Top Banner
24

F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

May 14, 2023

Download

Documents

Donato Labate
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178
Page 2: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178
Page 3: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178
Page 4: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178
Page 5: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178
Page 6: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178
Page 7: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

161

L’archeologia ci consente oggi per la prima volta di intravedere le forme e i modi di quella che è stata la creazione della capitale del nuovo distretto alpino delle Alpi Cozie, al termine delle campagne di Ottaviano Augusto per la sistemazione definitiva dell’intero arco alpino (25-13 a.C.)(1). Nel silenzio delle fonti sui termini dell’accordo tra l’imperatore (o meglio i suoi delegati) e il re locale Cozio, sono solamente i dati materiali provenienti dal terreno che ci possono far capire quale fu il disegno dell’élite romana – perché un disegno certamente ci fu – incaricata di gestire la transizione da una società indigena organizzata per tribù e clan a una provincia romana dotata di un centro politico, amministrativo, religioso e militare, probabilmente da subito dotato di statuto giuridico di municipium latinum(2). La costituzione di una sede urbana era in-fatti necessaria all’inclusione nel sistema giuridico-amministrativo romano: «i cittadini condividono molte cose: il foro, i templi, i portici, le strade, le leggi, le norme giuridiche, i tribunali, le votazioni, e inoltre consuetudini, parentele e

(1) M. Tarpin, i. Boheme et Alii, Sources écrites de l’histoire des Alpes dans l’Antiquité, in «Bulletin d’Études Préhistoriques et Archéologiques Alpines», XXI (2000), pp. 119-126.

(2) C. LeTTa, Fragmentum segusinum. Due frammenti a lungo ignorati della lex municipalis di Segusio, in Contributo all’epigrafia di età augustea. Actes de la XIIIe rencontre franco-italienne sur l’épigraphie du monde romain, G. Paci (a cura di), Tivoli, 2007, pp. 145-169. Per una visione più incerta sulla concessione della cittadinanza latina, con ampia bibliografia: E. CimarosTi, Le iscrizioni di età romana sul versante italiano delle «Alpes Cottiae», Barcelona 2012, pp. 87-91.

SEGUSIUM - Arco di Augusto - susA - Anno Lii - pp. 161-178

Federico Barello(*)

Susa augustea

(*) Federico Barello, Archeologo, Soprintendenza Archeologia del Piemonte

Page 8: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

162

innumerevoli interessi e rapporti reciproci»(3). Fu un piccolo centro quello creato in quel momento: un calcolo approssi-

mativo della superficie delle zone urbanizzate non arriva a 10 ettari (9,26 ha) – escludendo il settore dell’anfiteatro, che per ora appare isolato a sud-ovest della città – a fronte di città fondate all’interno dello stesso progetto politico, di poco precedenti, quali Augusta Prætoria e Augusta Taurinorum, con super-

fici quattro/cinque volte superiori (41,76 e 52 ha, rispettivamente)(4). È paragonabile la stima fatta per Axima-Forum Claudii, capitale delle Alpi Graie (10-15 ha), mentre il capoluogo delle Alpi Marit-time, Cemenelum, pare già decisamente più ampio (20 ha)(5). Qui la finalità fu, dunque, raccogliere nel-le forme di vita urbana una popolazione non partico-larmente numerosa, sparsa nel territorio circostante.

Non disponiamo di elementi concreti sulla ‘ro-manizzazione’ dei Segusini prima della fondazione urbana, così come, al di là della roccia coppellata vicina all’Arco(6), gli elementi sulla preesistenza di un villaggio nello stesso luogo in cui si erigerà la città sono ancora esili: alcuni frammenti sporadici di ceramica ad impasto e fine dagli scavi recenti al Castello, presso la Scuola secondaria di primo gra-do e il parcheggio di corso Unione Sovietica.

Traccia significativa è costituita da un bronzetto raffigurante Ercole promachos, alto 10,5 cm, pur-troppo solo genericamente di provenienza segusina, ora al Museo di Antichità di Torino (fig. 1). Venne recuperato a Susa come proveniente dai ‘dintorni’

(3) CiC., De officiis, I, 17, 53-54, da: L. CraCCo ruggini, La città imperiale, in Storia di Roma, 4, Caratteri e morfologie, Torino 1989, pp. 201-202.

(4) Per Aosta: P. Framarin, Augusta Prætoria, in Museo Archeologico Regionale Valle d’Aosta. Guida, Contesti, Temi, Quart 2014, p. 159. Per Torino si è calcolata la superficie all’interno delle mura, valutate della lunghezza di 700 x 750 m (scheda relativa nel sito www.museotorino.it); secondo C. CarduCCi, Arte romana in Piemonte, Torino 1967, p. 24, il quadrilatero sarebbe di 800 x 700 m. La coeva Augusta Bagiennorum assomma a 21 ettari: M.C. preaCCo, La città e i suoi monumenti alla luce delle recenti indagini archeologiche, in Augusta Bagiennorum. Storia e archeologia di una città augustea, Torino 2014, p. 100.

(5) M. segard, Les Alpes occidentales romaines. Développement urbain et exploitation des ressources des régions de montagne (Gaule Narbonnaise, Italie, provinces alpines), Paris 2009, p. 246.

(6) C. F. CapeLLo, Scoperta di rocce cuppelliformi nell’agro segusino, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», III (1949), pp. 27-37.

Fig. 1. Bronzetto di Ercole dai dintorni di Susa (Torino, Museo di Antichità, inv. n. 782).

Page 9: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

163

verso il 1878 dall’ingegnere minerario, e storico dilettante, Carlo Perrin. I primi editori, Vincen-zo Promis e Carlo Carducci, lo ritennero ‘galli-co’, ‘gallo-romano’ e il secondo, accostandovi un altro esemplare del museo torinese, privo di provenienza. Liliana Mercando ha proposto una datazione al II-I secolo a.C., anch’essa sot-tolineandone le caratteristiche celtizzanti. La tipologia è quella derivante da prototipi etrusco-italici di IV-III secolo a.C., mentre i più schema-tici esemplari piemontesi potrebbero scendere di datazione verso l’avanzata età repubblicana, così come un Ercole da Treviri (fig. 2), con ca-ratteri ancora più semplificati(7). Quest’ultimo pezzo potrebbe aver avuto una storia analoga a quello segusino, ovvero appartenere alle forme di contatto con il mondo centro-italico di popo-lazioni ancora estranee alla cultura romana nel corso del I secolo a.C. Il nostro Ercole si trova-va, probabilmente come ex-voto, proprio su una di quelle vie che le fonti greche considerano ‘eraclee’, ovvero lungo il tragitto compiuto da Eracle al ritorno della fatica delle mandrie di Gerione, forse in relazione a un culto dell’eroe come protettore dei passaggi alpini, anche se non ne possiamo delineare i con-torni in mancanza di elementi archeologici più precisi(8).

Arriviamo così a quei giorni in cui, tra l’estate del 9 e quella dell’8 a.C., fu dedicato l’Arco in onore dell’imperatore, che rivestiva in quel momento la potestà tribunizia per la quindicesima volta, a distanza di un anno o poco più dalla fondazione a Lione, ormai capitale delle tre Gallie, dell’altare dedicato a Roma e Augusto nel santuario federale (1 agosto 10 a.C.)(9) e dell’Ara Pacis a Roma (30 gennaio 9 a.C.)(10), monumenti religiosi carichi di valenze politiche

(7) H. menzeL, Die römischen Bronzen aus Deutschland, II, Trier, Mainz am Rhein 1966, pp. 26-27, n. 56, tav. 26.

(8) F. BareLLo, Alcuni dati sulla romanizzazione della valle di Susa, in Da Camunni a Romani. Archeologia e storia della romanizzazione alpina, Atti del Convegno (Cividate Camuno-Breno 10-11 ottobre 2013), S. Solano (a cura di), in corso di stampa, con bibliografia di riferimento.

(9) D. FrasCone, Une nouvelle hypothèse sur le sanctuaire des Trois Gaules à Lyon, in «Revue Archéologique de l’Est», n. 60 (2011), pp. 189-216.

(10) L’altare alla pace augustea in Campo Marzio era stato decretato dal Senato il 4 luglio del 13 a.C., al rientro dell’imperatore da un soggiorno triennale in Gallia (Lugdunum), da dove aveva diretto le operazioni militari per la sottomissione delle Alpi, della Rezia e del Norico: O. rossini, Ara Pacis, Milano 2006, p. 6.

Fig. 2. Bronzetto di Ercole da Treviri (Trier, Rheinischen Landesmuseum, inv. n. 05,60) (da Menzel 1966).

Page 10: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

164

in rapporto alle conquiste militari di Ottaviano Augusto.Ma in quel momento, cosa stava avvenendo in quel luogo considerato evi-

dentemente strategico per la posizione elevata sulla piana sottostante, dove confluivano i corsi della Dora Riparia e del Cenischia e si congiungevano le rispettive valli, ognuna via naturale di transito verso un possibile valico, quelle vie definite «mediae», «compendiariae» «et viantibus opportunae» da Ammia-no Marcellino (XV,10,2) proprio in relazione all’accordo intercorso tra Cozio e Ottaviano? La sistemazione stradale è un punto fondamentale anche nella descrizione geografica di Strabone (IV, 6), e, di conseguenza, viene difficile scardinare il vincolo simbolico arco-strada, già perfettamente presente al primo rilevatore del monumento nel 1749, l’architetto Paolo Antonio Massazza, che trovò naturale che questo sorgesse «sull’antica strada pubblica, che già condu-ceva verso le Gallie»(11). Dal punto di vista orografico non si tratta del passaggio più semplice, ma in ogni caso viene ancora preso in considerazione come signi-ficativa via di transito nella cartografia di XVI secolo(12): il suo ruolo di arteria stradale di accesso alla città da ovest è ben rappresentato dalla presenza di una necropoli, le cui iscrizioni funerarie sopravvissute, comprese tra I e III secolo d.C., sono storicamente segnalate a monte della cascina Gravier(13), oppure re-cuperate da reimpieghi tardo-antichi o medievali nelle mura presso l’Arco(14), l’acquedotto(15) o nell’area del castello(16).

Lo studio moderno dell’Arco passò attraverso due campagne fondamentali promosse dalla Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti: il calco dei rilievi del fregio a cura di Ariodante Fabretti, nel settembre del 1875(17), e la do-cumentazione fotografica finalizzata allo studio di Ermanno Ferrero, realizzata da Secondo Pia nei primi giorni del giugno 1900(18) (fig. 3): in entrambi i casi fu il Comune a realizzare un ponteggio in legno per arrivare alla parte superiore del monumento. Le riprese dell’avvocato Pia furono comunque difficoltose e Ferrero si dovette difendere in un nota dalle critiche mosse alla sua pubbli-cazione dallo studioso austriaco Franz Studniczka per la scelta di riprodurre

(11) p.a. massazza, L’arco antico di Susa descritto e disegnato, Torino 1750, p. x. La strada attuale che da piazza Savoia sale all’arco venne sistemata per la prima volta in occasione del matrimonio tra il giovane Vittorio Amedeo III e l’Infanta Maria Antonietta Ferdinanda di Spagna (31 maggio 1750) per volere reale (ibidem, dedica e p. vii).

(12) Si veda il contributo di D. Sepio, D. Wicks e di chi scrive in questo volume.(13) CIL V 7271 = CimarosTi, Le iscrizioni cit. (v. nota 2), p. 273 n. 93.(14) Ibidem, pp. 280 n. 98 (= CIL V 7274), 283 n. 100.(15) Ibidem, pp. 260 n. 83, 322 n. 134. Indicativa potrebbe anche essere la presenza qui di

una colonna miliaria di IV secolo d.C.: (ibidem, p. 198, n. 46 = CIL V 8078).(16) Ibidem, nn. 74, 113, 128, 143 (= CIL V 7305), 149, 157, 162, 165, 166.(17) A. FaBreTTi, Atti della Società (1875), in «Atti della Società Piemontese di Archeologia

e Belle Arti», I (1875), pp. 86-87, 92-93.(18) E. Ferrero, Atti della Società (1900), in «Atti della Società Piemontese di Archeologia

e Belle Arti», VII (1901), p. 198.

Page 11: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

165

il rilievi originali e non i gessi del museo di Torino: nel 1896, deliberando la pubblicazione, la Società era stata infatti unanime nella decisione: «giacché ci parve ben più conveniente mostrare le sculture e l’epigrafe quali sono con le loro macchie, con le loro ombre, che non presentare i gessi nella fredda mono-

Fig. 3. Susa, l’Arco di Augusto ripreso dagli archi dell’acquedotto. Foto di Secondo Pia, 1 giugno 1900 (Torino, Museo Nazionale del Cinema, Fondo Pia). Sembra di riconoscere, sul ponteggio, Felice Chiapusso appoggiato a un cavalletto ed Ermanno Ferrero, con un quaderno in mano, all’altezza dell’iscrizione.

Page 12: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

166

tonia di tinta, da cui non appare la varia azione del tempo sul marmo»(19).Il sito della nuova città non poteva certo comprendere solamente un Arco

monumentale, sovrastato da un gruppo statuario che doveva presentare il prin-cipe in posizione di grande rilievo (e ben più evidente del racconto del fregio su cui oggi possiamo solo concentrare la nostra attenzione)(20). In quegli anni tutta l’area urbana fu un grande cantiere e si stava mettendo mano, innanzitutto, ad almeno due poli chiave: Foro e Pretorio, certamente collegati tra loro dalla stra-da e con il secondo in stretto contatto, che l’archeologia deve ancor precisare, con l’Arco stesso(21).

Viene dunque difficile pensare che la strada che collegava questi due poli non costituisse, in questa fase di pianificazione urbana, l’asse generatore dell’impianto nel suo settore più monumentale (fig. 4). Grazie a un sondaggio di emergenza nei giardini di Piazza Pola (2002) sappiamo che la strada basolata rinvenuta nel 1904 durante la costruzione di Palazzina Ramella, nell’angolo sud-occidentale di piazza Savoia, proseguiva verso sud formando un legge-ro angolo (7° circa), allineandosi al sistema Arco-Pretorio, in maniera che il Pretorio risultasse sostanzialmente centrato sull’asse stradale. Questo angolo dovette condizionare tutto il sistema in maniera tale da essere poi ripreso dalle mura tardo-antiche, incernierate su Porta Savoia. Come il reticolo urbano, che si sviluppò nell’area pianeggiante a est di tale cerniera, ne fosse condizionato non risulta affatto chiaro, data l’estrema lacunosità che caratterizza la nostra co-noscenza dei settori intramuranei. Non sono noti infatti rinvenimenti riferibili ad assi stradali, mentre i collettori fognari ritrovati, ipoteticamente collocabili lungo gli orientamenti delle arterie principali, presentano sistemi con allinea-menti affatto diversi: 34° di deviazione da nord verso est per quello del Palazzo del Provincia (2003)(22), 5° verso ovest per quello della Cappella del SS. Sacra-mento in San Giusto (1985)(23), 43° verso est per quello nelle cantine di Casa

(19) e. Ferrero, Di una recente pubblicazione sui bassi rilievi dell’Arco di Susa, in «Atti della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», VII (1902), pp. 280-284.

(20) Sull’interpretazione di questo, ultimo di un’ampia bibliografia: C. LeTTa, Per una rilettura storica del fregio dell’Arco di Susa, in «Rendiconti della Pontifica Accademia Romana di Archeologia», LXXIX (2006-2007), pp. 343-364.

(21) Purtroppo, nessuno dei cantieri che hanno interessato in anni recenti il Castello ha previsto una sistemazione dell’area esterna, con particolare riguardo agli scavi di Carlo Carducci nella corte e alla visibilità dell’Arco dal Castello. Per una prima ipotesi progettuale al riguardo: M. P. daL BianCo, La valorizzazione e l’allestimento del Parco archeologico della Rocca e del Museo al Castello della Contessa Adelaide a Susa, in The Archaeological Musealization, M. Vaudetti, V. Minucciani, S. Canepa (a cura di), Torino 2012, pp. 268-271.

(22) F. BareLLo, Archeologia urbana a Segusio, in Forme e tempi dell’urbanizzazione nella Cisalpina (II secolo a.C. - I secolo d.C.), Atti delle giornate di studio (Torino, 4-6 maggio 2006), L. Brecciaroli Taborelli (a cura di), Firenze 2007, pp. 261-262.

(23) Ibidem, p. 262; L. BreCCiaroLi TaBoreLLi, Segusio: nuovi dati ed alcune ipotesi, in «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte», n. 9 (1990), pp. 142-143, 149-150 (età flavio-antonina).

Page 13: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

167

Favro (1986), che peraltro mostra un accenno di curvatura(24). Dal punto di vista degli edifici riferibili al tessuto residenziale, gli unici

(24) Ibidem, p. 151.

Fig. 4. Susa, planimetria archeologica del settore urbano occidentale.

Page 14: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

168

dati coerenti con l’orientamento del foro (12° NE) e della strada (12-19° NE) appaiono quelli di alcune strutture (15° NE) messe in luce nel luglio del 1900 durante i lavori per la rete fognaria in piazza San Giusto, già interpretati da Ce-sare Bertea, e successivamente da Luisa Brecciaroli(25), come quelle pertinenti alla fase edilizia più antica. Nel rilievo conservato(26) (fig. 5), appare evidente l’esistenza di un ambiente presso l’angolo sud-occidentale del campanile, deli-mitato dai muri A e C, con un «pavimento in battuto di calce, sabbia e marmo», poi tagliato da una struttura circolare identificata come «torre medioevale». Un pavimento analogo, relativo alla fase successiva (muri E-F), ricopre un muro dotato di soglia (detto D) orientato come le strutture più antiche. Una struttura nord-sud coerente con questo sistema (14° NE) è stata poi individuata sotto la cappella di Santa Lucia nella cattedrale (1993)(27): si tratta di una muratura di dimensioni ragguardevoli (larghezza m 0,70), che potrebbe appartenere a un edificio pubblico(28), purtroppo non databile su base stratigrafica.

(25) Ibidem, pp. 140-142.(26) L. merCando, La Porta del Paradiso. Un restauro a Susa, Torino 1993, pp. 45-47, fig. 38.(27) L. pejrani BariCCo, Lettura stratigrafica delle strutture della Chiesa abbaziale di San

Giusto, in La basilica di San Giusto. La memoria millenaria della Cattedrale segusina, Atti del Convegno (Susa, 21 ottobre 2000), Susa 2002, pp. 39-40.

(28) Per una possibile estensione dello spazio pubblico del foro a questo settore urbano, cfr. S. Maggi in questi stessi atti.

Fig. 5. “Susa. Resti di costruzioni scoperte in piazza S. Giusto nello scavo per la costruzione della fogna. Luglio 1900“, disegno di Cesare Bertea, particolare (Torino, Archivio della Soprintendenza Archeologia del Piemonte).

Page 15: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

169

La seconda fase costruttiva di piazza San Giusto presenta un orientamento affatto diverso (5° a NW), coerente con quello della strada ipotizzata al di sotto della Cappella del SS. Sacramento, strada la cui costruzione viene riferita ad età flavio-antonina, sia pure in assenza di una stratigrafia completa, con conseguen-te taglio e obliterazione di un edificio precedente di età primo-imperiale dotato di un pavimento in battuto di malta(29). Da questi scarni dati emerge comunque che, almeno in questo settore urbano, in età medio-imperiale sia intervenuto un radicale cambiamento urbanistico, con il tracciamento di strade e la costruzione di edifici secondo un orientamento affatto diverso al primitivo impianto urba-nistico. La costruzione delle mura, con l’esclusione dalla città munita di tutto il settore urbano occidentale, determinerà una nuova rivoluzione i cui effetti non sono valutabili in mancanza di adeguate indagini di archeologia urbana.

Del foro conosciamo, grazie al recente cantiere di sistemazione di piazza Sa-voia nell’occasione olimpica(30), soprattutto la terrazza sacra settentrionale (m 51 x 44), con scalinata di accesso centrale, dove si conservano in maniera evi-dente le monumentali fondazioni del podio templare (m 23,50 x 10,80) – di cui è stata tentata una prima ricostruzione che viene presentata in questa sede (fig. 6)(31) – a sua volta circondato da un triplice porticato dotato di canale (larghezza m 040-0,50) interno al muro frontale (fig. 7), così come in altri fori coevi in Gal-lia, in particolare quello di Feurs- Forum Segusiavorum (Gallia Lugdunense), dove il canale è funzionale allo scarico delle acque meteoriche e reflue(32). Veri e

(29) BreCCiaroLi TaBoreLLi, Segusio cit. (v. nota 23), pp. 149-150.(30) F. BareLLo, Il foro di Segusio e la nascita di una nuova città, in I complessi forensi

della Cisalpina romana: nuovi dati, Atti del Convegno di Studi (Pavia 2009), S. Maggi (a cura di), Firenze 2011, pp. 27-38.

(31) Si rimanda al contributo di F. Masino e G. Sobrà in questo volume.(32) È infatti collegato a una fognatura di scarico (P. VaLeTTe, V. guiChard, Le forum gallo-

romain de Feurs (Loire), in «Gallia», n. 48 (1991), pp. 139-141.

Fig. 6. Susa, tempio del foro e porticus. Ricostruzione grafica, sezione longitudinale (F. Masino – G. Sobrà).

Page 16: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

170

propri corridoi ‘sanitari’, di maggiori proporzioni, interpretati come sistema di protezione dall’umidità del cripotoportico(33), sono noti nel foro di Bavay-Ba-gacum (Gallia Belgica)(34) e nel santuario dedicato al culto imperiale del Verbe Incarné a Lione(35).

L’edificazione di que-sto complesso è ben da-tabile alla media/tarda età augustea grazie ai reperti ceramici restituiti dai cavi di fondazione e dai livelli di riempimento, in parti-colare i frammenti bollati, e tale datazione si accorda con quanto è deducibile

dalla decorazione architettonica, attribuendo al tempio, come pare verosimile, il mezzo capitello angolare corinzio dei giardini di piazza Pola(36).

Nell’ambito delle ricerche promosse al termine delle indagini di scavo di emergenza, una in particolare riveste particolare interesse, ed è quella relativa alla tecnologia delle malte utilizzate nella storia della città, innovazione tec-nologica portata dai costruttori romani. Sono state condotte analisi al micro-scopio ottico, a diffrazione a raggi X e con microscopio elettronico (FE-SEM) con microanalisi in spettrometria a dispersione (EDS) di una serie di campioni provenienti da strutture murarie appartenenti a monumenti diversi, riconduci-

(33) p. gros, L’architecture romaine du début du IIIe siècle av. J.-C. à la fin du Haut-Empire, vol. I, Les monuments publics, Paris 1996, p. 117.

(34) E. WiLL, Les cryptoportiques de forum de la Gaule, in Les cryptoportiques dans l’architecture romaine, Atti del Convegno (Roma 1972), Roma 1973, pp. 325-342.

(35) j. LasFargues, m. Le gLay, Découverte d’un sanctuaire municipal du culte impérial à Lyon, in «Comptes rendus de l’Académie des Inscritpions et Belles-Lettres», n. 124 (1980), p. 400; A. desBaT, Note sur l’apparition des constructions à arases de briques dans la région lyon-naise, in «Gallia», n. 49 (1992), p. 46, fig. 2 (larghezza m 0,80).

(36) Si veda il contributo di P. Pensabene in questo volume (con datazione al 5-20 d.C.).

Fig. 7. Susa, piazza Savoia. Il muro frontale del criptoportico occidentale, con il fondo del canale interno (da nord).

Page 17: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

171

bili ad età romana e medievale(37). Un elemento appare evidente, ovvero che le malte impiegate nel foro e nel Pretorio tendano a formare dei gruppi a sé(38), con leggere differenze tra loro, così come quelle delle murature medievali che si appoggiano o tagliano le strutture forensi(39). Tutte sono accomunate dal fat-to di presentarsi debolmente magnesiache(40), ovvero di essere basate su calci ‘magre’, derivate da calcari impuri, e di presentare percentuali significative di minerale argilloso (illite/muscovite), tanto da far presumere un’aggiunta inten-zionale per contrastare il ritiro della malta e renderla più resistente in condizio-ni di elevata umidità.

Il Pretorio, ovvero il palazzo del prefetto delle Alpi Cozie prima, del gover-natore (procurator o praeses) della provincia poi, è ancora intuibile al di sotto del castello medievale e moderno. Al momento attuale, grazie alle indagini con-dotte nel corso del recente restauro, se ne possono stimare le dimensioni in m 75 (E-W) x 42 (circa) (fig. 8), mentre lo sviluppo in elevato non è ricostruibile. Certa è la posizione dell’ingresso, che si apriva sulla strada appena superato

(37) I risultati analitici sono presentati nel contributo di S. Sfrecola in questo volume.(38) Si tratta dei gruppi 1 e 4-6 nel contributo citato.(39) Si tratta del gruppo 3 nel contributo citato.(40) Sulle calci magnesiache: A. Cagnana, Archeologia dei materiali da costruzione,

Mantova 2000, pp. 128-129, 134-137.

Fig. 8. Susa. Planimentria dell’area del Castello con evidenziata la superficie occupata dal Pretorio (disegno C. Gabaccia).

Page 18: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

172

l’Arco, con uno scalone in marmo di Foresto(41) largo m 6,20, di cui restano in sito i primi gradini; questo portava, scavalcando gli ambienti di servizio inseriti nelle sostruzioni, a un piano nobile coincidente con l’attuale piano terreno del castello, dove si conservano lacerti di pavimentazione a mosaico e in battuto di malta(42) nelle maniche sei-settecentesche. Dell’apparato decorativo rimane poco, ma alcuni elementi architettonici in marmo tipo Chianocco (basi, colonne rudentate, capitelli corinzi), rinvenuti nel corso degli scavi di Carlo Carducci nel cortile, sono da attribuire a colonnati corinzi in almeno due scale di gran-dezza(43). Gli scalpellini attivi su questo cantiere dovevano essere ancorati a una tradizione più antica di quella attiva nelle botteghe impegnate sull’Arco e al foro, dal momento che i capitelli risultano bene inseriti in una tradizione ancora tardo-repubblicana(44). Questo mostra come i gruppi di artigiani arrivati nelle Alpi Cozie avevano alle spalle modelli ed esperienze realizzative diversi, che hanno avuto come esito decori architettonici differenti nei vari cantieri, forse anche in virtù di committenze non unitarie. In questo senso può trovare un’in-

terpretazione, sinora mancata, la picco-la (altezza cm 13) testa in marmo di Chianocco rinvenuta negli scavi Carduc-ci (fig. 9) e giudica-ta dall’archeologo come parte di un ca-pitello o di una ste-le(45): rimasta senza

(41) F. BareLLo, m. gomez seriTo, Marmi valsusini per l’edificazione della capitale delle Alpi Cozie: nuovi dati dai recenti scavi, in Actes du XIII Colloque sur les Alpes dans l’Antiquité (Brusson,2012), «Bulletin d’Études Préhistoriques et Archéologiques Alpines», XXIV (2013), pp. 79-80.

(42) F. BareLLo, Domus e urbanistica segusina alla luce degli ultimi interventi di archeologia preventiva, in Intra illa moenia ac Penates (Liv. 2, 40, 7). Il tessuto abitativo nelle città romane della Cisalpina, Atti del Convegno (Padova 2008), M. Annibaletto, F. Ghedini (a cura di), Roma 2009, pp. 226-227; BareLLo, gomez seriTo, Marmi valsusini cit. supra, pp. 79-80, fig. 3.

(43) BareLLo, gomez seriTo, Marmi valsusini cit. supra, p. 79, figg. 6-7.(44) Si veda il contributo di P. Pensabene in questo volume (datazione: I secolo a.C.).(45) C. CarduCCi, Susa. Scavi nell’area del «Castrum», in «Notizie degli Scavi di Antichità»,

1941, pp. 22-23, fig. 3; id., Arte romana in Piemonte, Torino 1968, p. 58.

Fig. 9. Susa, Castello. Pic-cola testa in marmo dagli scavi di Carlo Carducci (Torino, Museo di Antichi-tà, inv. n. 4689).

Page 19: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

173

definizione sicura e valutata «difficilmente databile»(46), appartiene a nostro parere al si-stema architettonico-decorativo del Pretorio – legata però a tradizioni di ambito romano-provinciale con substrato celtico – e doveva decorare una membratura dove la testa uma-na si univa all’elemento vegetale, di cui ri-mane l’attaccatura sul capo, sul genere delle mensole/acroteri a volute in pietra calcarea (fig. 10) rinvenuti reimpiegati nelle mura tar-do-romane dell’Institut Catholique di Tolosa e conservati nel museo di quell’università, ritenuti dallo scopritore (l’abate Georges Baccrabère) parti di monumenti funerari(47).

Le vicende costruttive medievali e mo-derne hanno alterato profondamente l’a-spetto dell’area su cui il Pretorio sorgeva, lasciando intatte solamente le imponenti sostruzioni, realizzate con due gruppi di ambienti voltati fondati direttamente sulla roccia dell’altura(48). Questi dovevano essere in qualche rapporto con la strada, che certamente doveva costeggiare la facciata settentrionale del Pretorio prima di piegare al di sotto dell’Arco, e la mettevano in comunicazione con l’interno del palazzo grazie a un piccolo disimpegno, collegato all’ambiente con maggiore estensione longitudinale, che immetteva a sua volta in uno spazio aperto(49). Qualche analogia la offrono i casi simili della Plateforme di Fréjus (Forum Iulii), interpretata anch’essa come pretorio, con una serie di sei fornici

(46) merCando, La Porta del Paradiso cit. (v. nota 26), p. 62, figg. 61-64, che la colloca tra le testimonianze dell’insediamento preromano.

(47) a. Badie, Le décor architectonique de Toulouse, in Tolosa. Nouvelles recherches sur Toulouse et son territoire dans l’Antiquité, J.-M. Pailler dir., Rome 2002, p. 281, figg. 127-129 (con altra bibliografia). L’esemplare illustrato da d. Cazes, Les éléments architectoniques et sculptés du centre civique de Tolosa, in Le forum en Gaule et dans les régiones voisines, A. Bouet éd., Bordeaux 2012, p. 128, fig. 2, mostra una durezza nei tratti simile a quella della testa segusina, sia pure con una volontà chiaroscurale molto più accentuata.

(48) Si rimanda al contributo di E. Calabria in questo volume.(49) Questo spazio, indagato solo in maniera molto parziale, in una fase successiva fu

coperto con una tettoria poggiante su tre pilastri quadrangolari, recentemente messi in luce al di sotto delle cantine dell’edificio scolastico ottocentesco, ora demolito: F. BareLLo, e. CaLaBria, F. deL preTe, Susa. Castello. Edificio monumentale di epoca romana, in «Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte», n. 27 (2012), p. 297.

Fig. 10. Tolosa, mensola/acroterio con testa femminile in calcare da un reimpiego nelle mura (Toulouse, Insti-tute Catholique) (da Cazes 2012).

Page 20: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

174

di sostruzione nell’angolo meridionale(50), aperti unicamente verso l’esterno, e del cosiddetto Pretorio di Agrippa a Lione, datato al 20 a.C., con una serie di ambienti affacciati sulla via del teatro e un corridoio di passaggio al di sotto del peristilio(51).

Simili cantieri dovettero coinvolgere un grande numero di maestranze, cer-tamente in parte locali, ma anche con notevoli apporti di tecnici provenienti dall’Italia o dalla Gallia, dagli architetti ai carpentieri, agli scalpellini in grado di lavorare al meglio il marmo locale, identificato nelle sue varietà e impiegato diversamente a seconda della sua qualità, ai muratori che dovevano preparare le malte e i getti di murature e volte.

La traccia dell’arrivo di gruppi consistenti dall’Italia centro-settentrionale è nelle merci che li accompagnarono e che furono fatte arrivare, a partire da quel momento, in consistente quantità e varietà: dati significativi vengono da un riesame delle sigillate (aretine e padane) e dai relativi marchi di fabbrica, così come da quelli delle anfore(52).

Un contesto significativo appare quello della domus parzialmente messa in luce presso la Scuola secondaria di primo ‘B. Giuliano’ (2002-2009), estre-ma occupazione del quartiere residenziale che si doveva sviluppare a ovest del foro, sino al piede di Monte Morone. Qui, in un unico settore dell’edificio an-tico (fig. 11), precisamente nel cortile, è stato possibile raggiungere gli strati più profondi, evidenziando una prima fase costruttiva di età augustea, caratte-rizzata da un’area scoperta con un piano (di cantiere?) costituito da un sottile strato di malta in fase con una muratura est-ovest; questa sarà poi ripresa nel rifacimento successivo dell’ambiente, dotato di pavimento in battuto di mal-ta, di cui costituirà il lato settentrionale; contro tale muro è stata scavata una buca quadrangolare (circa cm 70 x 80) (US 213) databile ad età tiberiana per l’abbondante ceramica deposta in due strati: quello superiore (US 207) ricco di macerie (frammenti di mattoni e tegole piane, uno di rivestimento in cocciope-sto), quello inferiore (US 212) ricco di frustuli carboniosi, con la presenza di materiali ceramici più antichi(53) e di un asse di Augusto con il tipo dell’altare di Lione (8-14 d.C.). La presenza di forme quasi intere potrebbe far propendere per un’ipotesi di deposito di fondazione, legato a una cerimonia religiosa pri-vata, con l’abbandono votivo di forme da mensa (un’olla in ceramica acroma, un piatto in terra sigillata aretina tipo Conspectus 18 con bollo di C. Tettius Ale-xander, una coppa in sigillata padana tipo Conspectus 27 con bollo di Fidelis, una coppa a pareti sottili tipo Ricci 2/232, un piatto-coperchio in ceramica grez-

(50) L. riVeT, Atlas topographique des villes de Gaule Méridionale, 2, Fréjus, «Revue Archéologique de Narbonnaise», Suppl. 32, Montpellier 2000, pp. 257-259, 265 (interpretati come magazzini in rapporto unicamente con la strada).

(51) A. desBaT, Nouvelles recherches à l’emplacement du prétendu sanctuaire lyonnais de Cybèle: premiers resultants, in «Gallia», n. 55 (1998), p. 252, figg. 19-20.

(52) Si veda il contributo di M. Semeraro in questo volume.(53) Ibidem.

Page 21: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

175

za e un piatto lucidato a stecca di tradizione indigena), ma i molti frammenti di olle in ceramica acroma e le pareti di anfore da trasporto fanno pensare, piutto-sto, a uno scarico di rifiuti legato al cantiere di ristrutturazione dell’edificio, in accordo con la presenza di materiali edili utilizzati come chiusura dello scarico.

Queste prime fasi costruttive sono caratterizzate da un orientamento di 12°-16° a nord-est, in coerenza con il sistema strada-foro dell’impianto urbano più antico. Solamente con l’ampliamento della domus verso ovest, sino ad appog-giarsi al piede della parete rocciosa che segna il limite della fascia pianeggiante, avvenuto nella seconda metà del I secolo, probabilmente per il condizionamen-to imposto dall’andamento della parete stessa, la domus prenderà, almeno nel suo settore occidentale, un orientamento prevalente di circa 25° a nord-ovest.

L’élite locale, inserita ai vertici del nuovo corpo civico, si adeguò alla ne-cessità di partecipare ai riti politico-sacrali connessi alla particolare forma che aveva assunto lo Stato romano, celebrando nel nuovo spazio pubblico appena creato la figura dell’imperatore e la sua famiglia: abbiamo la dedica di un mo-numento da parte di un gruppo di Iulii, figli di Escingo e di Congonno, su una

Fig. 11. Susa, Scuole Medie. Planimetria dello scavo (2009). La freccia indica la buca US 213.

Page 22: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

176

bella lastra di marmo lunense arabescato (8 a.C.-2 d.C.)(54) e di un monumento per Marco Vipsanio Agrippa da parte dei figli di Cozio(55), sempre su una lastra di marmo lunense, altra merce pregiata importata per abbellire il foro eretto in marmo locale(56). Questa seconda per lungo tempo è stata associata alla celebre testa in bronzo ora a New York, essendo stata recuperata dallo stesso luogo (gli scavi per l’edificazione di Palazzina Ramella, 11 agosto 1904), ma oggi pare più probabile assegnarla ad altri membri della casa regnante(57), se non addirit-tura a un personaggio locale non identificabile che a Susa potrebbe essere stato celebrato ritraendolo con le fattezze ricorrenti nella casata. Resta poco chiaro il motivo per cui questo pezzo straordinario fosse abbandonato sul cordolo della strada basolata(58) che fiancheggiava il margine sud-occidentale del foro: la sua sfuggita ai cercatori di metalli antichi per il riutilizzo del bronzo potrebbe esse-re spiegata con l’interramento in una buca-ripostiglio da parte di un raccoglito-re, che non recuperò mai il suo pezzo, insieme al quale potevano anche essere associati altri rottami tra quelli rinvenuti nel medesimo scavo, descritti come «sui lastroni della strada romana, sparsi disordinatamente a non molta distanza l’uno dall’altro»(59).

Accanto all’aristocrazia indigena segusina, dobbiamo immaginare in quei primi anni di romanizzazione l’arrivo di personaggi di rango, che coordinarono, indirizzarono e gestirono il processo di transizione di una comunità locale a municipio e capitale di prefettura romana: uno di questi, anche se non sappiamo con quale ruolo, dev’essere stato il Decumio figlio di Sesto che si fece costruire un notevole monumento funerario, di cui resta nel lapidario del Seminario Ve-scovile parte di uno dei lastroni di rivestimento, in marmo lunense (fig. 12)(60). La sua iscrizione alla tribù Voltinia lo indica come individuo allogeno, ma la la-cunosità dell’epitaffio non ce ne fa conoscere l’origine esatta. La gens Decimia/Decumia non è particolarmente diffusa e quindi il personaggio non è diretta-mente collegabile a un centro noto. Si può tuttavia notare come la registrazione nella Voltinia sia particolarmente frequente nelle città della Gallia Narbonense, quali Vienna, Aquae Sextiae, Nemausus e altre.

La lastra risulta essere stata rinvenuta il 10 ottobre 1788 nel cortile di casa Maineri: potrebbe trattarsi della residenza dell’Arcidiacono Ludovico Maineri, originario di Pinerolo (morto nel 1803), cui si deve probabilmente la successiva

(54) CIL V 7243; CimarosTi, Le iscrizioni cit. (v. nota 2), p. 166, n. 32.(55) Ibidem, p. 169, n. 33, che ipotizza che la lacuna della lastra nasconda anche il nome

di Cozio I.(56) BareLLo, gomez seriTo, Marmi valsusini cit. (v. nota 41), p. 79.(57) Si veda il contributo di A. M. Riccomini in questo volume.(58) Così è posizionato nel rilievo dello scavo a firma di Gustavo Couvert: merCando, La

Porta del Paradiso cit. (v. nota 26), p. 70, fig. 65.(59) g. CouVerT, Nuovi scavi a Susa, in «Atti della Società Piemontese di Archeologia e

Belle Arti», VII (1907), p. 407, tav. XIX.(60) CIL V 7268; CimarosTi, Le iscrizioni cit. (v. nota 2), p. 254, n. 79.

Page 23: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

177

collocazione del pezzo nel Seminario, dove si stava allestendo il primo lapida-rio cittadino(61). Questa casa può essere collocata nell’area compresa tra Santa Maria Maggiore e le ex-Carceri(62), dunque nel settore urbano sud-occidentale, evidentemente per un reimpiego o un recupero che potrebbe giungere da non molto lontano, date anche le dimensioni ragguardevoli del pezzo, e dunque anche in questo caso l’ipotesi più verosimile è una collocazione originale del sepolcro lungo la strada antica in uscita dalla città verso occidente.

Le dimensioni della lastra conservata (alt. m 1,45; largh. 1,29, spess. 0,16) fanno intuire un monumento funerario di notevole entità, con uno sviluppo per la sola parte epigrafica di circa m 2,60. Pubblicandolo, Liliana Mercando ne ha rilevato la qualità scultorea e l’appartenenza all’epoca augustea(63), segnalando l’ara di P. Clodio Centurione di Modena (inizi del I secolo d.C.)(64) come possi-bile riferimento. La posizione del fregio a girali vegetali sorgenti da un cespo di acanto rispetto all’iscrizione sembra far escludere, tuttavia, che si tratti di questo tipo di monumento altariforme, così come possono escludere i nume-rosi casi di impiego di tali fregi negli epistili di sepolture ad edicola, quale ad

(61) C. saCCheTTi, Memorie della Chiesa di Susa, Torino 1788, p. 32.(62) Sono debitore di questa indicazione, basata sulle notizie dello Stato delle Anime, ad

Andrea Zonato.(63) L. merCando, g. paCi, Stele romane in Piemonte, in «Monumenti Antichi dei Lincei»,

LVII (1998), p. 236, n. 160.(64) H. BLanCk, Archäologische Funde und Grabungen in Norditalien 1959-1967, in

«Archäologischer Anzeiger», n 3 (1968), pp. 610-611. figg. 78-79; J. orTaLLi, Monumenti e architetture funerarie in Emilia Romagna, in «Antichità Altoadriatiche», XLIII (1997), pp. 344-347, 358-359, figg. 16-17.

Fig. 12. Susa, Seminario Vescovile. Lastra del monumento funerario di Decumio, particolare.

Page 24: F. BARELLO, Susa augustea, in \"L'arco di Susa e i monumenti della propaganda imperiale in età augustea\", Atti del Convegno (Susa, 12 aprile 2014), Susa 2015, pp. 161-178

178

esempio quello di Q. Calvio Turpione a Lione (30 a.C.)(65). Verrebbe da pensare, piuttosto, a una fascia decorativa sulla parete di un grande mausoleo, dove tali fregi siano utilizzati a ripartire la superficie liscia. Due casi a titolo esemplifica-tivo, entrambi di età claudia: un’edicola funeraria dalla necropoli del Bassin des péniches ad Arles(66) e il tamburo dell’imponente monumento con basamento quadrangolare di C. Uziano Rufo a Polla (Lucania)(67). L’impiego di marmo pregiato d’importazione conferma la rilevanza del monumento segusino e il rango della committenza.

(65) dj. FeLLague, Les mausolées de Lugdunum, in Chr. goudineau (dir.), Rites funéraires à Lugdunum, Paris 2009, pp. 117-122.

(66) Il titolare del monumento era iscritto alla tribù Voltinia ed era stato Prefetto dei Fabbri: C. sinTès, Mausolée, in Musée de l’Arles antique, Arles 1996, p. 148, n. 143.

(67) V. BraCCo, Forma Italiae, III, II, Volcei, Roma 1978, p. 84.