scorrere su e giù, Dino Buzzati avrebbe redatto per il Corriere della Sera, suo giornale, una cinquantina di articoli. Non che non gli capitasse d’incappare nella censura. Come quel suo ar- ticolo di costume sulla Betta 5, bettolina per anni in servizio fra La Spezia e La Maddalena, che gli fu restituito senza troppi complimenti dal Ministero della Marina o quello sul marinaio scelto Schiano, di Torre Annunziata, morto il 2 ottobre 1940 nel- le acque del Canale di Sicilia dopo un attacco di siluranti ai danni di incrociatori britannici, esaminato personalmente dal “Sottosegretario di Stato il quale ha espresso il parere” gli manderà a dire il Ministero “che non sia opportuno pubblicar- lo attualmente per non risvegliare in molti ricordi il tormento di una fine così tragica e che la pubblicazione possa essere ri- mandata di qualche tempo”. L’articolo non fu mai pubblicato. “Avrai forse visto i miei pezzi di marina, che vanno facendosi sempre più difficili perché il colore, gli articoli d’ambiente e si- mili sono banditi” scriverà Buzzati il 31 dicembre 1940 dall’in- crociatore Trieste all’amico fraterno Arturo Brambilla fino a quando la Marina non gli ordinò un libro sulle manovre della flotta navale italiana. “Mi è stato proposto, da alta autorità del- la Marina, di fare una specie di Tsushima sulla attuale nostra guerra navale” scriverà sempre a Brambilla in una lettera da Messina del 5 febbraio 1942 “penso che ne potrebbe venir fuo- ri una cosa bellissima, a saperla fare, soprattutto perché l’ope- ra dovrebbe essere veritiera e non ricalcare le corrispondenze di guerra che via via appaiono sui giornali”. Il libro di Buzzati non vedrà mai la luce. Rimangono in compenso le sue corri- spondenze marinare con la descrizione della vita di bordo, del- le battaglie, delle manovre, degli assalti, delle tante perdite e delle altrettante conquiste. 9 Marinai d’Italia Dicembre 2016 8 Marinai d’Italia Dicembre 2016 P er vent’anni aveva sognato montagne, mentre ora sogna- va solo navi. Navi da guerra. Quando sognava, nella sua cabina affollata di taccuini e lapis spuntati, era il rombo degli aerei inglesi a svegliarlo. Ma anche quelli facevano parte dei suoi sogni di corrispondente di guerra, insieme alle battaglie, ai siluri, agli incrociatori, alle corazzate, ai convogli, ai portelli d’acciaio delle torri marine, agli esilii dei sommergibilisti in fondo al mare. Quando i sogni svanivano, Dino scriveva, armato di tac- cuino, a bordo di una nave o di un sommergibile. Quando capita- va, da una base navale. Nel 1940, ufficiale richiamato alle armi, s’era imbarcato sull’incrociatore Fiume perché raggiungesse da corrispondente il teatro delle operazioni navali del Mediterraneo. Vi fu il Fiume, ma anche il Gorizia, il Trieste e i sommergibili, come A bordo delle unità della Regia Marina, lontano dalla quiete borghese di via Solferino, dal silenzio della grande stanza dal lungo tavolo rettangolare, quello con le lampade a curvatura e l’incavo per i calamai e le asticelle, dove per anni, fra dispacci, telegrammi, notizie aveva scritto i suoi articoli, sempre a pen- na mai con quella macchina dai tasti da pigiare e il rullo da far Corrispondenti di guerra... di altri tempi Giornalisti viaggiatori Stefania Elena Carnemolla - Giornalista La corsa automobilistica Pechino-Parigi S i trattava di una gara automobilistica promossa dal quo- tidiano francese le Matin e che, per le autovetture del- l’epoca, poteva definirsi folle: bisognava coprire i 16.000 km che dividono Pechino da Parigi su percorsi che, per cir- ca 12.000 km, si snodavano lungo piste carovaniere senza poter contare, per lunghi tratti, su alcun tipo di assistenza tecnica. L’auto italiana era una «Itala 35/45 hp», vettura «di serie» armata da un equipaggio di tre persone: il principe Scipio- ne Borghese, già noto per i suoi viaggi avventurosi, il gior- nalista Luigi Barzini inviato speciale del Corriere della Sera, il meccanico Ettore Guizzardi. Il principe Borghese era giunto a Pechino con largo anticipo sulla data di partenza e si era dedicato con puntigliosa at- tenzione alla preparazione dell’impresa. In questa fase erano stati ospiti della comunità italiana del- la capitale cinese e anche la Regia Marina aveva dato un contributo mettendo a disposizione del principe Borghese cinque marinai del Battaglione San Marco scelti tra i più ro- busti e facenti parte della squadra di tiro alla fune captana- ta dal TV Attilio Brauzzi. Barzini così descrisse poi nel suo libro il commiato dai ma- rinai all’alba del 12 giugno: Per lungo tempo scorgemmo le bianche uniformi marinaresche nella mezza oscurità ed udimmo rinnovarsi degli evviva sempre più lontani e debo- li, finché uomini e voci si persero nella distanza. L’Itala non si separerà invece dalla bandierina della Regia Marina donata dal comandante della guarnigione italiana. L’auto, pesante più di due tonnellate, era massiccia e robu- stissima e superò brillantemente la prova giungendo inte- gra al traguardo di Parigi la sera del 10 agosto, cioè dopo 62 giorni di marcia, ricevendo un’accoglienza trionfale. Delle altre auto in gara solo due arrivarono al traguardo, ma venti giorni dopo! L’automobile “ITALA” I grandi inviati del Corriere della Sera . Buzzati sul fronte navale e la censura. Barzini in Cina per la rivolta dei Boxer. Il raid da Pechino a Parigi del principe Scipione Borghese. Tomaselli testimone delle imprese di Umberto Nobile e dell’ascesa di Mao Tse-tung. Il giro del mondo di Vittorio Beonio Brocchieri Dino Buzzati, corrispondente di guerra del Corriere della Sera, un suo appunto autografo e il Libretto Personale del Ministero della Marina