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1
EQUAZIONI DI MAXWELL
La forza di Lorentz esprime la forza che agisce sulle cariche in
moto in un campo elettromagnetico. Questa forza determina,
attraverso la legge di Newton, la posizione e la velocità delle
cariche una volta assegnati i loro valori iniziali. A loro volta la
posizione e la velocità delle cariche determinano la distribuzione
della densità volumetrica di carica e di corrente, e così via.
Le sorgenti “elementari” del campo elettromagnetico sono le
cariche e le correnti elettriche. Le equazioni di Maxwell esprimono
le leggi che governano il campo elettromagnetico: esse legano il
campo elettrico e il campo magnetico alle sorgenti elementari, cioè
alle cariche e alle correnti. Le sorgenti elementari del campo
elettromagnetico compaiono nelle equazioni di Maxwell attraverso la
distribuzione della densità di carica e di corrente.
Equazioni diMaxwell
Equazioni del moto:forza di Lorentz
E, B
ρ, J
Figura 2.1
Così come schematizzato in Figura 2.1, l’interazione
elettromagnetica è, dunque,
un’interazione complessa: il campo elettromagnetico agisce sulle
cariche determinandone il moto; a loro volta le cariche, attraverso
la loro posizione e velocità determinano il campo elettromagnetico.
Quindi, in generale, sia le sorgenti “elementari” del campo che il
campo sono incognite.
In questo Capitolo descriveremo prima le equazioni di Maxwell
nel vuoto, e poi verranno considerate le equazioni di Maxwell in
presenza di materiali. Le equazioni di Maxwell in presenza di
materiali svolgono un ruolo fondamentale perché solo attraverso di
esse è possibile descrivere quei sistemi ed apparati
elettromagnetici che sono alla base di tante applicazioni
dell’ingegneria. 2.1 Rappresentazione dei campi vettoriali
Prima di descrivere le equazioni di Maxwell è opportuno fare
qualche considerazione sul modo in cui un campo vettoriale può
essere rappresentato, visto che le equazioni di Maxwell sono
relazioni tra campi vettoriali.
Un generico campo vettoriale C può essere rappresentato
attraverso tre funzioni matematiche delle tre coordinate spaziali e
del tempo (ad esempio, in un sistema cartesiano si ha per le
componenti Cx = Cx x,y,z;t( ), Cy = Cy x,y,z;t( ), Cz = Cz x,y,z;t(
)).
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2
Un campo vettoriale può essere anche rappresentato graficamente
disegnando un insieme di frecce le cui lunghezze e direzioni
rappresentano i valori del campo vettoriale nei punti dai quali le
frecce partono, Figura 2.2a.
Un altro modo di rappresentare graficamente un campo vettoriale
consiste nel disegnare le linee orientate che sono tangenti ovunque
ai vettori definiti dal campo, Figura 2.4b. A queste linee si dà il
nome di linee del campo vettoriale. Questo modo di rappresentare il
campo non consente, però, di rappresentarne il modulo in maniera
naturale. Un modo per ovviare a questo problema c’è. Si può
adottare la seguente convenzione nel tracciare le linee di campo:
le linee sono più fitte dove l’intensità (modulo) del campo è più
elevato e più rade, invece, dove l’intensità del campo è più bassa,
Figura 2.2.
(a) (b)
Figura 2.2
2.2 Flusso, integrale di linea e circuitazione di un campo
vettoriale
Le equazioni di Maxwell in forma integrale esprimono relazioni
tra i flussi e le circuitazioni del campo elettrico e del campo
magnetico.
2.2.1 Flusso di un campo vettoriale
Si consideri una superficie orientata S, in generale aperta,
nella regione di spazio in cui è
definito un generico campo vettoriale C; il verso della normale
̂ n è scelto in modo arbitrario, Figura 2.3a.
Il flusso del campo C attraverso un generico elemento
(superficie elementare) dS della superficie 1, dΦ, è uguale alla
componente di C lungo la normale alla superficie nel punto in cui
essa è centrata, C ⋅ ˆ n , per l’area dS dell’elemento,
dφ = C P( )⋅ ˆ n P( )dS. (2.1) Il flusso attraverso l’intera
superficie S, φS, è la somma dei contributi di tutte le superfici
elementari che compongono S 2, quindi 1 Un elemento (superficie
elementare) dS della superficie S è una parte “infinitesima” di S
tale che C ⋅ ˆ n su dS è, con buona approssimazione, uniforme. 2
Sia f = f P( ) una funzione definita su di una superficie S. Si
divida S in un numero N di parti e siano ∆S1 ,∆S2 ,...,∆SN le aree
di tali superfici parziali. Consideriamo per ogni superficie il
baricentro M i . Poniamo
I N = f M i( )∆Sii =1N
∑ . Consideriamo, infine, la successione dei valori di I N che
si ottengono aumentando il numero
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3
φS = C P( )⋅ ˆ n P( )dS
S∫∫ . (2.2)
In particolare, la superficie S può essere una chiusa. In questo
caso si usa indicare l’integrale di superficie con il simbolo
C P( )⋅ ˆ n P( )dS
S∫∫ .
dS
C
n̂P
S
dS
C
n̂P
(a) (b)
S
C
Cn
Figura 2.3
Il flusso φS è, dunque, l’integrale di superficie esteso a S
della funzione scalareCn = C P( ) ⋅ ˆ n P( ), che rappresenta la
componente normale di C a S nel generico punto P . Attraverso il
flusso φS è possibile introdurre un concetto fondamentale, quello
di valore medio su S della componente normale di C, Figura 2.3b
Cn S =φSAS
, (2.3)
dove AS è l’area della superficie S. Allora, il flusso di C
attraverso la superficie orientata S non è altro che il prodotto
del valor medio su S della componente normale di C per l’area della
superficie.
Può accadere che, pur essendo il campo C diverso da zero, il suo
flusso attraverso una qualsiasi superficie chiusa sia uguale a
zero. Un campo vettoriale C si dice conservativo rispetto al flusso
se per ogni superficie chiusa Σ (Figura 2.4), si ha che
C ⋅ ˆ n dS
Σ∫∫ = 0. (2.4)
N di parti in cui S è suddivisa. Sotto opportune ipotesi sulla
superficie S e sulla funzione f , che non sono affatto molto
restrittive, la successione I N tende a un limite finito per N → ∞
(quando N → ∞ le aree delle parti ∆Si tendono a zero). Tale limite
si dice integrale di superficie del campo scalare f sulla
superficie S e si scrive
fdS
S∫∫ = limN →∞ I N . Si suddivida la superficie S in M parti
“infinitesime” (su ciascuna parte infinitesima si può ritenere la
funzione f sostanzialmente uniforme), e siano dS1 ,dS2 ,...,dSM le
aree di tali parti. Allora si ha (con
buona approssimazione) fdSS∫∫ ≅ f M i( )dSii =1
M
∑ . Se si aumenta il numero di parti infinitesime della
partizione di S tale somma cambia in modo trascurabile.
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4
superficiechiusa Σ
C
dS n̂
Figura 2.4 2.2.2 Integrale di linea e circuitazione di un campo
vettoriale
Si consideri una linea orientata γ , in generale aperta, nella
regione di spazio in cui è definito
un generico campo vettoriale C; il verso del versore tangente ˆ
t è scelto in modo arbitrario, Figura 2.5a.
C
γ
A
B
dl
P
C
t̂
t̂
dl
P
C γ
A
B
Ct
(a) (b) Figura 2.5
L’integrale di linea del campo C lungo un generico elemento dl
della linea 3, du, è uguale
alla componente di C lungo la tangente alla linea nel punto in
cui essa è centrata, C ⋅ ˆ t , per la lunghezza dl
dell’elemento,
du= C P( )⋅ ˆ t P( )dl . (2.5)
3 Un elemento dS della superficie S è una parte “fisicamente
infinitesima” su cui C ⋅ ˆ n è, con buona approssimazione,
uniforme.
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5
L’integrale di linea lungo l’intera curva γ , uγ , è la somma
dei contributi di tutte le linee elementari che compongono γ 4,
uγ = C P( )⋅ˆ t P( )dl
γ∫ . (2.6)
In particolare, la curva può essere una linea chiusa Γ , Figura
2.6. In questo caso l’integrale di linea prende il nome di
circuitazione del campo C lungo Γ e si usa indicarlo con il
simbolo
C ⋅ ˆ t dlγ∫ .
Γ dl
C
t̂
Figura 2.6
L’integrale di linea uγ è, dunque, l’integrale di linea esteso a
γ della funzione scalareCt = C P( )⋅ ˆ t P( ), che rappresenta la
componente tangente di C a γ nel generico punto P .
Attraverso l’integrale di linea uγ è possibile introdurre il
concetto di valore medio lungo γ della componente tangente di C,
Figura 2.5b,
Ct γ =uγlγ
, (2.7)
4 Sia g = g P( ) una funzione definita su di una curva γ. Si
divida γ in un numero N di parti e siano ∆l1 ,∆l2 ,...,∆l N le
lunghezze di tali curve parziali. Consideriamo per ogni curva il
baricentro M i . Poniamo JN = g M i( )∆l ii =1
N
∑ . Consideriamo, infine, la successione dei valori di JN che si
ottengono aumentando il numero N di parti in cui γ è suddivisa.
Sotto opportune ipotesi sulla curva γ e sulla funzione g, che non
sono affatto molto restrittive, la successione I N tende a un
limite finito per N → ∞ (quando N → ∞ le lunghezze delle parti ∆l i
tendono a zero). Tale limite si dice integrale di linea del campo
scalare g lungo la linea γ e si scrive
gdl
γ∫ = limN →∞ JN . Si suddivida la curva γ in M tratti
“infinitesimi” (su ciascuna tratto infinitesimo si può ritenere la
funzione g sostanzialmente uniforme), e siano dl1 ,dl2 ,...,dlM le
lunghezze di tali parti. Allora si ha (con buona
approssimazione)
gdlγ∫ ≅ g M i( )dl ii =1
M
∑ . Se si aumenta il numero di parti infinitesime della
partizione di S tale somma cambia in modo trascurabile.
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6
dove lγ è la lunghezza della curva γ . Allora, l’integrale di
linea di C lungo la linea orientata γ non è altro che il prodotto
del valor medio lungo γ della componente tangente di C per la
lunghezza della curva.
Può accadere che, pur essendo il campo C diverso da zero, la sua
circuitazione lungo una qualsiasi linea (chiusa) sia uguale a zero.
Un campo vettoriale C si dice conservativo rispetto alla
circuitazione se per ogni linea chiusa Γ , si ha che
C ⋅ˆ t dl = 0
Γ∫ . (2.8)
Il campo elettrico in condizioni stazionarie (campo
elettrostatico) è un esempio di campo conservativo rispetto alla
circuitazione.
2.3 Principio della conservazione della carica per sistemi
elettricamente chiusi
Indipendentemente dalla posizione e dalla velocità delle
cariche, la densità di carica e il
campo di densità di corrente devono verificare un’equazione che
discende direttamente dalla conservazione della carica.
La carica elettrica netta contenuta in una data regione di
spazio è la somma delle cariche positive e negative contenute in
essa:
Qt = Q+ + Q− ; (2.9)
Q+ e Q− indicano, rispettivamente, la carica totale positiva e
la carica totale negativa contenute nella regione di spazio in
considerazione. In generale, Q+ e Q− , e quindi Qt , variano nel
tempo. Ciò è dovuto al fatto che le cariche si muovono sotto
l’azione sia di campi elettromagnetici che di altri tipi di campi
di forza, e quindi, migrano, da una regione all’altra dello
spazio.
Si dice che un sistema è elettricamente chiuso se la superficie
che lo delimita non è attraversata da cariche.
Legge della conservazione della carica elettrica per un sistema
elettricamente chiuso
In un sistema elettricamente chiuso la carica elettrica totale
non varia nel tempo.
♦ Questa è una delle leggi basilari dell’elettromagnetismo. La
cariche elettriche possono
muoversi e, quindi, spostarsi da una parte all’altra della
regione di spazio elettricamente chiusa, ma non possono essere né
“create” né “distrutte”.
Se si esclude la possibilità che uguali quantità di carica
positiva e negativa possano essere simultaneamente create o
distrutte5, come immediata conseguenza della conservazione della
carica abbiamo che sia il numero di cariche elementari positive,
sia il numero di cariche elementari negative contenute in un
sistema elettricamente chiuso non variano nel tempo.
5 Ciò, in realtà, può accadere negli acceleratori di particelle
dove le particelle elementari vengono accelerate fino a velocità
prossime a quelle della luce nel vuoto.
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7
S0
S1
Ω1
Ω2
Figura 2.7 Sistema elettromagnetico chiuso: la superficie S0 non
è attraversata da cariche elettriche.
Consideriamo un sistema elettromagnetico chiuso che occupa la
regione di spazio Ω0 delimitata dalla superficie S0 (Figura 2.7).
Consideriamo ora una parte di questo sistema, indichiamo con Ω1 la
regione di spazio che essa occupa e con S1 la superficie che
delimita Ω1; indichiamo con Ω2 la restante parte della regione Ω0.
Inoltre, indichiamo con Q1 t( ) la carica totale contenuta in Ω1 e
con Q2 t( ) la carica totale contenuta in Ω2 ad un generico istante
di tempo t. Allora, per la legge della conservazione della carica
si ha che
Q1 t( )+ Q2 t( ) = Q0 , (2.10)
dove Q0 è la carica totale contenuta nel sistema chiuso, che è
costante nel tempo. In conseguenza della (2.10) si ha che, se la
carica Q1 diminuisce nel tempo, invece la carica
Q2 aumenta, e viceversa. La carica Q1 diminuisce (aumenta) nel
tempo, in senso relativo, se cariche positive (negative) si
spostano dalla regione Ω1 alla regione Ω2 e/o cariche negative
(positive) si spostano dalla regione Ω2 alla regione Ω1,
attraversando la superficie S1. In conclusione, la carica Q1, e di
conseguenza la carica Q2 , variano quando c’è una flusso netto di
carica elettrica attraverso la superficie S1, cioè, quando c’è una
corrente elettrica attraverso S1.
Può anche accadere che, pur essendovi particelle cariche che
attraversano la superficie S1, le cariche Q1 e Q2 non variano nel
tempo. Il lettore cerchi di descrivere una situazione in cui ciò si
verifica.
2.4 Legge della conservazione della carica per sistemi
elettricamente aperti. Equazione di continuità
Nel precedente paragrafo è stata enunciata la legge della
conservazione della carica elettrica per sistemi elettricamente
chiusi: la carica contenuta entro una data regione è costante nel
tempo
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8
se l’intensità di corrente che attraversa la superficie che la
delimita è uguale a zero. Quando, invece, la superficie è
attraversata da corrente elettrica, la carica elettrica, in
generale, varia nel tempo (Figura 2.8).
2.4.1 Legge della conservazione della carica per regioni
elettricamente aperte
Sia assegnata una distribuzione di cariche elettriche in moto
nello spazio libero, con densità
volumetrica di carica ρ = ρ P;t( ) e densità volumetrica di
corrente J = J P;t( ) . Si consideri una regione Ω dello spazio,
invariabile nel tempo, e si indichi con Σ la superficie chiusa che
rappresenta la sua frontiera, orientata con la normale ˆ n diretta
verso l’esterno, Figura 2.8.
L’intensità di corrente che attraversa la superficie orientata Σ
al generico istante t è data da
iΣ t( )= J ⋅ ˆ n dS
Σ∫∫ . (2.11)
La carica elettrica totale che al generico istante t si trova
nella regione Ω è data da:
QV t( ) = ρ P;t( )dV
Ω∫∫∫ . (2.12)
C’è una relazione tra iΣ e QV ? La risposta è si.
Σ
Ω
n̂
Figura 2.8 La carica totale contenuta nella regione Ω varia nel
tempo in presenza di una
corrente elettrica attraverso la superficie chiusa Σ.
La quantità di carica netta che attraversa la superficie
orientata Σ nell’intervallo di tempo elementare6 t,t + dt( ) è data
da
dqΣ = iΣ t( )dt ; (2.13)
dqΣ è la quantità di carica che effettivamente abbandona la
regione Ω nell’intervallo t,t + dt( ) se dqΣ > 0; se, invece,
dqΣ < 0, dqΣ è la quantità di carica che effettivamente entra
nella regione Ω nell’intervallo t,t + dt( ).
Si indichi con dQΩ la variazione della carica elettrica
contenuta nella regione Ω durante l’intervallo di tempo t,t + dt(
),
dQΩ = QΩ t + dt( )− QΩ t( ). (2.14) 6 Con intervallo di tempo
elementare intendiamo un intervallo “fisicamente infinitesimo”.
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9
Per la conservazione della carica si ha che: la somma della
variazione della carica contenuta nella regione Ω durante
l’intervallo t,t + dt( ), dQΩ , e della quantità di carica che
attraversa la superficie orientata Σ che delimita Ω, dqΣ, è uguale
a zero,
dQΩ + dqΣ = 0. (2.15) Sostituendo nella (2.15) l’espressione di
dqΣ data dalla (2.13) si ha l’equazione
iΣ t( )= −dQΩdt
. (2.16)
Il segno “-” esprime il fatto che, nel caso di cariche positive
uscenti da Σ ( iΣ > 0) si riscontra una diminuzione di QΩ e cioè
dQΩ /dt < 0. Infine, sostituendo nella (2.8) le espressioni di
iΣ e QΩ in termini di ρ e J date dalle (2.11) e (2.12) si ha
J P;t( ) ⋅ ˆ n P( )dSΣ∫∫ = − d
dtρ P;t( )dV
Ω∫∫∫ . (2.17)
L’equazione (2.17) esprime la legge della conservazione della
carica per un generico sistema
non elettricamente isolato: data una qualsiasi superficie chiusa
Σ invariabile nel tempo, orientata con la normale uscente, la
quantità di carica che l’attraversa in un dato intervallo di tempo
corrisponde alla variazione della carica QΩ contenuta nel volume
racchiuso da Σ, con il segno cambiato, nello stesso intervallo di
tempo.
Osservazione
In condizioni stazionarie si ha che il flusso del campo di
densità di corrente attraverso qualsiasi superficie chiusa è uguale
a zero. Pertanto, il campo di densità di corrente è conservativo
rispetto al flusso in condizioni stazionarie.
♦
Si noti che la (2.16) vale anche quando sono presenti
distribuzioni singolari: densità lineari e superficiali di cariche,
correnti filiformi e densità superficiali di corrente.
Osservazione Poiché il volume Ω è invariabile (temporalmente),
le operazioni di derivazione rispetto al tempo e integrazione nel
volume sono tra loro indipendenti, e pertanto l’ordine con cui sono
eseguite può essere invertito. Essendo la densità di carica
funzione del punto e del tempo si ha che
d
dtρdV
Ω∫∫∫ =
∂ρ∂t
dVΩ∫∫∫ , (2.18)
e quindi
J ⋅ ˆ n dSΣ∫∫ = −
∂ρ∂t
dVΩ∫∫∫ . (2.19)
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10
E’ possibile dimostrare che l’equazione (2.19) vale anche per
superfici chiuse variabili nel tempo (superfici che si muovono e si
deformano),
J ⋅ ˆ n dSΣ t( )∫∫ = −
∂ρ∂t
dVΩ t( )∫∫∫ . (2.20)
(E’ evidente che se varia Σ nel tempo varia anche la regione Ω
che essa delimita.)
L’equazione (2.17) va solo se Σ, e quindi Ω, sono invariabili
nel tempo. Infatti, dalla (2.20) si ottiene la (2.17) solo se Σ e Ω
sono invariabili.
♦ 2.4.2 Equazione di continuità
L’equazione (2.17) deve essere verificata per ogni superficie Σ
invariabile nel tempo, e
quindi per ogni Ω. E’ necessario che la (2.17) sia
effettivamente imposta per ogni superficie chiusa?
Siccome una qualsiasi regione finita dello spazio può essere
sempre decomposta in regioni elementari 7, basta imporre che la
(2.17) sia verificata per ogni possibile regione elementare
affinché essa sia verificata per una generica regione finita. Come
verificheremo tra poco bisogna distinguere tra le regioni in cui le
distribuzioni di carica e di corrente sono regolari e le regioni in
cui abbiamo distribuzioni singolari.
Applichiamo la (2.17) a una regione elementare dΩ invariabile
nel tempo centrata in un generico punto P della regione di spazio
in cui le distribuzioni di carica e di corrente sono regolari,
Figura 2.9,
J ⋅ ˆ n dS∆Σ∫∫ = − ∂ρ
∂tdV
dΩ∫∫∫ ; (2.21)
∆Σ è la superficie chiusa che delimita dΩ.
P
dΩdΣ
n̂
Figura 2.9 Siccome per un volume elementare si ha 8
∂ρ∂t
dVdΩ∫∫∫ = ρ P;t( )dΩ, (2.22)
dalla (2.21) si ottiene
1
dΩJ ⋅ ˆ n dS
∆Σ∫∫ = −∂ρ
∂t. (2.23)
7 Con volume elementare intendiamo una regione di spazio
“infinitesima”. 8 Per definizione di volume elementare dΩ ,ρ e,
quindi, ∂ρ /∂t sono sostanzialmente uniformi in dΩ .
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11
Si consideri, ora, il rapporto
J ⋅ ˆ n dS∆Σ∫∫
dΩ, (2.24)
che compare a sinistra dell’equazione (2.23). Pur essendo ∆Σ la
superficie di bordo di una regione elementare, per calcolare
l’integrale di superficie che compare al numeratore della (2.23)
non si può ragionare così come è stato fatto per l’integrale di
volume che compare nella (2.22): pur essendo J con buona
approssimazione uniforme nella regione dΩ e, quindi, con buona
approssimazione uniforme anche sulla superficie ∆Σ , J ⋅ ˆ n non è
affatto uniforme su ∆Σ .
E’ evidente che l’integrale
J ⋅ ˆ n dS∆Σ∫∫ tende a zero per dΩ tendente a zero, quindi la
(2.24) è il
rapporto tra due infinitesimi. Si può dimostrare che il rapporto
(2.24) è finito ed è indipendente sia dalla forma della regione
elementare dΩ e, quindi, dalla forma della superficie ∆Σ , che dal
valore di dΩ: esso dipende solo dal comportamento del campo
vettoriale J nell’intorno del punto P . A tale rapporto si dà il
nome di divergenza del campo vettoriale J nel punto P e lo si
indica con ∇ ⋅ J 9 ,
J ⋅ ˆ n dSdΣ∫∫
dΩ≡ ∇ ⋅ J per dΩ → 0. (2.25)
Dunque, la divergenza di un campo vettoriale in un generico
punto P non è altro che il rapporto tra il flusso del campo
attraverso la frontiera di una qualsiasi regione elementare
centrata in P e il volume della regione elementare stessa. E’
interessante osservare che per determinare il rapporto (2.24) e,
quindi, la divergenza di J, non è necessario calcolare il flusso di
J attraverso una superficie chiusa elementare. Quando il campo
vettoriale J è espresso attraverso le componenti cartesiane Jx = Jx
x,y,z;t( ), Jy = Jy x,y,z;t( ), Jz = Jz x,y,z;t( ), il calcolo
della divergenza è particolarmente semplice. Si ha, infatti
∇ ⋅ J =
∂ Jx∂ x
+∂ Jy∂ y
+∂ Jz∂ z
. (2.26)
Il calcolo della divergenza risulta essere semplice anche quando
il campo vettoriale è espresso attraverso altri tipi di componenti,
ad esempio, componenti cilindriche e sferiche. In questi casi
l’espressione della divergenza risulta essere un po’ più complessa
di quella descritta dalla (2.18) (vedi in Appendice 1). E’ evidente
che l’espressione (2.26) e, quindi, l’operatore di divergenza ha
significato solo se tutte le componenti del campo di densità di
corrente sono continue.
Sostituendo la (2.25) nella (2.23) si ha che in ogni punto P e
per ogni t
∇ ⋅ J = −∂ρ∂t
. (2.27)
Questa relazione, detta equazione di continuità della corrente,
esprime il principio della conservazione della carica in forma
locale, mentre la (2.17) (equazione (2.20)) la esprime in forma
integrale. La (2.27) mette in relazione i valori di J e ∂ρ /∂t nel
generico punto P e i valori di J nei punti vicini a P .
9 Il concetto di divergenza di un campo vettoriale è generale,
non dipende dalla particolare natura fisica del campo vettoriale in
esame. Per la sua applicabilità è richiesto solo che il campo
vettoriale sia continuo.
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12
Quale è il significato fisico della (2.27)? Per definizione di ∇
⋅ J, ∇ ⋅ J( )dΩ rappresenta proprio il flusso di J attraverso la
superficie ∆Σ che delimita la regione elementare dΩ centrata nel
punto P . Se moltiplichiamo ambo i membri della (2.19) per dΩ si
ottiene proprio la legge della conservazione della carica per la
regione elementare dΩ delimitata dalla superficie elementare ∆Σ .
Osservazione Integrando ambo i membri della (2.27) su un volume
finito Ω t( ) variabile nel tempo e applicando il teorema di Gauss
10 (teorema della divergenza) si ottiene l’equazione (2.20).
♦
L’equazione di continuità (2.27) vale solo nelle regioni in cui
il campo di densità di corrente è regolare. Come tra poco vedremo
in presenza di una distribuzione di carica con densità superficiale
la componente normale del campo di densità di corrente è
discontinua.
n̂1
n̂ 2
PdS
1
dS2 dSσSσ
(a) (b)
Sσ
P
n̂1
2
Figura 2.10 Superficie elementare di tipo “M”
Si assuma che su una superficie Sσ sia definita una densità di
carica superficiale σ . Si
imponga la conservazione della carica per una superficie chiusa
elementare ∆Σ di tipo cilindrica, con la superficie laterale dSL di
area trascurabile rispetto
11 alla area dS di ciascuna base e con le due basi poste
rispettivamente da ambo i lati della superficie Sσ , Figura 2.10a.
La superficie ∆Σ è centrata nel generico punto P della superficie
Sσ . In altre parole, consideriamo una “monetina” tagliata
longitudinalmente a metà da Sσ
12. Le normali ̂ n 1 e ˆ n 2 alle due basi dS1 e dS2 della
monetina sono orientate come indicato in Figura 2.10a, cioè in modo
che risultino uscenti dalla superficie chiusa ∆Σ . Inoltre,
indichiamo con dSσ la parte di Sσ che taglia la monetina. Le
superfici dS1, dS2 e dSσ sono superfici fisicamente infinitesime di
area dS. La s
Applicando la legge della conservazione della carica si ha
10 Il teorema di Gauss (teorema della divergenza) afferma
che
A ⋅ ˆ n dS
∂ V∫∫ = ∇ ⋅ AdvV∫∫∫ dove ∂V è la frontiera della regione V con
la normale ̂ n rivolta verso l’esterno: il flusso di un generico
campo vettoriale A attraverso la superficie chiusa ∂V è uguale
all’integrale di volume della divergenza di A esteso alla regione V
. 11 L’area della superficie laterale dSL è un infinitesimo di
ordine superiore rispetto a dS. 12 Nel seguito ci riferiremo a una
superficie elementare di questo tipo come a una “superficie di tipo
M”. Il ricorso a questo tipo di superfici elementari è suggerito
dalla necessità di studiare il comportamento del campo nelle
immediate vicinanze di Sσ , da entrambi i lati.
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13
J ⋅ ˆ n dS∆Σ∫∫ = − dQ∆Σ
dt, (2.28)
dove Q∆Σ è la carica elettrica contenuta nella superficie ∆Σ .
L’unica distribuzione di carica che contribuisce a Q∆Σ è, per
ipotesi, la distribuzione di carica con densità superficiale
definita sulla superficie Sσ . Allora Q∆Σ è la carica superficiale
contenuta sulla superficie elementaredSσ ed è data da
Q∆Σ = ρ P;t( )dS. (2.29) Il flusso attraverso ∆Σ può essere
espresso, utilizzando la proprietà di additività degli integrali,
come:
J ⋅ ˆ n dS
∆Σ∫∫ = J ⋅ ˆ n 1dS
dS1
∫∫ + J ⋅ ˆ n 2dSdS2
∫∫ + J ⋅ ˆ n LdSdSL
∫∫ . (2.30) Essendo per ipotesi dS1 e dS2 due superfici
elementari, si ha
J ⋅ ˆ n 1dS
dS1
∫∫ = J1 ⋅ ˆ n 1dS e
J ⋅ ˆ n 2dSdS2
∫∫ = J2 ⋅ ˆ n 2dS (2.31) avendo indicato con J1 e J2 i valori
dei campi rispettivamente sulle due basi. Essendo l’altezza del
cilindro ∆Σ un infinitesimo, J1 e J2 sono, rispettivamente, i
valori del campo di densità corrente in corrispondenza del punto P,
dall’uno e dall’altro lato di Sσ .
Trascurando il contributo del flusso attraverso la superficie
laterale della monetina J ⋅ ˆ n LdSdSL∫∫ perché per ipotesi
infinitesimo di ordine superiore rispetto agli altri due
termini,
combinando le (2.30) e (2.31) si ottiene
J ⋅ ˆ n dS
∆Σ∫∫ = J1 ⋅ ˆ n 1 + J 2 ⋅ ˆ n 2( )dS. (2.32)
Sostituendo le (2.29) e (2.32) nell’equazione (2.28) si ha
J1 ⋅ ˆ n 1 + J2 ⋅ ˆ n 2 = −∂σ∂t
. (2.33)
La derivata totale rispetto al tempo diventa derivata parziale
perché σ e quindi Q∆Σ dipendono anche dal punto. Scelta ora la
normale ˆ n ad Sσ nel punto P coincidente con ̂ n 1 (Figura 2.10b)
si ha ˆ n 1 = ˆ n e ˆ n 2 = − ˆ n e quindi, dalla (2.33)
J1 − J2( )⋅ ˆ n = −∂σ∂t
. (2.34)
Indicando con Jn1 = J1 ⋅ ˆ n e Jn2 = J2 ⋅ ˆ n le componenti di
J1 e J2 lungo la normale ̂ n la (2.34) può essere anche scritta in
questo modo,
Jn1 − Jn2 = −∂σ∂t
. (2.35)
-
14
Questo risultato costituisce un nuovo enunciato, in forma
locale, della legge della conservazione della carica in
corrispondenza di distribuzioni di cariche con densità superficiale
e afferma: Nei punti del campo di densità di corrente in cui sia
presente una carica distribuita con densità superficiale σ , il
campo di densità di corrente presenta una discontinuità nella
componente normale alla superficie su cui è distribuita la carica;
la differenza tra i valori della componente normale di J ,
considerati dall’uno e dall’altro lato di questa superficie, è
uguale (a meno del segno) alla derivata parziale rispetto al tempo
di σ nel punto considerato. Nelle regioni prive di cariche
superficiali la componente normale di J è continua. E’ appena il
caso di notare che, a causa della discontinuità, la divergenza del
campo J non è definita in corrispondenza dei punti di Sσ .
Osservazione
In condizioni stazionarie la divergenza del campo di densità di
corrente è in tutti i punti in cui è definita uguale a zero e la
componente normale è ovunque continua. Un campo vettoriale si dice
che è solenoidale in una certa regione dello spazio se in quella
regione è continuo e la sua divergenza è ovunque uguale a zero. In
condizioni stazionarie il campo di densità di corrente è ovunque
solenoidale.
Un campo conservativo rispetto al flusso è ovunque solenoidale;
un campo ovunque solenoidale è conservativo rispetto al flusso.
♦ 2.5 Le equazioni di Maxwell nel vuoto in forma integrale
Un campo vettoriale, indipendentemente dal suo significato
fisico, è specificato completamente se sono assegnati il valore del
suo flusso attraverso una qualsiasi superficie chiusa e il valore
della sua circuitazione lungo una qualsiasi linea chiusa. Se di un
campo vettoriale è noto solo il flusso attraverso superfici chiuse
o solo la circuitazione, allora il campo vettoriale non è
univocamente determinato. Questa è una proprietà estremamente
importante dei campi vettoriali. Pertanto, le leggi che governano
il campo elettromagnetico possono essere espresse proprio per mezzo
dei flussi attraverso superfici chiuse e le circuitazioni del campo
elettrico e del campo magnetico.
Legge di Gauss per il campo elettrico
La legge di Gauss per il campo elettrico governa il flusso del
campo elettrico attraverso una generica superficie chiusa Σ. Si ha
che per ogni superficie chiusa Σ
ε0E ⋅ ˆ n dS= ρdV
Ω∫∫∫
Σ∫∫ , (2.36)
ovvero
ε0E ⋅ ˆ n dS=
Σ∫∫ QΩ , (2.37)
dove Ω è la regione di spazio delimitata dalla superficie chiusa
Σ (Figura 2.11a) , ̂ n è il versore normale alla superficie
orientato verso l’esterno,
-
15
ε0 ≅ 8.854×10−12 F/m (2.38)
è la costante dielettrica del vuoto e QΩ è la carica elettrica
netta contenuta in Ω. Il “farad” (F) è l’unità di misura della
capacità nel Sistema Internazionale.
Si noti che la (2.36), ovvero la (2.37), sono valide anche
quando sono presenti cariche puntiformi, distribuzioni di carica
con densità lineare e distribuzioni di carica con densità
superficiale: alla carica QΩ contribuiscono sia la distribuzione di
densità di carica volumetrica che le distribuzioni singolari
eventualmente presenti.
superficiechiusa Σ
C
dS n̂
regione Ωracchiusa da Σ
n̂
(a) (b)
ρ = ρ P;t( ) ρ = 0
Figura 2.11
La “sorgente” per il flusso del campo elettrico attraverso una
superficie chiusa è la carica elettrica netta contenuta all’interno
della superficie. Se non ci sono cariche all’interno di Σ il valor
medio della componente normale del campo elettrico su Σ è uguale a
zero anche in presenza di cariche vicine a Σ situate, però,
all’esterno della superficie. In questo caso il flusso netto del
campo elettrico attraverso Σ è uguale a zero: il flusso di E
entrante attraverso una parte di Σ è uguale al flusso di E uscente
attraverso la restante parte, Figura 2.11b.
Le dimensioni del flusso del campo elettrico sono evidentemente
quelle di un campo elettrico per una superficie: E[ ] S[ ] . La sua
unità di misura nel Sistema Internazionale è data da Vm .
Legge di Gauss per il campo magnetico La legge di Gauss governa
il flusso del campo magnetico attraverso una generica
superficie
chiusa Σ. Si ha che
B ⋅ ˆ n dS= 0
Σ∫∫ . (2.39)
Il campo magnetico è conservativo rispetto al flusso. Ciò è una
diretta conseguenza dell’assenza dei “monopoli” magnetici.
Osservazione
C’è una conseguenza molto importante della legge (2.39). Si
considerino due superfici aperte S1 e S2 che abbiano lo stesso orlo
Γ , e le si orientino come illustrato in Figura 2.12; il verso
della normale a S1, ˆ n 1, e il verso della normale a S2, ˆ n 2 ,
sono scelti in modo concorde.
-
16
Indichiamo con φ1 e φ2 il flusso del campo magnetico attraverso
le superfici S1 e S2, rispettivamente,
φ1 = B ⋅ ˆ n 1dS
S1
∫∫ , φ2 = B ⋅ ˆ n 2dS
S2
∫∫ . (2.40)
n̂1n̂
Γ
S1
S2
Figura 2.12
L’unione delle due superfici aperte S1 e S2 forma una superficie
chiusa che indichiamo con Σ; orientiamo la superficie Σ scegliendo
come verso per la normale ˆ n quello uscente. Consideriamo, ora, il
flusso del campo magnetico attraverso la superficie Σ. Per la
proprietà additiva dell’integrale di superficie si ha che
B⋅ˆ n dS=
Σ∫∫ B⋅ˆ n dS
S1
∫∫ + B⋅ˆ n dSS2
∫∫ . (2.41) Essendo su S1 ˆ n = ˆ n 1 e su S2 ˆ n = − ˆ n 2 si
ottiene immediatamente
B ⋅ ˆ n dS=
Σ∫∫ B ⋅ ˆ n 1dS
S1
∫∫ − B ⋅ ˆ n 2dSS2
∫∫ =φ1 −φ2 . (2.42) Applicando la legge (2.39) dalla (2.42) si
ha immediatamente che
φ1 = φ2. (2.43) In conclusione, i flussi del campo magnetico
attraverso due superfici aperte distinte che hanno lo stesso orlo
sono uguali (con una opportuna scelta del verso delle normali): il
flusso del campo magnetico dipende solo da ciò che le due superfici
hanno in comune, cioè l’orlo. Per questa ragione si è soliti
parlare nel caso magnetico di “flusso concatenato con una linea
chiusa”, senza specificare la superficie. Le dimensioni del flusso
del campo magnetico sono evidentemente quelle di un campo magnetico
per una superficie: φ[ ]= B[ ] S[ ] . La sua unità di misura nel
Sistema Internazionale è data da Tm2 ; ad essa si dà il nome di
“weber” (Wb).
-
17
♦
Legge di Faraday-Neumann La seconda legge dell’elettromagnetismo
governa la circuitazione del campo elettrico lungo
una generica linea (chiusa) Γ invariabile nel tempo. Si ha
che
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = −
d
dtB ⋅ ˆ n dS
S∫∫ , (2.44)
ovvero
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = −
dΦΓdt
, (2.45)
dove S è una generica superficie aperta che ha come orlo la
linea chiusa Γ , ˆ n è il versore normale alla superficie orientato
concordemente con il verso di percorrenza scelto per Γ secondo la
regola della “mano destra”, Figura 2.13, e ΦΓ è il flusso del campo
magnetico concatenato con la linea Γ .
n̂
Γ
S
Figura 2.13
La “sorgente” per la circuitazione del campo elettrico lungo una
generica linea chiusa Γ è la derivata rispetto al tempo, con il
segno cambiato, del flusso del campo magnetico concatenato con Γ .
In condizioni stazionarie la circuitazione del campo elettrico
lungo una generica linea chiusa è uguale a zero: il valor medio
della componente tangente del campo elettrico lungo la linea chiusa
è uguale a zero. Dunque, in condizioni stazionarie il campo
elettrico è conservativo rispetto alla circuitazione.
Osservazione
Si considerino due superfici aperte S1 e S2 che abbiano come
orlo la curva chiusa Γ , e le si orientino concordemente con il
verso di Γ , Figura 2.12. Dalla legge di Faraday-Neumann si ha
che
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = −
d
dtB ⋅ ˆ n 1dS
S1
∫∫ , (2.46)
e
-
18
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = −
d
dtB ⋅ ˆ n 2dS
S2
∫∫ . (2.47)
Sottraendo membro queste due equazioni si ottiene
0 = −d
dtB ⋅ ˆ n 1dS
S1
∫∫ + ddt
B ⋅ ˆ n 1dSS1
∫∫ = ddt
B ⋅ ˆ n 1dSS1
∫∫ − B ⋅ ˆ n 1dSS1
∫∫
. (2.48)
L’unione delle due superfici aperte S1 e S2 forma una superficie
chiusa che indichiamo con Σ; orientiamo la superficie Σ scegliendo
come verso per la normale ˆ n quello uscente. Siccome su S1 ˆ n = ˆ
n 1 e su S2 ˆ n = − ˆ n 2 si ottiene immediatamente
B ⋅ ˆ n dS=
Σ∫∫ B ⋅ ˆ n 1dS
S1
∫∫ − B ⋅ ˆ n 2dSS2
∫∫ = B ⋅ ˆ n dSΣ∫∫ . (2.49)
Combinando le (2.48) e (2.49) si che
d
dtB ⋅ ˆ n dS
Σ∫∫
= 0, (2.50)
quindi
B⋅ˆ n dS
Σ∫∫ = K = costan te (nel tempo). (2.51)
Dunque, la legge di Faraday-Neumann implica che il flusso del
campo magnetico attraverso una generica superficie è costante nel
tempo. La costante K deve essere necessariamente uguale a zero
perché c’è almeno un istante in cui il campo magnetico è stato
uguale a zero.
♦
Osservazione
L’integrale di linea del campo elettrico lungo una generica
curva orientata γ è, per definizione, la tensione elettrica lungo γ
, Figura 2.14a,
vγ = E ⋅ˆ t dl
γ∫ . (2.52)
La tensione elettrica lungo γ rappresenta il lavoro che il campo
elettrico compierebbe su una carica elettrica puntiforme unitaria
se si muovesse da un estremo all’altro di γ concordemente con il
verso con cui la curva è orientata.. Nel Sistema Internazionale la
tensione elettrica si misura in “volt” (V). Si considerino due
curve, γ1 e γ2 , che abbiano gli stessi punti estremi A e B, Figura
2.14b; si orientino entrambe le curve concordemente con il verso
che va dal punto A al punto B, e si indichino con ̂ t 1 e ˆ t 2 i
rispettivi versori tangenti. L’unione delle due curve γ1 e γ2 forma
una curva chiusa Γ ; si orienti la linea Γ in modo concorde con il
verso di γ1. Indichiamo con v1 e v2 la tensione elettrica lungo γ1
e γ2 , rispettivamente,
-
19
v1 = E ⋅ˆ t 1dl
γ1∫ ,
v2 = E ⋅ˆ t 2dl
γ 2∫ . (2.53)
A
B
γ
t̂
A
B
γ1
γ 2 t̂ 2
t̂ 1
t̂
(a) (b) Figura 2.14
Per la proprietà additiva dell’integrale di linea si ha che
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = E ⋅ˆ t dl
γ 1∫ + E ⋅ˆ t dl
γ 2∫ . (2.54)
Essendo lungo γ1 ˆ t = ˆ t 1 e lungo γ2 ˆ t = −ˆ t 2 si ottiene
immediatamente
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = E ⋅ˆ t 1dl
γ 1∫ − E ⋅ˆ t 2dl
γ 2∫ = v1 − v2 . (2.55)
Applicando la legge (2.44) dalla (2.55) si ha che
v2 −v1 =
dΦΓdt
. (2.56)
In generale, quindi, i valori delle tensioni del campo elettrico
lungo due curve che hanno gli stessi estremi sono diversi, v2 ≠ v1.
Quando le grandezze sono costanti nel tempo (condizione
stazionaria) si ha che
v1 = v2 . (2.57) In condizioni stazionarie la tensione elettrica
dipende solo dai due punti estremi della curva lungo cui è definita
e non dalla sua particolare forma.
La tensione elettrica lungo una generica linea chiusa
EΓ = E ⋅ˆ t dl
Γ∫ , (2.58)
la si indica con
EΓ e viene comunemente chiamata “forza elettromotrice” (f.e.m.)
agente lungo la
linea Γ . Si fa notare che il termine “forza” è improprio dato
che le forze e le tensioni hanno dimensioni fisiche diverse.
Utilizzando la f.e.m.
EΓ la legge di Faraday-Neumann può essere
così espressa,
-
20
EΓ = −dΦΓdt
. (2.59)
La (2.59) esprime il fatto che la f.e.m. agente lungo una linea
chiusa è pari (a meno del segno) alla derivata rispetto al tempo
del flusso magnetico concatenato con la linea stessa. Il fenomeno
prende il nome di induzione elettromagnetica e la f.e.m.
EΓ viene indicata come f.e.m. indotta
dalla variazione del campo magnetico nel tempo.
Osservazione
Poiché la superficie S è invariabile (temporalmente), le
operazioni di derivazione rispetto al tempo e integrazione sulla
superficie sono tra loro indipendenti, e pertanto l’ordine con cui
sono eseguite nella (2.44) può essere invertito. Essendo il campo
magnetico funzione del punto e del tempo si ha che
d
dtB ⋅ ˆ n dS
S∫∫ =
∂ B∂ t
⋅ ˆ n dSS∫∫ , (2.60)
e quindi
E ⋅ˆ t dl
Γ∫ = −
∂ B∂ t
⋅ ˆ n dSS∫∫ . (2.61)
E’ possibile dimostrare che l’equazione (2.61) vale anche per
linee chiuse Γ e superfici S
variabili nel tempo,
E ⋅ˆ t dl
Γ t( )∫ = −
∂ B∂ t
⋅ ˆ n dSS t( )∫∫ . (2.62)
L’equazione (2.44) va solo se Γ , e quindi S, sono invariabili
nel tempo. Infatti, dalla (2.62) si ottiene la (2.44) solo se Γ e S
sono invariabili.
♦ Legge di Ampere-Maxwell La legge di Ampere-Maxwell governa la
circuitazione del campo magnetico lungo una
generica linea (chiusa) Γ . Si ha che
Bµ 0
⋅ˆ t dlΓ∫ = J +
∂∂t
ε0E( )
⋅ ˆ n dSS∫∫ , (2.63)
ovvero
Bµ 0
⋅ˆ t dlΓ∫ = iS t( )+
∂∂t
ε0E( )⋅ ˆ n dSS∫∫ , (2.64)
dove S è una generica superficie aperta che ha come orlo la
linea chiusa Γ (Figura 2.13), e ̂ n è il versore normale alla
superficie orientato concordemente con il verso di percorrenza
scelto per
-
21
Γ secondo la regola della “mano destra”, iS è l’intensità di
corrente elettrica che attraversa la superficie S e
µ0 = 4π ×10−7 H/m (2.65)
è la permeabilità magnetica del vuoto. L’“henry” (H) è l’unità
di misura del coefficiente di autoinduzione nel Sistema
Internazionale. Si noti che nel Sistema SI, indicata con c ≅
2.9979×108 m/s la velocità della luce nel vuoto, risulta c2
=1/ε0µ0.
Si noti che la (2.63), ovvero la (2.64), sono valide anche
quando sono presenti correnti puntiformi, correnti filiformi e
distribuzioni di corrente con densità superficiale: alla intensità
di corrente iS contribuiscono sia la distribuzione di densità di
corrente volumetrica che le distribuzioni singolari. In condizioni
stazionarie la (2.64) diventa
B ⋅ˆ t dl
Γ∫ = µ 0I Γ , (2.66)
dove IΓ è l’intensità di corrente concatenata con la linea
chiusa Γ . In condizioni stazionarie il campo di densità di
corrente è conservativo rispetto al flusso, quindi il flusso
attraverso una generica superficie aperta dipende solo dal bordo
della superficie. Per tale ragione in condizioni stazionarie ha
senso parlare di “intensità di corrente elettrica concatenata” con
la linea chiusa Γ . L’equazione (2.66) è la legge di Ampere in
forma integrale.
Osservazione
La grandezza ε0E è il campo di spostamento elettrico per il
vuoto e ∂ ε0E( ) /∂t è il cosiddetto campo di densità di corrente
di spostamento per il vuoto. Dunque, la “sorgente” per la
circuitazione del campo magnetico lungo una generica linea chiusa Γ
è la somma di due termini: i) l’intensità di corrente elettrica
attraverso una generica superficie S che ha come orlo la linea Γ ;
ii) l’intensità di corrente di spostamento attraverso la stessa
superficie S. E’ evidente, allora, che il flusso del campo di
densità di corrente totale
K ≡ J +∂∂t
ε0E( ) (2.67) attraverso la superficie aperta S dipende solo
dall’orlo Γ della superficie e non dalla sua particolare forma.
Questo implica che il campo di densità di corrente K è
necessariamente conservativo rispetto al flusso, cioè per ogni
superficie chiusa Σ deve essere
K
Σ∫∫ ⋅ˆ n dS= 0. (2.67)
Questa equazione può essere ottenuta facilmente combinando la
legge della conservazione della carica (2.17) e la legge di Gauss
(2.36) assumendo che le superfici e le regioni volumetriche siano
invariabili nel tempo. Lasciamo al lettore la verifica.
In condizioni stazionarie la circuitazione del campo magnetico
lungo una generica linea chiusa Γ è uguale, a meno del fattore µ0,
all’intensità di corrente elettrica che attraversa una generica
superficie S che ha come orlo la linea Γ (legge di Ampere). Ciò
concorda con il fatto che in condizioni stazionarie il campo di
densità di corrente elettrica è conservativo rispetto al
flusso.
-
22
♦ Osservazione
L’equazione (2.63) vale anche quando la superficie S e, quindi,
la curva Γ variano nel tempo. Se la superficie S è invariabile nel
tempo si ha
Bµ 0
⋅ˆ t dlΓ∫ = J ⋅ ˆ n dS+
d
dtε0E( )⋅ ˆ n dS
S∫∫
S∫∫ . (2.68)
♦
Tabella I: Equazioni di Maxwell nel vuoto e legge della
conservazione della carica in forma integrale
E ⋅ ˆ n dS=
1
ε0ρdV
Ω∫∫∫
Σ∫∫
E ⋅ˆ t dl
Γ t( )∫ = −
∂B∂t
⋅ ˆ n dSS t( )∫∫
B ⋅ ˆ n dS= 0
Σ∫∫
B ⋅ˆ t dl
Γ∫ = µ 0 J + ε0
∂E∂t
⋅ ˆ n dS
S∫∫
J ⋅ ˆ n dS
Σ t( )∫∫ = −
∂ρ∂t
dVΩ t( )∫∫∫
2.6 Le equazioni di Maxwell nel vuoto in forma locale
Anche se il campo elettromagnetico è generato dalle cariche e
dalle correnti secondo formule estremamente complesse, esso ha una
caratteristica fondamentale: le relazioni tra i valori dei campi in
un generico punto P e i valori in un intorno di P sono estremamente
semplici.
Si assuma che, oltre alla distribuzione volumetrica di cariche e
di correnti, vi siano anche distribuzioni superficiali di cariche σ
e di correnti JS . I campi E, B, analogamente a quanto abbiamo già
visto per il campo J , non sono continui in corrispondenza delle
distribuzioni superficiali, come poi vedremo. In generale, quindi,
bisogna distinguere le regioni in cui i campi sono continui dalle
regioni in cui non lo sono.
2.6. 1 Forma locale nelle regioni in cui i campi sono
regolari
Consideriamo dapprima le regioni in cui sono assenti
distribuzioni di carica e di correnti
singolari. Come poi vedremo, in queste regioni i campi E e B
sono ovunque continui. Legge di Gauss in forma locale
La legge di Gauss in forma integrale (2.36) deve essere
verificata per ogni superficie chiusa
Σ. E’ evidente che possiamo procedere in modo analogo a come
abbiamo proceduto con la legge della conservazione della carica, §
2.4.2. Siccome una qualsiasi regione finita dello spazio può
essere sempre decomposta in regioni elementari, è sufficiente
imporre che la (2.36) sia verificata
-
23
per la superficie chiusa ∆Σ che delimita la generica regione di
spazio elementare dΩ centrata nel generico punto P, affinché sia
verificata per una generica superficie chiusa, Figura 2.9.
Allora, applicando la (2.36) alla regione elementare, si
ottiene
E ⋅ ˆ n dS=
1
ε0ρdV
dΩ∫∫∫
∆Σ∫∫ , (2.69)
dove ∆Σ è la superficie che racchiude dΩ. Essendo
ρdV
dΩ∫∫∫ = ρ P( )dΩ , (2.70)
e
E ⋅ ˆ n dS∆Σ∫∫
dΩ= ∇ P ⋅ E per dΩ → 0,
(2.71)
dalla (2.69) si ha immediatamente che
∇ ⋅ E =1
ε0ρ . (2.72)
Questa è la legge di Gauss in forma locale nelle regioni in cui
il campo elettrico è continuo. La continuità delle componenti del
campo elettrico è necessaria, altrimenti perde di significato
l’operazione di divergenza. Ricordiamo che l’operazione di
divergenza coinvolge le derivate parziali delle componenti del
campo rispetto alle coordinate (in un assegnato sistema di
coordinate). Nelle regioni in cui è assente carica elettrica le
densità di carica è zero e la divergenza del campo elettrico è
zero, quindi in queste regioni il campo elettrico è solenoidale. Si
noti che il fatto che il campo elettrico sia solenoidale in alcune
regioni non implica affatto che esso sia conservativo rispetto al
flusso. Affinché un campo sia conservativo rispetto al flusso deve
essere solenoidale in tutto lo spazio.
Legge di Gauss per il campo magnetico in forma locale Possiamo
ripetere il ragionamento appena svolto per la legge (2.36)
applicandolo alla legge
(2.39). Nelle regioni in cui il campo magnetico è continuo
otteniamo immediatamente che (lasciamo al lettore la
dimostrazione)
∇ ⋅ B = 0. (2.73)
Il campo magnetico è un campo solenoidale ovunque nello spazio.
Osservazione
Un campo conservativo rispetto al flusso è solenoidale ovunque
nello spazio; un campo solenoidale ovunque nello spazio è
conservativo rispetto al flusso. Ovviamente, se il campo è
solenoidale solo in una parte dello spazio non è conservativo
rispetto al flusso. ♦
-
24
Legge di Faraday-Neumann in forma locale Consideriamo, ora, la
legge di Faraday-Neumann (2.44). Essa deve essere verificata per
ogni
linea chiusa. Quindi, ripetendo il ragionamento svolto per la
legge di Gauss, basta imporre la (2.44) per la linea chiusa ∆Γn
invariabile nel tempo che orla la generica superficie aperta
elementare dSn centrata in un generico punto P (Figura 2.15)
affinché essa sia verificata per una generica linea chiusa. Si noti
che una volta fissato il punto P in cui la superficie è centrata,
la forma e la dimensione della superficie elementare non abbiamo
ancora individuato unicamente tale superficie, bisogna assegnare
anche la direzione e il verso della sua normale. Per questa ragione
abbiamo utilizzato il pedice “n” nel simbolo “dSn” usato per
indicare l’elemento di superficie.
Applichiamo la (2.44) alla superficie chiusa elementare dSn
invariabile nel tempo,
E ⋅ˆ t dl
∆Γn
∫ = −∂B∂t
⋅ ˆ n dSdSn
∫∫ . (2.74)
P
∆Γ
dS n̂
Figura 2.15
Essendo dSn una superficie elementare si ha
13
∂B∂t
⋅ ˆ n dSdSn
∫∫ =∂B∂t
⋅ ˆ n dSn . (2.75)
Allora dalla (2.74) si ottiene
E ⋅ˆ t dl
∆Γn
∫ = −∂B∂t
⋅ ˆ n dSn , (2.76)
ovvero
1
dSnE ⋅ˆ t dl
∆Γn
∫ = −∂B∂t
⋅ ˆ n . (2.77)
Si consideri, ora, il rapporto
E ⋅ˆ t dl∆Γn
∫
dSn, (2.78)
che compare a sinistra dell’equazione (2.77). Pur essendo ∆Γn la
l’orlo di una superficie elementare, per calcolare la circuitazione
che compare al numeratore della (2.78) non si può ragionare così
come è stato fatto per l’integrale di superficie che compare nella
(2.75): pur
13 Per definizione di superficie elementare ∂B /∂t( )⋅ ˆ n è
sostanzialmente uniformi su dSn .
-
25
essendo E con buona approssimazione uniforme sulla superficie
dSn e, quindi, con buona approssimazione uniforme anche la linea
chiusa ∆Γn , E ⋅ ˆ t non è affatto uniforme lungo ∆Γn .
E’ evidente che l’integrale E ⋅ ˆ t dl∆Γn∫ tende a zero per dSn
tendente a zero, quindi la (2.78) è il
rapporto tra due infinitesimi. Si può dimostrare che il rapporto
(2.78), così come il rapporto (2.24) è finito ed è indipendente sia
dalla forma della superficie elementare dSn e, quindi, dalla forma
della curva ∆Γn , che dal valore dell’area dSn: esso dipende solo
dal comportamento del campo vettoriale E nell’intorno del punto P .
Indichiamo tale limite con Rn, dunque
lim
dSn → 0
E ⋅ˆ t dl∆Γn
∫
dSn= Rn per dSn → 0.
(2.79)
Ricordiamo che il pedice “n” ricorda che il limite per dSn → 0
deve essere effettuato mantenendo fissata la direzione della
normale ˆ n .
Immaginiamo ora di ripetere lo stesso ragionamento per una
superficie elementare centrata nello stesso punto P, che ha la
stessa forma ma è dotata di una diversa normale ̂ ′ n diversa da ̂
n . Se anche questo nuovo limite esiste ed è finito,
indipendentemente dalla forma di dS ′ n , poniamo ancora
E ⋅ˆ t dl∆Γ ′ n
∫
dS ′ n = R ′ n per dS ′ n → 0.
(2.80)
E’ possibile dimostrare che i valori di Rn, al variare di ̂ n ,
corrispondono alle componenti, secondo la direzione ˆ n , di un
vettore univocamente determinato. Esso prende il nome di rotore del
campo elettrico nel punto P e si indica il simbolo ∇ × E 14.
Riassumendo, il rotore di E nel punto P è il vettore la cui
componente in una generica direzione orientata ˆ n è data dalla
∇ ×E( )⋅ ˆ n =
E ⋅ˆ t dl∆Γ n
∫
dSn per dSn → 0.
(2.81)
Dunque, il rotore di un campo vettoriale in un generico punto P
non è altro che un altro vettore la cui componente lungo una
direzione orientata ˆ n assegnata è il rapporto tra la
circuitazione lungo il bordo di una superficie elementare centrata
nel punto P con normale ̂ n e l’area di tale superficie; il bordo
della superficie elementare è orientato concordemente con il
versore ˆ n secondo la regola della “mano destra”. E’ interessante
osservare che per determinare il rapporto (2.81) e, quindi, il
rotore di E, non è necessario calcolare la circuitazione di E lungo
il bordo di una superficie elementare. Quando il campo vettoriale E
è espresso attraverso le componenti cartesiane Ex = Ex x,y,z;t( ),
Ey = Ey x,y,z;t( ), Ez = Ez x,y,z;t( ), il calcolo del rotore è
particolarmente semplice. Si ha, infatti
∇ ×E =
∂Ey∂z
−∂Ez∂y
̂ x +
∂Ez∂x
−∂Ex∂z
̂
y +∂Ex∂y
−∂Ey∂x
̂ z ; (2.82)
14 Il concetto di rotore di un campo vettoriale è generale, non
dipende dalla particolare natura fisica del campo vettoriale in
esame. Per la sua applicabilità è richiesto solo che il campo
vettoriale sia continuo.
-
26
ˆ x , ˆ y e ˆ z sono i tre versori fondamentali del sistema di
coordinate cartesiane impiegato. Il calcolo del rotore risulta
essere semplice anche quando il campo vettoriale è espresso
attraverso altri tipi di componenti, ad esempio, componenti
cilindriche e sferiche. In questi casi l’espressione della
divergenza risulta essere un po’ più complessa di quella descritta
dalla (2.81) (vedi in Appendice 1). E’ evidente che l’espressione
(2.81) e, quindi, l’operatore di rotore ha significato solo se
tutte le componenti del campo elettrico sono continue.
Sostituendo la (2.81) nella (2.77) si ha che in ogni punto P e
per ogni t
∇ ×E +
∂B∂t
⋅ ˆ n = 0 . (2.83)
Siccome la (2.83) è verificata per ogni ˆ n deve essere
necessariamente
∇ × E = −∂B∂t
. (2.84)
Questa è la legge di Faraday-Neumann in forma locale nelle
regioni in cui il campo elettrico è continuo.
Quale è il significato fisico della (2.84)? Per definizione di
rotore ∇ ×E( ) ⋅ ˆ n dS rappresenta proprio la circuitazione di E
lungo il bordo della superficie elementare aperta dS di normale ̂ n
. Se moltiplichiamo scalarmente ambo i membri della (2.84) per ̂ n
dS si ottiene proprio la legge di Faraday-Neumann applicata al
contorno della superficie elementare dS.
Osservazione In condizioni stazionarie il rotore del campo
elettrico è ovunque uguale a zero. Un campo vettoriale con rotore
uguale a zero in una certa regione di spazio si dice che è
irrotazionale in quella regione. Un campo conservativo rispetto
alla circuitazione è irrotazionale in tutto lo spazio. Viceversa,
un campo irrotazionale in ogni punto dello spazio è conservativo
rispetto alla circuitazione. Un campo irrotazionale solo in una
regione finita di spazio non è conservativo rispetto alla
circuitazione.
♦
Legge Ampere-Maxwell in forma locale
Consideriamo, ora, la legge di Ampere-Maxwell (2.63). Essa deve
essere verificata per ogni
linea chiusa. Quindi, ripetendo il ragionamento appena svolto
per la legge Faraday-Neumann si ha
∇ × B = µ0 J +∂∂t
ε0E( )
. (2.85)
Questa è la legge di Ampere-Maxwell in forma locale nelle
regioni in cui il campo magnetico è continuo.
Quale è il significato fisico della (2.85)? Per definizione di
rotore, ∇ ×B( ) ⋅ ˆ n dS rappresenta proprio la circuitazione di B
lungo il bordo della superficie elementare aperta dS di normale ̂ n
. Se moltiplichiamo scalarmente ambo i membri della (2.85) per ̂ n
dS si ottiene proprio la legge di Ampere-Maxwell applicata al
contorno della superficie elementare dS. In condizioni stazionarie
la (2.85) diventa
∇ × B = µ0J. (2.86)
-
27
Questa è la legge di Ampere in forma locale nelle regioni in cui
il campo magnetico è continuo.
2.6.2 Forma locale in corrispondenza di distribuzioni con
densità superficiale
Ora analizzeremo cosa accade in corrispondenza di distribuzioni
di carica e di corrente con densità superficiali.
Legge di Gauss L’equazione (2.72) vale solo nelle regioni in cui
il campo elettrico è continuo. In presenza di
una distribuzione di carica con densità superficiale la
componente normale del campo elettrico è discontinua.
Sσ
P
n̂1
2
Figura 2.16
Si assuma che su una superficie Sσ sia definita una densità di
carica superficiale σ . Si
imponga la legge di Gauss per una superficie elementare di tipo
“M”, vedi la Figura 2.10. Ragionando come per la conservazione
della carica, § 2.2.4, si ottiene
E1 − E2( )⋅ ˆ n =σε0
, (2.87)
dove ̂ n è la normale alla superficie Sσ orientata in modo tale
che va dalla parte “2” verso la parte “1”, Figura 2.16. Indicando
con En1 = E1 ⋅ ˆ n e En2 = E2 ⋅ ˆ n le componenti di E 1 e E 2
lungo la normale ̂ n , la (2.87) può essere anche scritta in questo
modo,
En1 − En2 =σε0
. (2.88)
Questo risultato costituisce un nuovo enunciato, in forma
locale, della legge di Gauss in corrispondenza di distribuzioni di
cariche con densità superficiale e afferma: Nei punti del campo
elettrico in cui sia presente una carica distribuita con densità
superficiale σ , il campo elettrico presenta una discontinuità
nella componente normale alla superficie su cui è distribuita la
carica; la differenza tra i valori della componente normale di E ,
considerati dall’uno e dall’altro lato di questa superficie, è
uguale, a meno del fattore 1/ε0 , σ nel punto considerato. Nelle
regioni prive di cariche superficiali la componente normale di E è
continua. E’ appena il caso di notare che, a causa della
discontinuità, la divergenza del campo E non è definita in
corrispondenza dei punti di Sσ .
-
28
Legge di Gauss per il campo magnetico L’equazione (2.73) vale
solo nelle regioni in cui il campo magnetico è continuo. Ora
faremo
vedere che la componente normale del campo magnetico a una
generica superficie è sempre continua.
P
n̂1
2S
Figura 2.17
Sia S una generica superficie. Si imponga la legge di Gauss per
il campo magnetico (2.39) ad una superficie elementare di tipo “M”,
vedi la Figura 2.10. Ragionando come per la legge di Gauss per il
campo elettrico, si ottiene immediatamente
B1 − B2( )⋅ ˆ n = 0 , (2.89) dove ˆ n è la normale alla
superficie S, Figura 2.17. Indicando con Bn1 = B1 ⋅ ˆ n e Bn2 = B2
⋅ ˆ n le componenti di B 1 e B 2 lungo la normale ̂ n la (2.89) può
essere anche scritta in questo modo,
Bn1 = Bn2 . (2.90) Questo risultato costituisce un nuovo
enunciato, in forma locale, della legge di Gauss per il campo
magnetico in corrispondenza di una generica superficie e afferma:
La componente normale del campo magnetico è continua in
corrispondenza di qualsiasi superficie.
Legge di Faraday-Neumann
La legge (2.84) vale solo nei punti in cui il campo elettrico è
continuo. Ora faremo vedere che la componente tangente del campo
elettrico a una generica superficie è sempre continua.
Consideriamo una generica superficie S e una linea rettangolare
elementare ∆Γ orientata (ad esempio, in verso orario), come del
tipo indicato in Figura 2.18a, centrata nel generico punto P, tale
che l’altezza dh sia trascurabile rispetto alla lunghezza dl delle
basi15; indichiamo con dl1 e dl2 i tratti elementari di base e con
dh1 e dh2 i tratti elementari di altezza. D’ora in poi, chiameremo
queste curve “linee T”. Indichiamo con dS la superficie piana
elementare che ha come orlo la linea ∆Γ , orientata concordemente
con il verso di percorrenza di ∆Γ secondo la regola della mano
destra.
Applichiamo alla linea a “T” la legge di Faraday-Neumann,
E ⋅ˆ t dl
∆Γ∫ = −
dΦ∆Γdt
, (2.91)
dove Φ∆Γ è il flusso del campo magnetico concatenato con la
curva ∆Γ . Per Φ∆Γ si ha
15 L’altezza è un infinitesimo di ordine superiore rispetto alla
lunghezza.
-
29
Φ∆Γ = B⋅ ˆ m dS
dS∫∫ = B P;t( )⋅ ˆ m P( )dS (2.92)
perché dS è una superficie elementare. Applicando la proprietà
di additività dell’integrale di linea si ha
E⋅̂ t dl
∆Γ∫ = E⋅̂ t dl
dl1
∫ + E⋅ˆ t dldh1
∫ + E⋅̂ t dldl2
∫ + E⋅̂ t dldh2
∫ . (2.93) Essendo, per ipotesi, dl1 e dl2 tratti elementari di
lunghezza dl, si ha che
E ⋅ˆ t dl
l1
∫ = E1 ⋅ˆ t 1dl e
E ⋅ˆ t dll2
∫ = E2 ⋅ˆ t 2dl , (2.94)
dove ˆ t 1 e ˆ t 2 sono, rispettivamente, i versori tangenti i
tratti elementari dl1 e dl2, avendo indicato con E1 e E 2 i valori
del campo elettrico lungo le due basi elementari. Essendo l’altezza
del rettangolo un infinitesimo, E1 e E 2 sono, rispettivamente, i
valori del campo elettrico in corrispondenza del punto P, dall’uno
e dall’altro lato della superficie S.
(a) (b)
m̂
P
n̂1
2
t̂
S
S
Pdl1dl2
dh2
t̂ 1
t̂ 2t̂
dh1
∆Γ
dS
m̂
n̂
Figura 2.18 Linee di tipo “T”.
Trascurando il contributo dell’integrale di linea lungo le due
altezze
E ⋅ˆ t dl
h1∫ + E ⋅ˆ t dlh 2∫ perché
per ipotesi infinitesimi di ordine superiore rispetto agli altri
due termini, combinando le (2.93) e (2.94) si ottiene
E ⋅ˆ t dl
∆Γ∫ = E1 ⋅ˆ t 1 + E 2 ⋅ˆ t 2( )dl. (2.95)
Sostituendo le (2.92) e (2.95) nella (2.91) si ottiene
E1⋅ˆ t 1 + E2 ⋅̂ t 2( )dl = − ∂∂ t B⋅ ˆ m ( )dS. (2.96)
Essendo dS= dl ⋅ dh, dalla (2.96) si ottiene
-
30
E1⋅̂ t 1 + E2⋅ˆ t 2 = −
∂∂ t
B⋅ ˆ m ( )dh. (2.97) E’ evidente allora che, essendo dh un
infinitesimo (nel limite di dh → 0 la linea ∆Γ viene schiacciata in
modo da far tendere a zero i lati corti) e il modulo della derivata
parziale di B rispetto al tempo finito risulta dh ∂ B⋅ ˆ m ( )/ ∂
t[ ]→0, quindi:
E1 ⋅ ˆ t 1 + E 2 ⋅ ˆ t 2 = 0. (2.98) La (2.98) può essere così
riscritta
ˆ t ⋅ E1 −E2( ) = 0, (2.99) dove ˆ t è la tangente alla
superficie S nel punto P orientata concordemente con il versore ˆ t
1, Figura 2.18b. Indicando con Et1 = E1 ⋅ ˆ t e Et 2 = E2 ⋅ ˆ t le
componenti di E 1 e E 2 lungo la tangente ˆ t , la (2.97) può
essere anche scritta in questo modo,
Et1 = Et 2 . (2.100) Riassumendo, possiamo affermare che in
corrispondenza dei punti di una generica superficie le componenti
del campo elettrico tangenziali ad essa si mantengono continue nel
passaggio da un lato all’altro della superficie stessa (anche in
corrispondenza di distribuzioni con densità superficiali).
Questo risultato costituisce un nuovo enunciato, in forma
locale, della legge di Faraday-Neumann in corrispondenza di una
generica superficie e afferma: La componente tangenziale del campo
elettrico a qualsiasi superficie è continua.
Osservazione Sia ˆ n il versore normale alla superficie S nel
punto P orientato in modo tale ̂ n = ˆ t × ˆ m , Figura 2.18. E’
evidente, allora, che
ˆ t = ˆ m × ˆ n . (2.101) Sostituendo la (2.101) nella (2.99) si
ha
ˆ m × ˆ n ( ) ⋅ E1 − E2( )= 0 (2.102) Essendo per una nota
identità vettoriale 16 ˆ m × ˆ n ( ) ⋅ E1 − E2( )= ˆ m ⋅ ˆ n × E1
−E 2( )[ ], la (2.102) diventa
ˆ m ⋅ ˆ n × E1 − E2( )[ ]= 0 . (2.103) Siccome la (2.99) deve
essere verificata per ogni versore tangente ˆ t , la relazione
(2.103) deve essere verificata per qualsiasi versore ˆ m . Ciò è
possibile se e solo se
16 A× B ⋅C = A ⋅ B × C.
-
31
ˆ n × E1 − E2( )= 0 . (2.104)
L’utilità della forma (2.104) è nel fatto che si fa di nuovo
riferimento al versore normale alla superficie, così come nei casi
precedenti. Premoltiplicando vettorialmente il campo E1 per ˆ n si
ottiene la componente tangente di E1 ruotata di 90 gradi in senso
antiorario attorno alla normale; analogamente per il campo E 2.
Allora, la (2.101) dice che la componente tangente di E1 ruotata di
90 gradi in verso antiorario attorno alla normale è uguale alla
componente tangente di E 2 ruotata sempre di 90 gradi in verso
antiorario attorno alla normale. Di conseguenza, le componenti
tangenti di E1 e E 2 devono essere uguali.
♦
Legge di Ampere-Maxwell
La legge (2.85) vale solo nei punti in cui il campo magnetico è
continuo. Ora determineremo la legge che governa la componente
tangenziale del campo magnetico in prossimità di una distribuzione
di densità superficiale di corrente.
(a) (b)
dS
P
dl1dl2
dh2
t̂ 1t̂ 2t̂
dh1
∆Γ m̂
JS
Sσ
n̂
m̂
P
n̂1
2
t̂
S
Figura 2.19 Linee di tipo “T”.
Sulla superficie Sσ è definita una distribuzione di densità
superficiale di corrente JS . Come
nel caso appena trattato, consideriamo sulla superficie Sσ una
linea di tipo “T” centrata nel generico punto P, Figura 2.19.
Applichiamo alla linea di tipo “T” la legge di Ampere-Maxwell,
B⋅̂ t dl
∆Γ∫ = µ 0idS + µ 0ε0
dφdSdt
, (2.105)
dove φdS è il flusso del campo elettrico attraverso la
superficie elementare dS. Per φdS si ha
φdS = E⋅ ˆ m dS
dS∫∫ = E P;t( )⋅ ˆ m P( )dS, (2.106)
perché dS è una superficie elementare. Solo il campo di densità
di corrente superficiale contribuisce all’intensità di corrente idS
: idS è il flusso di JS attraverso la curva di lunghezza dl che si
ottiene dall’intersezione della superficie elementare dS con la
superficie Sσ , orientata con normale ̂ m . E’ immediato, allora,
che
-
32
idS = JS P;t( )⋅ ˆ m P( )dl . (2.107) Ragionando come nel caso
precedente si ha, inoltre,
B⋅̂ t dl
∆Γ∫ = B1⋅̂ t 1 + B 2⋅ˆ t 2( )dl . (2.108)
I contributi dei lati dh1 e dh1 sono trascurabili perché
infinitesimi di ordine superiore. Sostituendo le (2.106) – (2.108)
nella (2.105) e ricordando che dS= dh⋅ dl si ottiene
B1 ⋅ˆ t 1 + B2 ⋅ˆ t 2 = µ 0 JS + dhE( )⋅ ˆ m . (2.109)
E’ evidente allora che dhE, in modulo, è infinitesimo rispetto a
JS e quindi, dhE è trascurabile rispetto a JS . Allora dalla
(2.108) si ottiene:
B1 ⋅ˆ t 1 + B2 ⋅ˆ t 2 = µ 0JS ⋅ ˆ m . (2.110) La (2.110) può
essere così riscritta
ˆ t ⋅ B1 −B2( ) =µ 0JS ⋅ ˆ m , (2.111) dove ˆ t è la tangente
alla superficie Sσ nel punto P orientata concordemente con il
versore ˆ t 1, Figura 2.19. Indicando con Bt1 = B1 ⋅ ˆ t e Bt2 = B
2 ⋅ ˆ t le componenti di B 1 e B 2 lungo la tangente ˆ t , la
(2.111) può essere anche riscritta in questo modo,
Bt1 − Bt 2 = µ0JS ⋅ ˆ m . (2.112)
Questo risultato costituisce un nuovo enunciato, in forma
locale, della legge di Ampere-Maxwell in corrispondenza di una
superficie Sσ su cui è definita una distribuzione con densità
superficiale di corrente JS e afferma: La variazione nel passaggio
dall’una all’altra faccia di Sσ della componente di B secondo una
generica direzione tangente a Sσ è uguale, a meno del fattore µ0 ,
alla componente di JS lungo la direzione ortogonale alla direzione
tangente considerata. Nelle regioni prive di distribuzioni con
densità superficiale la componente tangenziale del campo magnetico
ad una generica superficie è continua.
Osservazione La condizione (2.111) può essere riscritta nel modo
equivalente,
ˆ n × B1 − B2( )= µ0JS . (2.113) Infatti, essendo ̂ t = ˆ m × ˆ
n (vedi (2.101)), dalla (2.111) si ottiene
ˆ m × ˆ n ( ) ⋅ B1 − B2( )= µ0JS ⋅ ˆ m . (2.114)
-
33
Utilizzando l’identità ˆ m × ˆ n ( ) ⋅ B1 − B2( )= ˆ m ⋅ ˆ n ×
B1 −B 2( )[ ], la (2.111) diventa
ˆ m ⋅ ˆ n × B1 − B2( )[ ]= µ0JS ⋅ ˆ m . (2.115) Siccome la
(2.111) deve essere verificata per ogni versore tangente ˆ t , la
relazione (2.115) deve essere verificata per qualsiasi versore ˆ m
. Ciò è possibile se e solo se è verificata la (2.113).
Allora, la (2.113) dice che la differenza tra la componente
tangente di B1 ruotata di 90 gradi in verso antiorario attorno alla
normale nel generico punto P di Sσ e la componente tangente di B 2
ruotata sempre di 90 gradi in verso antiorario attorno alla normale
nello stesso punto è uguale, a meno del fattore µ0 , al valore del
campo di densità di corrente superficiale in quel punto.
♦
Tabella II: Equazioni di Maxwell nel vuoto e legge della
conservazione della carica in forma
locale
Regioni in cui i campi sono continui
Superfici su cui sono definite distribuzioni con densità
superficiale
1
2
n̂
S
∇ ⋅ E =ρε0
ˆ n ⋅ E1 − E2( )=σε0
∇ × E = −∂B∂t
ˆ n × E1 − E2( )= 0
∇ ⋅ B = 0 ˆ n ⋅ B1 − B2( )= 0 ∇ × B = µ0 J +
∂∂t
ε0E( )
ˆ n × B1 − B2( )= µ0JS
∇ ⋅ J = −∂ρ∂t
ˆ n ⋅ J1 − J2( )= −∂σ∂t
2.7 Materiali conduttori, dielettrici e magnetici Le equazioni
che esprimono le leggi generali dell’elettromagnetismo assumono una
forma più complessa in presenza di materiali (conduttori, isolanti,
dielettrici, materiali “magnetici”, ecc), poiché le sorgenti del
campo non si limitano più soltanto alle cariche e correnti
elettriche presenti nello spazio vuoto (delle quali si assumono
note a priori le distribuzioni), ma comprendono anche quelle che si
generano nei mezzi materiali per effetto dell’interazione con il
campo elettromagnetico ivi presente. Ne deriva che queste nuove
distribuzioni svolgono allo stesso tempo il ruolo di sorgenti (e
quindi - se si vuole - “cause”) del campo e quello di “effetto” (in
quanto determinate dal campo stesso). Di qui, la maggiore
complessità richiesta dalla descrizione dei fenomeni
elettromagnetici in presenza di mezzi materiali. In realtà, come
poi
-
34
vedremo, nella maggior parte dei casi tutte le sorgenti
elementari del campo elettromagnetico sono situate all’intermo di
materiali. Le cariche e le correnti elettriche presenti nei
materiali, che contribuiscono al campo elettromagnetico
macroscopico, sono classificate in “libere” e “legate” (o
molecolari).
Con cariche elettriche libere si intendono quelle cariche che
sono in grado di muoversi all’interno del materiale su lunghezze
macroscopiche. Le correnti elettriche libere sono le correnti
prodotte da cariche libere in moto. Ad esempio, in un filo di rame
un elettrone per ogni nucleo di rame è libero di muoversi su
lunghezze macroscopiche.
Con cariche elettriche legate si intendono, invece, quelle
cariche che, pur contribuendo al campo elettromagnetico
macroscopico, non sono libere di spostarsi su lunghezze
macroscopiche, ma possono solo muoversi attorno a posizioni ben
precise su dimensioni caratteristiche dell’ordine delle dimensioni
molecolari o atomiche. Le correnti prodotte dal moto delle cariche
legate prendono il nome di correnti elettriche legate (o
molecolari).
Va detto con chiarezza che, ove mai fosse possibile conoscere
a-priori la distribuzione delle sorgenti legate ai mezzi materiali
presenti, oltre che di quelle libere, le leggi del campo
elettromagnetico potrebbero ancora essere utilizzate nella forma
relativa allo spazio vuoto (come se i mezzi materiali non
esistessero), a patto, naturalmente, di fare figurare fra le
sorgenti anche quelle legate (oltre che quelle libere). Analoga
situazione si ha quando i mezzi materiali presenti siano
completamente trasparenti al campo elettromagnetico: ciò si
verifica quando nel mezzo materiale non vengono indotte sorgenti
significative per effetto della presenza in esso del campo
elettromagnetico (è il caso, ad esempio, dell’aria in condizioni
usuali, nonché di altri gas).
Nelle situazioni più frequenti che si presentano nella tecnica,
le cose stanno però, come si è detto, in modo più complicato,
perché anche ammettendo di potere conoscere a priori la
distribuzione di tutte le sorgenti libere - cosa del tutto
ipotetica, perché, come poi vedremo, le cariche e le correnti
elettriche libere sono anche esse (quasi sempre) incognite - non è
nota a priori la distribuzione delle sorgenti legate perché non è
noto il campo elettromagnetico complessivo: occorre, quindi,
trovare il modo di riuscire a determinare insieme sia queste, sia
il campo elettromagnetico che esse contribuiscono a produrre. I
fenomeni che si manifestano nei materiali, quando sono immersi in
un campo elettromagnetico, sono così classificabili: conduzione
elettrica, polarizzazione elettrica e polarizzazione magnetica. Può
riscontrarsi la presenza significativa di più d’uno di tali
fenomeni, oppure la prevalenza di uno solo (ad esempio, in un pezzo
di ferro sono significativi sia il fenomeno della conduzione che
quello della polarizzazione magnetica, mentre in uno di rame è
significativo soltanto quello della conduzione e in uno di plastica
quello della polarizzazione elettrica). I conduttori sono i
materiali in cui è prevalente il fenomeno della conduzione
elettrica, i dielettrici sono i materiali in cui è prevalente la
polarizzazione elettrica e i materiali magnetici sono quei
materiali in cui sono prevalenti il fenomeno della polarizzazione
magnetica.
2.6.1 Conduttori I conduttori sono materiali che contengono un
numero elevato di cariche elettriche libere per
unità di volume; ad esempio, nel rame la densità numerica di
elettroni liberi è dell’ordine di 1023cm−3 .
Il fenomeno della conduzione elettrica è l’azione del campo
elettromagnetico sulle cariche elettriche libere presenti nei
conduttori: esso è caratterizzato dalle distribuzioni di cariche e
correnti (superficiali e volumetriche), risultanti dall’azione del
campo elettromagnetico sulle cariche libere.
Il campo di densità di corrente in un conduttore, in un
qualsiasi punto e istante, dipende, oltre che dal valore campo
elettrico nello stesso punto e istante, anche dal campo magnetico
(effetto Hall), dalla velocità del conduttore (come nelle dinamo e
negli alternatori), e da campi di forze di
-
35
natura non elettrica (come, ad esempio, il campo elettromotore
di natura chimica in una pila o in una cella a combustibile, o il
campo elettromotore di natura fotoelettrica nelle celle
solari).
Il tipo di corrente che nasce in un conduttore e il meccanismo
di conduzione dipende dalla struttura fisico-chimica del materiale.
La relazione tra il campo elettrico (la causa) e il campo densità
di corrente nei conduttori (l’effetto) dipende, essenzialmente,
solo dalla costituzione fisico-chimica del materiale conduttore (e
non, ad esempio, dalla loro forma); per questa ragione le
chiameremo relazioni costitutive del conduttore. Noi qui faremo
riferimento solo ai cosiddetti conduttori metallici, perché sono i
più comuni e anche i più semplici da descrivere.
Un conduttore metallico si può immaginare costituito da una
struttura di cariche positive, fisse nei vertici di un reticolo 17,
e da un “mare” di elettroni liberi che si muovono in maniera
disordinata a causa dell’agitazione termica, urtando continuamente
tra loro e contro le cariche positive fisse del reticolo. Sotto
l’azione di un campo elettromagnetico macroscopico su ciascun
elettrone libero del conduttore agisce una forza che dà origine ad
un moto ordinato che si sovrappone al moto disordinato dovuto
all’agitazione termica.
E’ possibile prevedere l’azione del campo elettromagnetico sulle
cariche libere di un conduttore metallico studiando il moto degli
elettroni liberi sotto l’azione della forza di Lorentz f = −e E + v
×B( ) ( v è la velocità media del generico elettrone libero) e
degli urti anelastici con il reticolo del conduttore.
JB J
Em
(a) (b) (c)
EJ
conduttore
Figura 2.20
Si consideri un conduttore metallico fermo, in presenza di un
campo elettromagnetico (il
campo può variare anche nel tempo, purché non troppo
velocemente), Figura 2.20a. Se la velocità macroscopica associata
al moto ordinato prodotto dal campo elettrico è molto più piccola
confrontata con la velocità associata al moto disordinato (la
cosiddetta velocità termica, che ricordiamo, è dell’ordine di
centinaia di km al secondo a temperatura ambiente), la relazione
tra il campo di densità di corrente volumetrica J (che descrive la
corrente macroscopica nel conduttore) e il campo elettrico E (che
produce la corrente macroscopica) è
J = γE . (2.116) dove il coefficiente γ è la conducibilità
elettrica del conduttore. Il termine di forza del campo magnetico è
stato ignorato nella (2.116). Esso dà origine all’effetto Hall,
effetto che è poco significativo nei metalli a causa delle basse
velocità macroscopiche degli elettroni liberi.
L’inverso della conducibilità elettrica è la resistività
elettrica η, η =1/γ . E’ evidente che la dimensione fisica della
resistività è V/ A( ) ⋅ m. Nel Sistema Internazionale 1V /1A =1Ω,
dove “ohm” (Ω) è l’unità di misura della resistenza elettrica.
Quindi l’unità di misura della resistività nel Sistema
Internazionale è “ohm⋅ metro” ( Ω ⋅ m). Di conseguenza l’unità di
misura della conducibilità elettrica è “1/ ohm⋅ metro( )” ( Ω− 1 ⋅
m−1). Nel Sistema Internazionale “1/ohm= siemens” ( Ω− 1 =S): il
“siemens” è l’unità di misura della conduttanza elettrica.
17 Ciascuna carica positiva è composta da un nucleo atomico e
dagli elettroni legati al nucleo. La carica netta risultante è
positiva perché mancano alla struttura atomica alcuni elettroni,
che sono proprio quelli in grado di muoversi su dimensioni
macroscopiche all’interno del reticolo.
-
36
Studiando il moto degli elettroni liberi sotto l’azione della
forze di Lorentz e degli urti anelastici si ottiene l’espressione
della conducibilità elettrica in funzione delle caratteristiche
fisiche del materiale,
γ = e2nelme
τ , (2.117)
dove e il valore della carica dell’elettrone (in valore
assoluto), me è la massa dell’elettrone, nel è la densità di
elettroni liberi nel conduttore e τ il tempo medio tra due urti
successivi di un elettrone libero con le cariche positive fisse del
reticolo del conduttore. Il tempo caratteristico τ descrive,
appunto, l’effetto degli urti anelastici con il reticolo. Gli urti
sono sostanzialmente dovuti al moto disordinato, quindi τ
diminuisce al crescere della velocità termica. Essendo la velocità
termica direttamente proporzionale alla radice quadrata della
temperatura, si ha che la conducibilità elettrica di un conduttore
metallico diminuisce al crescere della temperatura del
conduttore.
Tabella III Resistività, conducibilità e coefficiente di
temperatura di alcuni materiali.
Materiale Resistività µΩ ⋅ m( )
Conducibilità Ω−1 ⋅ m−1( )
Coefficiente di temperatura a 20 °C 1/°C( )
Argento 0,0159÷0,017 5,9÷6,3 ×107 3,8×10−3 Rame 0,0170÷0,0178
5,6÷5,9×107 3,9×10−3 Alluminio 0,028÷0,03 3,3÷3,6×107 3,7×10−3
Zinco 0,063 1,6×107 3,7×10−3 Ottone 0,07÷0,09 1,1÷1,4×107 1,5×10−3
Ferro 0,09÷0,15 0,67÷1,1×107 4,5×10−4 Leghe per resistori
Rame-nichel-manganese (nichelina, manganina, costantana)
0,43÷0,5 2,2×106 -0,05÷0,1×10−3
Nichel - cromo 1,1 0,8×106 0,02×10−3 Carbone per lampade ad arco
60÷80 1,70×104 -0,2÷0,8×10−3 Acqua di mare 0.33×106 3 - Acqua dolce
108 10−2 - Acqua distillata 1÷4×1010 0,2÷1×10−4 - Terreni 108 ÷1010
10−4 ÷10−2 -
La (2.116) è una relazione lineare ed isotropa18 tra il campo
elettrico e il campo di densità di corrente. Essa prende il nome di
legge di Ohm (in forma locale) e vale anche per conduttori diversi
da quelli metallici (gas ionizzati, liquidi, …), sotto opportune
condizioni. I conduttori descritti dalla relazione (2.116) prendono
il nome di conduttori ohmici. La (2.116) è la relazione costitutiva
dei conduttori di tipo ohmico.
Il limite γ → 0 descrive il comportamento di un materiale
isolante, come il dielettrico ideale: in questi materiali non
circola corrente pur in presenza di un campo elettrico. Invece, il
limite γ → ∞ , ovvero η → 0 descrive il comportamento di materiali
con elevatissima conducibilità,
18 Il campo di densità di corrente e il campo elettrico sono
paralleli.
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cioè il comportamento dei conduttori ideali: in questo caso pur
in presenza di correnti nel conduttore il campo elettrico è
nullo.
Si rileva sperimentalmente che, per un’ampia classe di
conduttori e in un largo campo di temperature, la resistività varia
pressoché linearmente, secondo la legge
η = η0 1+ α T − T0( )[ ], (2.118) dove T0 è la temperatura di
riferimento, assunta pari a quell’ambiente T0 = 20°C , η0 è la
resistività alla temperatura T0 e α è il cosiddetto coefficiente di
temperatura del conduttore. La Tabella III riporta i valori tipici
di η0 , γ0 e α .
Se il materiale conduttore è in moto con velocità V ed è immerso
in un campo magnetico (Figura 2.20b), all’azione del campo
elettrico bisogna aggiungere l’azione del campo V ×B: questo
contributo è dovuto al termine della forza di Lorentz dipendente
dal campo magnetico. In un conduttore in moto con velocità V , la
velocità macroscopica del generico elettrone libero è data dalla
somma della velocità dovuta all’azione della forza di Lorentz e
della velocità di trascinamento V dovuta al moto del reticolo in
cui l’elettrone, pur essendo libero, è obbligato a muoversi.
Essendo la velocità dovuta all’azione della forza di Lorentz
trascurabile (dell’ordine dei µm /s), resta solo il contributo
dovuto alla velocità di “trascinamento” V .
Nelle pile, nelle celle solari o nelle celle a combustibile,
oltre al campo elettrico macroscopico, sulle cariche libere
presenti nel materiale (che è ovviamente un materiale conduttore)
agisce anche un campo, di natura diverso da quello elettrico
macroscopico (ad esempio, di natura chimica nelle pile e nelle
celle a combustibile, di natura fotovoltaica nelle celle solari),
denominato campo elettromotore , che indichiamo con il simbolo Em,
Figura 2.20c.
La relazione costitutiva di un conduttore ohmico in moto in un
campo magnetico e in presenza di un campo elettromotore è,
allora,
J = γ E + V ×B + Em( ) , (2.119) dove V e Em sono grandezze che
possono essere considerate assegnate. Le “sorgenti” del campo
elettromagnetico che noi siamo in grado di controllare
effettivamente, ad esempio, attraverso “manopole” o “interruttori”,
sono proprio i termini V ×B e Em che compaiono nella (2.119). Le
sorgenti elementari del campo elettromagnetico, cioè le cariche e
le correnti libere, sono esse stesse incognite del problema: esse
non possono essere controllate in modo diretto. In conclusione la
presenza di materiali conduttori non altera la struttura delle
equazioni di Maxwell così come è stata descritta nel precedente
paragrafo. In realtà, attraverso i conduttori è possibile produrre
proprio le cariche e le correnti che compaiono come sorgenti
elementari nelle equazioni di Maxwell, solo che queste cariche e
queste correnti non sono note ma sono esse stesse incognite del
problema. Le sole grandezze note sono, ad esempio, le velocità con
cui ruotano i rotori nelle dinamo e negli alternatori e i campi
elettromotori che agiscono nelle pile, nelle celle a combustibile o
nelle celle solari.
2.6.2 Dielettrici
Gli atomi e le molecole di un dielettrico, pur essendo
globalmente neutre, sono formate da portatori di cariche dei due
segn