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Nel 1448 uno scambio di lettere tra la comunità ebraica di Recanati e quella di Ancona 1 menzionava Giovanni da Capestrano come capo ispi- ratore di un recente provedimento papale: si trattava della lettera Super gregem dominicum emanata da Niccolò V il 23 giugno 1447 2 . A motivo di ciò le due comunità ebraiche dello Stato della Chiesa auspicavano uno sforzo congiunto per neutralizzare gli effetti di questo provvedimento. Ancora, il frate osservante era apostrofato come un «nuovo Aman» 3 , il più potente dei dignitari del re persiano Assuero, che iniziò a perseguitare * Sigle e abbreviazioni usate AFH = Archivum Franciscanum Historicum; BFNS = Bullarium Franciscanum Nova Series; ed. or. = edizione originale; f. = foglio, fogli; n. = numero, numeri; p. = pagina, pagine; trad. = traduzione. 001 Lo scambio epistolare è pubblicato da D. KAUFMANN, Correspondence échangée entre les communautés juves de Recanati et d’Ancone en 1448, pendant les persécutions dirigées par Jean de Capistrano, in Revue d’Études Juives 23 (1891) 249-55: 254-55. Slomo Simonsohn ritiene che questo scambio epistolare sia da collocare nel 1451: cfr. S. SIMONSOHN, The Apostolic See and the Jews 7, History (Studies and Texts), Toronto 1991, 77 nota 101. 002 La lettera è pubblicata in L. WADDING, Annales Minorum 11, Ad Claras Aquas 3 1932, 322-323; BFNS 1, ed. U. HÜNTEMANN, Ad Claras Aquas 1929, 540-542; S. SI- MONSOHN, The Apostolic See and the Jews 2, Documents: 1394-1464, Toronto 1989, n. 765, p. 915-917. Per un repertorio dell’epistolario di Giovanni da Capestrano, cfr. G. GAL – J. M. MISKULY, A provisional Calendar of St. John Capistran’s Correspondence, in Franciscan Studies 49 (1989) 255-345; 50 (1990) 321-403; 52 (1992) 283-327: la nostra lettera reca il n. 233. Sullo stato di edizione dell’epistolario, cfr. O. BONMANN, L’epistolario di s. Giovanni da Capestrano nel corso dei secoli, in Studi Francescani 53 (1956) 275-298; LE. PELLEGRINI, More on John Capistran’s Correspondance: A Report on an Open Forum, in Franciscan Studies 68 (2010) 187-197. 003 Su Aman, cfr. Ester 3, 1-6. GIOVANNI DA CAPESTRANO ESECUTORE GENERALE CONTRO GLI EBREI: LA LETTERA SUPER GREGEM DOMINICUM DI NICCOLÒ V (1447) FILIPPO SEDDA
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Giovanni da Capestrano e gli ebrei, in I Francescani e gli ebrei. Giornata di Studio (Firenze 25 ottobre 2012), in Studi Francescani, 110 (2013) 297-326

Jan 12, 2023

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Filippo Sedda
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Page 1: Giovanni da Capestrano e gli ebrei, in I Francescani e gli ebrei. Giornata di Studio (Firenze 25 ottobre 2012), in Studi Francescani, 110 (2013) 297-326

Nel 1448 uno scambio di lettere tra la comunità ebraica di Recanati e quella di Ancona 1 menzionava Giovanni da Capestrano come capo ispi-ratore di un recente provedimento papale: si trattava della lettera Super gregem dominicum emanata da Niccolò V il 23 giugno 1447 2. A motivo di ciò le due comunità ebraiche dello Stato della Chiesa auspicavano uno sforzo congiunto per neutralizzare gli effetti di questo provvedimento. Ancora, il frate osservante era apostrofato come un «nuovo Aman» 3, il più potente dei dignitari del re persiano Assuero, che iniziò a perseguitare

* Sigle e abbreviazioni usateAFH = Archivum Franciscanum Historicum; BFNS = Bullarium Franciscanum

Nova Series; ed. or. = edizione originale; f. = foglio, fogli; n. = numero, numeri; p. = pagina,

pagine; trad. = traduzione.001 Lo scambio epistolare è pubblicato da D. Kaufmann, Correspondence échangée

entre les communautés juves de Recanati et d’Ancone en 1448, pendant les persécutions dirigées par Jean de Capistrano, in Revue d’Études Juives 23 (1891) 249-55: 254-55. Slomo Simonsohn ritiene che questo scambio epistolare sia da collocare nel 1451: cfr. S. SimonSohn, The Apostolic See and the Jews 7, History (Studies and Texts), Toronto 1991, 77 nota 101.

002 La lettera è pubblicata in L. Wadding, Annales Minorum 11, Ad Claras Aquas 31932, 322-323; BFNS 1, ed. U. hüntemann, Ad Claras Aquas 1929, 540-542; S. Si-monSohn, The Apostolic See and the Jews 2, Documents: 1394-1464, Toronto 1989, n. 765, p. 915-917. Per un repertorio dell’epistolario di Giovanni da Capestrano, cfr. G. gal – J. M. miSKuly, A provisional Calendar of St. John Capistran’s Correspondence, in Franciscan Studies 49 (1989) 255-345; 50 (1990) 321-403; 52 (1992) 283-327: la nostra lettera reca il n. 233. Sullo stato di edizione dell’epistolario, cfr. O. Bonmann, L’epistolario di s. Giovanni da Capestrano nel corso dei secoli, in Studi Francescani 53 (1956) 275-298; le. Pellegrini, More on John Capistran’s Correspondance: A Report on an Open Forum, in Franciscan Studies 68 (2010) 187-197.

003 Su Aman, cfr. Ester 3, 1-6.

GIOVANNI DA CAPESTRANO ESECUTORE GENERALE CONTRO GLI EBREI: LA LETTERA SUPER GREGEM

DOMINICUM DI NICCOLÒ V (1447)

filiPPo Sedda

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tutto il popolo israelita a causa dell’ebreo Mardocheo, il quale rifiutò di venerarlo prostrandosi al suo cospetto: Aman era il nemico per antono-masia del popolo eletto. Lo stesso Giovanni confermò in una predica tenuta a Vienna nel 1451: «Gli Ebrei in Italia dissero che io fossi Aman loro nemico» 4.

Un’eco di tale immagine di Giovanni viene confermata anche da un riferimento di circa 80 anni dopo, rinvenuto da Vittore Colorni sul fron-tespizio di un’edizione cinquecentina del testo di Elia Mizrachi, Sefer ha-Mispar, stampato a Costantinopoli nel 1532-34 da Ghershom Soncino. Il suo editore, ricordando il suo avo Shemul da Spira, informava che «costui combatté con il malvagio Giovanni da Capestrano» 5. Dunque, le fonti ebraiche sono concordi nel presentare Giovanni da Capestrano come un avversario temibile per le loro qehillahim (universitates).

Quest’opinione riguardo al frate osservante si riscontra anche nella storiografia più recente 6, per cui è mia intenzione verificare anzitutto quale fu la portata storica della lettera apostolica Super gregem dominicum, che riconobbe Giovanni da Capestrano esecutore generale per il rispetto delle norme antiebraiche, e quindi quale fu la sua effettiva attuazione 7.

004 maria Saal, Archiv des Collegiatstiftes, 6, f. 206v: «Iudei in Italia dixerunt me esse Amon (sic!) inimicum ipsorum»; cfr. l. ŁuSzczKi, De sermonibus sancti Ioannis a Capistrano. Studium historico-criticum (Studia Antoniana 16), Romae 1961, n. 348, p. 83.

005 Cfr. V. colorni, Shemul (Simone) da Spira contro fra Giovanni da Capestra-no. Un curioso episodio del Quattrocento, in Idem, Judaica minora. Saggi sulla storia dell’ebraismo italiano dall’antichità all’età moderna, Milano 1983, 389-407.

006 Si veda, ad esempio, la voce Capistrano, John of, in Antisemitism: a historical encyclopedia of prejudice and persecution, by R. S. levy, 2005 (e-book), 96-97: «John of Capistrano represented a traditional anti-Judaism based on theological ground. But he was also a forerunner of modern antisemitism insofar as he sought the social isolation of Jews and held them up to popular contempt. His employment of economic accusations as a tool of mass mobilization, particularly his sermonizing against Jewish usury, also anticipated the techniques of modern antisemites». Ma si veda anche la voce di M. E. Artom, Capistrano, John (Giovanni) OF, in Encyclopaedia Judaica. Second Edition, ed. Fred Skolnik, IV, Thomson Gale 2007, 445.

007 Sulla funzione ‘inquisitoriale’ di Giovanni da Capestrano riguardo alla norme antiebraiche, cfr. ora F. Sedda, Giovanni da Capestrano inquisitore contro gli ebrei? Le vicende romane, in Giornale di Storia. Rivista elettronica registrata, n. 11 (2013) (http://www.giornaledistoria.net/index.php?Articoli=557D0301220A740321070200777327).

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1. Giovanni esecutore generale contro gli Ebrei

Niccolò V (1447-1455) il 23 giugno 1447 promulgava la bolla Super gregem dominicum per il territorio italiano, che già nel 1442 Eugenio IV aveva emanato per il Regno di Castiglia e Leon 8. Nell’esordio della lettera si giustifica anzitutto il fatto che il papa possa intervenire a motivo del suo ufficio di custode del ‘gregge del Signore’«sia con la pubblicazione di nuovi diritti, sia con l’innovazione di quelli antichi» (nunc novorum editione iu-rium, nunc antiquorum innovatione). Infatti, il pontefice era stato informato (ad nostram audientiam deducto) che i privilegi (indultis et concessionibus) concessi agli Ebrei dai suoi predecessori e da altri, a causa del loro uso erro-neo e perverso, recavano danno e scandalo alla comunità dei christifideles. Perciò si cassavano tutti i privilegi, indulti e concessioni dati agli Ebrei e ai Saraceni «in quibuscumque dominiis», ottenuti in qualsiasi modalità e da qualunque autorità. Il papa faceva quindi seguire tutte le disposizioni canoniche riguardanti gli Ebrei e i Saraceni, dettagliandole pedissequamente nel tenor della lettera, in una sintesi che si potrebbe definire una summa iuris iudaici. Per comodità espositiva le riporto in traduzione italiana senza soffermarmi nel dettaglio su ciascuna di esse:

I cristiani non possono mangiare o bere con gli Ebrei o i Saraceni, 1. ammettere costoro nei loro banchetti, abitare e fare il bagno insieme a loro; durante la malattia o la debolezza fisica o in qualsiasi altro tempo 2. non devono ricevere medicine o pozioni o qualsiasi altro genere di rimedio, o farsi curare ferite e cicatrici dagli Ebrei;i cristiani non devono permettere che Ebrei o Saraceni li comandino 3. nelle cariche secolari o che occupino uffici pubblici; Ebrei e Saraceni non possono essere 4. arrendatores 9, collectores 10,

008 Cfr. SimonSohn, The Apostolic See and the Jews 2, n. 740, p. 866-870. L’editore fa osservare nella nota al documento n. 741, p. 871: «The Bull is called Super gregem dominicum and not [D]udum ad nostram aiudientiam, as printed in Raynaldus, Annales Ecclesiastici, a. 1442, § 15, and quoted by Rodocanachi et al.».

009 Arrendator è colui che riceve un’arrenda, ovvero un censo annuo: cfr. Glos-sarium mediae et infimae latinitatis 1, a cura di ch. du cange et alii, Niort 1883-1887, 403 (http://ducange.enc.sorbonne.fr/arrendator).

010 Cfr. Glossarium mediae et infimae latinitatis 2, 406: «Exactores, qui a summo Pontifice ad vendicandas ex bonis Ecclesiae partas ac male congestas opes per provincias mittebantur» (http://ducange.enc.sorbonne.fr/collectoreS).

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conductores 11, locatores (affittuari) dei beni dei cristiani, o svolgere i mestieri di computatores, procuratores, economi, negociorum gestores, negociatores, mediatores, proxenete (intermediari), concordatores sponsalium vel matrimoniorum tractatores, obstetrices;gli Ebrei e i Saraceni non possono esercitare nessuna occupazione 5. nelle case e nei possedimenti dei cristiani o avere con essi una società, un ufficio e l’amministrazione in comune di arti o mestieri; nessun cristiano può lasciare qualcosa per mezzo di testamento o di 6. ultima volontà agli Ebrei, alle loro comunità o ai Saraceni;gli Ebrei non possono erigere o far costruire nuove sinagoghe, ma 7. solamente riparare quelle antiche, senza però renderle più ampie e più preziose; durante la Settimana Santa e il giorno della Passione è proibito agli 8. Ebrei di andare nei luoghi pubblici o in pubblico, e di tenere aperte le porte e le finestre delle proprie case; è imposto il censo agli Ebrei e ai Saraceni, che devono pagare qualsiasi 9. decima su qualunque bene;i cristiani possono testimoniare in qualsiasi caso contro di loro, invece 10. la testimonianza degli Ebrei e dei Saraceni non vale in nessun caso;gli Ebrei per qualsiasi causa devono essere giudicati solamente da 11. giudici cristiani e comuni, e non da giudici cristiani deputati in modo speciale per loro o dai loro anziani; gli Ebrei e i Saraceni non possono avere in casa nutrici, domestici o 12. servitori cristiani di entrambi i sessi; i cristiani di sabato e nei giorni delle feste giudaiche non possono 13. accendere il fuoco per gli Ebrei, e questi in alcun modo possono esi-gere il cibo e il pane o qualsiasi altra opera servile per il decoro del culto delle loro festività;i giudici cristiani secolari, qualora gli Ebrei o i Saraceni bestemmi-14. no Dio o la beata Vergine Maria, sua genitrice, o qualsiasi santo, o in qualunque altro modo si rendano colpevoli, devono punirli con una pena pecuniaria o altra più grave secondo quanto loro sembrerà giusto; tutti gli Ebrei e i Saraceni, di qualsiasi sesso età e condizione, devo-15.

011 Cfr. Glossarium mediae et infimae latinitatis 2, 491: «Redemptor, qui certa pecunia a summa reditus Ecclesiae Romanae conducebat vel emebat, ut ex iis quaestum faceret» (http://ducange.enc.sorbonne.fr/conductor4).

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no portare ovunque un abito distinto e un segno notorio per il quale possano essere riconosciuti dai cristiani;non devono abitare con i cristiani, ma vivere tra di loro segregati e 16. separati; non devono esigere, né ricevere, né estorcere dai cristiani alcuna usura 17. e a coloro che l’hanno estorta devono restituirla senza difficoltà 12.La normativa riguardante gli infideles, in verità, non prevedeva nulla

di nuovo, ma solo l’applicazione di quanto già stabilito nel diritto canonico e in quello comune. La vera novità della lettera, anche rispetto a quella emanata nel 1442 da Eugenio IV per il regno di Castiglia e Leon, consiste

012 Il tenor della lettera papale non ha ovviamente la suddivisione, che ho introdotto solo per una maggiore praticità espositiva: «Necnon sancimus, statuimus et ordinamus quod deinceps perpetuis futuris temporibus Christiani cum Iudeis et Saracenis comedere aut bibere, seu ipsos ad convivia admittere, vel eis cohabitare, aut cum ipsis balneare, vel ab eis infirmitatis aut debilitatis seu alio quocumque tempore medicinam vel potiones, seu vulnerum aut cicatricum curationes, sive aliquod medele genus accipere non debeant; ac Christiani non permittant Iudeos et Saracenos contra Christianos dignitatibus secularibus prefici vel officia publica exercere. Iudei quoque et Saraceni non possint esse arrendatores, collectores, conductores seu locatores fructuum, bonorum vel rerum Christianorum seu eo-rum computatores, procuratores, economi, negociorum gestores, negociatores, mediatores, proxenete, concordatores sponsalium vel matrimoniorum tractatores, obstetrices; seu in domibus aut bonis Christianorum aliquod opus exercere, vel cum Christianis societatem, officium aut administrationem in aliqua communione vel arte seu artificio habere, ac nul-lus Christianus Iudeis, vel eorum congregationi, seu Saracenis in testamento aut ultima voluntate aliquid relinquere possit vel legare. Iudei quoque sinagogas novas erigere aut construi facere non audeant, sed antiquas dumtaxat, non tamen ampliores aut preciosio-res solito reficere valeant; et in Lamentationum et Dominice Passionis diebus per loca publica seu publice non transeant vel incedant, nec hostia vel fenestras teneant apertas; et ipsi Iudei et Saraceni ad solvendum quascumque de quibusvis rebus et bonis decimas astricti censeantur; et contra eos in quibusvis casibus Christiani testes esse possint, sed Iudeorum et Saracenorum contra Christianos in nullo casu testimonium valeat; et apud Christianos iudices et communes dumtaxat, non autem apud Christianos iudices pro eis specialiter deputatos, nec eorum seniores Iudei et Saraceni in quibuscumque causis agant et conveniantur; nec possint Iudei vel Saraceni nutricem vel familiarem aut servitorem utriusque sexus Christianum in domo tenere; nec etiam Christiani in Sabbatis seu Iudeo-rum festivitatibus, Iudeis ipsis ignem accendant, vel cibum aut panem seu quodcumque aliud opus servile ad decorem cultus festivitatum eorumdem quomodolibet exhibeant vel servicium aut obsequium aliquod prestent vel intendant.»: BFNS 1, 541: il testo della lettera apostolica è stato confrontato con l’originale conservato a caPeStrano, Archivio del Convento di S. Giovanni, carta 45.

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nell’introduzione di un «esecutore generale» di tale normativa, proprio nella persona di Giovanni da Capestrano 13.

È infatti interessante notare le diversità tra le due stesure della lettera per coglierne meglio anche le peculiarità. Per un’analisi più dettagliata riporto di seguito una tabella che evidenzia, attraverso un confronto si-nottico, le varianti tra questi due mandati pontifici (il corsivo indica le varianti più significative, il sottolineato le cesure):

Eugenio IVSuper gregem dominicum (8. 8. 1442)

Niccolò VSuper gregem dominicum (23. 6. 1447)

Dudum siquidem ad nostram audientiam deducto Iudeos in Castelle et Legionis re-gnis ac dominiis carissimi in Christo filii nostri Iohannis, dictorum regnorum regis, consistentes, [...]

Dudum siquidem ad nostram audientiam deducto Iudeos in omnibus Italie partibus et provinciis [...]

nos per felicis recordationis Eugenium papam IV, predecessorem nostrum,

regnorum et dominiorum predictorum sub quibuscumque dominiis, etiam in terris nobis et Romane Ecclesie mediate vel im-mediate subiectis, commorantibus

per alias litteras decrevimus et declaravi-mus, prout in eisdem litteris plenius conti-netur

extitit declaratum

regnis et dominiis commorantes Italie provinciis et locis commorantes

et inter Christianos non habitent, sed infra certum circulum seu locum, a Christianis segregati et separati, extra quem nulla-tenus mansiones habere valeant, inter se degant

et cum Christianis non habitent, sed segre-gati et separati inter se degant

013 Hofer sostiene che la lettera in questione è stata emanata a seguito dell’incita-mento di Giovanni da Capestrano, come risulta anche dalle fonti ebraiche sopra citate: cfr. J. hofer, Giovanni da Capestrano: una vita spesa nella lotta per la riforma della Chiesa, trad. dal tedesco di g. di faBio, L’Aquila 1955, 300 (ed. or. Johannes von Ca-pestrano. Ein Leben in Kampf um die Reform der Kirche, Innsbruck 1936).

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Eugenio IVSuper gregem dominicum (8. 8. 1442)

Niccolò VSuper gregem dominicum (23. 6. 1447)

a Christianis quoque usuras minime exi-gant recipiant vel extorqueant, necnon extorta a Christianis per usurariam pravi-tatem illis, a quibus extorserunt sine diffi-cultate protinus restituant.

a Christianis quoque usuras minime exigant recipiant vel extorqueant, necnon extortas illis a quibus extorserunt protinus sine dif-ficultate restituant

quatenus infra 30 dierum spatium a die pu-blicationis presentium in loco, in quo ipsi degunt

quatenus infra 15 dierum spatium a die pu-blicationis presentium in loco, in quo ipsi degunt

alioquin, elapsis diebus eisdem, in illos ex eis, qui nostris mandato precepto et litteris huiusmodi non paruerint cum effectu, si Christiani cuiscumque status, gradus, vel conditionis existant, etiam si regali, regi-nali, patriarcali, archiepiscopali et epi-scopali, aut alia quavis ecclesiastica seu mundana dignitate prefulgeant, ex nunc prout ex tunc, excommunicationis, si vero Iudei vel Sarraceni fuerint, privationis seu amissionis omnium bonorum suorum mo-bilium et immobilium [penam incurrant], que quidem bona vel eorum pretium per episcopos locorum in quibus bona huiu-smodi consistunt, in fabricae Cathedra-lium et aliarum ecclesiarum ac piorum locorum utilitatem, prout eisdem episcopis visum fuerit, converti exponi volumus, sententias, quas eo ipso incurrant, harum serie, auctoritate praedicta proferimus et promulgamus.

alioquin lapsis diebus eisdem, Iudei et Saraceni, qui mandato precepto et litteris huiusmodi resistere presumpserint et cum effectu non paruerint, privationis seu amis-sionis omnium bonorum suorum mobilium et immobilium penam incurrant, que qui-dem bona vel eorum precium per exsecuto-rem seu exsecutores infrascriptos in fabrice seu reparationis cathedralium et aliarum ecclesiarum ac piorum locorum utilitatem, ubi bona huiusmodi consistant prout exse-cutori seu exsecutoribus eisdem visum fue-rit, converti volumus et harum serie aucto-ritate predicta exponi mandamus 14.

14

Da questa sinossi si evince che le variazioni della lettera di Niccolò V rispetto a quella di Eugenio IV sono non soltanto di carattere redazionale-

014 Le varianti rispetto al testo di BFNS sono dovute al confronto con l’originale: caPeStrano, Archivio del Convento di S. Giovanni, carta 45.

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cancelleresco, ovvero funzionali al contesto geografico e al suo estensore (per esempio il secondo pontefice deve far riferimento al suo predeces-sore), ma anche di contenuto, tali da aprire nuovi orizzonti di ricerca. Si osservi, ad esempio, che

l’obbligo di segregazione degli Ebrei nella seconda lettera si fa più 1. generico rispetto alla prima, dove si stabilisce che essi debbano abitare «infra certum circulum seu locum»;quando si dice che gli Ebrei non possono praticare l’usura verso i 2. cristiani, nella lettera del 1447 si cassa l’espressione «per usurariam pravitatem» 15, che non a caso richiama l’«inquisitor heretice pravi-tatis»;i giorni che vengono concessi per attuare le leggi riprese dalla bolla 3. sono 15 per Niccolò V, mentre erano 30 per Eugenio IV;circa la pena per i trasgressori, nella prima lettera si contempla la 4. possibilità che possano essere anche cristiani, per i quali è sancita la scomunica, mentre nella bolla del 1447 rimangono solo le pene per gli Ebrei, che saranno privati dei loro beni mobili ed immobili e il cui ricavato dovrà essere usato per costruire o riparare cattedrali o luoghi di culto.Comunque la vera novità della lettera di Niccolò V è il passaggio

aggiunto prima delle clausole finali, dove frate Giovanni da Capestrano diviene esecutore generale e unico con poteri di inquisire, ammonire, esortare e sollecitare i principi, i prelati e i signori sia ecclesiastici che secolari:

Et quia parum est iura condere, nisi per aliquem executioni debite de-mandentur, dilectum filium fratrem Iohannem de Capistrano, ordinis Minorum professorem, omnium predictorum executorem auctoritate Apostolica deputamus, instituimus et ordinamus; concedentes eidem

015 La medesima formula si trova nei cosidetti Statuta bernardiniana di Perugia del 1425, probabilmente composti da Giovanni da Capestrano: per l’edizione degli statuti, cfr. A. fantozzi, Documenta perusina de s. Bernardino Senensi, in AFH 15 (1922) 103-154; ma circa l’attribuzione degli statuti a Giovanni, cfr. anche O. Bonmann, Problemi critici riguardo ai cosiddetti «Statuta Bernardiniana» di Perugia (1425-26), in Studi Francescani 62 (1964) 278-302 e ora F. Sedda, Giovanni da Capestrano a Perugia: il giudice, il frate, il predicatore, in Giacomo della Marca tra Monteprandone e Perugia. Lo Studium del Convento del Monte e la cultura dell’Osservanza francescana. Atti del Convegno (Perugia, 5 novembre 2011), a cura di F. SerPico, Firenze 2012, 37-56.

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plenam et liberam potestatem, tam per se ipsum, quam per idoneos religiosos sui ordinis vel alterius per eundem, cum sibi visum fuerit deputandos, inquirendi, admonendi, exortandi et sollicitandi principes et prelatos ac dominos tam ecclesiasticos quam seculares predictos, ut omnia et singula predicta faciant diligentius observari, quibus in aliis arduis negotiis occupatis, seu alias negligentibus, seu ultra prefatum terminum retardantibus, ipse idem dilectus filius Iohannes de Capistrano, per se vel per suos deputandos, ut prefertur, procedere valeant et ea executioni debite effectualiter demandare; contradictores et rebelles per censuras ecclesiasticas et alia iuris remedia compescendo, invocato etiam per eosdem quotiens opus fuerit, auxilio brachii, tam ecclesiastici quam secularis 16.

Mentre Eugenio IV nel regno di Castiglia e Leon aveva istituito i locorum episcopi come esecutori del decreto pontificio del 1442, per l’Italia Niccolò V investe di questo potere frate Giovanni da Capestrano con «plenam et liberam potestatem», non solo per sé, ma per chi riterrà idoneo del suo o di altri Ordini, al fine di «inquisire, ammonire, esortare e sollecitare». Si noti che le persone che Giovanni può inquisire non sono gli Ebrei tout court, ma i potenti cristiani – secolari ed ecclesiastici – che «in aliis arduis negotiis occupatis» non fanno rispettare le suddette disposizioni. Di fatto Giovanni viene nominato come esecutore unico e direttamente sottoposto al potere papale, con discrezionalità di nominare i suoi collaboratori e persino di ricorrere al braccio sia ecclesiastico che secolare. Si potrebbe quasi dire che Giovanni diviene nella penisola italiana «un inquisitore generale» ante litteram non degli Ebrei, ma dei «principes et prelatos ac dominos tam ecclesiasticos quam seculares», anche se nel linguaggio canonico egli non riceve mai tale titolo. A riprova di ciò, solo qualche giorno dopo (il 3 luglio 1447) la medesima cancelleria pontificia faceva una diversa scelta lessicale, quando definiva Giovanni «inquisitor heretice pravitatis» nella lettera che gli rinnovava i poteri inquisitoriali contro i fraticelli de opinione e le altre eresie 17.

La lettera Super gregem dominicum fu nuovamente emanata il 25 feb-braio 1451 18, ma nominando come esecutore frate Lorenzo da Palermo 19,

016 BFNS 1, 542 (il corsivo è mio).017 Cfr. BFNS 1, n. 1076, p. 544 (gal – miSKuly, A provisional Calendar, n. 234).018 Cfr. SimonSohn, The Apostolic See 2, n. 783, p. 945-946.019 Di frate Lorenzo da Palermo, appartenente alla famiglia osservante, si ha notizia

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ex vicario provinciale della Sicilia, perché ormai i progetti di Niccolò V su Giovanni da Capestrano erano orientati verso l’Ungheria e la Boemia e la questione turca, che diveniva sempre più preoccupante.

Lo stesso documento pontificio venne di nuovo promulgato da Callisto III (1455-1458) il 28 maggio 1456 20. Esso presenta alcuni cambiamenti formali e non: l’incipit della lettera muta in Si ad reprimendos; si stabi-lisce che le somme estorte ad usura dagli Ebrei a danno dei cristiani «in expeditionem sanctissimam contra Turchos aut alios Christiani nominis inimicos penitus convertantur» e che il denaro ricavato dalle pene pecunia-rie deve essere usato non più per la costruzione o riparazione di chiese o luoghi sacri, ma «in opus huiusmodi sanctissime expeditionis ac reipublice Christianorum utilitatem»; la lettera è destinata non più solo «partibus Italie», ma «in Italie et aliis mundi partibus»; infine, esecutori della bolla attraverso la lettera Hodie emanarunt vengono nominati Pietro di Carcano, frate minore, e Giovanni Antonio di Imola, frate agostiniano 21.

2. L’attuazione dell’ufficio di esecutore

Ma quale fu l’effettiva attuazione dell’ufficio di esecutore affidato a Giovanni da Capestrano dalla lettera apostolica di Niccolò V? Secondo Slomo Simonsohn, se dei tentativi ci furono, pochi o nessuno furono i risultati 22. Anche Johannes Hofer sostiene che fu difficile per il Capestra-nese attuare le misure prese nella bolla, come lui stesso informa in una predica tenuta a Norimberga i primi di agosto del 1452:

Dominus noster Nicolaus, propulsus a multis, ad istanciam aliquorum principum Ytalicorum, qui volunt suggere sanguinem – isti vadunt ad Iudeos et sponte solvunt eis: ego nolo cohibere meos subditos, sed a

in una lettera pontificia del 1444; fu predicatore della crociata (1456-1458) e poi vescovo di Rossano (1460-1481): cfr. c. cenci, Supplementum ad Bullarium Franciscanum 1, Grottaferrata 2002, n. 1280, p. 612 nota 131; N. Jorga, Notes et extraits pour servir à l’histoire des Croisades au XV e siècle 2, Paris 1899, 51. Ringrazio padre Cesare Cenci († 2010) per quest’ultima segnalazione bibliografica.

020 Cfr. SimonSohn, The Apostolic See 2, n. 837, p. 1023-1027.021 Cfr. SimonSohn, The Apostolic See 2, n. 838, p. 1027-1028.022 Cfr. SimonSohn, The Apostolic See 7, 77: «They proposed a joint Jewish effort

to counteract the Bull; such an effort, if there was one, had few if any results».

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Iudeis accipere tot et tot, – ad istanciam istorum dominus noster iusti-ficavit se ab importunitatibus eorum, dixit: quod volo licite facere, volo facere: suspendimus ab hinc per annum ius positum et interdictum et possumus e converso ponere 23.

Da quanto affermato nella predica, il pontefice, spinto dalle richieste di principi italiani, avrebbe concesso un armistizio di un anno prima di applicare le disposizioni della lettera Super gregem dominicum. Effettiva-mente, anche il Simonsohn riconosce che, poco dopo l’emanazione della lettera, Niccolò V concesse diverse esenzioni alle comunità ebraiche sia in Spagna, sia in Italia – sotto la pressione degli Estensi a Ferrara e dei Gonzaga a Mantova – , sia nei territori tedeschi 24.

Questa testimonianza permette di notare che Giovanni nella predica non si scaglia contro gli Ebrei, mentre definisce «succhiatori di sangue» i principi, espressione comunemente riferita agli usurai. Nella performance omiletica, con il passaggio alla prima persona, si intravede una sorta di rappresentazione scenica da parte di Giovanni, rivolta all’atteggiamento di alcuni principi, che quando si recano dagli Ebrei li esentano dicendo loro: «Non voglio costringere i miei sudditi, ma (voglio) accettare dagli Ebrei tot e tot», come a dire: «se mi pagate io vi esento, ossia vi con-cedo le condotte». Tale gioco scenico conferma sostanzialmente quanto sostiene Giuseppe Petralia, che cioè l’ebreo per il re di Napoli è «ridotto essenzialmente a moneta», secondo quella concezione di matrice sveva ed imperiale, per cui i Giudei erano servi regis o servi camere regis: essi venivano tutelati dal re non in quanto minoranza, ma «in quanto parte integrante del patrimonio regio» 25.

Ora, per rispondere a pieno alla domanda se Giovanni sia riuscito ad attuare l’ufficio di esecutore, concessogli dalla lettera Super gregem

023 münchen, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 13571, f. 43v; cfr. hofer, Giovanni da Capestrano, 301 nota 66.

024 Cfr. SimonSohn, The Apostolic See 7, 78-79 e la documentazione ivi citata.025 G. Petralia, L’età aragonese. ‘Fideles servi’ vs ‘regii subditi’: la crisi della

presenza ebraica in Italia meridionale, in L’ebraismo dell’Italia meridionale peninsulare dalle origini al 1541: società, economia, cultura. IX Congresso internazionale dell’Asso-ciazione italiana per lo studio del giudaismo: atti del Convegno internazionale di studio organizzato dall’Università degli studi della Basilicata in occasione del decennale della sua istituzione (Potenza-Venosa, 20-24 settembre 1992), a cura di c. d. fonSeca – m. luzzati – g. tamani – c. colafemmina, galatina 1996, 82-83.

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dominicum, occorrerebbe avere dei riscontri documentari, che allo stato attuale delle ricerche sono alquanto scarsi. Per cui mi limiterò a riportare alcune di queste fonti, che nel contempo rappresentano dei casi emble-matici, ben consapevole che per risposte più certe sarebbe necessario uno spoglio più sistematico.

a. Il Regno di Napoli

Nell’archivio del convento di Capestrano è conservata la conferma dei poteri, concessi a Giovanni da Capestrano nella bolla Super gregem dominicum, da parte di re Alfonso di Aragona e Napoli, data a Tivoli l’8 luglio 1447 («datum Tibure de pertinenciis Rome, octavo die mensis Iulii») 26. Essa è accompagnata da una lettera per Giovanni e i suoi com-pagni come salvacondotto per l’approvvigionamento di cibo e per il trasporto, da mostrare agli ufficiali del regno di Napoli 27. Di entrambe queste lettere, finora inedite, propongo un’edizione in appendice a questo contributo.

Alfonso d’Aragona detto il Magnanimo già dai tempi di Giovanna II aveva rivolto le sue mire sul regno di Napoli, ma solo nel 1442 riuscì a far capitolare le resistenze degli angioini: il papa Eugenio IV nel giugno 1443 gli riconosceva il dominio sul regno unito di Napoli e Sicilia.

026 caPeStrano, Archivio del Convento di San Giovanni, carta 47. Circa gli spo-stamenti di Giovanni da Capestrano tra i mesi di maggio e luglio del 1447, cfr. hofer, Giovanni da Capestrano, 298 nota 54.

027 caPeStrano, Archivio del Convento di San Giovanni, carta 48, segnalata in Gal – MiSKuly, A provisional Calender, n. 235 (la carta 47, invece, non è inserita in questo repertorio). Nel medesimo archivio è conservato anche un precedente salvacondotto di re Alfonso a Giovanni datato 16 maggio 1447 (carta 106, cfr. gal – miSKuly, A provisional Calender, n. 230) insieme all’originale della lettera apostolica Cum dilectis filius del 22 giugno 1448 (carta 55), cioè di un salvacondotto concesso a Giovanni dal papa Niccolò V per le sue attività pastorali «pro Nostris et ordinis praedicti negotiis». Giovanni, infatti, in questo periodo oltre ad essere vicario dell’Ordine per l’Osservanza cismontana, svolgeva negotia per il papa come inquisitore contro i fraticelli e come esecutore contro gli infe-deli; la lettera Cum dilectis filius è edita in BFNS 1, 619. È interessante notare che non ho rinvenuto nessuna di queste lettere emanate dalla cancelleria alfonsiana per Giovanni da Capestrano nei registri corrispondenti a questi anni: Barcelona, Archivo de la Corona de Aragón, Cancillería, Registros, n. 2908, 2911-2912 tutti consultabili online alla URL: http://pares.mcu.es. Colgo l’occasione per ringraziare Anna Maria Oliva e Stefano Palmieri delle indicazioni gentilmente offertomi per la ricerca nei registri aragonesi.

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Giuseppe Petralia cita «un superstite registro della cancelleria alfon-siana», attualmente conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana (con segnatura Chigi, J. VIII. 292), contenente un documento del 6 gennaio 1452, dove si menziona un indulto generale concesso agli Ebrei del regno di Napoli il 21 giugno 1451, comprendente anche il delitto di lesa maestà. Un altro decreto del 6 giugno 1452 confermava ai propri fideles servi dei privilegi «ad pecunias ad usuram mutuandas», che furono temporanea-mente revocati, molto probabilmente a seguito della lettera del 1447 di Niccolò V e a successive prammatiche regie 28. Petralia non era a cono-scenza del documento dell’8 luglio 1447, con cui Alfonso I approvava i poteri inquisitoriali conferiti a Giovanni da Capestrano 29, ma documenta la sua disposizione di revoca del 21 giugno 1451, appena qualche mese dopo il 25 febbraio 1451, quando il papa nominò frate Lorenzo da Paler-mo come esecutore della bolla Super gregem dominicum al posto del Capestranese, già impegnato nel nord Italia e in partenza per le province d’oltralpe.

Sembrerebbe dunque che in questa circostanza l’ufficio di esecutore di Giovanni da Capetrano, in base alla conferma del re Alfonso, sia stato attuato almeno fintanto che lo stesso frate ricoprì quell’incarico; in seguito il re si premurò di dotare di condotte gli Ebrei.

b. Rieti e i capitoli «de observantia et vita Iudeorum»

Talvolta è accaduto che qualche studioso ha attribuito a Giovanni da Capestrano una qualche responsabilità antiebraica senza il supporto delle fonti, ma sull’onda dello stereotipo antigiudaico che attornia la sua persona.

Anna Esposito, studiando la documentazione archivistica di Rieti, ha rinvenuto nei libri delle Riformanze disposizioni restrittive da parte

028 Petralia, L’età aragonese, 79-114 (specialmente 84-86). Per il registro della cancelleria di Alfonso I, cfr. Il codice Chigi, un registro della Cancelleria di Alfonso I d’Aragona re di Napoli per gli anni 1451-1453, a cura di J. mazzoleni, Napoli 1965, n. 196 (6 gennaio 1452), p. 192-195; n. 333 (6 giugno 1452), p. 332-333.

029 Hofer afferma che nel luglio 1447 Alfonso si trovava accampato a Tivoli, dove prima della morte di Eugenio IV si era recato con il suo esercito per un progetto di guerra contro Firenze in accordo con il papa: qui sarebbe stato raggiunto da Giovanni da Capestrano, il quale ottenne pure un salvacondotto: gal – miSKuly, A provisional Calender n. 235.

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delle autorità reatine verso gli Ebrei, che culminarono con i capitoli «de observantia et vita Iudeorum» del 1446 30.

Il 20 marzo 1446, in piena Quaresima, mentre probabilmente predica a Rieti un frate minorita, si riunisce l’assemblea consiliare che decide di far rispettare agli Ebrei i sacri canoni riguardanti il segno, l’allattamen-to, il macello e il vino. Si afferma, dunque, che è necessario promulgare degli statuta, da inviare poi «al venerabile frate Giovanni da Capestrano in Roma, affinché li faccia confermare dal sommo pontefice» (ad ve-nerabilem fratrem Iohannem de Capistrano Romam, ut faciat a summo pontifice confirmare) 31.

La sera del 22 marzo gli statuti erano già scritti e il giorno dopo ve-nivano affissi in dieci luoghi della città. Il loro contenuto può riassumersi in cinque punti:1. gli Ebrei devono portare un segno: una O gialla per i maschi e dei

vistosi orecchini rotondi per le donne (chiamati circelli);2. le donne cristiane non possono allattare bambini ebrei;3. gli Ebrei devono avere un macello separato da quello dei cristiani e

questi non possono comprare carne preparata ritualmente («sciattata») dagli Ebrei;

4. quando si pigia l’uva gli Ebrei devono comprare «totam et integram vaschiatam uvarum»;

5. ai cristiani sono vietati gli azzimi e gli altri cibi ebraici.Come nota Anna Esposito, oltre alla consueta normativa in materia

antiebraica gli statuta contengono dei tratti peculiari, come il divieto ai cri-stiani di accendere fuochi, portare legna, lavare i panni e compiere qualsiasi altro genere di servizio agli Ebrei nel giorno di sabato. Ma si precisa che è consentito «vendere, permutare, emere et alienare» tonnina, pesci, uccelli

030 rieti, Archivio Storico, Collettaneo di Riformanze 127, f. 26r-30v e in Rifor-manze, 23, f. 265r-268r: cfr. A. eSPoSito, Note sulla presenza ebraica in Sabina nel tardo medioevo, in In memory of Giuseppe Sermoneta (Italia Judaica 13-14), a cura di r. Bonfil, Jerusalem 2001, 103-115 (in particolare 113-115). Il testo degli Statuta de vita et observantia Iudeorum del 1446 è edito da v. di flavio – a. PaPò, Respublica Hebreorum de Reate, Rieti 2000, 267-271 (da cui cito), e da f. PuSceddu, Presenze ebraiche a Rieti nei secoli XIV-XV, in Italia Judaica. Gli Ebrei nello stato pontificio fino al Ghetto (1555). Atti del VI Convegno internazionale (Tel Aviv 18-22 giugno 1995), Roma 1998, 106-157 (in particolare 145-150).

031 rieti, Archivio Storico, Riformanze, 23, f. 264rv, «consilium pro factis Iudeo-rum». Ringrazio per la segnatura precisa del documento Anna Esposito.

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domestici e selvatici e altri animali, non trattati in modo rituale («tamen non sciattata»), e anche verdure, frutta e frumento «et alia similia» 32.

Emerge dunque la volontà di arginare per poi emarginare gli scambi quotidiani tra Ebrei e cristiani. Tali norme, soprattutto quelle sulla carne e sul vino kasher e sul fatto che i cristiani non devono comprare le parti della carne e del mosto non consumate dagli Ebrei, richiamano esattamente quanto Giovanni da Capestrano sostiene nella reprobatio al consilium di Angelo di Castro 33. Si potrebbe quindi frettolosamente concludere che Giovanni, il «flagello degli Ebrei», ebbe un influsso nella costituzione degli statuti reatini, come certa letteratura ha fatto anche recentemente 34. Invece, occorre precisare che la prima menzione di Giovanni nel consiglio cittadino, tenuto la domenica 20 marzo 1446, è motivata non dal fatto che il frate fosse uno strenuo persecutore degli Ebrei, né che avesse ricevuto un incarico di controllo da parte del papa, ma semplicemente perché, a quella data, egli rivestiva il ruolo di vicario generale della famiglia cismontana degli Osservanti e da lì a breve sarebbe stato certamente a Roma, dove si sarebbe svolto il capitolo (1-5 maggio 1446): la sua amicizia con il pontefice e la conoscenza del frate da parte della città di Rieti fecero il resto 35. Non è però improbabile, vista la celerità nella redazione degli statuta, che il frate predicatore della Quaresima abbia fornito una sorta di brogliaccio da cui partire per la stesura: tale ipotesi potrebbe spiegare certe analogie con i testi del Capestranese 36.

L’universitas Hebreorum di Rieti non rimase a guardare e prontamente protestò presso il legato pontificio, il cardinale Ludovico Scarampi, che in una lettera dell’11 aprile 1446 indirizzata ai priori della città ordinò di soprassedere a quanto deciso, tranne che per la normativa sul segno,

032 eSPoSito, Note sulla presenza, 114.033 Cfr. h. angiolini, «Cibus Iudei»: un «consilium» quasi inedito di Angelo di

Castro sulla macellazione con rito ebraico e una «reprobatio» di san Giovanni da Ca-pestrano, in La storia degli Ebrei nell’Italia medievale: tra filologia e metodologia, a cura di m. g. muzzarelli – g. todeSchini, Bologna 1990, 102-114.

034 Cfr. di flavio – PaPò, Respublica Hebreorum de Reate, 81-82.035 Sulla presenza di Giovanni da Capestrano a Rieti, cfr. A. Sacchetti SaSSetti,

Giovanni da Capestrano inquisitore a Rieti, in AFH 49 (1956) 336-338; Idem, Giovanni da Capestrano e Lorenzo da Rieti, inquisitori in Sabina, in AFH 57 (1964) 200-204;

036 Tale ipotesi andrebbe sostenuta mediante un’indagine filologicamente più ap-profondita, cioè con la comparazione dei vari provedimenti civici, al fine di rinvenire eventuali rimandi testuali agli scritti del Capestranese.

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finché non avessero ricevuto altro suo «comandamento». La normativa statutaria fu così, se non abrogata, di fatto arginata dal legato papale.

Due anni dopo, esattamente il 15 aprile, sempre nel tempo di Quaresima – forse durante un altro ciclo di predicazione osservante – il governatore e i priori di Rieti fanno rivivere gli statuta del 1446, non ancora approvati da Roma 37, in «forma gride contra Iudeos», ossia di un volgarizzamento epitomato degli stessi statuta 38.

Anche in questa circostanza Di Flavio e Papò intravedono la longa manus di Giovanni, pur riconoscendo di non poterlo dimostrare. Infatti, nonostante che in questo momento il frate abruzzese fosse già stato inve-stito dei pieni poteri di executor con la lettera Super gregem dominicum, è più plausibile pensare che ancora una volta questo episodio antiebraico fosse il consueto fuoco di paglia acceso negli amministratori civici dal predicatore della Quaresima.

Non possiamo però trascurare che ci sia una certa sintonia tra la «grida» in volgare e l’opinione di Giovanni riguardo alla carne e al vino kasher. Così recitano le disposizioni sulla carne e sul vino:

Ancora che niuno macellaio christiano non possa vendere né dare carne a niuno Iudeo, se non gli dà et vende la bestia integra [...]. Ancora che ciaschuno Iudeo, ali tempi vole comprare mosto, compari tutta et integra la baschiata [vasca, vascata] et tucto el mosto de quella, et che niuno christiano non gli possa altramente vendere mosto [...].39.

La versione abbreviata e ‘popolare’ concentra la sua attenzione su ciò che interessa veramente: i cristiani non possono rendersi complici della consumazione di cibi preparati ritualmente, per cui si impone loro un ‘embargo’ economico, preludio di una segregazione comprensiva di ogni sfera di conversatio. Se queste erano le intenzioni, o per meglio dire gli entusiasmi passeggeri 40, dei legislatori reatini, di fatto essi non ebbero

037 Gli statuta furono approvati solo il 7 agosto 1455 da Callisto III: cfr. di flavio – PaPò, Respublica Hebreorum de Reate, 81 nota 112.

038 Cfr. rieti, Archivio Storico, Collettaneo di Riformanze 127, f. 32v-33r, del 18 aprile 1448. Il testo in un’edizione parziale si trova in di flavio – PaPò, Respublica Hebreorum de Reate, 82-84.

039 di flavio – a. PaPò, Respublica Hebreorum de Reate, 84.040 Un fatto analogo riguardo alle condotte concesse agli Ebrei per il prestito ad

interesse si ripeté a Rieti nel 1451: cfr. di flavio – PaPò, Respublica Hebreorum de Reate, 85-86.

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seguito, almeno nella metà del XV secolo, in provvedimenti restrittivi e definitivi.

c. Il Tractatus de Iudeorum et Christianorum communione et conversatione

Un’altra traccia dell’operosità di Giovanni da Capestrano nell’attuare la lettera che lo nominava esecutore generale delle norme contro gli Ebrei, si ritrova in un incunabolo dal titolo Tractatus de Iudeorum et Christiano-rum communione et conversatione, contenente in calce proprio la lettera Super gregem dominicum. Sembrerebbe che l’incarico di esecutore con-tro gli Ebrei fosse stato messo in opera anche attraverso la redazione di un trattato con lo scopo di spiegare e dare indicazioni pratiche su come attuare la medesima lettera apostolica.

Dopo aver dimostrato che il Tractatus contra Iudeos contenuto nel cod. XXI del convento di Capestrano non è di Giovanni, ma ad usum del frate abruzzese 41, ho avuto modo di studiare tale opera, di cui riporto alcuni brevi rilievi critici, e su cui – per una serie di fattualità – non si è mai soffermata adeguatamente l’attenzione degli studiosi.

Fino ad oggi si è attribuita al frate abruzzese la paternità di un solo incunabolo, ossia il Tractatus de cupiditate 42. Ottokar Bonmann segna-la, seppure in maniera dubitativa, un Tractatus de Iudeorum di appena 16 carte, volumetto stampato a Basilea non dopo il 1474 dal tipografo Martin Flach 43.

041 Sulla questione mi permetto di rimandare al mio lavoro di dottorato: F. Sedda, La polemica antiebraica di Giovanni da Capestrano a partire da una nuova euristica e studio delle fonti, dottorato di ricerca in «Società, politica e culture dal tardo medioevo all’età contemporanea» presso l’università La Sapienza di Roma, Roma 2011, 119-127.

042 Per la prima volta nel 1480, più probabilmente nel 1482, a Colonia nella stam-peria di Giovanni Kölhoff il Vecchio veniva composto per la stampa il trattato sull’usura: cfr. W. caPezzali, Edizioni a stampa delle opere di san Giovanni da Capestrano, in San Giovanni da Capestrano nella Chiesa e nella società del suo tempo. Atti del Convegno storico internazionale (Capestrano-L’Aquila 8-12 ottobre 1986), a cura di e. PáSztor e l. PáSztor, L’Aquila 1989, 267; G. marinangeli, Presentazione della stampa anastatica, in ioanneS a caPiStrano, Opera omnia. Riproduzione in fac-simile della «Collectio Ara-coelitana» redatta da Antonio Sessa da Palermo (1700). Mss. nell’Archivio del convento francescano dell’Aracoeli-Roma, a cura di G. marinangeli, 19, L’Aquila 1985, 21.

043 Questo trattato fu poi edito anche a Strasburgo nel 1476 presso Henricus Ari-minensis (o Georg Reyser): cfr. Gesamtkatalog der Wiegendrucke 6, Stuttgard-New

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Già Ludwig Hain segnala l’incunabolo, ma collocandolo tra le opere del papa Niccolò V con il titolo Commissio facta fratri Johanni de Capi-strano circa conversationem Iudeorum et innovationem et confirmationem ecclesiae de Iudeis, 1447 44. Johannes Hofer e Aniceto Chiappini 45 non si soffermano sul trattato, mentre Ottokar Bonmann 46 precisa che alle carte 1-12 si trova un anonimo Tractatus de Iudeorum et Christianorum communione et conversatione, con l’incipit: «Iudei quorum perfidia fre-quenter ad vomitum reddit, si ad leges catholicas venire voluerint». Esso risulta composto da 15 avisamenta di carattere giuridico. In calce, alle carte 12r-15v, è inserta la bolla papale, introdotta dalle seguenti parole:

Et ne perfidi Iudei aut eorum complices defensores, fautores et auxilia-tores, suam de exorbitantia statutorum ecclesie aut abrogatione iurium pretendant frivolam excusationem, placuit pro sigillo avisamentorum et confirmatione addere commissionem devoti fratris domini Johannis de Capistrano, quam habuit circa conversationem Iudeorum et inno-vationem et confirmationem ordinationum ecclesie de Iudeis a domino Nicolao papa IIII (sic!) cuius tenor est iste.

Hain ha formulato il titolo dell’opera a stampa secondo le ultime parole, che sembrano legare la paternità del trattato a Giovanni da Cape-strano. Il Gesamtkatalog der Wiegendrucke, invece, indica l’autore come sconosciuto e afferma che il testo «forse è tratto da scritti di Capestrano». Bonmann non si sbilancia in una possibile attribuzione al frate.

York 1968, n. 7258 e 7259, p. 811-812 (il catalogo è ora disponibile on-line: www.Gesamtkatalogderwiegendrucke.de con progressivi aggiornamenti rispetto ai 7 volumi cartacei. Così recita la nota che accompagna queste due schede: «Traktat eines unbe-kannten Verfassers über das Verhältnis von Juden und Christen nach den Dekretalen, mit einem Abdruck der Bulle des Papstes Nikolaus V. betr. einen Spezialauftrag für Johannes de Capistrano zur Bekämpfung der Juden (Super gregem dominicum ...), Rom, 23. Juni 1447. Vielleicht aus Schriften des Johannes de Capistrano zusammengestellt».

044 L. hain, Repertorium bibliographicum, in quo libri omnes ab arte typographica inventa usque ad annum MD. typis expressi, ordine alphabetico vel simpliciter enume-rantur vel adcuratius recensentur 3, Milano 1948 (ed. or. Stutgartiae-Parisiis 1831), n. 11755, p. 487.

045 Cfr. A. chiaPPini, La produzione letteraria di san Giovanni da Capestrano. Trat-tati, Lettere, Sermoni, Gubbio 1927, 73 (lo studioso scrive erroneamente «c. Hains»).

046 Cfr. J. hofer, Johannes von Capestrano. Ein Leben in Kampf um die Reform der Kirche, neue bearbeitete Ausgabe von O. Bonmann, 1, Heidelberg 1964, 417.

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In effetti, nonostante che il Tractatus alleghi alla fine la lettera Super gregem dominicum, esso non è in senso stretto un’introduzione o commento al documento pontificio. Piuttosto, ho riscontrato una certa analogia con gli Articuli de Iudeorum et Christianorum communione et conversatione certamente di Giovanni da Capestrano. Essi sono una raccolta di norme di diritto canonico sul modo di regolare la convivenza (conversatio) tra cristiani e Ebrei, di cui ho approntato un’edizione sulla base di 7 mano-scritti 47. La prossimità di questi due scritti si desume sia dai temi affrontati, sia dalla loro sequenza espositiva, come ho evidenziato nella seguente tabella, in cui metto in sinossi i temi del trattato con i punti degli Articuli e della lettera Super gregem dominicum:48

Tractatus Articuli Letteraavis. argomento argomento1 i neofiti non possono aver rap-

porti con gli Ebrei1 idem

2 nullus Christianus manducet azima eorum, nec cum eis com-municet in mensa, balneo, aut medicina aut sinagoga aut ritu eorum 48

2 nessun cristiano può mangiare gli azzimi

3 nessun cristiano mangi o beva con gli Ebrei

1 e 2

4 nessun cristiano chiami un medico ebreo

5 nessun cristiano riceva medicine dagli Ebrei

5

6 nessun cristiano faccia il bagno con un Ebreo

4

047 Per l’edizione rimando all’appendice documentaria in Sedda, La polemica antie-braica 2, 273-78. Tale raccolta si ritrova in vari testimoni manoscritti, in modo isolato o allegata a qualche altro intervento canonico del frate abruzzese. Tutti i codici sono acco-munati dal medesimo incipit: «Quamvis ad fidem suscipiendam Iudei». I manoscritti che fino ad ora ho potuto ritrovare sono: naPoli, Biblioteca Nazionale, XIII G 32, f. 133c-134b; naPoli, Biblioteca Nazionale, VII F 26, f. 117v-118v; l’aquila, Biblioteca Provinciale Salvatore Tommasi, 278 (K.314), f. 151v-152r; Padova, Biblioteca Universitaria, 475, f. 95; Padova, Biblioteca Universitaria, 587, f. 173ra-175vb; BaSel, Universitätsbibliothek, F L VI 1, n. 5, f. 42v; münchen, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 13571, f. 38r e 37v.

048 In realtà anche se il 2° avisamentum ha questo incipit, si sofferma a parlare solo delle questioni inerenti agli azzimi e alla carne.

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316 filiPPo Sedda

Tractatus Articuli Letteraavis. argomento argomento3 non ci siano unioni carnali o

commerci tra cristiani ed Ebrei7 non ci siano unioni carnali tra

cristiani ed Ebreigli Ebrei devono distinguersi ovunque e sempre dai cristiani nell’abito

16 idem 18

4 gli Ebrei non possono erigere nuove sinagoghe

11 idem 10

5 gli Ebrei devono tenere le fine-stre e le porte chiuse nel giorno di Parasceve

12 idem 11b

nessun Ebreo nel giorno delle Lamentazioni e della Passione può apparire in pubblico

17 idem 11a

6 gli Ebrei sono tenuti a pagare le decime e il censo di ciò che pos-siedono

19 idem 12

gli Ebrei devono restituire il frut-to dell’usura

20 idem 20

7 sulle esazioni degli Ebrei

8 nessun cristiano/a può per servi-zio o qualunque altra causa abita-re con gli Ebrei

13 nessuna cristiana può allattare o allevare un bambino ebreo

15

14 nessun cristiano può abitare con un Ebreo

3

15 nessuna cristiana può fare da nu-trice o ostetrica nelle case degli Ebrei

(7)

9 nessun Ebreo compri in proprietà un cristiano

8 idem

10 nessun Ebreo può rivestire un uf-ficio pubblico

9 idem 6

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317giovanni da caPeStrano eSecutore generale contro gli eBrei

Tractatus Articuli Letteraavis. argomento argomento11 nessun cristiano può lasciare in

eredità ad un Ebreo10 idem 9

12 Iudei non sunt admittendi ad le-gittimos actus

21 gli Ebrei non possono testimo-niare contro un cristiano

13

nessun Ebreo insulti il Creatore 18 nessun Ebreo insulti il Creatore

13 gli Ebrei non devono essere co-stretti al battesimo

14 sul battesimo degli Ebrei e Sara-ceni

15 se i figli e le figlie degli Ebrei si convertono devono godere della legittima successione paterna

22 l’Ebreo che bestemmia Cristo deve essere punito, ma per l’ef-fusione del sangue si deve ricor-rere ai giudici secolari.

17

La sequenza dei temi affrontati nel Tractatus sembra rifarsi all’ordine dei canoni raccolti negli Articuli – pur con qualche variazione redaziona-le –, piuttosto che ai temi proposti dalla lettera di Niccolò V.

Visto che i sette manoscritti che tramandano gli Articuli unanimemente li attribuiscono a Giovanni da Capestrano, non si ha motivo di dubitare della loro paternità. Inoltre la vicinanza di contenuti tra il Tractatus e gli Articuli, e persino l’uso dei medesimi rimandi canonici, fa ritenere plausibile l’ipotesi che anche il testo dell’incunabolo sia in qualche modo legato al frate abruzzese.

Oltre al riscontro testuale, quest’ipotesi è suffragata dal fatto che nella Biblioteca dell’Università di Basilea, insieme a tre copie dell’incunabolo che tramanda il Tractatus, vi è conservato un testimone manoscritto degli Articuli 49. La presenza di essi dimostra quanto meno la circolazione degli

049 Non sono ancora riuscito a vedere o ad avere una copia di questo manoscritto, che mi riservo di studiare più attentamente.

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scritti del Capestranese in questa zona, avvalorata anche dal fatto che si conosce un altro episodio legato a Basilea, o alle sue vicinanze, studiato da Vittore Colorni 50 e che riguarda un presunto «scontro» tra il Capestranese e Shemul da Spira avvenuto nel 1442. Inoltre, non era affatto insolito che il tipografo dopo la stampa del manoscritto facesse sparire quest’ultimo. Anche il termine avisamentum, che il Du Cange spiega come «consilium, deliberatio» 51, assume nel XV secolo una connotazione strettamente legata ad un particolare genere giuridico-letterario del concilio di Basilea e delle università, su cui recentemente si è soffermato Jürgen Miethke 52: ciò po-trebbe suggerire il Sitz im Leben che ha favorito la stesura di detto trattato giovanneo, ossia le dispute conciliari e universitarie della città di Basilea.

Ancora: per l’attribuzione di tale opera non si può trascurare il passaggio contenuto in una lettera del 13 ottobre 1454 53 indirizzata da Giovanni da Capestrano al papa Niccolò V, in cui tra l’altro il frate parla «de privilegiis Iudeorum, quorum copiam V. S. transmisi cum aliis libellis meis contra hereses Rockyzani et sequacium» 54.

Non sappiamo con certezza se ciò che Giovanni chiama «de privilegiis Iudeorum» faccia riferimento ad un trattato (nel qual caso il de andrebbe trascritto con la maiuscola!), come quello composto contro Rockiztana e i suoi seguaci, ma mi sembra quantomeno improbabile che per difen-dersi da voci accusatorie che giravano sul suo conto, Giovanni invii al papa uno scarno elenco di canoni come sono gli Articuli. Del resto anche Niccolò da Fara e Luca Wadding parlano di un trattato contro gli Ebrei, che certamente non può essere identificato con il trattato del ms. XXI del convento di Capestrano.

Senza entrare nel merito della questione e riservandomi di ritornare con una trattazione specifica sia sulla sua attribuzione sia sul contenuto, basti qui ravvisare una qualche ‘possibile’ paternità capistraniana del Tractatus, che conferma, da una diversa prospettiva, l’operosità di Giovanni rispetto al proprio incarico di esecutore della lettera Super gregem dominicum.

050 Cfr. sopra nota 5.051 du cange, Glossarium 1, 480 (http://ducange. enc.sorbonne.fr/aviSamentum).052 Cfr. J. miethKe, Le università e il concilio di Basilea, in Cristianesimo nella

Storia 32 (2011) 1-41: 33.053 Cfr. gal – miSKuly, A provisional Calender, 487.054 Wadding, Annales Minorum 12, Ad Claras Aquas 1932, 228-229.

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3. Conclusione

Tirando le somme, credo che la cifra simbolica che rappresenta meglio la figura di Giovanni da Capestrano possa esprimersi intorno al lemma conversatio (derivante dal verbo conversor), che se nel latino classico significa «soggiorno» (in Plinio e altri) o «convivenza, intimità, rappor-ti» (in Quintiliano, Seneca e altri) 55, nel latino medievale 56 assume la connotazione più ampia di:

azione di cambiamento, di conversione (morale); 1. genere di vita, maniera di vivere, comunità religiosa (spirituale);2. relazione, familiarità, intimità, commercio, conversazione, rapporto 3. sessuale.La conversatio indica, dunque, il relazionarsi tra cristiani ed Ebrei,

la loro convivenza quotidiana, che deve essere regolata da determinate leggi sancite dal diritto, per evitare la promiscuità tra due mondi. Inoltre, nel tardo medioevo si verifica uno slittamento semantico, che accosta il lemma conversatio a conversio, e dunque a conversus/a, che etimologica-mente derivano dal verbo convertor; come se l’accostamento linguistico di questi due distinti lemmi sia la cifra che meglio rappresenta il XV secolo nelle relazioni tra cristiani ed Ebrei, quando – a partire dalla Spagna – i conversi divengono un gruppo sociale ben individuato, luogo di incontro tra due mondi e persino intermediari di due culture 57.

055 Forcellini distingue: «I) Proprie. 1. Stricto sensu dicitur de rebus, et significat frequentem usum actionemque saepe versandi seu vertendi. 2. Latiori sensu de animan-tibus dicitur et est actus versandi saepius in aliquo loco. II) Improprie. 1. Transfertur ad personas, et est consuetudo, convictus familiaritas. 2. Item est vitae genus, vivendi ratio»: cfr. Database of Latin Dictionaries, in http://www.brepolis.net, (voce conversatio ripresa dal Totius latinitatis lexikon di E. Forcellini).

056 Cfr. du cange, Glossarium 2, 546; a. BlaiSe, Lexicon latinitatis Medii Aevi, Turnholti 1975, 249-250. Entrambi disponibili in Database of Latin Dictionaries, in http://www.brepolis.net (voce conversatio ripresa da Blaise, Dictionnaire latin-français des auteurs chrétiens e Du Cange).

057 Cfr. a. eSPoSito, I rapporti tra ebrei e cristiani nella Roma del Rinascimento. Gli intermediari privilegiati, in Eadem, Un’altra Roma. Minoranze nazionali e comu-nità ebraiche tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1995, 109-119. Per la questione dei conversi, soprattutto in Spagna, si veda S. PaStore, Un’eresia spagnola. Spiritualità conversa, alumbradismo e inquisizione (1449- 1559), Firenze 2004.

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Non a caso nella stessa costituzione del concilio di Basilea riguar-dante gli Ebrei e i neofiti 58, ritorna ben due volte il termine conversatio, qualificato sempre dall’aggettivo «eccessiva» (nimia); lo stesso Giovanni da Capestrano in quanto esecutore delle leggi di socialità tra cristiani ed Ebrei e forse anche come autore del Tractatus de Iudeorum et Christia-norum communione et conversatione, svolse una funzione regolatrice, che parafrasando un’espressione di Todeschini, mi piace definire come «guar-diano della soglia». Giovanni da Capestrano è colui che lotta per l’unità e l’integrità del corpo mistico che è la Chiesa; egli sorveglia definendo e custodisce distinguendo, con il diritto alla mano, il recinto della societas christiana, dove non c’è spazio per l’infedele, l’infame e lo straniero.

058 Si tratta del decreto che l’editore italiano presenta sotto due titoli distinti, De Iudeis et neophytis e De his qui volunt ad fidem converti, della XIX sessione (7 set-tembre 1434) del concilio di Basilea, approvato da papa Eugenio IV: cfr. Conciliorum oecumenicorum decreta, a cura di g. alBerigo et alii, edizione bilingue, Bologna 1991, 483-485.

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Documenti

1.

Lettera del re Alfonso V d’Aragona ai suoi sudditi

1447, luglio 8, Tivoli (Roma)

Alfonso, sovrano della corona d’Aragona, ordina ai suoi sudditi, chierici e laici, il rispetto dei poteri concessi a frate Giovanni da Capestrano come esecu-tore contro gli errori dei Giudei e Saraceni, secondo la lettera apostolica [Super gregem dominicum] data in Roma nel 1447.

Originale: caPeStrano, Archivio del Convento di San Giovanni, carta 47 [A]. Pergamena, rigatura a secco, con vari fori all’altezza della linea 17 dove c’è la piega del diploma che compromette la scrittura. Conserva solo parzialmente il sigillo di cera rossa legato con filo di seta rosso e giallo. Sulla plica, a sinistra, nota di cancelleria: « R(egi)stra(ta) in cancellaria | penes cancellarium », un’altra mano annota: «in privilegiorum vii°»; al margine della linea 14 si legge: «sunt litterae Nicolai papę»; in alto al centro con matita rossa è segnato il numero 47 che corrisponde alla nuova segnatura secondo il regesto di Aniceto Chiappini. Nel verso, scritto da mano del Xvi secolo, si legge: «quod B. Io. inquisitori per pontificem electo dedit omne auxilium» e sotto: «1447 Jul. 8a»; è presente in inchiostro rosso la vecchia segnatura 42 III 5.

L’indicazione nella plica sembra rinviare al registro 2912 in Barcelona, Archivo de la Corona de Aragón, Cancillería, Registros, n. 2908, ma la lettera non vi si trova registrata.

A. chiaPPini, Reliquie letterarie capestranesi. Storia, codici, carte, docu-menti, L’Aquila 1927, n. 47, p. 172.

Alfonsus Dei gracia Rex Aragonum, Sicilie citra et ultra Farum, Va-lencie, Hierusalem, Hungarie, Maioricarum, Sardinie et | Corsice, Comes Barchinone, Dux Athenarum et Neopatrie ac etiam Comes Rossilionis et Ceritanie, reverendis et venerabilibus in Christo patribus, necnon illus|tribus, magnificis, spectabilibus, nobilibus et egregiis Archiepiscopis, Episcopis, Principibus, Ducibus, Marchionibus, Comitibus, Baronibus, universitatibus terrarumque | et locorum dominis et hominibus, omnibusque ac singulis, officialibus maioribus ac minoribus, oratoribus, collateralibus, consiliariis, fidelibusque nostris dilectis,| gratiam nostram et bonam voluntatem.

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322 filiPPo Sedda

Quoniam principes Christianos maxime decet tanquam fideles ac diligentes Domini nostri Iesu Christi per ipsorum ditiones | substitutos vicarios orthodoxe fidei catholice cultusque ac dignitatis Christiane de-fensores, tutores ac protectores esse, non solum favorem, operam ac presidium suum ad | debitas illis defensionem, tutelam ac protectionem impendendo, verum etiam a summis pontificibus eiusdem Domini(a) nostri Iesu Christi vicariis et Christiani populi pasto|ribus impensa manu tenendo(b) pleneque ac debite executioni effectualiter demandando; idcirco acceptis nuper et intellectis sanctissimi domini nostri bullis, per quas ve|nerabilem ac religiosum virum fratrem Ioannem de Capistrano, ordinis Minorum Observantie professorem, ad reprimenda et corrigenda Iudeorum et Sarace|norum errata, presumptiones, procacitates veteremque malitiam ac temeritatem ad eiusdem orthodoxe fidei catholice corroborationem et exaltationem, executorem depu|tat, instituit atque ordinat, concedens ipsi per easdem omnium in dictis bullis apostolicis contentorum tanquam executori ‘plenam et liberam potestatem tam per se ipsum quam per | ydoneos religiosos sui Ordinis vel alterius per eundem, cum sibi visum fuerit deputandos inquirendi, admonendi, exhortandi et solicitandi’, prout expediens et | necessarium fuerit et cetera, que in ipsis bullis planius continentur, quarum tenorem de verbo ad verbum presentibus haberi volumus pro insertis sub dat(um) | Rome apud Sanctum Petrum, anno incarnationis dominice millesimo quadringentesimo quadragesimo septi-mo, pontificatus eiusdem anno primo. Vobis | omnibus ac singulis preno-minatis presentium tenore imponimus, precipimus et expresse mandamus, rogantes, requirentes atque astringentes, quatinus | dictas bullas per regna ac(c) ditiones nostras, quocunque illarum vigor extenditur plene ac debite executioni effectualiter demandantes ac demandari | [********]ter(d) fa-cientes eidem venerabili ac(e) religioso [pre]dicto fratri Ioanni sive ydoneis rel[igi]osis sui ordinis vel alterius, ut pre[dicitu]r, per e[und]em cu[m] | sibi visum fuerit deputatis, faveatis, assistatis opere, operam, auxilium, presidium, subsidium, deffensionem, manutensionem, protectionem, tu-telam, securitatem | conferatis, impendatis et contribuatis, in nullo desi-stentes neque deficientes quod ad plenam debitam et effectualem illarum executionem pertinere quomodolibet et quan|dolibet valeat ac debeat,

(a) su rasura (b) d su c (c) corretto con segno di rasura (d) forse firmiter (e) corretto con segno di rasura.

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323giovanni da caPeStrano eSecutore generale contro gli eBrei

quoniam sic de firma intentione, mente ac proposito nostro proficiscitur. Neque contrarium faciatis vel attentetis, nec fieri aut atten|tari in quantum potestis, permittatis quanto gratiam nostram caram habetis iramque et indignationem non incurrere cupitis. In quarum rerum fidem ac testi|monium presentes fieri mandavimus magno maiestatis nostre impendenti sigillo communitas, post opportunam ipsarum inspectionem singulis vicibus | presentanti remansuras.

Dat(um) Tibure de pertinentiis Rome, octavo die mensis iulii anno a nativitate Domini millesimo quadrin|gentesimo quadragesimo septimo, regni nostri Sicil(ie) citerioris anno terciodecimo, aliorum vero regnorum nostrorum anno tricesimo secundo.

Rex Alfonsus(f)

2.

Lettera del re Alfonso V d’Aragona ai suoi sudditi

1447, luglio 8, Tivoli (Roma)

Alfonso, sovrano della corona d’Aragona, concede a frate Giovanni da Capestrano ed ai suoi compagni un salvacondotto, e ordina ai suoi ufficiali di provvedere loro il cibo e il trasporto.

Originale: caPeStrano, Archivio del Convento di San Giovanni, carta 48 [A]. Pergamena, rigatura a secco, con piccoli fori all’altezza delle pieghe del diploma, senza comprometterne la scrittura (linea 18). Conserva solo traccia del sigillo di cera rossa legato con filo di seta rosso e giallo. Sulla plica, a sinistra, nota di cancelleria: «R(egi)stra(ta) in cancellaria | penes cancellarium »; un’altra mano annota: «in privilegiorum vii°»; in alto al centro con matita rossa è segnato il numero 48 che corrisponde alla nuova segnatura secondo il regesto di Aniceto Chiappini. Nel verso è presente in inchiostro rosso la vecchia segnatura 43 III 6 sotto la quale si legge: «1447 8 iulii», ancora più in basso di altra mano: «de tranictu».

(f) firma autografa.

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L’indicazione nella plica sembra rinviare al registro 2912 in Barcelona, Archivo de la Corona de Aragón, Cancillería, Registros, n. 2908, ma la lettera non vi si trova registrata.

chiaPPini, Reliquie letterarie capestranesi, n. 48, p. 172-173; G. gal – J. M. miSKuly, A provisional Calendar of St. John Capistran’s Correspondence, in Franciscan Studies 49 (1989) n. 235, p. 327.

Alfonsus, Dei gratia Rex Aragonum, Sicilie citra et ultra Farum, Va-lentie, Hierusalem, Hungarie, Maioricarum, Sardinie et Cor|sice, Comes Barchinone, Dux Athenarum et Neopatrie ac etiam Comes Rossilionis et Ceritanie, illustribus, magnificis, spectabilibus, nobilibus et egregiis | Collateralibus, Consiliariis fidelibus nostris(a) ceterisque aliis nobis devotis plurimumque dilectis Principibus, Ducibus, Marchionibus, Comitibus, Baronibus, Armorum Capi|taneis, necnon communitatibus, universitatibus, omnibusque ac singulis nostris et illorum loca tenentibus et officialibus maioribus ac minoribus quocunque nomine nun|cupatis officioque ac iurisditione ubilibet fungentibus, ad quos infrascripta spectare habeant, salutem, gratiam nostram et bonam voluntatem.

Qui religioni dediti | atque obligati sunt, illos oportet proprio iure ac potestate spoliatos, divine caritati et suscepte religionis officio sese humiliter et obedienter submittentes, prout sibi | ab his iniungitur varias ac diversas partes et provincias peragrare. Ea de causa cum venerabilis et religiosus vir ordinis Minorum Observantie frater Ioannes de | Capistrano ad predi-candum dominicum Verbum et Spiritum sanctum in bonorum hortationem et reproborum corre[c]tionem(b) ad alia atque alia loca se conferre sepius | habeat, vos omnes et singulos prenominatos presentium tenore rogamus, requirimus et hortamur, fidelibus nostris imponentes et expresse mandan-tes quatinus eundem | fratrem Iohannem cum suis confratribus et sotiis atque aliis quibuscunque dictos fratres et sotios comitantibus et ipsorum vestimenta, libros et bona quelibet per salmas | deferentibus per(c) passus, pontes, portus, terras, castella, civitates et loca quelibet vestre ac nostre ditioni subiecta totiens quotiens voluerint ire, redire, immorari, agere, prout o|portunum et conveniens fuerit, permictatis sine mora, dilatione, turbatione, impedimento, molestia, solutione, et exactione aliquali iuris, gabelle, plateatici, passus | pedagii, dacii, dirictus et vectigalis cuiuscunque et quomodocunque iuxta religiosorum privilegia; qui victum et vestitum

(a) su rasura (b) corretto su rasura (c) –s per aggiunta su rasura con uso di altro inchiostro.

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mendicantes, auro et argento carent, sola | viventes Dei gratia, sibi etiam de condecenti comitiva tutoque transitu ac demostratione viarum et locorum, prout opportunum(d) fuerit, providentes aut provideri | facientes. Quanto vos fideles nostri mandata nostra debite adimplere cupitis et gratiam nostram caram habentes iram non incurrere, si contrarium feceritis. Ceteri vero | quanto litteras nostras observare, quorum desideriis nos etiam prompte faceremus, vobis propterea presentes nostras dirigi mandantes magno ma-iestatis nostre impendenti | sigillo communitas, post opportunam ipsarum inspectionem singulis vicibus presentanti remansuras.

Dat(um) Tibure de partibus Urbis Rome, octavo die | mensis iulii anno a nativitate Domini millesimo quadringentesimo quadragesimo septimo, regnique no[str]i Sicilie citerioris anno tercio|decimo, aliorum vero regnorum anno tricesimo secundo.

Rex Alfonsus(e)

aBStract. – On the 23rd June 1447 Pope Nicholas V in the Apostolic letter Super gregem dominicum, appointed John of Capistrano as the General Executor of the laws against the Jews. The author studies the letter in relation to the anti-Jewish activity of the Observant friar and its actual implementation, particularly in the kingdom of Naples, in the town of Rieti and in the Tractatus de Iudeorum et Christianorum communione et conversatione, probably written by John himself. The appendix contains two letters, until now unpublished, of King Alphonse of Aragon and Naples of the 8th July 1447, concerning John’s activity against the Jews.

(d) corretto su rasura (e) firma autografa.

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