Quello che ammiriamo maggiormente nell’opera di Giorgio Grassi è la straordi- naria coerenza tra il pensiero teorico e la pratica costruttiva. Oggi che vengono or- mai realizzati in un numero sempre più cospicuo alcuni dei suoi progetti importanti - e qui sarebbe interessante capire come mai ciò avviene quasi esclusivamente all’e- stero, forse che anche per Grassi (o, soprattutto per Grassi) vale il detto latino nemo propheta in patria - è evidente come questi “Progetti per la città antica” non sono al- tro che un pronunciamento critico sullo stato attuale della città e sul come invece dovrebbe essere. Le sette opere raccolte in questa breve rassegna non ammet- tono compromessi, sono espressione “di una città che vuole ritrovare la sua ragione, i suoi obiettivi, e non di una città che cerca altre ragioni, altri obiettivi, non si sa bene perché” (“Ca- sabella” n. 657). Nonostante Grassi professi per i suoi progetti “la mediocrità come scelta obbligata” contro la tendenza del- l’architettura contemporanea al protendersi troppo spesso solo all’apparire, essi rappresentano un fatto eccezionale dentro il panorama dell’architettura attuale. Concepiti per poter essere collocati in un luogo atemporale, sono in realtà la risposta ra- zionale di un architetto che si misura con un problema con- creto del suo mestiere. Si ringraziano Carmen Murua, Claudio Camponogara e Marco Vi- tale per il loro prezioso aiuto. Inoltre Nunzio Dego che, con la sua as- sistenza, ha reso più leggero il lavoro di reperimento del materiale da pubblicare e infine un grazie a Giorgio Grassi senza la cui disponibi- lità non sarebbe stato possibile realizzare questo progetto editoriale in modo così completo. Durante il sopralluogo il teatro romano di Sagunto si presenta a Grassi come “una rovina artifi- ciale”sulla quale sono stati operati nel corso degli anni numerosi in- terventi di completamento e di consolidamento “di tipo mime- tico” che sembrano “quasi aver avuto come obiettivo la rovina stessa, cioè l’immagine del teatro in rovina così com’era, accen- tuandone semmai i caratteri pit- toreschi”. Di fronte alla scelta di restaurare le rovine del teatro in un improbabile stile ‘originale’ (fingendosi “eredi di quel lingag- gio”) o di far emergere il pro- blema dell’impossibile ricostru- zione,perché “una buona risposta conterrà sempre e comunque la rovina,il segno della rovina,da cui proviene, (...) [e anche] il segno della sua impossibilità (tecnica, espressiva), la sua dichiarazione d’inefficacia”, Grassi non ha dubbi.Il progetto è “un teatro ‘alla maniera’ degli antichi romani (...) che intende raccogliere dal ma- nufatto antico ogni traccia, ogni suggerimento, ogni indicazione operativa, ma anzitutto la sua più generale lezione di architettura e cercare di portarla avanti con coerenza”. Tale restituzione avviene attraverso le opere di completamento (o di liberazione, dove necessario) delle strutture edilizie esistenti e di ricostruzione di quelle parti necessarie all’individuazione dell’idea del teatro romano e dei suoi caratteri distin- tivi. Lo scenafronte, uno degli elementi Igor Maglica 6 CIL 80 GIORGIO GRASSI Architetture “senza tempo” Progetti ricostruzione del teatro romano di sagunto, spagna, 1985-93 Planivolumetrico. Nella pagina a fianco: particolare del fronte scenico (foto: Pepa Balaguer).