Giornata mondiale disabili: «Non siamo un mondo a parte» Ancora sottovalutato l’impatto del contesto ambientale sull’autonomia e l’inclusione nella società. Servizi scarsi e poche risorse per garantire loro il diritto a una vita dignitosa di Maria Giovanna Faiella Avere accesso all'istruzione, alla salute, ai trasporti, al mondo del lavoro, partecipare alla vita sociale, muoversi senza ostacoli, avere una vita il più possibile indipendente. Diritti delle persone con disabilità spesso ancora disattesi, nonostante siano sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006, ratificata dal nostro Paese nel 2009. La giornata L’occasione per accendere un faro sui troppi ostacoli che impediscono una piena inclusione nella società è la giornata internazionale delle persone con disabilità, che ricorre il 3 dicembre, indetta dall’assemblea dell’ONU nel 1992 proprio per promuovere i diritti e il benessere delle persone con disabilità in ogni aspetto della vita. Il tema scelto quest’anno è il coinvolgimento delle persone con disabilità nell’ottica di garantire l’inclusione e l’uguaglianza, come parte dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che ha l’obiettivo di «non lasciare nessuno indietro». In occasione della giornata, il segretario generale delle Nazioni Unite presenterà il rapporto «Disabilità e sviluppo: la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da, per e con le persone con disabilità», che fa il punto sulle disparità ancora esistenti ma anche sui progressi compiuti e le buone pratiche attuate nelle diverse zone del mondo. Uno su tre vive da solo Qual è la situazione in Italia? Secondo l’Istat, nel nostro Paese sono circa 4 milioni e mezzo le persone con disabilità. Di queste, 2 milioni e 600 mila hanno un’età superiore a 65 anni, una persona su tre vive da sola, quindi con maggior rischio di vulnerabilità in quanto non può contare sull’aiuto di un familiare. Sono «dati molto preoccupanti», secondo gli esperti dell’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, che opera all’interno di Vihtali, spin off dell’Università Cattolica a Roma. Il problema più grave è la perdita di autonomia: tra le persone con più di 75 anni, una su cinque ha gravi difficoltà in almeno un’attività quotidiana, una persona
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Giornata mondiale disabili: «Non siamo un
mondo a parte»
Ancora sottovalutato l’impatto del contesto ambientale
sull’autonomia e l’inclusione nella società. Servizi scarsi e
poche risorse per garantire loro il diritto a una vita dignitosa
di Maria Giovanna Faiella
Avere accesso all'istruzione, alla salute, ai trasporti, al mondo del lavoro, partecipare alla vita
sociale, muoversi senza ostacoli, avere una vita il più possibile indipendente. Diritti delle persone
con disabilità spesso ancora disattesi, nonostante siano sanciti dalla Convenzione delle Nazioni
Unite del 2006, ratificata dal nostro Paese nel 2009.
La giornata
L’occasione per accendere un faro sui troppi ostacoli che impediscono una piena inclusione nella
società è la giornata internazionale delle persone con disabilità, che ricorre il 3 dicembre, indetta
dall’assemblea dell’ONU nel 1992 proprio per promuovere i diritti e il benessere delle persone con
disabilità in ogni aspetto della vita. Il tema scelto quest’anno è il coinvolgimento delle persone con
disabilità nell’ottica di garantire l’inclusione e l’uguaglianza, come parte dell’agenda 2030 per lo
sviluppo sostenibile, che ha l’obiettivo di «non lasciare nessuno indietro». In occasione della
giornata, il segretario generale delle Nazioni Unite presenterà il rapporto «Disabilità e sviluppo: la
realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da, per e con le persone con disabilità», che fa il
punto sulle disparità ancora esistenti ma anche sui progressi compiuti e le buone pratiche attuate
nelle diverse zone del mondo.
Uno su tre vive da solo
Qual è la situazione in Italia? Secondo l’Istat, nel nostro Paese sono circa 4 milioni e mezzo le
persone con disabilità. Di queste, 2 milioni e 600 mila hanno un’età superiore a 65 anni, una
persona su tre vive da sola, quindi con maggior rischio di vulnerabilità in quanto non può contare
sull’aiuto di un familiare. Sono «dati molto preoccupanti», secondo gli esperti dell’Osservatorio
Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, che opera all’interno di Vihtali, spin off
dell’Università Cattolica a Roma. Il problema più grave è la perdita di autonomia: tra le persone con
più di 75 anni, una su cinque ha gravi difficoltà in almeno un’attività quotidiana, una persona
L’idea è rivoluzionaria. Dare ai disabili gravi - per neurodiversità o difficoltà fisiche - quello che in
Italia non hanno mai avuto: il controllo della propria vita. Ovvero, la possibilità di decidere del
proprio futuro, scegliere dove e con chi vivere e cominciare un percorso che li porti alla massima
autonomia possibile, in vista del momento in cui i loro genitori non ci saranno più. Un risultato da
raggiungere con un progetto individuale elaborato per ciascuno di loro, calato nel contesto in cui
vivono e pronto a evolversi nel tempo. Con questo obiettivo è nata, nel 2016, la legge 112 o «Legge
del Dopo di noi».
Un’utopia? No, perché, a due anni dalla sua entrata in vigore, i casi di successo ci
sono. Restano però importanti nodi da sciogliere, perché non restino mosche bianche. E
bisogna fare in fretta. Come dice Roberto Speziale, presidente di Anffas, l’associazione nazionale di
famiglie di persone con disabilità: «Per la prima volta in Italia si affaccia una condizione mai
vissuta prima, ovvero l’invecchiamento delle persone con gravi difficoltà, la sopravvivenza ai loro
genitori. Dove saranno nei prossimi 10 anni, i cinquantenni di oggi? Parliamo di un fenomeno con
numeri significativi: la nostra stima parla di circa 400 mila persone già sulla soglia del dopo di noi».
Riassumendo, la legge c’è ed è coraggiosa. I fondi anche: lo Stato ha stanziato 90 milioni
stanziati nel 2016, 38,3 nel 2017 e 51,1 nel 2018 (cinque sono stati decurtati, non senza
polemiche). Il punto in cui la legge si incaglia è nel passaggio Stato-Regioni: queste ultime sono in
ritardo nell’attuarla e questo crea disparità fra un territorio e l’altro. In attesa della pubblicazione da
parte del ministero del Lavoro della seconda relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della
legge - report che doveva arrivare al 30 giugno - Anffas ha provato a fare il punto. E ciò che emerge
è «una fatica superiore alle previsioni». Non solo delle istituzioni, ma anche del Terzo settore per
attuare il cambiamento.
Soltanto in Lombardia, Marche, Molise e Toscana si è partiti con la stesura dei progetti
individuali, che sono il «cuore» della norma. In Lazio, Campania, Basilicata, Calabria si è almeno
cominciato a raccogliere le richieste. Nelle altre il processo è molto più indietro e in Abruzzo,
Puglia e Piemonte c’è solo una programmazione di carattere generale «ma nulla in concreto sui
territori è partito», scrive Anffas. «Perché la legge non sta partendo ovunque a pieno regime?
Perché c’è il tentativo di convogliare le sue risorse in canali tradizionali», sottolinea l’avvocato
Gianfranco de Robertis, consulente di Anffas. Finora, infatti, la risposta all’emergenza del «Dopo di
noi» era indirizzare il disabile rimasto orfano al primo posto letto libero. La legge è agli antipodi:
l’idea è di permettergli - con il dovuto supporto - di restare nella sua realtà anche quando i genitori
non ci saranno più. Magari di continuare a vivere in casa sua e non solo: con altri amici che
condividono le stesse difficoltà, sotto la supervisione di educatori, in forme sperimentali di co-
housing. Un «dopo di noi» che comincia con i genitori ancora in vita e coinvolge tutta la famiglia in
percorsi di educazione all’autonomia stesi da un team composto da più figure competenti.
Il punto di partenza? Sempre i desideri del disabile. A questa idea le associazioni dei familiari
hanno cominciato a lavorare decenni fa e questo ha permesso la nascita di realtà come «A casa
mia» a Mortara, dove convivono da soli tre disabili adulti. E altre a Trieste, Ragusa, Catania
Bergamo, Voghera, Milano, Pescara. L’obiettivo è lo stesso della legge: evitare che il disabile
finisca in istituti. O farlo uscire, se ce ne sono le condizioni. A Milano sono stati approvati 284
progetti in base alla legge 112 e ben 292 delle proposte presentate chiedevano l’accompagnamento
all’autonomia. «Il progetto individuale di vita per la persona con disabilità conviene anche allo
Stato - osserva Claudio Castegnaro, ricercatore dell’Istituto per la Ricerca Sociale - Tramite il
budget di progetto, l’impegno di risorse può essere più flessibile, efficace ed equo». Tuttavia, c’è un
nodo da sciogliere: «A livello nazionale, occorre impostare una metodologia e raccogliere
opportunamente dei dati per valutare gli effetti della legge 112, ovvero quanto questa misura
riuscirà a incidere sulla vita delle persone e delle famiglie».
Tra le prime cose che e restano da fare c’è anche riportare il fondo da 51 a 56 milioni di euro,
sottolinea Elena Carnevali (Pd), relatrice della legge 112 alla Camera: «Ho provato molta amarezza
nel vedere respinto l’emendamento alla legge di bilancio, che chiedeva il recupero dei 5 milioni e
che recepiva un ordine del giorno votato all’unanimità dal Parlamento». Ma è importante non
fermarsi: «Sapevamo che sarebbe stato un processo faticoso mettere a sintesi le risorse di famiglie,
istituzioni e territorio ma la strada per una vera inclusione non può che essere questa. Si continua a
pensare che i disabili abbiano sempre e solo bisogno di assistenza, ma dobbiamo creare condizioni
perché siano persone attive, possano partecipare alla vita produttiva occupazionale quando si può o
alla vita sociale del nostro Paese: hanno diritto a una cittadinanza piena».
Rapina in villa: Martelli famiglia
dell’anno L’associazione dei disabili premia i coniugi dell’assalto choc. La vittima: «Mai accanirsi nell’odio». Poi
applausi e lacrime
di Matteo Del Nobile
LANCIANO. Dopo la brutale aggressione in villa, la famiglia del medico Carlo Martelli, chirurgo in
pensione, è stata premiata ieri a Roma, come “Famiglia Anffas 2018” con questa motivazione: “Per aver
saputo distinguersi per dignità ed equilibrio riscontrando un unanime consenso dell’intera nazione e
contribuendo anche a rafforzare l’immagine positiva di tutte le famiglie Anffas”. Alla premiazione, che
si è svolta alla Nuova Fiera, oltre a Martelli era presente anche la moglie Niva Bazzan. Martelli, padre
di Stefano, ragazzo disabile, è presidente dell’Anffas (Associazione nazionale famiglie di persone con
disabilità intellettiva e/o relazionale) di Lanciano. Lo scorso settembre la famiglia fu vittima di una
violenza cieca: quattro banditi dopo essere entrati nella loro villa, picchiarono selvaggiamente la coppia,
tagliando il lobo di un orecchio alla donna. Illeso il figlio. L’intera banda, tutta di romeni, è stata
assicurata alla giustizia. Sulla vicenda tanto fu il clamore mediatico.
Dopo la premiazione, Martelli ha preso la parola e dal suo intervento si sono capite le motivazioni che
hanno spinto l’Anffas a tributare l’ambito riconoscimento. «Io e mia moglie vi ringraziamo per il
premio, per conquistare il quale non abbiamo fatto nulla: non è un merito diventare vittime della
violenza di qualcun altro, non eravamo preparati a ciò che ci è successo è semplicemente la nostra
natura: un medico e un infermiere o forse ciò che siamo diventati avendo avuto un figlio, Stefano, con
disabilità. Da lui», ha detto Carlo Martelli, «abbiamo imparato ad adattarci alle condizioni che la vita
impone di affrontare ma reagendo per migliorarla. Quando è nato Stefano abbiamo capito che sarebbe
stato per sempre e da soli non avremmo potuto fare niente».
È questo, in pratica, lo spirito fondante dell’Anffas, famiglie che accolgono il disagio, si aprono ad altre
esperienze e trovano sostentamento. Cosa che è stata fatta anche in quest’ultima esperienza traumatica.
«Dopo l’episodio che ci ha visti coinvolti», ha continuato Martelli, «non ci siamo chiusi nella solitudine
e nel dolore, non ci siamo accaniti nell’odio verso gli aggressori aizzando contro di loro altre persone.
Non abbiamo aggiunto violenza alla violenza né male al male, abbiamo accolto invece il bene che,
subito dopo l’aggressione, è arrivato. Abbiamo avuto tanta solidarietà, calore umano, gentilezza,
conforto: tutto ciò è stato “il buono" che abbiamo ricevuto; un buono e un bene che hanno superato il
male subito». La standing ovation, alla fine della cerimonia, è stata il giusto riconoscimento a due
grandi persone.
Disabilità, Presidente Casellati: «Le famiglie non vanno lasciate da sole, lo Stato ha
il dovere di garantire assistenza»
«Noi abbiamo bisogno dei loro sorrisi, della loro serenità, del loro benessere. Le loro
famiglie, invece, hanno bisogno che lo Stato faccia la loro parte e non le lasci da sole
ad affrontare disabilità e malattia».
«In Italia ci sono tantissimi disabili che vivono da soli o assieme a genitori di età
superiore ai 64 anni i quali, anche a quell'età avanzata, si devono occupare in prima persona dei bisogni dei propri figli. Occorre dare a queste persone tutto il supporto possibile in termini di accesso alle strutture sanitarie, assistenza domiciliare, trasporto
assistito, sostegno scolastico».
È quanto ha dichiarato oggi il Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, nel corso dell'intervento al convegno "Anffas 60 anni di futuro. Le nuove frontiere
delle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo".
«Sono profondamente convinta che il livello di civiltà di una società contemporanea
non si misuri esclusivamente con gli indicatori economici ma, forse soprattutto, attraverso i livelli di assistenza, considerazione e inclusione che si riesce a garantire al mondo delle fragilità» ha concluso la seconda carica dello Stato.
“Non lasciamo soli gli adulti con disabilità”: appello della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati interviene al convegno di Anffas: “In Italia ci sono tantissimi disabili che vivono da soli o assieme a genitori di età superiore ai 64 anni i quali, anche a quell'età avanzata, si devono occupare in prima persona dei bisogni dei propri figli. Occorre dare a queste persone tutto il supporto possibile” ROMA - "Noi abbiamo bisogno dei loro sorrisi, della loro serenità, del loro benessere. Le loro famiglie, invece, hanno bisogno che lo Stato faccia la loro parte e non le lasci da sole ad affrontare disabilità e malattia. In Italia ci sono tantissimi disabili che vivono da soli o assieme a genitori di età superiore ai 64 anni i quali, anche a quell'età avanzata, si devono occupare in prima persona dei bisogni dei propri figli. Occorre dare a queste persone tutto il supporto possibile in termini di accesso alle strutture sanitarie, assistenza domiciliare, trasporto assistito, sostegno scolastico". È quanto ha dichiarato oggi il Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, nel corso dell'intervento al convegno "Anffas 60 anni di futuro. Le nuove frontiere delle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo". "Sono profondamente convinta che il livello di civiltà di una società contemporanea non si misuri esclusivamente con gli indicatori economici ma, forse soprattutto, attraverso i livelli di assistenza, considerazione e inclusione che si riesce a garantire al mondo delle fragilità", ha concluso la seconda carica dello Stato.
Più consapevoli, per un futuro all’insegna dei diritti e
di una vita migliore
«Questo evento ha rappresentato un nuovo punto di partenza in àmbito di disabilità intellettive
e disturbi del neurosviluppo, durante il quale si sono gettate nuove fondamenta e lanciate
nuove sfide, per guardare al futuro con coraggio e speranza e per consentirci di lavorare con
più consapevolezza e in sintonia per la tutela dei diritti e per la promozione della qualità della
vita»: così Roberto Speziale, presidente dell’ANFFAS, commenta l’esito dell’evento
internazionale intitolato “ANFFAS 60 anni di futuro. Le nuove frontiere delle disabilità
intellettive e disturbi del neuro sviluppo”
di Stefano Borgano
«Questo nostro evento internazionale ha rappresentato un nuovo punto di partenza nell’àmbito delle disabilità intellettive e dei disturbi del neurosviluppo, poiché il confronto, il dialogo e gli incontri che ci sono stati in quei giorni hanno gettato nuove fondamenta, nuove sfide che ci fanno guardare al futuro con coraggio e speranza e che ci consentiranno di lavorare con più consapevolezza e in sintonia per la tutela dei diritti e per la promozione della qualità della vita»: così Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), commenta l’esito dell’evento internazionale intitolato ANFFAS 60 anni di futuro. Le nuove frontiere delle disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, organizzato a Roma nei giorni scorsi dalla stessa ANFFAS con il supporto del Consorzio La Rosa Blu (se ne legga la nostra presentazione). Più di mille partecipanti hanno caratterizzato la tre giorni, oltre all’intervento di circa centocinquanta relatori di spicco, tra cui Miguel Verdugo, docente di Psicologia della Disabilità all’Università spagnola di Salamanca, tra i massimi esperti internazionali sui temi delle disabilità intellettive e della qualità della vita a livello mondiale; Luigi Croce, presidente del Comitato Scientifico ANFFAS; Donata Vivanti, vicepresidente dell’EDF (European Disability Forum); Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon; Michael Wehemeyer dell’Università statunitense del Kansas, Dana Rothdell’Israel Nonprofit Organization Management, Luigi D’Alonzo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Marco Trabucchi dell’AIo (Associazione Italiana di Psicogeriatria); Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap); Benedetta Demartis, presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici); Paolo Grillo, presidente nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down); Marco Espa, presidente della Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi); Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore); Enrico Delle Serre, portavoce nazionale della Piattaforma Italiana degli Autorappresentanti in Movimento. L’evento ha inoltre potuto contare sulla presenza di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato e, all’apertura ei lavori, di Vincenzo Zoccano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Delega alla Famiglia e alle Disabilità. «Grande importanza – viene per altro sottolineato dall’ANFFAS – ha rivestito anche e soprattutto il pieno protagonismo dei tanti autorappresentanti ANFFAS, persone con
disabilità che sono state anch’esse relatrici, riportando opinioni, concetti e idee fondamentali per la costruzione di un futuro diverso e migliore per la nostra società». Oltre a concludere le celebrazioni del sessantennale dell’ANFFAS, l’iniziativa – che ha ottenuto il riconoscimento della Medaglia del Presidente della Repubblica – ha inteso anche rappresentare un ottimo modo per valorizzare la successiva Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 Dicembre, consentendo di andare oltre la semplice celebrazione fatta di sole parole e diffondendo concretamente conoscenze e pratiche promettenti da un punto di vista operativo. «Sono state tre giornate estremamente interessanti – conclude Speziale – che hanno permesso di riflettere ed aggiornarsi sulla grande ricchezza in termini di pensieri, teorie e soluzioni innovative esistenti nel panorama internazionale e nazionale in materia di disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, confrontandosi al tempo stesso sulle problematiche e le sfide della situazione attuale e sul grande lavoro che il nostro Paese ha da fare per garantire, effettivamente, diritti umani e qualità della vita a tutti i cittadini. Tre giornate dove le vere protagoniste sono state proprio le persone con disabilità intellettive. Infatti, nel pomeriggio della seconda giornata si è visto un susseguirsi di spettacoli teatrali e musicali, la presentazione di cortometraggi e di progetti innovativi, tutto ciò che ha dato ancora una volta la prova delle concrete capacità e del reale valore delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neuro sviluppo».