1 GIACOMO SARTORI I MURI DI K.
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GIACOMO SARTORI
I MURI DI K.
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La Biblioteca di Rebstein (LI)
Giacomo SARTORI
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L’opera è stata pubblicata su Nazione Indiana (www.nazioneindiana.com) il 19 e il 28
agosto 2013. Tutte le immagini fotografiche sono opera dell’autore.
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I muri di K. (2013)
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Cari muri di K.
siete divenuti superflui
nei vostri marsupi di terra
prodiga e rossa
(importa a qualcuno?)
squatterano pini possenti
e lucenti corbezzoli
Cari muri di K.
ora foraggiate solo
le pubblicità turistiche
e gli olivi
di qualche anziano
(lasciamo stare per piacere
i giardini dei villini balneari)
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L’agricoltura industriale
vi ha epurato:
siete rozzi
e duri di comprendonio
non collaborate alla soluzione finale
Voi però non demordete
non crollate
manifestate anzi
in cortei impettiti
il vostro arcaico dissenso
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Cari muri di K.
dovete scusarmi
se vi violo
lo sapete bene
per tante estati
vi ho solo sfiorato
con le dita appaiate
come si carezza
il pilastro di una cattedrale
solo quest’anno
(che è l’ultimo)
mi sono procurato una reflex
(non la so tanto usare)
solo quest’agosto vi molesto
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Non intendo certo possedervi
o sfruttarvi
solo parlare un po’
sentire le vostre voci
di pietra cretacica
i vostri fiati carsici
Presto me ne andrò di qui
presto mi chiameranno:
verranno i mattini diafani
verrà l’istante del sogno premonitore
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Alveari di fini tavelle fatte a mano o anche di mattoncini più spessi o blocchi oblunghi o cubi bislacchi a volte perfino pietroni informi: siete sempre diversi sempre pertinenti mai davvero brutti (esiste bruttezza che non sia compromissione morale?)
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Siete lunghi o mozzi
alti o tracagnotti
slanciati o curvi
paciosi o nervosetti
seriosi o sbarazzini
solitari
o più spesso assembrati
in ligi battaglioni
che assaltano i versanti
nell’indifferenza globalizzata
(in versione postsocialista)
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L’etica di un muro
è conservare
la terra e l‘acqua
nascondere il gruzzoletto
sotto il materasso
i muri sono anticapitalisti
rifuggono le mietitrici con il servosterzo
e gli atomizzatori automatici
non parliamo poi
dei derivati finanziari
e del prodotto interno lordo
se ne fottono
pretenderebbero che la gente cammini
come nel Medioevo
amano fare sudare
adorano la fatica degli uomini
rimpiangono gli zoccoli degli asini
sono dei temibili fondamentalisti
hanno insomma quello che si meritano
(che crepino sotto il solleone
d’una degradante notte mediatica)
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Qui non crollano i muri
non siamo nella Val Prino
né a Tavernaro
qui i muri sono tarchiati e forti
larghi come stradette
franeranno tra tremila anni
o cinquemila
non ora
sono troppo massicci
troppo ben fatti
Forse solo la pioggia
potrà leccarli via
(come si beve le montagne
nei cicli dell’orogenesi)
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Cari muri di K.
quante dita di legno duro
quanti giorni di bora nervosa
quante facce erpicate
quanti sincopati passi di asini
quante divinità e santi
e struggenti parti
sono sussunte
nei vostri paleolitici merletti?
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Il sangue lo nascondete
(quasi vergognandovi
di campare ancora)
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I muri vivono
più a lungo dei muratori
(o insomma di chi li ha eretti)
questo lo intuiamo
anche nella nostra barbarie
digitale e globalizzata
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Quanto a loro
i muri di K.
assistono impassibili
tacciono testardi
sopportando le cosiddette intemperie
contemplando i tramonti
senza peraltro sentimentalismi
e senza imparare niente
semplicemente tengono duro
(come si faceva una volta
come insegnava mio padre)
aspettando il seguito
sorridendo dalle fessure
delle loro bocche sdentate
poi però crolleranno a terra
sfiniti anch’essi
di tanto silenzio
di tanto essiccarsi di senso
La solitudine
e l’eternità
sono per gli dei
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Estromessi pure voi
dal cosiddetto mercato globale
(un nuovo dio
come tutte le divinità
celato alla vista)
demotivati e apatici
ridotti a
negletti monumenti
(all’arretratezza?)
cotti dal sole
lisciati e lisciviati
dagli inverni dalmati
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Nessuno che vi dia il blasone
di land art
(per morire
in pretenziosi musei
di acciaio e cristallo)
nessuno che vi dichiari
patrimonio dell’umanità
(la tomba patinata
della celebrità mediatica)
Il vostro problema
è non poter morire:
agonizzate nell’indifferenza
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Cari muri di K.
cosa ne pensate di Stavrogin
e del perpetuarsi del male
(le ipostasi contemporanee
appaiono sempre
meno tremende
meno colpose:
quasi interessanti)
come valutate
l’aggressivo individualismo
dell’era neoliberale
e lo sdilinquimento dell’etica
nelle ragioni dell’economia
(le stesse che governano
la distruzione totale)
il culto integrista della tecnologia
l’estinzione della trascendenza
e di tutto ciò che è alto
(compresa la letteratura)
la dittatura interiorizzata
dei cerimoniali mercificati
cosa sogghignate
quando vi parlo
come vi permettete
di snobbare
i miei rustici filosofeggiamenti
non sapete tutto
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nemmeno voi siete eterni
la vostra eleganza primitiva
si arrenderà all’intrico vegetale
le radici dei pini
(ordinarie radici
di ordinari pini
geneticamente immodificati)
vi piegheranno
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Qui a K.
si contano più di cento sintagmi
per onorare le pietre
esili o massicce
ialine o grigie di sole
bislunghe o cubiche
o aguzze
o forate
cuneiformi
(gli etnologi gioirebbero)
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I nomi sopravvivono
al cosiddetto progresso
(ma come chiamare
ciò che non si è mai visto?
come dribblare
le lingue degradanti
delle religioni?)
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Cari muri di K.
laccati dal sole
leccati da piogge convulse
carezzati dai serpenti
(sempre meglio che niente)
sotto la scorza di pietrisco
e erbe inaridite
nascondete terra sfarzosa
antica e scarlatta
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distillata nei millenni
dal gruviera carsico
e poi ricomposta
da palmi ruvidi e premurosi
non molta
solo qualche spanna
(quando va bene):
una misera faraona
con alti boccoli in fiamme
pronta a darsi da fare
e donare cose buone
se tutti non l’ignorassero
(priva com’è
di dignità mercantile)
come quei soldati
aggrappati a un fronte dimenticato
a guerra strafinita
Voi però lo sapete:
torneranno le carestie
(i telefoni intelligenti
e i titoli della borsa
sono indigesti:
solo qualche capra affamata
potrà addentarli)
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Saggi muri di K.
pensate davvero
che gli dei siano estinti
che nulla ecceda
i gangli nervosi e la saliva?
Credete anche voi ai geni
e agli ormoni?
Davvero siete sordi
al bussare lieve
sulla superficie dei polmoni
e sulle scapole?
Come spiegate
le quotidiane epifanie
dell’inesplicabile?
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Come decifrate
il cosiddetto ritorno religioso
il trionfo dei culti low cost
(irruento marketing spirituale)
i sincretismi personali
più estrosi e disparati
le liturgie fai da te
i riassemblaggi empirici
di prassi magiche
gli sciamanismi metropolitani?
Non vi sembra inevitabile
e anzi coerente?
Vedete un altro sbocco
per l’era dell’individuo sovrano?
(anzi imperatore)
Pensate che qualche uomo
possa vivere
senza uno straccio di senso
condiviso
senza un qualche accesso
alle caverne profonde
aperte sul cielo?
Pensate ancora
che le credenze cosiddette laiche
possano puntellare
le atomizzate nevrosi
e depressioni
(prozac dialettico)
possano arginare
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la bestialità umana?
(si può arginare il male?)
Dai vostri spalti
di pietra stratificata
assisterete a altri olocausti
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Nessuno sa dirmi
chi e quando
vi ha fatto
sasso dopo sasso
con perizia millenaria
e dissennata ostinazione
(non è questa la quintessenza
dell’Homo sapiens?
la cosiddetta razionalità
non è figlia ovvia
dell’accanimento?)
ma anche talento estetico
(preziosismi
e civetterie litiche)
e doti scenografiche
sotto una trapunta inquieta
o nel sole freddo di febbraio
(non certo in questo
ossesso frinire
nel quale ritaglio e scatto)
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Nessuno se lo chiede
siamo troppo occupati
a distruggere
e depredare
sollazzati e scagionati
dal pantheon cangiante
di scapigliati calciatori
dai glutei alati
ieratiche ninfe anoressiche
pugnaci tenniste
dionisiaci musicanti
miliardari condottieri
di industrie immateriali
sapienziali conduttori
del teleschermo
(Stavrogin si è impiccato
a una corda di seta
e le rivoluzioni materialiste
non hanno dato buon esito)
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Ostinati muri di K.
vi prendete
per muraglie eterne
ma basta
che vi erodano l’appoggio
che incidano a valle
e vomitate fuori
i vostri intestini pallidi
misti a grumi
di sangue minerale
(l’inizio della fatale emorragia)
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E intanto le radici
(lo stesso tenue legno
che avete sempre
sprezzato)
vi lavorano ai fianchi:
finiranno un po’ alla volta
per divellervi
Non siete invincibili
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Incongrui gradini
verso il cielo vuoto di agosto
(dove hanno traslocato
i vostri abitanti?
non hanno lasciato
davvero niente?
un manualetto
una ricetta
un nuovo indirizzo?)
scrigni di terra
rossa e cassintegrata
ostili al progresso
insomma anacronistici
(nemmeno balneari!)
per certi versi risibili
come tutte le prove
dell’ostinazione umana
nel passato
(quella presente
seduce e ammalia)
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Anche voi
siete sempre più sconnessi
uno dall’altro
sempre più barricati
in voi stessi?
Anche voi la notte
fate rimbalzare frasette
di cartapesta
per via elettronica?
Anche voi fingete
che le vostre torri fortificate
abbiano ariose feritoie?
Anche voi giocate
con la nostalgia di una fusione
anche voi
chiamate amici
i remoti conoscenti?
Siete anche voi dediti
al sesso virtuale?
O forse fate ancora
gioco di squadra?
Sapete ancora usare
la forza mentale?
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Cari muri di K.
ubriachi di luce
e forsennate cicale
(pure loro cocaina?)
sono anch’io un relitto litico
sensibile alla bellezza
e quasi arreso
Non so cosa cercare
né dove:
il coraggio austero delle ginestre
si è rivelato una forma acuta
e non auspicabile
anzi imbarazzante
di disagio psichico
(hybris cerebrale
foriera di deliri
e tumori)
Dovrei forse voltarmi anch’io
verso oriente
(senza più permettere ai giorni
di vivermi)
Non so cosa avverrà in autunno
o meglio lo so anche troppo bene
ma non conosco i dettagli
(che beninteso non sono dettagli
e mi atterriscono
più di ogni altra cosa)
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Io non so
se potrò farcela
davvero non lo so
(e questo quesito egotistico
mi ripugna)
Verrà l’istante
del sogno premonitore
verrà il silenzio minerale
lo strappo nei polmoni
Cari muri di K.
anche sotto la mia pelle smagliata
c’è sangue fresco
anche la mia pancia
vomiterà budella
di terra rossa
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K., 1-11 agosto 2013
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(La Biblioteca di RebStein, Vol. LI)