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Giuseppe Verdi e il Risorgimento - E. Capuzzo

Jul 21, 2016

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Estratto E. Capuzzo
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1. Su Emilia Morosini figlia dell’ambasciatore svizzero in Francia e madre del patriota Emi-lio Morosini, che combatté nelle Cinque giornate di Milano, nella Prima guerra di indipenden-za italiana e nella Repubblica Romana assieme a Garibaldi. v. ora m. d’amelia, Between TwoEras, in The Risorgimento Revisited: Nationalism and Culture in Nineteenth-Century Italy, ed. byS. Patriarca, L. Riall, Palgrave Macmillan, New York 2012, p. 123. Giuseppina Negroni Pratosarebbe stata destinataria di lettere soprattutto nell’età matura di Verdi, v. m. mila, Verdi, acura di P. Gelli, Rizzoli, Milano 2000, p. 213 ma più di recente v. p. monfortani (a cura di),Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, Apparato critico e note a cura di G. Martini e P. Montor-fani, Archivio Storico di Lugano - Istituto di Studi Verdiani, Parma 2013.

2. Della morte della Bargnani dava notizia a Verdi Giuseppina Negroni Prati Morosini in unalettera scritta da Vezia vicino Lugano il 24 ottobre 1891 in cui scriveva: «In questo mese mori-rono due delle persone della nostra epoca: la Bargnani, nella cui soirée feci la vostra conoscen-za – mi pare di vedervi al cembalo ad accompagnare il Solera, che cantava D’Egitto là sui lidinel 42!!! […]», p. monfortani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 232,Vezia sopra Lugano 24 ottobre 1886.

3. Mi riferisco a s. soldani, Il Risorgimento delle donne, in «Storia d’Italia», Annali 22, IlRisorgimento, Einaudi, Torino 2007, pp. 183-224 e ai lavori m.t. mori, Le poetesse del Risor-gimento tra formazione letteraria e controllo morale, in «Passato e Presente», 2008, 75, pp. 33-45e Figlie d’Italia. Poetesse patriote nel Risorgimento (1821-1861), Carocci, Roma 2011.

4. Interventi di D. Maldini Chiarito, P. Macry. A.M. Banti, in s. soldani (a cura di), Leemozioni nel Risorgimento, in «Passato e Presente», 2008, 75, pp. 17-32.

Con le donne partecipi della passione risorgimentale conosciute a Milano du-rante gli anni dei suoi primi successi come Emilia Morosini e le sue figlie (An-netta, Giuseppina, Carolina e Cristina)1, Giuseppina Appiani, Gina della So-maglia, Rosa Bargnani2, e, in particolare, con Clara Maffei Giuseppe Verdi in-trattenne rapporti di amicizia scanditi da incontri nei loro salotti e da relazio-ni epistolari. Rapporti che si differenziano da quanto la più recente storiogra-fia ha rilevato in ordine alla percezione e all’autorappresentazione femminileemergente dalle maglie del processo risorgimentale3 e richiamano, invece, ilruolo di mediatrici assunto dalle donne delle élite e la formazione di quei luo-ghi della sociabilità, come i salotti, in cui operavano le passioni e le emozionirisorgimentali4.

Del resto è difficile pensare alla fortuna del melodramma verdiano sen-za riferirsi alla sociabilità dei salotti e alla loro rete nelle città della peniso-

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Verdi e Clara Maffei

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5. s. chiappini, “O Patria mia”. Passione e identità nazionale nel melodramma italiano del-l’Ottocento, Le Lettere, Firenze 2011.

6. p. mortofani, Introduzione a Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 3.

7. Ivi, p. 8.

8. m. congestrì, L’antica e fedele amica: Giuseppina Morosini Negroni, il suo contesto rela-zionale ed il suo rapporto con Giuseppe Verdi, in «Nel Gabinetto di Donna Marianna». La Biblio-teca Morosini Negroni a Milano, tra Europa delle riforme e Unità d’Italia, a cura di A. Gili e P.Montorfani, Edizioni Città di Lugano, Lugano 2011.

9. p. montorfani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 63, Parigi 30 lu-glio 1847.

la5, che a Milano avevano visto Verdi, introdotto in essi dallo scrittore e tra-duttore Luigi Toccagni, conteso dalle esponenti della nobiltà cittadina e in-capace a comprenderne la ricaduta sulla sua fama e notorietà6. Proprio neisalotti milanesi, Verdi, poco dopo la morte della moglie Margherita Barez-zi (1840) e dei suoi due figli, Virginia (1838) e Icilio (1839), intrecciava par-ticolari rapporti d’amicizia con alcune di esse, come Giuseppina Morosinisposata al conte Negroni Prati e con Clara Maffei che avrebbero dato vita aun’intesa con le due nobildonne che sarebbe durata l’intero arco della lorovita e di quella di Verdi. Un’amicizia, di cui si legge nelle lettere scambiatecon il Maestro di Busseto per lunghi decenni, segnate da quel registro cor-tese che Verdi manifestava con le sue interlocutrici e che non va confuso conun’interpretazione in chiave amorosa come si potrebbe essere tentati di faredi fronte all’uso del sostantivo «amica», dell’aggettivo «fedele» e delle affet-tuosità sparse qua e là nella scrittura7.

Nel carteggio con Emilia Morosini cui si affiancano le figlie Giuseppina,Annetta, Carolina, in un dialogo tutto femminile indirizzato al giovane magià celebre compositore del Nabucco e che comprende un arco cronologicomolto lungo, il più ampio dell’intero epistolario verdiano, dal 1842 al 1901,emerge il richiamo alla fedeltà, come sarà più tardi per Clara Maffei, di Giu-seppina Negroni Prati Morosini (1824-1909) che diveniva una tra le prime epiù ferventi sacerdotesse del mito verdiano8 e che dopo la morte della madreavrebbe continuato la corrispondenza con Verdi. Dalle oltre duecento lette-re del loro carteggio traspare un Verdi intimo, alle prese con la composizio-ne delle sue opere ma anche con la costruzione della casa di Sant’Agata e, piùtardi, della Casa di riposo per musicisti di Milano; un Verdi che viaggiava ea cui la vita Bassa parmense e piacentina, dopo aver assaggiato la bella vita delcapoluogo lombardo prima e di Parigi poi, dopo aver ammirato Londra che«non è una città è un mondo»9, andava ormai stretta; un Verdi anche spetta-tore di eventi storici, come la rivolta del 1848 a Parigi, «Mi rincrescerebbe –scriveva il 9 luglio – ora abbandonare Parigi dopo che sono stato testimonio

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10. Ivi, p. 69, Parigi 9 marzo 1848.

11. p. montorfani (a cura di), Carteggio Verdi-Morosini 1842-1901, cit., p. 87, Milano 8marzo 1879.

12. Ivi, p. 295, S. Agata 13 nov. 1900.

13. p. milza, Verdi e il suo tempo, Carocci, Roma 2003, p. 219.

14. g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, Einaudi, Torino 2012, lettera [97] ad AndreaMaffei, Milano (Milano, aprile-maggio 1847), p. 169. Sul sodalizio artistico Verdi-Maffei v. i.meloni, Andrea Maffei mediatore tra Schiller e Verdi, in «Atti della Accademia Roveretana de-gli Agiati» cclvii Anno Accademico 2007, Ser. viii, Vol. vii A, Accademia Roveretana degliAgiati, Rovereto 2007, pp. 417-437.

15. p. milza, Verdi e il suo tempo, cit., p. 226.

16. Rimando a b. spaepen, «Governare per mezzo della Scala». L’Austria e il teatro a Milano,in «Contemporanea», 2003, n. 4, pp. 593-620 che richiama episodi di protesta politico-pa-

oculare a tutte, o quasi tutte le scene e serie e buffe, che sono successe»10, chelo coinvolgevano emotivamente; un Verdi a cui le Morosini raccontavanodella loro esistenza e degli incontri con altri amici e conoscenti del Maestrodi Busseto come quello richiamato da Annetta nel marzo 1879 con il poeta escrittore di origine trentina, che aveva partecipato come volontario alla dife-sa di Venezia nel 1848, Giovanni Rizzi11; un Verdi sperimentatore di grandinovità come la fotografia e visitatore delle esposizioni universali; un Verdistanco e che solo dopo la morte di Giuseppina Strepponi non esitava a defi-nirsi «Triste triste triste»12.

Ancora prima di conoscere Emilia Morosini, dopo lo splendido trionfo ri-scosso il 9 marzo 1842 alla Scala dal Nabucco, Verdi, divenuto ormai celebre,cominciava a muoversi tra i salotti più rinomati di Milano, frequentando le cer-chie aristocratiche e intellettuali del capoluogo lombardo13. A invitare Verdi al-le conversazioni del salotto Maffei, era stato il padrone di casa Andrea, poetatrentino assai noto e inserito negli ambienti colti e mondani della città, che ilMaestro di Busseto aveva probabilmente in precedenza conosciuto come sociodella Società dei Filodrammatici e con il quale avrebbe avviato un solidalizio ar-tistico con la partecipazione alla stesura di qualche aria del Macbeth e con la tra-duzione sulla quale Verdi avrebbe musicato i Masnadieri di Schiller14.

Verdi si ritrovava così a frequentare uno dei salotti destinati a diventare piùin voga negli anni del decennio di preparazione e a divenire uno degli amicipiù fidati della contessa Maffei. Nel salotto di Clara Maffei Verdi entrava incontatto con gli ambienti artistici e liberali della Milano degli anni Quarantae conosceva tra gli altri il conte Arrivabene, Luciano Manara, Giulio Carcano,Luigi Toccagni, Francesco Hayez (v. Fig. 3)15.

Nella Milano precedente al ’48, dove il pubblico sfidava nei teatri l’ordi-ne costituito16, nel salotto dei Maffei, animato dalla giovane moglie di Andrea,Rubbett

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triottica. Per il caso veneziano v. r. carnesecchi, «Venezia sorgesti dal duro servaggio». La mu-sica patriottica negli anni della Repubblica di Manin, Il Cardo, Venezia 1994.

17. Sul tema del salotto letterario v. g. romani, A Room with a View: Interpreting the Ottocentothrough the Literary Salon, in «Italica», vol. 84, n° 2/3 (summer-autumn 2007), pp. 233-246.

18. d. pizzigalli, L’Amica. Clara Maffei e il suo salotto nel Risorgimento italiano, Mondado-ri, Milano 1997.

19. Sul rapporto tra il Tenca e la Maffei v. l. iannuzzi, Il carteggio Tenca-Maffei. Storia, let-teratura e arte nell’Italia del Risorgimento, Guida, Napoli 2007.

20. d. maldini chiarito, Due salotti del Risorgimento, in m.l. betri, e. brambilla (acura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, il Mulino, Bologna 2004, p.297.

21. Sul tema v. i vari contributi contenuti in n. del corno, a. porati (a cura di), Il gior-nalismo lombardo nel decennio di preparazione all’Unità, FrancoAngeli, Milano 2005.

22. m. serri, La piccola grande tessitrice. Clara Maffei, in e. doni, c. galimberti, m.

grosso, l. levi, d. maraini, m.s. palieri, l. rotondo, f. sancin, m. serri, f. ta-

gliaventi, s. tagliaventi, c. valentini, Le donne del Risorgimento, il Mulino, Bologna2011, p. 111.

23. e. rescigno (a cura di), Lettere di Giuseppe Verdi, Einaudi, Torino 2012, lettera [76] AClara Maffei, Clusone (Milano, mercoledì 24 giugno 1846), p. 139 e lettera [77] A Clara Maf-fei, Clusone (Milano, venerdì 3 luglio 1846), p. 141. Malgrado la divisione della coppia, il com-positore restava in ottimi rapporti sia con Andrea che con Clara visitandola spesso a Clusonedove, rotto il matrimonio, la contessa cercava serenità nel palazzo di famiglia, e poi a Milano,dove, dopo qualche tempo, la contessa tornava a risiedere in una casa vicino alla Scala insiemecon il Tenca.

Clara, perfetta nelle sue qualità di salonnière, le conversazioni si identificava-no ancora in questa fase più per la diffusione della cultura e della socievolez-za17 che per il sentimento patriottico e antiaustriaco sempre più crescente nel-la città lombarda18. Il fragile ménage familiare dei Maffei si aggravava dall’en-trata tra i frequentatori del salotto vivacizzato da Clara di Carlo Tenca19 che la-sciava un segno profondo nel cuore della giovane donna e accelerava il percor-so di un processo irreversibile di allontanamento tra lei e il marito ma segna-va insieme anche un’evoluzione del modo di ricevere della contessa20. Il salot-to, che trovava ora la sua figura maschile di riferimento nel giornalista lom-bardo, si delineava sempre più come una fucina di idee, uno spazio di discus-sioni, un luogo in cui nascevano giornali21 (come «Il Crepuscolo» di CarloTenca) e dove si discuteva per costruire «un’idea di nazione in grado di amal-gamare le differenti realtà della penisola»22. Negli anni che si avvicinano al ’48le vicende del salotto, configurato da un punto di vista politico come antiau-striaco, repubblicano e mazziniano, si intrecciavano strettamente a quelle ita-liane e mentre Verdi stava per dare alle scene I Lombardi alla prima Crociata ilrapporto di Andrea e Clara Maffei sfociava in una separazione di cui Verdi eratestimone insieme con Giulio Carcano davanti al notaio Tommaso Grossi23.

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24. Sulle vicende del salotto tra il ’48 e il ’60 v. d. maldini chiarito, Due salotti del Risor-gimento, in m.l. betri, e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Sei-cento e Ottocento, cit., pp. 298-301.

25. b. bertolo (a cura di), Donne del Risorgimento. Le eroine invisibili dell’unità d’Italia,Ananke, Roma 2011.

26. d.l. caglioti, Salotti e ruolo femminile in Italia in m.l. betri ed e. brambilla (a cu-ra di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, cit., p. 367.

27. c. sorba, Il 1848 e la melodrammatizzazione della politica, in «Storia d’Italia», Annali 22,Il Risorgimento, cit., pp. 481-508.

28. d. maldini chiarito, Due salotti del Risorgimento, in m.l. betri ed e. brambilla

(a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia tra Seicento e Ottocento, cit., p. 294.

29. In tal senso v. le osservazioni di m.t. mori, Maschile, femminile: identità di genere nei sa-lotti di conversazione, in m. l. betri e. brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Ita-lia tra Seicento e Ottocento, cit., p. 12.

30. Sull’apporto degli uomini e delle donne al Risorgimento fondato sullo schema onore/virtùv. a.m. banti, Le nazioni del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell’Italia uni-ta, Einaudi, Torino 2000 e id., Per un’antropologia storica del Risorgimento, Rileggere l’Ottocen-to. Risorgimento e Nazione, a cura di M.L. Betri, Carocci, Torino 2010, p. 27.

La separazione segnava la fine del salotto letterario e artistico di Clara Maf-fei e l’aprirsi di quello politico24 che raccoglieva il testimone dei salotti pro-mossi dalle dame milanesi antiaustriache degli anni Venti da Teresa CasatiConfalonieri a Matilde Dembowski Viscontini, che aveva ispirato l’opera Del-l’amore di Stendhal, alla «giardiniera» Bianca Milesi Mojon25. Il salotto di Cla-ra Maffei nella casa di via Bigli (v. Fig. 4) diveniva uno dei motori di propul-sione delle idee risorgimentali e, come gran parte dei salotti celebri del Risor-gimento, non si sottraeva alla centralità della figura femminile che accoglievae indirizzava la conversazione divenendo «funzionale a un progetto politico»26,mentre il melodramma verdiano influenzava i linguaggi, i gesti e i comporta-menti politici del tempo27. Il salon della Maffei si poneva come un luogo ca-talizzante idee, esperienze, conoscenze che facevano da sfondo al forgiarsi delpatriottismo milanese e lombardo e alla costruzione di un’identità nazionale ecivile28, svolgendo tramite la padrona di casa una sua funzione di sostegno cheè stata definita di «retrovia» alla causa patriottica29, secondo un riconoscimen-to sulla base della distinzione di genere che attribuiva alle donne compiti di as-sistenza, di aiuto, di conforto30. Nell’immaginare e nel progettare la nazionela connotazione di genere ha avuto una parte rilevante: agli uomini compete-vano ruoli che esprimevano la loro mascolinità come combattere, mostrare co-raggio, essere degli eroi, le donne attestavano la loro femminilità con l’esserebrave figlie, sorelle, spose, madri, confortando gli uomini, offrendo assisten-za e aiuti materiali. Il biennio 1848-1849 alterava questo schema di ruoli rap-presentando una delle occasione più significative per le donne di partecipare

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31. Le Assemblee del Risorgimento. Prefazione generale. Piemonte-Lombardia-Modena-Parma,Camera dei Deputati, Roma 1911, p. 207.

32. l. guidi, Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale, in l. guidi, a.

m.lamarra (a cura di), Travestimenti e metamorfosi. Percorsi dell’identità di genere tra epoche eculture, Filema, Napoli 2003, pp. 54-55.

33. Colomba Antonietti (1826-1849), in g. galeotti, l. scaraffia, 101 donne che hannofatto l’Italia. Dalle icone della storia alle protagoniste dei nostri tempi, Newton Compton, Roma2011, ad vocem.

34. a.m. banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Roma-Bari 2004, p. 95.

35. r. de longis, Tra sfera pubblica e difesa dell’onore. Donne nella Roma del 1849, in «Ro-ma moderna e contemporanea», 1-3, 2001, p. 272.

36. n.m. filippini, Donne sulla scena politica dalle Municipalità del 1797 al Risorgimento, inn.m. filippini et al. (a cura di), Donne sulla scena pubblica. Società e politica in Veneto traSette e Ottocento, FrancoAngeli, Milano 2006, p. 119.

37. g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., p. xxiv.

38. La lettera del 23 luglio 1886 è pubblicata in a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi:autobiografia dalle lettere, Milano, Rizzoli, 1981, p. 140.

all’azione rivoluzionaria scendendo in piazza, redigendo appelli, scrivendo ar-ticoli di giornale, solidarizzando tra patriote come nell’Indirizzo delle donnelombarde alle «sorelle degli Stati Sardi» nel luglio del 1848 per sostenere Car-lo Alberto31, combattendo sulle barricate a Milano come Luigia Battistotti eGiuseppina Lazzaroni o per la difesa di Roma travestita da soldato come Co-lomba Antonietti Porzi32 e caduta negli scontri a Porta San Pancrazio33. Pro-prio durante la Repubblica Romana, l’esperienza più democratica del bienniorivoluzionario, nella difficoltà del discorso nazionale, fondato su un sistema divalori e di simboli «immaginato da uomini», ad aprirsi a una paritaria parte-cipazione femminile Cristina Trivulzio di Belgiojoso era relegata insieme conaltre patriote come Enrichetta De Lorenzo, Giulia Bovio-Silvestri Paulucci,Giulia Calame Modena34 nell’organizzazione infermieristica del Comitato disoccorso ai feriti35. Analogamente a quanto si era verificato a Venezia con la«Pia Associazione pel supporto ai militari» sotto la direzione di Elisabetta Mi-chiel Giustiniani e di Teresa Mosconi Papadopulis36.

Dopo il 1849 Verdi ritiratosi nella villa di Sant’Agata manteneva con laMaffei un lungo rapporto epistolare che il musicologo Eduardo Rescigno hadefinito piuttosto formale37 sebbene dalle lettere scambiate tra Giuseppe Ver-di e Clara Maffei emergano confidenze, sprazzi di vita familiare, osservazionidi carattere politico che raccontano la storia di una lunga amicizia durata qua-rant’anni e spezzata soltanto nel 1886 dalla morte di quella che il musicista,colpito dalla sua scomparsa, definiva in una lettera a Giuseppina Negroni Pra-to Morosini «Amica a tutta prova»38. Clara Maffei avrebbe rappresentato perVerdi nei lunghissimi periodi che il musicista trascorse in giro per l’Europa o

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39. c. gastel chiarelli, Niente zucchero nel calamajo. Lettere di Giuseppe Verdi a Clara Maf-fei, Archinto, Milano 2005, p. 15.

40. g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., lettera [102] A Clara Maffei, Clusone (Pa-rigi, lunedì 6 settembre 1847), p. 178.

41. Ibidem.

42. Ivi, lettera [363] A Clara Maffei, Milano (S.Agata, sabato 30 aprile 1870), p. 577.

43. Ivi, lettera [358] A Paul Dranhet Bey, direttore dei teatri Kedivali, Il Cairo (Genova, 9 ago-sto 1869), p. 569.

44. g. cervani, Gli ambienti economici triestini, Pasquale Revoltella e il progetto dellla realiz-zazione del canale di Suez, in Luigi Negrelli ingegnere e il canale di Suez. Atti del Convegno in-ternazionale Luigi Negrelli ingegnere e il canale di Suez, Primiero, 15-18 settembre 1988, a cu-ra di A. Leonardi, Temi, Trento 1990 pp. 187-250 e n. casini nicosanti, La leggenda delbarone Revoltella, gcn Fiori d’acanto, Trieste 2008.

45. z.o. algardi, Luigi Negrelli, l’Europa, il canale di Suez, Le Monnier, Firenze 1988.

46. c. sorba, Audience teatrale, costruzione della sfera pubblica ed emozionalità in Francia e inItalia tra xviii e xix secolo, in m.l. betri (a cura di), Rileggere l’Ottocento. Risorgimento e Na-zione, cit., 2010, pp. 197-198.

a Sant’Agata, un legame intenso con gli amici milanesi e con il Teatro alla Sca-la39.

A Clara Verdi confidava le impressioni dei suoi viaggi come nel settembredel 1847 quando era Parigi per la messa in scena della Jèrusalem. «[…] Se El-la non lo dice a nessuno le dirò che Parigi non mi piace ed ho un antipatiamortale con i Boulevards […]»40. Tuttavia Verdi non poteva fare a meno diamare la capitale francese per la sua storia e per il suo fascino e dove, dopo l’on-da dei successi milanesi, poteva passeggiare indisturbato perché soltanto «a talfrastuono mi pare d’essere in un deserto»41. Un atteggiamento completamen-te diverso da quello che avrebbe assunto nella primavera del 187042 quando sisarebbe recato nella capitale francese per incontrare il direttore del Teatro Im-periale de Il Cairo, Paul Dranhet Bey43 che gli avrebbe proposto di scrivereun’opera per i festeggiamenti del primo anniversario dell’apertura del canale diSuez, finanziato largamente dal triestino Pasquale Revoltella44 e realizzato dal-l’ingegnere trentino Luigi Negrelli45. Incontro che avrebbe preluso, come sap-piamo, alla composizione dell’Aida.

Sebbene i musicologi discutano sul coinvolgimento o meno di Verdi nel-la lotta risorgimentale e gli storici abbiano avviato la decostruzione dell’iconapatriottica composta attorno alla figura del compositore nelle forme della mi-tologia postunitaria, come ha rilevato Carlotta Sorba46, diversi appaiono i ri-chiami politici nelle lettere di Verdi alla Maffei. Verdi, pur lontano, parteci-pava alle sorti dell’Italia come quando scriveva a Giuseppina Appiani qualchegiorno più tardi l’armistizio firmato dal generale Salasco il 9 agosto del ’48

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47. a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., A donna Giu-seppina Appiani Parigi, 24 agosto 1848, p. 269-270.

48. Ivi, Alla contessa Maffei Parigi, 3 ottobre 1848, p. 271.

49. a.m. isastia, Il volontariato militare nel Risorgimento. La partecipazione alla guerra del1859, sme Ufficio Storico, Roma 1990.

50. m. mila, Verdi, cit., pp. 97-98. In ordine a questa lettera non pubblicata per intero daalcuni biografi si vedano le osservazioni di m. mila, Verdi, cit., p. 733, nota 20.

51. a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., Alla contessaMaffei, Busseto, 14 luglio 1859, pp. 273-274.

52. «Cara Clarina, son dieci o dodici giorni che voleva scrivervi, ma dopoché quelli Illustris-simi (N.d.R. gli Austriaci) hanno fatto saltare i forti di Piacenza sono successe e succedono, an-che in questo guscio, tante cose, tanti allarmi, tante notizie e vere e false, che non si ha maiun’ora di calma. – Finalmente se ne sono andati! O almeno si sono allontanati, e voglia la no-stra buona stella allontanarli di più in più, finché cacciati oltr’Alpi vadino a godersi il loro cli-ma, il loro cielo che auguro bello limpido splendente anche più del nostro. – Quanti prodigi inpochi giorni! Non par vero. E chi avrebbe creduto tanta generosità nei nostri alleati? Per me con-fesso, e dico: mea grandissima culpa, che io non credeva alla venuta dei Francesi in Italia, e chein ogni caso non avrebbero sparso, senza idea di conquista, il loro sangue per noi. Sul primopunto mi sono ingannato; spero e desidero ingannarmi sul secondo, chè Napoleone non smen-tirà il proclama di Milano. Allora lo adorerò come ho adorato Vasington e più ancora, e, bene-dicendo la grande nazione, sopporterò volentieri tutta la loro blague, l’insolente politesse e losprezzo che hanno per tutto ciò che non è francese […]». La lettera di Giuseppe Verdi alla con-

considerato una sorta di tradimento dai milanesi47 e nell’ottobre dello stessoanno a Clara Maffei deluso dagli esiti della guerra di Lombardia48. Dopo ilbiennio 1848-1849 Verdi, come la maggior parte degli italiani, guardava alPiemonte come al fulcro delle speranze della nazione, riconoscendo in Cavouruna guida sicura per la realizzazione del progetto unitario. Più tardi nel 1859confessava alla Maffei con evidente imbarazzo la sua mancata partecipazionealla campagna militare nella guerra contro l’Austria che vedeva l’arruolamen-to di un numero elevato di volontari49, tra cui, come richiamava Verdi in unalettera, Giuseppe Montanelli che non aveva esitato ad arruolarsi di nuovo co-me nel ’48, adducendo, potremmo dire, motivi di salute50. Pur non impe-gnandosi attivamente Verdi, però, non si sottraeva ai doveri patriottici apren-do una sottoscrizione per i feriti della guerra contro l’Austria e accettando lanomina di rappresentante nell’Assemblea delle Province parmensi, nella cuiveste avrebbe partecipato come membro della delegazione che avrebbe conse-gnato a Vittorio Emanuele il voto plebiscitario dell’Emilia. Se come tanti erasconcertato per la decisione dei francesi di interrompere inaspettatamente laguerra quando la conquista del Veneto sembrava a portata di mano e provavaamarezza per le sorti della nazione dopo l’armistizio di Villafranca51 che avevacostretto Cavour alle dimissioni, qualche tempo prima in una missiva scrittaalla Maffei aveva confidato le speranze suscitate in lui da Napoleone iii52.

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tessa Clara Maffei, scritta il giorno prima della battaglia di Solferino e San Martino, è in a.

oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., Alla contessa Maffei,Busseto, 23 giugno 1859, pp. 272-273.

53. Come scriveva alla Maffei alla fine di settembre del 1870: «Questo disastro della Francia, co-me a voi pure a me, mette la desolazione nel cuore! … […]. L’antico Attila […] si arrestò davantialla maestà della capitale del mondo antico; ma questi stà per bombardare la capitale del mondomoderno: ed ora che Bismarck vuole fare sapere che Parigi sarà risparmiata, io temo piucchemaiche sarà, almeno in parte, ruinata. […]», in g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit., lette-ra [373] A Clara Maffei, Milano (Sant’Agata, venerdì 30 settembre 1870), pp. 591-592.

54. Sulla franco-prussiana e sul mancato invio di un contingente italiano tornava in una lette-ra alla Maffei di qualche mese più tardi: «[…] Ah se avessimo mandato in Francia 150 o 200 mi-la soldati forse tutto era salvo! In ogni modo, anche vinti, avremmo eccitata l’ammirazione ditutti; così a guerra finita, ci resterà l’odio dei Francesi, e maggior disprezzo, se pure è possibiledivenga maggiore, dei moderni Goti. […]», in g. verdi, Lettere, a cura di E. Rescigno, cit.,lettera [377] A Clara Maffei, Milano (Genova, mercoledì 28 dicembre 1870), p. 597.

55. a. oberdorfer (a cura di), Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lettere, cit., Alla contessaMaffei, Sant’Agata, 30 settembre 1870, pp. 287-288.

56. Come nel caso del noto incontro organizzato da Clara Maffei alla fine di giugno del1868, dopo una lontananza del compositore da Milano durata venti anni, tra Giuseppe Ver-di e Alessandro Manzoni (m. serri, La piccola grande tessitrice. Clara Maffei, in e. doni,

c. galimberti, m. grosso, l. levi, d. maraini, m.s. palieri, l. rotondo, f. san-

cin, m. serri, f. tagliaventi, s. tagliaventi, c. valentini, Le donne del Risorgi-mento, cit., p. 119).

57. m.r.santoro, La giovinezza di un’aristocratica Lombarda: Vittoria Cima (1834-1869), in«Il Risorgimento», 2002, 2, pp. 177-229.

Le sorti della «sorella latina» non avrebbero lasciato qualche decenniopiù tardi Verdi indifferente durante la guerra franco-prussiana e l’assedio diParigi53, di cui lamentava con Clara il mancato invio di un contingente ita-liano54.

Un unico accenno nella corrispondenza tra Verdi e la Maffei all’evento chechiudeva il Risorgimento e portava a compimento la lunga opera di creazionedello Stato nazionale, la presa di Roma e la conseguente decadenza del poteretemporale del pontefice, che il compositore commentava con un certo distac-cato «[…] L’affare di Roma mi lascia freddo, […] non posso conciliare Parla-mento e Collegio dei Cardinali, libertà di stampa e Inquisizione, Codice civi-le e Sillabo, e perché mi spaventa vedere che il nostro Governo và all’azzardo,e spera nel tempo… […]»55.

Dopo l’unità l’intensa attività di padrona di casa e di raccordo di uomi-ni e di idee che la Maffei aveva operato56 si era venuta affievolendo e il suosalotto, pur continuando a essere un punto di riferimento per i liberali mi-lanesi, a poco a poco si avviava verso la sua parabola discendente, sostituitonella sua capacità attrattiva, da quello di Vittoria Cima mentre nella città simoltiplicavano i luoghi di incontro e di riunione57. Verdi era lontano, divi-

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so tra i viaggi e i suoi soggiorni casalinghi a Sant’Agata, a Milano tornava dirado e la loro amicizia veniva distinta dalla scrittura e dal legame del com-positore con la città lombarda, luogo nevralgico della sua esistenza e dellasua musica.

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stampato in italia

nel mese di dicembre 2014da Rubbettino print per conto di Rubbettino Editore srl88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)www.rubbettinoprint.it

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ERRATA CORRIGE

Fondazione Giacomo Matteotti Onlus

AA.VV., Verdi e il Risorgimento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014

4. di copertina Krisztina Boldizsàr è studiosa di Storia e cultura ungherese e Lettore di madre lingua ungherese presso l’Università Orientale di Napoli.

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