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Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione
al concetto di “filosofia”
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FILOSOFIA: UNA INTRODUZIONE
1. NOTE PRELIMINARI - Il nostro, più che un corso di
“filosofia”, sarà un corso di “storia della filosofia”: durante tre
anni seguiremo infatti un percorso di tipo storico: partendo dalla
nascita della Filosofia – avvenuta nel VII-VI secolo a.c. –
giungeremo sin quasi ai giorni nostri. Nell’arco di questi 2.600
anni circa incontreremo numerose figure di filosofi. Potremmo fare
diversamente, ma se agiamo in questo modo è per una convinzione che
io condivido: comprendere una cosa – in questo caso la Filosofia –
significa anche conoscerne l’origine e lo sviluppo nel tempo. -
Perché lo studio di questa disciplina comincia solo in terza
superiore? Perché solo nei licei? Ci sono numerose motivazioni,
molte delle quali di scarso interesse per voi. La ragione
fondamentale è, comunque, questa: la difficoltà della materia
richiede che essa, perché possa essere compresa, venga affrontata
solo da persone già abbastanza grandi (Platone, uno dei più
importanti filosofi della storia, riteneva che lo studio della
Filosofia non dovesse essere affrontato prima dei trent’anni di
età!). La cosa non vi deve preoccupare: noi studieremo la
Filosofia, ciò che i filosofi hanno da dirci, in una forma assai
semplice (una forma adatta alla vostra età e alle vostre
conoscenze) e sforzandoci di “tradurla” nel nostro linguaggio,
quello di persone che vivono in una società occidentale del XXI
secolo. - Qual è lo scopo, l’utilità di tutto il nostro lavoro? Mi
sembra importante provare a dire qualcosa a anche a questo
riguardo. Innanzitutto vi metto in guardia relativamente a un
errore molto comune. Spesso gli studenti si domandano: “A cosa
serve questa materia?”. Prendiamo, a mo’ di esempio, la matematica.
In questo caso ci chiediamo: “A cosa serve la matematica?”. Spesso
succede che questa domanda venga posta, in forma retorica, da parte
di chi crede di conoscere già la risposta: “Nella vita la
matematica non serve a nulla, quindi perché studiarla?”. Se ci
pensate, però, capirete che non ha molto senso chiedere “A cosa
serve (la Matematica, la Filosofia, ecc.)?” così, in generale.
Questa è una domanda troppo generica e astratta. È molto meglio una
domanda di questo tipo: “A cosa serve (la Matematica, la Filosofia,
ecc.) a me?”. Come vedete, si tratta di una domanda molto più
concreta e precisa della precedente. È abbastanza ovvio, ma spesso
non ci si pensa: l’utilità (o l’inutilità) di una cosa – in questo
caso di una disciplina scolastica, l’insegnamento della Filosofia a
scuola – dipende in buona parte da me, da che uso ne faccio io! -
Spesso si risponde sull’utilità della Filosofia in questo modo: “La
Filosofia ha un interesse culturale; una persona colta deve almeno
avere una qualche idea su che cos’è la Filosofia, visto che si
tratta di qualcosa che fa parte della nostra civiltà, dunque
occorre studiarla”. Ecco: si tratterebbe, insomma, di un modo per
arricchire il cosiddetto “bagaglio culturale” di ciascuno. Credo
che questa risposta, anche se certamente vera, sia del tutto
insufficiente. Se l’utilità della Filosofia fosse solo questa, non
varrebbe la pena di sforzarsi troppo. Inoltre ci si troverebbe in
una situazione abbastanza paradossale: dovete sapere, infatti, che
i primi filosofi non erano affatto persone “colte” nel senso oggi
comune del termine! Socrate, addirittura, diceva di sapere una sola
cosa, questa: “io so di non sapere, io so di essere ignorante!”.
Insomma: la Filosofia è nata ed è sempre stata qualcosa di ben
diverso da ciò che noi oggi chiamiamo “cultura”. Ai filosofi non è
mai importato nulla della Filosofia vista come cultura! Vedremo più
avanti il senso di tutto questo. - Un’altra risposta dello stesso
tipo, ma un poco più precisa, è questa: “La Filosofia ha avuto un
ruolo essenziale nella costruzione della cosiddetta Civiltà
occidentale e, visto che noi siamo parte di questa civiltà,
dobbiamo almeno sapere di che cosa si tratta!”. Ancora una volta:
risposta vera, ma non soddisfacente. - La risposta che vi propongo
io è un’altra. Lo studio della Filosofia è il modo migliore che
abbiamo a disposizione (anche se non l’unico) per sviluppare quello
che si chiama “senso critico”. Cos’è il senso critico? Non dovete
confonderlo con un banale “criticare le opinioni altrui”!
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Avere senso critico, invece, significa essere capaci di fare
qualcosa di molto concreto e di molto importante. Significa essere
in grado, senza l’aiuto più o meno interessato da parte di altre
persone, di formarsi (su qualunque idea o avvenimento!) un’opinione
che sia personale e ben argomentata. Avere senso critico significa
imparare a giudicare da soli del significato e dell’importanza di
opinioni, idee, fatti. Avere senso critico significa essere persone
indipendenti, capaci di ragionare senza l’aiuto degli altri, essere
persone che si fanno convincere non da chi grida più forte, da chi
è più prepotente e deciso, ma da chi mostra la maggiore
ragionevolezza. Questa è l’utilità – molto pratica e concreta, come
vedete – che uno studio elementare della Filosofia può avere per
ciascuno di voi. Non si tratta tanto di imparare a memoria dei
contenuti specifici, delle teorie, delle idee più o meno
interessanti, quanto di imparare un modo di pensare e di imparare a
farlo da soli. Questo è il filosofare, il fare Filosofia, non la
semplice acquisizione di un bagaglio culturale.
2. PER COMINCIARE: ALCUNE DOMANDE - Ben presto vedremo che i
filosofi hanno l’abitudine di porsi in continuazione delle domande
e, poi, di provare a trovare delle buone risposte. Vedremo anche, e
questo è importantissimo, che nessuna risposta potrà essere
definitiva. Quelle che i filosofi da sempre si pongono, infatti,
sono domande e non problemi. Quale differenza c’è fra le due cose?
Un problema è qualcosa che – prendiamo come esempio un esercizio di
geometria – può essere risolto una volta per tutte. Una volta
trovata la soluzione di un certo esercizio, il lavoro è del tutto
concluso, non occorre fare altro. Quando si risponde a una domanda,
invece, non si è “giunti alla fine”: nessuna risposta – anche se
noi tanto lo vorremmo, e anche i filosofi lo volevano e lo
vorrebbero – è mai definitiva, chiusa, completa. C’è e ci sarà
sempre altro da dire. A una domanda si può rispondere, ma mai
rispondere in modo esaustivo. Rimane sempre qualcosa. Rimangono
sempre nuove domande. Il lavoro del filosofo dunque, se anche ha
una fine – nel senso di avere un fine, uno scopo – è interminabile.
- Visto che in Filosofia si tratta sempre di porre un certo tipo di
domande, facciamolo anche noi! Vi propongo una domanda
fondamentale, chiarita e precisata da alcune altre domande di
contorno. Si tratta in effetti di questioni molto difficili, ma noi
le affronteremo in maniera davvero semplice. Quando e dove è nata
la Filosofia? Perché la Filosofia è nata proprio in quel
luogo e in quel tempo?
CHE COS’È LA FILOSOFIA?
Cosa c’era prima della Filosofia? Cosa ha fatto la Filosofia,
qual è il suo risultato?
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Le risposte che proveremo a dare, per quanto chiare e semplici
possano essere, faranno sorgere altre domande: sarà un po’ come
mettersi in cammino e vedere, mano a mano che si procede, la mèta
spostarsi ogni volta un poco più avanti... Va bene così: il nostro
interesse non sta nel raggiungere una mèta, sta nel camminare!
3. CHE COS’È LA FILOSOFIA? PRIMA DI RISPONDERE... - La parola
“filosofia” è di uso piuttosto comune, una parola quindi che già
conoscete: possiamo, proprio per questo, partire da quello che
sapete già, o che già avete sentito. Oggi tutti sanno, tanto per
cominciare, che la Filosofia è una materia che si studia a scuola.
Quasi tutti, poi, hanno sentito delle espressioni all’interno delle
quali la parola “filosofia” ricorre: “Devi prenderla con
filosofia!”, “Questa è la nostra filosofia di gioco”, “Voglio che
tu comprenda la mia filosofia di vita”, “Sei un filosofo!” (frase
magari rivolta a una persona che appare particolarmente saggia o
sapiente e, per di più, piuttosto distratta). Questi pochi esempi
di uso della parola “filosofia” dicono qualcosa di vero sulla
Filosofia? Certamente, almeno in parte, lo fanno. Ma ci dicono che
cos’è la Filosofia? Assolutamente no! Perché? È molto semplice:
quando noi chiediamo “che cos’è?” una cosa, non ci basta avere
degli esempi, vogliamo invece ottenere una definizione. Sapete bene
che le definizioni sono usate in molte discipline e, in modo
particolare, nelle scienze. Voi stessi conoscete molte definizioni.
Vediamone qualcuna: “Si chiama circonferenza il luogo di tutti i
punti equidistanti da un punto detto centro” (Geometria), “Si
chiama frazione una coppia ordinata di numeri naturali in cui il
primo si chiama numeratore e il secondo denominatore” (Aritmetica),
“La Chimica è quella branca delle scienze naturali che si occupa di
studiare la costituzione e le proprietà della materia e delle sue
trasformazioni” (Chimica). Potremmo, naturalmente, continuare molto
a lungo: basta sfogliare un dizionario per trovare moltissime
definizioni! - Proviamo ora, come esercizio, a capire quali sono le
differenze fra un esempio e una definizione. Io direi, per farla
breve, così: un esempio è un solo caso particolare, specifico,
qualcosa che vale in una certa ben precisa situazione, ma non in
altre; una definizione invece è qualcosa di più generale, che vale
in tante o, addirittura, in infinite circostanze diverse. Proprio
per la loro grande generalità, le definizioni sono molto utili per
farsi capire e noi tendiamo a utilizzarle di continuo, in modo più
o meno consapevole. - Ma torniamo al nostro argomento: rispondere
alla domanda “Cos’è la Filosofia?” vorrebbe dire trovare una
definizione di Filosofia. In realtà, ci sono moltissime definizioni
di Filosofia, non solamente una, ma sta di fatto che nessuna di
queste è del tutto valida. Perché? Indichiamo tre motivazioni:
1) La Filosofia è una disciplina molto antica, con una storia
lunga circa 2.600 anni. Pensate che i primi filosofi non usavano
affatto la parola “filosofia”, né chiamavano se stessi “filosofi”!
Inoltre, in tutti questi anni, come è accaduto per ogni disciplina,
anche la Filosofia è molto cambiata! Questo significa che nessuna
definizione precisa è adatta per la Filosofia di ogni tempo e di
ogni luogo. Nell’antichità, nel Medioevo, nell’epoca moderna,
oggi... In tutte queste epoche ci sono stati filosofi, ma si è
trattato e si tratta di persone che facevano e fanno cose anche
completamente diverse!
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2) Come se non bastasse, ecco un altro problema, molto più
importante del precedente. Il concetto di “definizione”, come
vedremo a suo tempo, è stato inventato da un filosofo... Questo
vuol dire che prima che ci fosse la Filosofia, non esistevano
definizioni, ma solamente esempi! Non dovrebbe, allora, essere
difficile capire che se l’idea stessa di “definizione” è una delle
scoperte della Filosofia, ed è quindi una cosa interna alla
Filosofia, essa non potrà essere usata sulla Filosofia stessa.
Sarebbe come pretendere di descrivere la forma di un edificio senza
mai poterlo vedere dall’esterno!
3) Normalmente definire un concetto A (nel nostro caso, il
concetto di “Filosofia”) significa descriverlo in termini di
concetti più semplici e già noti: B, C, D, ecc. Per comprendere la
definizione di circonferenza (concetto A) che abbiamo sopra
ricordato, è necessario che noi già comprendiamo i concetti usati
nella definizione: “luogo” (concetto B) e “punti” (concetto C).
Naturalmente, anche B, C, D, ecc. devono essere definiti! Il
problema è, lo capite bene anche voi, che non si può procedere
all’infinito, ma a un dato momento bisogna per forza prendere dei
concetti, delle idee, come base, fondamento, senza che siano a loro
volta definiti! In matematica, per esempio, i concetti che non
vengono definiti si chiamano “termini primitivi”. Ora: tutte le
discipline scientifiche prendono le mosse da concetti di questo
tipo, concetti presi per buoni senza alcuna definizione, ma questo
non vale per la Filosofia! Essa è l’unica disciplina che non
ammette di principio alcun concetto come primitivo. Essa, per sua
natura, rifiuta di ammettere una base di partenza che non possa mai
venire messa in discussione.
- Se quanto vi ho detto è vero allora ci dobbiamo rassegnare:
non esiste alcuna definizione completa e coerente della Filosofia!
Questo, però, non è un grosso problema: a noi non serve una
definizione troppo precisa, ma ci possiamo accontentare di elencare
alcune caratteristiche della Filosofia. Queste saranno sufficienti
per rispondere alla nostra domanda. Ma prima di arrivare a questo,
dobbiamo vedere altre cose.
4. QUANDO E DOVE È NATA LA FILOSOFIA? - A questo riguardo vi
sono posizioni diverse fra gli studiosi, sostanzialmente
riconducibili a due opinioni fondamentali. I cosiddetti
occidentalisti affermano che la Filosofia sia nata in Grecia, nel
VII secolo avanti Cristo, e che prima di questo periodo l’uomo non
abbia mai conosciuto nulla di simile. Si tratterebbe, dunque, di
una creazione del tutto inedita e originale del genio ellenico. Gli
orientalisti, al contrario, sostengono che già civiltà precedenti a
quella greca (in particolare in Egitto e in Mesopotamia)
elaborarono concezioni che si possono chiamare “filosofiche”,
concezioni che i greci ebbero poi il merito di riprendere e
sviluppare. Fra queste opinioni, quella meglio fondata appare
decisamente la prima, quella degli occidentalisti. Vedremo ora il
perché provando a rispondere a un’altra delle nostre domande.
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5. PERCHÉ LA FILOSOFIA È NATA PROPRIO NELLA GRECIA DEL VII
SECOLO AC? - Questa domanda è estremamente complessa e si presta
alle ipotesi più varie: noi qui ci limitiamo a mettere in luce tre
aspetti che certamente ebbero un grande rilievo. 1. Importanti
furono, per cominciare, le condizioni sociali. Come forse sapete, i
greci furono i primi a teorizzare e a mettere in pratica la
democrazia, passando dai regimi monarchici tipici dell’epoca
micenea a quelli prima aristocratici e poi più marcatamente
democratici dell’epoca classica. Si trattò sempre, occorre dirlo,
di una democrazia relativa (ricordate, a questo riguardo, la
perdurante importanza della schiavitù nel mondo ellenico), ma pur
sempre abbastanza aperta da consentire la possibilità di
discussioni critiche, il confronto fra opinioni diverse, ciò che
nei regimi immobilisti e tradizionalisti dell’Oriente non poteva
accadere. Non è certo un caso se a Sparta – città caratterizzata da
una società militarista e autoritaria – non vi furono filosofi. Non
è un caso, ancora, se la Filosofia si sviluppò prima in colonie di
nuova fondazione (le colonie ioniche dell’Asia Minore, l’attuale
Turchia) che nelle città greche più antiche: in queste nuove città
le tradizioni erano più deboli, maggiore era quindi la
disponibilità verso il nuovo, il cambiamento... La vita del
cittadino greco era una vita comunitaria, con uno spazio piuttosto
ridotto concesso a quella che noi definiamo “vita privata”: i primi
filosofi, molto spesso, erano uomini politici e legislatori.
All’inizio, poi, la Filosofia fu molto spesso ricerca associata
(come oggi è, quasi sempre, la scienza). I primi filosofi
costituirono delle “scuole” nella forma di vere e proprie comunità
di vita. 2. Una seconda ragione è ancora più importante: se è vero
che anche gli antichi popoli orientali avevano una profonda forma
di sapienza e, spesso, conoscenze scientifiche anche molto
complesse (soprattutto in campo astronomico i Babilonesi, in campo
matematico e geometrico gli Egizi), è altrettanto vero che la loro
sapienza non si basava sull’uso del logos, cioè di quella che noi
chiamiamo “ragione”, ma si fondava essenzialmente sul mito e la
religione, mentre le loro scienze avevano per lo più scopi pratici
e non teorico/conoscitivi: in questo modo si avvalevano solo in
misura ridotta di quelli che chiamiamo concetti astratti. Abbiamo
qui introdotto un importantissimo termine greco – logos – e più
avanti ci occuperemo di chiarirne bene il senso. 3. Il periodo
storico in cui la filosofia nacque e si impose all’attenzione è lo
stesso periodo – e non a caso! – in cui avvenne il passaggio
dall’oralità alla scrittura e, in particolare, alla scrittura
alfabetica. La diffusione della scrittura, e in particolare della
scrittura alfabetica, fu un passaggio fondamentale e necessario per
la nascita della mentalità filosofica. Per ragioni che sarebbe
troppo lungo spiegare qui, si può affermare senza tema di smentita
che senza l’utilizzo di una scrittura di tipo alfabetico la
filosofia, e quindi la scienza, non sarebbe mai potute nascere.
Concentriamoci ora su un’altra delle nostre domande.
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6. COSA C’ERA PRIMA DELLA FILOSOFIA? - Prima della Filosofia, da
moltissimo tempo, esistevano il mito e la religione: è per questo
che i primi filosofi si “incontrarono” e “scontrarono” proprio con
il mito e la religione, vedremo in che senso e secondo quali
modalità. Mito e religione avevano nelle società antiche una
importanza e una utilità fondamentali: costituivano tentativi, da
parte di quell’umanità così lontana da noi, di spiegare, dare un
senso al mondo della natura e ai suoi fenomeni (miti
naturalistici), ma anche alla natura dell’uomo, alle sue forme di
vita associata, alle sue istituzioni (miti storici). Insomma: mito
e religione facevano quello che successivamente farà anche la
Filosofia, ma lo facevano in un modo diverso. - Cerchiamo, per
cominciare, di enucleare meglio le caratteristiche del mito (dal
verbo greco mythèo = “io racconto, narro”), visto che ci interessa
così da vicino. In Omero “mito” (mythòs) significa “parola,
discorso”, solo più tardi assumerà la connotazione ancora oggi
comune di “narrazione fantastica”. La mitologia aveva nella civiltà
greca un’importanza ben maggiore di quella che oggi ha per noi:
Senofane (poeta-filosofo vissuto nel VI-V secolo ac) dice che “da
principio tutti hanno imparato da Omero”. La poesia omerica era la
prima e maggiore forma di sapienza. Omero ed Esiodo, con le loro
narrazioni, fornivano i testi base per l’apprendimento della lingua
e, in generale, per l’educazione dei fanciulli. Si tratta del
modello educativo epico-omerico. Prima della nascita della
Filosofia vero sapiente era, non a caso, il poeta. Attenzione: il
poeta è sì un sapiente, ma ciò che egli conosce non deriva da lui,
dai suoi sforzi e dai suoi studi personali (come invece accadrà per
il filosofo), ma giunge direttamente dall’ispirazione divina!
Pindaro (VI-V ac), per fare un esempio, parla di se stesso non come
“poeta” ma come “profeta” o “indovino”. Mentre declama la sua
composizione, il poeta lascia posto alla divinità che parla tramite
lui. Per riassumere: il mito non era affatto una “storia
inventata”, così come oggi noi lo vediamo, ma era un serio
tentativo di dare una spiegazione al mondo della natura e al mondo
dell’uomo descrivendone l’origine. Troviamo miti che descrivono la
creazione del mondo (cosmogonie) e degli dèi (teogonie), così come
miti che descrivono l’origine dell’essere umano. BREVISSIMO
APPROFONDIMENTO SUL MITO (SOLO DA LEGGERE!) L’Iliade e l’Odissea
(IX – VIII ac) sono i grandi poemi omerici, massimi modelli per
l’educazione dei fanciulli, pure si tratta di opere che propongono
valori assai diversi fra loro, tali da rispecchiare fasi successive
della civiltà greca.
- Pensiamo all’Iliade e ad Achille: egli è l’eroe per
eccellenza, colui che incarna al massimo grado l’areté (abilità,
merito, virtù). In linea di massima, i personaggi dell’Iliade
propongono un ideale di vita aristocratico: la terribile forza dei
loro sentimenti – rabbia, odio, tristezza, ecc. – la loro nobiltà,
la loro capacità di emergere su tutto e tutti non possono certo
appartenere all’uomo comune, magari al contadino! Si tratta,
comunque, di personaggi accomunati da un tragico destino di morte e
di infelicità.
- Nell’Odissea invece la vita umana non è solo lotta fra uomini
potenti, ma anche viaggio, avventura, sforzo dell’intelligenza,
inoltre quest’opera ha un “lieto fine”... Qui l’intelligenza e la
giustizia di Odisseo vengono valorizzate e premiate, mentre
nell’Iliade non sono rispettati meriti e torti. Omero, in entrambe
le opere, propone dei modelli da seguire, dei principi etici guida.
Notate che il mondo di Omero è già in buona misura un mondo
razionale: vi sono sì rappresentazioni mostruose o contro natura,
ma non in misura preponderante.
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Diverso è l’universo di Esiodo (VIII ac). Egli descrive il mondo
rurale delle campagne, dei poveri contadini esposti ai soprusi dei
furbi e dei potenti: la sua è un’etica legata al lavoro, al dovere,
ai cicli delle stagioni e dunque alla regolarità, a un forte
sentimento della giustizia. Opere e Giorni è un poema dedicato
soprattutto a questa vita campestre, mentre la Teogonia cerca di
riordinare secondo una sequenza razionale il complesso materiale
mitico relativo alle divinità (qui, non a caso, la nascita degli
dèi viene esposta come vittoria dell’ordine sul Caos...). -
Passiamo alla religione. Essa in Grecia fu un fenomeno assai
complesso, frutto di stratificazione storica (invasioni,
colonizzazioni, ecc.). Per questo in Grecia non esisteva una
religiosità uniforme, monolitica, così come non esisteva una vera e
propria casta sacerdotale. La religione nella Grecia arcaica e
classica non si basava su alcuna “rivelazione” divina codificata in
un “testo sacro”, come avviene per esempio con il Cristianesimo, né
esisteva una Chiesa unificata come istituzione ben precisa o, come
abbiamo accennato, sacerdoti “di professione”. Non esistevano
neppure dogmi di fede e, cosa molto significativa, in greco non
esiste neppure una parola che traduca esattamente il nostro termine
“religione”. “Credere negli dèi”, avere “fede”, non significava
tanto una convinzione relativa all’esistenza delle divinità (cosa
considerata “ovvia”), ma indicava il rispetto delle pratiche di
culto per onorare gli dèi. Fondamentale era dunque l'osservanza dei
riti e dei culti che la tradizione prescriveva: questo consentiva
l'eusèbeia, cioè il “corretto rapporto con il mondo degli dèi”. -
Il termine sacro, in greco hieròs, deriva da una radice
indo-europea che ha il senso di “forte”: l'idea di sacro nasce
probabilmente dalla convinzione della presenza di forze
soprannaturali in determinati luoghi (montagne, foreste, sorgenti
d'acqua, ecc.) e fenomeni che apparivano misteriosi (il fulmine, il
fuoco, ecc.). Ciò che è sacro deve, in quanto tale, essere
rispettato, però in Grecia questo rispetto non assunse mai la forma
del tabù, ovvero di qualcosa che è proibito e inaccessibile: l'uomo
può sempre mantenersi in relazione con ciò che è sacro, purché lo
faccia nelle forme corrette. Sacro è anche tutto ciò che deriva
dalla volontà divina: in questo senso l'alternanza delle stagioni,
la nascita e la morte, il ciclo giorno/notte, il susseguirsi di
tutti i fenomeni naturali, ma anche la successione delle
generazioni garantita dall'istituzione del matrimonio sono cose
sacre. L’esperienza del sacro era, quindi, qualcosa di diffuso,
comune, sempre presente nella vita degli esseri umani. La divinità
non era qualcosa di lontano e inaccessibile, ma qualcosa di
“vicino” e “familiare”. Il giusto atteggiamento verso il sacro era
questo: cercare di propiziare, tramite riti e sacrifici, il suo
lato benevolo e, allo stesso tempo, scongiurarne il lato malevolo e
distruttivo. Si possono individuare, in ambito religioso, tre
correnti diverse. La religione aerea, o olimpica, costituisce il
riferimento principe delle opere di Omero ed ha come base il culto
di enti celesti ed astrali. Ci sono poi i cosiddetti culti ctonii
(da kthon = terra) di origine egeo-cretese e legati al lavoro nei
campi e alla vita agreste. Infine troviamo le cosiddette sètte,
come il culto orfico e quello pitagorico. - La religione olimpica
è, innanzitutto, politeista e antropocentrica: ci sono numerosi dèi
e non solamente uno. Questi sono visti come personaggi
protagonisti, insieme ad eroi umani, della narrazione mitica: qui
appaiono come una sorta di “superuomini”. Le divinità, cioè,
provano i nostri stessi sentimenti, le nostra passioni, positive e
anche negative, la diversità sta tutta nella loro potenza
(attenzione però: non si tratta di divinità "onnipotenti", non
possono
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fare qualunque cosa, né sono "onniscienti", non sanno tutto!) e
nella loro immortalità. Un altro carattere di questa religione è il
suo valore pubblico: essa, cioè, è fatta di riti, feste e sacrifici
pubblici, organizzati e gestiti dalle varie poleis greche, eventi
ai quali i cittadini partecipano collettivamente. Nella religione
olimpica non esiste l'idea di un rapporto privato, personale, con
la divinità, ma tutto passa attraverso la propria comunità di
appartenenza. Le divinità di questa religione hanno carattere
civico, politicizzato: l'organismo sociale della polis, la città
stato, ristruttura i modi di della vita, pubblica e privata, e
coinvolge quindi anche la religione. Le divinità olimpiche
divengono le garanti dell'ordine cittadino. La religione olimpica
non contempla alcuna nozione di vita dopo la morte: il defunto si
troverà a vagare nel regno di Ade, regno di pallide ombre dove
nulla di nuovo accade. Questa religione, infine, non propone alcun
preciso senso etico-morale: il destino (Ananke, una forza
impersonale) è più forte persino di Zeus e ad esso non ci si può
sottrarre. Si tratta di una forza neutra che incarna la necessità
universale, al di là di ogni possibilità di spiegazione. Il destino
è la parte (la moira) assegnata a ciascuno, ma è anche il generale
destino di invecchiamento, dolore e morte. La religione olimpica
non dà significato alcuno all’esistenza umana. Non spiega, per
esempio, il perché della morte (o della vita, se è per questo...):
la morte è “destino”, il che vuol dire che essa “c’è e basta”, che
è al di là di ogni possibilità di spiegazione. - Le religioni
ctonie, anche dette misteriche (dal verbo greco MÝEIN = “chiudere
gli occhi o la bocca”) hanno caratteristiche abbastanza differenti.
Ve ne sono diverse, come il Culto Eleusino e il Culto di Dioniso, e
si tratta di religioni che immaginano l’oltretomba non come una
realtà-sbiadita, una pallida copia della vita terrena, ma come un
diverso modo di essere, in attesa di tornare alla vita tramite la
reincarnazione. Anche questa religione è politeista e antropomorfa,
ma non ha un carattere pubblico: i suoi riti si svolgono di solito
di notte e chi vi partecipava (l'iniziato) è tenuto al segreto, le
sue dottrine danno importanza a ciò che viene trascurato dalla
religione olimpica, cioè la sorte del singolo individuo. Il fatto
che questi culti vengano definiti “misterici” non significa affatto
che essi fossero proibiti o riservati a una minoranza, anzi: essi
erano aperti a tutti – anche agli schiavi, alle donne, agli
stranieri – quindi anche a persone normalmente escluse dalla
religione olimpica. Misterico, invece, si riferisce al fatto che la
persona iniziata a questi riti era tenuta a mantenere il segreto su
quanto aveva visto e sentito. I culti misteri si rivolgono non
tanto al cittadino, come la religione olimpica, ma all’uomo inteso
come singolo individuo. Partecipando a dei riti segreti il fedele
si assicura un miglior destino dopo la morte e, così, la
possibilità di una migliore reincarnazione. - Vi sono, infine, le
cosiddette sètte, come il Culto orfico e i culti pitagorici. Questi
culti si possono vedere come dei “movimenti religiosi di protesta”,
movimenti cioè che tramite la religione contestano alcuni
importanti aspetti della società, tanto da scatenare abbastanza
spesso forme di persecuzione. Questi culti proponevano un ideale di
vita che, per certi versi, si contrapponeva a quello del
“cittadino”. Prevedevano il rispetto di una rigorosa disciplina,
cosa che consentiva di garantire la purezza dei membri. Si trattava
di persone che respingevano il carattere violento della società –
le lotte, le guerre, l’esclusione dalla cittadinanza di interi
gruppi di persone – rifiuto simbolizzato, in modo assai
significativo, dal divieto di mangiare carne. Non si trattava di
una ideologia vegetariana in senso moderno, tutt’altro! Alla base
del divieto di mangiare carne c’era il rifiuto dell’idea di
sacrificio, dunque della violenza e dell’uccisione. La vita sociale
normale era vista da costoro come una vita colpevole, macchiata
com’era dalla violenza, e l’iniziato a questi culti doveva
progressivamente raggiungere la piena purificazione dell’anima.
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L’Orfismo introduce così una novità a noi molto familiare: la
salvezza e l’immortalità si conquistano anche, oltre che con i
rituali, con il rispetto di norme etiche. A questo riguardo è molto
significativo un mito orfico riguardante l’origine dell’uomo: i
Titani, creature primordiali, avrebbero con un tranello catturato,
ucciso e divorato il Dio fanciullo Dioniso. Zeus, come punizione
per questa colpa, avrebbe fulminato i Titani, bruciandoli: dal fumo
sarebbero nati i primi esseri umani. È un po’ l’idea del “peccato
originale” che troviamo anche nella Bibbia. Per l’uomo, punizione
della colpa è una vita corporea fatta di dolore, sopraffazione,
violenza, morte: esiste però una via verso la salvezza. Si tratta,
in primo luogo, di purificare l’anima – scintilla divina presente
nell’uomo – liberandola dalla corporeità. Allo stesso tempo,
l’anima stessa si deve purificare: una volta completamente
purificata l’anima non sarà più costretta a reincarnarsi. Sia il
culto orfico che quello pitagorico danno alla purificazione un
senso etico-morale: non soltanto i riti sono utili a purificarsi,
ma soprattutto il comportamento corretto verso se stessi e gli
altri.
7. CHE COS’È LA FILOSOFIA? ALCUNE CARATTERISTICHE... - Torneremo
fra poco sul rapporto tra Filosofia, mito e religione. Ora, però, è
giunto il momento di affrontare l’etimologia della parola
“filosofia”.
FILOSOFIA = philèin (“amare”) + sophìa (“sapienza”) = “Amore per
la sapienza” Il filosofo, a giudicare dal senso etimologico della
parola “filosofia”, non è innanzitutto chi possiede il sapere, ma è
chi lo ama e, proprio perché lo ama, lo desidera e cerca! Il
filosofo, quindi, si pone sempre in un atteggiamento di ricerca:
non è mai soddisfatto in modo definitivo di ciò che già ha appreso,
ma sempre si sforza di raggiungere nuovi risultati. Un importante
filosofo che studieremo quest’anno, Socrate, arriva a dire che “una
vita senza ricerca non è una vita degna di essere vissuta” (potete
trovare questa affermazione nell’Apologia di Socrate, una delle
tante opere di Platone). - “Amore del sapere”, abbiamo detto, ma
occorre ora aggiungere che non tutte le forme di sapere sono di
tipo filosofico. Voi, per esempio, siete già ora ricchi di sapere,
nel senso che già conoscete moltissime cose, imparate a scuola e
non – in effetti molte delle cose che sapete derivano, senza che lo
sappiate, dalla Filosofia – ma si tratta per lo più di un sapere di
tipo non filosofico. Proviamo, quindi, a dire alcune delle
caratteristiche proprie del sapere filosofico, almeno ai suoi
inizi. 1. Se pensate a discipline di cui già sapete qualcosa – per
esempio la matematica, la biologia, la storia, ecc. – vi
accorgerete subito che ognuna di esse ha un oggetto specifico. È
come se nella totalità di ciò che esiste, nella totalità del reale,
ogni disciplina scegliesse un proprio oggetto di studio,
sviluppando metodi adeguati a tale oggetto, ignorando tutto il
resto.
-
Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione
al concetto di “filosofia”
10
Detto in altri termini, possiamo affermare che ogni disciplina,
scientifica o non, si occupa di un sottoinsieme del reale. Per
esempio, di cosa si occupa la biologia? Come sapete essa studia gli
“esseri viventi” e solo quelli: non si occupa di nient’altro! Ogni
scienza pretende di essere valida, cioè di fornire spiegazioni
corrette, solo all’interno del proprio ben delimitato campo di
interesse e non al di fuori di esso. La filosofia è più antica
delle altre discipline che voi studiate a scuola e, diversamente da
esse, nasce e si sviluppa come tentativo di spiegare l’intero,
ossia la totalità delle cose, gli aspetti generali e/o fondamentali
della realtà (“Ontologia”, “Metafisica”) della conoscenza che noi
abbiamo di essa (“Gnoseologia”) e del comportamento dell’uomo
(“Etica” o “Filosofia morale”). Vedremo a suo tempo più nel
dettaglio cosa abbia significato, all’inizio del pensiero
filosofico, occuparsi degli aspetti più generali e fondamentali del
mondo reale. Per ora limitiamoci a dire che questa caratteristica,
potremmo chiamarla “caratteristica della totalità”, viene un po’
meno con il passare dei secoli. Oggi spesso anche la filosofia,
come tutte le altre discipline, tende a limitare la propria azione
a campi specifici e ben delimitati. 2. Molte delle discipline che
conosciamo hanno degli scopi che noi chiamiamo “pratici”. Facciamo
un esempio: l’elettronica non ha valore in se stessa, ma solo
relativamente a ciò che ci permette di realizzare, di costruire:
dispositivi tecnologici capaci di rendere la nostra vita più facile
e comoda: televisioni, computer, cellulari, ecc. Questa
caratteristica, comune a moltissime delle discipline sviluppate nei
secoli dall’uomo, almeno idealmente non appartiene alla filosofia.
Essa infatti non ha – almeno idealmente, di nuovo! – degli scopi di
carattere pratico ed utilitaristico. La filosofia nasce e si
sviluppa come pura e semplice contemplazione (theoria, in greco)
della realtà e il suo unico scopo è quello di giungere alla
conoscenza di ciò che è vero, senza secondi fini di alcun tipo. -
Gli uomini, come dice Aristotele, “ricercarono il conoscere
[innanzitutto] al fine di sapere e non per conseguire qualche
utilità pratica”. Ma perché questo accade? È sempre Aristotele a
rispondere: “Tutti gli uomini per natura aspirano al sapere. […]
L’esercitare la sapienza e il conoscere sono desiderabili per se
stessi dagli uomini: non è possibile, infatti, vivere da uomini
senza queste cose.”. È come se Aristotele ci suggerisse che gli
uomini vogliono conoscere il mondo che li circonda innanzitutto
perché, potremmo dire in modo molto semplice, “conoscere è bello”,
“è meglio conoscere che non conoscere”. Il sapere di per se stesso
ci dà gioia e soddisfazione, esso risponde cioè a un’esigenza della
nostra natura, e solo in un secondo momento esso è importante
perché è utile in relazione a scopi pratici. - Il sapere però,
oltre ad essere bello e desiderabile di per se stesso, è anche
faticoso, come tutti voi ben sapete! Tutti noi impariamo solo con
fatica, con difficoltà! Ma allora che cosa ci spinge a inseguire il
sapere, a compiere questa fatica? Aristotele ci fornisce una
risposta divenuta celeberrima: “Gli uomini hanno cominciato a
filosofare a causa della meraviglia: mentre da principio restavano
meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito
progredendo a poco a poco, giunsero a porre problemi sempre
maggiori, come i problemi riguardanti i fenomeni della luna e
quelli del sole e degli astri e poi i problemi riguardanti
l’origine dell’intero universo.”
-
Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione
al concetto di “filosofia”
11
Anche per Platone la filosofia nasce dalla “meraviglia”: egli ci
dice infatti che essa è figlia di Taumante (thaumàzein = “provare
meraviglia, sconcerto, paura”) – in greco “colui che prova
meraviglia” – e la identifica con Iride, messaggera degli dèi tra
gli uomini, e anche con l’iride, lo spettro luminoso dai molti
colori. Soffermiamoci proprio sulla parola “meraviglia” – thauma in
greco – per notare una cosa fondamentale: non si tratta
semplicemente di “stupore”, ma di qualcosa di molto più forte:
“sconcerto”, “paura”, addirittura “terrore”. Insomma: è qualcosa
che, anche volendo, non possiamo in alcun modo ignorare, evitare.
Siamo costretti a reagire di fronte a questa “meraviglia”. 3.
Chiunque fra noi sa bene che l’uomo è caratterizzato dal suo fare
domande, dalla sua curiosità e, conseguentemente, dalla ricerca di
risposte, di spiegazioni. Ci basta pensare ai bambini e a tutti i
loro “perché? ”. Ma quando una risposta, una spiegazione, può
essere chiamata “filosofica”?1 A questo riguardo torniamo al
rapporto che la filosofia, al momento della sua nascita, ebbe con
mito e religione. La filosofia, infatti, nasce in opposizione e
come superamento della spiegazione religioso-mitologica tramite ciò
che i primi filosofi chiamarono logos. Logos è una parola greca
fondamentale, che ci accompagnerà per tutto l’anno, e come molte
parole greche ha numerosi significati: “parola”, “discorso”,
“ragione”, “regola”, “rapporto”. - La spiegazione della realtà
fornita dai miti e dalla religione, in termini molto generali, si
basa su dei racconti che il tempo trasforma in tradizioni accettate
da tutti. Facciamo un esempio assai semplice: come sapete, nella
mitologia greca i fulmini sono una manifestazione dell’ira di Zeus.
Si tratta di due eventi (l’ira di Zeus e il fulmine), il primo dei
quali costituisce la spiegazione del secondo, che si dispongono su
piani completamente diversi fra loro. Che cosa collega i due fatti
come causa (ira) ed effetto (fulmine)? Solo il racconto mitologico,
accettato per vero. Al di là del racconto, non troviamo alcun
collegamento fra le due cose. Questo tipo di spiegazione appare, ai
nostri occhi, come una petizione di principio, qualcosa cioè che si
può accettare solo per fede e che non fa aumentare di nulla la
nostra reale conoscenza dei fenomeni. - La spiegazione filosofica è
completamente diversa. Anche la filosofia cerca di dare delle
spiegazioni, lo abbiamo detto, ma lo fa in termini razionali
(utilizzando il logos, appunto): essa cerca, in altre parole, di
fornire una ragione, un collegamento tra fenomeni diversi, causa ed
effetto, che sia da tutti comprensibile su un piano intellettuale e
non qualcosa da accettare per fede. La filosofia cerca spiegazioni
che non sono dogmi indiscutibili, ma teorie che possono essere
discusse e, eventualmente, rifiutate e sostituite da altre. Anche
qui facciamo un semplicissimo esempio: il primo filosofo di cui
parleremo, Talete, ci dice che “il principio, l’origine di tutte le
cose è l’acqua”. Si tratta di una spiegazione che noi, oggi,
definiremmo “ingenua” e “sbagliata”, ma se ci pensate è un tipo di
spiegazione completamente diversa da quella mitologica e religiosa
perché fornisce delle ragioni che la comune intelligenza può
valutare, accettare o rifiutare! Esattamente la stessa cosa, come
ben sapete, fanno le scienze oggi: proporre spiegazioni dei
fenomeni su di un piano razionale. Non vi stupirà dunque sapere che
tutte le discipline che oggi chiamiamo “scientifiche” nascono, come
frutti da un unico albero, dalla filosofia.
1 A questo riguardo vedi le slides allegate.
-
Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione
al concetto di “filosofia”
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- Il linguaggio che sarà peculiare alla filosofia è quello
prosastico (quello della discussione dialettica, della
conversazione fatta di domande e risposte, del confronto fra idee
diverse, ma sempre sostenute razionalmente) in opposizione a quello
mimetico-poetico del mito (parole da imparare a memoria e da
ripetere, quasi identificandosi con esse). - Riassumendo possiamo
dire così: da una parte la filosofia resta legata al mito e alla
religione perché cerca di fare la stessa cosa – cioè fornire
spiegazioni riguardanti l’esistenza del mondo e dell’uomo – ma,
dall’altra, se ne stacca completamente perché cerca di rispondere
alle domande dell’uomo in un modo del tutto nuovo! A questo
riguardo possiamo citare ancora Aristotele: “Gli uomini originari e
antichissimi hanno colto queste cose [cioè la natura del mondo e
dell’uomo] nella forma del mito, e in questa forma le hanno
trasmesse ai posteri, dicendo che questi corpi celesti sono
divinità, e che la divinità circonda tutta quanta la natura. Il
resto è stato aggiunto dopo, sempre miticamente, per persuadere i
più e per imporre obbedienza alla legge e per ragioni di utilità.”
Detto in altre parole: anche l’uomo mitico e religioso è, a suo
modo, “filosofo”, ma lo è in modo limitato e scorretto. La
filosofia propriamente detta non persuade con dogmi da accettare
per fede, non obbliga qualcuno a credere qualcosa, ma cerca di
convincere per mezzo della ragione. 4. La filosofia è
caratterizzata anche dalla sua radicale istanza critica. Abbiamo
già, di passaggio, fatto cenno a questa caratteristica. Mentre le
scienze tendono ad assumere come base indiscussa alcuni concetti (i
concetti filosofici di “causa” ed “effetto”, per esempio!) la
filosofia è del tutto priva di questa base solida ed è, tutta
intera, oggetto di continua riflessione, messa in discussione,
modifica.
8. COSA HA FATTO LA FILOSOFIA? QUAL È IL SUO RISULTATO? Anche
queste due ultime domande, sono, naturalmente, di grande
importanza. Come per quelle che le hanno precedute, potremo solo
indicare alcuni elementi essenziali, senza pretese di esaustività.
Nei primi secoli della sua esistenza, la filosofia ha
progressivamente messo a punto quel processo che di solito si
chiama “astrazione” (o “processo astrattivo”) il cui frutto
chiamiamo “concetto astratto” (e che invece gli antichi filosofi
chiamavano, come vedremo, “universale”). Bisogna stare molto
attenti: il nostro linguaggio comune utilizza il termine “astratto”
per indicare, spesso in senso negativo, “qualcosa che non ha a che
vedere con le cose concrete, reali”. Non potremmo pensare nulla di
più sbagliato! “Astrarre” significa invece, alla lettera, “tirare
fuori”. Tirare fuori cosa? E tirare fuori da dove? Tirare fuori da
una cosa concreta alcune sue caratteristiche, in modo da
considerarle non più nella concretezza della cosa singola, ma nella
generalità del concetto. Per cominciare a capire facciamo un
esempio davvero banale: immaginiamo di avere fra le mani un libro,
magari un romanzo. Questo libro ha delle caratteristiche ben
precise, che potremmo descrivere a lungo. Il romanzo ha un certo
titolo (magari “Il signore degli anelli”), un certo autore (“J.R.R.
Tolkien”), racconta una certa vicenda (Frodo Baggins che lascia
la
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Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione
al concetto di “filosofia”
13
Contea con dei fidati amici allo scopo di compiere una ben
precisa missione)... Potremmo continuare a lungo! Tutte queste
caratteristiche, se ci pensate, sono singolari perché si
riferiscono solo a quel preciso libro e a niente altro! Cosa
possiamo astrarre da questo libro? Moltissime cose! Per esempio,
potremmo dire: “Il Signore degli anelli è un romanzo scritto in
lingua inglese”. È facile capire che le parole “lingua inglese”,
che compaiono nella nostra affermazione, non hanno solamente un
valore singolare, ma generale! Esse, infatti, possono essere
riferite a quel preciso libro, certo, ma possono riferirsi nello
stesso modo a tutti i testi che siano stati scritti in quella
lingua! Ciò che abbiamo astratto, “tirato fuori”, è un concetto, e
un concetto è sempre qualcosa di generale: esso non si riferisce
mai a una cosa singola, ma una generalità, una universalità di
cose. Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, che il concetto
astratto, fondamentale creazione del pensiero filosofico, non è
“qualcosa che non ha a che vedere con le cose concrete” proprio
perché esso proviene dalla cose concrete! Se non esistesse il
concreto, il reale, non potrebbe esistere l’astratto! Se pensate al
mito e alla religione dell’antica Grecia, di cui abbiamo parlato
prima, potete capire facilmente che in esse non c’era astrazione.
Un racconto mitico, una storia, è infatti sempre e solo singolare:
essa narra una vicenda ben precisa, quella e solo quella! Ora
pensate, invece, alla matematica: vi basta un solo attimo per
capire che essa è piena di concetti astratti! Basta dire “numero”
ed è chiaro che la parola non si riferisce solo a un ben preciso
numero, ma a tutti. Ecco: la filosofia degli inizi ha compiuto il
passaggio dal concreto all’astratto. Ma perché la filosofia ha
fatto questo? Qual è stato il suo risultato? Qual era il suo scopo?
Consideriamo lo schema che segue:
CONCRETO ASTRATTO La filosofia è partita dal concreto, cioè
dalle cose realmente esistenti nel mondo, e da lì si è spostata
nell’astratto, il mondo dei concetti (freccia verde). A questo
punto, la filosofia è ritornata verso il concreto (freccia azzurra)
osservandolo però dal nuovo punto di vista messo a disposizione
dall'astrazione.
-
Prof. Monti – Filosofia (classe III – 2016-2017) – introduzione
al concetto di “filosofia”
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A cosa è servito tutto questo? È servito a creare tutte quelle
discipline che noi chiamiamo “scienze”. Come avete certo notato già
dalla vostra esperienza scolastica, tutte le discipline
scientifiche utilizzano concetti astratti: la matematica parla di
“numeri” e di “figure geometriche”, la fisica parla di “forze”, di
“energia”, la biologia parla di “evoluzione”, la geografia parla di
“confini”, ecc.
MITO RELIGIONE
FILOSOFIA
MATEMATICA FISICA ASTRONOMIA BIOLOGIA CHIMICA PSICOLOGIA ... Il
concetto astratto è ciò che le discipline scientifiche usano per
descrivere il mondo reale con molta maggior precisione ed efficacia
di quanto fosse possibile al mito e alla religione antiche. Questo,
naturalmente, ci permette oggi di dare spiegazioni molto più
complesse ed efficaci della realtà, tali da consentirci, entro
certi limiti, di controllarla. In un certo senso, quindi, possiamo
dire che la filosofia, dopo aver preso le distanze da mito e
religione, ha molti secoli dopo “passato il testimone” alle
discipline scientifiche. In tutti questi passaggi, che sono in
realtà assai più complessi di quanto abbiamo potuto dire qui,
qualcosa è stato guadagnato e qualcosa è stato perso. Diciamo solo
un’ultima cosa importante. Sarebbe del tutto sbagliato ragionare
nel modo che segue: “Prima ci sono statti il mito e la religione,
poi è venuta la filosofia e, successivamente, sono nate le
scienze”. In realtà, queste tre differenti modalità del pensiero
umano non sono venute semplicemente una dopo l’altra, nello stesso
modo in cui a un giorno ne segue un altro, ma si sono sempre
intrecciate e sovrapposte, a volte addirittura confondendosi l’una
col l’altra! Non è un caso se oggi mito e religione, filosofia e
scienze continuano ad esistere insieme. Siamo ormai pronti,
ragazzi, per incontrare i primi filosofi della storia e le loro
idee.
-
“Filosofia” o
“Storia dellaStoria della Filosofia”???
Per il lavoro che noi faremo, è più
opportuno parlare di “Storia d ll Fil fi
”!della Filosofia”!
-
Utilità!Utilità!È un po’ come per l’interesse: della nostra materia non
ha molto senso chiedere “A cosa serve?”
innon ha molto senso chiedere
A cosa serve? in
generale!Si tratta infatti di una domanda troppo astratta...
È molto
meglio, invece, chiedere: “Perché puòservire a me?”
-
Due motivi abbastanza validiUtilità! Due motivi abbastanza
validi...Ma non del tutto!Utilità!11
Interesse culturale: arricchire il cosiddetto “bagaglio culturale”.
2Visto che la Filosofia ha avuto un ruolo essenziale nella creazione
di ciò che chiamiamo “Civiltà occidentale”, vale
lacreazione di ciò che chiamiamo
Civiltà occidentale , vale la
pena di sapere almeno di cosa si tratta visto che noi facciamo parte di questa civiltà!
-
Utilità! Un motivo molto migliore!Utilità! Un motivo molto
migliore!
Lo studio della Filosofia è il modo migliore che abbiamo a disposizione (anche se non l’unico) per sviluppare quello che
si chiama “senso
critico”si chiama “senso critico”.
‐
Non vuol dire “criticare” le opinioni degli altri!‐Ma vuol dire saper comprendere
e valutare da soli ciò che ci
viene proposto.
-
PER INIZIARE: ALCUNE DOMANDE (non problemi)!problemi)!
Quando e dove è nata la
Perché la Filosofia è nata Filosofia?
proprio in quel luogo e in quel
tempo?
CHE COS’È LAFILOSOFIA?
Cosa c’era prima della Filosofia?
Cosa ha fatto la Filosofia? Qual è
il suo “risultato”? Filosofia?è il suo risultato
?
La ricerca della DEFINIZIONE!
-
PER INIZIARE... ancora sulla definizione e sul perché noi non ne
cercheremo una!perché noi non ne cercheremo una!
1nessuna definizione
precisa è adatta per la Filosofia di ogni t
di i l
2Il concetto di
“definizione”,tempo e di ogni luogo.
Il concetto di definizione ,
come vedremo a suo tempo, è stato inventato da un filosofo!
3Definire un concetto significa d i l i
4Rinuncia a trovare una
descriverlo attraverso concetti più semplici e già noti...
definizione... Accontentandoci di descrivere alcune
caratteristiche della Filosofia!
-
PER INIZIARE... Quando e dove è nata la Filosofia?Filosofia?
DUE DIVERSE IPOTESI!
“Occidentalisti” “Orientalisti”
-
PER INIZIARE... Perché proprio nella grecia del VII secolo
ac?VII secolo ac?
CONDIZIONI SOCIALIDemocrazia
Questioni pratiche contraconcetti astratti
Passaggio dall’oralità ll itt lf b
tialla scrittura alfabetica
-
PER INIZIARE... Cosa c’era prima della Filosofia?Filosofia?
MITOE
RELIGIONE
MITOMITO
Il mito non come “storia inventata” ma
come
RELIGIONE
1. Religione olimpicainventata
, ma come “forma di sapienza e di educazione”...
2. Culti ctonii o misterici3. Sètte
-
PER INIZIARE... Cosa c’era prima della Filosofia?Filosofia?
MITOE
RELIGIONE
Si il i h l li i d hi i
iSia il mito che la religione, e questo deve essere chiarissimo, svolgevano una funzione essenziale per l’uomo.Entrambi, infatti, fornivano delle spiegazioni riguardanti il senso, l’origine
lo scopo e il funzionamento del mondo che ci circonda
cosìl’origine, lo scopo e il funzionamento del mondo che ci circonda così come dell’uomo medesimo.
Oggi quale o quali discipline ricoprono
questo ruolo?
-
PER INIZIARE... Alcune caratteristiche della
FilosofiaFilosofia
La parolaFilosofia = philèin
1(amare) + sophìa(sapienza)
C i i d ll li
àCaratteristica della totalitàTentativo di spiegare L’INTERO riguardo: 1)
al mondo;2 1) al mondo; 2)
al modo in cui noi lo conosciamo; 3) al nostro comportamento.
-
PER INIZIARE... Alcune caratteristiche della
FilosofiaFilosofia
ContemplazioneNon scopi pratici
maNon scopi pratici, ma contemplazione(citazioni
da Aristotele)
3(citazioni da Aristotele)
Tutti gli uomini sono curiosi e fanno domande: tutti cercano spiegazioni.
Ragione
Cosa rende la spiegazione filosofica diversa dalle altre?
RagioneLa spiegazione attraverso il logos
4attraverso il logos
-
FACCIAMO UN ESEMPIO DI SPIEGAZIONE
MITICO-RELIGIOSA!MITICO-RELIGIOSA!
N ll it l i i f l i i i ti d itti lNella mitologia greca, i
fulmini sono spiegati e descritti come lamanifestazione dell’ira di
Zeus secondo il seguente schema:
IRA DI ZEUS (causa)4
FULMINI (effetto)
Oggi consideriamo una simile spiegazione non solo sbagliata, ma
anche del tutto irragionevole Per quale motivo?anche del tutto
irragionevole. Per quale motivo?
-
LA SPIEGAZIONE MITICO-RELIGIOSACI SEMBRA POCO CONVINCENTECI
SEMBRA POCO CONVINCENTE
Q t i i i i l héQuesta spiegazione ci appare poco razionale
perché essapropone come CAUSA ed EFFETTO due cose
completamentediverse fra loro, cose cioè che sembrano non poter
avere nulla incomune: il fulmine è un “fenomeno naturale”, cioè
qualcosa chenoi possiamo cogliere con i nostri sensi, ma l’ira di
Zeus non èaffatto una cosa di questo tipo!q p
4
-
ORA UN PRIMO ESEMPIO DI SPIEGAZIONE FILOSOFICA!FILOSOFICA!
Il primo filosofo, che si chiamava Talete, sosteneva che
ilprincipio, l’origine di tutte le cose è l’acqua secondo il
seguenteschema:
4
ACQUA (causa) ALTRE COSE (effetto)
A h t ff i il i d i lAnche questa affermazione, il cui senso
vedremo poi neldettaglio, è sbagliata, proprio come la
precedente.Nonostante ciò essa è di un tipo del tutto differente.
Perché?
-
LA SPIEGAZIONE FILOSOFICASI BASA SULLA RAGIONESI BASA SULLA
RAGIONE
Q t i i i i l héQuesta spiegazione, seppure erronea, ci appare
razionale perchéessa propone come CAUSA ed EFFETTO cose che stanno
tuttesul medesimo piano e il cui collegamento ci è
comprensibilegrazie alla pura ragione, senza che dobbiamo accettare
nulla perfede o per tradizione!Sia l’acqua che le altre sostanze
fisiche, infatti, sono fenomeniq , ,naturali, posti sullo stesso
piano e conosciuti mediante gli stessisensi: ecco che un
collegamento, un rapporto fra loro appare atutti
comprensibile.tutti comprensibile.
4
-
PER INIZIARE... Alcune caratteristiche della
FilosofiaFilosofia
Radicale istanza critica 5
Nulla viene accettato per fede, tradizione, abitudine, “tutti la pensano così”…
O i id i ifi l i
bOgni idea viene accettata o rifiutata solo in base alla ragione!
-
ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali
risultati haCosa ha fatto la Filosofia? Quali risultati ha
ottenuto?
11Nei primi escoli
della sua esistenza, la Filosofia elabora il processo astrattivo, giungendo alla
creazione di concetti astratti.
-
ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali
risultati ha ottenuto?Q
1“Astratto” NON significa “distaccato dalla realtà”, come spesso non
pensiamo. Non è questo tipo di astrazione inventato e praticato dai filosofi.
…
“astrarre” significa, invece, “tirare fuori”Tirare fuori da una cosa concreta alcune sue caratteristiche, in modo da
considerarle non più nella concretezza della cosa singola, ma nella generalità del concetto.
…
Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, che il concetto astratto, fondamentale creazione del pensiero filosofico, NON è “qualcosa che non ha a
che vedere con le cose concrete” proprio perché esso proviene dalla
cosea che vedere con le cose concrete
proprio perché esso proviene dalla cose
concrete!
-
ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali
risultati ha ottenuto?Q
CONCRETO ASTRATTO
La filosofia è partita dal concreto, cioè dalle cose realmente esistenti nel mondo, e da lì si è spostata nell’astratto, il mondo dei concetti (freccia verde). A questo punto, la fil
fi è i il (f i ) d l ò d
lfilosofia è ritornata verso il concreto (freccia azzurra) osservandolo però dal nuovo
punto di vista messo a disposizione dall'astrazione.
-
ULTIMA DOMANDA (per ora!)... Cosa ha fatto la Filosofia? Quali
risultati ha ottenuto?Q
Ma perché fare una d l
?cosa del genere?
RELIGIONEMITO
FILOSOFIA
MATEMATICA FISICA BIOLOGIA ASTRONOMIAMATEMATICA FISICA BIOLOGIA
ASTRONOMIA...
-
Prof. Monti – Filosofia a.s. 2016-2017 – la scuola di Mileto
1
LA SCUOLA DI MILETO: TALETE, ANASSIMANDRO, ANASSIMENE
1. NOTE GENERALI SU TUTTI I PRESOCRATICI I Presofisti, detti
anche Presocratici – in assoluto i primi filosofi della storia –
sono un eterogeneo gruppo di pensatori, vissuti per lo più prima di
Socrate e dei sofisti (da qui la loro denominazione di
"pre-socratici" e "pre-sofisti"), che si sono occupati soprattutto
del problema della natura, del cosmo, insomma del mondo fisico.
Come vedremo a suo tempo, i sofisti e Socrate saranno più attenti
all’uomo e alle sue problematiche, tralasciando lo studio della
realtà naturale, fisica. I Presofisti fioriscono dal VII secolo ac
in poi e si possono dividere in diverse scuole: ionici di Mileto
(Talete, Anassimandro, Anassimene), Pitagorici (Pitagora e
seguaci), Eraclitei (Eraclito e seguaci), Eleati (Parmenide, Zenone
e seguaci), Fisici posteriori (Empedocle, Anassagora, Democrito e
altri). Geograficamente, i presofisti operarono principalmente
nelle colonie greche della Ionia (Asia Minore, l’attuale Turchia),
oppure nella Magna Grecia (Italia meridionale). Solo con
Anassagora, come vedremo, si avrà l’ingresso della filosofia in
Atene, nel cuore della Grecia. In effetti, come già abbiamo avuto
modo di notare, la filosofia si sviluppò prima ai margini della
civiltà greca, dove erano meno forti le tradizioni e quindi più
facile il cambiamento, per poi estendersi verso il centro. In
particolare, essa si sviluppò inizialmente sulle coste dell’Asia
Minore, dove certo era possibile sentire l’influenza delle vicine
ed evolute civiltà orientali. Delle opere scritte dai presofisti ci
sono giunti solo pochi frammenti: tutto ciò che conosciamo di loro
si basa su questi, oltre che sulle parafrasi e sulle testimonianze
(queste ultime dovute soprattutto ad Aristotele e ai suoi seguaci,
in particolare il suo allievo Teofrasto). Abbiamo visto che la
nascita della filosofia segna il sovrapporsi alla spiegazione di
carattere mitico-religioso la spiegazione razionale. Non a caso,
nei primi secoli del suo sorgere, la filosofia portò ad
un’affermazione che sarà fondamentale nella costituzione della
civiltà dell’Occidente: il pensiero (non qualunque pensiero, ma
solo quello razionale, logico!) è superiore alla realtà fisica
(vedremo in che senso e perché!). In relazione a ciò, è evidente
che le attività umane che più coinvolgono la ragione vennero
considerate superiori alle attività prevalentemente manuali. Come
già anticipato nell’introduzione, vedremo via via emergere con
chiarezza ciò che noi chiamiamo “ragionamento” e “concetto
astratto”. Ciò che vedremo è un progressivo e sempre più
consapevole passaggio dal concreto – concreto in senso propriamente
fisico: ciò che risulta evidente alla conoscenza dei sensi –
all’astratto, ovvero a ciò che, pur collegato con la realtà, è
l’oggetto proprio del pensiero razionale.
-
Prof. Monti – Filosofia a.s. 2016-2017 – la scuola di Mileto
2
2. NOTE GENERALI SULLA SCUOLA DI MILETO Fra il secolo VIII ac ed
il secolo VI ac, le genti greche portarono a compimento un lungo
processo di migrazione verso terre situate fuori dalla Grecia. In
particolare, i greci si diressero verso la Magna Grecia (l’Italia
meridionale, dove vennero in contatto con un ambiente ancora
culturalmente arretrato) e verso l’Asia Minore (dove i greci,
viceversa, entrarono in contatto con culture evolute). Proprio
sulle coste dell’Asia Minore, nella città di Mileto, nacque quella
che è stata considerata la prima scuola occidentale del pensiero
filosofico. Dice Aristotele che Talete, primo rappresentante e
fondatore di questa scuola, fu il fondatore della filosofia della
Physis. In effetti proprio l’indagine sulla physis, cioè la
“natura”, sarà il motivo dominante per tutti i presofisti e,
addirittura, andrà a costituire il titolo tradizionale delle loro
opere: Sulla Natura (Perì Physeos in greco). Il termine greco
physis viene tradotto con la parola “natura”, ma a questo riguardo
sorge un problema comune. Concetti che oggi, nella nostra lingua,
sono differenziati e articolati con diversi termini, in epoca
arcaica erano indicati dalla medesima parola. Ecco che physis non
significa solo “natura” – cioè l’insieme dei fenomeni, dei fatti e
degli oggetti che formano la natura – ma anche e soprattutto il
principio intrinseco del mondo, in un certo senso la sua legge, il
suo fondamento, in grado di spiegare la sua organizzazione e le sue
trasformazioni. I vari presofisti hanno affrontato il problema
della physis in forme assai diverse, ma in generale essi applicano
un procedimento simile: la ricerca dell’arché. Per gli antichi il
termine arché sta ad indicare l’origine delle cose, il loro
principio fondante, ma anche ciò di cui le cose sono fatte, la
realtà ultima cui tutto prima o poi si riduce, e anche l’aspetto
divino dell’universo. I nostri sensi testimoniano che la realtà che
ci circonda è in continuo mutamento e trasformazione, le cose
cambiano di continuo, le creature viventi nascono, crescono e poi
spariscono, come in una sorta di infinita guerra, senza vincitori
né vinti. Di fronte a tutto questo la domanda cui i primi filosofi
cercano insistentemente di rispondere è, in buona sostanza, la
seguente: “che cosa sta a fondamento del mondo naturale e delle sue
continue trasformazioni? Qual è il principio, l’elemento
primordiale, che lo costituisce e lo governa?”. Aristotele, secoli
dopo, parlando dei Milesii – Talete, Anassimandro e Anassimene –
sostenne che essi scoprirono la causa materiale, ovvero “la materia
di cui le cose sono fatte”, e poi criticò la parzialità della loro
ricerca la quale, a suo avviso, non spiegava l’esistenza e la
natura del movimento. In effetti non è così: come abbiamo appena
detto, l’arché non indica solo la materia di cui le cose sono
fatte, ma anche il loro principio e la loro fine, ed ha in sé anche
la ragione di tutte le trasformazioni e di tutti i movimenti. Per
quale motivo si fa iniziare la storia della filosofia con la scuola
di Mileto e la ricerca sull’arché? Abbiamo già parlato del mito e
di quanto fosse importante nell’antica Grecia, ricordiamolo in
breve: il mito non era una semplice “storia inventata”, ma un
discorso, una verità rivelata da un essere divino. Anche il mito
propone, come sappiamo, delle spiegazioni per la natura e i suoi
fenomeni, è però vero che tali spiegazioni sono insoddisfacenti,
perché non permettono alcuna verifica né indagine razionale.
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Prof. Monti – Filosofia a.s. 2016-2017 – la scuola di Mileto
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Pensate all’Iliade: essa comincia con la peste che si abbatte
sul campo degli achei, peste causata dalla volontà del Dio Apollo.
Questa è una spiegazione che in termini razionali non dice nulla:
spiega una malattia, sconosciuta nella sua natura e nelle sue
cause, tramite l'intervento di una divinità, ancora più ignota
della malattia stessa! Diversamente da quanto accade nel mito, i
Milesii individuano i loro principi in un’ottica razionale e,
seppure le loro considerazioni appaiano certo banali agli occhi di
noi moderni, esse si fondano su considerazioni logiche e
verificabili, ipotesi che si possono osservare e criticare, proprio
come accade per le teorie di uno scienziato contemporaneo. Dicendo
che “La peste è causata da Apollo” ne sappiamo quanto prima: sia
l’una che l’altro ci sono del tutto ignoti! I Milesii invece
propongono spiegazioni che, per quanto ingenue e sbagliate possano
essere, vengono ricavate in ordine a considerazioni razionali e
verificabili. È forse questo il secondo merito dei Milesii: l’aver
creato un’immagine dell’universo regolato da leggi costanti e
determinabili, da rapporti di causa-effetto comprensibili dalla
comune ragione umana.
3. TALETE (624-23 AC – 546-45 AC) Assai ricca è la tradizione
che parla di Talete, uomo che acquisì in vita e ancor più dopo la
morte grande fama e credito, ma è difficile distinguere le notizie
vere da quelle false, leggendarie. Pare, inoltre, che Talete non
abbia lasciato nulla di scritto. Anche sulla data di nascita e
morte ci sono dubbi. Egli va comunque collocato fra la fine del VII
e la metà del VI secolo ac. Dovette essere, fra l’altro,
contemporaneo dell’ateniese Solone. Talete, cosa comune a tutti gli
intellettuali dell’antichità, si occupò di molte questioni situate
in campi che a noi, oggi, appaiono completamente separati l’uno
dall’altro. Pare che Talete fu un valente uomo politico: consigliò
ai greci della Ionia di unirsi in un’unica realtà statale contro la
minaccia Persiana e dissuase i cittadini di Mileto dall’alleanza
con Creso, re di Lidia (Ciro era, in quel periodo, re di Persia).
In effetti la fama di sapiente significava spesso l’attribuzione da
parte dei cittadini di cariche politiche. Famose sono rimaste anche
le sue teorie astronomiche e matematiche. Fu probabilmente proprio
la corretta previsione di un’eclissi ad allargare enormemente la
fama di Talete: proprio le eclissi erano allora considerate
avvenimenti contrari per antonomasia al regolare svolgimento delle
cose, e quindi impossibili da prevedere! Tramandano le fonti che
egli scoprì i solstizi1 e la distanza fra di essi, calcolò le
proporzioni fra il Sole, la Luna e le loro orbite, scoprì l’Orsa
Minore, comprese che la Luna è illuminata dal Sole. In ambito
matematico, cinque sono le proposizioni geometriche che gli vengono
attribuite. Aggiungono alcune fonti che egli avrebbe acquisito le
sue conoscenze in Egitto, notizia peraltro attribuita a numerosi
filosofi e da considerarsi leggendaria. Gli si attribuiscono anche
alcune applicazioni pratiche delle sue scoperte, come la
misurazione dell’altezza delle piramidi a partire dalla loro ombra.
- Per quanto riguarda la vita di Talete, due episodi di segno
opposto ci sono narrati da Platone e Aristotele, entrambi elaborati
nel tentativo di difendere la propria posizione. Platone ci
racconta che Talete, tale era il suo distacco dalla realtà
quotidiana, una notte, mentre osservava le stelle, cadde in un
pozzo. Una serva lo trovò e lo prese in giro, dicendogli 1 I
solstizi sono le due date dell’anno, 22 giugno e 22 dicembre, in
cui in ogni emisfero terrestre si ha, rispettivamente, il giorno
più lungo e la notte più lunga.
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che era così assorto nelle cose celesti da non curarsi delle
terrene e da incappare, a causa di ciò, in numerosi guai.
Aristotele, invece, ci riferisce che Talete, ripreso da un
conoscente che lo accusava di essere povero e di non saper usare la
propria sapienza per arricchirsi, grazie alle sue conoscenze
meteorologiche riuscì già in inverno a prevedere una stagione
ottima per il raccolto di olive. Così affittò con grande anticipo
tutti i frantoi disponibili subaffittandoli poi a prezzo ben
maggiore. Ma vediamo ora l’aspetto delle riflessioni di Talete che
più ci interessa. Aristotele attribuisce a Talete l’identificazione
nell’elemento umido, segnatamente l’acqua, il principio, l’arché.
Per quale ragione proprio l’acqua? È umido ciò di cui ogni cosa si
alimenta, di natura umida sono tutti i semi. L’umido si trova in
tutte le cose, specialmente negli oggetti animati. Sempre
Aristotele testimonia che, secondo Talete, la Terra galleggerebbe
sulle acque. A Talete viene anche attribuita un’affermazione
secondo cui “tutto è pieno di déi” ed un’altra che attribuirebbe
un’anima anche al magnete, data la sua capacità di muovere. Bisogna
poi dire che per Talete vale, come del resto era comunemente
accettato, il principio dell’Ilozismo. Egli cioè non aveva il
concetto della materia inerte ed inanimata e delle forze, come
separate da essa, che la muovono. La materia, secondo l’ilozismo,
ha in sé la ragione del suo movimento e delle sue trasformazioni.
Tale animazione è indistinguibile ed inseparabile dalla materia
stessa. In modo analogo si spiega anche l’affermazione sulla
divinità: probabilmente Talete voleva opporsi all’idea mitica
dell’Olimpo e degli déi antropomorfi, e dire che la divinità non
sta in un luogo, ancor meno in una sorta di “superuomo”, ma in
tutto, e probabilmente per lui essa coincideva con l’arché. Tipico
dei presofisti è appunto questa indistinzione fra materia e forza,
come fra spirituale e terreno.
4. ANASSIMANDRO (611-10 AC – ? AC) Discepolo di Talete, fu con
ogni probabilità il secondo filosofo della scuola di Mileto. Anche
lui svolse attività di tipo politico in patria, ed anche lui ebbe
interessi nelle matematiche e nell’astronomia, anche se tale
attività non pare vasta quanto quella del suo predecessore e la sua
fama è decisamente minore. In realtà di Anassimandro, così come di
Anassimene, non abbiamo notizie anteriori ad Aristotele. Pare sia
stato lui il primo fra i greci a scrivere un libro concernente la
sua speculazione filosofica, ed è questo il primo testo cui i
dossografi pongono il nome tradizionale di Sulla Natura. Fra le
altre cose, è singolare che questo libro fosse scritto in prosa, e
non in poesia, com’era invece consuetudine. Di cosa parlava il
libro di Anassimandro? Doveva, per quanto ne sappiamo, trattarsi di
una storia fisico-geografica dell’universo, a partire dalla sua
costituzione. Dicono alcune fonti che egli per primo tentò di
disegnare un profilo delle terre allora conosciute. Gli viene
attribuita anche l’invenzione dello gnomone2, strumento con cui
egli poté calcolare i solstizi, gli equinozi3 e gli intervalli fra
le stagioni.
2 Lo gnomone è un semplice strumento ad asta, con varie
inclinazioni, la cui ombra consentiva di stabilire la posizione del
sole e, quindi, l’ora del giorno. 3 Si chiama equinozio ciascuna
delle due date in cui la durata del giorno e quella della notte è,
su tutta la Terra, uguale: si tratta del 21 marzo e del 23
settembre.
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Quasi tutte le informazioni che abbiamo su di lui ci derivano da
Aristotele e dai suoi seguaci. L’unico frammento originale del suo
libro è riportato da Simplicio, commentatore di Aristotele: “Da
dove, infatti, gli esseri hanno l’origine, ivi hanno anche la
distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l’uno all’altro
le pene e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del
tempo.” Pare, inoltre, che sia stato Anassimandro, per primo, ad
introdurre la parola arché per indicare ciò da cui tutto ha
origine. Per Anassimandro cos’è l’archè? La sua risposta differisce
in modo molto significativo da quella di Talete e costituisce,
rispetto ad essa, un notevole progresso. A parere di Anassimandro
l’archè non è nessuno degli elementi che noi conosciamo attraverso
i nostri sensi, nulla che faccia direttamente parte della nostra
esperienza quindi, ma una natura, che possiamo cogliere solo con
l’intelletto, in-finita che lui chiamò àpeiron. Il principio di
Anassimandro non ha, come l’acqua di Talete, caratteristiche
sensibili determinate e ben note. Apeiron è normalmente tradotto
con il termine italiano “infinito”, ma la parola ai tempi dei
milesii aveva anche altre accezioni: vuol dire propriamente “senza
limiti”, “illimitato”, “indefinito”, “informe”. Da un lato
l’àpeiron indica una sostanza, un essere illimitato, infinito (se
fosse finito anche la sua attività generatrice e trasformatrice
dovrebbe essere finita...) da cui tutto ciò che esiste proviene.
Dall’altro è semplicemente la natura di tutte le cose che precede
le loro distinzioni, è qualcosa di indefinito, di indeterminato al
suo interno e che, proprio per questo, può assumere tutte le
diverse determinazioni, fungendo così da arché. Certo è che
Anassimandro non concepiva il suo àpeiron come concetto formale, di
tipo matematico, astratto, ma come una vera e propria materia che
in qualche modo circonda e costituisce tutto l’universo. In effetti
le fonti sembrano mettere l’accento più che sull’idea di infinito
su quella dell’indeterminatezza dell’àpeiron. Perché Anassimandro
non ha assunto una sostanza fra quelle note all’esperienza, come
aveva fatto Talete, ipotizzando l’esistenza di una sostanza che
nessuno ha mai visto? Anche se la cosa può apparire strana, proprio
in questo consiste il progresso rispetto a Talete! Aristotele
spiega in questo modo la scelta di Anassimandro: pare che egli
pensasse che se un elemento materiale fra quelli noti alla nostra
esperienza sensibile fosse il principio, l’arché, esso tenderebbe
ad inglobare e a distruggere tutti gli altri. Insomma: Anassimandro
riteneva che il principio, l’arché dell’universo, la causa di tutte
le sostanze che noi conosciamo, non potesse essere una di queste
sostanze medesime! In altre parole ancora: la causa del mondo reale
va ricercata al di là di ciò che costituisce la nostra esperienza
sensibile del mondo reale stesso, non può semplicemente farne
parte. La tradizione ci dice anche che l’àpeiron possiede un
movimento eterno (dal quale ha origine la generazione delle singole
cose) che è immortale e indistruttibile. Anassimandro inoltre
esprime per la prima volta con chiarezza un’idea tipica della
Grecia, quella secondo cui la realtà non sarebbe composta di
moltissime determinazioni diverse e indipendenti, ma da un insieme
di contrari che si oppongono e trapassano l’uno nell’altro.
Possiamo ipotizzare che i contrari (caldo-freddo, umido-secco,
ecc.) si stacchino e si differenzino dall’àpeiron a causa del suo
continuo movimento e si distruggano
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Prof. Monti – Filosofia a.s. 2016-2017 – la scuola di Mileto
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vicendevolmente con regolarità ciclica. Anassimandro pare vedere
il distacco, la differenziazione dall’unico essere come una sorta
di ingiustizia, sempre pagata con la distruzione ciclica stabilita
dal tempo. Forse l’esperienza che dovette suggerirgli tale modello
è il succedersi regolare delle stagioni. Sembra anche assodato che
Anassimandro estendesse questa vicenda ciclica anche ai mondi, che
a suo avviso sono infiniti. Essi nascono e muoiono ciclicamente,
sostituiti da altri. Questo risponde ad un’altra concezione tipica:
la concezione del tempo come un circolo e non come linea retta che
procede all’infinito. Il milesio sostenne anche che la Terra ha
forma cilindrica, con un’altezza pari ad un terzo della larghezza,
e secondo lui è librata in alto, non è sostenuta da niente perché
equidistante da tutte le cose. Talete non riesce a superare l’idea
che ogni cosa poggia su qualcos’altro, mentre Anassimandro compie
qui, come vedete, una notevole astrazione. - Anassimandro pare
anche fare un’ipotesi sull’origine degli esseri viventi. I primi
viventi furono generati nell’umido, nell’acqua (qui probabilmente
Anassimandro ha svolto considerazioni simili a quelle di Talete)
avvolti in membrane spinose che con il passare del tempo
approdarono a terra e, spezzatasi la membrana, poco dopo “mutarono
genere di vita”. C’è chi ha voluto vedere in questa idea
un’anticipazione dell’evoluzionismo.
4. ANASSIMENE (VI AC) Amico e discepolo di Anassimandro, egli è
l’ultimo rappresentante della scuola di Mileto. Anche Anassimene è
autore di un’opera intitolata Sulla Natura, di cui ci sono rimasti
pochissimi frammenti, insieme a delle testimonianze. Pare che
questo testo sia sopravvissuto sino all’epoca ellenistica.
L’esiguità delle informazioni che lo riguardano ci fa comprendere
come la sua fama e la portata delle sue scoperte fosse decisamente
inferiore a quelle dei suoi predecessori. Anassimene sostiene che
l’aér – vocabolo tradotto con “aria”, ma che allora si riferiva a
tutte le sostanze volatili, gassose e impalpabili – sia l’arché.
Questa “aria” è eternamente mobile, da essa si generano le cose e
in essa si risolvono, è divina ed illimitata, seppure non
indeterminata. Pare che quello effettuato da Anassimene sia un
passo indietro: egli, come già aveva fatto Talete e a differenza di
Anassimandro, torna ad identificare il principio con un elemento
determinato, ben preciso. Anassimene in effetti ha, con questa sua
scelta, cercato di chiarire le modalità secondo cui tutte le cose
derivano dall’aria. Ha spiegato questa genesi con i processi di
condensazione e rarefazione: a suo avviso l’aria, condensandosi, dà
origine a tutte le cose e, rarefacendosi, le distrugge. Anassimene
può aver pensato che, essendo l’àpeiron del maestro al di fuori
della nostra conoscenza sensibile, in effetti non sappiamo nulla di
come le cose derivino da esso ed in esso facciano ritorno.
Anassimene, è il primo a supporre che tutte le cose siano formate
tramite un diverso grado di aggregazione dell’aria (differenza
quantitativa e non qualitativa). Secondo le testimonianze, inoltre,
la Terra a parere di Anassimene sarebbe assai piatta e per questo
galleggerebbe sull’aria. I corpi celesti, inoltre, sarebbero fatti
della medesima sostanza della Terra. Il sole sarebbe terra
infuocata a causa della rapidità del movimento. - Perché Anassimene
ha scelto proprio l’aria?
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Prof. Monti – Filosofia a.s. 2016-2017 – la scuola di Mileto
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Le testimonianze dicono che per il milesio l’aria è l’elemento
fra tutti più mobile, in secondo luogo elementari esperienze
metereologiche ci mostrano come l’aria possa facilmente,
condensandosi e rarefacendosi, formare fenomeni fra loro diversi
(nuvole e pioggia). Qual è, inoltre, la cosa che caratterizza tutti
i viventi? Essi si muovono, proprio come l’aria e, soprattutto,
respirano. Vita e respirazione apparivano allora inscindibili: come
sapete nei poemi omerici la vita è una specie di alito che,
all’atto della morte, abbandona il corpo.
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CHI ERANO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017
I loro nomi erano TALETE, ANASSIMANDRO e ANASSIMENE.
Vissero in una colonia greca dell’Asia Minore di nome MILETO e
furonoVissero in una colonia greca dell Asia Minore di nome MILETO
e furonol’uno discepolo dell’altro.
Come tutti gli altri PRESOFISTI studiarono soprattutto il MONDO
FISICO o,come anche noi la chiamiamo, la NATURA.
Noi non possediamo delle opere, magari interi libri, scritti da
questipersonaggipersonaggi.Come possiamo allora conoscerli?
Frammenti P f i Parafrasi Testimonianze
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CHI ERANO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s. 2016-2017
Visto che la nascita della filosofia segnò il sovrapporsi alla
spiegazionedi carattere mitico-religioso della spiegazione
razionale, i primi filosofiaffermavano in modo più o meno esplicito
che il pensiero (nonqualunque pensiero, ma solo quello “razionale”,
“logico”!) è superiorealla realtà fisica.a a ea tà s ca
Ecco che le attività umane che più coinvolgono la ragione
venneroconsiderate superiori alle attività prevalentemente
manualiconsiderate superiori alle attività prevalentemente
manuali.
Ciò che vedremo è un progressivo e sempre più consapevole i d l
i i fi i iòpassaggio dal concreto – concreto in senso propriamente
fisico: ciò
che risulta evidente alla conoscenza dei sensi – all’astratto,
ovvero a ciò che, pur collegato con la realtà, è l’oggetto proprio
del pensiero razionale.
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DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s.
2016-2017
I primi filosofi si occuparono di studiare la natura (in greco
“physis”).
In che modo lo facevano?
Essi partirono dalla constatazione dei continui mutamenti delle
cosenaturali (divenire) e giunsero, tramite riflessione razionale,
allaconclusione che debba esistere qualcosa – ciò che loro
chiamaronoqarché – di eterno e immutabile, qualcosa che costituisca
il principio diciò che è naturale, cioè la sua origine e, allo
stesso tempo, la suadestinazione L’arché è anche la “materia” di
cui tutte le cose sonodestinazione. L arché è anche la materia di
cui tutte le cose sonofatte, oltre che l’aspetto divino della
realtà.
Ma ora vediamo di capire un po’ meglio:Ma ora vediamo di capire
un po meglio:
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DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s.
2016-2017
LA QUESTIONE DEL DIVENIRESe tutto si trasformasse in
continuazione, la conoscenza razionale per, pcome la intesero i
primi filosofi sarebbe impossibile.Ogni sapere sarebbe infatti
sempre parziale e temporaneo. Se le cosestessero in questa maniera
la natura sarebbe inspiegabile e neppurestessero in questa maniera,
la natura sarebbe inspiegabile e neppureavrebbe senso dare un nome
alle cose.
RISPOSTAGià i primi filosofi erano convinti che sia possibile
spiegareGià i primi filosofi erano convinti che sia possibile
spiegarerazionalmente il mondo naturale e, se questo è vero, per
loro ciòsignificava che deve esistere qualcosa di eterno e
immutabile,qualcosa che possa costituire la base di ogni
spiegazionequalcosa che possa costituire la base di ogni
spiegazione.
Questo è, appunto, ciò che Talete, Anassimandro e Anassimenehi
héchiamarono arché.
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DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s.
2016-2017
LA QUESTIONE DELLA MOLTEPLICITÀQuesto problema è collegato al
precedente. Esistono moltissime cose,l’una diversa dall’altra,
spesso senza che vi sia una relazioneapparente fra le varie
cose.
RISPOSTASpesso noi usiamo la stessa parola per nominare molte
cose (per
i i l l “ ” i di t tti li i iesempio, usiamo la parola “uomo”
per indicare tutti gli uomini, purdiversi fra loro). Questo
significa che ci deve essere qualcosa cheaccomuna le cose
esistenti, un qualche elemento comune che, al di làdi tutte le
differenze, occorre scoprire e conoscere.
C’è, poi, qualcosa di comune proprio a tutte le cose esistenti?p
q p pQuesti filosofi erano convinti di sì. Individuare questo
principio, questoarché, significava per loro comprendere la
struttura fondamentale dellarealtà, cioè le fondamenta solide di
tutta la varietà e la mutevolezzarealtà, cioè le fondamenta solide
di tutta la varietà e la mutevolezzache i nostri sensi colgono.
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DI COSA SI OCCUPARONO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s.
2016-2017
mutamentomutamento
A R C H ÉA R C H É
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DI COSA SI OCCUPANO I PRIMI FILOSOFI?Prof. Monti – a.s.
2016-2017
TALETE l’arché è l’acqua
ANASSIMANDRO l’arché è l’apeiron
ANASSIMENE l’arché è l’aria
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TALETEProf. Monti – a.s. 2016-2017
(624-23 ac – 546-45 ac)
Personaggio eclettico
T l t t tti li i t ll tt li d ll’ ti hità i ò diTalete, cosa
comune a tutti gli intellettuali dell’antichità, si occupò dimolte
questioni situate in campi che a noi, oggi, appaionocompletamente
separati l’uno dall’altro.
Egli infatti fu:
Un importante uomo politico
Un astronomo (eclissi) Un astronomo (eclissi)
Un matematico (alcuni importanti teoremi)
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TALETEProf. Monti – a.s. 2016-2017
PERCHÉ L’ACQUA??? – LA SPIEGAZIONE DI TALETE
(624-23 ac – 546-45 ac)
PERCHÉ L ACQUA??? LA SPIEGAZIONE DI TALETE
Talete nota attraverso l’osservazione che l’acqua è fondamentale
pertutti gli esseri viventi senza eccezionitutti gli esseri
viventi, senza eccezioni...
Egli conclude che la stessa cosa potrebbe valere per tutto ciò
cheesiste, dunque anche per le cose inanimate.
L’acqua, a suo avviso, è l’arché: il principio fondamentale
della realtà.
PRECISAZIONE: L’ILOZISMO
La materia, per Talete ma anche per tutti gli altri primi
filosofi, non è maiqualcosa di inerte e inanimato. Essa ha invece
dentro di sé la ragioned l i t d ll t f i idel suo movimento e
delle sue trasformazioni.Insomma: la nostra distinzione fra materia
e forza ancora non esiste!
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ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)
Prof. Monti – a.s. 2016-2017
(611-610 ac - ???)
C ???CHI ERA???Anche lui uomo politico e astronomo, fu discepolo
di Talete.Pare sia stato il primo a scrivere un libro di carattere
filosofico a cui èPare sia stato il primo a scrivere un libro di
carattere filosofico a cui èstato dato il titolo tradizionale di
“Sulla natura”.Assai singolare, per l’epoca, il fatto che questo
libro fosse scritto in
i i!prosa e non in versi!
PERCHÉ L’APEIRON??? – LA SPIEGAZIONE DI ANASSIMANDROA i d iti h
l’ hé d llAnassimandro ritiene che l’arché non possa essere nessuna
dellesostanze che conosciamo attraverso i nostri sensi…
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ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)
Prof. Monti – a.s. 2016-2017
(611-610 ac - ???)
PERCHÉ L’APEIRON??? – LA SPIEGAZIONE DI ANASSIMANDROOgni
sostanza naturale possiede delle proprietà ben
determinate,proprietà che sono diverse da quelle delle altre
sostanze.
L’arché, proprio perché da esso derivano tutte le cose, non
puòpossedere caratteristiche sue proprie.
Se fosse così, infatti, non sarebbe in grado di assumere
proprietàdiverse, o addirittura opposte, alle proprie.
ESEMPIO
Se l’arché fosse davvero l’acqua, con le sue proprietà
fisichedeterminate, come potrebbe essere il principio di sostanze
da essacompletamente diverse quali per esempio i
metalli?completamente diverse quali, per esempio, i metalli?Una
simile trasformazione appare razionalmente inspiegabile.
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ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)
Prof. Monti – a.s. 2016-2017
(611-610 ac - ???)
PERCHÉ L’APEIRON??? – LA SPIEGAZIONE DI ANASSIMANDRO
Quindi conclude Anassimandro l’arché è l’apeiron cioè una
sostanzaQuindi, conclude Anassimandro, l arché è l apeiron, cioè
una sostanzainfinita (cioè non finita) e indeterminata (cioè priva
di caratteristicheproprie) capace di assumere tutte le forme che
noi conosciamo.
Proprio essendo privo di caratteristiche proprie, l’apeiron non
è unasostanza naturale in mezzo ad altre, cioè qualcosa che noi
possiamoconoscere attraverso i sensi, ma si manifesta solo tramite
laragione.
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ANASSIMANDRO(611-610 ac - ???)
Prof. Monti – a.s. 2016-2017
(611-610 ac - ???)L’UNICO FRAMMENTO RIMASTO...Qua