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I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA I.5.1. – Proprietà integrali del campo elettrostatico Le proprietà già considerate del campo elettrostatico, descritte dal teore- ma di Gauss e dal fatto che il campo elettrostatico è sempre conservativo, hanno un carattere integrale. Da questi teoremi possiamo ottenere il valo- re locale del campo elettrico solo quando le sue sorgenti sono distribuite con particolare simmetria. Il teorema di Gauss, ad esempio, nella sua formulazione integrale non consente di valutare nei singoli punti dello spazio il campo elettrico generato da distribuzioni di carica arbitrarie. In- fatti l’equazione 0 INT S ε Q d = ∫∫ S E lega solo il valore del flusso totale di E attraverso la superficie chiusa S alla quantità totale di carica contenuta nel volume V delimitato dalla superficie stessa. Dalla conoscenza del flusso totale possiamo ottenere localmente il valore di E, come abbiamo già os- servato, solo quando esso è generato da distribuzioni di carica che presen- tano particolari simmetrie, come distribuzioni uniformi piane, sferiche o cilindriche. Infatti, in ciascuno di questi casi si può intuire la direzione del campo e, di conseguenza, scegliere una superficie di integrazione di geometria opportuna in modo tale che il valore di En (ove n è il versore di dS) risulti su di essa costante per ragioni di simmetria. Analoghe considerazioni possiamo fare sul teorema della circuitazione. L’equazione = 0 ds E stabilisce che il campo elettrostatico E è sempre conservativo, cioè esplicita una proprietà integrale del campo E che si può tradurre in una proprietà locale solo con sorgenti di geometria sem- plice e simmetrica. Vediamo ora di riformulare questi due teoremi in forma differenziale, in modo che descrivano proprietà locali del campo elettrostatico E. In que- sto modo non otterremo direttamente il valore locale del campo E ma il suo modo di variare da punto a punto. In altre parole troveremo le condi- zioni cui debbono soddisfare le derivate parziali di E. A tal fine dobbia- mo introdurre alcuni operatori differenziali. Abbiamo visto nel § I.4.5. come partendo dal campo elettrostatico con- servativo sia stato possibile introdurre il concetto di potenziale calcolando mediante un integrale di linea il lavoro nel trasporto dell’unità di carica. Sappiamo anche che il valore del potenziale in un punto dello spazio non determina direttamente il valore del campo nello stesso punto. Tale valore può invece essere determinato calcolando il gradiente del potenziale (cioè la rapidità di variazione del potenziale in quel punto) in modulo, direzio- ne e verso. In coordinate cartesiane ciò si ottiene valutando le tre derivate parziali del potenziale rispetto alle tre coordinate spaziali. L’operazione gradiente rappresenta un primo esempio di operatore dif- ferenziale, cioè di un algoritmo che applicato al campo scalare del poten-
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Formulazione differenziale elettrostatica

Feb 03, 2016

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EzioCapuano

Appunti di fisica sulla formulazione differenziale dell'elettrostatica
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Page 1: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

I.5.1. – Proprietà integrali del campo elettrostatico Le proprietà già considerate del campo elettrostatico, descritte dal teore-ma di Gauss e dal fatto che il campo elettrostatico è sempre conservativo, hanno un carattere integrale. Da questi teoremi possiamo ottenere il valo-re locale del campo elettrico solo quando le sue sorgenti sono distribuite con particolare simmetria. Il teorema di Gauss, ad esempio, nella sua formulazione integrale non consente di valutare nei singoli punti dello spazio il campo elettrico generato da distribuzioni di carica arbitrarie. In-

fatti l’equazione 0

INT

S εQd =•∫∫ SE lega solo il valore del flusso totale di E

attraverso la superficie chiusa S alla quantità totale di carica contenuta nel volume V delimitato dalla superficie stessa. Dalla conoscenza del flusso totale possiamo ottenere localmente il valore di E, come abbiamo già os-servato, solo quando esso è generato da distribuzioni di carica che presen-tano particolari simmetrie, come distribuzioni uniformi piane, sferiche o cilindriche. Infatti, in ciascuno di questi casi si può intuire la direzione del campo e, di conseguenza, scegliere una superficie di integrazione di geometria opportuna in modo tale che il valore di E•n (ove n è il versore di dS) risulti su di essa costante per ragioni di simmetria. Analoghe considerazioni possiamo fare sul teorema della circuitazione. L’equazione ∫ =• 0dsE stabilisce che il campo elettrostatico E è sempre

conservativo, cioè esplicita una proprietà integrale del campo E che si può tradurre in una proprietà locale solo con sorgenti di geometria sem-plice e simmetrica. Vediamo ora di riformulare questi due teoremi in forma differenziale, in modo che descrivano proprietà locali del campo elettrostatico E. In que-sto modo non otterremo direttamente il valore locale del campo E ma il suo modo di variare da punto a punto. In altre parole troveremo le condi-zioni cui debbono soddisfare le derivate parziali di E. A tal fine dobbia-mo introdurre alcuni operatori differenziali. Abbiamo visto nel § I.4.5. come partendo dal campo elettrostatico con-servativo sia stato possibile introdurre il concetto di potenziale calcolando mediante un integrale di linea il lavoro nel trasporto dell’unità di carica. Sappiamo anche che il valore del potenziale in un punto dello spazio non determina direttamente il valore del campo nello stesso punto. Tale valore può invece essere determinato calcolando il gradiente del potenziale (cioè la rapidità di variazione del potenziale in quel punto) in modulo, direzio-ne e verso. In coordinate cartesiane ciò si ottiene valutando le tre derivate parziali del potenziale rispetto alle tre coordinate spaziali. L’operazione gradiente rappresenta un primo esempio di operatore dif-ferenziale, cioè di un algoritmo che applicato al campo scalare del poten-

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I.5.2. – TEOREMA DI GAUSS IN FORMA DIFFERENZIALE

79

ziale ϕ(x,y,z) produce come risultato un secondo campo, in questo caso il campo vettoriale E

ϕ−≡ϕ−≡⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂ϕ∂

+∂ϕ∂

+∂ϕ∂

−= ∇gradzyx

kjiE

Introdurremo in questo capitolo altri operatori differenziali, utili per risol-vere il problema dell’elettrostatica. Di particolare interesse risultano gli o-peratori divergenza e rotazionale di un campo vettoriale, in quanto, come vedremo, descrivono la densità locale delle sorgenti del campo stesso. Queste possono essere di due tipi: sorgenti di flusso (che chiame-remo anche sorgenti coulombiane) e sorgenti di vorticosità, denomina-zioni che derivano dall’analisi del campo delle velocità di un fluido.

I.5.2. – Teorema di Gauss in forma differenziale. Divergenza di un campo vettoriale

Consideriamo un punto P(x,y,z) nello spazio in cui è presente un campo elettrico E ed un volume V, delimitato da una superficie S, nell’intorno di P. Il teorema di Gauss assicura che il flusso di E uscente da S dipende so-lo dalla carica in essa contenuta

0

INT

S εQ

d =•=Φ ∫∫ SE

Per tradurre tale relazione integrale in una differenziale, che descriva il comportamento del campo elettrico punto per punto dello spazio, pren-diamo in esame un volume sufficientemente piccolo nell’intorno del pun-to P in esame, al limite infinitesimo, e valutiamo mediante il teorema di Gauss il flusso uscente

( )0εdV Pρd =Φ

da cui

0ερ

dVd

=Φ (I.5.1)

Il primo membro della (I.5.1) definisce la divergenza del campo E nel pun-to P e si indica col simbolo Ediv : questa rappresenta il flusso specifico, cioè il rapporto tra il flusso del campo E uscente da un volume ΔV, pre-so nell’intorno del punto P, e il volume stesso, valutato al limite quando questo tende a zero. Come limite del rapporto di due quantità scalari (flusso e volume), la Ediv è una quantità scalare e, come mostra la (I.5.1), essa di-pende solo dalla densità delle sorgenti di flusso (che definiamo sorgenti cou-lombiane) presenti nell’intorno del punto P e non dalla particolare geometria del volume considerato né dalle sorgenti localizzate fuori dalla regione infi-nitesima considerata. Nel seguito daremo una dimostrazione qualitativa del fatto che per un qualsiasi campo vettoriale che abbia componenti continue assieme alle loro derivate prime (cosa sicuramente vera per il campo elettri-

P

Fig. 1

Page 3: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

80

co) esiste ed è finito il V

lim0V Δ

ΔΦ→Δ

. La divergenza va considerata come un o-

peratore differenziale che applicato ad un campo vettoriale dà origine al campo scalare che rappresenta la densità del flusso uscente da un elemento di volume preso nell’intorno di un qualsiasi punto del campo: per i campi che soddisfano il teorema di Gauss, in particolare per il campo elettrostatico, la divergenza del campo risulta proporzionale in ogni punto alla densità delle sorgenti coulombiane del campo nello stesso punto. La relazione

( )0ε

x,y,zρdiv =E

rappresenta la forma differenziale del teorema di Gauss.

I.5.3. – Trasformazione di un integrale di superficie (flusso) in un integrale di volume: teorema della divergenza

Nel seguito faremo riferimento al campo elettrostatico ma le considera-zioni ed i risultati che troveremo si possono applicare ad un qualsiasi campo vettoriale che abbia componenti scalari continue assieme alle de-rivate parziali del primo ordine. Consideriamo il flusso di E uscente da una regione V delimitata da una superficie chiusa S

∫∫ •=ΦS

dSE

Se ora sezioniamo la regione V in due parti, possiamo considerare le due superfici chiuse S1 e S2 che racchiudono le porzioni V1 e V2, e che sono costituite dalle due parti di S e dalla superficie che determina la sezione considerata una volta come delimitante la regione V1, ed una seconda volta come delimitante la regione V2. Si può vedere che il flusso di E at-traverso S1 sommato al flusso di E attraverso S2 risulta pari al flusso at-traverso la superficie iniziale S, dato che i contributi a questi flussi dovuti alla superficie di sezione che abbiamo aggiunto sono numericamente u-guali ma di segno opposto (fig. 3). Possiamo procedere in modo analogo, sezionando ulteriormente (fig. 4) le regioni V1 e V2. La somma dei flussi parziali uscenti attraverso le super-fici chiuse che limitano le regioni così ottenute risulta sempre uguale al flusso totale attraverso S

∑∑∫∫∫∫==

Φ=•=•=ΦN

1ii

N

1i iSSdd SESE

Consideriamo per ciascuna delle regioni Vi il rapporto tra flusso e volu-me. Si può anche scrivere

i

N

1i i

iN

1ii V

V∑∑==

Φ=Φ=Φ (I.5.2)

n dS

Fig. 4

S

V

n dS

Fig. 2

S1

V1

S2

V2

n2

n1

Fig. 3

n1

n2

Page 4: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.2. – TEOREMA DI GAUSS IN FORMA DIFFERENZIALE

81

Z

P

dx

dy

dz Y

x z

y O

Fig. 5

X

Osserviamo che nella procedura di suddivisione in volumi parziali, la somma di questi coincide con il volume totale ( )VVi i =∑ , ma contem-poraneamente, come abbiamo dimostrato, anche la somma dei flussi u-scenti dai volumi parziali coincide con il flusso uscente dal volume totale ( )Φ=Φ∑i i . Per tale ragione è ragionevole attendersi che, quando por-tiamo al limite la suddivisione, il volume dV intorno ad un punto P e il flusso dΦ da esso uscente risultino infinitesimi dello stesso ordine. In al-tre parole è plausibile che esista e sia finito il

i

iS

0iVi

i0iV V

dlim

Vlim

∫∫ •=

Φ→→

SE

Con la sola ipotesi che nella regione fissata le componenti di E siano con-tinue e finite insieme alle loro derivate prime, si può dimostrare che tale limite esiste ed è indipendente dalla particolare procedura di suddivisio-ne, dipendendo solo dal campo vettoriale E e dal punto P scelto. Come abbiamo già visto per il campo elettrico, questo limite è la divergenza del campo nel punto in esame. Quando nella (I.5.2) si porta al limite la suddivisione, la somma sui Vi si trasforma in un integrale di volume ed il rapporto ii VΦ nella divergen-za del campo E; si ottiene pertanto

∫∫∫∫∫∫∫∫ =⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ Φ=•=Φ

→ VV i

i0iVS

dV divdV V

limd ESE

La relazione

∫∫∫∫∫ =•VS

dV divd ESE

esprime il teorema della divergenza: l’uso dell’operatore divergenza consente di trasformare un integrale di flusso di un qualsiasi campo vetto-riale E, esteso ad una superficie chiusa S, in un integrale di volume di

Ediv , esteso al volume da essa delimitato.

I.5.4. – Valutazione della divergenza in coordinate cartesiane

L’espressione esplicita della divergenza di un campo vettoriale E dipende dal sistema di coordinate scelto per la rappresentazione del campo stesso. Calcoliamo esplicitamente l’espressione della Ediv nel caso si faccia uso di un riferimento cartesiano ed, in ogni punto di coordinate (x, y, z) il cam-po ( )z,y,xEE = sia noto in funzione delle sue componenti cartesiane

( ) ( ) ( ) ( )kjiEE z,y,xEz,y,xEz,y,xEz,y,x zyx ++==

Calcoliamo il rapporto tra flusso e volume già al limite, considerando un volume infinitesimo nell’intorno di P ed il flusso, pure infinitesimo, da questo uscente. Come elemento infinitesimo di volume scegliamo un parallelepipedo, avente gli spigoli paralleli agli assi cartesiani, in modo che il suo volume sia espresso da dz dy dxdV = .

Page 5: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

82

Il flusso uscente da tale volume si può calcolare facilmente, osservando che il flusso attraverso ciascuna faccia del parallelepipedo dipende solo dalla componente di E secondo l’asse cartesiano normale a tale faccia. Pertanto, se indichiamo con dΦx il flusso complessivo attraverso le due facce aventi la normale orientata da parti opposte secondo l’asse X, que-sto in generale dipende da come varia la componente Ex passando da una

faccia all’altra (fig. 6), cioè dal punto di coordinate ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ − z,y,

2dxx a quel-

lo di coordinate ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ + z,y,

2dxx . Quindi

( ) dVx

Edydz dxx

E

dS z,y,2

dxxEz,y,2

dxxEd

xx

xxxx

∂∂

=∂

∂=

=⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ +=Φ

Analogamente per il flusso uscente attraverso le facce con normale orien-tata secondo l’asse Y e, rispettivamente, secondo l’asse Z

( ) dVy

Edxdz dy

yE

dS dyy

Ed yy

yy

y ∂

∂=

∂=

∂=Φ

( ) dVz

Edxdy dzz

EdS dzz

Ed zzz

zz ∂

∂=

∂∂

=∂

∂=Φ

Osserviamo che dΦx, dΦy, dΦz sono i tre contributi scalari al flusso totale uscente dall’elemento dV e non le componenti di un vettore come si po-trebbe essere erroneamente indotti a pensare per la presenza dei tre pedi-ci. Il flusso totale vale

dV z

Ey

Ex

Edddd zyxzyx ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛∂

∂+

∂+

∂∂

=Φ+Φ+Φ=Φ

e la Ediv si ottiene direttamente dal rapporto tra flusso e volume infinite-simi come

zE

yE

xE

dVddiv zyx

∂∂

+∂

∂+

∂∂

=E

Le derivate parziali delle componenti scalari vanno valutate nel punto P(x,y,z) in cui si vuole conoscere la divergenza. E’ bene ricordare nuo-vamente che questa espressione vale solo in coordinate cartesiane. Se da un punto di vista formale trattiamo l’operatore ∇ , introdotto per

esprimere il gradiente, come un vettore kjizyx ∂

∂+

∂∂

+∂∂

=∇ , possiamo

esprimere la div E in coordinate cartesiane come

EE •=∂

∂+

∂+

∂∂

= ∇z

Ey

Ex

Ediv zyx

Se si vuole ottenere l’espressione della divergenza in un altro sistema di

Fig. 6

Z

X

x−dx/2

x+dx/2

P

Y

O

n ≡ i n ≡ −i

Page 6: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.5. – ROTAZIONALE DI UN CAMPO VETTORIALE

83

Fig. 7

θ

ϕ dϕ

dr

r dθ

r sinθ dϕ

coordinate, come il sistema di coordinate polari r, θ, ϕ, con un procedi-mento analogo al precedente occorre scegliere il volume elementare me-diante archi infinitesimi definiti da variazioni di una sola delle coordinate per volta. Questi sono (fig.7)

drd 1 =l

dθ rd 2 =l

ϕ= d θsin rd 3l

e l’elemento di volume risulta perciò definito come

dr dSdr θ dθ dsinrdV 2 =ϕ=

In questo caso la divergenza (divE(r,θ,ϕ)), valutata come V

lim0V Δ

ΔΦ→Δ

, ri-

sulta pari a

( ) ( )ϕ∂

∂+

∂∂

+∂∂

= ϕEθsinr

1θsinEθθsinr

1Errr

1div θr2

2E

I.5.5. – Proprietà della circuitazione del campo elettrostatico in termini differenziali. Rotazionale di un campo vettoriale

Per tradurre in termini differenziali la legge della circuitazione del campo elettrostatico

∫ =•=Γ 0dsE

che, come sappiamo, esprime la proprietà del campo E di essere conser-vativo, possiamo procedere in modo analogo a quanto fatto per tradurre in termini differenziali il teorema di Gauss. Fissato un punto P nello spazio sede del campo E, consideriamo una linea chiusa γ nell’intorno di P su cui fissiamo un verso positivo di percorren-za. Sia ΔS l’area di una arbitraria superficie, avente come contorno la li-nea chiusa γ e passante per il punto P. Orientiamo la normale n alla su-perficie utilizzando la regola del cavatappi destrogiro o della mano de-stra: facendo ruotare il cavatappi nel verso positivo di γ, questo avan-za nel verso positivo di n, oppure indicando con le dita della mano destra il verso di percorrenza del contorno, il pollice indica il verso della normale positiva. Osserviamo che prendendo linee chiuse sempre più piccole, si riducono contemporaneamente sia l’area di ΔS, appoggiata su γ, che la circuitazione ΔΓ di E su γ. Riscontriamo in ciò una situazione analoga a quella incontrata quando abbiamo tradotto in termini differen-ziali il teorema di Gauss, relativamente al flusso uscente attraverso una superficie chiusa ed il volume da essa racchiuso. Questa analogia sugge-risce di prendere in esame il rapporto tra ΔΓ e ΔS al limite quando l’area della superficie diventa infinitesima. Si può dimostrare che se il campo, nella regione in cui è definito, ha componenti scalari continue assieme

Fig. 8

n P

γ

P n

Fig. 9

Page 7: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

84

alle loro derivate parziali del primo ordine, il rapporto ΔΓΔS tra la cir-cuitazione e l’area della superficie tende ad un limite finito1 quando la superficie diventa infinitesima. Ciò vale per ogni punto P(x,y,z), nel cui intorno sia presa la superficie elementare stessa. Osserviamo che le con-dizioni precedenti sono ovviamente soddisfatte dal campo elettrostatico che è conservativo. Data l’arbitrarietà con cui possiamo scegliere la superficie sul cui contor-no si valuta la circuitazione, dobbiamo attenderci che il limite dSdΓ di-penda non solo dalle coordinate del punto P in esame ma anche dalla par-ticolare orientazione della normale n all’elemento di superficie dS (su cui si trova il punto P). Nello stesso punto P il valore del limite può quindi assumere infiniti valori diversi. Si può dimostrare però che esiste un vet-tore chiamato rotazionale di E, indicato con il simbolo rotE, che permet-te di dedurre in modo univoco tutti i valori che tale limite assume nel punto in esame, in corrispondenza delle diverse orientazioni della norma-le n. Risulta infatti che il limite cercato è dato dalla proiezione del vettore rotE sulla normale n dell’elemento dS

( ) nE •=⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

ΔΔΓ

→Δrot

Slim

0S

Ricordiamo che nella relazione precedente il verso positivo scelto per il calcolo della circuitazione e il verso della normale n all’elemento di su-perficie, sul cui contorno valutiamo la circuitazione stessa, sono legati dalla regola della mano destra. Il rotazionale è un operatore differenziale che applicato ad un campo vet-toriale, dà origine ad un nuovo campo vettoriale la cui componente in una direzione generica dà la densità di circuitazione per un contorno preso nel piano ortogonale a tale direzione. Per comprendere il significato dell’operatore rotazionale utilizziamo ancora il campo di velocità di un fluido incompressibile in moto stazionario. Sap-piamo che vi può essere un campo di velocità degli elementi fluidi anche in assenza di sorgenti e di pozzi. Questa situazione è presente quando si han-no dei vortici con linee di corrente che si chiudono su se stesse e che corri-spondono ad uno stato di rotazione del fluido. Il caso più semplice si ha quando il fluido si muove tutto insieme come un unico corpo rigido. Consideriamo infatti un volume di fluido cilindrico di raggio R che ruota rigidamente con velocità angolare ω attorno al suo asse. La velocità v di ogni suo punto vale rωv ×= , ove r è il vettore che ne definisce la posizione rispetto ad un punto O dell’asse di rotazio-ne. Verificheremo nell’Esempio I.5.1. che in questo caso ωv 2rot = , in-dipendentemente dal valore di r. Nel caso di un fluido in moto stazionario non rigido, il campo delle velo-cità ed il suo rotazionale variano in generale da punto a punto. In ogni ca-so, però, la relazione ωv 2rot = continua a valere in ciascun punto: il ro-tazionale della velocità è pari al doppio della velocità angolare del moto del singolo elemento del fluido. Quando il moto del fluido risulta

––––––––––– 1. Di ciò daremo nel seguito una spiegazione qualitativa.

Page 8: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.5. – ROTAZIONALE DI UN CAMPO VETTORIALE

85

irrotazionale ( 0rot =v ) possiamo osservare sperimentalmente che piccoli elementi solidi trascinati nel moto non ruotano su se stessi mentre vengo-no trasportati. In particolare se risulta 0rot =v in tutto il fluido, il moto del fluido è privo di vortici. Diremo perciò che il rotazionale di un campo vettoriale è proporzionale in ogni punto alla densità locale di sorgenti vorticose del campo stesso. Nel caso del campo elettrostatico, poiché la sua circuitazione è sempre nulla, segue che

(rotE)•n = 0

per qualunque orientazione della normale n. Se ne deduce che il campo elettrostatico è sempre irrotazionale, cioè

0rot =E (I.5.3)

in ogni punto dello spazio e, di conseguenza, esso non ha sorgenti vorti-cose. Nello studio dell’elettromagnetismo troveremo altri campi vettoriali per i quali sono presenti solo sorgenti vorticose e anche campi che hanno sia sorgenti coulombiane che vorticose. La (I.5.3) rappresenta la formulazione differenziale del teorema della circuitazione del campo elettrostatico.

I.5.6. – Trasformazione dell’integrale di circuitazione in un integrale di flusso: Teorema di Stokes

Nel seguito faremo ancora riferimento al campo elettrostatico ma le con-siderazioni ed i risultati sono del tutto generali e si potranno poi applicare ad un qualsiasi altro campo vettoriale che sia definito in una regione dello spazio ove ha componenti scalari continue assieme alle derivate parziali del primo ordine. Consideriamo il campo elettrostatico in una tale regione e prendiamo una linea chiusa γ arbitraria su cui valutiamo la circuitazione Γ di E, dopo a-ver fissato un verso positivo di percorrenza

∫γ•=Γ sE d

Appoggiamo ora al contorno γ una superficie S arbitraria, i cui punti sia-no tutti interni alla regione considerata. Tale superficie può essere suddi-visa mediante un sistema di linee in tante porzioni, ciascuna delle quali ha un contorno γi lungo il quale si può valutare la circuitazione Γi di E

∫γ•=Γ

ii dsE

E’ facile vedere che se sommiamo i valori di tutte le circuitazioni sui con-torni così definiti, tutti i tratti interni non danno contributo alla somma in quanto vengono percorsi due volte in versi opposti, e pertanto i loro contributi sono dello stesso valore ma di segno opposto. Resta quindi solo il contributo del contorno esterno

∑∑∫∫==

γγΓ=•=•=Γ

N

1ii

N

1i idd sEsE

Fig. 10

Si

Page 9: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

86

Tale relazione vale anche se moltiplichiamo e dividiamo ciascun contri-buto Γi per l’area Si della superficie corrispondente e continua a valere anche se portiamo la suddivisione al limite per N→∞ ed Si → 0

∫∫∫∫∑∑∑ •=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ Γ=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛ Γ=

Γ=Γ=Γ

→=

∞→==

Si

i

S 0iSi

N

1i i

i

Ni

N

1i i

iN

1ii dSrotdS

SlimS

SlimS

SnE

cioè risulta

∫∫∫∫∫ •=•=•=Γγ SS

drotdSrotd SEnEsE

Questa relazione, che esprime il teorema di Stokes, si può interpretare dicendo che la circuitazione di un campo vettoriale E lungo una linea chiusa γ è uguale al flusso del vettore Erot attraverso una superficie qualsiasi che si appoggia sul contorno γ, orientata positivamente con la regola della mano destra2, in accordo al verso positivo fissato su γ. Ab-biamo così trasformato un integrale di linea in un integrale di superficie. Abbiamo già visto che un campo conservativo, come il campo elettro-statico E, poiché ha circuitazione sempre nulla (Γ=0), deve anche risul-tare irrotazionale ( 0rot =E ) in tutti i punti in cui è definito. Invece se un campo vettoriale ha rotazionale nullo soltanto in una regione limitata dello spazio, risulta anche conservativo in tale regione solo se questa è semplicemente connessa3. Solo in questo caso, infatti, su ogni linea chiusa tracciata entro la regione possiamo appoggiare una superficie che stia interamente all’interno della regione stessa, in modo tale che su tutti i punti della superficie su cui si calcola l’integrale, il rotazionale del campo risulti nullo. Per esempio, se il rotazionale del campo è nullo so-lo all’interno di un volume di forma toroidale, il campo risulta non con-servativo (cfr.§ II. 5.5).

I.5.7. – Calcolo delle componenti cartesiane del rotazionale

Il vettore Erot può essere definito in ogni punto valutando le sue tre componenti nel sistema di riferimento prescelto. Nel caso di un riferimen-to cartesiano, in cui il campo vettoriale E è espresso mediante le sue componenti

( ) ( ) ( ) ( )kjiEE z,y,xE z,y,xE z,y,xE x,y,z zyx ++==

si tratta di valutare per ogni punto i tre limiti cui tende il rapporto SΔΔΓ avendo scelto tre superfici di area ΔS rispettivamente normali

all’asse X, all’asse Y ed all’asse Z. Come esempio, vogliamo calcolare la componente lungo l’asse Z del ro-tazionale in un punto P

––––––––––– 2. Si potrebbe fare la scelta opposta, purché si mantenga la consistenza in tutti gli sviluppi

successivi. 3. Una regione è semplicemente connessa se una qualsiasi curva chiusa in essa contenuta

può ridursi con continuità ad un punto senza uscire dalla regione stessa. Una regione to-roidale, ad esempio, non soddisfa questo requisito.

Page 10: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.7. – CALCOLO DELLE COMPONENTI CARTESIANE DEL ROTAZIONALE

87

Fig. 11

Z

dx X

Y

O

dy

n ≡ k

P x

y

Scegliamo intorno al punto P(x, y, z) un’areola dS, con lati dx e dy paral-leli agli assi X e Y rispettivamente e con la normale orientata nel verso positivo dell’asse Z (fig. 11). Per la regola adottata della mano destra, la circuitazione va effettuata percorrendo il contorno in verso antiorario, se visto da un osservatore orientato secondo k

( ) =Δ

•=•= ∫

→Δ z0zSz S

dlimrotrot

sEkEE

yE

xE

dy dxdydx

xE

dy dxdxdy

yE

dy dx1dyz,y,

2dxxEz,y,

2dxxE

dy dx1dxz,

2dyy,xEz,

2dyy,xE

xyyx

yy

xx

∂∂

−∂

∂=

∂+

∂∂

−=

=⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ ++

+⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −+⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ +−=

In modo analogo si può ottenere

( )z

Ey

E rotrot yzx ∂

∂−

∂∂

=•= iEE

( )x

Ez

E rot rot zxy ∂

∂−

∂∂

=•= jEE

Come regola mnemonica si può considerare il rotE definito dal determinante

zyx EEEzyx

rot∂∂

∂∂

∂∂

=

kji

E

nel significato conferitogli dal suo sviluppo formale, interpretando il pro-dotto zE y ∂∂ come indicazione di derivata parziale di Ey rispetto a z, etc.

Con questa notazione, i simboli x∂∂ , y∂∂ , z∂∂ indicano degli operato-ri differenziali che agiscono su delle funzioni scalari producendo delle nuove quantità scalari che sono appunto le rispettive derivate parziali. D’altro lato i simboli x∂∂ , y∂∂ , z∂∂ possono essere interpretati for-malmente come le componenti cartesiane dell’operatore ∇ , così che il

Erot in coordinate cartesiane può essere espresso come

EE ×= ∇rot

ESEMPIO I.5.1. – ROTAZIONALE NEL CAMPO DELLE VELOCITÀ

Consideriamo come campo vettoriale il campo delle velocità di un corpo rigido, ad esempio un disco di raggio R. Assumiamo dapprima che esso trasli su un piano orizzontale con velocità v (fig. 12). In tal caso è facile

Page 11: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

88

verificare che ∫ =• 0dsv lungo un percorso chiuso qualsiasi, ad esem-

pio il contorno del disco stesso, in quanto il contributo relativo all’arco ABC è uguale ed opposto a quello dell’arco ADC. Pertanto il campo del-le velocità risulta irrotazionale. Se invece il disco ruota rigidamente con velocità angolare ω attorno al centro O (fig. 13), la velocità v di un suo punto qualsiasi vale rωv ×= , ove r è il vettore che ne definisce la posi-zione rispetto ad O. È facile verificare che in questo caso ωv 2rot = , in-dipendentemente dal valore di r: basta infatti integrare su una circonfe-renza di raggio r e poi dividere per la superficie da esso racchiusa. Possiamo anche ottenere lo stesso risultato valutando la velocità v degli elementi del disco in rotazione e il vettore vrot in coordinate cartesiane. Poniamo jir y x += e kω zω=

jikji

rωv xy0yx

00 zzz ω+ω−=ω=×=

e

( ) ωk

kji

v 2

0xyzyx

rot zz

zz

=ω+ω=

ωω−∂∂

∂∂

∂∂

=

Quindi nel caso di moto rotatorio, il rotazionale della velocità v è pro-porzionale alla velocità angolare locale. Il risultato precedente continua a valere anche se la rotazione avviene attorno ad un punto diverso da O oppure se il moto del corpo rigido è qualsiasi, in quanto ogni atto di mo-to può essere scomposto in una traslazione più una rotazione infinitesime ( rωvv ×+= O ). Nel caso di un moto non rigido, quale di solito si ha per un fluido, il campo delle velocità ed il suo rotazionale variano da punto a punto, di-pendendo dal particolare tipo di flusso. In ogni caso, però, possiamo considerare ogni elemento infinitesimo del fluido come un corpo rigido infinitesimo e la relazione ωv 2rot = continua a valere in ciascun punto; il rotazionale della velocità indica lo stato di moto rotatorio del singolo elemento del fluido.

I.5.8. – Uso formale degli operatori differenziali Consideriamo l’operatore differenziale gradiente, indicato con il simbolo ∇ (nabla), già visto nella definizione del campo elettrico a partire dal potenziale

ϕ−=ϕ−= ∇ gradE

L’applicazione dell’ operatore ∇ ad un campo scalare ϕ (x,y,z), corri-sponde all’applicazione a tale campo degli operatori di derivazione parziale, ciascuno dei quali fornisce una delle componenti di un cam-po vettoriale

v A

B

C

D

Fig. 12

A B

C

D

O

Fig. 13

Z

ω

Page 12: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.8. – USO FORMALE DEGLI OPERATORI DIFFERENZIALI

89

kjizyx

∂ϕ∂

+∂ϕ∂

+∂ϕ∂

=ϕ∇

Da un punto di vista formale si può trattare l’operatore ∇ come un vettore

kjizyx

∂∂

+∂∂

+∂∂

=∇

ed applicare, con le dovute cautele, le regole delle operazioni tra vettori. In questo modo, come abbiamo già osservato, si ha Gradiente ( ϕ ∇ ): Equivale al prodotto di un vettore per uno scalare, cioè

kjizyx

∂ϕ∂

+∂ϕ∂

+∂ϕ∂

=ϕ∇

Divergenza ( A•∇ ): Equivale al prodotto scalare tra vettori, cioè

zyx Az

Ay

Ax

∂∂

+∂∂

+∂∂

=• A∇

Rotazionale ( A×∇ ): Equivale al prodotto vettoriale tra vettori, cioè

zyx AAAzyx

∂∂

∂∂

∂∂

kji

A∇

Questi operatori sono lineari, nel senso che, per esempio, si ha ( ) 2121 ϕ+ϕ=ϕ+ϕ ∇∇∇ . L’uso formale dell’operatore ∇ è utile per

ottenere direttamente alcune proprietà notevoli degli operatori, proprietà che si possono d’altra parte dimostrare in maniera rigorosa mediante lo sviluppo completo. Queste proprietà sono 1. 0 =ϕ×∇∇ cioè rot (grad ϕ) = 0 Ciò significa che un campo conservativo che deriva da un potenziale è

sempre irrotazionale. 2. 0 =ו A∇∇ cioè div (rot A) = 0 Un campo vettoriale che sia definito come rotazionale di un campo

vettoriale arbitrario è sempre a divergenza nulla e viene detto sole-noidale. In altre parole tale campo non ha sorgenti coulombiane.

3. Consideriamo ora la seguente combinazione

( ) graddiv 2 =ϕ∇=ϕ•≡ϕ ∇∇

= 2

2

2

2

2

2

zyxzzyyxx ∂ϕ∂

+∂

ϕ∂+

∂ϕ∂

=∂ϕ∂

∂∂

+∂ϕ∂

∂∂

+∂ϕ∂

∂∂

L’operatore (div grad) che indichiamo con ∇2 e con il nome di operato-re di Laplace (o Laplaciano) è un operatore lineare e scalare cioè, ap-plicato ad un campo scalare ϕ produce un nuovo campo scalare: ϕ∇2 .

Talvolta è formalmente utile applicarlo ad un campo vettoriale A ma, in tal caso, lo si intende applicato separatamente alle componenti car-tesiane di A, cioè

Page 13: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

90

( ) AAA AAA z2

y2

x2

zyx22 kjikjiA ∇+∇+∇=++∇=∇

dato che i versori degli assi di riferimento sono da considerarsi co-stanti nell’operazione di derivazione.

4. Ricordando che

( ) ( ) ( )CBABCACBA •−•=××

si può ottener la seguente identità, che risulterà particolarmente utile nel seguito

( ) AAAAAA 22 div gradrot rot ∇−=∇−•=××= ∇∇∇∇

5. Mentre per i vettori veri vale la relazione A•(B×C) = (A×B) •C, si può verificare con lo sviluppo diretto che per l’operatore ∇ vale in-vece

( ) ( ) ( )BAABBA ו−ו=ו ∇∇∇

cioè

( ) ( ) ( )BAABBA rotrotdiv •−•=×

6. Infine si può verificare con lo sviluppo diretto che per l’operatore ∇ risulta

( ) ( ) ( )ϕ•+•ϕ=ϕ• ∇∇∇ AAA

cioè

( ) ( ) ϕ•+ϕ=ϕ graddivdiv AAA

I.5.9. – Proprietà differenziali del campo elettrostatico Il teorema di Gauss in forma differenziale può essere anche ottenuto uti-lizzando il teorema della divergenza che, come abbiamo visto, trasforma l’integrale di superficie in integrale di volume. Sappiamo che il teorema di Gauss collega il flusso di E uscente attraverso una superficie chiusa S con la quantità totale di carica QINT contenuta nel-la regione delimitata da S

0

INT

SE εQ

d =•=Φ ∫∫ SE

Ricordando la definizione di densità di carica ( ) dVdqx,y,zρρ == , il secondo membro si può esprimere come integrale di volume della densità di carica ρ

∫∫∫=V

00

INT ρdVε1

εq

D’altra parte, sappiamo che anche l’integrale del flusso può essere tra-sformato in un integrale di volume, mediante il teorema della divergenza

Page 14: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.9. – PROPRIETÀ DIFFERENZIALI DEL CAMPO ELETTROSTATICO

91

∫∫∫∫∫ =•VS

dV divd ESE

Segue da ciò l’eguaglianza dei due integrali di volume

dVερ dVρ

ε1 dV div

V 0V0V ∫∫∫∫∫∫∫∫∫ ==E

che deve valere comunque sia scelto il volume di integrazione, purché lo stesso per entrambi i membri. Ciò è possibile solo se le funzioni integran-de sono uguali in ogni punto, cioè se

0ερ div =E

Ritroviamo così la legge di Gauss in forma differenziale, che in coordina-te cartesiane assume la forma

( )0

zyx

εx,y,zρ

zE

yE

xE

=∂

∂+

∂+

∂∂

Questa equazione differenziale lineare alle derivate parziali prime espri-me una proprietà del campo elettrico che deve valere in ogni punto dello spazio. Le tre componenti del campo non possono variare in maniera ar-bitraria: le tre variazioni sono tra loro collegate in un modo che la loro somma dipenda solo dalla densità di carica elettrica presente nel punto considerato. In particolare, se in un punto non vi è carica ( 0 )P(ρ = ) in quel punto de-ve essere ( Ediv )P = 0, cioè in coordinate cartesiane

0z

Ey

Ex

E zyx =∂

∂+

∂+

∂∂

ciò indipendentemente dall’esistenza di cariche in altri punti del campo. È evidente che se in tutti i punti di una regione risulta 0div =E , segue che in questa regione il campo non ha sorgenti di tipo coulombiano. Dalla legge di Coulomb elettrostatica abbiamo anche dedotto che il cam-po elettrostatico è conservativo, per cui può essere derivato dal potenziale elettrostatico ϕ(x,y,z) che è un campo scalare. Abbiamo inoltre visto che questa proprietà può essere espressa in una forma diversa

rotE = 0

L’ultima relazione può anche essere ottenuta utilizzando il teorema di Stokes. Infatti

0d =•∫ sE ⇒ 0drotdS

=•=•∫ ∫∫ SEsE

da cui si deduce che

0rot =E

Cioè il campo elettrostatico è irrotazionale. Questa proprietà del campo E esprime una condizione cui debbono soddi-sfare le componenti del rotazionale del campo in ogni punto dello spazio.

Page 15: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

92

Dire che è nulla la componente x del rotazionale corrisponde alla seguente equazione differenziale tra le derivate parziali delle componenti di E

0z

Ey

E yz =∂

∂−

∂∂

per cui in tutti i punti dello spazio la rapidità di variazione della compo-nente z del campo per spostamenti rispetto all’asse y deve risultare eguale alla rapidità di variazione della componente y per spostamenti secondo z. Analogamente per le altre componenti di E. Si può ora vedere come que-ste proprietà differenziali siano anche una conseguenza del fatto che

ϕ−= ∇E . Infatti la relazione

zE

yE yz

∂−

∂∂

può anche essere espressa nella forma

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂ϕ∂

−∂∂

−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂ϕ∂

−∂∂

yzzy

e questa risulta identicamente nulla per le proprietà della derivazione parziale. In modo più formale possiamo dire che essendo 0 rot =E e valendo l’identità 0≡ϕ× ∇∇ (rot (grad ϕ) ≡ 0), deve esistere un campo scalare ϕ(x,y,z) di cui E è il gradiente. Si può perciò porre

ϕ−= ∇E

ed in questo caso ϕ coincide con il potenziale scalare precedentemente definito. In sintesi, le leggi fondamentali dell’elettrostatica in forma differenziale si possono scrivere

0ερ div =E (Teorema di Gauss)

0 rot =E (Campo elettrostatico irrotazionale)

Quando quest’ultima relazione risulta verificata in tutti i punti di una re-gione semplicemente connessa, essa è equivalente alla

ϕ−= ∇E (Campo elettrostatico conservativo, derivabile da un potenziale). Vedremo più avanti, nel capitolo IV.1. dell’induzione elettromagnetica, esempi di campi elettrici per i quali si ha 0rot =E lungo tutto un cammi-no chiuso, ma che non sono conservativi se la regione in cui risulta

0rot =E non è semplicemente connessa. Vogliamo perciò sviluppare al-cune considerazioni non limitate al campo elettrostatico, ma applicabili a situazioni più generali e che torneranno particolarmente utili per lo studio del campo magnetico e dei campi elettrici non statici. In generale, se un campo vettoriale in una regione dello spazio non pre-senta sorgenti di tipo coulombiano esso risulta a divergenza nulla e viene

Page 16: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.10. – EQUAZIONI DI POISSON E DI LAPLACE PER IL POTENZIALE ELETTROSTATICO

93

detto solenoidale: il suo flusso uscente da qualsiasi porzione di detta re-gione deve essere complessivamente nullo. In questa regione il campo può essere rappresentato da tubi di flusso: infatti ogni linea di campo che entra in una porzione (priva di sorgenti) deve corrispondere ad una linea uscente. Ciò non è vero per i campi che hanno sorgenti, che sono cioè con divergenza non nulla nella regione considerata. In particolare se il campo considerato risulta solenoidale in tutti i punti dello spazio, le sue linee di campo devono chiudersi su se stesse in quanto mancano le sorgenti di tipo coulombiano. È evidente che in questi casi la circuitazione del campo calcolata lungo una di queste linee chiuse deve risultare diversa da zero, positiva o negativa secondo il verso scelto per la percorrenza. Per il teorema di Stokes deve perciò essere diverso da zero il flusso del rotazio-nale del campo attraverso una qualsiasi superficie che si appoggia alla li-nea di campo considerata. Come abbiamo visto, in questi casi il flusso del rotazionale corrisponde alla quantità di sorgenti vorticose che danno ori-gine al campo stesso.

I.5.10. – Equazioni di Poisson e di Laplace per il potenziale elettrostatico

Torniamo al campo elettrostatico. Dalle relazioni

0ερ div =E e ϕ−= ∇E

possiamo scrivere ( )0ερ graddiv =ϕ− cioè

0

2

ερ −=ϕ∇

Quest’ultima, detta equazione di Poisson, è un’equazione differenziale lineare alle derivate parziali del secondo ordine che esprime una condi-zione fondamentale cui soddisfa il potenziale elettrostatico ϕ nello spa-zio, quando si conosca la distribuzione delle cariche ρ(x,y,z). Scrivendo per esteso l’equazione di Poisson, si ha

02

2

2

2

2

2

ερ

zyx−=

∂ϕ∂

+∂

ϕ∂+

∂ϕ∂

Se si chiede che la funzione potenziale ϕ(r) = ϕ(x,y,z) sia monodroma, finita e continua in tutto lo spazio, che si annulli all’infinito almeno come 1/r e che la sua derivata radiale si annulli all’infinito almeno come 1/r2, si può dimostrare4 che la soluzione dell’equazione di Poisson è

( ) ( ) ( ) 'dz'dy'dx'

'z,'y,'xρπε41z,y,x

V0∫∫∫ −

=ϕ=ϕrr

r

––––––––––– 4. Vedi p. es. Persico - Introduzione alla Fisica Matematica.

Page 17: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

94

ove l’integrale è esteso a tutta la regione V occupata dalle cariche. Questa soluzione era già stata dedotta sulla base della legge di Coulomb e del principio di sovrapposizione, nell’ipotesi che non vi fossero cariche all’infinito. Nel caso particolare dello spazio vuoto, privo di cariche, ove perciò sia ρ = ρ(x,y,z) = 0, l’equazione diventa

02 =ϕ∇

cioè

0zyx 2

2

2

2

2

2

=∂

ϕ∂+

∂ϕ∂

+∂

ϕ∂

E’ questa l’equazione di Laplace. Le funzioni ϕ che soddisfano a questa equazione si dicono funzioni armoniche e godono di importanti proprietà. Il potenziale elettrostatico ϕ, nello spazio vuoto, è sempre una fun-zione armonica.

I.5.11. – Alcune proprietà delle funzioni armoniche Possiamo vedere che qualsiasi funzione lineare nelle coordinate x, y, z è armonica, in quanto le sue derivate parziali prime sono delle costanti e le derivate seconde sono perciò nulle. Anche la funzione ( ) 21222 zyxr1

−++= particolarmente importante per-

ché appare nell’espressione del potenziale di una sorgente puntiforme, risulta armonica, come si può facilmente verificare dallo sviluppo esplici-to del laplaciano. Vediamo ora una importante proprietà delle funzioni armoniche. Consi-deriamo i valori che una funzione armonica ϕ assume sui punti di una su-perficie sferica S arbitraria di centro in P e di raggio r, tutta interna alla regione ove la funzione è armonica. Sia ⟩ϕ⟨ il valore medio di ϕ su tale superficie. Il valore medio sulla superficie della sfera di area S=4πr2 è co-sì definito

∫∫ ϕπ

=>ϕ<S2s dS

r41

Vediamo come tale valore medio varia al variare di r, ricordando che la media non è che una somma normalizzata e che la derivata di una somma equivale alla somma delle derivate

∫∫ϕ

=>ϕ

<=>ϕ<

S2s dS

drd

πr41

drd

drd

Ricordando che la derivata direzionale di ϕ coincide con la componente del gradiente della funzione nella direzione assegnata, si ha

Page 18: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.11. – ALCUNE PROPRIETÀ DELLE FUNZIONI ARMONICHE

95

( ) ( )

( ) ( )

0dV r4

1

dV r4

1dr4

1

dSrr4

1dSr4

1r d

d

V

22

V2S2

S2S r2s

=ϕ∇π

=

=ϕ•π

=•ϕπ

=

=•ϕπ

=ϕπ

=>ϕ<

∫∫∫

∫∫∫∫∫

∫∫∫∫∇∇∇

∇∇

S

r

essendo ∇ 2ϕ = 0 per ipotesi in tutti i punti della regione V. Il valore medio di ϕ non dipende quindi dal valore del raggio della super-ficie sferica scelta e deve perciò coincidere con il valore che ϕ assume nel centro P

(P)S ϕ=⟩ϕ⟨

La media ⟩ϕ⟨ S dei valori che una funzione armonica ϕ assume su una super-ficie sferica qualsiasi S è uguale al valore ϕ(P) che essa assume nel centro della sfera. Da ciò segue che ϕ(P) è pure la media dei valori che ϕ assume nei punti interni alla sfera, come si può facilmente dedurre immaginando il volume sferico diviso in infiniti gusci sferici di spessore infinitesimo. Della proprietà della media delle funzioni armoniche è possibile dare una dimostrazione alternativa, che chiarisce meglio il significato fisico di tale proprietà. Consideriamo la situazione fisica illustrata in fig. 14, in cui il campo ed il potenziale elettrostatico sono generati da un sistema di cari-che puntiformi qi. Calcolare il valor medio del potenziale sulla superficie sferica di centro P e raggio r, equivale a calcolare il lavoro necessario per trasportare cariche dall’infinito alla superficie della sfera, in modo da ot-tenere una distribuzione uniforme di carica con densità σ, e poi dividere tale lavoro per la carica totale trasportata

2S

2S

r4

dS

r4

dS

π

ϕ=

σπ

σϕ=>ϕ< ∫∫∫∫

Ma il lavoro speso per caricare uniformemente la sfera con densità σ in presenza del campo prodotto dalle cariche qi è equivalente al lavoro ne-cessario per trasportare le cariche qi nel campo della sfera carica, in quan-to il campo elettrico è conservativo. Sappiamo però che una sfera carica uniformemente genera nei punti esterni un campo pari a quello di una ca-rica puntiforme posta nel centro P. Questa osservazione ci permette di af-fermare che il valor medio del potenziale sulla superficie sferica deve coincidere col valore che il potenziale assume nel centro P. Dalla proprietà del valor medio delle funzioni armoniche si può facilmente dedurre che se una funzione ϕ è armonica in una regione V dello spazio, in tale regione non può avere punti di massimo o di minimo relativo. Se ciò non fosse vero, si potrebbe scegliere una opportuna superficie sferica cen-trata nel punto di massimo o di minimo e il valore medio di ϕ su tale super-ficie dovrebbe perciò risultare rispettivamente più piccolo o più grande del valore assunto nel centro, in contrasto con la proprietà vista più sopra. Altra conseguenza di notevole interesse nella teoria del potenziale riguar-da il caso in cui la funzione armonica ϕ assume un valore costante su tutti i punti di una superficie chiusa S che delimiti una regione di spazio priva

q1

q2

q3

P

Fig. 14

r

Page 19: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

96

di cariche. In tale caso ϕ assume lo stesso valore anche in tutti i punti del-lo spazio interno. Si può vedere infatti che in caso contrario la funzione dovrebbe ammettere almeno un punto di massimo o di minimo relativo nella regione interna. Dimostriamo per ultimo il teorema di unicità della soluzione della equa-zione di Laplace in una regione di spazio vuoto, quando siano dati i va-lori che questa assume sulle superfici che delimitano tale regione e che ne rappresentano il contorno. Siano ϕk i valori che la soluzione as-sume sulle superfici a distanza finita e sia nullo il valore che assume nei punti all’infinito. Supponiamo che esistano due funzioni ϕ(x,y,z) e ψ(x,y,z) che soddi-sfano entrambe all’equazione di Laplace, con le stesse condizioni al contorno. Per la linearità dell’equazione di Laplace, ogni combinazio-ne lineare di due soluzioni deve pure essere una soluzione; quindi lo sarà anche la funzione

ω(x,y,z) = ϕ(x,y,z) −ψ(x,y,z)

Dato che ϕ e ψ assumono gli stessi valori al contorno, la loro differenza ω assume valore nullo su tutti i punti del contorno. Quindi la funzione ω(x,y,z) rappresenta la soluzione per un problema con una geometria i-dentica, ma con valori al contorno tutti nulli. In tal caso però la funzione ω(x,y,z) deve essere nulla anche in tutti i pun-ti interni, da cui l’identità di ψ e ϕ e l’unicità della soluzione. Il potenziale elettrostatico ϕ nello spazio vuoto deve soddisfare all’equazione di Laplace ed è quindi una funzione armonica. Il problema generale dell’elettrostatica è infatti quello di trovare la distribuzione del potenziale ϕ che soddisfa all’equazione di Laplace ∇2ϕ=0 e contemporaneamente alle condizioni al contorno. Ciò è di estrema importanza nella risoluzione sia ana-litica che numerica dei problemi di elettrostatica nei casi non risolubili per altra via.

I.5.12. – Equilibrio nel campo elettrostatico La mancanza di punti di massimo o minimo relativo per il potenziale elet-trostatico nello spazio vuoto ci permette di affermare che non è possibile disporre delle cariche elettriche in modo da configurare un campo elettro-statico tale da permettere una posizione di equilibrio stabile per una cari-ca puntiforme di prova q. Ciò per il fatto che è equilibrio stabile deve sempre corrispondere ad un minimo della energia potenziale U = qϕ. L’impossibilità di avere punti di massimo o minimo relativo per il poten-ziale elettrostatico si può anche giustificare direttamente dal teorema di Gauss. Se si ammette infatti che un punto P sia un punto di minimo per ϕ(x,y,z)

( ) minP =ϕ

tutti i punti di una superficie S intorno a P (fig. 15) avrebbero un valore maggiore del potenziale e quindi il campo elettrico ϕ−= ∇E sarebbe di-retto verso il punto P. Ciò farebbe prevedere un flusso netto entrante at-traverso S e ciò in contrasto con il teorema di Gauss, in quanto non ci so-

Fig. 15

P

E

S

Page 20: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5.13. – OSSERVAZIONI

97

d

O X

Y

Z

Fig. 16

ϕ1 ϕ2

no cariche contenute entro S. Analogamente nell’ipotesi che ϕ(P) sia massimo5.

I.5.13. – Osservazioni Come abbiamo già osservato, il potenziale elettrostatico nello spazio vuo-to soddisfa l’equazione di Laplace ed è, quindi, una funzione armonica. Questo risultato è di estrema importanza nella risoluzione di molti pro-blemi dell’elettrostatica che coinvolgono la presenza di corpi conduttori. Come infatti vedremo nei capitoli successivi, non è in generale nota a priori la distribuzione di carica su questi, né la loro geometria è tale da consentire considerazioni di particolare simmetria per cui la valutazione del campo elettrico non può essere ottenuta ricorrendo al teorema di Gauss o al principio di sovrapposizione. In questi problemi è invece pos-sibile conoscere il valore del potenziale che caratterizza ognuno dei corpi conduttori, che con le proprie superfici delimitano al finito la regione di spazio vuoto in cui si vuol valutare il campo elettrico. Pertanto i valori del potenziale sui conduttori e la condizione asintotica (il potenziale nullo nei punti all’infinito) rappresentano le condizioni al contorno che deter-minano univocamente la funzione potenziale ϕ(x,y,z) soluzione dell’equazione di Laplace e quindi del problema in esame. Tuttavia la de-terminazione di tale soluzione è in generale complessa e non sempre è ot-tenibile per via analitica. In questi casi si può ricorrere a tecniche numeri-che come il metodo di rilassamento, che descriveremo nel seguito, che sfrutta la proprietà della media delle funzioni armoniche per risolvere il problema mediante approssimazioni successive. In altre situazioni, sfrut-tando la proprietà dell’unicità della soluzione dell’equazione di Laplace, potremo risolvere il problema sostituendolo con uno molto più semplice che presenti le stesse condizioni al contorno del problema originario (me-todo delle immagini). Vediamo nel seguito un esempio in cui risolvendo l’equazione di Laplace si ottengono informazioni non solo sul potenziale e sul campo elettrico ma anche sulle distribuzioni di carica che li generano.

ESEMPIO I.5.2. – POTENZIALE E CAMPO TRA DUE PIANI PARALLELI CARI-CHI

Si vuole determinare il potenziale ed il campo elettrico nella regione di spazio compresa tra due piani indefiniti paralleli, distanti d =1m, carichi uniformemente con cariche uguali ed opposte, su cui il potenziale vale rispettivamente ϕ1=300 V e ϕ2 = 100 V. Fissiamo un riferimento cartesiano in modo che i due piani siano per-pendicolari all’asse X (fig. 16); in particolare il piano carico positiva-mente coincida con il piano YZ, mentre quello carico negativamente coincida con il piano di equazione x = d. Le condizioni al contorno del nostro problema sono

ϕ = ϕ1 per x = 0 ––––––––––– 5. Per avere nel punto P equilibrio stabile per una carica di prova q occorre che ϕ(P) sia

massimo o minimo prima di porre in P la carica q.

Page 21: Formulazione differenziale elettrostatica

I.5. – FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELL’ELETTROSTATICA

98

ϕ = ϕ2 per x = d

La particolare geometria del problema suggerisce che il potenziale non può dipendere da y e z , ma solo da x, ϕ=ϕ(x): infatti la situazione fisica non varia se l’osservatore si sposta lungo gli assi Y e Z, dal momento che i piani carichi sono illimitati lungo tali direzioni, invece è diversa per spostamenti lungo l’asse X. In questo caso pertanto l’equazione di La-place diventa

0dxd

2

2

Per integrazioni successive si ottiene

ϕ(x) = Ax +B

Le costanti A e B si determinano imponendo le condizioni al contorno

ϕ(x=0) = ϕ1= B ⇒ B = 300 V

ϕ(x=d) = ϕ2 = A d +ϕ1 ⇒ mV200

dA 12 −=

ϕ−ϕ=

Pertanto

ϕ(x) = 121 x

dϕ+

ϕ−ϕ−

Il potenziale decresce linearmente dal valore ϕ = ϕ1=300V, che assume sul piano carico positivamente, al valore ϕ = ϕ2=100V sul piano carico negativamente. Il campo elettrico si ottiene immediatamente

iiEddx

d 21 ϕ−ϕ=

ϕ−=ϕ−= ∇

Esso, come sappiamo, è costante tra i due piani ed è diretto parallela-mente all’asse X cioè dalle cariche positive a quelle negative. Il suo mo-dulo vale

E = 200mV

Ricordando che (cfr. Esempio I.3.10) il campo tra i due piani può anche

essere espresso mediante la relazione 0

Eεσ

= si ricava

21012

0 mC107.172001085.8E −− ⋅=⋅=ε=σ

cosa che completa la risoluzione del problema.