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Direttore Responsabile
Angelo Sindoni
Pubblicazione realizzata con il contributo della Regione SicilianaAssessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Enrico Pispisa. Dalla storia alla memoria
a cura di
Pietro Dalena e Biagio Saitta
Adda, Bari 2014
Il 2014 è l’anno in cui Enrico Pispisa avrebbe compiuto settant’anni e
per tale ricorrenza è stato pubblicato un volume miscellaneo in ricordo del
medievista messinese, curato da Pietro Dalena e Biagio Saitta.
Ed è proprio Saitta, nella premessa, ad esporre un suo personalissimo
ricordo di Pispisa sottolineando l’importanza che egli riservava al ruolo del-
l’istruzione nella vita delle nuove generazioni e mettendo in luce i sentimen-
ti di emarginazione di cui il medievista peloritano si sentiva vittima nell’am-
biente lavorativo, emarginazione che lungi dall’essere per Pispisa una sven-
tura, risultava invece un mezzo per non lasciarsi contaminare dal potere.
Francesco Paolo Tocco traccia il ricordo del maestro come uomo e come
storico, attribuendo alla produzione scientifica di Pispisa una chiave di lettura
di taglio convintamente storicista; ricordando poi l’uomo, Tocco lo descrive
come persona paziente ed amante della pace. Delinea poi la storia accademi-
ca dello studioso, dall’inserimento nell’équipè di Gianvito Resta, di cui face-
vano anche parte Giacomo Ferraù, Tania Basile, Guglielmo Bottari e Franco
Natale che divenne per Pispisa la guida verso la maturazione scientifica.
Viene ricordata, anche, la frequentazione intensa e continuata di Pispisa
con Francesco Giunta, Carmelo Trasselli e Salvatore Tramontana. Tocco
analizza le opere del maestro, dalla pubblicazione di Messina nel Trecento
che consacrò Pispisa quale storico di alto livello, ai contributi inerenti il pro-
blema storiografico del Vespro, agli studi su Gioacchino da Fiore e Nicolò di
Jamsilla, fino alle ricerche sul regno di Manfredi di Svevia. Viene sottolinea-
to, inoltre, come gli ultimi anni di vita del maestro fossero legati ad un gran-
de interesse verso la figura “regnicola” di Federico II di Svevia, testimonia-
ta da vari contributi sullo Staufer che confluirono in Medioevo Fridericiano
e nelle varie voci elaborate per l’Enciclopedia fridericiana, interesse storio-
grafico che certamente avrebbe prodotto una monografia su Federico re di
Sicilia che costituisce il lascito problematico di Enrico Pispisa e che ci si
augura qualcuno possa presto cogliere.
I contributi presenti nel volume sono tra i più vari, Paolo Carnevale analiz-
za il fenomeno della Mobilità etnica nella Calabria medievale (sec. VI-XII)
asserendo, sulla base della documentazione disponibile, con riferimento in
particolare a fonti agiografiche inerenti i bioi di monaci greci, la marcata distri-
buzione diseguale della popolazione calabrese nel corso dell’altomedioevo.
Sulla ricostruzione dell’itinerario percorso dalla salma di Federico II per
rientrare da Castel Fiorentino a Palermo, si sofferma l’attenzione del primo
saggio di Pietro Dalena (L’ultimo viaggio di Federico), che con acume cerca
di dimostrare più verosimile il percorso terrestre rispetto a quello marittimo,
per lo più accettato fino adesso. Il contributo è corredato da un’interessante
appendice sulla comparazione tra il volto dello Stupor Mundi presente in un
affresco del XIII secolo, con l’incisione che raffigura i resti mummificati
dell’imperatore come furono visti durante la ricognizione del 1781.
Il secondo saggio di Dalena (Via Francigena e/o Vie Francigene?) tende
a dimostrare la pluralità, nel Medioevo, di vie denominate come Francigena,
in particolare analizzando gli itinerari dei pellegrini che le percorrevano per
giungere all’imbarco per la Terrasanta.
Il corposo contributo di Alessandro di Muro (Mondi lontanissimi. Cina,
Califfato, Mezzogiorno e le radici dell’economia europea) analizza invece
la crescita economica della zona eurasiatica nel IX secolo, dalle zone
musulmane fino alla Cina, per cercare di dimostrare come il Mezzogiorno
longobardo, pur trovandosi alla periferia dell’Eurasia, che annoverava cen-
tri molto più sviluppati della stessa Bisanzio, fosse oggetto di circolazione
di merci provenienti da quei luoghi lontani. Viene, inoltre, posta l’attenzio-
ne sulla crescita d’importanza di vari centri quali Napoli, Amalfi e Salerno,
asserendo che questi mondi lontanissimi ma interconnessi, contribuirono ad
alimentare la ripresa dell’Occidente medievale.
Di alcuni punti della storia della diocesi di Matera è oggetto il contribu-
to di Cosimo Damiano Fonseca (Orgoglio municipale e coscienza ecclesio-
logica. A proposito del ciclo pittorico del Salone degli Stemmi del Palazzo
arcivescovile di Matera) che tratteggia le sue riflessioni analizzando il ciclo
di affreschi del Salone degli Stemmi del Palazzo arcivescovile materano.
Marco Leonardi si occupa, invece, delle tesi del medievista Antonino Di
Stefano in rapporto all’età del Vespro (La lettura del Vespro siciliano nelle
opere di Antonino De Stefano: tra ricostruzione storica e Weltanschauung),
collocando lo studioso tra i fautori della linea interpretativa siciliana, per
intenderci quella che vedeva nel moto rivoltoso spontaneo la genesi del
Vespro, pur riscontrando che il medievista vitese riconosceva la compresen-
za di un complotto internazionale. Dal contributo emerge la particolare
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attenzione che Di Stefano riservava allo studio dei vaticini che vedevano,
soprattutto, in Federico III d’Aragona il restauratore di un periodo di pace,
dimostrando una vicinanza del medievista con la storiografia tedesca del
tempo per la quale Di Stefano mostrò una particolare predilezione.
Dall’analisi della copia di un diploma di Federico II, con il quale l’impe-
ratore richiedeva ai benedettini dell’abbazia di S. Eufemia il possesso del
castrum di Nicastro e metà della città in cambio della terra di Nocera col suo
porto e del casale di Aprigliano, parte invece l’analisi che Antonino
Macchione effettua sui feudi dell’abbazia di S. Eufemia (I feudi dell’Abbazia
di Sant’Eufemia in un diploma federiciano del 1240), ponendo l’attenzione
sulle prime donazioni d’età normanna, su alcuni punti della storia dell’antica
diocesi di Tempsa fino allo smembramento della stessa a favore della nascita
delle nuove diocesi di Nicastro ed Amantea. Macchione riesce inoltre a cor-
reggere degli errori di datazione del documento, svolgendo un’ottima analisi
diplomatica dello stesso, che viene inoltre utilmente trascritto in appendice.
Su Bagnara medievale si incentra invece il contributo di Erminia Nucera
(Balnearia e la sua centralità nelle relazioni calabro-sicule), la studiosa
ricostruisce le vicende del centro calabrese dall’avvento dei Normanni
ponendo l’attenzione sulle donazioni attribuite alle chiese del luogo, che si
spingevano anche sul controllo di alcune chiese nella città di Messina, con
la quale Bagnara aveva stretti legami economici. Viene analizzato inoltre il
particolare ruolo che il luogo ottenne a seguito della guerra del Vespro, fu
infatti centro nevralgico di operazioni militari. L’analisi non tralascia inol-
tre il ruolo di alcune prestigiose famiglie, dagli Spatafora ai Ruffo di
Sinopoli, fino alla formazione del ramo dei Ruffo di Bagnara.
Emanuele Piazza pone invece l’attenzione sul ruolo che la Sicilia ebbe
nelle opere di Paolo Diacono («In prossimità della Sicilia»: l’isola
nell’Historia Langobardorum e nell’Historia Romana di Paolo Diacono),
riflettendo sul ruolo e sull’immagine dell’isola nella mentalità longobarda.
Dell’interessante fenomeno della vendita dei figli nell’Italia ostrogota, si
occupa invece il contributo di Biagio Saitta (La vendita dei figli nell’italia
ostrogota), passando in rassegna soprattutto norme giuridiche che regolava-
no tale consuetudine, con riferimento sia agli ultimi secoli dell’Impero
Romano che alle leggi del mondo barbarico.
Il contributo di Francesco Paolo Tocco si occupa di regno angioino e
dualismo italiano (La monarchia angioina e il dualismo italiano) nel perio-
do che va dal 1266 al 1350, lo studioso partendo dall’analisi degli elementi
di continuità e discontinuità tra il periodo della dominazione sveva e quella
angioina, passa ad analizzare il problema storiografico relativo al dualismo
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italiano, anche se ampiamente superata la posizione crociana che vede nel
Vespro la nascita dello squilibrio tra Settentrione e Mezzogiorno d’Italia, è
innegabile comunque che tale conflitto abbia segnato un punto di svolta nei
rapporti tra le due regioni. Nel contributo viene poi esaminato il dibattito
relativo al concetto di “Due Italie”, espressione che vede la sua genesi in
Giustino Fortunato, ma ripresa e resa celebre dall’opera di David Abulafia
che ha fatto rivivere suggestioni relative all’origine della “Questione
Meridionale”. Viene infine rilevato come il periodo di Regno di Roberto
d’Angiò abbia segnato il termine di una proiezione del regno angioino verso
l’intera penisola italiana che, grazie ad una certa propaganda, tendeva a pre-
sentare il “Re Saggio” come il salvatore dell’intera penisola.
Sulla viticoltura nel territorio di Aci, si basa il contributo di Carmelina
Urso (La viticoltura nella terra di Jaci d’età aragonese), in tale territorio,
infatti, la coltivazione della vite divenne prevalente dalla seconda metà del
XIV secolo ad opera, soprattutto, della famiglia Alagona, che riuscì a con-
trollare una grosso vigneto che con l’avvento dei Martini pervenne al nuovo
castellano di Aci. L’analisi della studiosa si concentra poi su vari possedi-
menti del territorio esaminato coltivati a vigneto, sulle leggi, le tipologie di
contratti e la tassazione inerenti la coltivazione della vigna e la commercia-
lizzazione del vino, inoltre la Urso dimostra come quest’ultima attività
fosse, dalla fine del XIV secolo, in mano soprattutto ad operatori ebrei.
Infine, su Rometta medievale, si concentra l’interessante contributo di
Elisa Vermiglio (Tra città e contado: Rametta e il suo territorio. Primi risul-
tati di ricerca), che pubblica i primi risultati di una ricerca sul centro pelo-
ritano effettuata su quello che resta dei registri dei notai romettesi del XV
secolo. La puntuale analisi della medievista messinese dimostra come
Rometta, detenesse un ruolo di primaria importanza sui dei centri limitrofi
che ne costituivano il comprensorio e lo stretto legame che il centro pelori-
tano aveva con la città di Messina, delineando poi un quadro delle famiglie
che esercitavano particolare influenza sul territorio e sulle attività economi-
che primarie del piccolo centro.
Il Libro si chiude, infine, con la bibliografia degli scritti di Enrico Pispi-
sa, curata da Francesco Paolo Tocco, che rende l’idea dell’ampia produzio-
ne storiografica del medievista peloritano, di cui questo pregevole volume
cerca di far rivivere il ricordo: un percorso dalla storia alla memoria di un
galantuomo di altri tempi e di uno storico di alto livello che Messina non
può, non vuole e non deve dimenticare.
Giuseppe Campagna
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