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Transcript
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Writers:Edoardo Del Nobile Marcel lo Di Candia Luca Ferri
Facebook? Cosa c’entrava quel social network in questa storia?
Elizabeth non aveva mai voluto iscriversi, non era per lei di
grande utilità, anzi, lo riteneva ‘una malattia potenzialmente
contagiosa’. D’improvviso ricevette una chiamata: era il suo
collega Andrew. Le chiese se avesse ricevuto la richiesta di
iscrizione a face book… Elizabeth capì tutto, rifiutò la richiesta
e spense il pc.
Sì, Elizabeth non era un’appassionata di questi social
network; e ne era fiera, perché era cosciente che l’eccessivo
utilizzo del fenomeno maniacale facebookiano porterebbe solo a una
degenerazione della mentalità universale. Almeno lei, invece,
voleva restare sana di mente.
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Il bunkerdi Giacomo Trotta
he caldo!!!
Non ce la
faccio più a stare
qui! Sta diventando
estenuante questa
vita in cui ogni
giorno devo essere
in balia del vento
che non fa altro
che costringermi a
cambiare posizione
e del terreno sotto
di me che non sta
un attimo fermo:
un’area a elevato
rischio sismico.
C
Dall’alto della
montagna sotto di
me riesco a
scorgere con molte
difficoltà il campo nemico che si staglia davanti: un luogo tetro
con quattro pareti di gesso bianco con vistosi buchi frutto di
antichi combattimenti, la luce che lo inonda da ovest non fa altro
che accecare la mia vista abituata a numerosi mesi di buio prima
di venire al mondo; per fortuna riesco a trovare ristoro per i
miei occhi nella parte di montagna che vedo proprio davanti a me:
nel bel mezzo della parete di gesso c’è una zona con materiale
diverso, dalle informazioni che abbiamo essa si è rivelata essere
ardesia nera, spesso è ricoperta da polvere di gesso che è
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disposta in maniera molto geometrica e matematica e ogni segno
sulla lavagna sembra suscitare terrore nei nostri nemici: stiamo
cercando di capire anche noi come funziona questa scrittura per
assoggettarli definitivamente. A volte il teatro della nostra
battaglia è invaso da sconosciuti che non siamo ancora riusciti a
identificare, loro entrano da un albero sottilissimo che divide le
montagne intorno a noi, stanno qualche secondo portando dispacci
dal capo supremo della caserma e subito scappano via.
Questo è un luogo teatro di tantissime battaglie, spesso dai
contorni grotteschi e ridicoli contemporaneamente: una volta nel
bel mezzo della notte una ragazza chiamata a rapporto dal suo
sergente sbagliò a decifrare i simboli matematici sull’ardesia e
il comandante del reggimento iniziò a sbraitare, mentre la povera
come una fontana iniziava a far fuoriuscire dai suoi occhi acqua.
La nostra intelligence ci aveva informato, prima di partire per
questa missione, che questa strettoia è un luogo fondamentale per
l’evoluzione dei futuri soldati: qui si deve rimanere in ferma per
5 anni prima di specializzarsi. Racchiusi da queste montagne di
gesso, i nostri nemici devono rimanere ad allenarsi e addestrarsi
alla battaglia che è la vita di tutti giorni; i loro ritmi e le
loro giornate sono molto serrati e scanditi a intervalli regolari
da una vecchia campanella dal rumore metallico che in questo
bunker giunge sempre molto attenuata – sicuramente, dopo anni e
anni di attività ininterrotta, sarà stanca anche di dare ordini a
tutti. Sembra che lei sia il codice a cui tutti nella caserma
devono sottostare, altri studiosi di teologia invece suppongono
che sia il Dio che richiama tutti per ricordare che il tempo passa
e non ritorna più; per ora si stanno ancora facendo le opportune
ricerche per spiegare meglio cosa sia.
Anche i capitani di reggimento sembrano temerla: poco prima
che stia per ricordare a tutti la sua presenza loro si affrettano
nella spiegazione e iniziano a dare numeri agli studenti che
diligentemente appuntano sui loro diari di bordo; alcuni capitani
invece sembrano ignorare completamente la sacralità di quel suono,
molto probabilmente sono menti deviate che credono di essere essi
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stessi degli dei. Non siamo ancora riusciti a spiegare come mai i
giovani discepoli siano così fedeli nei confronti della
campanella: ogni volta che squilla esultano come dei forsennati e
iniziano a innalzare strane litanie come “Evviva! Finalmente è
finita”.
Con una cadenza di 365 anni si avvicendano nuove popolazioni
che sono costrette a ripetere le avventure e le esercitazioni
delle generazioni precedenti.
Per fortuna io sono sopra ai miei compagni di battaglia e
riesco a vedere ed esplorare questo mondo stranissimo; gli altri
commilitoni sono più in basso di me e rimangono tutto il giorno
intrecciati e inviluppati tra di loro con un caldo asfissiante che
proviene dalla base operativa a cui noi tutti siamo legati. Spesso
andando in palla i meccanismi che la regolano va in ebollizione ed
emana un caldo asfissiante.
Di certo questa missione che stiamo portando avanti in questa
base di addestramento non è la più pericolosa, anzi forse si può
considerare una missione di pace. I più sfortunati sono i miei
colleghi connessi ad altre basi operative che sono costretti ogni
mese all’incirca a resistere agli attacchi di altri umanoidi in
saloni molto ampi con specchi e riviste da quattro soldi.
Questi umanoidi sono gli addetti al pettine e alle forbici!
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Elena e Simondi Chiara Triventi
ra una calda giornata di luglio quando Elena e Simon si
incontrarono per la prima volta, da soli in una bella spiaggia
deserta delle Hawaii. Era il tramonto e il cielo e il mare avevano
dolci sfumature rosse e arancione. Il mare era calmo e i delfini
nuotavano illuminati dal sole. C’era solo un pescatore in mare e
un bar era deserto. Simon era un uomo di mezza età, Elena una
ragazza trentenne. Simon quel giorno decise di dichiararsi a
Elena. Appena Elena arrivò, i due iniziarono la loro passeggiata
lungo la riva. Lei indossava un vestito bianco con un cappello
lilla, lui la guardò e pensò: ”Com’è bella sotto la luce del
tramonto”. Lei si girò verso il mare e disse: ”Simon, vedi come
sono belli quei due
delfini che nuotano
felici insieme.”
E
Simon annuì mentre
pensava che era il
momento giusto per
dichiararsi. Doveva
prenderle la mano e dirle
ciò che sentiva. “Elena
lo so che questa è la
prima volta che usciamo
da soli insieme e che la
mia dichiarazione ti
sembrerà affrettata, ma
ciò che sento non posso
più tenermelo dentro,
perciò ti prego di
ascoltarmi. Io so di
essere più grande di te,
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ma con te sono tornato ad essere bambino. Ho girato il mondo con
il mio lavoro ho fatto un po’ di tutto, potrei essermi innamorato,
ma proprio non lo so, tesoro; una cosa è certa, qualunque cosa tu
faccia sta funzionando Tutte le altre ragazze non mi interessano,
non possono fare quello che fai tu Ci sono milioni di ragazze in
giro, ma io non vedo nessun'altra a parte te. Potremmo avere un
futuro insieme e io spero che questo accada”. Allo specchio era
tutto semplice e questo Simon lo sapeva, tuttavia non credeva che
sarebbe stata una missione quasi impossibile.
Lei girò la testa verso di lui. “Che stai pensando?” - gli
chiese. Lui la guardò e divenne rosso. Le prese delicatamente la
mano, la guardò e iniziò a parlarle. - ”Io ti devo dire una cosa
importante. Beh, ecco, si tratta di noi due. Sì, cioè,
praticamente...”. Le parole non gli uscivano dalla bocca, tutto il
discorso che aveva provato per ore intere davanti allo specchio,
tanto che dopo un po’ si sentiva uno stupido adolescente che
doveva dichiararsi per la prima volta, si era volatilizzato. Elena
lo fissava con quei suoi grandi occhi celeste che ti
ipnotizzavano. Notando il suo imbarazzo lei gli prese la mano gli
fece un sorriso e lo invitò a continuare la loro passeggiata. D’un
tratto si sentì una canzone proveniente dal bar. Il caso o il
destino vennero in aiuto a Simon: era una canzone d'amore, Your
Song. In quel momento Simon capì che doveva parlare adesso o
tacere per sempre perché non ci sarebbero state altre occasioni
simili. La prese per i fianchi e iniziò a ballare sulle note della
canzone. Elena non se l’aspettava e rimase sbalordita, ma in quel
momento si sentì una principessa ad gran ballo tra le braccia del
suo principe. Simon iniziò a parlarle dei suoi sentimenti
concludendo con la frase della canzone: Come è bella la vita ora
che il mondo mi ha dato te. Elena si fermò, lo guardò e
tristemente gli disse: ”Non sono pronta per avere un’altra storia.
Quella precedente è finita male e non voglio farti soffrire. Sei
una bella persona, ma...”. Elena non fece in tempo a finire la
frase che Simon replicò: ”Preferisco soffrire e aver provato,
piuttosto che non aver mai provato”. Elena lo guardò e capi che
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poteva anche funzionare, se non fosse andata per il verso giusto,
almeno avrebbe vissuto una bella storia d’amore.
Dopo qualche anno Elena e Simon stavano ancora insieme, si
amavano sempre di più e avevano di coronare il loro amore
sposandosi proprio su quella spiaggia dove era iniziata la loro
bellissima storia.
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Anestesia, vattene via!Di Francesco Marcolongo
dai spegnete questa luce mannaggia dà un fastidio tremendo un
momento cosa succede non capisco nulla sono morto noooo no per
favore no ecco lo sapevo che doveva succedere e poi dicono che non
capita mai poi mi sente il dottore ah no è vero non posso più
dirgli nulla però non è giusto sono così buoni i biscotti con il
latte bianco tutto bianco vedo ma vedo ah forse non sono morto
evviva sìììì o no aspetta ahh non capisco più niente che male la
ferita fa già male buongiorno mondo meno male sembra tutto ok però
che male ecco pure il sangue ci mancava hihi che forte sembra una
scena di quel film no telefilm aspetta come si chiama dottor
dottor vabbè non me lo ricordo si è svegliato dottore ma va non me
E
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ne ero accorto infermiera dei miei stivali perchè guardi e non ti
dai una mossa muoviti aiutami e forza non vedi come sto male ahi!
che nausea adesso mi alzo e vedi brutto cattivo di un cane che
sonno ma mi sono di nuovo addormentato mamma mia che anestesia
terribile ma scusa cinque minuti fa stavo aspettando fuori alla
sala per essere operato e ora già qui i misteri della vita ma che
fai ho detto il bisturi non la chiave inglese ma cosa ci fanno con
la chiave inglese quanta luce mi saluti l'idraulico che idraulico
e idraulico volevo dire notte ci vediamo domani aspetta sveglia
francesco dai è tutto a posto ciao mamma ciao papà non posso
parlare nooo è terribile se sorrido è uguale ahia che dolore come
sono scomodo c'è la tv in camera non ricordo vabbè arrivederci
sarà per la prossima volta zun zun zun ehiiiiiiiiiii zun zun zun
zun anche io voglio quella macchina della pubblicità naa fa pietà
ma per favore pensa un po' alle cose importanti un bel gelato ci
vorrebbe carina quella infermiera avrà vent'anni sì e no scusa
come ti chiami ah già non posso parlare che pizza vabbè rimandiamo
ahiaaaa che dolore speriamo che in poco tempo passa tutto io
voglio fare la pasquetta non è giusto uffa uffa uffa sembro un
bambino sto pensando cose senza senso ma no dai ehi ma non ricordo
niente aspetta che è successo che stavo dicendo boh come è duro il
letto ah ma è tre fiammelle tre solo tre e perchè dammi tre parole
sole cuore amore dammi un bacio che non fa parlare che non fa un
attimo che non fa operare naa non mi ricordo buongiorno
professoressa chissà quando torno come faccio a recuperare
marcolongo interrogato e vai a posto ma non ho ancora parlato due
no due no ciao roberto ma non rompere non ti ho fatto niente
perchè dobbiamo sempre litigare ma proprio lì dovevano operarmi si
farà sentire qualcuno amici del cavolo è impossibile mi sono
addormentato di nuovo o forse no boh ecco i miei tutto ok zan zan.
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The Truthdi Federico Ristori
I
A New York, durante il periodo natalizio, la gente avrebbe
dovuto essere contenta e allegra, ma da quando il killer delle commesse, come ormai lo chiamavano i mass media, si aggirava per la città, il clima era cambiato, ormai tutti avevano paura di uscire di casa e non c'era più nessun luogo sicuro.
Il telefono di Harry squillò. "Ispettore Clark, c'è qualche novità?". "Sì, ispettore, siamo della Guardia Forestale. E' stato trovato un cadavere a circa 10 km dalla città, venga con la sua squadra".
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Harry uscì dal suo studio e andò nella sala dove tutta la squadra si riuniva. "James, Lisa, John - disse Harry - dovete venire con me, hanno trovato un altro corpo a 10 km da qui". "Andiamo". Ordinò John a tutta la squadra.
Arrivarono sul posto dopo circa 10 minuti. Le macchine della polizia erano ferme, più avanti vi era l'ambulanza. Un uomo con una coperta sulle spalle parlava con dei poliziotti. Harry scese dalla macchina e disse: "Vado a parlare con il capo della polizia. Tu, James, va’ dall'uomo che ha ritrovato il cadavere. Lisa, vai a fare delle foto al corpo, con te verrà anche John".
James arrivò vicino al testimone e, mostrando il caffè che aveva in mano, disse: "Ne vuole un po'? Lo abbiamo preso prima di venire qui". L'uomo alzò il viso, sul quale si poteva riconoscere lo sguardo della paura. Tremante prese il caffè e ne bevve un sorso, poi disse: "Lei chi è? Io mi chiamo Fred Wright"."Sono James Smith e lavoro per la squadra anti crimine qui a New York. Posso farle qualche domanda?"."Certo". Disse."Perchè si trovava qui e come ha trovato il cadavere?"."Io lavoro a New York, ma non abito in città e, come ogni mattina, mi stavo recando al lavoro, quando ho forato. Allora mi sono fermato e ho cambiato la gomma, ma quando mi sono avvicinato a quel cespuglio ho visto una mano. Ho chiamato subito la polizia e la Guardia Forestale."."Conosceva la vittima?"."No, assolutamente, non l'avevo mai vista prima d'ora"."Ok, Fred, i nostri amici della polizia hanno il suo numero, la chiameremo appena avremo bisogno di lei. Resti in città"."Va bene". Disse Fred. James si allontanò e raggiunse Harry. "Cosa ti ha detto ?". Gli chiese."Era qui di passaggio, si era forato un pneumatico e, mentre lo sostituiva, ha trovato il cadavere. Non mi sembra uno che mente e non sembra essere un serial killer, considerando che questa è già la quarta vittima in un mese"."James, fai questo lavoro da dieci anni, avresti dovuto imparare che chiunque può commettere degli omicidi, quindi non fidarti mai di nessuno. Comunque se il killer è lo stesso, lo vedremo da come è avvenuta la morte".
Nel frattempo Lisa e John avevano raggiunto il cadavere, che non era molto distante dalla strada. La donna era distesa con le braccia allargate, era stata strangolata, il collo era ricoperto da numerosi lividi e i vestiti erano alquanto malconci."Siamo a cinque vittime - disse Lisa - è sempre lui, il metodo di esecuzione è sempre lo stesso. Sembra che non sia stata uccisa qui, probabilmente è stata trasportata qui dopo l'omicidio".
John si mise i guanti e misurò la temperatura corporea del cadavere. "Molto bassa, deve essere qui da almeno dodici ore. Sappiamo nome e cognome della vittima?". "Sì, Emma Young, i genitori sono stati già avvisati".
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II
Nella centrale fa il suo ingresso un uomo."Lei è il sig.Young?" disse Harry"Sì" rispose il padre della giovane vittima in lacrime."Mi dispiace per la morte di sua figlia, so che è un brutto momento, ma dovrei farle qualche domanda. Prego, si sieda"."Che tipo di gente frequentava sua figlia?"."Mia figlia era una brava ragazza, lavorava in un negozio nel centro come commessa e di solito alla chiusura tornava a casa. Quando ieri non è rientrata, ho subito capito che era successo qualcosa e stamattina la chiamata della polizia me lo ha confermato. La mia povera bambina! Chi può essere stato?"."Non abbiamo sospettati ancora, analizzeremo il corpo e cercheremo di trovar più indizi possibili, non appena sapremo qualcosa la chiameremo".
Il signor Young si alzò dalla sedia e andò via. Harry con il fascicolo e le foto delle vittime andò nella sala e richiamò tutta la squadra, James specializzato nel riconoscere la psicologia dell'assassino pose su una lavagna le foto delle cinque vittime e disse: "Tutte erano donne, l'età compresa dai 22 ai 26 anni, quindi abbastanza giovani, nella vita lavoravano tutte presso dei negozi. Ho indicato le zone di ritrovamento dei corpi e non mi danno nessun indizio, poiché ogni corpo sembra essere stato portato in zone differenti; chiaramente non vuole che riusciamo a trovare le sue tracce. Probabilmente l'assassino è un trentenne, riesce a convincerle ad andare con lui e poi le uccide. Anche su questa vittima non vi sono tracce di alcun tipo di rapporto con l'assassino, il suo scopo principale è ucciderle".
III
Era notte e pioveva. Il serial killer uscì dalla sua auto, individuò la sua prossima vittima e la raggiunse."Sta chiudendo?" le chiese."Sì, adesso è orario di chiusura e devo andar via" rispose la ragazza."Oh no! Mio figlio ci teneva così tanto a quel diavolo di giocattolo, ma ho fatto tardi a lavoro! Dannazione!".
La ragazza si girò verso l uomo e disse: "Va bene, mi dispiace per suo figlio; un minuto, riapro".
Mise le chiavi nella serratura, aprì il negozio e invitò l'uomo ad entrare."Sa dirmi il nome del giocattolo che vuole suo figlio?"."Sì, quello". E ne indicò uno alle spalle della commessa.
Non appena la ragazza si girò, egli le afferrò il collo e iniziò a stringere più forte che poteva. La donna non riusciva a respirare, prese un vaso che aveva vicino a lei e colpì l’uomo sulla fronte. Il seria killer lasciò la presa e il sangue iniziò a
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colare dalla sua testa. La ragazza tentò di fuggire, ma lui le prese una gamba, la fece cadere e le assestò un colpo sul volto che la lasciò senza sensi, dopo iniziò ad accoltellarla così violentemente che la sua giacca si riempì di sangue."Muori!". Continuava ad urlare. Dopo lasciò cadere il coltello, ma respirando in maniera affannosa lo riprese e fuggì.
IV
Harry venne chiamato il giorno dopo e si recò sulla scena del crimine. "L'hanno trovata qui stamattina presto, il negozio era aperto e lei era stesa sul pavimento ricoperta da una pozza di sangue" gli disse James."E' molto strano, il nostro serial killer non agisce in questo modo, qualcosa sarà andato storto, fate controllare il sangue, potrebbe non essere solo della vittima"."Certo signore - disse James - Lisa ha detto che ci sono evidenti segni di colluttazione e sotto le unghie della vittima vi erano cellule epiteliali, le ha portate nel laboratorio per vedere se vi è un riscontro nel database".
Harry salutò James e andò nel laboratorio di analisi. "Lisa, hai trovato qualcosa?". Sul suo viso apparve un grandissimo sorriso ed euforica si diresse verso il capo. "Sì, le cellule appartengono a Luiz Romero. E' stato in carcere già due volte, una per aggressione a pubblico ufficiale, l'altra per rapina a mano armata, ma di omicidi non c'è traccia, ho mandato una pattuglia a prelevarlo".
John e altri uomini entrarono nella casa di Luiz Romero e lo trovarono disteso sul suo divano con una vistosa fascia sulla fronte. Egli si alzò e tentò la fuga, ma era bloccato."Ti dichiaro in arresto per l'omicidio di Sarah Jones, Amanda Williams, Nicole Jackson, Rose Scott, Emma Young e Julia Samuels"."Io non ho fatto niente vi dico! Sono innocente!"."Questo lo vedremo...".
V
Luiz venne portato in centrale, nella stanza dell'interrogatorio. Harry lo fissò negli occhi e disse: "Dov'eri ieri sera verso le nove?"."Ero al club con i miei amici a bere una birra, è forse un reato?""Smettila di fare lo spiritoso - disse James - l'hai mai vista questa ragazza?" e gli mostrò la foto dell'ultima vittima."No"."Cosa ti sei fatto sulla testa?""Mi sono fatto male mentre lavoravo, posso andare?""No, te lo dico io come è successo, hai tentato di ucciderla, lei si è opposta e per difendersi ha usato il vaso, che noi abbiamo
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trovato sulla scena del crimine. Stiamo perquisendo la tua casa per trovare il coltello che l'ha uccisa, così, oltre a ciò che abbiamo, potremo incastrarti!"."Io non ho fato niente. Lasciatemi andare!".James sorrise, poi lo prese per la camicia e lo fece sbattere contro il muro: "Confessa subito,perchè sappiamo che sei stato tu!".
Il cellulare di Harry squillò, parlò con Lisa, dopo si rivolse al sospettato e disse: "Luiz abbiamo trovato il coltello a casa tua, era ancora sporco di sangue e sono quasi sicuro che, se lo confronteremo, vedremo che è quello di Julia Samuels. Confessa, stai solo peggiorando la situazione".Luiz perse la pazienza e urlò: "Sì, sono stato io! Le ho uccise tutte io! Loro con quella vita perfetta avevano un lavoro, una casa, una famiglia che le aspettava a braccia aperte ogni giorno!!! Mi rendeva felice l'idea che la pace e la serenità delle famiglie era stata rotta da me, ero felice nel sentire al notiziario le mie imprese o sentire i familiari sconvolti!".
Si calmò e dopo pochi secondi iniziò a ridere nervosamente e a sbattere le mani sulla parete, poi si lasciò cadere e inizio a piangere."Portate via questo pazzo!" disse Harry.
Nel corridoio erano fermi molti familiari che avevano saputo della sua cattura, il signor Young tentò di aggredirlo: "Bastardo! Vai all'inferno! Hai ucciso mia figlia!!!".
Le guardie lo bloccarono ed Harry gli si avvicinò: "Nessuno sa mai il motivo per cui uccidono, spesso per vendetta,spesso perchè vengono pagati per farlo, spesso solo perché ne hanno voglia".
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Libertà di scelta
di Marcello Di Candia
tazione dei treni di F*** una mattina presto di novembre. Un
po' di foschia.S'Andata per M*** sull'intercity delle 8 e 30, per favore’.
'Fumatori o non fumatori?'.
'Non fumatori, grazie'.
'Ecco a lei’.
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Il signor Pini si allontana dallo sportello. Un'occhiata
all'orologio. Le 7 e 20. Ci vuole ancora tempo. Il signor Pini,
sulla mezza eta', commercialista, sposato, due figlie, entrambe
sistemate. Moglie casalinga, ex insegnante nelle scuole private.
Entrambi si recano a messa tutte le domeniche. La signora Pini fa
i dolci per le feste parrocchiali. Il signor Pini versa soldi in
beneficenza su ben tre conti: uno per la ricerca contro il cancro,
uno per la Chiesa, uno per l'Unicef.
Compiaciuto d'essersi tolto il pensiero del biglietto, il
signor Pini si guarda intorno. In fondo a destra c'è il
giornalaio. Il bar è sulla sinistra, attrezzato di tavolini. Si
dirige verso il giornalaio. Un uomo con cappotto nero lungo e
cappello, sulla quarantina, aspetto curato, sta studiando i libri
esposti senza apparente voglia di comprare.
'La Repubblica per favore'.
'Ecco a lei, due euro'.
'A lei, grazie'.
Con la ventiquattr'ore a destra e il giornale a sinistra, il
signor Pini si incammina al bar.
'Un caffè ristretto per favore’.
Un tavolino si è appena liberato. Il signor Pinii siede a bere
il caffè e a sfogliare il giornale. L'uomo dal lungo cappotto nero
è ora al bancone e chiede pure lui un caffè. Guarda il signor Pini
e lo saluta con un cenno del capo. Il signor Pini ricambia
spontaneamente mentre, tra le righe delle pagine finanziarie,
cerca il flash di un ricordo. 'Dov’è che l'ho già visto? Mah!'.
Torna assorto nella sua lettura.
Ai binari. La foschia comincia a diradarsi. Non c'è molta
gente su questo treno. Non è periodo di punta.
'Intercity 999 per M*** è in arrivo al binario nove'. Risuona
l'annuncio.
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Il treno arriva, rumoroso e semi-minaccioso da lontano,
approda in stazione sfinito come un grosso animale sedato. Senza
fretta il signor Pini attende che la carrozza giusta si fermi
davanti a lui. Poi raggiunge la porta più vicina e sale. Controlla
i numeri dei posti fuori ad ogni scompartimento e finalmente
prende posto nel terzo scompartimento. Appoggia la ventiquattr'ore
sul posto vicino al finestrino nel senso di marcia del treno,
controlla che sia una carrozza per non-fumatori, esce sul
corridoio e apre il finestrino. Fuori c'è solo una famiglia che
sta ancora caricando i bagagli. Il capostazione sta chiudendo le
porte. Fischia. Si parte. Il treno comincia a muoversi lentamente.
In cima alle scale compare un uomo di corsa, che si ferma a
guardare il treno partire. Il signor Pini riconosce l'uomo che era
dal giornalaio. Deve aver perso il treno. Il signor Pini chiude il
finestrino e va a sedersi. Prende il giornale e si immerge nella
lettura. Ogni tanto alza lo sguardo. Fuori dal finestrino i campi
corrono via assieme alle case contadine. Le immagini scorrono
veloci come le scene della vita quando, dicono, sei prossimo alla
fine. Veloci, sempre più veloci come carte da gioco mischiate da
un abile maitre. Così il tempo va e con esso la vita, senza che
l'uomo possa farci niente. Solo abbandonarsi alla corsa pazza,
arrendersi, lasciarsi andare. A volte è così bello semplicemente
lasciarsi andare.
'Scusi ha da accendere?'.
Il signor Pini si riscuote malvolentieri dal dormiveglia,
mentre mette a fuoco la figura che ha preso posto di fronte a lui.
Un uomo sulla mezza età, ben curato, cappotto lungo nero e
cappello. Riconosce l'uomo del giornalaio. Ha in mano un astuccio
elegante in argento colmo di sigarette lunghe e sottili.
'Mi spiace non fumo'.
'Fa niente'.
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Silenzio. Il signor Pini è perplesso. Gli sembrava d'aver
controllato che fosse una carrozza per non-fumatori. L'uomo, con
calma disinvoltura, rimette in tasca l'astuccio.
'Mi scusi, ma credevo che non si potesse fumare qui'. Il signor
Pini non riesce a contenere l'imbarazzo.
'Si figuri. A quanto pare si può.' Per niente interdetto, anzi
compiaciuto, l'uomo indica con lo sguardo sopra la porta dello
scompartimento. Ben visibile troneggia il permesso di fumare. Il
signor Pini è ancora più confuso mentre ricorda chiaramente di
aver visto l'uomo giù mentre il treno stava partendo. Questo se lo
ricordava bene.
'Abbiamo già superato la prima fermata?' chiede con tono che
attende una conferma.
'No, veramente no'. Risponde calmo e di nuovo stranamente
compiaciuto l'uomo.
'Posso?'. L'uomo indica il giornale appoggiato sulle gambe del
signor Pini.
'Prego, prego'. Risponde questi abbastanza infastidito. L'uomo ha
un contegno calmo e sicuro e nel contempo uno sguardo sottilmente
irrisorio, il tutto comunica al signor Pini invadenza e
sfrontatezza. Comincia a sfogliare il giornale con mal simulato
interesse. Il signor Pini ora si sente osservato e studiato. Il
disagio lo spinge ad alzarsi. Tira giù la valigetta, la apre e
prende il panino che sua moglie gli ha preparato. Cotoletta di
pollo e insalata. E maionese. Aveva dimenticato dire a sua moglie
che non voleva la maionese.
'Avrebbe dovuto ricordarglielo a sua moglie, lo sa che non le fa
bene, la maionese, signor Pini'.
Il signor Pini sgrana gli occhi addosso all'uomo tra il
sorpreso e lo spaventato.
'Ma lei chi è? E come fa a sapere il mio nome?'.
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L'uomo sorride compiaciuto e risponde con tono tranquillo,
mentre nei suoi occhi scuri guizza una luce di intelligenza e
orgoglio.
'Scusi la mia intromissione. Mi chiamo Augusto Bentivoglio'. Tende
la mano ben curata. Il signor Pini ricambia a fatica. S'insinua lo
scomodo pensiero che il tizio abbia potuto rovistare tra le sue
cose mentre si era appisolato.
'Non si preoccupi, non mi permetterei mai di mettere le mani tra
le cose altrui'.
Il signor Pini si sente paralizzato dal disagio, come un
animaletto su cui stanno compiendo un esperimento. L'uomo sembrava
aver letto nel suo pensiero ed era già la seconda volta.
'Non si tratta neanche di giochi di prestigio, sa, il suo nome
l'ho semplicemente letto sul suo biglietto da visita là in terra'.
Continua l'uomo quasi divertito ma sempre con solido contegno.
Il signor Pini si volta a guardare frastornato nella direzione
indicata dall'uomo. Là in terra, proprio davanti ai suoi piedi,
giace uno dei suoi biglietti da visita. Sente la ragione spingere
a gomitate tra la paura e l'incredulità, e il cervello distendersi
un po'. Gli doveva essere scivolato di tasca. Il signor Pini
scruta muto il suo interlocutore in un misto di diffidenza e
curiosità.
'Sa il mio è un talento naturale'.
Pausa.
Il signor Pini si aspetta di essere alla presenza di una specie di
detective.
Allungandosi verso di lui l'uomo continua quasi sussurrando:
'Posso leggere nel futuro'.
Silenzio.
Il signor Pini scoppia a ridere. 'Il mago no, per favore!'.
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L'uomo ride pure e riprende: 'So che suona bizzarro, eppure ne
avrà la conferma tangibile'.
Ancora silenzio.
L'uomo ha ora un'espressione profonda e grave, quasi
malinconica. Il signor Pini avverte un brivido gelido.
'Non importa se non mi crede adesso. Cerchi però di ascoltarmi
bene'. Avvicina il suo volto a quello del signor Pini.
'Tra mezz'ora circa questo treno sarà coinvolto in un incidente'.
Pausa. 'Un incidente mortale'. Continua quasi scandendo. 'Mortale
per tutti tranne per chiunque sarà seduto dove sono io adesso'.
Al signor Pini ronzano le orecchie e la vista quasi gli si
appanna.
'Alla prossima fermata salirà una signorina dai capelli rossi.
Verrà a sedersi qui al mio posto'.
Avvicina ancora di più il volto a quello del signor Pini, il quale
avverte un freddo incomprensibile.
Proprio in quel momento il treno imbuca una galleria e le luci
vengono meno.
'Oggi io le ho dato la possibilità di cambiare il suo destino. Mi
consideri il suo benefattore'.
Le luci tornano. Il treno esce dalla galleria. Nessuna ombra
dell'uomo. La sua voce si è persa nell'oscurità.
Il signor Pini rimane muto ed incredulo a fissare la poltrona
vuota. Gli sembra di essere nel mezzo di un brutto sogno, di
quelli che sembrano reali e che ti fanno svegliare tutto sudato.
Solo che è sicuro di non aver sognato. La sua razionalità scossa
lo tiene per i capelli sul margine del precipizio
dell'incomprensibile e del bizzarro. Un passo avanti e avrebbe
potuto caderci senza speranza di ritorno. Perciò cerca di fare un
punto per lo meno logico della situazione. L'intero incontro si
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poteva catalogare come inusuale, così come non chiaro era stato il
modo in cui l'uomo era riuscito a salire sul treno. E che dire
della carrozza che era 'diventata' per fumatori. Anche se in tal
caso, ragionava, poteva essersi sbagliato lui. Il signor Pini è
ancora così a pensare mentre il treno scivola verso la fermata
successiva e frena dolcemente. Il signor Pini guarda fuori dal
finestrino a scrutare i passeggeri. Come una pugnalata al cuore
vede la signorina dai capelli rossi che in quell'istante s'accinge
a salire. Al signor Pini manca il fiato e il cuore si mette a
battere così rumorosamente che lo sente forte nella testa.
Comincia a sudare. Quel precipizio ora lo vede da vicino, ma la
sua ragione resiste ancora. 'Non è detto che venga a sedersi qui,
e poi sarà una coincidenza'.
'Scusi è libero quello?'.
Si volta. E’ proprio lei, la signorina dai capelli rossi e il
posto che indica è quello dove era seduto il misterioso individuo
poco prima.
'Chiedo scusa, è libero?'.
'Certo, certo'. Il signor Pini si alza ed esce fuori con uno
scatto, mentre la ragazza sistema il bagaglio. Prende a
passeggiare su e giù per la carrozza cercando di calmare la sua
emotività mentre il treno riprende la sua corsa inarrestabile.
Inspira profondamente e osserva la gente seduta negli altri
scompartimenti, quasi a cerca intorno un appiglio di realtà per
non affogare nella paura. Nello scompartimento accanto c'è una
coppia sui quarant'anni che discorre a bassa voce. Più avanti una
mamma con un bimbo di forse tre anni e una bimba di una decina che
tira fuori da uno zaino panini e bibite. Di fronte un uomo
anziano: forse il nonno. Nel corridoio, appoggiato ad un
finestrino, un adolescente in jeans, maglietta firmata e occhiali
da sole, isolato dal mondo dal suo MP3 player. Tutto sembra
normale e scontato. Tutti sono lì, immersi nella loro banale e
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sacrosanta quotidianità. Come fare a credere che di lì a poco
sarebbe successa una tragedia? Eppure l'uomo misterioso era reale
e la signorina c'era davvero.
E se fosse tutto vero? Si chiede. E se, mettiamo come ipotesi,
questo treno fosse davvero destinato a schiantarsi? Se questa
piatta quotidianità fosse davvero sul punto d'infrangersi, così,
in modo repentino e senza preavviso? Eppure era così che la morte
deve arrivare. Senza avvertimento. Prova paura e gli viene da
piangere. Non vuole morire. Torna davanti al proprio
scompartimento. Attraverso il finestrino osserva la signorina: sta
leggendo un libro, i riccioli rossi risplendono al tramonto.
Poteva benissimo essere sua figlia. Prova dispiacere, poi il suo
istinto di sopravvivenza comincia a emergere. Si tratta solo di
prendere una precauzione. Inoltre è ancora tutto da vedere, può
benissimo trattarsi di una serie di bizzarre coincidenze.
Getta uno sguardo all'orologio: cinque minuti ancora. Sente
l'udito ronzare e un balzo del cuore che quasi arriva al soffitto
mentre con passo deciso e rigido torna a sedersi.
'Chiedo scusa per la richiesta, ma le dispiacerebbe se ci
scambiassimo posto? Mi dà fastidio andare nel senso del treno'.
La ragazza lo guarda dapprima con la fronte aggrottata e buia,
poi, quando capisce di cosa si tratta, un bel sorriso le illumina
il volto.
'Ma si figuri, prego'.
Il signor Pini finge di leggere il giornale mentre la
signorina riprende la propria lettura. E il treno continua la sua
corsa verso sera. Verso il destino.
Ospedale di San G. il giorno dopo. Un'equipe medica esce da
una sala operatoria spingendo un lettino. Il chirurgo si china sul
paziente, poi rivolto all'infermiere: 'Sta riprendendo conoscenza.
Potete riportarlo in camera'.
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Figure sfocate che si muovono con lui. Riconosce il corridoio
dell'ospedale. Una luce forte, fastidiosa, entra dalle finestre.
Al signor Pini sembra di essere come sotto l'effetto di una droga,
non percepisce le proprie membra. Cerca di ripescare dal mare
mosso della sua coscienza l'ultimo momento di lucidità completa
che ricordava. L'incidente. Era successo davvero. Così in fretta e
così violento che l'istante in cui i due treni si erano scontrati
si era come compresso in un attimo; la ragione si era congelata
nell'incredulità ed era andata in panne nel tentativo di
analizzare in troppo poco tempo tutte le stimolazioni di
un'esperienza assolutamente nuova, mentre il corpo era in preda
all'impietose leggi della fisica e della meccanica. La ragazza dai
capelli rossi. Ricordava i suoi riccioli accanto alla mano
insanguinata mentre lo sollevavano sul lettino. Sentì i suoi occhi
riempirsi di lacrime brucianti.
Il chirurgo intanto si è fermato in sala d'attesa a parlare
con i familiari del paziente: un'elegante signora di mezz'età,
attorniata da una giovane coppia, rivolge uno sguardo
interrogativo e impaziente al medico.
'La signora Pini?'.
La donna annuisce con il viso buio. 'Suo marito è fuori pericolo,
l'operazione è andata bene’.
Sospiri di sollievo e lacrime di gioia.
'Però’ incalza il chirurgo 'voglio che vi rendiate conto che è
sopravvissuto ad un incidente catastrofico. Ci sono stati dei
gravissimi danni e noi abbiamo fatto tutto il possibile. Grazie a
Dio il cervello è rimasto intatto. Purtroppo però suo marito non
potrà mai più camminare.'
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Sentivo la vita scivolarmi addosso di Fabio Palmieri
Sentivo la vita scivolarmi addosso e i l tempo scavarmi i l fosso,
qualsiasi cosa facess i e pensassimi veniva di lanciare sassi .
Volevo andarmene da quel posto
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ma non avevo pensato al costo, scomparire improvvisamente, come chiunque sano di mente.
Mi sentivo inuti le e scemocome quegli ufo degl i emo.
Sconfortato, triste e pensoso mi r itrovo in uno stato penoso.
Vago frustrato e mi ri trovo a pensare ai tempi andati , sdraiato al mare .
Che ne sarà di me ora che tutto è f inito?‛
Diventerò un adulto sfinito?’Che ne sarà de l la mia compagnia ?‛
Avranno di me nostalgia?’Cosa farà Giacomino da grande?‛
Girerà per i l mondo locande?’E Giovanni?‛
Continuerà a fare danni?’E Libero?‛
Lo rivedrò come una mamma col biberon?’‛
Diventeranno importanti come i l caff è?‛
O si perderanno tutti e tre , ne i meandri di questa societ à
ormai passata la be l l ’età?’Cosi mentre penso assorto
i l mio caro fardel lo mi porto.Il tempo incurante passava
con le stagioni a passo di giava,e cos ì mi r itrovai solo e rugoso
seduto a guardar i l c ielo uggioso,tra c ie lo e mare lo sguardo alterno
ricordando lo sguardo maternoaspetto i l padre eterno.
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Quelli che...
Edoardo Del Nobile
Quelli che si fidano e rimangono fregati
quelli che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare solo per convenienza
quelli che si starebbe meglio senza
quelli che sì
quelli che no
quelli che forse
quelli che per niente danno tutto
quelli che non sanno
quelli che la vita è bella
quelli che si stava meglio quando si stava peggio
quelli che amano
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quelli che odiano
quelli che hanno paura
quelli che fanno male senza volerlo
quelli che fanno finta
quelli che non ci riescono
quelli che non sono né carne né pesce ma solo perché sono vegetariani
quelli che non leggeranno questa poesia
quelli che si chiedono ‛perché?’
Francesco Marcolongo
Quelli che hanno un amico permaloso, ma non vogliono dirglielo!
Quelli che non sanno quel che dicono, ma parlano lo stesso!
Quelli che imprecano il buon Dio e si recano tutte le domeniche in chiesa!
Quelli che in borsa investono tutti i loro risparmi, ma li perdono alla prima occasione!
Quelli che salutano una ragazza e lei non li considera affatto!
Quelli che arrossiscono al saluto della ragazza, ma scoprono di non essere gli interessati!
Quelli che pensano a studiare, ma non hanno una vita sociale!
Quelli che pensano solo alla vita sociale e non sanno cosa sia lo studio!
Quelli che credono di essere tutto, ma in realtà non sono niente!
Quelli che fatti sentire ogni tanto e non si fanno sentire mai!
Quelli che viva juve, ma non assistono ad una sola partita!
Quelli che brazil lalalalalalala e non sanno ballare!
Quelli che camminano a testa alta, ma non vedono il gradino!
Quelli che guido io e poi fanno l’incidente!
Quelli che non sai quel che dici ma sai quel che fai!
Quelli che chi la fa l’aspetti e aspettano in eterno!
Quelli che chi fa da sé fa per tre e poi non concludono nulla!
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Marika Fortunato
Quelli che ogni giorno sperano di trovare un padre che li svegli al mattino e sperano solo che non sia morto in guerra!
Quelli che credono di poter essere migliori degli altri e invece non lo sono!
Quelli che non riescono a fare delle buone scelte nella vita e alla fine si riducono a rovinarla!
Quelli che quando vedono un povero per strada, sanno solo disprezzarlo e non aiutarlo!
Quelli che fanno di tutto per vedere una persona soffrire!
Quelli che non ascoltano i genitori e prendono brutte strade!
Quelli che quando vedono una ragazza per strada e la fissano non guardano avanti e sbattono contro un palo!
Quelli che dicono di essere giornalisti e invece davanti alla tv dicono: ‛più meglio’!
Quelli che quando si ubriacano trattano male la gente!
Quelli che credono di poter cantare e ballare e invece fanno solo brutte figure davanti gli altri!
Quelli che si presentano con una laurea davanti al preside e alla fine non sanno nemmeno parlare davanti agli alunni!
Quelli che pensano di essere belli e quando si mostrano la donna dice: ‛oh mio DIO’!
Quelli che offendono la gente e non guardano se stessi!
Quelli che dicono di essere felici e invece non lo sono!
Quelli che pensano di salutare la persona giusta e invece si accorgono di essersi sbagliati!
Quelli che ridono quando guardano una persona che cade e si precipitano subito a raccontarlo agli amici!
Quelli che non sanno che la vita è un bene prezioso!
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... e quelli se...
Giacomo Trotta
Se fossi francese, difenderei l’onore di noi Uomini,
se fossi tedesco, scriverei un dolce romanzo d’amore,
se fossi cinese, starei tutto il giorno seduto su un’amaca ore e ore,
se fossi americano, mangerei solo prodotti naturali e genuini.
Se fossi arabo, scriverei nel verso giusto,
se fossi brasiliano, abbandonerei il pallone e mi darei al lavoro con passione,
se fossi svizzero, farei tutto senza precisione e con grande confusione,
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se fossi scandinavo, esternerei i miei sentimenti e non sarei mai esausto.
Se fossi scozzese, sarei con tutti i miei averi prodigo e liberale,
se fossi inglese, sarei uno qualsiasi gentile e cortese,
se fossi ebreo, andrei avanti con la mia vita senza pretese,
se fossi italiano, farei tutto senza gusto e in modo legale.
Liberiana Prencipe
Se non riuscissi a trovare un equilibrio, sconvolgerei il mondo.
Se non riuscissi a trovare la felicità, morirei giovane.
Se non riuscissi a trovare una fortuna, elemosinerei per le strade.
Se non riuscissi a trovare una via d’uscita, sarei in coma per droga.
Se non riuscissi a trovare un granello di sabbia, controllerei bene le scarpe.
Se non riuscissi a trovare amici veri, resterei sola col mio gatto nero.
Se non riuscissi a trovare me stessa, mi cercherei osservando gli occhi terra.
Se non riuscissi a trovare un senso alla vita...
beh, la vita non ha senso, va solo vissuta appieno.
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Edoardo Del Nobile
Fiamme brucianoNegli occhi cerulei
Di una ragazza
Luca Ferr i
Primo giorno d’estateInfuocato
Da un Concerto rock
L’arido si lenzio del la savanaScosso
Da un Raro tuono
La tribunaEsplode
Dopo il gol
Il piccolo fanciul loScende dal la giostra
E vomita
Il computerAcceso da una settimana
Si incendia
Il ragazzoSente una battuta
E ride
La bambinaGioca col fuoco
E si brucia
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Liberiana Prencipe
Un doci le cuoreIncontra un bambinoPiangente è fuggito.
Meravigl iosa festaPassata in famigl ia
Che scocciatura.
Fel ice da un viaggioTorno
Investendo un cavallo.
Chiara Triventi
Notte di luna Alberi di ci l iegio
I fior son divenuti frutti .
La neve si sc iogl ieI fiori germogliano
L’inverno è ormai lontano
Tramonto su acque limpideUccel l i in volo
L’amore è sul la spiaggia
Vento freddoGocce d’acqua congelate
Entra il fuoco
Tempo tranquil loSole cocente
Mare in tempesta
Fuori c ’e luceFuori c’e gioia
Dentro di me i l buio
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Edoardo Del Nobile
C’era un dolce signore
Che adorava passeggiare per ore
Ahimè un giorno finì
Poiché cadde e morì
Quel dolce instancabile signore
Giuliano Petrangelo
C’era una volta un vecchio maiale d’Oviedo
Che ben grasso era e cotto allo spiedo
I commensali colti da grande appetito
Non appena fu ben servito
Scomparve il vecchio maiale d’Oviedo
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C’era una volta un lunatico tipo di Foggia
Che perdeva il senno ad ogni scroscio di pioggia
Finché la luce del sole lo abbagliò
E per sua sfortuna lo accecò
Cosicché non fu più il lunatico tipo di Foggia
C’era una volta un barbaro di Germania
Il più temuto guerriero della Renania
Un giorno combatté valoroso
Sotto un albero frondoso
Ma morì il barbaro di Germania
C’era una volta un pigron di Forlì
Che non faceva niente notte e dì
Finché un giorno di casa cacciato
Decise molto mortificato
Di lavorare il pigron di Forlì
Liberiana Prencipe
C’era un vecchio in festa
Che se ne andava strascicando la sua testa
Ma un suono stridulo alle orecchie
Gli arrivò, colpendo anche le vecchie
Vicine del vecchio gioioso in festa
Federico Ristori
C’è un uomo di Abbiategrasso
Che sulla linea di porta va sempre a spasso
Per un tiro fallito
Dovette essere sostituito
Ora è triste in panchina quell’uomo di Abbiategrasso.