faceva gira-re la testa. Nella sera
splendente e incolore come un diamante, vedevo di Parigi soltanto
gli al-beri e i tetti scuri. Entrai nella stanza di Grard. Chino
sul letto, non mi sent; nel chiaroscuro,mi offriva la nuca.
M'infuriai: Continui a gingllarti, te ne infischi dei compiti.
Proprio bravo!Sei senza volont . Grard non si muoveva. Continuai: E
menti come una ragazza! Luispinse indietro con violenza la sedia.
Chiudi il becco! Raggiunse la parete che divideva le duestanze; era
in ombra, pronto a scagliarmisi contro. Assunsi il tono pi
disinvolto possibile: Bella espressione, vuoi che ti accarezzi il
muso a suon di pugni? Di punto in bianco, la suavoce fu un altro
corpo tra noi nella stanza. Era diventata pi calda e, nonostante il
tono con cuiparlava, aggressivamente carezzevole: Ti far rimangiare
quel che hai detto .
Avanz, io avevo il corpo in tensione, ma fu come se ci vedessimo
per la prima volta, sorpresiche i nostri indumenti non celassero pi
le braccia pronte a colpire, le spalle, le cosce possenti.Il
colletto aperto di Grard ne metteva in mostra il collo d'un bianco
eburneo, saldo e liscio e d'u-na sensualit di cui avevo
improvvisamente fame. Il minimo gesto e tutto sarebbe crollato.
Maci sentimmo stupidi, l'uno davanti all'altro, e nessuno dei due
ebbe il coraggio di affrontare i bat-titi del proprio cuore. Grard
si schiar la voce e, distogliendo gli occhi, disse che andava a
letto.Avrebbe finito la versione l'indomani. E tuttavia pareva
esitare. Le mie mani avevano voglia digettarsi in avanti, e il mio
petto mi diceva: Pu toccarti, se vuoi. Sentii invece la mia voce,
si-mile a una voce lontana, dire buonanotte, e poi i passi di Grard
che si allontanavano.
Mi svestii con rabbia e scivolai nudo fra le lenzuola. Esse
s'impadronirono del mio corpo, glis'avvolsero attorno. Avevo
bisogno di quella carezza per non correre verso mio cugino.
Ascol-tai il rumore dei libri che si chiudevano, del tavolo
spostato, delle scarpe tolte, dei calzoni chestrusciavano sulla
gamba, della camicia strappata via. Doveva essere nudo anche lui.
Il gemitodel letto mi fece capire che s'era coricato. Non potevo
dormire. Batterono le ore, una dopo l'al-tra, quasi tutte uguali,
se non fosse stato per l'azzurro pi violaceo del cielo e la
profondit pilontana del silenzio. Non osavo muovermi. Ero in una
fornace di tela, la mia pelle sudata s'in-collava alle lenzuola.
Movimenti impercettibili m'annunciarono che anche Grard cercava
ilsonno, che non osava voltarsi, che forse s'immaginava fra le mie
braccia, proprio come lo vedevoio. Sarebbe bastato alzarsi; in
dieci passi l'avrei stretto contro di me, ma quel letto era una
piaz-zaforte d'orgoglio. Accarezzai Grard accarezzando il mio
corpo.
In vista dellesame di maturit, riuscimmo a evitarci per qualche
giorno, poi ci vollero due set-timane di vacanza e il sonno di mio
cugino in un pomeriggio estivo, accanto all'acqua, perch inostri
cuori si facessero sentire un'altra volta.
Un uccello cantava su un albero contro il fienile, cosa che
rendeva ancor pi pesante il nostrosilenzio. Grard mi fissava con
aria maliziosa. Sorrise lievemente: Come sei serio stamattina! La
sua voce sopprimeva l'uccello il cui canto, per giungere fino a
noi, doveva attraversare lapesante porta di legno sconnesso e i
fasci di fieno sui quali c'eravamo sdraiati e il cui odore
chemetteva sete si mescolava a quello del trifoglio lasciato a
seccare. Mi svestii e mi sdraiai a fian-co di Grard. Il fieno mi
pungeva la spalla e il polpaccio non appena ci muovevamo, ma non
perquesto il suo corpo diventava meno carezzevole. Quel mattino mi
regal il suo alito caldo, il suomodo di sbadigliare, i capricci del
suo sonno, la precipitazione del suo cuore. Pi
s'avvicinavamezzogiorno, pi il fienile s'oscurava; fra la porta e
il muro si distingueva un albero e, pi lonta-no, colate di luce,
accecanti come acciaio. Ci rivestimmo; Grard voleva rimanere l,
supplicava: Tanto peggio, pranzeranno senza di noi, ci chiuderanno
in camera, passer dalla finestra, sare-mo ancora felici... Era
assurdo. S'era rotolato nel fieno. Tentai di sollevarlo, lui mi
attir a s,
-
mi baci tutto il viso, si sbotton la camicia, si rovesci sulla
paglia: stava perdendo la testa. Ilsuo petto mi sfior la guancia;
le mie labbra andarono dalluna all'altra aureola; Grard me le fer-m
su quella di sinistra, sopra il cuore. Gemette sollevandosi, e io
trasformai subito quel gemitoin rantolo di dolore mordendo, il
volto affondato nel
suo petto, quella carne di cui avrei desiderato nutrirmi. Lo
presi per la nuca e gli dissi con fer-mezza di riabbottonarsi.
Saremmo tornati l quanto prima.
Non tornammo, invece, perch in quelle vacanze Grard avrebbe
dovuto studiare. Gli era an-dato male l'orale; tutti se lo
aspettavano, tanto quanto il mio successo, anche se per lui non
sareb-be stato difficile trasformare quello smacco in trionfo. Si
faceva beffe di un esame che, ai nostrigiorni, diceva, era roba da
bottegai, e quel ragionamento gli sarebbe valso delle vacanze in
qual-che collegio di provincia se io non avessi sacrificato, non
tanto per cortesia quanto per il timoredi non vederlo, un'estate in
Corsica e le mie passioni subacquee per quella casa in Turenna,
cheogni estate certi amici prestavano a mio padre. Grard non mi
ringrazi. Non rimpiangeva nien-te, n, dopo il Carnot, i tanti licei
da cui la sua pigrizia e le sue amicizie lo cacciavano
costrin-gendomi a seguirlo, n le ramanzine di mio padre, n le
punizioni del suo. Lui aveva il potere diriparare in un giorno alle
trascuratezze di un trimestre e di farsi perdonare con un voto
eccezio-nale le note sardoniche di cui la sua pagella era un vero
campionario. Da un anno a quella parte,non era cambiato. In maggio
aveva compiuto diciassette anni; quel giorno avevo potuto
invitarealcuni amici. Il suo fascino aveva finito col conquistarli;
era un dio per tutta la classe, anche seun dio tenebroso: un viso
come il suo attirava gli sguardi, durante le lezioni, con quellaria
su-perba e ribelle. Diede il tocco finale alla sua conquista
inventando non so quale danza irochese,seminudo, il corpo screziato
di rosso, cerchi bianchi a mo' di braccialetti alle gambe e ai
polsi.Aveva anche scovato dei cascami di lana multicolore con cui
aveva rivestito le calze arrotolatesotto i polpacci. Negli occhi
dei ragazzi brillava la bramosia. Qualche settimana dopo, avrei
ca-pito come mai erano usciti da casa nostra innamorati, e
perdutamente, di lui.
Le prime mattinate di vacanze furono tristi. Io leggevo e Grard
studiava senza voglia. La pa-rola vacanze, mago dorato, me lo
mostrava spesso con la guancia sulla mano, gli occhi perduti suun
mare aperto, i capelli al vento, un grido in gola. Quando si
rendeva conto che l'avevo seguitonel suo viaggio, riprendeva il
libro e con voce cattiva, per distruggere la dolcezza delle sue
paro-le, mi diceva: Ce l'hai con me perch ti ho trascinato in
questo bel posto di campagna, eh, ge-niaccio? Dopo che ci fummo
amati, Grard cambi. Decise di mettersi sotto con lo studio e,per
qualche giorno, tenne arditamente testa alla sua pigrizia; poi, per
colpa mia, si lasci di nuo-vo sopraffare.
Volevo che tornasse nel fienile, ma, poich quella mattina non
aveva fatto niente, dopo pranzooppose resistenza: Sei stato proprio
tu a chiedermi questo sforzo , mi disse, quindi vieni adaiutarmi
oppure a leggere nella mia stanza! Rifiutai, lui sal da solo e io
gli urlai, prima chesparisse: Torno nel fienile. Quando ne avrai
abbastanza, puoi raggiungermi .
Mi allontanai fischiettando. Appena arrivato, vidi la traccia
dei nostri corpi, la fossetta in cuis'erano adagiati.
Mi avvinghiai a un Grard immaginario, mentre una voce interiore
lo chiamava: Ti aspetto,voglio che tu venga . Pass un minuto, Grard
non veniva. Chiesi a non so chi: Fallo venire;se sei davvero
potente, sar qui in men che non si dica.
Pass un secondo: Grard apri la porta, vergognandosi per aver
ceduto. Rimase dritto nel ri-quadro di luce, io stetti in silenzio.
Probabilmente pens che disapprovassi e non tent di scusar-si. Il
mio atteggiamento lo accalorava, era bello d'indignazione, gli
zigomi accesi, la fronte feb-brile, la bocca umida. Insorgo contro
lo studio, disse, contro quello che m'impongono di im-
-
parare. Giovent libert, e invece per stagioni e stagioni ci
relegano fra quattro muri fino aquando la nostra pelle prende il
colore cartaceo dei libri. Rifiuto, rifiuto e rifiuto!
Risposi nel modo pi calmo possibile: Grard, togliti la camicia,
ti verr caldo .Mi si sedette accanto, gli toccai la guancia, era
dolce e calda; gli toccai la bocca, ma, prima che
avessi il tempo di trattenerlo, part come un razzo verso la
casa.Ore dopo, quando tornai in camera mia, la sua porta era chiusa
a chiave; bussai, lo supplicai,
non apr. Incollai l'orecchio al legno, lo sentivo respirare e
trattenere il fiato. Allora abbandonail'assedio e ripiegai verso la
mia stanza. Una lettera sul tavolo mi stup. L'aprii. Ecco quel
chelessi:
Pierre, mio caro Pierre. Mi sto comportando molto male. Ti
prometto che studier, ma nonho sa puto resstere al desiderio di
vederti. Non ti dir mai pi che ti amo. Vorrei essere ai tuoipiedi,
quando leggerai queste righe. Non mi parlare mai di questa lettera.
Quando non ci sei, ilmondo intero con te, io vivo in un'ombra e
quell'ombra l'amore. Voglio che tu mi ami.
Grard
Ho scritto una poesia per te, avevo paura che tornassi prima che
riuscissi a finirla. Non hotradotto neanche una riga, mi chiudo
dentro fino a mezzogiorno per ricuperare.
Su un altro foglio piegato in quattro c'era questa poesia:
Sei la mia estasi
Fuggi da me, l'amore iconoclasta!Il sogno del tuo corpo mi
strazia allimprovviso. Tutto quel che t'ho dato non ti basta?La
pelle, il sangue, il sesso, il cuore, il viso?
Perch mi leghi a te? Fuggirti vano; se m'apri gli occhi, ti ci
puoi vedere. A cuore a cuore,senza dirsi t'amo , in te voglio
morire di piacere.
Ho urlato e da un abisso l'anima mia rapita sale in un gran
fragore... Chi vuole la mia vita?Quando credi d'uccidermi, mi dai
l'eternit.
Vieni: sono il deserto senza oasi di quiete, voglio che tu ti
perda in questa infinit: san-gue, saliva e sperma avrai per la tua
sete.
Il cuore in subbuglio, mi precipitai nel corridoio. La voce di
mio cugino saliva dal pi profon-do di me stesso, sorgeva dal mio
petto con tutte quelle parole d'amore la cui violenza m'inebria-va.
Bussai alla porta. Tutto era silenzio, eppure indovinavo Grard
vicino a me: dall'altra parte,appoggiato allo stipite, la fronte
contro il legno. Avrei potuto disegnare la sagoma del suo
corpo,tanto lo sentivo, incollato a quella porta che avrei
desiderato invano veder aprire: si tradiva aogni respiro e il suo
fiato m'era cos vicino che lo immaginavo con le labbra proprio sul
battente.Baciai il muro con foga, mi ci appiccicai contro, eravamo
come due amanti separati da un carce-re, pi visibili l'uno allaltro
che nel soffocamento dei loro baci, pi innamorati che nei loro
attid'amore.
-
Mormorai pianissimo, il cuore spezzato da sentimenti folli:
Grard, ce l'hai con me? Rispon-di. Aprimi soltanto un secondo.
Grard, apri... Allora Grard si scagli sulla porta, la fece
tre-mare, scosse la maniglia. Lo calmai: Senti, Grard, che cosa c'?
Apri, su! Ho buttato lachiave dalla finestra , confess lui. Voglio
uscire, voglio vederti. Mio padre qui fuori. Nonposso passare dalla
cornice. In pochi salti fui in giardino. Grard venne alla finestra
ma nonpoteva aiutarmi, ricordava soltanto d'aver lanciato la chiave
molto lontano. La ritrovai per mira-colo contro la siepe che
cingeva il prato, e la brandii verso il cielo. In quel momento mio
ziosbuc dalla veranda attigua alla casa. Rimasi con la mano
alzata.
Che cosa fai con quella chiave? mi chiese. lo rimasi a bocca
aperta. L'avevo lasciata cadere, la chiave della mia stanza. Ti
porti via la chiave, adesso? No, zio, ma... Mi fece il verso: No,
zio, ma... Da un pezzo il bel Grard segue con interesse le mie
mosse da
lass, e io recito per lui la parte di Barbabl. NE credi scemo,
ragazzo? E, rivolto a Grard: Prova a spiegare un po', sorella
Anna!1 ' Grard arross e non si mosse. Mio zio s'arrabbi: Vuoi che
venga su? Lo interruppi:
Zio, ho chiuso dentro Grard e lo prendevo in giro da qui. Lui
non ha fatto niente, ma nonpu uscire. La cosa lo mise di
buonumore.
Eccellente, vecchio mio; be', tengo io la chiave, cos potr
studiare fino all'ora di cena. Tupuoi sloggiare.
Tornai su e m'inginocchiai davanti alla porta di Grard,
baciandola con tutte le forze.Nella mia stanza, nascosi i fogli
abbandonati sul tavolo. la lettera e la poesia, con la
preoccupa-
zione retrospettiva d'averli lasciati alla merc di mio zio, che
sarebbe potuto salire per vedere sementivo e per quale ragione mi
rinchiudevo nel mio dominio. Il mio cuore aveva sempre pi bi-sogno
di Grard e, se un suo sorriso mi dava vita, saperlo infelice mi
metteva addosso non lavaga malinconia degli adolescenti, ma la
stessa tristezza di colui che amavo e che sotto i diversiimpulsi
passava dalla gioia alla prostrazione, dalla disperazione alla
malignit.
Attendevo l'ora di cena, la fronte schiacciata contro il vetro:
gli alberi del giardino fiammeggia-vano dolcemente, la corteccia
arsa da un fuoco d'un rosso che s'incupiva col venir meno
dellaluce, e restavano in piedi come fossero di cenere, al punto da
far temere che il minimo soffio divento potesse sparpagliarli in
polvere sull'erba. Avrei voluto che tutto si conformasse a
quell'im-magine, che un mio semplice desiderio avesse la facolt di
cancellare tutto, la campagna, il giar-dino, la stanza, e che una
nuova vita potesse aver inizio sotto i miei occhi stupefatti, una
nuovavita con Grard. Il gesto di suo padre aveva rotto i ponti fra
lui e lo studio. Fu quanto annuncicon aria insolente quando, dopo
il dessert, lasciammo gli adulti al loro caff e ai loro
filosoficitornei di bridge. C'era ancora luce, mio cugino mi port
verso l'orto.
Era il passatempo di suo padre. Questi vi si recava
amorevolmente ogni mattina all'alba perammirare le insalate, fiere
nel loro corsaletto di rafia; i meloni che, sotto le campane di
vetro, sisvegliavano simili a pasciuti finanzieri disturbati dal
canto del gallo; le spalliere di mele e pere.Sinebriava, chinandosi
sul timo e sul cerfoglio; si tratteneva l fino a mezzogiorno, la
testa om-breggiata da un cappello di paglia, il sarchio
costantemente in mano, intento a covare la propriaprogenie, facendo
la posta a insetti e a erbacce, piazzando qui una stuoia, l un
frangivento, di-ventato lui stesso foglia, diventato radice, tanto
si confondeva con le sue piante.
Grard trasse di tasca una fionda e, con calma, raccolse un
ciottolo dal viale, mir, fece esplo-dere la prima campana. L'aria
si colm d'una vibrazione di cristallo. Non protestai, ero
conqui-stato. Una dopo l'altra, Grard mand in pezzi tutte le
campane. Alcune, colpite in pieno, scop-piarono come mine. Dissi a
Grard di lasciarmi l'ultima. Mi tese la fionda. Guardai il sasso
che1 sorella della moglie di Barbabl (NdT)
-
colpiva il vetro e lo riduceva in frantumi. Grard mi prese per i
fianchi, tremava, la sua boccaera umida di saliva, le sue dita
piene di terra.
Davanti a noi le aiuole non esistevano pi, sembrava d'essere in
un campo bombardato. Grardvoleva un'apoteosi. Infangandosi, svit un
tubo di gomma per innaffiare, apri le valvole che te-nevano
prigioniera in una cisterna l'acqua piovana e questa si rivers nel
solchi sommergendo lesementi, portando via le schegge di vetro:
un'Olanda in miniatura moriva fra il ribes e la baraccadegli
attrezzi. La camicia di Grard, cosparsa di gocce d'acqua e zuppa
all'altezza delle spalle,gli sincollava alla carne e, in
trasparenza, rivelava la pelle. Sollevatosi, mio cugino scoppi
aridere. E non finita, cittadino , mi disse. Adesso, alla
Bastiglia! La Bastiglia: chiamava-mo cos la voliera dei Decazes.
Bisognava attraversare due orti per arrivare al loro parco e
allatorre rivestita d'ardesia dove avevano rapaci per la
caccia.
I Decazes erano ricchi e il loro sussiego faceva di tutto per
mascherarsi da virt. L'ipocrisia erala degna figlia delle loro
rendite e, se si mostravano indifferenti, non era tanto per
naturale fie-rezza quanto per uno snobismo di banchieri. Io mi
limitavo a ignorarli; Grard, invece, li odiavaper via delle
umiliazioni che suo padre gli aveva inflitto davanti ai loro figli
pi giovani. Questierano due ragazzi della nostra et, con visi
gradevoli, ma un po' tronfi, che trascorrevano le va-canze passando
di festicciola in festicciola con la giovent ricca dei dintorni.
ConsideravanoGrard un piccolo delinquente e un po' lo invidiavano,
a giudicare dal piacere che traevano dalvederlo mortificare. Mio
cugino non perdonava a suo padre di portarglieli sempre ad
esempio,n a costoro d'essere i modelli prediletti di un De viris
paterno. Il loro fratello ventenne e unasorella pi giovane erano,
per contro, nostri amici. La ragazza, bruna e semplice, e il
ragazzo,che si chiamava Michel, davano un'impressione di
freschezza. Bastarono pochi giorni perch celi trovassimo sempre fra
i piedi, l'infatuazione dur e i nostri genitori fraternizzarono a
un puntotale che Grard, faceto, mi propose di pavesare la casa con
i loro stemmi, perch, diceva, non possibile che non abbiano i
colori, pur se Vespasiano ha parlato soltanto dellolezzo. Ogni
volta,noi ci davamo di gomito per prendere il volo, secondo il
vocabolario che Grard rendeva viventeallargando e agitando le
braccia non appena ce l'eravamo svignata...
Ci stavamo avvicinando. La torre cinerina si profilava fra due
alberi, accanto a un edificio al-lungato tipo giardino d'inverno;
il tetto era sostituito da vetrate. Grard aveva preso con s uncorto
pugnale tedesco che avevamo trovato fra i residuati bellici e se
n'era infilato il fodero nellacintura. Raccolse alcuni sassi, apri
la porticina bassa e, nella penombra, mi sussurr: Vieni!
Si stava facendo buio. Entrai. Le vetrate diffondevano un
crepuscolo biancastro in un ampiolocale in cui si trovavano, per
terra, grandi beccatoi pieni d'acqua scura dov'erano sparsi
restisanguinolenti di carne. Piccoli roditori erano stati sgozzati
e i loro cadaveri dilaniati.
Ci fu un fremito d'ali sulle sbarre di metallo, falchi e
sparvieri erano immersi nel silenzio cheprecede il sonno. Pupille
luccicavano; alcuni uccelli volarono fino al tetto, in uno sbattere
im-provviso di penne.
L'acqua prese a brillare, un breve istante, come se la luce
fosse andata a rifugiarsi l in predaalla paura. Io avevo la fionda
e camminavo su pezzi di carne molliccia e su fatte che mi davanola
nausea. Grard mi tese alcuni sassi. Prima butta gi quelli pi alti,
e non aver paura di farerumore, non c' nessuno nel paraggi.
A quindici passi, gli uccelli formavano una linea scura, morbida
e pacifica. 1 primi tre cadderosenza che gli altri s'agitassero, i
sassi li colpirono in piena gola, con un rumore smorzato, sordo
equasi carezzevole. Il quarto sasso colpi un posatoio; con un
rantolo turbato, un falco prese ilvolo, poi si pos accanto alle
bestie ancora calde che avevo appena abbattuto. Tirai
un'ultimavolta. Una testolina fu strappata via, spruzzando sangue
sulle ali vicine.
-
Uscii in cerca di altri proiettili, lasciando Grard in mezzo a
una tempesta di gridi. Gli uccellistrillavano, impazzivano, con
becchi e artigli sbattevano contro le vetrate munite di rete e si
sca-gliavano dall'alto su Grard come su una preda.
Quando tornai, socchiudendo appena la porta per impedire che i
rapaci scappassero, gridi dirabbia e di disperazione colmavano la
voliera. Ali mozze e carni palpitanti giacevano disordina-tamente
sul pavimento di terra battuta; alcune penne s'erano incollate alle
pareti e una soltanto,delicata, sull'acqua del beccatoio, errava
come la vela nera di Tristano sul mare.
Grard, addossato alla porta a vetri che dava accesso alla serra,
si difendeva alzando le bracciae facendo roteare il pugnale per
proteggersi dalle beccate e impedire d'essere colpito al
volto.Talora s'allungava di scatto trafiggendo una gola o troncando
un collo con una pugnalata, e ilsangue caldo gli copriva le mani.
Ne aveva sul petto, ora non pi riparato dalla camicia lacera,sul
braccio, sulla gola e perfino all'angolo delle labbra. E a tratti
lo leccava...
Scatenato, si aggrappava alle sbarre, rovesciava il beccatoio,
camminava sui cadaveri: le calze,le scarpe, i blue-jeans erano
intrisi di sangue. Gli sparvieri volavano alla cieca,
s'immobilizzava-no nei punti pi alti contro le vetrate e poi, di
colpo, si lasciavano cadere su di lui, gli artigli pro-tesi. Grard,
instancabile, li inseguiva, li raggiungeva uno dopo l'altro e li
feriva senza ucciderli,per correre subito verso altre vittime. Il
sangue gli arrossava il sudore. Qualche piuma si ferma-va fra i
suoi capelli. La caccia continu. Di l a poco, aveva sterminato
tutte quelle ali viventi estava dritto di fronte alla carneficina,
coltello in pugno, quasi avesse trionfato sulle chimere.
Sgozz gli ultimi uccelli che ancora si muovevano, poi, ebbro,
barcoll nell'odore vellutato del-le bestie uccise. Era imbrattato
di sangue: aveva mani e avambracci coperti di ferite.
Feci saltare a sassate due pannelli della vetrata: l'aria fresca
della notte s'impadron di quello-dore di uccelli morti e se lo port
via, come per gustarselo nelle tenebre.
Facemmo sosta nel fienile; Grard, a tratti, rabbrividiva dalla
testa ai piedi. Pensai che avessefreddo, lo toccai. Sotto la
camicia strappata sul fianco e sulla schiena, gocciolava sudore.
Ilcuore gli batteva forte, lo feci sdraiare sulla paglia, e,
nell'ombra, cercai la posizione dei suoi oc-chi. Mi guid il
respiro. Presi la bocca di quel ragazzo selvaggio avvolto dallodore
della suafatica e, nonostante l'oscurit grigio-cenere da notte
estiva senza stelle, ravvisai il suo profilo im-bronciato,
individuai gli occhioni malinconici. Poco dopo era nudo fra le mie
braccia. Il buio micelava le macchie di sangue ma, se il loro
colore mi era sottratto, il bruno della pelle, qui e l piscura, me
ne faceva ricordare. Restai in silenzio e il cupo fascino di quel
corpo di Parsifal im-brattato di sangue e di terra mi colmava di
desiderio e d'orrore. Nel buio, capiva che la sua effe-ratezza era
d'un tratto venuta allo scoperto mi aveva rivelato un Grard
crudele, spietato come unomicida dopo il primo sangue. Adesso
sapeva che sarebbe venuta la punizione. Io continuavo atacere, ma,
per lealt e per amore, dovevo punirlo. Aspettai che, insorgendo di
fronte al disprez-zo in cui lo relegava il mio silenzio, si
scostasse da me o che le sue labbra trovassero una paroladi
pentimento. L'orgoglio lo indusse a restare a lungo immobile,
l'ombra l'avvolgeva con quellaforza voluttuosa dove ogni gesto
diventa un fiorire. Alla fine, distolse il capo. lo presi sotto
lagola, lo sollevai, gli piegai la testa sul mio avambraccio,
afferrandogli con il pugno sinistro i ca-pelli corti, e ordinai in
tono inflessibile: Mettiti in ginocchio .
Lui s'inginocchi. Con una gamba gli imprigionai il corpo e,
senza che lui facesse un solo ge-sto per impedirlo, lo
schiaffeggiai col dorso della mano. Sentivamo soltanto il nostro
respiro.Lui stringeva le labbra, e io lo presi a sberle con
violenza e con rabbia, facendogli girare la testada una parte e
dall'altra. Colpii senza arrestarmi, cos forte che non sapevo pi
chi ero, dov'ero,quel che facevo. Il palmo mi bruciava, lo credetti
pieno di sangue. Mi fermai.
-
Un singhiozzo mi fece capire che si trattava di lacrime, il viso
di Grard ne era coperto. Glirovesciai ancor pi la testa
all'indietro e ricominciai a colpire. Una delle sue mani mi si
poggisulla coscia per chiedere requie, ma fu soltanto la mia
vigliaccheria a farmi smettere. Lo lasciai,cercando parole per
ferirlo: Sei crudele come una ragazzina. Sei senza cuore. Vederti
cederecos di colpo ai tuoi istinti... a chi e a che cosa non hai
ceduto?
Grard scatt, d'un tratto si ribellava, la sua voce tremava: Ora
mi chiedi scusa, subito, o tispezzo e,con te, spezzo l'amore che ti
porto! Dopo un attimo di silenzio, mormorai: Scusa...
Fuori, il vento errava per il parco come un giovane amante morto
d'affanno. Senza fare rumo-re, entrammo in casa. Adesso Grard
rabbrividiva per un freddo reale. Nella sua stanza, allaluce, aveva
il viso segnato dalle mie percosse, la camicia a brandelli, gambe e
braccia macchiate.Si spogli. Le areole sporche di sudore e sangue
secco trasferivano al suo corpo la loro seduzio-ne volgare. Grard
si sdrai sul letto a pancia in gi, la testa sulle braccia, e
dimentic la miapresenza. Spensi la luce. Attraverso la finestra che
non avevamo chiuso completamente, benchGrard avesse il corpo
gelato, arrivava il rumore del vento carico di polvere e di un
profumo d'al-beri e di terra. Tutta la natura fremeva e di quando
in quando, in lontananza, correva un gran bri-vido sul bosco. Lo
stagno scuro doveva essere striato di bolle.
Un lampo violetto rig l'orizzonte, seguito da altri pi bianchi e
rapidi. Un salto di vento scate-n un acquazzone. La luna riapparve
per scomparire subito dopo. D'improvviso, trombe d'ariasorsero dal
cielo; la pioggia che rimbalzava sul davanzale spalanc la finestra.
La ghiaia attornoalla casa crepitava. Sulla veranda, l'acqua
suonava una marcia malinconica come un amante ab-bandonato. Bel
tamburino, dammi la tua rosa, ranplan, ranplanplan, plan... Gli
alberi gemeva-no. I lampi, raddoppiando d'intensit, illuminavano
violentemente la stanza, dandomi in un atti-mo di tutta la valle,
delle colline lontane, degli alberi vicini, un'immagine pi nitida
di quella chem'avrebbe potuto offrire la giornata pi splendida, e,
quasi che il loro obiettivo fosse quel ragaz-zo sdraiato, si
avventavano sul suo corpo indifeso, scorrevano dai piedi alle
ginocchia allargate,inondandogli la schiena e disegnandogli sulle
reni l'ombra vigorosa delle natiche.
Mi sdraiai accanto a lui, il temporale ci lanci per tutta la
notte occhiate abbaglianti, costrin-gendoci a tenere gli occhi
aperti.
Temporale benedetto, cui mio zio imput le sue disgrazie. Nei
giorni che seguirono, i ragazziDecazes non lasciarono trapelare
alcun segno di stupore a proposito dei loro rapaci. Il
temporaledoveva averli aiutati a farne sparire le spoglie, cos come
aveva permesso loro di spiegare ai ge-nitori il massacro e la fuga
degli ultimi uccelli... ma non erano stupidi, e gi mostravano nei
con-fronti di Grard attenzioni troppo contrarie alla loro natura,
per non destare il sospetto che fosse-ro parte di qualche strano
progetto.
Nell'attesa, Grard e io ci amammo.
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CAP. 4
Spesso, allalba, mi svegliavo di soprassalto e, prima di
riaddormentarmi, evocavo per me solotutto ci che apparteneva al mio
passato, quasi che una nuova esistenza lo facesse rinascere
conl'aurora, sotto le mie palpebre chiuse, cosi nitido da non
consentire variazioni di sorta.
La solitudine aveva fortificato il mio cuore; fra Grard e me, la
fierezza dell'amore era degene-rata in orgoglio e ci eravamo
allontanati l'uno dall'altro nel momento in cui la nostra presenza
sa-rebbe stata ben pi importante della calda vicinanza di un
corpo...
Giungemmo ad Amboise un gioved sera; lindomani eravamo sistemati
per l'intera estate. Lastanza di Grard era separata dalla mia da un
locale vuoto in cui si mettevano a seccare frutta etiglio. Eravamo
soli in tutto il piano. Il parco era vasto; l'estate lo rendeva
opprimente poichsembrava che le ore andassero a nascondersi l,
nelle ombre sempre pi fitte, mentre il caldo l'ap-pesantiva e al
tempo stesso lo restituiva pi lieve facendo ondeggiare tutte le sue
distese d'erba,rasoterra, come se l'aria le trascinasse con s nel
suo flusso scintillante.
Non potevo fare a meno di Grard e lo lasciavo per avere la gioia
di ritrovarlo. Ci vedevamoappena svegli; non si pu aspettare quando
si ama. Ma se frequenti erano le nostre occhiate, selunghi i
momenti trascorsi insieme, c'erano anche le ore in cui eravamo
lontani a causa del sonnoo delle incombenze che la vita impone a
coloro che si cercano.
In pigiama, facevamo colazione con pesche e succo di frutta.
Dopo, passavamo a turno dallastanza da bagno senza chiuderne la
porta. Rispettavamo la nudit dell'altro parlando senza guar-darci,
non per pudore bens per desiderio. Una sola volta mi capit
d'entrare, dopo aver sentitoGrard lanciare un grido. Scivolando,
s'era ferito sul portasapone. Era piegato su se stesso, lemani sui
fianchi, la schiena coperta di gocce e le natiche tonde che
splendevano a fior d'acqua.L'aiutai a uscire dalla vasca. Perdeva
un po' di sangue, s'era appena scalfito nel tentativo di met-tersi
in piedi, ma la ferita gli faceva male e io gliela spennellai col
mercurocromo finch parvecontornata dall'impronta di due labbra.
Cos, la prima settimana fu un gioco a rimpiattino. Quel che gli
dicevo si deformava nella miatesta e io reinventavo per me parole
appassionate senza esser certo di non averle dette per davve-ro,
poi felice di averle tenute per me solo, e quindi di nuovo
inquieto, volendo e non volendo, in-namorato e ostile, disperato
sempre, fino a quando un impulso mi scagliava davanti a Grard,
de-ciso a convincerlo, a violargli il cuore... ma lui mi guardava e
io gli parlavo d'altro. Ci nasconde-vamo in piena luce. lo l'amavo
con la follia del primo amore, e il suo improvviso rossore quandolo
contemplavo era segno, ai miei occhi, soltanto di vanit, mentre
senza saperlo era una confes-sione.
M'era bastato comparire e, nel momento stesso in cui deponevo le
armi di fronte a colui che misottometteva, lo avevo conquistato.
Tutto, l'estate, i nostri svaghi, le vacanze, si riduceva a unasola
frase, che per gli amanti la porta del loro mondo: Ti amo . Questo
sesamo custodivai nostri tesori, e tuttavia esitavamo davanti a una
ricchezza che si basava su una parola. L'amoreci avrebbe insegnato
che calpesta l'orgoglio e tutto ci che altro da lui. In otto
giorni, ci tra-sform in uomini.
Dopo il bagno, Grard si metteva al lavoro nella sua stanza; io
leggevo, non il libro che avevosotto gli occhi, ma quello che
scrivevo nel mio cuore. Ogni momento ci interrompevamo
perchiacchierare. Grard metteva nello studio la vivacit del
canguro, in due salti era lontano dai li-bri, e in due salti c'era
di nuovo dentro. Alle due, nelle giornate pi calde, andavamo a
sdraiarcinell'erba, e quando la calura pomeridiana s'attenuava,
verso le cinque, cedendo il posto a un'ar-
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dente dolcezza, ci spostavamo sul campo da tennis oppure, messa
una barca in acqua, ce ne an-davamo alla deriva sulla Loira, fra il
cielo giallino e l'acqua dorata.
Grard si sdraiava sul fondo e quando, stanco di remare, lo
rimproveravo per la sua indolenza,lui si alzava, il costume da
bagno incollato alle natiche dallacqua sulla quale s'era seduto, e
simetteva a vogare a bratto. Il paesaggio sembrava liquido fra le
sue gambe, e il colore della carnelo proiettava lontano in una
bruma grigiastra e azzurrognola. Un giorno gli misi la fronte
controle ginocchia. Grard lasci il remo, mi afferr la nuca e fece
risalire la mia testa lungo le propriecosce. Io mi sottrassi. Il
suo inguine odorava di giovane daino. Fece seguire alla mia bocca
lelinee del suo corpo, dall'incavo del ventre al petto, poi, mentre
avvicinava il mio volto al suo, mifece perdere l'equilibrio e mi
spinse in acqua. Quel gioco non poteva procedere oltre.
Nuotai fino a riva, dove fui costretto a lasciare camicia e
costume. Attraversai la periferia inmutande; Grard, che mi aveva
raggiunto, mi prendeva in giro: Sei indecente, vuoi esibirti e tene
vai a spasso senza asciugarti... Giunti nel nostro parco, vado a
cercarti qualcosa perch tupossa cambiarti , mi disse. Se tuo padre
o il mio ti vedessero, Dio solo sa che cosa pensereb-bero! Va' in
soffitta. Ti pongo una condizione: dammi le mutande, far asciugare
tutto. Fara-butto, mi vendicher. Cedetti, gettai le mutande ai suoi
piedi e lui, per la prima volta, ebbel'impudenza di dirmi: Sei ben
fornito. Torno con quanto occorre per nascondermi alla
vistal'ottava meraviglia del mondo . Scomparve con uno scoppio di
risa, e solo in seguito quel risomi parve turbato.
Mentre l'aspettavo, pensai di gettarmi alle sue ginocchia. di
abbandonarmi, di confessare, maquando torn mi vestii come se non
fosse successo niente.
In otto giorni non avevamo fatto progressi in quel cammino verso
la felicit; la settimana suc-cessiva avevo perso l'appetito,
rabbrividivo senza ragione dopo essere stato col corpo
bruciantecome se avessi preso troppo sole. I nostri genitori,
nutriti di menzogne, non s'accorsero di nien-te, perch mi dominavo.
Il mio corpo era tutto un sospiro, lottavo contro le lacrime non
appenami trovavo da solo, non potevo fare a meno di Grard che,
senza motivo, sfuggivo. Lui faceva lostesso. Ebbi l'impressione che
mi tenesse il broncio. Non mi resi conto che non mangiava pi,che il
suo viso si scavava, che i suoi occhi erano pi grandi, segnati da
un semicerchio nero sopralo zigomo. Entrava in camera mia soltanto
vestito; senza averlo concordato, occupavamo lastanza da bagno in
orari diversi. Per il resto, tutto come prima. Il sabato, il caldo
si fece parti-colarmente intenso, l'aria era piena di moscerini,
tutte le finestre erano chiuse per mantenere fre-sco l'interno
della casa, ma il nostro spirito di contraddizione spinse Grard e
me a uscire, allafaccia di tutto. Decidemmo di fare il bagno nel
fiume. Un lieve vapore faceva tremolare le rive.
L'acqua era calda. Mi tuffai subito. Quando tornai a galla,
Grard si lasciava cullare dall'acquae i suoi capelli erano bagnati
soltanto sulle tempie. Mi avvicinai, lo tirai per farlo affondare;
luisi dibatt, fu costretto a immergersi a sua volta e io seguii la
traccia del suo corpo nell'acqua.Continuavo a dirigermi verso di
lui, scorgendo soltanto la parte alta del suo petto; il resto
sfuma-va nell'acqua verde. Cercai di avvinghiarlo, lui si dibatteva
come un diavolo, ma rideva mentretentava di sfuggirmi, e io riuscii
ad afferrarlo alla vita. Senza rendermene conto, mi ritrovai inmano
il cordoncino del suo costume; tirai e Grard mi sfugg lasciandomelo
fra le dita.
Tornai nel posto dov'erano posate le nostre cose e mi asciugai
lentamente. Grard s'immerse, sireimmerse, cercando di ritrovare il
costume che gli era scivolato via. Poi dovette ammettere
lasconfitta e, da