UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLT ` A DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZA ED INGEGNERIA DEI MATERIALI TESI DI LAUREA TRIENNALE VALUTAZIONE DI UN DISPOSITIVO NANOFLUIDICO PER LA SEPARAZIONE SU BASE ENTROPICA DI MACROMOLECOLE CONFINATE Relatore: Ch.mo Prof. Paolo Netti Correlatore: Dott.ssa Ing. Ilaria De Santo Candidato: Emanuele Zappia Matr. 539/212 ANNO ACCADEMICO 2011-2012
81
Embed
Evaluation of a nanofluid device for the separation of confined macromolecules on an entropic basis (thesis)
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI
FEDERICO II
FACOLTA DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN SCIENZA ED INGEGNERIA DEI
MATERIALI
TESI DI LAUREA TRIENNALE
VALUTAZIONE DI UN DISPOSITIVO
NANOFLUIDICO PER LA SEPARAZIONE SU
BASE ENTROPICA DI MACROMOLECOLE
CONFINATE
Relatore:
Ch.mo Prof. Paolo Netti
Correlatore:
Dott.ssa Ing. Ilaria De Santo
Candidato:
Emanuele Zappia
Matr. 539/212
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
La scienza e un cimitero di idee morte, anche se ne puo uscire la vita.
1.3.2 Esempi di sistemi nanostrutturati per la separazione molecolare . 34
1.1 La nanofluidica
1.1.1 Le premesse
La nanofluidica e lo studio del comportamento, della manipolazione e del controllo
dei fluidi confinati in strutture nanometriche (1-100 nm).
Si tratta di un’area disciplinare abbastanza recente: infatti solo nel 1995 e stato at-
tribuito ad essa un nome specifico, in analogia con il termine microfluidica, scienza
di cui e figlia e catalogata come disciplina solo 5 anni prima [42]; la relativamente
recente nascita della nanofluidica e strettamente legata allo straordinario sviluppo
delle nanotecnologie che si e avuto negli ultimi anni.
6
Capitolo 1 La nanofluidica
Le nanotecnologie rappresentano lo studio della manipolazione della materia su
scala nanometrica e la progettazione e realizzazione di sistemi dalle piu svariate ap-
plicazioni.
Sebbene esse abbiano avuto una significativa crescita solo nell’ultimo ventennio, lo
sviluppo dei suoi principi fondamentali e avvenuto durante l’ultima meta del secolo
scorso; a partire dalla famosa dichiarazione di Feyman del 1959 There’s a plenty
of room at the bottom, nella quale venivano illustrati i concetti fondamentali alla
base della nanotecnologia; passando poi per l’invenzione di strumenti fondamentali
che hanno portato molti traguardi tecnologici (quali l’invenzione del microscopio
elettronico a scansione per effetto tunnel) o anche scoperte basilari come quella del
fullerene nel 1985, portando infine, nel 1986, alla pubblicazione del libro Engines of
creation: The coming era of nanotechnology di Kim Eric Dexler, in cui venivano
sviscerati gli obbiettivi ed i concetti fondamentali di questa disciplina.
Lo sviluppo delle nanotecnologie ha reso possibile manipolare la materia su pic-
colissima scala, consentendo la realizzazione di materiali innovativi dalle proprieta
magnetiche, elettriche, meccaniche e ottiche rivoluzionarie [29][40], portando tra
l’altro alla realizzazione di complessi dispositivi nanostrutturati (come ad esempio
nanotubi, strutture nanoporose o nanoparticelle [42][31][4]) che rispondono all’esi-
genza di miniaturizzazione presente in molti campi applicativi.
L’evoluzione della nanofluidica e quindi intimamente legata allo sviluppo del-
le nanotecnologie; e stato infatti possibile realizzare sistemi nanofluidici solo con
l’avvento di tecnologie in grado di fabbricare tali dispositivi, quali ad esempio la
litografia a raggi x. Inoltre, anche grazie all’avvento di strumenti d’analisi qua-
li il microscopio elettronico a scansione per effetto tunnel o il microscopio a forza
atomica, e stato possibile effettuare misurazioni accurate su tali sistemi e quindi
caratterizzarli, studiarli ed ingegnerizzarli.
La nanofluidica, sebbene di recente sviluppo, ha influenzato molte altre discipline
come la scienza dei polimeri, la fisica dei fluidi, la genetica, la tribologia; lo schema
in figura 1.1 indica le maggiori discipline che interagiscono con essa.
L’eterogeneita delle varie aree scientifiche coinvolte mostra chiaramente l’inter-
disciplinarieta della nanofluidica ed i suoi molteplici settori applicativi.
Emanuele Zappia 7
Capitolo 1 La nanofluidica
Figura 1.1: Discipline collegate alla nanofluidica ed alcuni importanti settori correlati.
1.1.2 Problematiche legate alla nanoscala
Per comprendere il diverso comportamento fisico di un fluido confinato in una strut-
tura nanometrica e opportuno definire il ruolo delle forze in gioco su nanoscala e
quanto e come esse incidano sul sistema.
Infatti, quando le dimensioni caratteristiche dei sistemi sono dell’ordine dei nm, le
forze elettrostatiche, le interazioni di van der Waals, le forze capillari e le interazio-
ni superficiali incidono molto di piu nella caratterizzazione del sistema rispetto ai
classici sistemi macroscopici. Al contrario, assumono una minore importanza sulla
nanoscala le forze gravitazionali e inerziali [23].
Si sono osservate infatti deviazioni dal modello classico nel comportamento di
fluidi confinati in sistemi nanometrici sia in ambito statico che dinamico [22][34]. Le
regioni di fluido confinate esibiscono infatti nuove proprieta, (ad esempio la viscosita
aumenta enormemente in prossimita della parete di un poro nanometrico). In gene-
Emanuele Zappia 8
Capitolo 1 La nanofluidica
Figura 1.2: Alcune forze significative in sistemi nanofluidici.
rale possono avvenire mutamenti nelle proprieta termodinamiche e anche alterazioni
della reattivita chimica della specie all’interfaccia fluido-solido [30].
Alla base di tutti i dispositivi nanofluidici, ed in particolare per sistemi di sepa-
razione molecolare, i processi diffusivi delle molecole confinate su scala nanometrica
sono estremamente rilevanti. E’ necessario quindi valutare le problematiche legate
alla mobilita delle molecole sulla nanoscala.
Un primo importante aspetto da considerare e la dimensione della molecola ri-
spetto alla dimensione caratteristica del sistema nanometrico come, ad esempio, il
diametro di un nanocanle. Infatti e possibile trattare il trasporto di molecole attra-
verso nanocanali con la teoria della sfera rigida solo se, detto s raggio di girazione1
di una molecola e d il diametro del nanocanale, risulta che sd< 1 [6].
1Il raggio di girazione e definito nel paragrafo 1.2.
Emanuele Zappia 9
Capitolo 1 La nanofluidica
In queste condizioni la conformazione della molecola e tale da non essere influenzata
dalle pareti e puo essere trattata, in prima approssimazione, come una sfera rigida.
Si puo quindi descrivere la concentrazione nel nanocanale attraverso il parametro di
partizione K
Keq =CinCbulk
Dove Cin e la concentrazione nel canale e Cbulk la concentrazione all’esterno del
canale.
L’ostacolo idrodinamico viene invece descritto daKD che tiene conto delle interazioni
chimiche e idrodinamiche della molecola. Questi due coefficienti vengono combinati
per definire il coefficiente di diffusione effettivo Dconfined [5][32][36]
Dconfined = DbulkKeqKD
Se invece il rapporto sd
tende a 1, Keq e KD tendono a zero, e quindi la teoria
idrodinamica della sfera rigida non e piu adatta a descrivere il trasporto delle mole-
cole nei nanocanali.
Per descrivere al meglio il comportamento di molecole all’interno di queste strut-
ture dobbiamo considerare quelle forze che su scala nanometrica incidono maggior-
mente nel trasporto delle molecole nei nanocanali, come le forze di interfaccia, le
forze elettrostatiche e le interazioni con la superficie; bisogna inoltre tener presente
quei fenomeni termodinamici che influenzano la conformazione delle molecole, in
quanto, come gia detto, esse non possono piu essere considerate come sfere rigide.
In questo contesto le interazioni energetiche a piccolo raggio come le interazioni di
van der Waals o le attrazioni idrofobiche, influenzano significativamente la mobilita
molecolare nei nanocanali, assumendo un ruolo determinante nella caratterizzazione
di sistemi nanofluidici.
Le considerazioni da fare sull’influenza che hanno questo tipo di forze in sistemi
nanometrici devono tenere conto di diversi fattori, come la carica della molecola, la
presenza e la natura della carica sulle superfici del canale [30].
Anche le forze d’interfaccia (ossia le forze che le macromolecole possono esercita-
re tra di loro, sugli ioni vicini e sulla superficie le quali agiscono all’interfaccia delle
molecole o in prossimita di essa) giocano un ruolo significativo nelle dinamiche di
sistemi nanofluidici.
Le forze d’interfaccia piu rilevanti sono di natura elettrica, in quanto esse sono con-
Emanuele Zappia 10
Capitolo 1 La nanofluidica
seguenza della presenza della nuvola elettronica di vari atomi esposti alla superficie.
Bisogna inoltre considerare le lunghezze caratteristiche sulle quali agiscono queste
forze (che nei liquidi sono dell’ordine di 1-100 nm) come la lunghezza dei legami
idrogeno, la scala di lunghezza associata alle forze di van der Walls e la lunghezza
di Debye; quest’ultima delimita fino a che distanza dalla superficie il fluido interno
risente delle interazioni della carica superficiale delle pareti, cioe fino a che distanza
la carica della superficie influenza il potenziale elettrico del fluido. Questo potenziale
sara quindi funzione della distanza del fluido dalla superficie.
Risulta quindi evidente come la presenza di un potenziale elettrico di questo genere
possa agire attraendo o respingendo molecole cariche dalla superficie e quindi in-
fluenzando il trasporto delle stesse nel nanocanale.
Altri fenomeni caratterizzanti i sistemi nanofluidici sono le interazioni repulsive
con la superficie dei nanocanali, chiamate repulsioni di Born o repulsioni steriche.
Queste forze repulsive derivano dall’interazione delle molecole con la nuvola elet-
tronica della superficie ed aumentano enormemente con l’accrescersi della distanza
intermolecolare. La repulsione di Born puo evitare ad una molecola di entrare in aree
nanoconfinate o puo portare macromolecole ad assumere conformazioni entropiche
meno favorite.
Figura 1.3: Membrane nanoporose (pori di 100 e 200 nm) e particolare di molecola diDNA attraverso un nanoporo.
Altri aspetti fondamentali per studiare la mobilita di molecole all’interno di na-
nocanali riguardano le conformazioni che esse possono assumere durante il trasporto
in sistemi nanostrutturati e considerazioni termodinamiche da associare a questo ti-
po di fenomeni.
Ad esempio possiamo considerare la dinamica di una molecola di DNA attraverso
una membrana porosa.
Emanuele Zappia 11
Capitolo 1 La nanofluidica
Figura 1.4: Barriera energetica nel meccanismo di trasporto del DNA attraverso unnanoporo.
In questo caso, poiche le dimensioni caratteristiche della struttura hanno lo stesso
ordine di lunghezza della lunghezza di persistenza2 della catena di DNA, la macromo-
lecola, per passare attraverso la membrana, dovra stirarsi linearmente modificando
la sua conformazione; questo fenomeno si traduce in una perdita di entropia che
potrebbe addirittura impedire al DNA di continuare a muoversi in tale struttura.
Tale perdita entropica e attribuibile ai cambi conformazionali che si verficano quando
una molecola flessibile e confinata in strutture nanometriche; le interazioni energe-
tiche molecola-parete potrebbero bilanciare tale perdita entropica [17].
Tutt’ora i meccanismi di trasporto di molecole flessibili in strutture confinate
non sono del tutto chiari in quanto gli aspetti da prendere in considerazione per
caratterizzare al meglio sistemi nanofluidici sono molteplici e di grande complessita.
2La lunghezza di persistenza e definita nel paragrafo 1.2
Emanuele Zappia 12
Capitolo 1 La nanofluidica
1.1.3 Principali modelli di diffusione in sistemi nanofluidici
Prima di trattare i meccanismi di diffusione in sistemi nanofluidici accenniamo la
trattazione classica alla diffusione, in quanto i modelli diffusivi per tali sistemi sono
una deviazione dal modello classico.
I due approcci classici fondamentali sono quello macroscopico e quello microsco-
pico; il primo si basa sulle soluzioni matematiche stabilite da Adolf Fick ed e quello
maggiormente utilizzato in applicazioni ingegneristiche, mentre il secondo fa capo
alla teoria di Brown, sviluppata poi da Maxwell ed Einstein.
Ricaviamo ora una delle equazioni fondamentali per l’approccio microscopico
proposto da Fick.
Consideriamo
J = −D∇C (1.1)
Dove D e il coefficiente di diffusione e ∇C il gradiente di concentrazione.
Considerando l’equazione di continuita
∂c
∂t= −∇J
E sostituendo quest’equazione nella (1.1) otteniamo la prima legge di Fick per
la diffusione
∂c
∂t= ∇(D∇C) (1.2)
Note le concentrazioni iniziali e le condizioni al contorno quest’equazione ci con-
sente di calcolare la distribuzione di concentrazione in ogni istante [14].
L’approccio microscopico mette in relazione i moti Browniani delle molecole (os-
sia i moti disordinati delle particelle aventi diametro dell’ordine del micrometro
presenti in fluidi o sospensioni fluide) con la diffusione. Einstein ha il merito di aver
identificato nel cammino quadratico medio delle particelle aventi moto Browniano
il valore caratteristico per descrivere la loro diffusione; nel modello random walk di
Emanuele Zappia 13
Capitolo 1 La nanofluidica
Einstein la mobilita di una molecola consiste in periodi di movimenti indisturbati
interrotti da bruschi cambiamenti di direzione quando essa collide con altre parti-
celle [3].
Ad una data temperatura la velocita media della particella rimane costante mentre,
a causa delle collisioni con altre particelle, la sua velocita istantanea varia.
Figura 1.5: Modello randomwalk di una particella in un moto Browniano.
Einstein mise poi in relazione il coefficiente di diffusione al cammino quadratico
ottenendo le seguenti formule a seconda del caso monodimensionale, bidimensionale
e tridimensionale
1D 〈r2(t)〉 = 2Dt
2D 〈r2(t)〉 = 4Dt
3D 〈r2(t)〉 = 6Dt
Emanuele Zappia 14
Capitolo 1 La nanofluidica
Dove 〈r2(t)〉 e il cammino quadratico medio.
Si vede quindi che in regime di diffusione Fickiano la radice del cammino quadratico
medio e proporzionale alla radice del tempo.
Figura 1.6: Il cammino quadratico medio in funzione del tempo nel modello Fickiano.
Deviazioni dal modello Fickiano
In alcuni casi reali, come ad esempio in sistemi nanofluidici, la diffusione delle sin-
gole particelle puo essere influenzata da ostacoli, zone di adsorbimento, regioni a
maggiore concentrazione o locali anisotropie.
Questi diversi fattori influenzano il meccanismo di diffusione delle particelle causan-
do deviazioni dal modello Fickiano classico e non mantenendo la proporzionalita tra
cammino quadratico medio e la radice del tempo.
Viene definita diffusione anomala un processo per il quale, a causa di ostruzioni
o vincoli, la dipendenza dal tempo del cammino quadratico medio e influenzata da
un fattore α chiamato coefficiente di anomalia
〈r2(t)〉 = 6Dtα, 0 < α < 1 (1.3)
Quindi il cammino quadraico medio non ha piu dipendenza lineare col tempo
ma si ha una dipendenza di tipo legge di potenza, con esponente α; i sistemi in cui
molecole presentano questo tipo di diffusione sono membrane porose e molti altri in
cui e significativa la presenza di ostacoli.
Quando la molecola e stericamente confinata in un sistema di dimensione finita si
ha una diffusione di tipo confinato il cui modello e descritto dalla seguente formula
Emanuele Zappia 15
Capitolo 1 La nanofluidica
Figura 1.7: Il cammino quadratico medio in funzione del tempo nel modello della diffusioneanomala.
〈r2(t)〉 ' 〈r2C(t)〉
1− A1e
−6A2Dt
〈r2C
(t)〉
, A1, A2 6= 0 (1.4)
Dove 〈r2C(t)〉 e un asintoto che rappresenta l’area effettiva del confinamento e
dove i parametri A1, A2 sono relativi alla geometria del sistema e difficilmente rica-
vabili analiticamente.
Nel caso di diffusione di particelle rigide, in un sistema avente dimensioni che
approssimano la dimensione delle particelle, si realizza un moto diffusivo single file.
Figura 1.8: Rappresentazione del modello single-file.
In questo caso il cammino quadratico medio sara
〈r2(t)〉 = 6Ft12 (1.5)
Risultando essere proporzionale alla radice del tempo, dove F e il coefficiente di
mobilita.
Questo modello descrive unicamente il movimento di particelle rigide quando non
e consentito il passaggio simultaneo delle stesse all’interno delle strutture confinate
Emanuele Zappia 16
Capitolo 1 La nanofluidica
e non tiene conto della flessibilita delle molecole e delle interazioni tra superficie e
particelle [33][9].
Figura 1.9: Il cammino quadratico medio in funzione del tempo per il modello classico edeviazioni.
1.1.4 Applicazioni
Molte sono le applicazioni della nanofluidica ma il settore in cui si sono maggior-
mente sviluppate e quello biomedicale; in questa sezione verranno presentati alcuni
esempi significativi.
Nel settore del drug delivery sono in corso di studio diversi sistemi nanofluidici
per la risoluzione di problemi legati al controllo delle cinetiche di rilascio di principi
attivi in ambito farmacologico. Il rilascio attraverso mezzi convenzionali presenta
cinetiche in cui si registra un brust iniziale o un andamento esponenziale; questo
tipo di cinetiche spesso fanno si che si raggiungano, in fase di somministrazione,
concentrazioni nocive di principio attivo; si ha comunque, in ambito farmacologico,
uno scarso controllo sulla velocita di rilascio del principio attivo. Per ovviare a que-
sto problema si stanno progettando dispositivi, attraverso lo studio di meccanismi
diffusivi anomali in mezzi di rilascio nanostrutturati, con cinetiche di interesse per
terapie specifiche. Si e osservato come, modificando il design di dispositivi nano-
strutturati, sia possibile modulare la riduzione del coefficiente di diffusione variando
cosı il tipo di cinetica di rilascio.
Una delle cinetiche piu studiate e la cinetica di ordine zero, un particolare tipo di
Emanuele Zappia 17
Capitolo 1 La nanofluidica
cinetica con andamento non esponenziale. Si e dimostrato che la velocita di rilascio
del principio attivo, per questo tipo di cinetica, e costante nel tempo per un periodo
significativamente lungo; e pertanto possibile ingegnerizzare e controllare tale diffu-
sione a seconda della regolazione delle dimensioni del nanocanale in cui diffondono
le molecole.
Uno studio interessante e stato effettuato sulla cinetica di diffusione di una proteina
modello, l’albumina bovina (BSA Bovine Serum Albuminum), attraverso strutture
nanoporose. Sono state utilizzate molecole di albumina bovina dal diametro idrodi-
namico di 8 nm e membrane nanoporose con differenti dimensioni dei pori (13, 26
nm e pori con dimensione maggiore di 26 nm).
Figura 1.10: Cinetiche di diffusione in vitro dell’albumina bovina a confronto. A sinistra irisultati sperimentali ottenuti utilizzando membrane porose con pori di 26 nm di diametroe a destra utilizzando membrane porose con pori di 13 nm di diametro [28].
Si e osservato come la cinetica di diffusione, utilizzando le strutture con pori di
13 nm, sia di ordine zero per l’intero esperimento; per le membrane con pori di 26
nm i dato ottenuti hanno mostrato un profilo di rilascio esponenziale, mentre per
membrane con pori diametro maggiori di 26 nm si e osservata una cinetica di rilascio
con diffusione Fickiana. Per dimensioni dei pori inferiori a 13 nm non si e osservato
alcun rilascio [28].
Un’altra applicazione interessante in ambito biomedicale e l’utilizzo di strutture
nanofluidiche per studiare la sequenza del DNA, utile non solo per il sequenziamento
del genoma stesso ma anche per l’identificazione di agenti patogeni, applicazioni in
medicina legale e per il rilevamento di impronte biologiche.
Sono stati studiati vari metodi per un’efficace tecnica di sequenziamento del DNA
attraverso sistemi nanostrutturati. Possono essre cosı superati i limiti imposti dal-
le tecniche in uso, sia migliorandone l’efficienza che prevedendone in futuro anche
Emanuele Zappia 18
Capitolo 1 La nanofluidica
l’automazione.
Ad esempio e stata sviluppata una tecnica d’analisi per rivelare singoli frammen-
ti istonici di DNA nella cromatina nucleare attraverso un metodo di microscopia
confocale a fluorescenza multicolore; il protocollo consiste nell’inserire la cromatina
in una soluzione confinata all’interno di un canale nanofluidico e sottoporla ad un
campo elettrico. La cromatina, migrando attraverso canali sufficientemente stretti,
si allunga permettendo un’accurata identificazione dei segnali di sequenza. I segnali
vengono rilevati con l’uso di un microscopio confocale atto a rilevare la fluorescenza
delle singole molecole. Solo grazie al confinamento imposto dai canali nanofluidici si
sono potute effettuare accurate analisi di fluorescenza di singole molecole di DNA,
pur trattando soluzioni a concentrazioni relativamente elevate. Lo studio ha di-
mostrato come questa tecnica permetta una mappatura molecolare particolarmente
efficace [10].
Figura 1.11: Analisi lineare del DNA che migra in dei microcanali attraverso una tecnicadi microscopia laser [38].
Un altro settore rilevante d’applicazione della nanofluidica consiste nello svilup-
po di tecniche innovative di separazione molecolare, di cui si parlera in maniera
approfondita nel paragrafo 1.3.
Emanuele Zappia 19
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
1.2 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
In questo paragrafo viene mostrato il comportamento termodinamico dei polimeri in
soluzione, in regime confinato e non, al fine di evidenziare le condizioni energetiche
caratterizanti il confinamento di una catena polimerica.
Per poter procedere ad un’analisi esaustiva verranno prima introdotte le principali
caratteristiche dei polimeri in soluzione in ambiente non confinato e successivamente
verra analizzato il modello per polimeri confinati proposto da de Gennes [11].
1.2.1 Polimeri in soluzione
I polimeri sono macromolecole che si presentano sottoforma di lunghe catene o re-
ticoli costituite da un gran numero di gruppi molecolari, legati attraverso legami
covalenti, detti unita ripetitive.
Per ogni coppia polimero-solvente esiste una temperatura Θ, detta temperatura
ideale, alla quale i segmenti della macromolecola non tendono ne ad attrarsi ne a
respingersi; a questa temperatura il solvente si dice anch’esso ideale. Consideran-
do per semplicita il caso dei polimeri apolari, e stato osservato che a temperature
superiori a Θ i segmenti della catena tendono a respingersi, la catena risulta media-
mente piu espansa rispetto allo stato ideale e manifesta un volume proprio, chiamato
volume escluso, in quanto un dato segmento della macromolecola non puo entrare
in uno spazio occupato da ogni altro segmento, in questo caso il sovente e definito
solvente buono. Al contrario, per temperature inferiori a quella ideale, le intera-
zioni tra i segmenti della catena sono piu favorite delle interazioni tra il solvente
ed i segmenti stessi; pertanto questi ultimi si attirano reciprocamente, e la catena
risulta piu contratta rispetto allo stato ideale, il solvente in questo caso e definito
solvente cattivo [7]. In tutta la trattazione consideriamo il solvente ideale non con-
siderando il caso reale e quindi il modello self-avoiding. Le proprieta fisico-chimiche
dei polimeri possono essere descritte attraverso vari modelli, qui verra illustrata
una delle piu semplici rappresentazioni: il modello random-walk. Prima di entrare
nel merito della trattazione e importante dare alcune definizioni di elementi fonda-
mentali che caratterizzano geometricamente la catena e alcune informazioni basilari
riguardo i polimeri in soluzione.
Consideriamo il polimero in un solvente ideale, in generale gli angoli di valenza3
e la lunghezza di legame della macromolecola rimangono praticamente invariati. Al
contrario gli angoli di rotazione interna attorno ai legami semplici di catena possono
3gli angoli di valenza sono gli angoli diedri che si formano tra i due piani contenenti due legami di unitaripetitive consecutivi
Emanuele Zappia 20
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
variare e sono la causa e variabile principale della possibilita di assumere diverse
conformazioni della catena4.
Figura 1.12: Rappresentazione dell’angolo di valenza α e l’angolo di rotazione interna ϕnei polimeri [25].
Gli angoli di rotazione interna su legami adiacenti non sono indipendenti e tendo-
no a mantenere stabile la direzione della catena; tuttavia questa dipendenza si perde
man mano che aumenta il numero di legami tra il legame di riferimento iniziale e
quello finale.
Al di sopra di un determinato numero di legami si ha totale indipendenza d’orienta-
zione dell’angolo di rotazione e il polimero puo essere visualizzato come un insieme
4L’angolo di rotazione interna ϕi attorno ad un dato legame li e definito come l’angolo diedro tra i duepiani cosı definiti: il piano che contine il legame li e il legame che lo precede li−1 e il piano che contine illegame li ed il legame che segue li+1
Emanuele Zappia 21
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
di segmenti aventi orientazione indipendente tra di loro, tali segmenti sono chiamati
segmenti statistici e la lunghezza ad essi associata e chiamata lunghezza di persi-
stenza. La presenza dei segmenti statistici e la causa della flessibilita del polimero,
che variera al variare della lunghezza di persistenza.
Un polimero in soluzione ha quindi la possibilita di assumere un gran numero di
configurazioni, l’insieme di queste possibili configurazioni e chiamato gomitolo sta-
tistico [7].
Figura 1.13: Una rappresentazione del gomitolo statistico.
Il concetto di gomitolo statistico serve a descrivere l’insieme delle forme che
puo assumere una macromolecola ed e alla base della trattazione dei polimeri in
soluzione.
Un’importante quantita misurabile con esperimenti di diffusione della luce e il
raggio di girazione quadratico medio 〈s2〉; tale quantita rappresenta la distanza
media quadratica degli atomi della catena dal loro baricentro
〈s2〉 =N+1∑i=1
〈Ri2〉
N + 1(1.6)
Dove N e il numero di legami compresi nella catena principale, N + 1 sono gli
atomi della catena stessa e Ri e il vettore tra il baricentro della catena e l’atomo
i-esimo.
Un’altra quantita con cui possiamo descrivere le dimensioni della macromolecola
e il vettore testa-coda r
r = L1 + L2 + L3 + · · ·+ Li (1.7)
Emanuele Zappia 22
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
Figura 1.14: Una rappresentazione del raggio di girazione.
Figura 1.15: Una rappresentazione del vettore testa-coda.
tale vettore rappresenta la distanza dal punto iniziale della catena a quello finale;
nell’equazione (1.15) r e espresso come somma dei vettori Li che collegano l’inizio e
la fine di ogni segmento statistico.
Introduciamo ora il modello random-walk, in cui si considera il polimero all’in-
terno di una struttura geometrica reticolare in cui la catena e disposta in maniera
casuale come mostrato in figura 1.16.
Il percorso e una successione di N passi, dove il passo successivo puo orientarsi
Emanuele Zappia 23
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
Figura 1.16: Random-walk di una catena polimerica in un reticolo bidimensionale
in tutte le direzioni vicine, quindi tutte le possibilita sono equiprobabili.
L’entropia S(r) associata a tutte le conformazioni di catena aventi come punto di
partenza (r = 0) e r come punto finale e
S(r) = kln[<N(r)] (1.8)
Dove <N e il numero di percorsi distinti possibili della catena dall’origine al
punto r.
In relazione a <N possiamo esprimere il numero totale di passi zN
∑r
<N(r) = zN
Dove z e il numero di vicini possibili per ogni passo, e dove il vettore testa-coda
r si puo esprimere come sommatoria su n delle lunghezze di persistenza an
r = a1 + a2 + · · ·+ aN =∑n
an
I vari vettori aN avranno z orientazioni possibili e orientazioni indipendenti fra
di loro, quindi possiamo esprimere il valore quadratico medio del vettore testa-coda
〈r2〉 nel modello random-walk come
Emanuele Zappia 24
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
〈r2〉 =∑nm
〈an · am〉 =∑n
an2 = Na2 = R0
2
Qualitativamente possiamo dire che, per il modello random-walk, la quantita R0
risulta ∼ N12a.
Considerando che nel modello random-walk la probabilita di trovare una catena in
una data configurazione assume una distribuzione di tipo gaussiano e che l’entropia e
esprimibile in funzione delle possibili configurazioni del polimero secondo l’equazione
(1.8) abbiamo che
S(r) ∼ 3r2
2R02 (1.9)
Da qui possiamo descrivere il sistema in termini di energia libera
G(r) = E− TS
Dove possiamo assumere, per questo modello, la quantita E costante nel caso di
conformazioni indipendenti e quindi ottenere
G(r) = G(0) +3Tr2
2R02 (1.10)
Formula fondamentale per il sistema che inoltre definisce la costante elastica di
una catena ideale [11].
1.2.2 Polimeri in regime di confinamento
Consideriamo una catena ideale confinata in un tubo di diametro D come mostrato
in figura 1.17.
Si parlera di regime confinato quando D R0 e D a, l’ultima condizione
assicura adeguata mobilita al polimero all’interno del canale.
Per il momento non consideriamo l’interazione tra le pareti del canale e la macro-
molecola, quindi escludiamo fenomeni di adsorbimento (ricordiamo inoltre che per
tutta la trattazione consideriamo il solvente ideale (T = Θ) e quindi ignoriamo in-
terazioni intercatena).
Poiche il confinamento non influenza il comportamento del polimero lungo la
direzione parallela all’asse del tubo, avremo che la lunghezza che il polimero occupa
Emanuele Zappia 25
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
Figura 1.17: Catena polimerica confinata in un canale.
nel nanocanale R‖ risulta R‖ = R0.
Procediamo ora a valutare l’energia di confinamento associata al sistema.
Assumiamo che l’unico contributo energetico significativo sia dato dall’entropia,
quindi non consideriamo forze di van der Waals a lungo raggio all’interno del tubo
e stimiamo la riduzione di entropia ∆S dovuta al confinamento.
Avremo che ∆S sara una funzione lineare di N , inoltre ∆S dipendera solo dal rap-
porto R0
D.
Avremo quindi che
∆S ∼ −R0
D
y
∼ Ny2
Dove y e fattore di scala.
E poiche ∆S deve essere una funzione lineare di N avremo che y = 2 e quindi
∆S ∼ −kb(R0
D
)2
(1.11)
Ricordando che abbiamo assunto che l’unico contributo energetico significativo
sia dato dall’entropia e che kb e la costante di Boltzmann pari circa a 1.38 · 10−23,
consideriamo il tutto in termini di energia libera
Emanuele Zappia 26
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
∆G = −T∆S
∆G = kbT(R0
D
)2
(1.12)
Quest’equazione (1.12) rappresenta l’energia di confinamento, in termini di ener-
gia libera, associata al sistema.
La trattazione risulta comunque valida anche per il confinamento in una slitta o in
una sfera, ad eccezione solo del coefficiente R0
D[11].
Modello del debole adsorbimento
Consideriamo ora il caso in cui ci siano fenomeni di debole adsorbimento, cioe seg-
menti di polimero aderiscono leggermente alle pareti del canale formando grandi
anse che si estendono fino ad una lunghezza media pari a D.
Figura 1.18: Debole adsorbimento di una catena polimerica confinata in un canale.
In questo caso l’equazione (1.12) diventa
∆G ∼= kbT(R0
D
)2
− kbTδfbN (1.13)
Emanuele Zappia 27
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
Dove Tδ e l’attrazione tra il monomero adsorbito e la superficie, fb e la frazione
di monomeri adosrbiti.
Il secondo termine al secondo membro e dovuto alle interazioni con le pareti.
Essendo la densita di monomeri riferita allo spessore del canale D avremo che
fb ∼=a
D
Inserendo quest’espressione nell’equazione (1.13) e minimizzando la funzione
rispetto a D avremo che
D ∼=ak
δ(δ 1, D R0)
Da cui si ricava l’entalpia H
H ∼= −kbTNδ2 (1.14)
Le condizioni richieste per l’adsorbimento di catene separate non si realizzano
mai nella realta, ma questo modello potrebbe risultare molto utile per ulteriori con-
siderazioni sul fenomeno dell’adsorbimento per piu catene [11].
Il bilancio energetico di una catena confinata e positivo solo se c’e interazione
alla parete; esso viene valutato sia attraverso il contributo della perdita entropica,
dovuta al cambio di conformazione della macromolecola e che varia a seconda di dif-
ferenti gradi di confinamento (in quanto l’entropia risulta proporzionale a(R0
D
)2
),
che attraverso il guadagno entalpico dovuto alle interazioni con la parete. Quindi se
la perdita entropica sara preponderante rispetto al guadagno entalpico si avra una
condizione di instabilita, in quanto risultera ∆G > 0 e il confinamento della catena
non sara piu energeticamente favorito.
E’ stato studiato, attraverso l’ausilio di elaboratori software quali MATLAB,
VDM e NAMD, il comportamento termodinamico del polietilenglicole messo in in-
terazione con un nanocanale avente dimensione caratteristica confrontabile con il
raggio di girazione della molecola utilizzata; in questo lavoro [27] si sono valuta-
te le variazioni entropiche ed entalpiche del sistema molecola-nanotubo ed e stato
realizzato un modello al calcolatore che permette di prevedere qualitativamente un
possibile confinamento spontaneo del PEG tramite l’analisi dell’andamento dei due
contributi, entropico ed entalpico, in funzione del coefficiente R0
Da varie temperature.
Il fenomeno significativo che si riscontra in questa analisi e che, a seconda del
peso molecolare e della temperatura, si avra un diverso valore di R0
Ddi instabilita
Emanuele Zappia 28
Capitolo 1 Termodinamica di polimeri in sistemi nanofluidici
Figura 1.19: Andamento dei contributi entalpico ed entropico in funzione di R0D , a varie
temperature e pesi molecolari [27].
termodinamica (cioe ∆G = 0 per ∆S = ∆H), al di la del quale il confinamento
della catena non sara piu energeticamente favorito (∆G > 0).
E’ interessante valutare questo tipo di fenomeno su cui basare un possibile mecca-
nismo di separazipone molecolare innovativo.
Emanuele Zappia 29
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
1.3 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrut-
turati
La separazione molecolare riveste un ruolo fondamentale in molte aree scientifiche
ed e tutt’oggi un campo in continua evoluzione; lo studio di possibili sistemi di se-
parazione molecolare, del design di congegni innovativi e dell’ingegnerizzazione dei
meccanismi diffusivi sono tematiche oggetto di forte interesse ed in continuo svilup-
po.
Nella moderna biologia e nell’ingegneria biomedica la capacita di separare ed identi-
ficare biomolecole da campioni biologici complessi, in maniera accurata ed efficiente,
e rilevante per lo sviluppo di applicazioni che spaziano dalla chimica industriale alla
biologia diagnostica, ad esempio la proteomica e la diagnosi del cancro, o per lo
studio delle caratteristiche molecolari nelle malattie dell’uomo [16].
Con l’avvento di tecnologie in grado di realizzare sistemi nanometrici, in congiun-
zione ad una sempre maggiore comprensione dei meccanismi di diffusione a livello
nanometrico, i dispositivi di filtrazione nanostrutturati rivestono un ruolo sempre
piu rilevante nell’ambito della separazione molecolare; questi sistemi offrono infat-
ti dei forti vantaggi rispetto alle tecnologie di filtrazione molecolare convenzionali,
quali il controllo ingegnerizzato del meccanismo, l’automazione del processo e le di-
mensioni notevolmente contenute, dell’ordine appunto dei nm.
Nonostante gli enormi sviluppi avuti in questo campo molte problematiche sono an-
cora aperte e sono necessarie ulteriori sperimentazioni per un vero e proprio sviluppo
a livello industriale.
Tutti i meccanismi di filtrazione analizzati sono stati congeniati per molecole ca-
riche e, per ottenere un’efficace separazione, necessitano della presenza di un campo
elettrico o di un flusso imposto.
Solo recentemente e stato proposto un sistema di manipolazione molecolare innova-
tivo chiamato entropoforesi, che si basa su un meccanismo di diffusione regolato da
forze entropiche.
In questo contesto un eventuale sistema di separazione molecolare su base entropi-
ca, che risulti efficace anche per molecole neutre, abbatterebbe molti dei limiti dei
meccanismi di separazione in uso.
In questo paragrafo verranno illustrati i principali meccanismi di separazione
molecolare ed alcuni esempi di sistemi di flitrazione artificiali nanostrutturati.
Emanuele Zappia 30
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
1.3.1 Meccanismi di separazione molecolare
Le proprieta di biomolecole attraverso un struttura filtrante sono determinate prin-
cipalmente da complesse interazioni tra le dinamiche molecolari proprie degli am-
bienti confinati e la fisica dei sistemi nanofluidici, inoltre bisogna considerare anche
la chimico-fisica del sistema.
La teoria del trasporto confinato
Srumenti di estremo interesse nella separazione molecolare sono i sistemi nanostrut-
turati di filtrazione che sfruttano la teoria del trasporto confinato.
Un semplice sistema a cui possiamo fare riferimento e quello in cui una biomolecola
passa, ad esempio, attraverso un nanoporo cilindrico. Come illustrato nel paragrafo
1.1.2, la teoria idrodinamica del il trasporto confinato di molecole e stata molto ben
sviluppata e da la possibilita di calcolare varie caratteristiche del sistema (come ad
esempio il coefficiente di partizione, permeabilita ecc); quando invece tale teoria non
risulta piu valida, insorgono molte problematiche legate al trasporto di molecole in
ambienti nanostrutturati. E’ necessario quindi avere un quadro d’insieme generale
sul sistema e considerare tutti i fenomeni fisici rilevanti come l’interazione sterica,
l’interazione elettrostatica, la conformazione idrodinamica della molecola, cinetiche
di adsorbimento ecc.
Studiando le problematiche legate a questi sistemi, sfruttando le conoscenze acqui-
site e variando determinati parametri sono stati proposti molti meccanismi in grado
di influenzare le proprieta di trasporto della molecola in maniera controllata, otte-
nendo cosı sistemi ingegnerizzati atti a separare biomolecole in base a determinati
criteri.
Ad esempio, utilizzando sistemi nanoporosi che manifestano una diversa inte-
razione elettrostatica con la molecola d’interesse, possiamo influenzare la confor-
mazione della molecola, la sua lunghezza di persistenza ed altri parametri, i quali
condizionano le proprieta di trasporto della stessa [18].
Meccanismi di separazione delle matrici gel
Per risolvere i problemi legati alla separazione per elettroforesi in soluzione di mole-
cole cariche sono stati sviluppati dei metodi di separazione che sfruttano le matrici
gel. Gli stessi sono stati sfruttati nei sistemi nanostrutturati di filtrazione (infatti
tali dispositivi sfruttano questi meccanismi mimando le strutture delle matrici gel o
Emanuele Zappia 31
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
Figura 1.20: Schema e fenomeni fisici rilevanti nel trasporto confinato.
attraverso la progettazione di design particolari).
Sono stati proposti tre meccanismi di separazione distinti per spiegare come una
macromolecola flessibile e lineare possa migrare in maniera differente attraverso il
gel a seconda della dimensione della stessa confrontata con la dimensione media dei
pori, cioe a seconda del rapporto Rgb
(dove Rg e il raggio di girazione della molecola
e b il diametro medio dei pori del gel).
Separazione di Ogston(Rgb < 1
)Nella separazione di Ogston la macromolecola
e piu piccola dei pori del gel o degli ostacoli all’interno della matrice.
La separazione molecolare avviene a causa delle interazioni steriche tra la macromo-
lecola e il network poroso del gel.
A causa del rapporto Rgb< 1, in condizioni imperturbate la molecola si puo muovere
in maniera relativamente libera attraverso la matrice gelatinosa.
Questo meccanismo e stato proposto come processo di separazione molecolare tra-
mite applicazione di un campo elettrico.
Intrappolamento entropico(Rgb ∼ 1
)Si parla di intrappolamento entropico
quando Rgb∼ 1, la conformazione della macromolecola flessibile e costretta a defor-
marsi o a passare attraverso gli ostacoli del mezzo gelatinoso.
Ad ogni punto il numero di possibili conformazioni determina lo stato entropico
locale della molecola. Le differenze entropiche derivano dall’eterogeneita spaziale
della matrice gelatinosa, in quanto con la deformazione della molecola si avra una
riduzione dell’entropia conformazionale della stessa. La molecola quindi si separera
tendendo a localizzarsi preferenzialmente in spazi meno ristretti, dove la sua con-
formazione libera sara energeticamente favorita; risultando in un aumento locale
Emanuele Zappia 32
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
Figura 1.21: Meccanismi di separazione in matrici gel(in alto) e in sistemi nanostrtturati(in basso).
dell’entropia della molecola stessa.
Reptation(Rgb > 1
)Con il termine reptation si intende un movimento attivato
termicamente di una lunga macromolecola, lineare e flessibile. La maniera in cui si
muove la molecola attraverso la matrice gelatinosa, occupando contemporaneamente
piu pori, ricorda il movimento di un serpente, ed e simile al meccanismo di reptation
in un tubo, proposto originariamente da de Gennes per entanglaments di polimeri
artificiali.
In questo meccanismo solo i segmenti finali di una catena polimerica lineare e fles-
sibile possono liberarsi, in quanto la molecola subisce una flessione curvilinea lungo
l’asse della cavita porosa. Il profilo casuale del poro e la frizione dovuta allo scorri-
mento della molecola rallentano lo spostamento del centro di massa della stessa.
Rispetto al meccanismo di trasporto da intrappolamento entropico il numero di
Emanuele Zappia 33
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
configurazioni possibili per far reptare la molecola non dipende dalla posizione [16].
1.3.2 Esempi di sistemi nanostrutturati per la separazione molecolare
Design Forza di trasporto Meccanismo di separazione Campione molecolare
Percorso asimmetrico ad ostacoli Campo elettrico Moto browniano rettilineo DNA (15-30 kbp)Array di trappole entropiche Campo elettrico Intrappolamento entropico DNA (5-160 kbp)Array di microcolonne Campo elettrico pulsante Elettroforesi per stretching DNA (61-209 kbp)Array di nanocolonne Campo elettrico Elettroforesi per collisione DNA (1-38 kbp)Array di microcolonne Pressione Biforcazione di flusso laminare DNA (60-200 kbp);
proteine (10-200 kDa)Array di nanofiltri Campo elettrico Separazione di Ogston, DNA (50 bp-2 kbp);
Inrappolamento entropico proteine (10-300 kDa)Array autoassemblante Campo elettrico Collisione elettroforetica DNA (15-145 kbp)di particelle paramegnetiche
Tabella 1.1: Sommario di sistemi nanostrutturati artificiali per la separazione molecolare[16].
Array di micro e nanocolonne
Il primo filtro molecolare microstrutturato riportato in letteratura era composto da
un array incapsulato di colonne della dimensione di pochi µm, fabbricato tramite
etching di una base di silicone usando tecniche di microffabricazione tipiche dei se-
miconduttori convenzionali.
Utilizzando tale sistema si e osservato un fenomeno di elettroforesi in situ di lunghe
molecole di DNA allungate; per la prima volta si e realizzata una separazione di
macromolecole flessibili in un sistema le cui caratteristiche erano ben conosciute e
controllabili dal punto di vista ingegneristico.
A partire da questo lavoro pionieristico [41] altri gruppi hanno impiegato varie tec-
niche di microfabbricazione per realizzare micro e nanostrutture per il confinamento
e la separazione molecolare [16].
I sistemi di array di micro e nanocolonne sfruttano diversi meccanismi di sepa-
razione simili a quelli delle matrici gel, in quanto il design di questi sistemi tende a
mimare la struttura di tali materiali.
In tabella 1.1 si riportano vari meccanismi di separazione a seconda del design, della
forza di trasporto e del meccanismo di separazione del sistema.
Le tecniche di fabbricazione sono varie tra cui l’etching chimico e la fotolitogra-
fia; le tecniche di microlitografia offrono vari vantaggi tra cui il preciso controllo
sulla geometria del sistema e la flessibilita del design a seconda delle applicazioni
desiderate.
Si e dimostrata l’efficienza di tali sistemi che hanno efficacemente separato lunghi
Emanuele Zappia 34
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
frammenti di DNA sia nella separazione in batch [2] che in flusso continuo [8].
Figura 1.22: (a) SEM ( Scanning Electron Micrograph) di ostacoli nanometrici per lasparazione del DNA [1]; (b) Nanocolonne per la separazione del DNA (scala 500 nm).
Strutture anisotrope per la bioseparazione in flusso continuo
E’ stata studiata la possibilita di separare biomolecole con differenti proprieta (co-
me grandezza, carica o idrofobicita) attraverso l’anisotropia strutturale in un mezzo
filtrante a due dimensioni; il meccanismo prevede che le biomolecole seguano un per-
corso di migrazione differente a seconda delle loro diverse proprieta, cosı da essere
separate in maniera efficace.
Il risultato ottenuto e che differenti molecole avranno un differente angolo di
deflessione di flusso e si otterra un’effettiva separazione (figura 1.23 sulla destra);
fenomeno non rilevato in mezzi isotropi (figura 1.23 sulla sinistra).
In figura 1.24 si riporta un esempio del design di un sistema di separazione dalla
struttura anisotropa chiamato Anisotropic Nanofilter Array (ANA).
La struttura consiste in un array periodico bidimensionale di nanofiltri. Il mec-
canismo di separazione dell’ANA si basa su differenti caratteristiche di separazione
lungo le due direzioni ortogonali della struttura, che sono situate in maniera orto-
gonale e parallela alle file di nanofiltri.
Applicando un campo elettrico Ey lungo l’asse positivo y molecole con carica nega-
tiva uniforme (come il DNA), una volta iniettate nell’array, assumeranno un movi-
mento di deriva nei canali profondi con una velocita negativa Vy indipendente dalla
dimensione.
Un campo elettrico ortogonale Ex, sovrapposto lungo la direzione negativa dell’asse
Emanuele Zappia 35
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
Figura 1.23: (A destra) struttura anisotropa per la separazione molecolare in flussocontinuo, (a sinistra) un mezzo isotropo in cui non avviene separazione.
Figura 1.24: Schema esemplificativo dell’ANA (Anisotropic Nanofilter Array).
x attraverso i nanofiltri, guidera selettivamente le molecole trasportate nel canale
profondo facendole saltare, attraverso i nanofiltri, verso il canale successivo nella
direzione positiva dell’asse x.
Il passaggio delle molecolare attraverso i nanofiltri, sotto l’influenza del campo elet-
trico Ex, puo essere descritto come un fenomeno influenzato dal superamento, ter-
micamente attivato, di barriere energetiche (in termini di energia libera) lungo la
soglia dei nanofiltri.
Emanuele Zappia 36
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
Secondo il meccanismo di separazione di Ogston, queste barriere energetiche favori-
scono il passaggio di molecole di piccole dimensioni, facendo sı che le molecole piu
corte abbiano una velocita di passaggio Px piu grande.
Infatti molecole piu corte avranno un distanza di deriva caratteristica media L piu
corta nei canali profondi tra due nanofiltri consecutivi, originando un piu grande
angolo di deflessione θ [15].
Questo fenomeno accade quando le molecole hanno un diametro minore della di-
mensione di confinamento dei nanofiltri.
Invece, per molecole con un diametro maggiore della dimensione di confinamento
dei nanofiltri, il passaggio richiede che le molecole si deformino formando delle ernie
a discapito della loro energia interna conformazionale (meccanismo di intrappola-
mento entropico).
Molecole piu lunghe riescono a deformarsi piu facilmente e quindi hanno una piu
grande velocita di passaggio Px, risultando in un piu grande angolo di deflessione θ
[19].
L’ANA rappresenta un significativo progresso nel design dei sistemi di separazio-
ne molecolare nanostrutturati in quanto, operando in flusso continuo, permette di
raccogliere in continuo sottoinsiemi di biomolecole d’interesse, migliorando inoltre
la specificita e la sensibilita del sistema di separazione.
Array monodimensionale di trappole entropiche
In una serie di pubblicazioni [20][21], utilizzando un meccanismo di intrappolamento
entropico, e stata dimostrata l’efficacia di array di nanofiltri per la separazione di
molecole di DNA.
Figura 1.25: Schema del sistema di trappole entorpiche per la separazione del DNA [26].
Emanuele Zappia 37
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
Il sistema mostrato in figura 1.25 e una struttura monodimensionale di trappole
entropiche formata dall’alternarsi di nanoslitte e microslitte, ottenute da una base
di silicone tramite fotolitografia e tecniche di wet etching e poi ricoperte da un ri-
vestimento in Pyrex.
La presenza di un catodo e di un anodo ai due estremi del sistema fa sı che si generi
un campo elettrico; le molecole di DNA inserite sono quindi guidate tramite elet-
troforesi attraverso il dispositivo.
Le molecole sono temporaneamente intrappolate al confine tra la regione micro-
metrica e quella nanometrica per un tempo caratteristico τ prima di deformarsi,
formando delle ernie a scapito della loro energia interna conformazionale, ed iniziare
ad entrare nella nanoslitta.
Il tempo di intrappolamento τ puo essere espresso da un equazione di tipo Arrhenius
τ = τ0e
(α
EkbT
)La barriera di attivazione e data dal termine esponenziale che risulta essere indi-
pendente dalla dimensione della molecola e dove E rappresenta la forza del campo
elettrico nella regione della slitta.
Il termine τ0 rappresenta la probabilita di liberarsi dalla nanoslitta per unita di
tempo e dipende dal numero di monomeri presenti al confine tra le due regioni; τ0
risulta essere, in buona approssimazione e per basse intensita di campo elettrico,
proprorzionale a ∼ 1dR0
, dove d e la profondita della nanoslitta e R0 il raggio di
girazione della molecola.
Le molecole piu lunghe riescono quindi a sfuggire prima dalle nanoslitte rispetto
a quelle piu corte, a causa del meccanismo di formazione delle ernie; ipotesi confer-
mata dalle osservazioni e simulazioni al calcolatore [39].
Poiche la probabilita di sfuggire dalle nanoslitte dipende dalla lunghezza della mo-
lecola, al termine della separazione le differenti regioni del dispositivo conterranno
macromolecole di diversa lunghezza [26].
Entropoforesi
Tutti i dispositivi illustrati ed anche quelli elencanti nella tabella 1.1, al di la del
differente meccanismo sfruttato, necessitano della presenza di un campo elettrico o
di un flusso imposto per avere un’effettiva ed efficace separazione molecolare.
Solo recentemente e stato sviluppato un meccanismo di manipolazione molecolare
Emanuele Zappia 38
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
su base esclusivamente entropica chiamato entropoforesi [37].
Il sistema sviluppato nel lavoro e mostrato in figura 1.26 e una struttura carat-
terizzata da un complesso gradiente entropico ingegnerizzato: in particolare e stata
realizzata una struttura di nanocanali a profondita variabile il cui profilo richiama
quello di una scala.
Le profondita dei gradini variano generando zone di transizione tra un forte con-
finamento ed un confinamento piu moderato, cosı che lungo tutto il dispositivo il
confinamento risulta essere man mano decrescente.
Figura 1.26: (a) Come condizione iniziale il DNA e stato forzato elettrocineticamente adentrare nella struttura confinata, a t1 la forza applicata esterna e stata rimossa e il DNAe migrato lungo il dispositivo per entropoforesi, a t2 il DNA e raccolto sul fondo dellascala in una trappola entropica. (b) Le molecole di DNA sono trasportate lungo l’altezzadi ogni gradino dai moti Browniani e forze entropiche. (c) Immagine di un microscopioottico a campo chiaro del dispositivo nanofluidico vuoto, ogni gradino e apparentementeun colore diverso, a causa dell’interferenza con la luce bianca. I canali di collegamentosono visibili sulla sinistra e sulla destra. (d) Grafico, in corrispondenza all’immagine (c),dell’energia libera di confinamento e la profondita dei gradini in funzione della posizione.
All’interno di tale struttura sono state inserite molecole di DNA.
Il sistema, seguendo la seconda legge della termodinamica, fa si che le molecole mi-
grino attraverso il dispositivo da sole e raggiungano determinate concentrazioni in
specifiche regioni del sistema guidate esclusivamente da forze di natura entropica
e dal loro naturale moto Browniano; infatti a causa della natura casuale dei moti
browniani, molecole a piu basso peso molecolare impiegano piu tempo nel diffondere
lungo il canale, poiche queste ultime hanno maggiore possibilita di movimento in
Emanuele Zappia 39
Capitolo 1 Separazione di biomolecole mediante sistemi nanostrutturati
direzioni non efficaci per lo svuotamento rispetto alle molecole a piu alto peso mo-
lecolare.
La diffusione delle molecole di DNA lungo la struttura e regolata dalle forze entropi-
che che sopraggiungono ai bordi tra i vari scalini, il DNA migra cosı lungo la scala.
L’analisi di questo meccanismo diffusivo e stata eseguita attraverso una tecnica di
microscopia di fluorescenza.
Sono state utilizzate molecole modello di DNA a diversa lunghezza e morfologia ed
e stata cosı studiata l’influenza di tali parametri in questo sistema di manipolazione
molecolare.
Emanuele Zappia 40
Capitolo 2
Materiali e metodi
Per poter rilevare e seguire le molecole a livello nanometrico abbiamo utilizzato la
spettroscopia di correlazione di fluorescenza in congiunzione alla microscopia confo-
cale.
Il sistema, in breve, consiste nell’irradiare il campione con un raggio laser focalizzato
nel volume confocale e misurare la successiva emissione in fluorescenza delle moleco-
le irradiate; vengono quindi registrate le fluttuazioni d’intensita di fluorescenza nel
tempo di misura e rispettivamente calcolata la funzione di autocorrelazione associa-
ta a tali fluttuazioni.
In questo capitolo verranno descritti in dettaglio la strumentazione, i materiali
ed i metodi d’analisi utilizzati.
In figura 2.1 e riportato uno schema generale del sistrma di misura.
La strumentazione utilizzata consiste in un microscopio confocale ConfoCorll (Carl
Zeiss, Jena, Germania) dotato di divisore di fascio dicroico con messa a fuoco
manuale nel piano xy.
Tale strumento e composto da un microscopio a trasmissione invertito Zeiss Axio-
vert 200M utilizzabile a luce trasmessa e riflessa al quale e collegato un sistema di
illuminazione atto a rilevare ed illuminare il campione attraverso una scansione pun-
to per punto.
Il sistema illuminante e composto da una lampada a mercurio per l’analisi a
fluorescenza, con i filtri dicroici standard per l’imaging della fluorescenza della fluo-
resceina (FITC) e della rodamina (TRITC). Tale sistema e inoltre provvisto di tre
linee di laser: un laser argon con lunghezze d’onda di 453, 477, 488 e 514 nm e due
laser elio-neon con lunghezze d’onda rispettivamente pari a 543 e 633 nm.
Emanuele Zappia 42
Capitolo 2 Apparato sperimentale
Figura 2.2: Microscopio confocale Confocor II utilizzato per gli esperimenti.
Nelle misurazioni abbiamo eccitato delle molecole di polietilenglicole, funzionaliz-
zate con rodamina B, da una fascio laser a 543 nm e abbiamo raccolto l’emissione
attraverso un filtro BP (band pass) 560 - 615 nm.
Il campione in cui sono avvenute le misure e un sistema nanofluidico la cui analisi
sara oggetto del prossimo paragrafo.
2.1.2 Dispositivo nanofluidico
Il sistema nanofluidico e composto da un chip, provvisto di nanocanali collegati a
serbatoi micrometrici, inserito in un supporto adeguato e collegato a siringhe in
borosilicato cariche della soluzione campione mediante microcapillari e connettori
PEEK.
I microcapillari sono stati forniti dall’ Upchurch Scientific, U.S.A. mentre le si-
ringhe ed i connettori PEEK dall’ ILS (Innovative Labor System, Germania).
Nello specifico il chip, anch’esso in borosilicato, e stato realizzato via etching
chimico e fusion bonding.
I nanocanali hanno una profondita di 10 nm, lunghezza di 500 µm ed ampiezza che
Emanuele Zappia 43
Capitolo 2 Apparato sperimentale
Figura 2.3: Dispositivo utilizzato, composto dal chip nanofluidico, inserito nell’appositosupporto, connesso tramite microcapillari e connettori alle siringhe cariche di soluzione.
puo essere di 5, 10 o 30 µm. L’angolo di contatto e di circa 18 ± 8 ed, essendo
minore di 90, ci indica che la superficie e idrofilia; la ruvidezza superficiale del ca-
nale dichiarata dal produttore e, in genere, minore di 1 nm.
I nanocanali sono collegati a serbatoi micrometrici attraverso dei supporti adegua-
tamente progettati.
Figura 2.4: Schema del chip nanofluidico apoderato.
Il sistema, prima di effettuare le misurazioni, deve essere adeguatamente prepa-
rato: viene preparata una soluzione di acqua distillata (pH = 6.8, 18 MΩcm
) rifiltrata,
Emanuele Zappia 44
Capitolo 2 Il PEG
per assicurare la purezza della soluzione, attraverso dei filtri da 100 µm (What-
man) e PEG funzionalizzato con rodamina B neutra (Nanocs, New York) a vari pesi
molecolari (20 e 40 kDa) a seconda della misurazione.
Figura 2.5: Il chip inserito nel supporto e posizionato sull’obiettivo.
Viene quindi applicata una piccola pressione sulle siringhe, facendo cosı fluire la
soluzione nei serbatoi e, dopo non aver rilevato piu flussi residui, vengono connessi
al chip.
I nanocanali vengono quindi lasciati a riposo per una decina di ore per far raggiunge-
re l’equilibrio al sistema, cosı da consentire la diffusione della soluzione fluorescente
dai serbatoi ai nanocanali. Infine, una volta riempiti i nanocanali, il sistema e pron-
to per effettuare le misurazioni; il chip viene posto con relativo supporto nella zona
d’analisi del microscopio confocale e si procede alla misura.
Successivamente, per poter eseguire esperimenti a diverse temperature (23, 37 e
45C), viene posta una piastra riscaldante al di sopra di un contenitore metallico
che circonda il campione nella zona d’analisi del microscopio.
La temperatura viene monitorata attraverso una termocoppia collegata precedente-
mente al campione.
2.2 Il PEG
La macromolecola modello utilizzata per gli esperimenti e il polietilenglicole (PEG),
un polimero derivato dall’ossido di etilene.
In letteratura il polimero prodotto dall’ossido d’etilene viene chiamato polietilengli-
cole (PEG) quando il peso molecolare medio del materiale e al di sotto di 20.000 gmol
,
mentre polietilenossido (PEO) al di sopra di tale peso molecolare ed infine, generi-
camente, poliossietilene (POE) indipendentemente dal peso molecolare. In generale
Emanuele Zappia 45
Capitolo 2 Il PEG
le proprieta chimiche della molecola non variano sensibilmente col peso molecolare
mentre variano le proprieta fisiche.
La formula del PEG e:
HO − CH2 − (CH2 −O − CH2−)n − CH2 −OH
La sua formula bruta:
C2nH4n+2On+1
Il PEG viene prodotto per polimerizzazione anionica o cationica; di solito viene
utilizzato il processo per via anionica per ottenere una bassa polidispersita nel pro-
dotto finale. La polimerizzazione avviene partendo dall’ossido di etilene piu acqua e
oligomeri gia formati di glicole etilenico, il tutto catalizzato da agenti acidi o basici.
Il PEG a basso peso molecolare, nel suo stato finale, si presenta come un liquido
incolore, mentre il prodotto ad alto peso molecolare e un solido biancastro. Questo
polimero e solubile nel benzene, diclorometano, metanolo e in acqua. Gli usi di que-
sto materiale spaziano dalla farmaceutica come base per creme o agente dispersivo
nei dentifrici, non essendo tossico per l’uomo, sino al restauro, ad esempio come
consolidante di legni archeologici bagnati.
Questa macromolecola, oltre ad essere solubile in acqua, e flessibile e disponibile a
differenti pesi molecolari (20 e 40 kDa) ed e quindi risultata adatta per studiare la
cinetica di confinamento in nanocanali a differenti temperature.
Nei nostri esperimenti abbiamo utilizzato PEG funzionalizzato con rodamina B,
molecola che rende fluorescente il materiale.
Si riportano in tabella 2.1 alcune caratteristiche del PEG [24].
Raggi di girazione e rapporto con l’altezza del PEG
MW [kDa] rg [nm]rgh
20 4,7 0,4740 6,9 0,69
Tabella 2.1: Raggi di girazione e relativo rapporto con l’altezza del PEG, secondoKawaguchi [24].
Emanuele Zappia 46
Capitolo 2 Funzionamento
2.3 Funzionamento
2.3.1 Prinicipi e metodi d’acquisizione dati
La tecnica utilizzata nei nostri esperimenti al fine di valutare la concentrazione e i
tempi di diffusione del PEG all’interno dei nanocanali, in funzione dei differenti pesi
molecolari del polimero e delle differenti temperature, e la spettroscopia di correla-
zione di fluorescenza FCS abbinata alla microscopia confocale.
Il principio che sta alla base della tecnica FCS e quello di perturbare esternamen-
te il sistema attraverso raggi laser che eccitano le molecole nel campione, le quali,
dopo aver assorbito la radiazione elettromagnetica, se fluorescenti, si rilasseranno
emettendo a loro volta una radiazione elettromagnetica, sotto forma di fotone.
Tale emissione verra rilevata dallo strumento, contando il numero di fotoni rilevati
nell’unita di tempo, e visualizzata come fluttuazione d’intensita di fluorescenza; tale
intensita variera a seconda del numero di molecole che e passato nel volume illumi-
nato nel tempo di misurazione.
A differenza di altre tecniche la particolarita del metodo FCS e quella di trarre van-
taggio dalle fluttuazioni spontanee delle molecole eccitate; noi rileviamo i parametri
fisici d’interesse proprio attraverso la misurazione delle fluttuazioni di fluorescenza
che vengono normalmente classificate come rumore di fondo del segnale misurato.
In particolare lo strumento rileva le intensita di fluorescenza delle molecole che at-
traversano il volume di misura a causa del moto browniano delle stesse.
Inoltre questo metodo di misurazione e particolarmente adatto al nostro caso, in
quanto puo essere utilizzato per studi su scala nanometrica; infatti con la tecnica
FCS anche una singola molecola da un contributo significativo al segnale. Questo
metodo d’analisi si presta ad effettuare misure su campioni contenenti un numero
limitato di molecole, cosı da limitare anche disturbi dovuti a rumori di fondo [35].
In definitiva abbiamo la possibilita di rilevare anche poche molecole ed eseguire
misurazioni in volumi molto piccoli.
La tecnica di microscopia confocale ci permette di ridurre lo spazio di misura sul
campione attraverso un sistema di specchi e lenti atti a focalizzare la luce prove-
niente dai laser in un volume molto piccolo, chiamato volume confocale.
Il volume confocale e descritto come un ellissoide dai confini geometrici non ben de-
finiti; si puo ben approssimare tale ellissoide ad un volume gaussiano, che nel nostro
caso ha le dimensioni di: wz = 1, 5 µm in altezza e wxy = 0, 17 µm di diametro
come mostrato in figura 2.7. E’ possibile regolare il volume confocale regolando il
diametro del fascio laser.
Emanuele Zappia 47
Capitolo 2 Funzionamento
Figura 2.6: Schema del nanocanle con particolare dell’effettivo volume di misura.
L’effettivo spazio in cui verranno rivelate le molecole non e pero l’intero volume,
bensı il piano focale (chiamato anche sezione ottica), che e la sezione corrispondente
al punto di massima concentrazione del raggio; quindi solo le molecole passanti per
tale piano saranno eccitate contribuendo alla formazione dell’immagine finale.
Attraverso un sistema di specchi oscillanti viene spostato il punto illuminato nel cam-
pione, cosı da effettuare una scansione completa dell’intera sezione ottica; inoltre,
spostando il campione lungo l’asse verticale, sara possibile effettuare nuove scansioni
su diverse sezioni ottiche.
Figura 2.7: Volume confocale.
Quindi l’unico piano eccitato e esclusivamente la sezione ottica fissata cosı da
avere una diminuzione della luce fuori fuoco e della dimensione laterale dell’imma-
Emanuele Zappia 48
Capitolo 2 Funzionamento
gine, portando ad una riduzione complessiva dei disturbi legati ai rumori di fondo
[12].
In definitiva la combinazione delle due tecniche di misura permette di ridurre il nu-
mero delle molecole nel volume di controllo senza compromettere il rapporto segnale-
rumore.
Il sistema nel suo insieme prevede che il raggio laser passi attraverso uno specchio
dicroico, venga poi diretto all’interno del microscopio confocale, ed infine, incidendo
sul campione, illumini il volume confocale.
La fluorescenza emessa dalle molecole passanti per il volume illuminato, nel tempo di
misura, incidera sullo stesso obiettivo, passera attraverso il divisore di fascio dicroico
e verra mappata all’interno del pinhole nel piano dell’immagine dell’obbiettivo (80
µm a 543 nm); infine tale radiazione elettromagnetica passera attraverso un filtro
passa banda (560 - 615 nm) per giungere su di un fotodiodo valanga (APD) [35]. La
fluorescenza rilevata dai fotodiodi viene quindi trasmessa in maniera tale da avere
in uscita un segnale elaborabile al calcolatore; tale segnale e infine autocorrelato al
calcolatore.
I dati cosı ottenuti vengono salvati in formato raw e successivamente elaborati
attraverso un software personalizzato (Fluctation Analyzer) [12].
Il software mostra in contemporanea sia la curva di autocorrelazione calcolata che il
segnale in fluorescenza per permettere una migliore regolazione e controllo del setup,
nonche eventuali correzioni del fuoco durante le misurazioni.
Otterremo una certa fluttuazione d’intensita di fluorescenza a seconda del numero
di fotoni rilevati dal sistema, il software calcolera la funzione di autocorrelazione a
partire da tale fluttuazione.
Tutte le funzioni di autocorrelazione vengono calcolate direttamente a partire dalla
traiettoria del segnale. L’intera informazione viene riunita in pacchetti di 2 µs, si
effettua quindi un bin di 2 µs [12].
Gli esperimenti, per avere sufficienti informazioni statistiche, vengono svolti per
almeno 10 minuti.
Le misure vengono effettuate in ambiente termostatato a 23, 37 e 45C.
Abbiamo eseguito misure di diffusione del PEG in soluzione a varie temperature
(23, 37 e 45C) a vari pesi molecolari (20, 30 e 40 kDa). Inoltre abbiamo eseguito
degli esperimenti nel dispositivo nanfluidico usando, anche in questo caso, preparati
di PEG a vari pesi molecolari (20 e 40 kDa) a varie temperature (23, 37 e 45C e a
Emanuele Zappia 49
Capitolo 2 Funzionamento
45C dopo 14 ore). Abbiamo registrato le funzioni di autocorrelazione sia all’interno
del nanocanale, posizionandoci sempre a 50 µm di distanza dalla parete del reservoir,
che nel reservoir al fine di valutare il numero di particelle medio 〈N〉 sia all’interno
del nanocanale che fuori.
La funzione di autocorrelazione
La funzione di autocorrelazione correla le fluttuazioni di fluorescenza nel tempo
confrontando il segnale registrato con una versione dello stesso ritardata nel tempo
come mostrato in figura 2.8.
La funzione di autocorrelazione da quindi una misura della modifica del segnale
dopo un dato intervallo di misura.
Per tempi brevi il segnale e simile a se stesso, piu il tempo passa e piu la somiglianza
del segnale diminuisce [12].
Figura 2.8: Rappresentazione schematica dell’evoluzione nel tempo della funzione diautocorrelazione associata ad un segnale.
Matematicamente la funzione di autocorrelazione normalizzata e definita dall’e-
quazione (2.1):
G(τ) =〈δI(t) δI(t+ τ)〉
〈I(t)〉2(2.1)
Dove le δI(t) sono le deviazioni di intensita di fluorescenza rispetto all’intensita
di fluorescenza media in un certo istante.
Emanuele Zappia 50
Capitolo 2 Funzionamento
E’ possibile esprimere la funzione di autocorrelazione delle fluttuazioni delle in-
tensita come convoluzione della funzione di autocorrelazione delle fluttuazioni di
concentrazione e, tramite opportune sostituzioni e considerazioni, si ottiene la fun-
zione di autocorrelazione di un processo diffusivo browniano in 3D, come mostrato
nell’equazione (2.2)
G(τ) =1
N
1
(1 + 4Dτwxy2 )
√1 + 4Dτ
wz2
(2.2)
Ricordando che wxy e wz sono rispettivamente le dimensioni di diametro e altezza
del volume confocale approssimanto ad una forma gaussiana posso introdurre il
parametro di struttura s
s =wzwxy
(2.3)
Contando che il tempo di diffusione τdiff e pari a
τdiff =wxy
2
4D
Ed infine sostituendo nella (2.2) le varie quantita si ottiene la funzione di auto-
correlazione in funzione di N , s e τdiff (parametri di lettura degli esperimenti FCS)
come mostrato nell’equazione (2.4)
G(τ) =1
N
1
(1 + ττdiff
)√
1 + ττdiff s2
(2.4)
E’ possibile esprimere la funzione di autocorrelazione anche nel caso di diffusione
anomala, contando che in questo tipo di diffusione c’e una differente dipendenza
temporale, non piu lineare, ma dipendente dal coefficiente di anomalia α.
La funzione in questo caso diventa
G(τ) =1
〈N〉1
(1 + ( ττdiff
)α)
√1 +
( ττdiff
)α
s2
(2.5)
Risulta inoltre che
G(0) =1
〈N〉(2.6)
Informazione molto utile per le valutazioni delle concentrazioni all’interno del
nanocanale.
Emanuele Zappia 51
Capitolo 2 Funzionamento
E’ opportuno presentare anche il modello di Wirth con il quale e possibile espri-
mere la funzione di autocorrelazione considerando anche fenomeni di adsorbimento
e desorbimento delle molecole alle pareti del canale. In tale modello viene introdotto
il tempo medio di desorbimento τdes, che rappresenta il tempo medio in cui le mole-
cole sono adsorbite alla parete, e la funbound, funzione che rappresenta la probabilita
di una molecola di trovarsi in uno stato non legato, quali nuove variabili all’interno
dell’espressione della funzione di autocorrelazione
G(τ) =1
〈N〉
((funbound)
1
1 + ( ττdiff
)+ (1− funbound)e
ττdes
)(2.7)
2.3.2 Calibrazione del volume confocale
La fase di calibrazione del volume confocale viene effettuata eseguendo numerose
prove di diffusione con una macromolecola a coefficiente di diffusione noto.
Utilizzando l’equazione (2.8) possiamo ricavare il parametro wxy (diametro del vo-
lume confocale) utile alla calibrazione
D =wxy
2
4τdiff(2.8)
D e il coefficiente di diffusione noto, τdiff e il tempo di diffusione che ricaviamo
da misure di fitting eseguendo un numero sufficiente di prove.
La molecola che abbiamo utilizzato e la rodamina 6G, la quale a 25C ha un coeffi-
ciente diffusione di D = 4 · 10−6 cm2
s[13].
Un’altra quantita che ricaviamo dalle prove di calibrazione e il parametro di
struttura s (che nel nostro caso e ∼= 5), definito dall’equazione (2.3).
Inoltre prendendo come riferimento l’approssimazione del volume confocale V
alla forma di un volume gaussiano possiamo calcolare anche la concentrazione Cin
all’interno dei nanocanali come:
Cin =〈N〉VN
Con 〈N〉 numero di molecole medio e N numero di Avogadro pari a 6, 022 ·1023.
Il coefficiente di diffusione D e una proprieta idrodinamica delle molecole e puo
essere calcolato attraverso l’equazione di Stokes-Einstein (2.9)
Emanuele Zappia 52
Capitolo 2 Elaborazione dei dati sperimentali
D =kbT
6πrhη(2.9)
Dove kb e la costante di Boltzmann pari circa a 1.38·10−23 m2kgKs2
, T la temperatura
assoluta, η la viscosita del solvente e rh il raggio idrodinamico della molecola.
2.4 Elaborazione dei dati sperimentali
Figura 2.9: Procedura di fitting.
Le funzioni di autocorrelazione ottenute vengono trattate attraverso una pro-
cedura di fitting, ossia un trattamento attraverso il quale otteniamo una funzione
matematica che meglio approssima i dati raccolti, tale funzione prende il nome di
funzione best fit.
Per le misurazioni eseguite al di fuori dei nanocanali abbiamo utilizzato il modello di
diffusione classico e la relativa funzione di autocorrelazione descritta nell’equazione
(2.4). Alla fine della procedura di fitting otteniamo il coefficiente di diffusione D e
la concentrazione della specie C.
Per gli esperimenti relativi ai nanocanali abbiamo invece utilizzato il modello
di diffusione anomalo e di Wirth. Abbiamo quindi utilizzato la funzione di auto-
correlazione relativa alla diffusione anomala e al modello di Wirth, descritte nelle
equazioni (2.5) e (2.7).
Emanuele Zappia 53
Capitolo 2 Elaborazione dei dati sperimentali
I parametri fondamentali utilizzati per la procedura iterativa di fitting (i quali, a
parte α, ricordiamo essere anche i parametri di lettura degli esperimenti FCS) sono
N , τdiff e α; per il modello di Wirth si aggiungono anche funbound e τdes.
Figura 2.10: Curve di autocorrelazione a diverse concentrazioni molecolari.
Il tempo di diffusione τdiff varia al variare della temperatura in quanto, fornendo
energia al sistema, le molecole tenderanno a muoversi piu velocemente. Ricordiamo
che N e il numero di molecole e deriva dalla equazione (2.6); abbiamo infatti nor-
malizzato le curve di autocorrelazione sui primi 10 µs ricavando il valor medio 〈N〉.Da una ispezione delle curve d’autocorrelazione e possibile quindi risalire alla con-
centrazione del sistema (vedi figura 2.10).
Emanuele Zappia 54
Capitolo 3
Risultati e discussione
Indice
3.1 Misure di diffusione del PEG in soluzione . . . . . . . . . . . . . 55
3.2 Comportamento del PEG in nanocanali a varie temperature . 57
In questo capitolo verranno prima considerati i risultati ottenuti dalle misure di
diffusione del PEG 40, 30 e 20 kDa in soluzione, al fine di valutare la variazione del
raggio idrodinamico a seconda del peso molecolare ed al variare della temperatura;
in seguito verranno trattati i risultati delle misurazioni effettuate sul PEG 20 kDa
e sul PEG 40 kDa nel dispositivo nanofluidico alle temperature di 23, 37 e 45C.
Verranno prima riportatate le curve di autocorrelazione normalizzate trattate con il
modello anomalo e di Wirth, al fine di confronatre la dinamica diffusiva del PEG a
varie temperature; in seguito verranno presentate le curve di autocorrelazione non
normalizzate per osservare gli andamenti del numero di particelle medio rilevato 〈N〉in funzione della temperatura ottenuti con il PEG 20 kDa e con il PEG 40 kDa.
Si proporra infine un meccanismo di separazione molecolare innovativo sulla base
dell’interpretazione dei risultati sperimentali ottenuti.
3.1 Misure di diffusione del PEG in soluzione
Sono state effettuate misurazioni in soluzione utilizzando molecole di PEG a diverso
peso molecolare (20, 30 e 40 kDa) alla temperatura di 23C.
I risultati ottenuti sono stati elaborati con il modello di diffusione classica, da cui si
e ricavato il tempo di diffusione τdiff .
Abbiamo quindi calcolato il coefficiente di diffusione D attraverso l’equazione (2.8),
nota la dimensione wxy2 da precedenti misure di calibrazione del volume confocale
55
Capitolo 3 Misure di diffusione del PEG in soluzione
D =wxy
2
4τdiff
Noto D possiamo ricavare il raggio idrodinamico rh delle molecole attraverso la
Stokes-Einstein (2.9)
rh =kbT
6πDη
Dove kb e la costante di Boltzmann pari circa a 1.38·10−23 m2kgKs2
, T la temperatura
assoluta e η la viscosita del solvente.
Dalle procedure di fitting, utilizzando il modello classico, si e ricavati il coefficiente
D a varie temperature e, attraverso la Stokes-Einstein, abbiamo ricavato il raggio
idrodinamico delle molecole.
Sono riportati nella tabella 3.1 i dati cosı ottenuti
Tabella 3.1: Raggi di girazione e coefficienti di diffusione del PEG misurati a seconda delpeso molecolare a 23C.
Molecole con raggio idrodinamico piu piccolo hanno coefficiente di diffusione piu
grande poiche i due parametri sono tra loro inversamente proporzionali; in generale
all’aumentare del peso molecolare aumenta il raggio idrodinamico del polimero.
Sono state inoltre effettuate misurazioni in soluzione utilizzando molecole di PEG
40 kDa e PEG 20 kDa a varie temperature (23, 37 e 45C), al fine di valutare
l’andamento del raggio idrodinamico rh al variare della temperatura.
I risultati ottenuti sono stati elaborati con il modello di diffusione classica, da cui si
e ricavato il tempo di diffusione τdiff e, analogamente alla misurazioni precedenti,
abbiamo calcolato il coefficiente di diffusione D attraverso l’equazione (2.8); nota la
dimensione wxy2 da precedenti misure di calibrazione del volume confocale, abbiamo
ricavato il raggio idrodinamico rh delle molecole attraverso la Stokes-Einstein (2.9)
al variare della temperatura
rh =kbT
6πDη
Sono riportati nella tabella 3.2 i dati cosı ottenuti
Emanuele Zappia 56
Capitolo 3 Comportamento del PEG in nanocanali a varie temperature
T D rh[C] [ cm
2
s ] [nm]
PEG 40 kDa 23 3,46 ·10−7 6,69
37 4,38 ·10−7 7,48
45 4,97 ·10−7 7,87
PEG 20 kDa 23 4,53 ·10−7 5,11
37 5,42 ·10−7 6,05
45 6,94 ·10−7 5,63
Tabella 3.2: Raggi di girazione e coefficienti di diffusione del PEG 40 kDa e 20 kDamisurati a varie temperature.
Si osserva come all’aumentare della temperatura aumenti il raggio idrodinamico
delle molecole; in particolare per il PEG 40 kDa abbiamo riscontrato un aumento
del raggio idrodinamico del 15% da 23C a 45C.
3.2 Comportamento del PEG in nanocanali a varie tempe-
rature
Sono state effettuate misurazioni nel dispostivo nanfluidico descritto nel capitolo 2
utilizzando molecole di PEG a diverso peso molecolare (20 e 40 kDa) e a diverse
temperature di esercizio (23, 37 e 45C a 45C dopo 14 ore). Abbiamo registrato le
funzioni di autocorrelazione sia all’interno del nanocanale, posizionandoci sempre a
50 µm di distanza dalla parete del reservoir, che nel reservoir stesso. Queste misure
sono state effettuate al fine di confrontare la dinamica del PEG all’aumentare della
temperatura e per valutare la variazione del numero di particelle medio 〈N〉 al va-
riare della temperatura.
In figura 3.1 sono riportate le curve di autocorrelazione a varie temperature per il
PEG 40 kDa; tali curve sono state ottenute attraverso il modello di fitting anomalo
e di Wirth e sono normalizzate per valutare al meglio l’andamento del tempo di
diffusione a seconda della temperatura.
Dall’andamento di queste curve si evince che all’aumentare della temperatura dimi-
nuisce il tempo di diffusione delle molecole. Tale fenomeno e stato riscontrato anche
per il PEG 20 kDa.
Abbiamo ipotizzato la presenza di fenomeni di adsorbimento e desorbimento alla
parete anche come giustificazione energetica per la presenza delle molecole all’interno
del nanocanle.
Emanuele Zappia 57
Capitolo 3 Comportamento del PEG in nanocanali a varie temperature
Figura 3.1: Funzioni di autocorrelazione normalizzate del PEG 40 kDa a diversetemperature utilizzando il modello di fitting anomalo (sinistra) e di Wirth (destra).
Le procedure di fitting per queste curve con il modello anomalo e di Wirth risultano
valide e quindi si deduce che il fenomeno nei nanocanali e subdiffusivo, con α ∼= 0, 5÷0, 6. Il comportamento subdiffusivo e interpretabile come il sovrapporsi di fenomeni
con tempi caratteristici diversi; cioe il fenomeno assume caratteristiche diverse a
seconda del tempo di osservazione. In particolare si puo spiegare tale andamento
attraverso la competizione da un lato di fenomeni diffusivi, con tempi caratteristici
dell’ordine dei µs, e dall’altro di fenomeni di adsorbimento e desorbimento, dai tempi
caratteristici dell’ordine dei ms.
Per la trattazione dei dati sperimentali abbiamo quindi eseguito le procedure di
fitting con il modello di Wirth, che prevede la presenza di entrambi i fenomeni.
In tabella 3.3 alcuni parametri ricavati dalla procedura di fitting con il modello di