[email protected]www.ethenea.com COMMENTO SUI MERCATI N° 01 / Gennaio 2014 Tassi d’interesse, tassi di cambio e rendimenti: il mercato dei capitali del 2014 è avvolto da una fitta cortina di previsioni, che spesso cela conclusioni affrettate. “In principio era il Verbo...” 1 1 Vangelo secondo Giovanni, Prologo 2 Liberamente tradotto: profezie che si realizzano da sé. Questo fenomeno potrebbe essere definito come segue: un proprio atteggiamento fa sì che si realizzi un’aspettativa (profezia) in relazione al comportamento di un’altra persona o al verificarsi di determinate condizioni. Desideriamo cogliere innanzitutto l’occasione per ringraziare i nostri lettori e investitori per la fiducia accordataci. Vogliamo continuare a meritarci la vostra stima e vi invitiamo a contat- tarci per eventuali domande e suggerimenti. “In principio era il Verbo...” – mutuare un postulato religioso per esprimere opinioni finanziarie può sembrare un’eresia. Estrapolato dal contesto biblico, per noi significa semplice- mente ammettere che spesso ci precipitiamo ad anticipare un’analisi della situazione ancor prima di essere in grado di fornire previsioni realmente affidabili per il 2014. Di solito si tende a tirare conclusioni affrettate, che talvolta possono anche rivelarsi corrette (e a quel punto le si attribuisce a un intuito acuto o una fine percezione), ma spesso sono anche errate per colpa, ci si giustificherà poi, di una carenza di infor- mazioni. Informazioni carenti che, già per via di un intreccio complesso di fattori, sono la norma quando si tratta di pren- dere decisioni sui mercati dei capitali. Talvolta, però, non ci si può esimere dal prendere decisioni, anche se le informazioni di fondo sono palesemente scarse. Questa lacuna deve essere colmata con una buona dose di disciplina, se si vuole ottenere un risultato sul mercato dei capitali. In altre parole occorre identificare e correggere tempestiva- mente eventuali errori di investimento; cosa più semplice a dirsi che a farsi. Anche agli investitori professionali capita a volte di tergiversare nell’umanissimo vizio della negazione prima di convincersi a correggere l’investimento. Cediamo volentieri alla tentazione di proiettare nel futuro i dati ricavati da grafici che dipingono situazioni passate. Questo approccio funziona in generale quando i mercati sono liquidi ed effi- cienti, come testimoniato dalle innumerevoli analisi tecniche: un fenomeno che prende il nome di self-fulfilling prophecies 2 . Nel caso di mercati e relazioni più complessi, questa tecnica
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Tassi d’interesse, tassi di cambio e rendimenti: il mercato dei capitali del 2014 è avvolto da una fitta cortina di previsioni, che spesso cela conclusioni affrettate.
“In principio era il Verbo...”1
1 Vangelo secondo Giovanni, Prologo
2 Liberamente tradotto: profezie che si realizzano da sé. Questo fenomeno potrebbe essere definito come segue: un proprio atteggiamento fa sì che si realizzi
un’aspettativa (profezia) in relazione al comportamento di un’altra persona o al verificarsi di determinate condizioni.
Desideriamo cogliere innanzitutto l’occasione per ringraziare i nostri lettori e investitori per la fiducia accordataci. Vogliamo continuare a meritarci la vostra stima e vi invitiamo a contat-tarci per eventuali domande e suggerimenti.
“In principio era il Verbo...” – mutuare un postulato religioso per esprimere opinioni finanziarie può sembrare un’eresia. Estrapolato dal contesto biblico, per noi significa semplice-mente ammettere che spesso ci precipitiamo ad anticipare un’analisi della situazione ancor prima di essere in grado di fornire previsioni realmente affidabili per il 2014. Di solito si tende a tirare conclusioni affrettate, che talvolta possono anche rivelarsi corrette (e a quel punto le si attribuisce a un intuito acuto o una fine percezione), ma spesso sono anche errate per colpa, ci si giustificherà poi, di una carenza di infor-mazioni. Informazioni carenti che, già per via di un intreccio complesso di fattori, sono la norma quando si tratta di pren-dere decisioni sui mercati dei capitali. Talvolta, però, non ci si può esimere dal prendere decisioni, anche se le informazioni
di fondo sono palesemente scarse. Questa lacuna deve essere colmata con una buona dose di disciplina, se si vuole ottenere un risultato sul mercato dei capitali.
In altre parole occorre identificare e correggere tempestiva-mente eventuali errori di investimento; cosa più semplice a dirsi che a farsi. Anche agli investitori professionali capita a volte di tergiversare nell’umanissimo vizio della negazione prima di convincersi a correggere l’investimento. Cediamo volentieri alla tentazione di proiettare nel futuro i dati ricavati da grafici che dipingono situazioni passate. Questo approccio funziona in generale quando i mercati sono liquidi ed effi-cienti, come testimoniato dalle innumerevoli analisi tecniche: un fenomeno che prende il nome di self-fulfilling prophecies2. Nel caso di mercati e relazioni più complessi, questa tecnica
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serve a poco perché la complessità non consente la creazione di un bagaglio di informazioni uniforme e sufficientemente condiviso dagli operatori di mercato nel fondare le proprie decisioni di investimento. Così, ad esempio, il dato utile nel decidere se acquistare o vendere dollari USA appare invece del tutto irrilevante nella decisione se investire o meno nei mercati creditizi, già solo per via della dimensionalità della problematica.
Prima di iniziare con l’analisi, gettiamo un rapido sguardo al 2013 che si è ormai chiuso alle nostre spalle. Qualche lettore sarà certamente d’accordo con l’autore nel descriverlo come un altro anno particolarmente difficile. Ma non lo si dice forse di ogni anno passato?
Se volessimo sintetizzarlo in modo conciso, il 2013 è stato l’anno dell’euro e delle azioni.
Il grafico 1 illustra i rendimenti conseguiti da diverse valute rispetto all’euro nel 2013. Se si esclude la performance positiva decisamente bassa, 0,08%, della corona danese, tutte le valute si sono sensibilmente svalutate: una violenta sterzata rispetto al 2012, quando in tutto il mondo non si parlava d’altro che di un crollo dell’euro. Come la fenice risorta dalle ceneri, l’euro è vivo e vegeto e ha guadagnato più del 4% addirittura nei confronti della valuta mondiale, il dollaro USA. Well done, Mario Draghi!
Per gli investitori con l’euro come valuta di riferimento, come ETHENEA, sarebbe quindi già un successo non avere incassato perdite di conversione (se il rischio di cambio era stato coperto) dalle proprie strategie di diversificazione. Nell’ ipotesi peggiore, invece, le perdite su cambi hanno ridimensionato i rendimenti. Il grafico 2 rappresenta il valore equo di una valuta con l’aiuto di un indice di facile e immediata comprensione: l’indice Big Mac. Ipotizzando che il famoso hamburger americano abbia lo stesso prezzo ovunque, si evince che tra le 15 valute osservate due terzi sono sottovalutate rispetto all’euro. Possiamo dunque trarre la conclusione contraria e asserire che l’euro perderà di nuovo automaticamente valore? Purtroppo no, perché questi squilibri, se davvero di questi si tratta, potrebbero protrarsi a lungo. Ma ci si può almeno fare un’idea su dove trovare un possibile equilibrio.
Nel grafico 3 sono raffigurati i rendimenti dei mercati azionari dalla prospettiva di un investitore con l’euro come valuta di riferimento. Qui era difficile sbagliare, a meno che uno non avesse investito nei mercati emergenti. Ma di certo si sarebbe potuto aumentare, e di molto, la performance di un’esposizione azionaria coprendo la valuta dell’ investimento, visto che, come sappiamo, l’euro si è rivalutato. Ad esempio si sarebbe potuto, escludendo i costi di copertura, aumentare il rendimento di un investimento in azioni giapponesi dal 25% (grafico 3) al 46% (il 25% più il 21% di rivalutazione monetaria).
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Grafico 1: Proventi valutari rispetto all’euro nel 2013
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 2: Sopravvalutazione o sottovalutazione delle valute in percentuale secondo il metodo Big Mac
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Il grafico 4 rappresenta i rendimenti sui mercati obbligaziona-ri nel 2013. Anche qui è facile intuire che il 2013 non è stato un anno facile per gli obbligazionisti in generale. I mercati più rischiosi hanno regalato performance positive (periferia europea), e lo stesso ha fatto il mercato delle obbligazioni su-bordinate denominate in EUR, guadagnando il 13,7%. Anche il mercato generale delle obbligazioni societarie in EUR ha realizzato un modesto 4,5% mentre gli altri mercati hanno chiuso in territorio negativo. Decisamente, non è stato l’anno delle obbligazioni. In un portafoglio obbligazionario bilancia-to la linea zero può già essere definita un grande risultato nel 2013.
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Grafico 3: Performance del mercato azionario nel 2013 in EUR
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 4: Performance del mercato obbligazionario nel 2013 in EUR
Source: Bloomberg, ETHENEA
Ma passiamo ora al 2014. I grafici 5 e 6 rappresentano gli andamenti dei tassi a 3 mesi rispettivamente per euro e dol-laro USA così come i tassi d’interesse impliciti nei contratti a termine a inizio e fine anno 2013. La differenza tra area euro e area dollaro è netta. È facile riconoscere un’aspettativa di rialzo dei tassi d’interesse per il dollaro USA a partire dal 2015, a seguito del tapering da parte della banca centrale statunitense, tanto paventato quanto passato ormai quasi come non evento. Questi due grafici riferiscono l’unica previsione più o meno certa: molto probabilmente i tassi a breve resteranno ancorati al livello minimo anche nel 2014. Riconosciamo un rischio residuo solo per la zona euro, dove è ancora possibile che i tassi guida subiscano un ulteriore taglio.
Grafico 8: Andamento del tasso di cambio USD/DEM *
Source: Bloomberg, ETHENEA
Abbandoniamo qui la sfera delle ipotesi per varcare il regno delle speculazioni. Come già anticipato in apertura, la tenta-zione di trarre conclusioni affrettate da avvenimenti passati è forte. Il grafico 7 mostra gli ultimi 15 anni di EUR/USD, e si potrebbe velocemente concludere che il corso di cambio oscilla sulla linea intermedia della fascia di negoziazione degli ultimi sei anni. L’ irresistibile impulso a individuare ovunque la linea di distribuzione normale, quindi ad assumere che i corsi o le differenze di corso si muovano attorno a una media (mean reversion), non ammette altre interpretazioni. Abbiamo quindi una contraddizione rispetto a quanto illustrato nei grafici 1 e 2, che parlavano di sopravvalutazione dell’euro.
Il grafico 8 raffigura il corso di cambio del marco tedesco rispetto al dollaro USA negli ultimi 45 anni. Da un’os-servazione più attenta si conclude che il primo si muove
evidentemente sull’estremità inferiore della fascia di nego-ziazione e quindi è sopravvalutato. Non abbiamo bisogno di precisare che il marco tedesco non è l’euro e che quindi non si possono fare dei paragoni diretti. Ciononostante, questo conferma il punto di vista dell’autore. Il tasso di cambio EUR/USD può muoversi in qualsiasi direzione nel 2014, visto che i reali motivi alla base del tasso di cambio delle due valute sono di natura macroeconomica e agiscono in modo molto più lento e a lungo termine. Loro vengono tuttavia surclassati dagli effetti di interventi tecnici di breve periodo, che danno un senso all’analisi tecnica. Per evitare che il benigno lettore esca disorientato da questa lettura, l’autore si sente tuttavia in dovere di esprimere un’opinione: nel corso del 2014, le differenze macroeconomiche tra zona euro e Stati Uniti dovrebbero riportare il cambio EUR/USD dall’attuale livello verso il 1,25.
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Grafico 9: Andamento dei rendimenti dei titoli statunitensi a 10 anni dal 1984 al 2013
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 10: Andamento dei rendimenti dei titoli statunitensi a 10 anni dal 1874 al 2013
Source: www.multpl.com, ETHENEA
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Dedichiamoci ora alla tanto sbandierata svolta dei tassi d’interesse, che si sarebbe verificata a maggio del 2013 dopo l’annuncio del tapering da parte dell’allora presidente della banca centrale statunitense, Ben Bernanke. Nel suo ruolo di presunto spe cialista del mercato obbligazionario, negli ultimi cinque anni l’autore ha sentito sovente parlare che i rendimen-ti fossero arrivati a un minimo storico, visto che ogni nuovo anno si apriva con il fatto che i rendimenti avessero toccato ormai il fondo nel corso dell’anno precedente. E inesorabil-mente, durante ogni “nuovo” anno i rendimenti dei titoli a 10 anni raggiungevano nuovi punti minimi. Il grafico 9 sugge-risce però che il trend trentennale di discesa dei rendimenti potrebbe davvero essere al capolinea e che si è ormai pronti a scalare il livello medio, vicino al 6%. Ma il grafico 10 racconta qualcosa in più. Il grafico illustra l’andamento dei rendimenti nell’arco degli ultimi 140 anni, che rivelerebbe come l’attuale basso livello dei rendimenti non abbia nulla di straordinario, piuttosto furono straordinari i picchi raggiunti negli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Al momento non saremmo di fatto troppo lontani dalla media di lungo periodo, che si at-testa attorno al 4,5%. Visto che l’attività economica negli Stati Uniti è ancora almeno un buon punto percentuale sotto la crescita media del PIL a lungo termine, gli attuali rendimenti del 3% per i titoli del Tesoro USA a 10 anni potrebbero essere adeguati, anzi addirittura convenienti. L’autore, quindi, non crede che i rendimenti statunitensi saliranno oltre il 3,5% nel
corso dell’anno. È piuttosto convinto che raggiungeranno un valore equo sotto quota 3%.
Il grafico 11 mostra lo spread di rendimento tra gli Stati Uniti e la Germania, in rappresentanza dei paesi core della zona euro. Con una differenza negativa di rendimento di oltre l’1% i titoli di Stato tedeschi sono più costosi rispetto al passato. Ma attualmente non sono solo i fattori macroeconomici a influire sul differenziale di rendimento. I Bund tedeschi continuano a essere acquistati non solo come puro investimento bensì anche come assicurazione contro un’improbabile disgrega-zione della zona euro. Questa sorta di premio assicurativo causa una distorsione delle correlazioni storiche, che potrebbe protrarsi ben oltre il 2014. L’autore non prevede quindi che il differenziale negativo di rendimento dei titoli di Stato tedeschi si contrarrà sotto i 50 punti base.
Il grafico 12 mostra la ripidità della curva dei rendimenti dei Bund tra le scadenze a due e dieci anni. Attualmente il diffe-renziale di ben 165 punti base è piuttosto consistente, anche se in prospettiva storica non ha nulla di eccezionale. Essendo possibile che la BCE tagli nuovamente i tassi d’interesse, molto probabilmente con notevole influsso sui rendimenti delle duration più brevi, l’autore non prevede un sensibile appiatti-mento della curva dei rendimenti. Al contrario, si aspetta che oscillerà tra 150 e 200 punti base nel 2014.
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Grafico 11: Differenziale di rendimento tra i Bund decennali e i Treasury USA
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 12: Differenziale di rendimento tra i Bund decennali e le obbligazioni biennali
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Dedichiamoci ora a qualche altro argomento. Non si può pretendere di formulare una previsione annuale esaustiva per un cittadino europeo senza prendere in considerazione il problema della disoccupazione. I grafici 13 e 14 mostrano i tassi di disoccupazione complessivi in alcuni Paesi e in particolare quelli di disoccupazione giovanile. Nei precedenti commenti sui mercati si è più volte parlato dei problemi a breve e a lungo termine risultanti da questi sviluppi: tensioni sociali che sfociano in disordini e rivolte, un fallimento dei sistemi di assistenza sociale e simili. I progressi nella lotta alla disoccupazione non sono finora concretamente tangibili nei grafici. Anzi, nel 2013 la situazione sembra essere addirittura peggiorata. È quindi più che probabile che la BCE si faccia nuovamente carico di compiti che in realtà spetterebbero alla politica e che avvierà nuove misure non convenzionali nel 2014, volte a stimolare la concessione di prestiti nelle regioni più in sofferenza, come Grecia, Spagna e Italia, nella speranza
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Grafico 13: Tasso di disoccupazione in diversi paesi
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 14: Tasso di disoccupazione giovanile (< 25 anni)
Source: Bloomberg, ETHENEA
di alimentare una crescita economica più robusta e ridurre sensibilmente la disoccupazione. L’economista capo della BCE, Peter Praet, come lo stesso Mario Draghi, hanno già lasciato intendere mosse di questo genere all’ultima conferenza stampa della BCE del 2013.
Un’inversione che portasse i costi per unità salariale (grafico 15) a convergere anziché a divergere come hanno fatto finora e che rappresentasse quindi una maggiore unità della zona euro aiuterebbe queste misure non convenzionali della Banca Centrale. Anche la graduale riduzione delle differenze di ore lavorative effettive setti-manali tra i Paesi più problematici (grafico 16, purtroppo solo con dati del 2012) e il presunto primato tedesco testimonia di una maggiore disponibilità dei lavoratori. La pressione competitiva internazionale da parte delle regio-ni asiatiche emergenti produce i suoi effetti.
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Grafico 15: Andamento dell’indice del costo unitario del lavoro
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 16: Ore di lavoro settimanali effettive in media *
Source: ETHENEA, EIRO
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Grafico 17: Tasso di crescita dei depositi bancari
Source: Bloomberg, ETHENEA
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Grafico 18: PIL nominale e andamento degli utili del settore finanziario e non finanziario negli Stati Uniti
Source: Bloomberg, ETHENEA
Dal grafico 17 emerge un ulteriore sviluppo. La normalizza-zione dei depositi delle banche europee segnala una crescente ripresa di questo segmento, per il salvataggio del quale finora sono state destinate somme esorbitanti di denaro pubblico. In realtà permangono le critiche sulle cosiddette “banche zombie”, ossia gli istituti di credito che non potrebbero soprav-vivere senza le iniezioni di liquidità della BCE. I controlli della BCE, che si protrarranno fino alla fine del 2014, potrebbero in parte svelare in quale misura tale accuse siano fondate. Non si può certo rimproverare alle banche di avere ancora capitali insufficienti, in particolare alla luce dei loro indici di capita-lizzazione. In fondo, la politica, quando lo ha fatto, ha sempre colto con scarso entusiasmo le opportunità offertele dalla crisi dei mercati finanziari dal 2008. Gli scandali circa le manipola-zioni e le truffe di banche su entrambe le sponde dell’Atlantico non hanno affatto contribuito a riabilitare l’immagine degli istituti di credito. Il grafico 18 rivela che, perlomeno per le banche statunitensi, la situazione non è assolutamente cam-biata rispetto a prima della crisi: esse guadagnano somme sproporzionate. Il grafico parte dal presupposto che a lungo termine gli utili in un’economia non possano aumentare a un ritmo superiore a quello del prodotto interno lordo nominale.
Naturalmente, questa ipotesi non tiene conto degli effetti della globalizzazione, che consentono di realizzare utili anche al di fuori della propria economia. Ciononostante, il modello è utile almeno come idea generale. Il grafico illustra che fino agli inizi degli anni Novanta le banche statunitensi producevano utili all’incirca allo stesso ritmo degli operatori non bancari. Da allora, gli utili sono aumentati a dismisura, fino al completo collasso nel 2008. I regolamenti più rigorosi che avrebbero dovuto limitare la leva finanziaria (leveraging) sul capitale proprio e che apparivano ovvi all’apice della crisi nel 2009 non sono mai arrivati, come emerge chiaramente dal nuovo aumento degli utili del settore. Non ci è dato sapere se ciò sia da attribuire all’incapacità della politica o delle autorità di vigilanza oppure all’efficace opera di lobbismo del settore finanziario. Sta di fatto che dal fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008 e dal caos che ne è seguito è cambiato troppo poco, come se il ripetersi di tali eventi fosse divenuto altamente improbabile. La politica è quindi nuovamente esortata a stabilire delle regole per evitare che in futuro la responsabilità torni a gravare sui contribuenti.
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Grafico 19: Indebitamento degli Stati nel 2013 in percentuale del PIL
Source: OECD, ETHENEA, 2013
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Grafico 20: Tasso di crescita dell’indebitamento degli Stati in percentuale del PIL
Source: OECD, ETHENEA
Nel grafico 19 sono rappresentati gli oneri debitori dei pa-esi derivanti, tra l’altro, dalla crisi economica e finanziaria. Rammentiamo che il trattato di Maastricht stabiliva un limite massimo del 60%, almeno per gli Stati membri dell’area euro. Non è difficile notare che solo pochi paesi rispettano effettivamente questa soglia. Parimenti, il grafico 20 illustra la dinamica dell’assunzione dei debiti. Esso rappresenta la variazione degli oneri debitori negli ultimi 20 risp. 30 anni. Non dovrebbe sorprenderci il fatto che il record negativo spetti al Giappone, con un aumento del 160%. Nel caso della Germania, la presunta allieva modello, l’incremento dell’in-debitamento pari al 40% dovrebbe far sollevare le sopracciglia del lettore. Se in questo contesto si passa in analisi l’accordo di coalizione del nuovo governo tedesco, si inizierà a chiedersi se sono state effettuate le scelte giuste o se, al contrario, sono stati fatti regali elettorali. La necessità di un consolidamento
sostenibile delle finanze pubbliche non riguarda solo i paesi al di fuori della Germania.
L’andamento dei saldi primari dei paesi (grafico 21), ossia dei bilanci al netto degli interessi sui debiti esistenti, punta infatti verso l’alto. Proprio in paesi come la Germania, che evidenziano un andamento positivo dell’economia, non si riscontra alcuna chiara volontà di consolidamento. È invece degno di nota il fatto che paesi come il Portogallo e la Spagna, che si trovano con le spalle al muro, abbiano compiuto tali sforzi. I primi echi provenienti dal contesto politico italiano agli inizi di quest’anno fanno tuttavia temere che le misure di consolidamento ancora in vigore in base alla regola di Maastricht del 3% siano ormai considerate anacronistiche. Possiamo soltanto sperare che queste note stonate proferite da Matteo Renzi rimangano inascoltate.
Median Wealth per adult (USD) Mean Wealth per adult (USD)
Grafico 24: Patrimonio medio e patrimonio mediano per abitante *
Source: Credit Suisse, ETHENEA, 2013
Considerando gli Stati nel loro complesso, ossia osservando il settore privato e quello pubblico insieme, si noterà rapidamen-te (grafici 22 e 23) che i patrimoni privati superano di quattro volte il debito pubblico, persino in paesi altamente indebitati come la Grecia. Per così dire, il denaro c’è ancora, è solo altro-ve. Mediante le tasse e le imposte straordinarie (rammentiamo a questo proposito la pausa estiva del 2013, durante la quale sono state rese pubbliche le analisi dell’FMI) questo flusso di liquidità potrebbe essere in parte invertito se la volontà politi-ca nella società fosse sufficientemente vigorosa, il che appare incerto alla luce dei tentativi falliti del governo socialista di François Hollande.
Il grafico 24 illustra un ulteriore problema di ripartizione: in alcuni Stati la differenza tra il patrimonio medio e il patrimonio mediano è eccessiva, il che lascia ipotizzare un’estrema disparità.3 Il fatto che in Germania, ad esempio, il patrimonio medio di un adulto sia pari quasi al quadruplo del patrimonio mediano, permette di trarre conclusioni in merito alla distribuzione. Pertanto, non sorprende che tali dati di fatto destino smanie per quanto riguarda le imposte patrimoniali e simili. Se inoltre si osserva il crescente onere
debitorio del settore pubblico, non occorre essere un profeta per prevedere, prima o poi, una serie di aumenti delle impo-ste. Ma in realtà questi ultimi non si verificheranno in questo modo nel nuovo anno.
Per concludere, è possibile affermare che anche il 2014 sarà un anno difficile per i mercati azionari. Basti pensare al fatto che il 2014 è ancora piuttosto nebuloso. L’autore non prevede alcun rialzo dei tassi da parte delle principali banche centrali, poiché l’andamento dell’inflazione è ancora nettamente inferiore all’auspicato incremento dei prezzi. I rendimenti dei titoli semmai aumenteranno solo lievemente, poiché la maggior parte del rialzo si è già verificata. Contrariamente a tutte le previsioni (anche quelle dell’autore), il tasso di cambio del dollaro statunitense nei confronti dell’euro probabilmente non scenderà.
È possibile che i mercati azionari continuino a salire, non da ultimo poiché diversi acquirenti potenziali non sono riusciti a cogliere gran parte del rialzo delle quotazioni e sfrutteranno le correzioni per effettuare il loro ingresso. La situazione rimane avvincente.
3 Si rammenta che la media corrisponde alla media aritmetica, mentre la mediana indica l’elemento centrale di una serie di valori. Ad esempio, se 99 persone
hanno un patrimonio pari a 10 e una persona ha un patrimonio di 1000, la media corrisponde a 19,9, mentre la mediana è pari a 10.
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Posizionamento degli Ethna Funds
Ethna-AKTIV E
La decisione relativa al tapering della banca centrale statuni-tense ha innescato un brusco rally di fine anno sui mercati azionari. L’esposizione azionaria è pertanto rimasta su un livello elevato e l’ultimo giorno dell’anno l’esposizione netta si attestava al 32,4%, con una performance annuale superiore al 5%. La componente azionaria lorda è leggermente diminuita dal 21,9% al 19,7%. Pertanto è stato effettuato un acquisto supplementare di futures su azioni e, soprattutto, di futures sul DAX e sul Nikkei. A livello settoriale, nel mese precedente l’esposizione al settore assicurativo è stata ulteriormente incre-mentata. Sono state effettuate prese di beneficio sia nel settore farmaceutico che sulle azioni del comparto alimenti e bevande. Il portafoglio azionario continua a privilegiare le banche e le compagnie assicurative, che beneficeranno della riduzione dei premi al rischio nei paesi europei periferici.
Fedeli al nostro motto Constantia Divitiarum4, alla vigilia dellariunione della Fed abbiamo nettamente ridotto la duration dei singoli fondi. Anche se riteniamo improbabile l’avvio del tapering, esso potrebbe non essere del tutto da escludere, pertanto ci siamo posizionati di conseguenza. Dal momento che i tassi a medio e lungo termine sono aumentati dopo la decisione della Fed, con una conseguente perdita di valore delle obbligazioni, la copertura mediante futures su tassi ha permesso di ridurre al minimo le conseguenze. In seguito alla violenta oscillazione, l’ultimo giorno del mese abbiamo deciso di ridurre la copertura. Pertanto, attualmente la duration mo-dificata si attesta a 2,46, mentre temporaneamente nel corso del mese è stata nettamente inferiore. Oltre alla copertura, nel corso del mese sono state chiuse in modo mirato alcune posi-zioni e la componente obbligazionaria è stata ridotta di oltre il 5,2%, a quota 55,9% del portafoglio complessivo. Inoltre, per motivi legati alla volatilità, le obbligazioni con rating massimo sono state incrementate di più dell’1,8% a quota 8,9% l’ultimo giorno dell’anno.
In particolare, mediante la riduzione dell’esposizione obbliga-zionaria e di quella azionaria lorda, la liquidità lorda è salita al 22,6%. Tenendo conto dei futures, l’ultimo giorno essa era pari a una quota netta del 12,2%, pertanto il fondo è adeguatamen-te investito, ma dispone di flessibilità sufficiente per cogliere le opportunità a breve termine.
Ethna-GLOBAL Defensiv
L’esposizione azionaria netta dell’Ethna-GLOBAL Defensiv è rimasta elevata all’8%. Per motivi connessi alla liquidità e ai
fini della gestione della volatilità del fondo, sono stati utilizzati futures su azioni, in particolare futures sull’EuroStoxx 50. Al contempo, per evitare l’effetto leva, la liquidità è attualmen-te pari al 18,8%, che corrisponde a un livello netto del 12,4%.
In particolare, per l’Ethna-GLOBAL Defensiv l’iniziativa di coprire il rischio di tasso d’interesse prima della decisione della Fed si è rivelata ottimale. A fine novembre la duration era ancora pari a 4,77, nel corso del mese è stata nettamente ridotta e alla fine del mese, con prudenza, è stata di nuovo gradualmente incrementata a 2,53. Inoltre, la quota della componente obbligazionaria denominata in USD è stata ridotta del 5,6%, all’attuale 7,9% del portafoglio. Ciò ha fatto sì che, malgrado l’aumento dei tassi statunitensi, la compo-nente obbligazionaria fosse protetta da perdite significative e, nonostante sia stato un anno turbolento, il portafoglio nel suo complesso ha conseguito una performance del +0,4% su base annua.
Ethna-GLOBAL Dynamisch
Nel contesto favorevole per le azioni già menzionato, il po-sizionamento dell’Ethna-GLOBAL Dynamisch è rimasto aggressivo. A fine anno la componente azionaria netta si attestava al 49,6%, mentre quella lorda è diminuita dal 61,6% al 55,8%. Ciò è ascrivibile a significativi afflussi di capitali che sono stati investiti nei giorni successivi. Di conseguenza, la liquidità è aumentata al 20,7%.
Il portafoglio continua a prediligere i settori bancario, assi-curativo, chimico e automobilistico, che beneficeranno della ripresa attesa dell’area euro. Gli indicatori anticipatori hanno continuato a migliorare, il che trasparirà anche dai risultati societari nel 2014. Pertanto, abbiamo altresì ridotto il nostro impegno nel settore alimenti e bevande, nel quale non preve-diamo ulteriori rialzi delle quotazioni. Attualmente i settori ciclici presentano un potenziale maggiore.
Come negli altri fondi, la duration modificata della com-ponente obbligazionaria è stata nettamente ridotta, ma in seguito all’ampia oscillazione è stata di nuovo lievemente aumentata a fine anno. L’ultimo giorno la duration modificata era ancora pari a 1,15 (il che corrisponde a una riduzione di 3,91). In seguito agli afflussi positivi la componente obbli-gazionaria è scesa a quota 23,3%. Alla luce delle turbolenze relative alla decisione della Fed, abbiamo deciso di riportare la componente al livello obiettivo di circa il 30% solo a gennaio, per non inserire in portafoglio ulteriore volatilità sul fronte obbligazionario alla luce dell’elevata esposizione azionaria.
4 Liberamente tradotto: la preservazione e l’incremento del patrimonio dei nostri clienti a lungo termine
ETHENEA | Commento sui Mercati N° 01 / Gennaio 2014
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Grafico 25: Andamento di vari dati di mercato rispetto al mese e all’anno precedenti (fine mese) *
Note importanti:Nell’investire in un fondo esiste il rischio di minusvalenze e perdite valutarie, proprio come quando si investe in titoli e in altri beni comparabili. Ne consegue che i prezzi delle quote di fondi e l’ammontare dei proventi oscillano e non possono essere garantiti. I costi degli investimenti in fondi condi-zionano l’effettiva performance degli stessi. Le uniche condizioni vincolanti per l’acquisizione di quote sono costituite dalla documentazione di vendita prevista dalla legge. Tutte le informazioni qui riportate servono unicamente a descrivere il prodotto, non rappresentano alcuna consulenza in materia di investimenti e non comportano sia una proposta di contratti di consulenza o di accesso alle informazioni, sia una sollecitazione di un’offerta per la vendita/l’acquisto di titoli. Il contenuto è stato approfondito, raccolto e verificato accuratamente. Si declina ogni responsabilità per la correttezza, la completezza o l’esattezza dello stesso. Munsbach, 31.12.2013.