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Edipress Communications - Torino - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (gennaio/febbraio 2013) - N. 1 - Abbonamento 6 numeri 30 euro. Edipress Communications - Torino - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (gennaio/febbraio 2013) - N. 1 - Abbonamento 6 numeri 30 euro. Anno VI - gennaio/febbraio 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali, Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino. Il territorio come bene culturale Università di Pisa, una nuova branca della psicologia studia l’interazione tra uomo e ambiente Res Tipica, la terra come risorsa: il recupero delle tradizioni costruttive locali In Trentino la grande occasione per cento giovani talenti
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ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

Mar 24, 2016

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ENERGEO MAGAZINE (www.energeomagazine.com) è il periodico delle Comunità energetiche sostenibili che puntano ad una maggiore conoscenza delle attività di un mercato in forte crescita. La mission di Energeo Magazine è quella di raccontare le vicende, le storie e le notizie che animano l’intero territorio nazionale nell’ambito delle iniziative di promozione delle energie rinnovabili
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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro

Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale

sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali,

Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino.

Il territorio come bene culturale

Università di Pisa, una nuova branca della psicologia studia

l’interazione tra uomo e ambiente

Res Tipica, la terra come risorsa:il recupero delle tradizioni costruttive locali

In Trentino la grande occasione per cento giovani talenti

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UN’ASSOCIAZIONISMO ISPIRATO AI VALORI DELLA COOPERAZIONEL’A.N.C.I. ha riconosciuto statutariamente (art. 32) il Consorzio dei Comuni Trentini quale sua articolazione istituzionale in Provincia di Trento. Il Consorzio dei Comuni Trentini (A.N.C.I. TRENTINO) è una Società Cooperativa costituita il 9 luglio 1996 alla quale sono associati la totalità dei Comuni (217) e delle Comunità (16).

Considerati gli scopi statutari, il Consorzio dei Comuni Trentini:

presta ai Comuni e alle Comunità ogni forma di assistenza anche attraverso servizi, con particolare riguardo al settore contrattuale, amministrativo, contabile, legale fiscale, sindacale, organizzativo, economico e tecnico;

esercita tutte le prerogative, compiti e funzioni atte ad assicurare al Consigliodelle Autonomie Locali ogni forma di assistenza, collaborazione e supporto;

rappresenta, difende e tutela gli interessi dei Comuni e delle Comunità intrattenendo, allo scopo, opportuni contatti con enti, istituzioni, uffici ed organi di ogni ordine e grado;

promuove e favorisce l’innovazione nei Comuni e nelle Comunità attuando iniziativee compiendo operazioni atte a favorirne l’ottimale assetto organizzativo, anche attraverso relazioni con enti di ricerca;

presta ai Comuni e alle Comunità ogni forma di assistenza per i problemi legati all’applicazione dei contratti provinciali di lavoro al personale dipendente; è presente con un proprio rappresentante nell’A.P.R.A.N. per la definizione degli strumenti contrattuali;

promuove e attua la formazione e l’aggiornamento professionale del personale dipendente dei Comuni e delle Comunità; attiva specifici interventi di formazione e aggiornamento per gli Amministratori comunali;

attua tutte le iniziative previste per il mantenimento della certificazione della gestione forestale sostenibile delle foreste di proprietà comunale secondo lo schema PEFC.

Consorzio dei Comuni TrentiniVia Torre Verde, 23 - 38122 TRENTO

Tel. 0461-987139 - Fax 0461-981978 [email protected] - www.comunitrentini.it

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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Il progetto di Energeo Magazine, avviato da una piccola casa editrice con

l’obiettivo di studiare e descrivere le diverse possibilità di lettura del territo-

rio, amplia e completa il proprio piano di lavoro, muovendosi in sintonia con

alcuni programmi televisivi che dedicano a questi argomenti grande attenzione.

Si tratta di un’occasione straordinaria per approfondire il confronto culturale sui

temi della tutela del territorio e del paesaggio, sulle iniziative e sulle nuove sfide

che la società riserva, in un momento in cui si sente il bisogno di riflettere su

questi sacrosanti valori. Nuovi, autorevoli collaboratori arricchiscono i contenuti

già stuzzicanti, che si richiamano a programmi televisivi di grande prestigio e di

consolidata tradizione. Ma non solo. Il confronto si sposta decisamente sul

territorio per affrontare le diverse dimensioni del problema della tutela e della

salvaguardia dell’ambiente, in particolare quella agro-ecologica e la dimensione

storica dei luoghi, che inquadra anche gli aspetti della lingua e dei dialetti, come

è il caso della piccola Comunità di Resia, in Friuli, che ha fornito gli strumenti ai

più giovani per facilitare l’apprendimento del dialetto resiano.

Un argomento che sarà affrontato nel prossimo numero di Energeo. Senza

dimenticare i paesaggi agrari, anch’essi a rischio, com’è il caso dell’Istituto di

istruzione superiore Tecnica Agraria Bernardo Marsano, dove si diplomò, nella

Regia Scuola, un giovanissimo Rodolfo Valentino, prima di approdare ai fasti del

cinema che lo resero famoso in tutto il mondo. Si tratta di un orto giardino storico,

laboratorio spontaneo e museo a cielo aperto per la sua ubicazione ambientale

e la peculiarità morfologica sulle colline di Sant’Ilario, che ha grande valenza

pedagogica e formativa per migliaia di studenti. La partecipazione diretta dei docenti di alcune prestigiose Università

garantirà, in ogni numero, un supporto sugli esempi concreti di approccio olistico al paesaggio. Infine gli specialisti dell’E-

nea, che ha patrocinato il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, ideato dal nostro giornale, ci aiuteranno ad esami-

nare i temi dello sviluppo sostenibile e del suo legame con l’utilizzo delle risorse dei territori, dell’innovazione scientifica

per la tutela dell’ambiente e della green economy. Su Energeo potete seguire tutti gli aspetti che renderanno più accat-

tivante il percorso del Premio dedicato a Giovanni Spadolini, fondatore del Ministero per i Beni culturali e Ambientali, che

quest’anno si svolgerà a Modena nell’avveniristica location della Casa natale Enzo Ferrari, trasformata in museo.

Il periodico darà spazio al progetto di dar vita, attraverso la Rete delle Reti Angelo Vassallo, ad una “finestra di dialogo”

con Expo 2015 per offrire una collaborazione concreta sui temi dello sviluppo e della sostenibilità, organizzando una road

map sul territorio sulle tematiche che caratterizzeranno i prossimi numeri di Energeo.

La rampa di lancio è nel cuore di una terra antica: il Cilento. Quella che fu la Lucania occidentale, tra i golfi di Salerno e di

Policastro, territorio riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, è diventata, infatti, un’officina aperta sul futuro

del territorio, tra le prime individuate da Expo 2015. In questo luogo che da millenni ha ispirato poeti e cantori, è decollato

l’Osservatorio che, oltre a valorizzare la Dieta Mediterranea a 360 gradi, a cominciare dagli aspetti economici, sociali e

culturali, è chiamato a favorire l’integrazione tra le attività istituzionali e la cooperazione tra le Regioni, i Paesi e i popoli

del Mediterraneo. Il tutto promuovendo la partecipazione di enti, associazioni, aziende nazionali ed estere, operanti nei

diversi settori della ricerca, della cultura, della salute, dell’istruzione, della produzione e distribuzione, dell’associazionismo

culturale, ambientale e sociale, attraverso la Rete delle Reti Angelo Vassallo.

Il magazine avrà cura dei dettagli, ponendo particolare attenzione ai temi trattati e la giusta sensibilità nel proporli ai lettori.

Impareremo insieme a guardare con l’intenzione di “vedere”. T.R.

Sui passi di Bellitalia

Il conduttore della rubrica Bellitalia Marco Hagge, sul set delle Biancane,

un affioramento geotermico nel cuore della Toscana dove si è recato

per registrare una puntata delle nota trasmissione della Rai TGR,

messa in onda sabato 23 febbraio e riproposta sul sito www.bellitalia.rai.it

Il Cacioricotta ottenuto esclusivamente da latte di capra è prodotto solo in alcune zone del Cilento.

In alto: una vecchia stampa della Regia Scuola di Tecnica Agraria Bernardo Marsano. Un giovanissimo Rodolfo Valentino, studente della Scuola di Sant’Ilario che si diplomò in agraria nel 1912, interessato non solo alle lezioni

di ginnastica e ballo, ma con ottimo rendimento in tutte le materie.

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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ODirettore responsabile: Taty [email protected]:Pierpaolo [email protected]: Luigi Letteriello - 334.120.71.85Progetti speciali e Pubblicità:Promedia [email protected] di Redazione:Lucrezia LocatelliRealizzazione grafica: Stefania De Cristofaro

Comitato Scientifico:• AugustoMarinelli,giàMagnificoRettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini.•Prof.GiovanniPuglisiPresidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM.•GiuseppeBlasi,giàresponsabiledellesedeRai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno.• DarioCarella,MdAMéritEuropeenne, FondationduMériteEuropeenne, Lussemburgo.• AndreaChiaves,progettistaemerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. •StefanoMasini,responsabileAmbiente e Consumi Coldiretti.•FabrizioMontepara,Presidente Res Tipica ANCI.• DomenicoNicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno.• AngeloPaladino,Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino. •DipakPant,ProfessorediAntropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza.• CarlinPetrini,fondatoreePresidente di Slow Food.•LuigiSpagnolli,PresidenteCommissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). •PieroSardo,PresidentedellaFondazione Slow Food per la Biodiversità. •AlessandroVercelli,docentediEconomia e Ambiente Università di Siena.

Consulente tematiche e sviluppo azioni:•DichiarazioneUNESCOsulPaesaggio•SistemidiScienzelocali,Tecniche e Conoscenze Tradizionali•BancaMondialeConoscenzeTradizionali (Banca del sapere) - TKWB•PietroLaureano,Presidentedell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO

Collaboratori:Maja Argenziano, Michaela Barilari, Gaia Bollini, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Filippo Delogu, Marco Devecchi, Lello Gaudiosi, Gabriele Maniscalco, Viviana Martini, Maria Mazzei, Isidoro Parodi, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Loredana Renaudo, Federica Rolle, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Carlo Sacchettoni, Alessandro Sbrana, Enzo Siviero, Francesca Vassallo.

Le fotografie di questo numero• EDITORIALE:(LucaGabellini;UfficioStampa ComunediPollica;ArchivioIstitutodiistruzione superiore Tecnica Agraria. Bernardo Marsano). • ISTANTANEE:(StefanoCastronovo-contro copertina).• PRIMOPIANO:(FondazioneSpadoliniNuova Antologia;ComunediPollica;RelazioniEsterne Expo2015;Studio129Modena(MuseoCasa nataleEnzoFerrari);FotoGermogli; ProvinciaAutonomadiTrento; ProvinciadiModena;TgrRai).

• BESTPRACTICE:(ArchivioUfficioStampa Provincia autonoma di Trento - Piero Cavagna, Romano Magrone, Luca Franceschi). • LEGGEREILTERRITORIO:(LucaGabellini; Ufficio Stampa Consiglio Regionale del Piemonte).• RESTIPICAEDINTORNI:(ResTipicaANCI; ComunediNOVI;AssociazioneNazionaleCittà dellaTerraCruda;LaCasaVerdeCO2.0; arch.IsidoroParodi;arch.GaiaBollini).• PAESAGGIAGRARI:(StefanoCastronovo; Archivio Istituto di istruzione superiore TecnicaAgraria.BernardoMarsano; Angela Comenale Pinto).• INIZIATIVELOCALI:(SegreteriaComunità delle Giudicarie).• APPROFONDIMENTO:(SerenaCiabò; Bernardino Romano).• ARCHINELLOSPAZIO:(EnzoSiviero & Partners srl). • ILPUNTODIVISTA:(PaoloRognini).• ANNIVERSARI:(Co.Svi.G.RelazioniEsterne, Podere Paterno).• LABIBLIOTECADIENERGEOMAGAZINE: (EditoreFrancoAngeli;UnioncamerePiemonte).

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine.

Tutela della Privacy:Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96.Prezzo di copertina: Euro 5,50Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00

Diffusione on line:www.regione.abruzzo.itwww.comunitrentini.itwww.distrettoenergierinnovabili.it www.ecoandthecity.itwww.energeomagazine.comwww.edipress.netwww.ipogea.org/www.osservatoriopaesaggio.eu (in costruzione)www.restipica.net

Direzione, Redazione, Abbonamenti:Edipress Communications SasCorso Re Umberto, 82 - 10128 Torino(+39)011.568.20.82 - 335.606.04.90334.120.71.85 - [email protected]

Uffici di Corrispondenza:•DistrettoEnergieRinnovabili Via Bellini, 58 - Firenze Tel. (+39)055.36.81.23 - Fax (+39)055.321.70.26•Trento-ConsorziodeiComuniTrentini Via Torre Verde, 23 - Tel. 0461 987139•ITKIUNESCO-Ipogea(CentroONU) Via Roma 595 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze)•OsservatorioEuropeodelPaesaggio Arco latino - Certosa di San Lorenzo 84034 Padula (Patrimonio UNESCO) (+39)366.980.14.55 - Fax 0974.95.38.14

Stampa:Società Tipografica Ianni SrlStrada Circonvallazione, 180 - SantenaTel. (+39)011.949.25.80

Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990Copyright Energeo MagazineEdipress Communications Sas

Periodico bimestralePoste Italiane SpaSpedizione Postale Dl 353/2003(conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ TorinoAnno VI - N° 1 - Gennaio/Febbraio 2013

Il periodico Energeo Magazine è iscrittonel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

ISTANTANEE6 Il territorio per il dialogo tra le genti

PRIMO PIANO8 Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione Una scelta di campo In rete per agire insieme Un territorio di qualità internazionale Un linguaggio che tiene insieme i territori Il ruolo di Res Tipica ANCI Un nuovo spazio nel bando: l’identità dei luoghi “virtuosi” La ricostruzione solidale “fiore all’occhiello” del Premio Innovare sotto il segno del mito Enzo Ferrari Una finestra aperta sull’informazione televisiva BEST PRACTICE14 La grande occasione per cento giovani talenti

LEGGERE IL TERRITORIO16 Territorio, cioè cultura Bellitalia, la rubrica di successo della TGR (Testata Giornalistica Regionale) Rai

RES TIPICA E DINTORNI20 Modellatrici del Paesaggio24 La terra che sussurra

PAESAGGI AGRARI26 Gli antichi orti Le tracce di un magico mondo di celluloide Un lungimirante benefattore28 Madre terra, fratello sole30 Dove c’era l’erba, ora c’è Il podere Costigliolo Un paesaggio pedagogico

INIZIATIVE LOCALI32 Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati” I giovani autorevoli protagonisti Le comunità di valle33 Reinventiamoci il territorio Il parco fluviale del Sarca e del Chiese

APPROFONDIMENTO36 Il Valore “invisibile” del paesaggio38 Corridoi ecologici da salvaguardare

ARCHI NELLO SPAZIO40 I ponti ad arco nel paesaggio

IL PUNTO DI VISTA44 Psicologia socio-ambientale, un nuovo campo da esplorare

ANNIVERSARI46 Comunicare il territorio47 Dai pastori emigranti a imprenditori di successo: un affresco di storia familiare

LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE48 Un esempio concreto di approccio al paesaggio Una storia lunga 150 anni

La campagna novese, sul confine con la Ligura è costellato di tantissime costruzioni rurali che costituiscono il patrimonio architettonico immateriale in terra cruda.

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Il territorio per ildialogo tra le gentiP

rendere decisioni sul paesaggio

significa far dialogare interessi

e discipline profondamente dif-

ferenti fra loro per linguaggi utilizzati,

fenomeni studiati e metodi di ricerca.

È quindi necessario trovare un terreno

per il reciproco confronto, allo scopo

di paragonare gli esiti delle rispettive

indagini e di giungere a esiti condivisi

e il più possibile integrati.

Il confronto spesso si svolge, affron-

tando le complesse interrelazioni tra

le diverse dimensioni del paesaggio.

Prendiamo in prestito la presentazione

del libro di Federica Larcher (edito da

Franco Angeli), per meglio interpretare

i servizi proposti in questo numero di

Energeo.

Nella controcopertina abbiamo voluto

privilegiare una storia (pag. 26) che

riguarda i luoghi dove Fabrizio De Andrè

mise insieme, nella ballata “Bocca di

Rosa”, “l’amore sacro e l’amor pro-

fano”. Un vicenda che riguarda il pae-

sino di Sant’Ilario, dove grazie

all’iniziativa del borghese illuminato

Bernardo Marsano, autorevole bene-

fattore, fu fondata, sulla collina rimo-

dellata a terrazze dove un tempo era

praticata un’agricoltura di sussistenza,

una scuola agraria conosciuta in tutto

il mondo per la coltivazione delle orta-

glie primaticce, degli agrumi, della

floricoltura e frutticoltura. In questo

luogo, grazie alla Scuola, ebbero origine

generazioni di coltivatori che lasciarono

un segno importante nella storia della

frutticoltura e della floricoltura.

Nel paesaggio, come in questo caso,

si stratificano i racconti, le memorie, i

segni e le rappresentazioni che costi-

tuiscono il fondamento dell’apparte-

nenza a un luogo. E’ l’identità che

ciascuno di noi va cercando. Maestosi ulivi caratterizzano la collina, rimodellata a terrazze, di Sant’Ilario, il borgo ricordato nella filastrocca incantata composta

e interpretata dal cantautore genovese Fabrizio De Andrè.

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Un giornale che si ispira al

Premio Eco and the City Gio-

vanni Spadolini, o un Premio

che si ispira al giornale. Certo è che

entrambe le iniziative procedono nella

stessa direzione, muovendosi in siner-

gia con la Fondazione Spadolini Nuova

Antologia che si avvale dell’Alto Patro-

nato Permanente del Presidente della

Repubblica. Nelle passate edizioni il

Premio ha ottenuto i più autorevoli

patrocini istituzionali, il Tg2 come media

partner, l’UNESCO con il quale sono

stati impostati alcuni progetti di pro-

mozione della Campagna DESS (Decen-

nio dell’Educazione allo Sviluppo

Sostenibile), senza dimenticare l’ap-

poggio delle organizzazioni territoriali

più operative. Tutti insieme vogliono

procedere sulla traccia dell’Expo 2015:

l’obiettivo è di offrire una collaborazione

concreta agli organizzatori della rasse-

gna milanese, sui temi dello sviluppo

e della sostenibilità. Lungo il percorso

è stata colta una grande occasione,

vale a dire una collaborazione concreta

con la Fondazione Casa di Enzo Ferrari-

Museo che ha messo a disposizione

per la Cerimonia ufficiale di conferi-

mento della Medaglia Spadolini, pre-

vista il 9 novembre 2013, una struttura

che è già diventata un’icona a livello

internazionale: il Museo di Modena

dedicato alle origini del mito Enzo Fer-

rari. La road map è caratterizzata dal

coinvolgimento concreto di partners

d’eccezione (Fondazione Spadolini

Nuova Antologia, Trentino, Alto Adige,

Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Abruzzo,

Res Tipica ANCI, il Comprensorio geo-

termico della Toscana, attraverso il

Co.Svi.G, l’Osservatorio Europeo del

Paesaggio di Arco Latino, 100 sindaci

per la Bellezza e il Paesaggio, Rete

degli Osservatori del Paesaggio del

Piemonte, UNPLI) che sono poi i pro-

motori della Rete delle Reti Angelo

Vassallo, in rappresentanza di una

buona fetta del territorio del nostro

Paese, partendo da Pioppi (una frazione

di Pollica), nel Cilento, il luogo dove

visse Ancel Keys (1904 -2004) che fu

il primo studioso a dare visibilità inter-

nazionale alla Dieta Mediterranea.

Un progetto sicuramente ambizioso

che si rafforza con scambi e azioni

comuni su scala interregionale e inter-

nazionale, ora che dovrà interagire con

il Centro internazionale della Dieta

Mediterranea di Palazzo Capano di

Pollica (Salerno) e il museo vivente di

Pioppi (Salerno), quali poli per la diffu-

sione, la formazione, la ricerca e lo

studio del regime alimentare.

UNA SCELTA DI CAMPOAll’attuale Sindaco di Pollica Stefano

Pisani, ha fatto recentemente riferi-

mento l’Amministratore delegato di

Expo 2015 Giuseppe Sala, il quale ha

voluto incontrare, a Castel dell’Ovo, il

giovane successore del compianto

Vassallo, Stefano Pisani, proponendo

di lavorare insieme per la grande ras-

segnaplanetaria,affinchél’Italiadiventi

il centro mondiale della nutrizione nel

2015, puntando soprattutto sulla Dieta

Mediterranea. Expo Milano 2015 sarà

un’opportunità per educare le future

generazioni a fare un uso consapevole

del cibo e a non sprecare, pur godendo

del piacere che dal cibo traiamo.

Erano presenti il Sindaco di Milano,

Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris,

Sindaco del capoluogo campano che

hanno avviato un percorso condiviso

per promuovere la rassegna mondiale,

tenendo in particolar conto il Cilento,

antica terra di eccellenze: i siti arche-

ologici di Paestum, e Velia, la Certosa

di Padula, nel confinante Vallo di Diano,

e la Riserva della Biosfera dell’UNESC0.

Quella che fu la Lucania occidentale,

che si protende come una penisola tra

i golfi di Salerno e di Policastro, rico-

nosciuto dall’UNESCO Patrimonio

dell’Umanità, è diventata un’officina

aperta sul futuro del territorio, tra le

prime individuate da Expo 2015. In

questo territorio che da millenni ha

ispirato poeti e cantori, è decollato

l’Osservatorio che, oltre a valorizzare

la Dieta Mediterranea a 360 gradi, a

cominciare dagli aspetti economici,

sociali e culturali è chiamato a favorire

l’integrazione tra le attività istituzionali

e la cooperazione tra le Regioni, i Paesi

e i popoli del Mediterraneo. Il tutto

promuovendo la costituzione di una

rete della Dieta Mediterranea aperta

alla partecipazione di enti, associazioni,

aziende nazionali ed estere, operanti

nei diversi settori della ricerca, della

cultura, della salute, dell’istruzione,

della produzione e distribuzione, dell’as-

sociazionismo culturale e ambientale.

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Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione

La navicella del Premio approda a Modena, presso il nuovo Museo

che comprende la casa in cui il grande costruttore Enzo Ferrari nacque

nel 1898 e una nuova Galleria espositiva a forma di cofano d’auto

Angelo Vassallo, il Sindaco pescatore è stato un uomo capace di fare il bene, di pensare per gli altri, di alzare lo sguardo verso quell’orizzonte limpido che aveva imparato a guardare durante le albe al lavoro sul suo peschereccio. Un uomo che era già un eroe prima che qualcuno lo ammazzasse. Il Professor Ancel Keys sul terrazzo della sua casa di Pioppi fotografato nel 1990 da Giuseppe Cucco. In alto: le alici di Menaica.

Giovanni Spadolini, statista e senatore fiorentino, nella sua Casa dei Libri a Pian de Giullari.

Expo 2015 apre le porte alla Dieta

Mediterranea e alla Rete delle Reti

Angelo Vassallo e di conseguenza

al Premio dedicato a Giovanni

Spadolini, fondatore del Ministero

per i Beni Culturali e Ambientali

che sta promuovendo entrambe le

iniziative. L’obiettivo è di avviare

una collaborazione concreta

con gli organizzatori

della rassegna milanese

sui temi dello sviluppo e della

sostenibilità. Lo scopo è, infatti,

il coinvolgimento di tutti i partners

del progetto, in rappresentanza

di una buona fetta del territorio

del nostro Paese.

IN RETE PER AGIRE INSIEMESulla stessa linea è la Rete delle Reti,

avviata anche per sostenere il Premio.

L’iniziativa è parte integrante di un

ampio progetto, lanciato dal Sindaco

di Bari Michele Emiliano e da quello di

Pollica. L’idea è quella di unire cento

sindaci, cento rappresentanti di altret-

tante comunità diverse tra loro in un

unico ideale, concretizzato in un “Mani-

festo della bellezza”. Un cambio di

paradigma culturale per uscire dalla

crisi e migliorare la qualità della vita.

Progettare comunità insieme ai citta-

dini, parlando anche di città sostenibili,

dove si riesce a soddisfare i bisogni

dell’individuo affiancando questo ele-

mento alla realizzazione di una vera e

propria crescita umana. Il progetto parte

da lontano anche se il lancio definitivo

dell’iniziativa è recente.

La data di quando si cominciò a parlare

di queste problematiche, è impressa

nei ricordi di chi fu, nei fatti, pioniere

di questo percorso innovativo che

avrebbe segnato la svolta per la

gestione del paesaggio, sviluppo locale

e pianificazione strategica, con l’obiet-

tivo di dialogare e confrontarsi con altri

territori. Era il solstizio d’estate del

1973 quando venne istituito un tavolo

di lavoro per capire come non compro-

mettere irrimediabilmente il territorio.

Le altre tappe significative furono il

riconoscimento del territorio come

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di

Diano (istituito nel 1991), frutto di una

sinergia e volontà comune non sempre

condivisa dalla popolazione e il pas-

saggio successivo del riconoscimento

come patrimonio UNESCO avvenuto

nel 1998 a Kyoto, in Giappone che

consacrava la qualità internazionale del

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territorio. Un excursus storico che ha

segnato altri riconoscimenti: dal 1997

è Riserva della Biosfera e dal 2010 è

il primo parco nazionale italiano a diven-

tare Geoparco.

Quarant’anni di storia recente del

Cilento, un territorio che oggi scom-

mette sul suo futuro attraverso la Rete

delle Reti dedicata ad Angelo Vassallo,

destinata a diventare uno strumento

di scambio e di condivisione anche con

i Paesi del Mediterraneo.

UN TERRITORIO DI QUALITÀ INTERNAZIONALEIl Parco Nazionale del Cilento e Vallo

di Diano è il parco mediterraneo per

eccellenza, uno dei più grandi parchi

nazionali italiani su una superficie com-

plessiva di 178.172 ettari sparsi su

ottanta comuni, grazie alla tipologia

ambientale che lo contraddistingue,

macchia mediterranea con lecci, ulivi,

pinete e vestigia di tutte le civiltà che

si sono affacciate su questo mare, dal

Paleolitico agli insediamenti di Paestum

e Velia, dagli insediamenti medievali

fino al capolavoro barocco della Certosa

Castellabate un convegno sui Parchi

costieri Mediterranei”.

“In quella sede - continua Nicoletti -

l’origine del Parco del Cilento e la sua

legittimazione scientifica e culturale

era nelle parole ardite di Max Nicolson

dell’International Institute for Envi-

ronment and Developement di Londra,

che mirabilmente interpretava le nostre

aspettative. Una perfetta integrazione

tra uomo e natura tra interno e costa

nella creazione di un Parco Nazionale

come quello del Cilento che avrebbe

dato slancio ad una nuova visione dei

parchi nel mediterraneo. E per noi fu

un punto di partenza che ci sta portando

lontano”. Fu una prima idea di coope-

razione tra territori.

UN LINGUAGGIO CHE TIENE INSIEME I TERRITORIUna rete di scambio e di condivisione,

si basa su un linguaggio comune che

è cosa nota, uno dei più affidabili indizi

del modo di sentire, e pensare di un

popolo. Un linguaggio fatto di saperi,

pratiche, abitudini, gusti che ha tenuto

insieme territori geograficamente e

storicamente diversi, eppure ricono-

scibili come parti di un unico paese,

non semplice espressione geografica,

ma espressione culturale, nel segno

della legalità e del riscatto, attraverso

la salvaguardia dell’ambiente

E’ questa la mission della Rete delle

Reti che è la stessa del Premio Eco

and the City, dedicato a Giovanni Spa-

dolini, fondatore del Ministero per i

Beni Culturali e Ambientali. Anche Expo

2015 va alla ricerca di una vera identità

italiana e di un’autentica cultura del

cibo e in relazione all’argomento por-

tante della rassegna planetaria: “Nutrire

il Pianeta, Energia per la Vita”, appro-

di Padula. Situato sulla costa del Mar

Tirreno, è oggi un paesaggio che man-

tiene un ruolo attivo nella società con-

temporanea ma conserva i caratteri

tradizionali che lo hanno generato:

organizzazione del territorio, trama dei

percorsi, struttura delle coltivazioni e

sistema degli insediamenti. “Abbiamo

instaurato allora un rapporto di sinergia

organica e duratura, condivisa con la

popolazione locale, - commenta l’av-

vocato Angelo Paladino, all’epoca

amministratore della Provincia di

Salerno - anche grazie al sostegno

dell’Ente intermedio che rappresentavo

che ha dato i suoi frutti, mettendo in

moto un meccanismo per preservare

e generare valori naturali e culturali

attraverso una gestione scientifica-

mente corretta, culturalmente creativa

ed operativamente sostenibile”.

“Sembra quasi un ritorno al futuro -

ricorda Domenico Nicoletti, docente

di Gestione e Salvaguardia delle Aree

Protette Università di Salerno -, quando

nel 1973, grazie all’impegno di tanti

scienziati di tutto il mondo sapiente-

mente guidati dal grande e mai dimen-

ticato Pietro Dhorn, si tenne a

fondisce il tema dell’alimentazione e

le sue numerose sfaccettature, come

la tutela del territorio. Si prende,

dunque, avvio dalla molteplicità dei

paesaggi modellati dalla natura e dal

lavoro dell’uomo. La rassegna milanese

offre molte opportunità di promozione

e di comunicazione alle comunità pro-

duttive di base, agli agricoltori, alle

imprese alimentari, alla catena della

logistica e della distribuzione, al com-

parto della ristorazione, ai centri di

ricerca e alle aziende che intendono

valorizzare le innovazioni e le tecnolo-

gie produttive che generano un pro-

dotto alimentare sano, pulito e giusto,

coniugando saperi e cultura che ci

aiuteranno a scoprire le bellezze, tra-

dizioni, e sapori dei tanti luoghi che

evidenziano il grande valore della cul-

tura del nostro Paese.

IL RUOLO DI RES TIPICA ANCIUn ruolo di primo piano lo avranno le

Associazioni Nazionali delle Città di

identità che aderiscono alla rete Res

Tipica Anci, che promuovono e valoriz-

zano le identità enogastronomiche,

culturali ed artigianali dei Comuni ita-

liani, promotori della Rete delle Reti

Angelo Vassallo. Recentemente,

insieme ad Italia Nostra, Res Tipica ha

lanciato l’iniziativa di destinare spazi

Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione

verdi abbandonati per la coltivazione

di prodotti agricoli. Ciò significa, per

un’amministrazione comunale, dare

qualità ad una zona residenziale, con-

sentendo una nuova visione del pae-

saggio metropolitano ed offrire ai propri

cittadini un servizio; a questo si

aggiunge la riqualificazione di aree

degradate, consentendo una nuova

visione del paesaggio metropolitano

e, più in generale, la prospettiva di una

vita migliore. Scopo dell’accordo è

quello di favorire lo sviluppo degli orti

urbani al fine di avvicinare i cittadini

alla realtà agricola, stimolare la coe-

sione sociale, favorire la riqualificazione

di aree dismesse ed inutilizzate, osta-

colare il consumo del territorio, miglio-

rare il paesaggio urbano, valorizzare le

produzioni tradizionali italiane.

L’istituzione degli orti urbani rientra

nella filosofia di promozione del terri-

torio agricolo comunale, individuando

in essa un mezzo efficace per salva-

guardare il territorio attraverso le col-

tivazioni ortofrutticole. Salvaguardare,

ma anche valorizzare: è indubbio che

un’area territoriale destinata a coltiva-

zioni venga preservata dal degrado,

Dall’antica terra del Cilento partirà l’ambizioso progetto di favorire scambi e azioni comuni con Expo 2015 che dovrà interagire con il Centro internazionale della Dieta Mediterranea di Palazzo Capano di Pollica (Salerno), il museo vivente di Pioppi (Salerno), e la RETE delle RETI Angelo Vassallo, quali poli di coordinamento delle azioni avviate sull’intero territorio nazionale. Ne discutono: Stefano Pisani, Sindaco di Pollica, il Professor Domenico Nicoletti e l’Avv. Angelo Paladino, presidente dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino. La torre dell’orologio di Finale Emilia distrutta dal terremoto.

Giuseppe Sala, Amministratore Delegato di Expo 2015. Enzo Ferrari, un uomo destinato a diventare un mito. Nella pagina a fianco (in alto): il Premio ha reso omaggio a Trento ad una terra ferita, lo scorso anno,

dal grave sisma, conferendo ai Sindaci del “cratere” la Medaglia Spadolini.

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dall’abbandono, e venga rivisitata e

rivissuta dai cittadini in una ottica dina-

mica di appartenenza e tutela. Da non

sottovalutare la conseguenza positiva

anche sull’aspetto sociale di tali inizia-

tive, che permettono ai cittadini di

riappropriarsi del loro territorio in forma

di protagonisti. Da ultimo è indubbio

che la diffusione degli orti urbani possa

rappresentare, soprattutto nei piccoli

centri, una fotografia del paesaggio più

armoniosa per i turisti in visita.

E’ soltanto un esempio delle variegate

iniziative avviate dall’Associazione delle

Città di Identità Res Tipica (raggruppa

oltre duemila Comuni) che ha sotto-

scritto il Manifesto dei valori, impe-

gnandosi a fare sistema. Altre le

approfondiremo.

UN NUOVO SPAZIO NEL BANDO: L’IDENTITÀ DEI LUOGHI “VIRTUOSI”Molto più che nelle vicende politiche

e istituzionali, l’identità italiana si è

costruita entro uno spazio culturale che

nel corso dei secoli ha cementato il

tessuto della nazione. L’ente identita-

rio di base è sempre il Comune, ma

esso tende nel tempo a trasformarsi

in un ente sempre più funzionale per

la gestione dei servizi al cittadino in

applicazione del principio di sussidia-

retà. “La scala di identità locale si

sposta - avverte in un rapporto la

Società Geografica Italiana - entro bacini

di continuità più ampi, aderendo ai

processi localizzativi, residenziali e di

flusso reticolari già presenti”.

Molti piccoli Borghi del nostro Bel

Paese rischiano di scomparire. Res

Tipica per promuoverli punta sull’au-

tenticità, la bellezza e le conoscenze

tradizionali dei piccoli Comuni, valoriz-

zandone le peculiarità, in un’ottica

globale. Il Premio Eco and the City

Giovanni Spadolini, per la prossima

edizione, ha voluto inserire una Sezione

Speciale dedicata all’identità dei luoghi.

LA RICOSTRUZIONE SOLIDALE “FIORE ALL’OCCHIELLO” DEL PREMIOLa ricostruzione solidale, almeno nel

bando del Premio, parte da lontano.

L’argomento è stato suggerito il 19

settembre scorso, a Firenze, in occa-

sione del debutto, a Pian de Giullari,

della Rete delle Reti per la tutela e

valorizzazione del paesaggio naturale

e culturale italiano, e la sottoscrizione

di un Patto per attivare un processo di

aggregazione finalizzato alla fondazione

di una “costituente per la bellezza e il

paesaggio” a salvaguardia del territorio.

Il progetto, promosso dalla Fondazione

Spadolini Nuova Antologia, attraverso

il Premio Eco and the City e dall’Os-

servatorio Europeo del Paesaggio di

Arco Latino, è sostenuto, come si è

visto, dal Sindaco di Pollica Stefano

Pisani; all’iniziativa stanno aderendo

tante altre municipalità dell’intero

Paese e organizzazioni territoriali che

operano a tutela del paesaggio e

dell’ambiente. Alla base c’è la “Dichia-

razione di Firenze sul Paesaggio” dif-

fusa dall’UNESCO in tutto il mondo.

Il Premio Eco and the City Giovanni

Spadolini, con un’ambizione e una

prospettiva internazionale, opera in

sinergia con l’ITKI e l’UNESCO e con

il patrocinio delle più importanti istitu-

zioni ed altri organismi nazionali ed

internazionali intergovernativi e asso-

ciazioni nazionali e non governative.

La Sessione Speciale che riguarda la

“Ricostruzione solidale” prende spunto

dall’appello lanciato da Francesco Ban-

darin, vice direttore generale UNESCO

per non ripetere in Emilia l’esperienza

dell’Abruzzo, indicando il cambio di

rotta dell’UNESCO, con una risposta

adattiva e partecipata ai rischi e alle

catastrofi. L’UNESCO, infatti, ha pro-

posto, attraverso l’International tradi-

tional knowledge institute (Itki), il

“Patto per le popolazioni colpite dal

sisma”. Un protocollo che punta a dare

“una risposta rapida, di qualità e par-

tecipata all’emergenza”, individuando

“modalità” innovative di tutela del

territorio “così” da “dare nel mondo

un’immagine un po’ diversa di un Paese

che mostra non pochi problemi”.

L’obiettivo è evitare, ad esempio, che

la ricostruzione porti ad un eccessivo

consumo di territorio o vi introduca

tipologie architettoniche estranee, pri-

vilegiando il recupero dell’esistente e

salvaguardando gli assetti urbani.

Il Premio (www.ecoandthecity.it),

tenendo ferma l’impostazione delle

prime quattro Sezioni ordinarie (Politi-

cheterritoriali integrateesostenibili;

valorizzazione dei patrimoni paesaggi-

sticieculturali;riqualificazionedeiter-

ritoriagricoli;settoreprivatoeimprese

virtuose e innovative), punterà sulla

“ricostruzione solidale”, un tema di

grande attualità, anche per via della

location prestigiosa che ospiterà la

prossima edizione. Il Premio Eco and

the City Giovanni Spadolini approda

nelle terre dell’Emilia colpite dal sisma,

ospitato nell’officina dove ha avviato i

suoi grandi progetti, un uomo destinato

a diventare un mito: Enzo Ferrari. Il

luogo magico, esclusivo, avvolgente,

avveniristico, pieno di identità, e al

tempo stesso innovativo, è diventato

lo spazio polivalente Museo Casa Enzo

Ferrari di Modena. Da qui il Premio

tornerà in pista per ripartire con più

slancio, anche per rendere omaggio

ad una terra ferita, lo scorso anno, dal

grave sisma. La Fondazione Spadolini

Nuova Antologia è già entrata in con-

tatto con le popolazioni dell’Emilia e

dell’Oltrepò mantovano, dando un

segnale significativo con il conferi-

mento di un riconoscimento ufficiale

ai sindaci dei Comuni terremotati, al

fine di premiare l’alto senso civico in

virtù del quale si sono adoperati con

abnegazione, coraggio e generosità a

vantaggio delle popolazioni colpite. Una

condotta esemplare che ha saputo

trasformare l’emergenza in una grande

occasione per ripensare il rapporto con

il territorio ferito: l’uso e la tutela del

paesaggio, l’attenzione al consumo del

suolo, la necessità di investimenti per

la messa in sicurezza e la prevenzione

dei rischi, la ricostruzione in chiave di

sostenibilità e solidarietà. L’iniziativa

dovrà consentire ai Comuni colpiti di

confrontarsi con altre realtà della peni-

sola sul futuro del nostro Paese,

sempre a rischio di gravi calamità.

INNOVARE SOTTO IL SEGNO DEL MITO ENZO FERRARILa navicella del Premio è giunta ad un

approdo situato nella sede prestigiosa

ed esclusiva del nuovo Museo di

Modena che comprende la casa in cui

il grande costruttore Enzo Ferrari

nacque nel 1898 ed una nuova Galleria

espositiva a forma di cofano d’auto.

Questo ha spinto gli organizzatori a

dedicare al mito Ferrari il focus del

Premio, che comprende anche la

Sezione Speciale “Innovazione”.

Si prende avvio dal territorio, si prose-

gue tra le iniziative che mettono in

connessione i territori e le risorse del

territorio, attraverso l’innovazione.

Il bando è aperto ai suggerimenti di

qualificati partners, in prima fila l’ENEA,

altri sono pronti a collaborare, per defi-

nire la dimensione culturale delle azioni

da portare avanti in questo percorso.

Uno staff di esperti è al lavoro per

capire come dovrà essere la Sezione

Speciale “Innovazione”, ben sapendo

che la geografia e la storia hanno “con-

giurato” per fare del paese Italia un

luogo privilegiato per manifestare e

“raccontare”, in territori che diventano

“officine”, iniziative e nuovi modelli di

sviluppo auspicabili, anche attraverso

l’innovazione.

UNA FINESTRA APERTA SULL’INFORMAZIONE TELEVISIVAPunta tutto sul giornalismo d’inchiesta

televisivo la Sezione Speciale del

Premio dedicata al compianto Ezio

Trussoni, che aveva ben capito come

la presenza capillare della Rai sul ter-

ritorio è elemento distintivo importante

del servizio pubblico radiotelevisivo.

Ezio Trussoni, il responsabile della

redazione di Milano, che è stato un

esempio di attaccamento alla vita e

alla professione di giornalista, svolta

con impegno e senso etico non comuni.

Aveva a cuore in particolare i giovani

precari, per i quali vedeva un’azienda

nuova dove tutti hanno una possibilità

per farcela. L’assegnazione della Meda-

glia Spadolini, dedicata a Ezio Trussoni,

ai giornalisti della TGR vuole far emer-

gere il grande lavoro che si svolge nelle

redazioni Rai delle sedi regionali, attra-

verso i reportage che raccontano il

territorio, facendolo assurgere a pro-

tagonista, con la dignità del bene cul-

turale, cioè come memoria collettiva

formatasi attraverso il tempo: il pae-

saggio e le tradizioni immateriali, le

vicende, anche negative come il dis-

sesto ambientale, che caratterizzano i

luoghi, le denunce di mancata tutela

dell’ambiente, le storie di vita e di genti,

che rappresentando uno dei più impor-

tanti momenti di riflessione e dibattito

sul giornalismo d’inchiesta televisivo.

Luigi Letteriello

Il Premio 2013 si muove su identità, ricostruzione solidale, innovazione

I territori sono autentiche “officine del fare” con la capacità di organizzare la creazione di valore. La Sezione Speciale del Premio, dedicata al compianto giornalista Ezio Trussoni, responsabile della Sede regionale di Milano della TGR.

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Il Trentino lancia una nuova sfida. E’

alla ricerca di giovani di talento da

ogni angolo del mondo da inserire

in un contesto ideale per un ecosistema

di start-up innovative. L’iniziativa, pro-

mossa da Trento RISE (consorzio di

ricerca riconosciuto dalla Commissione

Europea come parte dell’Istituto Euro-

peo di Tecnologia in ambito ICT, deno-

minato Eit ICT Labs di cui fanno parte,

tra gli altri, la Fondazione Bruno Kesler

e l’Università degli Studi di Trento) in

collaborazione con Trentino Sviluppo,

e con la partecipazione del Gruppo

Earlybird Venture Capital, servirà per

trasformare il Trentino in un hub euro-

peo delle iniziative di successo nel

settore delle nuove tecnologie dell’in-

formazione e della comunicazione.

L’ambizioso progetto, che dovrà aiutare

i giovani ad affrontare nuove iniziative,

grazie ad una crescita assistita, con

servizi e agevolazioni offerti da Trento

Rise, dovrà fornire al Trentino gli stru-

menti per diventare una ICT Valley

italiana, puntando su nuove aziende

strutturate, capaci di affrontare da sole

il mercato, in maniera da far emergere

le capacità e le competenze dei giovani

all’interno di un mercato in questi anni

falsato da troppe distorsioni.

E’ quello che si sta cercando di fare

con il programma pubblico “Techpe-

aks” per aprire le porte della ricerca ai

giovani promettenti, capaci di produrre

innovazione. Il Professor Fausto Giun-

chiglia, presidente di Trento Rise, con-

ferma: “Il contributo di TechPeaks alla

trasformazione del Trentino in una vera

e propria economia della conoscenza

si realizza abbassando le barriere eco-

nomiche, culturali e psicologiche che

separano i giovani di talento dalla filiera

dell’innovazione ICT”.

L’obiettivo, dunque, è creare team di

qualità capaci da un lato di valorizzare

le persone di talento, dall’altro di sfrut-

tare le idee innovative sviluppate

nell’ambito della ricerca e dell’alta for-

mazione, e raffinate grazie ai mentori

del programma stesso.

Nella selezione sarà riservata una par-

ticolare attenzione all’Italia e ad alcuni

Paesi dell’Europa dell’est e dei Balcani,

considerati particolarmente promet-

tenti, come ad esempio la Romania,

la Polonia, la Russia, la Slovenia e la

Croazia. Trento RISE selezionerà attra-

verso criteri altamente meritocratici un

numero massimo di 100 candidati, allo

scopo di individuare e lanciare fino a

30 progetti imprenditoriali in ambito

ICT. Dal 5 febbraio al 5 aprile sarà

possibile fare richiesta di partecipazione

al programma, mentre i risultati delle

selezioni arriveranno entro il 30 aprile.

La grande occasione per cento giovani talentiIl programma pubblico “Techpeaks”, messo a punto da Trento Rise, consentirà di aprire le porte della ricerca alle

nuove generazioni, capaci di produrre innovazione. L’aspettativa degli startupper, man mano che il progetto si

completa, è di lavorare concretamente in questa provincia “virtuosa”.

Il Trentino mira a diventare la ICT Valley italiana

Durante il percorso di formazione i

giovani selezionati incontreranno

imprenditori, manager, uomini di finanza

e investitori che li aiuteranno a prepa-

rarsi per affrontare al meglio il mercato

e partire con nuove startup, ovvero per

avviare nuove aziende.

I partecipanti potranno usufruire gra-

tuitamente di vitto, spazi di lavoro,

alloggio e avranno un supporto econo-

mico mensile di 500 euro.

I progetti imprenditoriali ritenuti migliori

riceveranno un contributo di 25 mila

euro. Per ricevere il contributo, ogni

gruppo di lavoro, in cui saranno divisi

i partecipanti, dovrà fondare una società

in Trentino o aprirvi una sede operativa

di una società. Le società saranno

supportate nella ricerca di un investitore

privato che finanzi il loro progetto

imprenditoriale e potranno ottenere un

ulteriore finanziamento pari a quello

dell’investimento privato fino a un mas-

simo di 200 mila euro. Quella che si

prefigura è una realtà con un’ osmosi

molto forte tra mondo della ricerca,

impresa e tessuto sociale. Ne è con-

vinto il presidente della Provincia Auto-

noma di Trento Alberto Pacher:

“L’entusiasmo e la capacità dei giovani

di trasformare alte competenze scien-

tifiche e tecnologiche in nuove imprese

innovative, ci incoraggia molto: la

ricerca e l’innovazione portano valore

aggiunto al territorio.

Per questo abbiamo scommesso sulle

nuove generazioni. E’ questo l’obiettivo

finale”. L’aspettativa degli startupper,

man mano che il progetto si completa,

è di lavorare concretamente in questa

provincia virtuosa. T.R.

BES

T PRA

CTIC

E

BES

T PRA

CTIC

E

Fausto Giunchiglia, Presidente di Trento Rise. In alto: la città di Trento, in primo piano il Castello del Buonconsiglio.

Alberto Pacher, Presidente della Provincia Autonoma di Trento.

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Fra le rubriche tematiche della

TGR (la Testata per l’Informa-

zione Regionale della RAI) c’è

quella dedicata ai Beni Culturali.

Si chiama “Bellitalia”, viene realizzata

dalla Redazione per la Toscana e va in

onda il sabato mattina, su RaiTre.

Il coordinatore, da ormai parecchie

edizioni, è Marco Hagge, che è anche

l’autore del servizio che in gergo gior-

nalistico si potrebbe definire “di coper-

tina”, cioè quello che in ogni puntata

propone un itinerario di approfondi-

mento scelto fra i tanti temi legati

appunto al mondo dei Beni Culturali.

Restauri, mostre, musei, edifici storici,

ovviamente, ma non solo: spesso il

protagonista è il Territorio (lo scrivo con

la maiuscola, per sottolinearne l’impor-

tanza).

Ne deduco che c’è una precisa scelta editoriale: il Territorio come bene culturale a pieno titolo.E’ così. Oggi la cosa è scontata, ma

non lo era, ad esempio, negli anni

Ottanta o Novanta, quando si pensava

che i temi legati al territorio coincides-

sero con quelli ambientali.

Certo, c’è stato un momento in cui

sembrava che il nostro patrimonio di

arte figurativa o architettonica dovesse

lentamente scomparire, cancellato dal

tempo e dall’incuria. Non ci dobbiamo

dimenticare che le Storie della Vera

Croce, il capolavoro di Piero della Fran-

cesca, alla metà degli anni Ottanta

stava letteralmente per scomparire a

causa di un processo chimico causato

dall’inquinamento atmosferico combi-

nato con l’umidità e con le conse-

guenze di restauri precedenti: non si

sapeva assolutamente come proce-

dere. Sono stati i tecnici dell’Opificio

delle Pietre Dure a trovare la soluzione.

Adesso, restaurare significa applicare

dei protocolli precisi: è una conquista

di enorme importanza, di cui l’Italia

deve andare orgogliosa, ma che si

rischia appunto di sottovalutare.

Tutto questo per dire che, fino a una

ventina di anni fa, le emergenze erano

altre. Poi si è capito che è assurdo fare

di tutto per salvare un’opera d’arte se

non ci si preoccupa anche di conser-

varne il contesto.

Ed è qui che entra in ballo il Territo-rio…Direi che è inevitabile. Ma permettimi

una puntualizzazione. Antonio Paolucci

Territorio, cioè culturaIl giornalista toscano ha maturato un’esperienza professionale che negli ultimi quindici anni, lo ha portato in giro

nel nostro Paese, a scoprire luoghi e territori, con il piglio di chi possiede il “mestiere” a guardare i luoghi con

l’intenzione di vedere.

Intervista al giornalista televisivo Marco Hagge

mi ha detto, che bisogna fare atten-

zione a come si usa il termine. Dire

“territorio”, secondo lui, può essere

pericoloso, se non ci si mette d’accordo

su che cosa si intende davvero.

“Territorio”, in senso nobile, è, come

dire, un potenziamento del termine

”paesaggio”, che a sua volta indica la

trasformazione prodotta dalla presenza

umana sull’ambiente naturale. A volte,

però, c’è chi usa la parola al contrario,

per depotenziarla.

Degradare cioè il contesto paesaggi-

stico da tutelare a bene di consumo,

da utilizzare senza riguardi. Credo che

Paolucci abbia ragione da vendere.

Basta vedere che cosa succede in Italia:

ci sono amministratori virtuosi che

mantengono il territorio a loro affidato

come se fosse un giardino, magari a

costo della vita (penso ad Angelo Vas-

sallo, che ho avuto l’onore di conoscere

in occasione di un servizio nel Cilento),

e ci sono quelli che lo sfruttano in

maniera ignobile, come un bottino di

guerra da depredare. E poi, ovviamente,

dire, le abitudini, le tradizioni, la cucina.

Ti racconto un aneddoto che risale agli

inizi della mia carriera. Il caporedattore,

molti anni fa, mi chiese di fare un

servizio sul “Chiantishire” (come sai,

io sono nato e vivo nel Chianti Fioren-

tino). Dovevo cioè rispondere a questa

domanda: ma perché, con tutti i posti

che ci sono al mondo, gli inglesi si sono

innamorati di questo territorio? Allora

mi sono chiesto (confesso che non lo

segnante mi chiese una copia del

servizio per usarlo come materiale

didattico per insegnare ai suoi allievi

come si “legge” un paesaggio.

Beh, il “protocollo” è questo: guardare

con l’intenzione di “vedere” .

Come in ogni altro settore dell’espe-

rienza, del resto.

Ma un territorio non è fatto solo di colori…

ci sono quelli fra i due estremi: che

magari non si pongono neanche la

questione.

Ma da un punto di vista giornalistico, come si racconta un territorio?Io credo che lo si debba raccontare

come si racconta un’opera d’arte. Guar-

darsi intorno, osservare, cercare quel

“carattere” particolare che è fatto di

luce, di clima, di tradizione… Di geo-

grafia e di storia, insomma.

Ascoltarlo, perché un territorio ci manda

sempre qualche messaggio. Anche

attraverso i suoi abitanti, i loro modi di

avevo mai fatto prima): qual è il carat-

tere distintivo del paesaggio in cui sono

nato? Mi sono reso conto che consiste

in due colori: il verde scuro del cipresso

e il verde pallido dell’ulivo.

Sempreverde il cipresso, sempreverde

l’ulivo: dunque, due elementi costanti

in tutto l’arco dell’anno, che risaltano

però in maniera sempre diversa rispetto

a quelli che variano secondo i mesi e

le stagioni, come i vigneti e i boschi a

foglia caduca.

Mi sembrava di avere scoperto l’acqua

calda, e rimasi sorpreso (anche lusin-

gato, devo ammetterlo) quando un’in-

Marco Hagge (nella foto in alto), giornalista di Raitre e coordinatore della trasmissione “BelliItalia”, ha il

grande merito di realizzare servizi sui tesori del nostro Paese, proponendo una lettura trasversale del ter-

ritorio, anche quelli meno conosciuti.“BelliItalia” è la rubrica della TGR dedicata ai beni culturali, nell’accezione

più ampia del termine. Si occupa infatti di musei e di restauri, ma anche di paesaggio, di centri urbani, di tradizioni,

personaggi e curiosità collegati in qualche maniera alla storia e alla cultura del nostro Paese. Ogni puntata propone

un viaggio a tappe attraverso le varie regioni italiane, mettendo in evidenza non solo i tesori artistici e monumentali

più celebrati, ma anche e soprattutto quelli meno noti, così da fornire un quadro a tutto tondo dedicato anche e

soprattutto alle persone che vogliono informarsi sull’arte, la cultura e il paesaggio d’Italia. [email protected]

LEGGER

E IL

TER

RITO

RIO

LEGGER

E IL

TER

RITO

RIO

Le colline Metallifere, in alta Maremma. Sullo sfondo si intravedono le isole dell’Arcipelago Toscano e in lontananza la Corsica.

Bellitalia, la rubrica di successo della TGR (Testata Giornalistica Regionale) Rai

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Certamente. Ci sono gli insediamenti

umani. Grandi e piccoli. Forse bisogne-

rebbe parlare, in generale, di paesaggio

urbano e paesaggio aperto.

E poi ci sono, come dicevo, le persone,

le loro storie. Fra l’altro, non mi sembra

un caso che questi temi vengano evi-

denziati all’interno di una testata gior-

nalistica che, istituzionalmente, si

occupa di “raccontare” le realtà locali.

Paradossalmente, è proprio la globa-

lizzazione che valorizza la dimensione

locale, in tutti i suoi aspetti, anche nei

beni “immateriali”, come li ha definiti

l’UNESCO, che ha deciso di tutelarli

con pari dignità rispetto agli altri.

Quali sono i territori che hai trovato più interessanti?Dal punto di vista professionale, tutti

quelli che permettono una lettura a più

livelli, “multistrato”, se mi passi il

termine. Di solito sono anche quelli

dove la popolazione è più sensibile ai

temi della tutela. Penso alle Langhe

(guarda la coincidenza: territorio di

grandi vini, come il Chianti); al Trentino,

che è una miniera di storie relative alla

convivenza con un ambiente difficile;

ma non vorrei fare un elenco, perché

sarei ingiusto con quelli che inevitabil-

mente non potrei citare. Una cosa ti

posso dire con sicurezza: il territorio è

una miniera incredibile. Recentemente

mi sono occupato delle Biancane, un

affioramento geotermico nel cuore

della Toscana, di cui (e lo dico con una

certa vergogna) non mi ero mai occu-

pato prima.

Una specie di “isola” intorno alla quale

tutti passano, e dove quasi nessuno

si ferma. Un mondo incredibile, da tutti

i punti di vista.

Vorrei tornare a una cosa che hai detto prima, cioè che il territorio è uno solo.Certo. Fra una città e il suo contado

non ci sono certo muraglie cinesi.

Il problema è appunto che si è perso

questo senso di continuità. Il mio col-

lega Claudio Francini, che realizza le

immagini dei miei servizi, dice, scher-

zando ma forse non troppo, che noi

raccontiamo l’Italia meglio di com’è,

perché ovviamente scegliamo il meglio,

mentre ci sono tante brutture in giro.

Devo dire che non ha tutti i torti, anche

se evidentemente c’è anche molto di

buono, come dimostrano le centinaia

e centinaia di servizi che abbiamo rea-

lizzato insieme. Io gli rispondo che

dobbiamo sostenere e valorizzare gli

esempi virtuosi, anche per non dare

alibi a chi dissimula l’incuria trinceran-

dosi dietro i più incredibili pretesti.

Quindi, il giornalismo può avere una funzione positiva?Penso e spero di sì. Quanto meno,

come incoraggiamento. Guarda, io mi

sono convinto che si potrebbe fare

molto con pochissimo, semplicemente

rivedendo tante cattive abitudini, prima

fra tutte il disinteresse. Pensa all’inqui-

namento visivo… Ma io dico: come

mai a Parigi per indicare una zona

pedonale basta un piccolo cartello, e

da noi ce ne vogliono decine, magari

in posizioni che disturbano pesante-

mente il campo visivo? Hai notato ad

esempio che nelle porte delle poche

cinte murarie superstiti il divieto di

passaggio viene segnalato fissando il

cartello proprio sull’ingresso?

Ed è possibile che gli skyline dei centri

storici siano deturpati da centinaia di

antenne e di parabole? Tempo fa, sul

tetto della Cattedrale di Siena,non cre-

devo ai miei occhi: una distesa di tetti

assolutamente puliti, come potevano

esserlo nel medioevo: più che una

veduta, una visione. Indimenticabile.

Come hanno fatto? Semplice: con il

cablaggio. Dunque, se si vuole, si può.

E allora, perché, secondo te, non si vuole?Probabilmente perché non ci si pensa.

E’ un lavoro lungo. Ma mi fa almeno

piacere pensare che, nel nostro piccolo,

possiamo partecipare anche noi.

T.R.

LEGGER

E IL

TER

RITO

RIO

Territorio, cioé cultura

Il tele cineoperatore Claudio Francini, braccio destro del conduttore di Bellitalia, che realizza le immagini dei servizi curati da Marco Hagge.

Page 12: ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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Guardare al futuro nel segno

della tradizione. Un obiettivo

tanto semplice quanto nobile

per avviare nuove strategie per la con-

servazione e la valorizzazione del patri-

monio in terra cruda.

Con il programma “Terre di Terra” e il

progetto C.O.L.O.R.E., già sperimen-

tato dall’Amministrazione comunale di

Novi Ligure, una ridente cittadina a

cavallo tra la Liguria e il Piemonte,

l’Associazione Nazionale Città della

Terra Cruda, aderente a RES Tipica

ANCI, in occasione del decennale

dell’associazione, rilancia la cultura

della terra cruda allo scopo di diffondere

i valori del modello di vita e di organiz-

zazione sociale ed economica proprio

dei territori che a questa cultura appar-

tengono. Promuovere lo sviluppo soste-

nibile - non solo in campo edilizio - in

grado di qualificare i sistemi insediativi

Modellatrici del PaesaggioCon il programma Terre di Terra e il progetto comunitario C.O.L.O.R.E. (Countryside and Landscape Opportunities

in Renewable Energies), già sperimentato dall’Amministrazione comunale di Novi Ligure, l’Associazione Nazionale

Città della Terra Cruda, aderente a RES Tipica ANCI, in occasione del decennale dell’associazione, rilancia la cultura

della terra cruda allo scopo di diffondere i valori del modello di vita e di organizzazione sociale ed economica proprio

dei territori che a questa cultura appartengono.

Il recupero delle tradizioni costruttive del territorio qualifica i sistemi insediativi

con la conservazione dei caratteri del

territorio e nel rispetto degli equilibri

eco sistemici, attraverso il recupero

dei materiali, delle architetture e dei

paesaggi legati alla terra cruda, appare

non meno impellente dell’esigenza di

ristabilire interconnessioni di ambito

storico, economico, etnologico, a loro

volta frutto e ad un tempo modellatrici

del paesaggio (le case di terra, i percorsi

campestri, le viti, i gelsi).

Se n’è parlato lo scorso dicembre, nel

corso di un confronto di approfondi-

mento sul tema del paesaggio, dal

titolo invitante: “(in) torno alla terra”.

La locations scelta, il Museo dei Cam-

pionissimi di Novi Ligure, ha reso più

significativo l’evento. Nella stessa

occasione è stato presentato il libro

“Questa è la mia terra”, immagini (le

foto sono di Giovanni Sacchetti che ne

è anche autore) e racconti delle case

di terra in Italia.

Lorenzo Robbiano, Sindaco della citta-

dina nota per i suoi pregiati vini, luoghi

cari agli eroi della bicicletta e del cam-

pionissimo più amato, Fausto Coppi,

approfittando del tour del territorio, ha

evidenziato come occorra intraprendere

una strategia di sviluppo locale incen-

trata sulla valorizzazione delle proprie

risorse endogene, puntando su una di

quelle più caratterizzanti qual è il tradi-

zionale patrimonio architettonico in

terra cruda.

Nell’ambito della gestione del territorio

è molto sentita la necessità di recupe-

rare le preesistenze architettoniche

tradizionali, frutto del paesaggio stesso,

inteso addirittura nella stretta fisicità

della sua materia costituente: la terra.

Ecco allora che il “materiale” si fa

anche “immateriale” assurgendo da

risorsa “fisica” a patrimonio culturale,

attorno al quale nasce e ruota tutta una

vivace volontà che si traduce in un

programma di governance territoriale,

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Gaia Bollini, architetto libero professionista, ph.d in ingegneria civile, consulente energetico Casaclima. Isidoro Parodi, architetto, Settore Urbanistica Comune di Novi Ligure. Luca Becciu, Sindaco di Serrenti, Presidente dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda.

Fabrizio Montepara, Presidente di Res Tipica ANCI.

La campagna novese, sul confine con la Ligura è costellata di tantissime costruzioni

rurali che costituiscono il patrimonio architettonico materiale in terra cruda.

Nelle foto due esempi di edifici costruitiinteramente in terra battuta. A sinistra la

cascina di Aldo Coscia, casa studio (e rifugio) del noto pittore novese.

A fianco una cascina in terra battuta con la tessitura in pisè lasciata a vista.

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teso a “ricucire” le anime di un terri-

torio, a comunicarlo ai suoi abitanti e

riconsegnarlo loro.

In tal senso l’intento ultimo è quello di

consentire alla comunità locale di pro-

gettare il proprio futuro, fondandolo su

aspetti di sostenibilità sociale e ambien-

tale, in coerenza e continuità con la

propria storia.

Questo programma, denominato Terre

di Terra, cerca di andare oltre la tradi-

zionale prassi di interventi di sola tra-

sformazione spaziale e locale e la sua

portata innovativa risiede nell’articolato

mix dei suoi principi informatori.

“Stiamo lavorando - puntualizza l’ar-

chitetto Isidoro Parodi, del settore

Gestione del Territorio del Comune -

sulla valorizzazione di risorse localizzate

(sia naturali sia prodotte dal lavoro),

considerando il locale e il patrimonio

sociale e materiale come cerniera di

relazioni con il sovralocale (a tutti i

che già interagiscono tra di loro, attra-

verso contatti e scambi in progetti di

diffusione, ricerca, integrazione, coo-

perazione a livello internazionale.

Ne è convinto anche il presidente

dell’Associazione Luca Becciu, Sindaco

di Serrenti, località della Sardegna dove

l’iniziativa è stata avviata dieci anni fa.

Il progetto di mettere in rete i territori

dove si conservavano le antiche tradi-

zioni che nei secoli avevano sviluppato

modelli di architettura e di vita articolati

e validi, decollò a Samassi, dove c’è la

sede dell’Associazione, in una casa di

terra cruda, che ospita un ricco Centro

di Documentazione (www.terracruda.

org). “Usare la terra cruda - sottolinea

Becciu - significa riappropriarci di cul-

tura materiale, conoscenze, saperi che

abbiamo trascurato e che intendiamo

recuperare”. Ed aggiunge:“In dieci

anni abbiamo organizzato numerosi

momenti di divulgazione, sia nella dif-

livelli)”. L’architetto Gaia Bollini, che si

occupa di promozione del patrimonio

in terra, nell’ambito dell’architettura

bioecologica, ribadisce: “Occorre inqua-

drare la tecnologia costruttiva e il patri-

monio esistente all’interno di una

normativa tecnica, mediante un ruolo

attivo da parte del comune, che si

propone come soggetto referente nel

processo di sperimentazione, agendo

nel campo della sostenibilità sociale e

ambientale, avviando reti di soggetti

con propri ruoli all’interno dei processi

di sviluppo”.

La specificità della risorsa interessata

(il patrimonio in terra cruda ed il suo

secolare legame con il territorio), uni-

tamente al forte connotato organizza-

tivo del progetto, configurano la

proposta come una vera e propria

politica complessa di innovazione e di

valorizzazione locale: un laboratorio di

sviluppo locale proiettato su scenari

fusione culturale di base, sia come

confronto scientifico internazionale,

anche in collaborazione con l’UNESCO,

accompagnati spesso da workshop

pratici per apprendere come utilizzare

questa risorsa, che ci aiuta a vivere in

ambienti sostenibili, a salvaguardia

della salute e nel contenimento dei

consumi energetici.

Occasioni di confronto che si realizzano

anche in occasione del tradizionale

appuntamento con la Festa della Terra

che si tiene a metà settembre a Casa-

lincontrada, in provincia di Chieti”.

Fabrizio Montepara, responsabile

dell’Associazione Res Tipica ANCI, non

manca di elogiare il grande impegno

profuso nel tenere vive le varie e arti-

colate forme di cooperazione dell’As-

sociazione Nazionale Città di Terra

Cruda, considerata un autentico fiore

all’occhiello e un valido esempio per

promuovere l’Italia da conoscere in

sovra locali e orientato alla sostenibilità

nella molteplicità dei suoi aspetti.

In sintesi si tratta di un’iniziativa di

sviluppo locale incentrata sui concetti

di saper fare, di “risorse locali”, di

“patrimonio”, di “ecosostenibilità”, di

sostenibilità sociale ed economica, che

prende spunto e forza da una risorsa

“materiale” la cui umiltà la rende così

ricca di poliedriche possibilità anche

“immateriali”.

Il progetto, destinato a coinvolgere la

nuova imprenditoria e lo sviluppo

locale, si articola su diversi livelli che

interessano gli aspetti di tipo tecnico

normativo, di ricerca e documentari-

stico, toccando anche gli aspetti di tipo

formativo di rete e gestione locale e

potrebbe essere replicato su vasta

scala a livello nazionale, coinvolgendo

i 38 Comuni associati a Res Tipica ANCI,

le cinque Province, l’Ente Parco, Asso-

ciazioni, Imprese e liberi professionisti

quanto“Il recupero delle tradizioni

costruttive del territorio è una delle

innumerevoli iniziative di Res Tipica

ANCI” e ciò è pienamente in sintonia

con quanto sostenuto, in molteplici

occasioni dagli architetti Bollini e Parodi,

secondo cui ”approcciarsi ad una disci-

plina particolare quanto affascinante

come la costruzione in terra cruda

significa, innanzi tutto, sfatare alcuni

radicati quanto erronei luoghi comuni,

derivati dal riferire questo materiale,

antico quanto l’uomo, a condizioni di

miseria, stenti, abbrutimento e preca-

rietà (climatica, economica, sociale e

culturale). La terra altro non è, laddove

sia impiegata, che una risorsa come

molte altre, anzi, spesso la più preziosa,

perché l’unica che affonda le radici

nella storia dell’umanità”.

Pierpaolo Bo

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Modellatrici del Paesaggio

Paesaggio di pianura con la cascina fortificata “Gerola”. Il territorio di Novi, conosciuto per i suoi pregiati vini, punta al recupero delle tradizioni costruttive, qualificando i sistemi integrativi di tutta l’area. Sullo sfondo l’azienda vitivinicola Valditerra.

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Lorenzo Robbiano, Sindaco della Città di Novi Ligure.

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Il materiale terra è per sua natura

estremamente versatile. Le tecno-

logie costruttive sono molteplici,

molto legate alla peculiarità del terreno

locale. Il Piemonte, insieme alla Sar-

degna, è una delle regioni con il più

esteso ed articolato patrimonio storico

architettonico in terra cruda.

La concentrazione maggiore è rilevabile

nella provincia di Alessandria, dove è

riscontrabile una variegata tipologia di

manufatti: essi vanno dalla semplice

cascina, alle opere pubbliche o private,

caratterizzando, caso unico in Italia

insieme, a Sardegna e Calabria, sia

l’ambito rurale quanto quello urbano.

Per l’esattezza sono individuabili tre

aree distinte: la zona del mattone

crudo, la zona della terra battuta che

adotta latecnicadelpiséorammed

earth, applicata nell’area del basso

Piemonte, soprattutto la parte meri-

dionale della provincia di Alessandria,

infine una zona a tecnologia mista,

dove il mattone e la terra battuta si

trovano impiegati assieme nella rea-

lizzazione di strutture portanti.

Queste costruzioni erano un tempo

case coloniche legate al mondo

contadino, dotate di autenticità di

linguaggio compositivo, sfaccetta-

ture tecnologiche e contenuti

sociali.

L’azione intrapresa dall’Amministra-

zione Comunale di Novi Ligure prevede

una strategia di sviluppo locale incen-

trata sulla valorizzazione delle proprie

risorse endogene: l’apparente gioco di

parole Terre di Terra (TdT), è in verità

un articolato programma che mira a

sistematizzare le future azioni di tutela

e promozione dell’esistente patrimonio

architettonico in terra cruda. Ma la terra

è anche un pretesto per parlare e agire

concretamente in merito al territorio.

Si tratta infatti di un’iniziativa di sviluppo

locale incentrata sui concetti di saper

fare, di utilizzo delle risorse locali, di

tutela del patrimonio, di sostenibilità

sociale, economica e ambientale,

basata sulla centralità del territorio, del

paesaggio e della popolazione attra-

verso lo strumento della partecipazione.

Terre di Terra, facendo sua la mission

che è propria degli ecomusei, definisce

innanzi tutto un processo, da intendersi

come strategia che consente ad una

comunità locale di ritornare ad essere

tale, di riconoscersi nella propria storia,

nelle tradizioni e nella memoria di tutti

colorochelacompongono,nonchénei

segni lasciati sul territorio (in termini

antropici quanto naturali), assurgendo

a momento di riflessione critica sui

La terra che sussurraLa costruzione in terra cruda diviene spunto e comune denominatore per la creazione di una mappa culturale che,

nascendoalivellolocale,hainsétuttelepotenzialitàpersvilupparsisuscalanazionaleeinternazionale.

Il programma è una valorizzazione del territorio, e quindi del paesaggio, in chiave turistica di qualità. Attraverso il

recuperodiffusodiedificiruralidipregio(giacchéinterra),sipuntasullespecificitàesucircuiticulturalidedicati.

Il mondo contadino che ritorna in auge

nostri attuali modelli di sviluppo.

La scelta di individuare il patrimonio

locale in crudo quale elemento fon-

dante di questo approccio/processo,

sottende tre precise volontà: recupe-

rare la dignità del materiale costruttivo

terra, evidenziandone le profonde qua-

lità, soprattutto in ambito di sostenibi-

litàebiocompatibilità;darerispostaad

una esigenza territoriale di ricettività

turistica attualmente scarsa, poco dif-

ferenziataepernullainnovativa;defi-

nire percorsi tematici legati alla cultura

e alle tradizioni (socio-economiche,

storiche ecc.) del territorio, ascrivendo

a questi due ambiti quell’articolato

livello di beni materiali e immateriali

che, intrecciandosi sul territorio, ne

definiscono e caratterizzano l’identità

e trasferiscono alle comunità locali quel

senso di appartenenza che si vuole

recuperare e sollecitare.

In altre parole la costruzione in terra

cruda diviene spunto e comune deno-

minatore per la creazione di una mappa

culturale che, nascendo a livello locale

hainsétuttelepotenzialitàpersvilup-

parsi a scala sovralocale (nazionale e

internazionale).

In ultima battuta il programma è una

valorizzazione del territorio, e quindi

del paesaggio, in chiave turistica di

qualità, che, attraverso il recupero dif-

fusodiedificiruralidipregio(giacché

in terra), punta sulle specificità e su

circuiti culturali dedicati, in un contesto

in cui il settore ricettivo è sottodotato

rispetto alle potenzialità del territorio.

Ciò significa anche provare a costruire

e coordinare sotto un’unica regia un

insieme di relazioni immateriali a rete,

in un ottica di governance territoriale

multilivello.

Con la collaborazione di

Gaia BolliniArchitetto che si occupa di promozione

e recupero del patrimonio in terra, temi su cui pubblica e tiene consulenze e lezioni.

Isidoro ParodiArchitetto, che si occupa per conto

del Comune di Novi Ligure, in particolare restauro e conservazione

del patrimonio locale.

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Tre metodi di applicazione di intonaco nel recupero delle costruzioni rurali: intonaco costituito da terra e gramigna - finitura di terra cruda e vinacce di Cannonau- aggrappaggio per terra cruda. In alto: paesaggio di pianura nel Novese. Tutto le case sullo sfondo sono realizzate con la tecnica della terra battuta.

La locandina che ha illustrato la campagna,dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda. All’Assemblea annuale, svoltasi a Novi Ligure, hanno partecipato i soci aderenti all’Associazione (35 Comuni), provenienti dalle regioni Abruzzo, Marche, Sardegna e Piemonte. Nella stessa occasione (foto in alto) è stato presentato il libro “Questa è la mia terra” dedicato al decennale dell’Associazione.

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Il primo importante riconoscimento

fu assegnato nel 2011 da “Italia

Nostra” che, in occasione della

settimana nazionale dedicata ai “Pae-

saggi agrari”, inserì il Podere Costi-

gliolo, dove è ubicata una Scuola di

Agraria di altissimo livello, tra i paesaggi

da proteggere. Il Podere Costigliolo è

oggi minacciato da una strada che lo

dovrebbe attraversare in pieno per

arrivare a via del Pianello (altra zona

della collina), pena l’esproprio e quindi

la cessazione delle attività educativo/

didattico/formative che hanno una così

unica e preziosa ricaduta in tutt’Italia.

La tenuta di 27 ettari, donata al Re

Umberto I nel 1882, da Bernardo Mar-

sano, ricco commerciante genovese,

è oggi un bene culturale a rischio: un

orto giardino storico, laboratorio spon-

taneo e museo a cielo aperto per la

sua ubicazione ambientale e la pecu-

liarità morfologica che ha grande

valenza pedagogica e formativa per

Gli antichi ortiNei luoghi dove Fabrizio De Andrè mise insieme, nella ballata “Bocca di Rosa”, “l’amore sacro e l’amor profano”,

grazie all’iniziativa del borghese illuminato Bernardo Marsano, autorevole benefattore, fu fondata, sulla collina

rimodellata a terrazze di Sant’Ilario, dove un tempo era praticata un’agricoltura di sussistenza, una scuola agraria

conosciuta in tutto il mondo per la coltivazione delle “ortaglie primaticce”, degli agrumi, della floricoltura e

frutticoltura. In questo luogo, grazie alla Scuola, ebbero origine generazioni di coltivatori che lasciarono un segno

importante nella storia della frutticoltura e della floricoltura.

In questo luogo si conservano “i saperi e i sapori”

dell’agricoltura di qualitàmigliaia di studenti. A Sant’Ilario studiò

anche Rodolfo Valentino, che nella

Regia Scuola di Agricoltura fondata dal

benefattore genovese si diplomò in

agraria, prima di affinare le sue grandi

doti di ballerino e di divo del cinema

che lo fecero diventare uno dei primi

sex symbol se non addirittura un vero

e proprio oggetto del desiderio, desti-

nato al culto di massa. La peculiarità

del Podere Costigliolo è determinata

dalle caratteristiche del paesaggio, dalla

giacitura, dall’esposizione, dalle carat-

teristiche climatiche, ma anche dalla

storia di questo territorio e dell’Istituto

Professionale per l’Agricoltura e l’Am-

biente “Bernardo Marsano”, sorto

centotrentuno anni fa. Il ricco commer-

ciante, nato nel 1811, aveva intuito

come attraverso l’istruzione sarebbe

stato possibile rendere produttivi i

terreni nei quali, fino ad allora, si era

praticata un’agricoltura di sussistenza.

Bernardo Marsano era consapevole

che l’esposizione a sud di quel versante

della collina, a mezza costa del Monte

Giugo e da tempi antichi rimodellato a

terrazze, in case civili e rurali, poteva

consentirne la trasformazione in “giar-

dini d’inverno” e la coltivazione dei

ricchissimi prodotti, migliorando le

condizioni socio economiche della

popolazione di Sant’Ilario che, fino ad

allora, si era dedicata alla coltivazione

di piante arido resistenti.

La collina del borgo è un balcone sul

mare dalla ricca vegetazione e dalla

vista mozzafiato, da dove si scorge il

monte di Portofino. Da qui parte una

passeggiata panoramica lungo le creuze

secolari che s’inerpicano ripide su per

la collina. Sant’Ilario, invece, è entrata

nell’immaginario collettivo per la cono-

sciutissima ballata “Bocca di Rosa”,

composta da Fabrizio De Andrè nel

1967. La stazione di Sant’Ilario, immor-

talata nei celebri versi, è ancora lì, in

via Bonanno, un piccolo monumento

di archeologia ferroviaria, con l’insegna

mutilata, nei pressi della via Aurelia,

meta di curiosi turisti.

La stessa da cui scese Bocca di Rosa

in un giorno di tanti anni fa, “per metter

l’amore sopra ogni cosa”, sicuramente

prima del 1959, l’anno in cui la fermata

fu definitivamente soppressa, per tra-

sformarsi anni dopo in un edificio pri-

vato. Nei paraggi venne posto un cippo

commemorativo realizzato dallo scul-

tore Adriano Leverone, amico di De

Andrè, che riporta un’epigrafe poetica

(in terzine), dedicata alla ballata del

cantautore genovese, al termine di un

mese di celebrazioni musicali di De

Andréedeicantautorigenovesinella

calata di Capolungo, a Nervi-Sant’Ilario.

PAES

AGGI A

GRA

RI

PAES

AGGI A

GRA

RI

Sullo sfondo della collina di Sant’Ilario, da dove si vede il promontorio di Portofino e il golfo di Genova, si delinea la bella palazzina della Regia Scuola di Agricoltura, dove si diplomò in agraria anche Rodolfo Valentino. In primo piano il giardino medievale e il campo catalogo di piante da frutto.

In basso: Bartolomeo Pagano in una foto di scena del film Maciste, girato negli Anni Venti. In alto, a sinistra: il giovane allievo del Marsano Rodolfo Valentino con un compagno di corso. A destra: il benefattore Bernardo Marsano e l’insegna mutilata della Stazione di Sant’Ilario, descritta in un paio di strofe

dal cantautore genovese Fabrizio De Andrè nella ballata “Bocca di Rosa”.

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LE TRACCE DI UN MAGICO MONDO DI CELLULOIDE Sant’Ilario è perennemente arroccata

sulle alture, con la sua unica, straordi-

naria bellezza. All’epoca di Bernardo

Marsano si viveva soprattutto di pasto-

rizia e olivicoltura e S. Ilario era poco

più di un villaggio di contadini che

risalivano il crinale alla ricerca di nuovi

pascoli da sfruttare. La terra era l’unico

patrimonio. Oggi è un borgo verticale,

minacciato dalla speculazione edilizia.

Italia Nostra è intervenuta più volte per

dire no all’ ennesimo sfregio a un pae-

saggio che è l’emblema di quello ligure,

ad una speculazione che non si arresta

nemmeno di fronte all’ amara lezione

dell’ultima alluvione del novembre del

2011. Qui vissero il grande poeta dia-

lettale genovese Edoardo Firpo e Bar-

tolomeo Pagano, per tutti Maciste,

nativo di Sant’Ilario, dove visse nella

grande villa fatta costruire da Bertumè,

con i risparmi accumulati durante la

sua lunga carriera, e il vasto appezza-

mento del circostante terreno, che

l’attore nelle pause tra l’uno e l’altro

dei quaranta film girati si dilettava a

coltivare ad orto e giardino. L’erculeo

eroe degli anni 20, personaggio cine-

matografico del film “Cabiria”, fino al

1914 camallo nel porto di Genova,

abbandonò il lavoro di scaricatore di

navi, per entrare definitivamente nella

storia del cinema muto.

Tutte queste coincidenze non devono

far dimenticare il valore dell’opera meri-

toria di Bernardo Marsano che nel suo

testamento scriveva: “Revocando ogni

precedente disposizione istituisco mio

erede universale la Regia Scuola Pratica

di Agricoltura Marsano in Sant’ Ilario

di Nervi, alla cui fondazione ho consa-

crato tutta la mia vita e la maggior parte

de’ miei averi allo scopo di creare nella

Liguria, mia terra natale, un centro di

istruzione ove si insegnino i metodi

migliori per trasformare le nostre terre,

oggi così poco rimuneratrici, in giardini

d’inverno, capaci dei ricchissimi pro-

dotti delle ortaglie primaticce, degli

agrumi, della Floricoltura e Frutticol-

tura” (Marsano, 1925).

Negli atti della Società Economica di

Chiavari del 1843 si rilevava: “Che l’i-

gnoranza sia fatale origine di molti

disordini, e sovente la rovina delle

famiglie, ella è una verità riconosciuta

… i nostri agricoltori difficilmente si

perfezionano nelle arti loro perché sono

meno perseveranti nello studio teore-

tico … questo solo io penso, che spar-

gendo a mano larga l’istruzione, si

otterrà un giorno che la povertà non

sia fatale e perpetuo retaggio di una

classe di uomini; che la ricchezza non

sia esclusiva di un’altra privilegiata”.

“Il benefattore che ha dato il nome al

nostro Istituto - racconta la professo-

ressa Angela Comenale Pinto, tutta

grinta e passione per questa terra, ma

anche della “sua” d’origine: il Cilento

- fu un personaggio certamente geniale.

Le indicazioni di Bernardo Marsano in

merito alla coltivazione delle ortaglie

primaticce, degli agrumi, della Floricol-

tura e Frutticoltura, furono vincenti e

grazie alla Scuola di Agricoltura ebbero

origine generazioni di coltivatori che

lasciarono un segno importante nella

storia della frutticoltura e della floricol-

tura. Basti pensare che Domenico

Tamaro, autore di diversi importanti

testi di frutticoltura, fu direttore della

Regia Scuola di Agricoltura di Sant’Ila-

rio e che, grazie all’istruzione, come

preconizzato da Bernardo Marsano, si

sviluppò a Sant’ Ilario il lavoro di miglio-

ramento genetico per diverse colture

floricole e in particolare per le camelie,

per le quali ibridatori esperti crearono

centinaia di varietà nuove”. Per le

nuove colture introdotte da Bernardo

Marsano sarebbe stata necessaria

l’irrigazione, perciò oltre alla fondazione

della Scuola di Agricoltura fu realizzato

un acquedotto che rendesse regolare

l’approvvigionamento idrico.

UN LUNGIMIRANTE BENEFATTORE Avevano la precedenza per l’Istruzione

“i più poveri e abbisognevoli”, ma non

poche furono le difficoltà che Bernardo

Marsano dovette affrontare per rendere

reale questo sogno in cui l’istruzione

diventava strumento di libertà e sov-

vertiva la struttura sociale dell’epoca,

mettendo in pericolo i privilegi della

nobiltà e della ricca borghesia.

“L’importanza del contributo di Ber-

nardo Marsano - ricorda il responsabile

dell’Ufficio Tecnico Giampiero Alloisio,

ex allievo dell’Istituto Marsano - ha

fatto sì che oggi il suo nome sia con-

templato nella recente opera pubblicata

dall’Ufficio Studi del Ministero delle

Attività culturali, coordinata da Vincenzo

Cazzato, Atlante del giardino ita-

liano:1750-1940: dizionario biografico

di architetti, giardinieri, botanici, com-

mittenti, letterati e altri protagonisti”.

La Scuola Agraria di Sant’Ilario è altresì

citata nel testo di Giuseppe Murolo

“Fatti e figure dell’insegnamento agra-

rio dall’unità d’Italia ad oggi”.

Pierpaolo BoPAES

AGGI A

GRA

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Gli antichi orti

La peculiarità del Podere Costigliolo è determinata dalle caratteristiche del paesaggio, dall’esposizione, dalle caratteristiche climatiche, ma anche dalla storia di questo territorio e dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “Bernardo Marsano”, sorto centotrentuno anni fa. Il viaggio per conoscere Sant’Ilario prendeva inizio dalla Stazione ferroviaria, soppressa nell’estate 1959, in via Bonanno,

dove si fermavano i treni diretti a Genova.

PAES

AGGI A

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Madre terra, fratello sole

E’ una vecchia centralina solare, un prototipo a concentrazione che utilizzava

gli specchi Fresnel, la prima costruita in Italia, oggi abbandonati e rotti.

Eppure Sant’Ilario, negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, fu

sede delle pionieristiche imprese “solari” di Giovanni Francia. Matematico e

ingegnere nato a Torino nel 1911, fu il primo al mondo che progettò e costruì

nel Podere Costigliolo, diversi tipi di centrali solari capaci di ottenere vapore ad

alte temperature (500° e oltre) e di produrre energia elettrica. Era una specie di

Archimede dei tempi moderni, Francia realizzò dei campi di specchi che inseguono

il sole e ne riflettono la radiazione su un ricevitore (nelle foto il professor Giovanni

Francia e il suo prototipo costruito a Sant’Ilario) e con le sue scoperte richiamò

l’attenzione del mondo intero su Genova, che allora fu soprannominata “capitale

del solare”. Francia, oltre a dimostrare che era possibile far funzionare macchine

e impianti delle società tecnologicamente e industrialmente avanzate con le

radiazioni solari, sviluppò insieme a due giovani architetti, l’iraniano Karim Amir-

feiz e la genovese Bruna Moresco, il progetto di una città da 100 mila abitanti

capace di funzionare esclusivamente grazie allo sfruttamento di energia solare

rinnovabile. La validità dei concetti alla base degli impianti costruiti da Giovanni

Francia resta intatta ancora oggi tanto che in Australia e in Germania, come

raccontava un filmato visibile alla mostra itinerante del Comitato Nazionale “La

Storia dell’Energia Solare”, sono nate imprese che hanno costruito installazioni

i cui antenati sono proprio quelli che Francia realizzò nella stazione solare di

Sant’Ilario dove, purtroppo, oggi non resta che una testimonianza di archeologia

industriale degli ultimi suoi impianti. E pensare che oltreoceano il 7 dicembre

2011 a Las Vegas l’azienda californiana eSolar è stata premiata per il miglior

impianto costruito nel 2009 nel settore dell’energia solare in base al principio

degli impianti di Giovanni Francia. E’ interessante conoscere che nello stesso

anno di fondazione della scuola (1882) venne teorizzato da Alessandro Battaglia

il collettore multiplo, presentato presso l’Istituto di Incoraggiamento di Napoli,

il primo brevetto per lo sfruttamento dell’energia solare, e cento anni dopo la

nascita del benefattore Bernardo Marsano, nel 1911, nacque Giovanni Francia.

Corsi e ricorsi di una storia che non deve essere dimenticata. Pierpaolo Bo

Il pioniere dell’energia solare

Giovanni Francia fece i primi

esperimenti a Sant’Ilario

La prima centralina solare, costruita in Italia, è stata realizzata nel Podere Costigliolo di Sant’Ilario. E’ un prototipo a concentrazione, progettato dall’ing. Giovanni Francia, che utilizzava gli specchi Fresnel, oggi purtroppo in cattivo stato di conservazione.

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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Straordinario, coinvolgente,

magico, il paesaggio della col-

lina di Sant’Ilario, lungo il ver-

sante naturale rimodellato dall’azione

antropica per mezzo dei terrazzamenti,

appartiene in toto alla Formazione dei

Calcari Marnosi di Monte Antola.

Dal punto di vista morfologico il ver-

sante, di forma subtriangolare, è stato

prodotto dall’azione di una faglia, a

direzione est-ovest, appartenente ad

un sistema che ha fortemente interes-

sato il substrato calcareo-marnoso, si

estende fino a 480 m s.l.m. con espo-

sizione sud. I terrazzamenti si interse-

cano alle rocce calcaree ad elmintoidi

come in un unico disegno e permettono

la coltivazione anche laddove la pen-

denza è maggiore. La realizzazione dei

terrazzamenti con i materiali lapidei

ricavati sul posto ha consentito una

straordinaria armonia tra le caratteri-

stiche naturali e l’azione dell’uomo.

Il paesaggio di Sant’Ilario è talmente

peculiare che è stato oggetto del primo

piano paesaggistico nel 1953 in attua-

zione della legge n.1497/1939.

Il paesaggio agricolo della collina, grazie

alla Scuola di Agricoltura, evolve dalla

coltivazione di piante aromatiche, olivi

e agrumi, che venivano venduti alle

navi mercantili inglesi nel porto di

Genova per prevenire lo scorbuto fra

i marinai, nella frutticoltura e nella

floricoltura specializzata. La coltura

degli agrumi si sviluppa a Sant’Ilario

grazie a interessanti sistemi irrigui di

canalette di coccio invetriato lungo i

muri di ispirazione araba e vasche di

raccolta in pietra, che ancora esistono

nel Podere Chiappella dell’Istituto Mar-

sano, a sud del Podere Costigliolo, ma

il valore di questa coltura è anche nei

colori e nei profumi: “qui tocca anche

a noi poveri la nostra parte di ricchezza

ed è l’odore dei limoni” (E. Montale).

E’ evidente che la Scuola Agraria con

i suoi ventisette ettari sulla collina,

caratterizzati da condizioni microclima-

tiche differenti in funzione dell’altitu-

dine e dell’esposizione, è un’elemento

fondamentale della straordinarietà del

paesaggio di Sant’Ilario.

Allo stesso modo le caratteristiche

architettoniche dell’edificio ottocente-

Dove c’era l’erba, ora c’è... Un autentico giacimento di varietà da frutto locali che mira della conservazione in situ a tutela della biodiversità.

Con lo stesso obiettivo gli studenti dell’Istituto Agrario di Sant’Ilario che rappresenta una realtà dell’eccellenza per

chi consideri l’agricoltura, la cura del territorio, la tutela della biodiversità e la passione nel fare scuola, elementi di

valore da promuovere e sostenere, stanno realizzando un parco didattico del giardino storico, del quale sono già

visitabili un giardino con le specie vegetali utilizzate in epoca medioevale e un giardino con le piante utilizzate in

epoca rinascimentale.

Un laboratorio spontaneo nel mezzo della natura della riviera

sco edificato per ospitare gli studenti

fanno sì che ai primi del novecento nei

depliant turistici di Sant’Ilario fossero

indicati solo la chiesa e la scuola come

mete turistiche. Tra le pietre calcaree

dei muri a secco nascono l’erba rug-

gine, l’Asplenium, l’ombelico di Venere,

la Cymbalaria muralis, i Sedum.

Dai cancelli lungo le mulattiere si scor-

gono pergolati di vite e di glicine,

mentre la Clivia miniata regala appari-

scenti fioriture primaverili. Lungo gli

impluvi nei quali si raccolgono le acque

piovane si sviluppa il Phragmites com-

munis, così come descrive Montale:

“le viuzze che seguono i ciglioni discen-

dono tra i ciuffi delle canne e mettono

negli orti, tra gli alberi dei limoni”.

IL PODERE COSTIGLIOLOIl Podere Costigliolo è ricco di ecotoni,

aree ad elevata biodiversità che forni-

scono ospitalità, nutrimento e siti per

la riproduzione a molte specie fauni-

cole, rappresentando, così, un ele-

salamandrina dagli occhiali, la Salaman-

drina terdigitata, classificata oggi come

Salamandrina perspicillata, a protezione

speciale. In ottemperanza alla conven-

zione Internazionale di Rio de Janeiro

nel podere Costigliolo dell’Istituto Mar-

sano è stato realizzato un campo cata-

logo di varietà da frutto locali che si

propone l’obiettivo della conservazione

in situ a tutela della biodiversità.

Con lo stesso obiettivo gli studenti

stanno realizzando un parco didattico

mento importante per l’equilibrio

ecologico. Sono presenti molte specie

faunicole protette dalla legge regionale

22 gennaio 1992 per la “tutela della

fauna minore”, come specie entomo-

logiche, tra le quali la rara formica cieca

Strumigenys tenuipilis e il coleottero

curculionide Heteromeira variegata,

rettili e anfibi, tra i quali l’orbettino,

Anguis fagilis, il biacco, Coluber viridi-

flavus, il geco comune, la Tarentola

mauritanica, la Raganella mediterranea,

l’Hyla meridionalis, il Bufo bufo e la

del giardino storico, del quale sono già

visitabili un giardino con le specie vege-

tali utilizzate in epoca medioevale e un

giardino con le piante utilizzate in epoca

rinascimentale.

UN PAESAGGIO PEDAGOGICOIl paesaggio del Podere Costigliolo per

la sua ubicazione ambientale, la sua

ricchezza naturalistica, la sua valenza

culturale, la sua eccezionale bellezza

e la peculiarità geomorfologica, si

presta in maniera particolarmente effi-

cace a divenire laboratorio spontaneo

per esperire una gamma di scoperte

e conoscenze non solo scientifico-

naturalistiche ma anche relative alla

sferadeivaloriedell’identitàpersonale;

si può perciò considerare paesaggio

pedagogico.

L’Istituto Marsano con il suo Podere

Costigliolo ha vinto la sfida di rendere

la scuola un luogo piacevole, dove gli

studenti vanno “perché ne sono

attratti” (Skinner, 1992). Esporsi con-

sapevolmente agli influssi di un pae-

saggio, esplorandone e ascoltandone

le voci, palpandone i misteri, cogliendo

la sua storia, la sua evoluzione, assa-

porandone le ricchezze variegate, in

relazione ai propri vissuti, conduce a

un’esperienza educativa e formativa

che andrebbe incoraggiata all’interno

di ogni programma didattico allo scopo

di accrescere, fin dall’età evolutiva,

nella società civile, la sensibilizzazione

al valore dei paesaggi, e, al tempo

stesso, la capacità critica e quella deci-

sionale e partecipativa rispetto alle

politiche ambientali e territoriali.

Con il contributo di Angela Comenale Pinto

Insegnate dell’Istituto Agrario Bernardo Marsano

PAES

AGGI A

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RI

PAES

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La floricoltura, l’orticoltura e il paesaggio delle serre arricchiscono di contrasti la collina di Sant’Ilario, dove l’ulivo modificò profondamente il paesaggio naturale con i terrazzamenti a strapiombo sul mare. In alto: Angela Comenale Pinto, docente dell’Istituto Agrario e il suo collega Giampiero Alloisio, responsabile dell’ufficio tecnico,

ex allievo del Marsano.

Uno studente che lavora nell’aula all’aperto.

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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Aiutare a riflettere per ripensare

l’ambiente e ritrovare il pae-

saggio perduto, attraverso un

laboratorio “territoriale-paesaggistico”,

per riqualificare il territorio, coinvol-

gendo giovani con specializzazioni

diverse (architetti, paesaggisti, urbani-

sti, agronomi, ingegneri, botanici) da

tutta Italia. E’ l’obiettivo di un’interes-

sante iniziativa avviata dalla Comunità

delle Giudicarie, nelle vallate omonime,

in un contesto paesaggistico mozza-

fiato. Il progetto tiene conto dell’attua-

zione di una politica per i cittadini

auspicata dalla Comunità, con “la Per-

sona al centro”: giovani, famiglia,

salute, cultura, sport, edilizia abitativa,

ed altro ancora. Insomma una politica

di sistema ben oliata per il governo del

territorio e delle risorse: urbanistica,

mobilità, energia, ciclo dell’acqua.

Senza trascurare l’aspetto etico ed

estetico del paesaggio come suggeri-

scel’UNESCO,perchéilprogettorap-

presenta un’autentica rivoluzione a

tutto campo.

Una proposta che potrebbe essere

Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati” In Trentino è nato un laboratorio territoriale-paesaggistico per riqualificare e valorizzare le risorse. I protagonisti

sono un gruppo di giovani allievi progettisti, che hanno trovato gli stimoli per trovare spunti di qualità per il nuovo

Piano Territoriale di Comunità. Il progetto è stato promosso dalla Comunità delle Giudicarie che comprende 39

Comuni amministrativi ed oltre 120 centri abitati, lungo i bacini dei fiumi Chiese e Sarca, immissario del Lago di

Garda.

Il progetto rappresenta un modo per apprezzare e interpretare il territorio, applicando soluzioni innovative

presa come modello anche per altre

comunità, al fine di attuare il proposito

auspicato nella recente Dichiarazione

UNESCO dello scorso settembre, a

Firenze, nella quale venne evidenziata

come “è apparsa con sempre maggiore

evidenza, l’impossibilità di proteggere

il Patrimonio separatamente dall’am-

biente e ignorando i saperi e le pratiche

che lo hanno generato”.

Il paesaggio è stato definito, in quella

circostanza, proprio come quella stretta

relazione tra umanità e ambiente che

ogni civiltà e comunità stabilisce rea-

lizzando il proprio universo sociale e

produttivo. Nel documento ufficiale

che ha messo in moto la procedura

Nazioni Unite per arrivare a una nuova

convenzione internazionale sul pae-

saggio, si considerava la richiesta delle

comunità locali e dei rappresentanti

amministrativi per migliori e sostenibili

condizioni di vita basate sulla condivi-

sione globale delle opportunità e

comuni obiettivi. La bella iniziativa

avviata nelle vallate delle Giudicarie

potrebbe essere inserita come un’a-

zione di sostegno, in ambito locale, al

progetto UNESCO che avrà valore

planetario, avviato in occasione del 40°

anniversario della Convenzione del

Patrimonio Mondiale. Il progetto non

ha niente di preordinato: è maturato

all’estremità sud-occidentale della Pro-

vincia di Trento, lungo i bacini dei fiumi

Chiese e Sarca, immissario del Lago

di Garda. Nella località di Tione si sono

svolti gli incontri più significativi volti a

valorizzare le risorse locali, rafforzando

la consapevolezza dei cittadini sulla

necessità di salvaguardare e migliorare

i paesaggi come elemento integrante

dello sviluppo sostenibile e dell’identità

locale. Un modo esclusivo per proget-

tare in area alpina, nuovi interventi di

tutela, utilizzando il territorio come

“un’officina a cielo aperto”. Il luogo è

magico. Le Giudicarie si estendono per

circa un quinto del territorio provinciale,

con una popolazione di quasi 38 mila

abitanti. Comprendono 39 Comuni

amministrativi ed oltre 120 centri abi-

tati. Il territorio include le antiche “sette

pievi”, riunite tra le Giudicarie Esteriori,

con le zone di Lomaso, Bleggio e

Banale, e le Giudicarie Interiori, che

comprendono l’alto corso del Sarca

(con la Val Rendena e la Busa di Tione)

ed il bacino del Chiese. Come se non

bastasse, dalle Giudicarie svetta il mas-

siccio dell’Adamello che fronteggia le

Dolomiti di Brenta, riconosciute Patri-

monio dell’Umanità nel 2009, proprio

nel cuore del Parco Naturale Adamello

Brenta. “L’obiettivo centrale del Piano

Territoriale è quello di garantire un

approccio sostenibile allo sviluppo, che

veda nell’ambiente e nel paesaggio gli

elementi più preziosi da valorizzare -

afferma Patrizia Ballardini, Presidente

della Comunità delle Giudicarie, che

aggiunge: - un paesaggio che nel segno

del recupero, della riqualificazione e

dell’integrazione ma anche della ricerca

e della sperimentazione, riesca a tro-

vare una visione unitaria di qualità, nella

consapevolezza che tutto assume

significato e conquista concretezza

solo se associato ad una nuova sensi-

bilità degli Amministratori”.

Il programma si è aperto con un ciclo

di mostre, seminari e sessioni di con-

fronto con cittadini, professionisti locali,

operatori, Sindaci e amministratori, con

la partecipazione della Commissione

Paesaggio della Comunità delle Giudi-

carie, al fine di stabilire partenariati

efficaci, e muovere i passi necessari

per procedere nella giusta direzione.

I GIOVANI AUTOREVOLI PROTAGONISTINelle giornate di studio si è mostrato

l’uso concreto e operativo di questa

ottica sul paesaggio non categoria per

disquisizioni estetiche ma strumento

INIZ

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Patrizia Ballardini, Presidente della Comunità delle Giudicarie. L’area imponente (circa 52.800 m2)delladiscaricadiZuclochetraalcuniannitermineràlasuafunzionediareaadibitaasmaltimentodeirifiuti,

per la quale la Comunità delle Giudicarie ritiene essenziale trovare una modalità innovativa di riqualificazione. Non quindi solo una messa in sicurezza dell’area ma un progetto che la trasformi da luogo inospitale a risorsa per il territorio.

Reinventiamoci il territorio

Riscoprire, percorrere, osservare,

proporre, innovare. E’ la filoso-

fia dei gruppi di lavoro che si

occupano del Progetto da Paesaggi

rifiutati, ai paesaggi riciclati.

Ad esempio, il ripensamento delle

località turistiche alpine sviluppatisi tra

gli anni Sessanta e gli Ottanta è una

delle nuove sfide dell’architettura e del

governo del territorio. Un progetto

riguarda Madonna di Campiglio, la

“Perla delle Dolomiti”, il luogo simbolo

del turismo alpino in Trentino.

Un progetto che si configura come una

visione futura della località alpina.

Una proposta per nuovi spazi, flessibili,

che facciano rivivere Campiglio nella

contemporaneità e non solo come

ricordo di una gloriosa modernità, e

per la differenziazione dell’offerta turi-

stica anche nei mesi primaverili e autun-

nali. Una Campiglio che cambia, che

si rinnova, che si ripensa.

A partire dalla porta del paese: un’e-

norme colata di cemento considerata

un vero pugno in un occhio.

IL PARCO FLUVIALE DEL SARCA E DEL CHIESEIl tentativo di riportare l’acqua entro il

paesaggio del quotidiano è l’obiettivo

che si è prefissato il gruppo che si è

occupato del parco fluviale.

L’acqua nelle Giudicarie era vissuta

come elemento dal quale difendersi e

come risorsa produttiva (centrali idro-

elettriche, termalismo, imbottiglia-

mento e itticoltura).

Durante il sopralluogo è risultato però

evidente che non c’era necessità di

costruire “strutture fisiche” ma bensì

“strutture relazionali”, tramite le quali

ritrovare e dare nuovo significato al

rapporto uomo-acqua.

INIZ

IATI

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OCALI

Una proposta per nuovi spazi flessibili

Page 19: ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013

Dai “paesaggi rifiutati” ai “paesaggi riciclati”

per promuovere un nuovo modello

basato su benessere delle genti.

I giovani, innanzitutto, sono stati chia-

mati a confrontarsi con l’obiettivo di

offrire idee e contributi progettuali e

di strategia per alimentare un’ avanzata

stesura del Piano Territoriale delle Giu-

dicarie, avvicinandolo ad obiettivi mirati

e concretamente fattibili in pochi anni.

Questa iniziativa ha preso le mosse

dal lavoro fin qui raccolto nel volume

“Rifiuti da problema ecologico a risorsa

del paesaggio” realizzato dalla Comu-

nità delle Giudicarie insieme all’Univer-

sità di Trento (www.comunitadelle

giudicarie.it). Al seminario di apertura,

lo scorso gennaio, hanno fornito i con-

tributi i giovani docenti, che hanno

affiancato quelli di alcune figure impor-

tanti del panorama scientifico europeo:

i paesaggisti PROAP/Lisbona, lo studio

Modus di Bressanone, e l’Università

di Pescara, che hanno illustrato casi

esemplificativi di realizzazioni e approcci

sostenibili ai luoghi alpini che valoriz-

zano la sensibilità al paesaggio come

elemento chiave attorno a cui costru-

ire con attenzione e qualità.

Nella giornata conclusiva del laborato-

rio (sono programmate in futuro altre

sezioni), un team di esperti, insieme

ai componenti della Commissione per

la pianificazione territoriale e il paesag-

gio della Comunità delle Giudicarie, ha

valutato le proposte di progetto,

lasciando poi spazio al confronto aperto

a tutti i partecipanti.

La sfida, lanciata dalla Comunità delle

Giudicarie (la più ampia tra le Comunità

di Valle) di restituire accessibilità a

luoghi deturpati o classificati solo come

“problema ambientale” è stata raccolta

dall’Università di Trento a testimonianza

della relazione, sempre più salda e

proficua, che si sta creando negli ultimi

anni tra realtà locali e ricerca applicata.

“Attraverso questa sperimentazione

- spiega Giuseppe Scaglione, Prof. di

Progettazione urbana e coordinatore

del Laboratorio TALL dell’Università di

Trento - questi luoghi divengono ele-

mento strategico, da utilizzare come

risorsa per ripensare tutto il paesaggio

circostante. L’area della discarica, ad

esempio, potrà assumere un ruolo più

significativo, diventando un’occasione

di vita in ogni contesto, dalla realtà

urbana a quella rurale e montana”.

“In un ambito tanto delicato come

quello della gestione del territorio e dei

rifiuti - commenta Patrizia Ballardini,

presidente della Comunità delle Giu-

dicarie - è fondamentale cambiare

approccio, immaginando opportunità

innovative anche per i luoghi oggi rifiu-

tati poiché dequalificati dall’intervento

umano. Perché un “laboratorio” con

l’Università? Perché credo solo attra-

verso il contributo di tanti, professio-

nisti e studiosi, si potranno trovare i

percorsi innovativi che contesti ormai

intaccati richiedono, per dare loro nuova

vita e qualità”.

LE COMUNITA’ DI VALLE Le Comunità di Valle sono enti pubblici

locali intermedi tra la Provincia Auto-

noma di Trento ed i Comuni. Previste

dalla legge di riforma istituzionale, le

Comunità hanno sostituito i Compren-

sori. Mentre questi ultimi rappresen-

tavano un “braccio operativo” della

Provincia, con limitato potere decisio-

nale, le Comunità sono titolari di fun-

zioni proprie ed hanno la responsabilità

di costruire ed adottare le politiche che

più rispondono alle esigenze e alle

caratteristiche del proprio territorio.

Con le Comunità di valle, si è voluto

portare più vicino ai territori le decisioni

rilevanti, al fine di poter costruire rispo-

ste più puntuali alle esigenze dei Cit-

tadini. Al tempo stesso, le Comunità

sono al servizio dei Comuni al fine di

garantire servizi in modo più efficace

ed efficiente anche in una fase critica

per le finanze pubbliche. Tra le com-

petenze attive della Comunità delle

Giudicarie, si ricordano: politiche per

la casa (edilizia pubblica e agevolata),

politiche sociali e per la salute, gestione

della filiera dei rifiuti, pianificazione

territoriale e urbanistica di comunità,

assistenza scolastica, trasporti turistici,

pianificazione e finanziamento delle

opere di valenza sovracomunale attra-

verso il Fondo Unico Territoriale. Attivati

ed operativi anche progetti specifici

quali: “Parco fluviale del Sarca”, “Pro-

getto Family Giudicarie”, “Giovani:

costruiamo insieme il Futuro”. P. B.

INIZ

IATI

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In alto: i seminari hanno registrato una grande partecipazione di giovani che sono stati affiancati da alcune figure professionali importanti del panorama scientifico europeo.

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

37

Quando parliamo di valore natu-

rale di un paesaggio, istinti-

vamente, la maggior parte di

noi, vola col pensiero verso luoghi

spettacolari, lontani da casa, inse-

guendo il concetto (ormai desueto) di

“bellezza naturale”.

Ciò è dovuto al fatto che la cultura

occidentale, o meglio del mondo indu-

strializzato, non ha aiutato la comunità

a percepire la natura nella sua interezza,

néadidentificarlaemotivamentecon

il paesaggio quotidiano, mente è prassi

comune rimanere in ammirazione di

paesaggi spettacolari e isolati (Naveh,

1995). Questa situazione è particolar-

mente evidente in Italia dove la com-

ponente estetica è stata, sin dall’origine

della questione “paesaggio”, il filo

rosso che ha guidato indirizzi ed appli-

cazioni pratiche influenzando anche i

processi di gestione e salvaguardia del

paesaggio. Oggi però la Convenzione

Europea del Paesaggio (di seguito CEP)

ci insegna che il paesaggio è ovunque

e non fatto soltanto da singoli elementi

di inconfutabile pregio ovvero “di note-

vole interesse pubblico”.

Al concetto di “beni paesaggistici”

dovrebbe sostituirsi quello di “paesag-

gio” inteso come “una parte di terri-

torio così come è percepita dalle

popolazioni, il cui carattere risulta dall’a-

zione di fattori naturali e/o umani e dalle

loro interrelazioni”. Alla luce di ciò sono

altri i valori che, a fianco a quelli este-

tici, dovrebbero guidare le politiche

paesaggistiche. Uno di questi è rap-

presentato dal valore ecologico che si

identifica con la capacità di un paesag-

gio di supportare i processi naturali che

in esso si svolgono e di garantire la

sopravvivenza della biodiversità.

Questo tipo di valore viene convenzio-

nalmente attribuito ai cosiddetti monu-

menti naturali, a zone poco antropizzate,

spesso protette, ma quasi mai si pensa

che anche i nostri paesaggi quotidiani

possano avere un’importanza deter-

minante per la conservazione e la valo-

rizzazione degli aspetti naturali.

Eppure la partita sulla conservazione

delle qualità del paesaggio si gioca

tutta qui, dove le modificazioni all’as-

setto del territorio avvengono più rapi-

damente ed in modo più incisivo, e

dove entrano in gioco interessi econo-

mici difficilmente rapportabili al valore

aggiunto intrinseco nel capitale naturale

e determinato dall’espletamento delle

Il valore “invisibile” del paesaggio Energeo Magazine, che in occasione del “The International Protection of Landscapes”, promosso dall’UNESCO e

dall’ITKI, svoltosi a Firenze lo scorso settembre- di cui è stato, insieme al Tg2, media-partners-, ha preso l’impegno

di individuare le iniziative avviate localmente, continua il suo viaggio in Italia, per meglio interpretare, a livello locale,

i principi di lettura del paesaggio e del territorio.

La nostra esperta Serena Ciabò ci fa conoscere quali sono gli strumenti a cui si ricorre sempre più spesso per

inserire la tutela di questi spazi all’interno di piani urbanistici e territoriali.

Le reti ecologiche appaiono come lo strumento più utilizzato e riconosciuto

per la tutela del territorio dal punto di vista ambientale

funzioni ecologiche. Nelle cosiddette

“aree remote” infatti, collocate cioè

oltre una certa distanza dal più vicino

agglomerato urbano (Romano, 2010),

la bellezza del paesaggio si pone come

caratteristica “ombrello” per la con-

servazione dei valori eco-funzionali.

Nel “mondo reale” (Farina, 2010)

invece, gli elementi di pregio naturali-

stico possono assumere agli occhi dei

non addetti ai lavori a volte anche

connotazioni insulse e passare in

secondo piano rispetto al principio

secondo cui “la terra non rende se non

è murativa” (Settis, 2010), ovvero

rispetto alla possibilità di capitalizzare

il suolo nell’immediato attraverso il suo

sfruttamento, generalmente a scopo

edificatorio. Ma quali sono questi ele-

menti di cui troppo spesso ci dimenti-

chiamo, anche nel programmare gli

assetti futuri delle nostre città?

Sono tutti quei frammenti naturali fatti

di siepi, filari alberati, boschetti, fossi

e corsi d’acqua che differenziano l’o-

mogeneità degli ambienti antropizzati

e connettono tra loro i territori a più

elevata naturalità.

Uno degli strumenti a cui si ricorre

sempre più spesso per inserire la tutela

di questi spazi all’interno di piani urba-

nistici e territoriali è la “rete ecologica”.

Secondo le indicazioni del Ministero

dell’Ambiente con il termine “rete

ecologica” si indica “una infrastruttura

naturale e ambientale che persegue il

fine di interrelazionare e di connettere

ambiti territoriali dotati di una maggiore

presenza di naturalità ove migliore è

stato ed è il grado di integrazione delle

comunità locali con i processi naturali,

recuperando e ricucendo tutti quegli

ambiti relitti e dispersi nel territorio che

hanno mantenuto viva una seppur

residua struttura originaria, ambiti la

cui permanenza è condizione neces-

saria per il sostegno complessivo di

una diffusa e diversificata qualità natu-

rale nel nostro Paese” (Deliberazione

C.I.P.E. 22 dicembre 1998).

La pianificazione di una rete ecologica

si pone l’obiettivo, sotto uno stretto

profilo di conservazione naturale, di

mantenere o ripristinare una connetti-

mentale, tanto che l’ISPRA sta portando

avanti dal 2010, con cadenza

biennale,un monitoraggio sul recepi-

mento dei concetti di connettività e

rete ecologica all’interno degli stru-

menti di pianificazione a scala locale.

Nel programma del monitoraggio per

l’anno 2012 sono coinvolti circa 60

focal points (amministrazioni provinciali

e regionali, ARPA, enti parco, università,

istituti di ricerca, liberi professionisti)

che si occuperanno di analizzare 110

Piani di governo del territorio con

valenza regionale (20 Normative Tec-

niche), provinciale (65 Piani), comunale

(15 Piani), aree protette (10 Piani).

Piani) quale quello ad oggi presente

nell’Annuario dei Dati Ambientali di

ISPRA, ma un indicatore di tipo quali-

tativo che possa, quindi, approfondire

il reale recepimento di tutti i concetti

che rientrano sotto la più vasta acce-

zione di rete ecologica all’interno degli

strumenti di governo del territorio.

Ad oggi, le reti ecologiche, appaiono

come lo strumento più utilizzato e

riconosciuto per la tutela dei valori

ecologici, così difficili da riconoscere

in altro modo.

Serena CiabòPianificatore territoriale

e ecologa del Paesaggio

APPRO

FONDIM

ENTO

APPRO

FONDIM

ENTO

Un ambito territoriale dotato di una maggiore presenza di naturalità. Serena Ciabò, l’autrice del servizio.

vità fra le popolazioni biologiche in

paesaggi frammentati, ricongiungendo

le aree naturali residuali ancora presenti

in una matrice tendenzialmente antro-

pizzata a causa dell’urbanizzazione,

della presenza di aree agricole ecc..

La presenza di tale strumento all’in-

terno dei piani è riconosciuta fonda-

L’indagine è volta a mettere in luce

come il concetto di rete ecologica è

declinato in ogni Piano garantendo,

successivamente, di poter costruire

un indicatore non più di tipo quantitativo

(che dà cioè informazione esclusiva-

mente sulla presenza/assenza del con-

cetto di rete ecologica all’interno dei

Page 21: ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013APPRO

FONDIM

ENTO

APPRO

FONDIM

ENTO

Il progetto RERU (Rete Ecologica

della Regione dell’Umbria) nasce

da una risposta che la sensibilità

amministrativa umbra ha dato alle sol-

lecitazioni che, ormai quasi da un

decennio, pervadono il panorama ita-

liano delle istituzioni scientifiche e, a

seguire, di quelle di governo del terri-

torio. L’azione promossa dalla Regione

Umbria è la prima in Italia a riguardare

un intero distretto amministrativo regio-

nale, con un’intenzione dichiarata di

costituire uno strumento operativo che

dialoga con gli altri contenuti del Piano

Urbanistico Territoriale condizionando

effettivamente le trasformazioni future

del territorio. Il progetto, che nella sua

logica organizzativa ripropone alcuni

schemi già in parte introdotti alla scala

nazionale (es. Paesi Bassi o Polonia) o

a quella provinciale anche in Italia (es.

Piano Provinciale di Milano), ha coin-

volto tre unità di ricerca italiane operanti

in altrettanti Atenei (Università di Peru-

gia, Università di Camerino e Università

dell’Aquila), oltre ad un centro di ricerca

olandese (Alterra) e all’Università di

Cambridge (UK). Il programma RERU1,

i cui risultati sono stati pubblicati nel

2009, ha prodotto un cospicuo quadro

conoscitivo portando ad un disegno

della rete esteso all’intero territorio

regionale e ad uno “zoning” funzionale

delle sue parti componenti (unità di

connessione, corridoi e frammenti).

Il recepimento dei contenuti del lavoro

nell’articolato della L.R. 22 febbraio

2005, n. 11 (Norme in materia di

governo del territorio: pianificazione

urbanistica comunale) ha segnato un

duplice traguardo importante e inno-

vativo: l’accoglimento della rete eco-

logica nel quadro legislativo regionale

e il suo inserimento nella norma di

governo urbanistico del territorio. Al

primo programma ne è seguito un

secondo di approfondimento (RERU2),

ultimato nel 2008 e attualmente in fase

di pubblicazione, che ha raffinato i

contenuti delle ricerche precedenti,

Corridoi ecologicida salvaguardare La Rete Ecologica della Regione Umbria (RERU), primo caso in Italia a riguardare l’intero territorio regionale, si

pone l’ambizioso obiettivo di integrare le esigenze ecologiche della fauna con gli strumenti urbanistici comunali,

proponendo una sperimentazione di dettaglio su un territorio campione (la Valle Umbra), un contesto insediativo

molto denso, dove sono stati individuati fisicamente alcuni corridoi ecologici residuali, fondamentali per progettare

concretamente il miglioramento delle condizioni ambientali locali per la biodiversità.

Il progetto innovativo RERU

concentrando le attenzioni su un ter-

ritorio campione (la Valle Umbra), le cui

dettagliate informazioni possono age-

volmente dialogare, ancor più di quelle

precedenti già in scala 1:10.000, con

gli strumenti urbanistici comunali.

Una terza fase del programma (RERU3),

dovrebbe puntare al conseguimento,

su tutto il territorio regionale, di una

configurazione di rete ecologica scien-

tificamente molto “robusta” ed in

grado di colloquiare pienamente nei

prossimi anni con tutte le altre forme

di pianificazione della regione (agricola,

paesaggistica, turistica, trasportistica,

urbanistica).

Bernardino RomanoProfessore di pianificazione territoriale

presso l’Università degli Studi dell’Aquila

Un paesaggio dell’Umbria cuore verde dell’Italia. In alto: Bernardino Romano, grande appassionato di montagna.

Page 22: ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

41

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Il tema del paesaggio è questione

dibattuta, in parte controversa e

fonte praticamente inesauribile di

spunti di riflessione. E’ un argomento

complesso frutto di approcci culturali

diversi che nel tempo, con processi

evolutivi e talvolta involutivi, non è

sfuggito al tentativo di essere imbri-

gliato e codificato da parte di una

coscienza umana che ne ha compreso

il valore e la necessità. Tale esigenza

si fa sentire in modo forte anche nel

nostro Paese che, recentemente, con

il recepimento di norme e regolamenti,

sta delineando i contorni di una nuova

rabili. In questa operazione di “ridise-

gno” la scommessa è quanto il ponte

potrà integrarsi con il territorio mante-

nendo identità ed autonomia formale.

E’ così che il ponte entra nel paesaggio,

o meglio diviene parte del paesaggio,

gli appartiene, quasi se fosse lì da

sempre. Tra le varie tipologie di ponti,

sensibilità al territorio, visto non solo

come risorsa materiale ma anche come

fonte di benessere. Questa sensibilità

(formatasi, non di rado, anche in ammi-

nistratori pubblici e progettisti), per

quanto si scontri ancora quotidiana-

mente con forze speculative che ten-

dono alla devastazione del territorio

causata dalla cementificazione, talvolta

riesce a tracciare testimonianze distin-

guibili della propria essenza attraverso

opere puntuali quali i ponti.

In tal senso, all’idea del ponte come

collegamento fisico si affianca la meta-

fora della ricongiunzione tra antico e

I ponti ad arco nel paesaggio L’idea del ponte come collegamento fisico si affianca alla metafora della ricongiunzione tra antico e moderno,

tra passato e futuro dove, attraverso una nuova visione dell’opera che vede la cura architettonica al centro della

percezione umana e quindi come elemento di paesaggio, viene scalzata la concezione della serialità del ponte che

standardizza i luoghi. Il ponte nella sua capacità di interpretare un’esigenza di carattere funzionale, attraverso le sue

forme stabilisce nuovi gradi di relazione con il suo contesto modificando, anche solo in piccola parte, il significato

dei luoghi. In questo senso si sviluppa l’inchiesta di Energeo che ha voluto affrontare anche gli aspetti che legano,

nelle varie epoche, queste infrastrutture alle opere d’arte.

L’ infrastruttura, utilizzata anche ai tempi dei Romani, è quasi sempre riconoscibile rispetto

al paesaggio che la contiene e nel contempo ha una forte capacità

di essere identitaria dei territori.

moderno, tra passato e futuro dove,

attraverso una nuova visione dell’opera

che vede la cura architettonica al centro

della percezione umana e quindi come

elemento di paesaggio, viene scalzata

la concezione della serialità del ponte

che standardizza i luoghi.

Il ponte nella sua capacità di interpre-

tare un’esigenza di carattere funzionale,

attraverso le sue forme stabilisce nuovi

gradi di relazione con il suo contesto

modificando, anche solo in piccola

parte, il significato dei luoghi. Si tratta

di un disegnare su un disegno già dato

con vincoli estetici oggi non più trascu-

tra i quali troviamo quelli sospesi e

quelli strallati, a fare da padrona è

l’accattivante forma del ponte ad arco

nelle sue variazioni strutturali.

D’altra parte, l’arco in antico era anche

metaforicamente associato al genius

loci, ovvero alla divinità protettrice di

un determinato luogo che, in qualità di

forza creatrice, vis generandi, veniva

immaginata come essere superiore

animato. L’animale sacro era il ser-

pente, e con questa forma, sovente,

lo troviamo rappresentato o descritto

in diverse espressioni artistiche o let-

terarie, come in una bella favola di

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Goethe, dove il serpente diviene ponte,

acquisendo nel contempo il significato

di unione e dialogo quanto di materia

e forma. E l’arco del ponte, perfetto

elemento strutturale, è anche il sim-

bolo della grandiosità dell’imperatore,

monumentalizzato e investito di una

forte carica semantica leggibile nel

significato proprio di “onore” e

“trionfo”, di “landmark” del luogo,

utilizzato fin dall’antichità nelle opere

pontiere più grandiose che ne hanno

fatto un vero e proprio punto di accu-

mulazione, luogo di conflitto o mezzo

di pressione psicologica. Ampia appare,

in questo senso, l’iconografia che ritrae

scene di guerra ambientate nei più

grandi ponti ad arco dell’epoca romana

o raffigurazioni pittoriche che hanno

per sfondo paesaggi in cui compare il

ponte, quasi sempre ad arco.

Soprattutto in età rinascimentale infatti,

con il ridestarsi del culto umanistico,

molti furono gli artisti e gli scrittori che

interpretano il modello del ponte ad

arco integrandolo con la propria espe-

rienza figurativa. E’ l’esempio del

famoso affresco di Raffaello Sanzio

conservato presso i Musei Vaticani,

che raffigura la battaglia e celebra la

vittoria di Costantino a ponte Milvio,

nel quale la figura del ponte è posta in

secondo piano, quasi ad essere uno

spettatore timido che guarda da lontano

per non disturbare la visione ascetica

dell’Imperatore, in un’atmosfera di

Raffaello e Giulio Romano: “Visione della croce a Costantino”. Affresco. Roma, Musei Vaticani. Madonna dei Fusi, Leonardo Da Vinci, 1501. La Gioconda, Leonardo Da Vinci, 1503-1514. Ponte Buriano, 1277.

Enzo Siviero, Ordinario di Tecnica delle Costruzioni Università IUAV di Venezia Michele Culatti, Phd, architetto Viviana Martini, Phd student, architetto

precaria tranquillità prima della batta-

glia. Anche Leonardo dipinse valli,

montagne, colline, un fiume e un ponte

nello sfondo del suo più famoso dipinto.

Alcuni storici dell’arte ritengono che il

paesaggio rappresentato nella Gio-

conda sia una vista immaginaria, altri

affermano che si tratti della Valmarec-

chia o di Arezzo con il Ponte ad arco

di Buriano. Il ponte raffigurato è a sette

arcate a sesto ribassato, e questo

numero, considerato sacro in antico,

richiama risvolti magico-simbolici,

alchemici, ricordando i misteriosi

legami tra umano e divino, microcosmo

e macrocosmo, tra uomo e natura,

nell’eterno e dinamico fluire della vita.

Il paesaggio rappresentato sullo sfondo

si allontana man mano verso l’orizzonte,

facendosi sempre più indefinito e sfo-

cato con la distanza, e i colori si atte-

nuano fino a disperdersi in una

nebbiolina di colore grigio–azzurro nella

quale il ponte assume la propria iden-

tità integrandosi nel contempo mira-

bilmente nel paesaggio.

Anche in un’altra opera, La Madonna

dei Fusi, Leonardo, avvalendosi dell’u-

tilizzo della prospettiva aerea, raffigurò

un ponte simile, leggermente arcuato

a schiena d’asino e con sette arcate di

luce diversa. L’arco dunque, che nell’e-

poca romana ha avuto una grande

espansione sia dal punto di vista for-

male che simbolico, e che è divenuto

protagonista di rappresentazioni figu-

Page 23: ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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rative o letterarie, è ancora oggi una

delle geometrie che nel disegno archi-

tettonico arricchisce le opere di una

potenza espressiva che racchiude sia

la forza strutturale, sia la dolcezza della

linea curva che evoca diversi significati.

Del resto, se solo percorriamo con gli

occhi la linea dell’arco vediamo che

esso contiene l’inizio di un percorso,

un punto massimo ed una fine, stante

a ribadire metaforicamente il ciclo della

vita. E’ una forma naturale oltre che

artificiale usata per scopi strutturali.

Proprio per tale motivo l’utilizzo dei

ponti ad arco in contesti anche tra loro

diversi, siano essi urbani o rurali, non

è solo una scelta tecnica ma anche

una scelta linguistica.

Infatti il ponte ad arco nelle sue diverse

forme ha la capacità di modulare la

relazione con il paesaggio calibrando

la propria presenza secondo modalità

diverse. Possiamo trovare esempi di

grande autonomia formale ad esempio

nella maestosa opera del 1959 di Giulio

Krall a Merizzano, in provincia di Bene-

vento, dove l’impressionante paesag-

gio della breve fase costruttiva, si

trasforma in ponte a doppia arcata che

domina il paesaggio in modo perma-

nente. Ma ci sono altre forme di inse-

rimento nel paesaggio dove, ad

esempio, il ponte ad arco internalizza

i rifermenti del contesto. Un esempio

lo si può osservare a Battaglia Terme,

in provincia di Padova, dove il nuovo

ponte carrabile ad arco a via superiore

entra in netta relazione formale con il

ponte storico in muratura.

Antico e moderno dialogano con lo

stesso linguaggio sia pur con uno stile

diverso. Il moderno, in calcestruzzo

armato, espone la snellezza delle sue

forme sintesi di un virtuoso gioco dia-

letticotra ingegneriaedarchitettura;

l’antico diviene monumento, espres-

sione di storia e segno della memoria.

Il nuovo ponte in questo caso non

domina il paesaggio ma ne fa parte,

diviene elemento compositivo di un

quadro composto da primi e secondi

piani dove si colgono soprattutto le

infrastrutture e da sfondi dove le

forme ondulate della vegetazione ci

avvertono della presenza di un paesag-

gio collinare. Esso ridisegna il sistema

delle stratificazioni degli elementi e

delle direzioni e orienta, con il suo

impalcato, la vista verso le parti edifi-

cate, diventando così anche un rego-

latore di direzione visiva senza però

alterare il quadro paesaggistico.

Un altro esempio di inserimento dei

ponti ad arco nel paesaggio può avve-

nire con la ripetizione dell’arco come

sistema continuo: è il caso dell’ade-

guamento funzionale del ponte a Borgo

Tossignano in provincia di Bologna,

dove la necessità di allargare un ponte

storico ad arco in muratura per con-

sentire il passaggio pedonale è stata

risolta creando una passerella posta

su un lato del ponte storico sostenuta

In alto: Giulio Krall, Ponte a Melizzano -1959 - Costruzione con centinature e realizzazione finale. Passerella sul torrente Santerno - Borgo Tossignano - Bologna - 2005. Ponte sul Canale Battaglia - Battaglia Terme (Padova) - 1995.

I ponti ad arco nel paesaggio

da archi metallici inclinati. Questo inter-

vento ridisegna il “paesaggio” archi-

tettonico del ponte storico stabilendo

una gerarchia tra antico e moderno: il

moderno, più leggero, non sovrasta

l’antico ma lo rispetta seguendo la

proiezione dell’arco in muratura su un

piano inclinato nello spazio.

L’utilizzo del ponte ad arco in pittura

con l’ampia gamma di significati che

esso ha rappresentato nella storia ed

i pochi esempi illustrati danno già la

dimostrazione di quanto esso sia un’o-

pera architettonica dotata di una grande

potenza comunicativa.

La possibilità di essere impiegato con

una geometria “elastica” rispetto al

paesaggio che lo contiene e nel con-

tempo la sua capacità di essere iden-

titario ovvero, sempre riconoscibile, lo

portano a caratterizzare il luogo in cui

è inserito, a segnarlo attraverso un

Landmark, ma anche a creare nuove

relazioni spaziali e nuovi significati

funzionali e simbolici stanti a ribadire

la stratificazione del luogo e il mutare

del suo significato nel tempo.

Enzo Siviero Ordinario di Tecnica delle Costruzioni

Università IUAV di Venezia

Michele Culatti, Phd, architetto

Viviana Martini, Phd student, architetto

Per informazioni:MONDADORI EDUCATION SPA Servizio PeriodiciViale M. Fanti 53 - 50137 Firenze Telef. [email protected]

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Page 24: ENERGEO MAGAZINE Anno V Gennaio - Febbraio 2013

44

Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

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L’ ambiente e la tutela del terri-

torio e del paesaggio avranno

un percorso didattico nel campo

delle risorse umane: la Psicologia Socio-

Ambientale. E’ l’ultima novità nel

campo delle discipline scientifiche e

si avvia ad un sicuro successo. Da

quest’anno, insegnamento unico in

Italia presso l’Università di Pisa, prende

avvio un nuovo corso, del tutto all’a-

vanguardia nel campo delle scienze

umane. Questa nuova disciplina si

definisce come la Scienza che studia

l’interazione tra il comportamento

umano e l’ambiente. In tal senso, essa

pone al centro dell’analisi scientifica

Psicologia socio-ambientale, un nuovo campo da esplorareLa psicologia socio-ambientale è stata messa a punto con l’intento di creare una disciplina che possa comprendere,

in modo olistico, l’uomo e l’ambiente in un’unica accezione.

All’ individuazione dei problemi più gravi e nocivi per l’ambiente, deve corrispondere la sperimentazione di modelli

culturali alternativi, con l’obiettivo di offrire soluzioni sostenibili che tengano conto dell’interazione comportamento-

ambiente, orientate sia verso la modifica dell’ambiente, sia verso l’introduzione di nuovi stili di vita.

Nasce all’Università di Pisa una nuova disciplina che studia l’interazione tra il comportamento umano e l’ambiente

l’individuo (o il gruppo umano) intesi

non soltanto come prodotto delle grandi

cause esterne, ma anche come causa,

essi stessi, dei molteplici fenomeni

particolarmente rilevanti all’interno del

sistema “ambiente”. La trasformazione

dell’uno in funzione degli altri - e vice-

versa - è continua e rimane all’interno

di un unico processo interattivo circo-

lare. Oggetto generale di studio della

psicologia socio-ambientale è dunque

l’interazione - costante e imprescindi-

bile - tra il comportamento umano e

l’ambiente, intendendo per ambiente

sia quello naturale che antropico. Tale

interazione viene analizzata sia nei

paleocomportamenti, propri delle ere

preneolitiche e dunque riferita all’inte-

graleprocessodiominazione;sianei

residui di tali paleocomportamenti

riflessi sulle condotte attuali e riferiti

all’Homo “technologicus” apparte-

nente alle società tecnologicamente

avanzate. Campi d’indagine più speci-

fici sono: Evoluzione Umana in rapporto

all’ambiente;CondotteSpecifiche a

caricodell’ambiente;Complessitànello

sviluppo di comportamenti dannosi a

caricodell’ambiente;Energiadafonti

esauribili e rinnovabili; ProcessiPro-

duttivi e relative conversioni economi-

che;ProduzionediRifiuti e criteri di

raccolta,smaltimento,riutilizzoetc…;

Inquinamentointutteleforme;Sovrap-

popolazione e relative conseguenze

sociali ed ambientali.

La psicologia socio-ambientale è stata

messa a punto con l’intento di creare

una disciplina che possa comprendere

finalmente, in modo olistico l’uomo e

l’ambiente in un’unica accezione senza

vederne necessariamente separate le

parti. Infatti, la distinzione necessaria

rispetto ad altre discipline, si esprime

in primo luogo per la specificità dell’og-

getto: lo studio degli ambienti, dei

luoghi, dei contesti e degli stimoli fisici,

entro i quali l’uomo si muove, che

danno adito a specifici comportamenti.

Per comportamenti si intendono atti-

vità, condotte, abitudini e costumi che

cambiano tali luoghi generando nuovi

stimoli, all’interno di una continua reci-

proca variazione. In tale studio l’am-

biente tout court e i gruppi sociali che

lo abitano, le tecniche di produzione,

gli strumenti materiali ed ideali, le

tecnologie, le mode, la diffusione di

modelli di comportamento, hanno tutti

pari dignità e sono concepiti come

componenti di un sistema, di fatto,

inscindibile. Questa vuole essere una

ripartizione particolarmente specializ-

zata di cui si sente l’esigenza per la

velocità di mutazione dell’enorme com-

plesso di fenomeni osservabili in

questo settore, che appare in espan-

sione continua. Uno dei punti cardine

della psicologia socio-ambientale è

l’assunto secondo cui nell’interazione

uomo-ambiente insiste un’apparente

inconsapevolezza degli attori.

L’individuo, il gruppo, l’istituzione sem-

brano disconoscere i meccanismi

dell’interazione asserendo la propria

impotenza, incompetenza o estraneità

di fronte ai medesimi. Di conseguenza

non vengono percepite e riconosciute

dai singoli attori le conseguenze, dirette

o indirette, del proprio agire che appare

come effetto perverso di un sistema

immanente. A fronte di tale inconsa-

pevolezza/negazione che comporta

necessariamente pericolosi atteggia-

menti di indifferenza e di autoindul-

genza, vengono chiamate in causa la

psicologia, la sociologia ed in particolare

l’antropologia culturale.

Quest’ultima si rivela particolarmente

efficacepoichéneisuoiambiticanonici

di studio, vi sono schemi comporta-

mentali preordinati ed organizzati

secondo precisi modelli culturali che

sottendono all’implicito, ovvero ad un

comportamento del quale si è del tutto

o parzialmente inconsapevoli.

Inoltre il ricorso all’antropologia diviene

cogente in quanto non sarebbe possi-

bile comprendere globalmente gli

atteggiamenti umani odierni senza

un’accurata analisi delle interazioni che

si sono succedute in ambito culturale

nella storia dell’evoluzione umana.

Lo studio antropologico, quindi, se da

un lato dovrà porsi come obiettivo

generale quello di modificare schemi

culturali e comportamentali non più

adattivi nell’attuale contesto industriale/

post-industriale, dall’altro è finalizzato

alla ricerca di soluzioni ottimali capaci

di coniugare l’economia con la qualità

dell’ambiente e della vita. La corretta

individuazione dei problemi più gravi e

nocivi, deve andare di pari passo con

la sperimentazione di modelli culturali

e tecnologici alternativi con l’obiettivo

di offrire soluzioni sostenibili. Soluzioni

che terranno sempre conto dell’inte-

razione comportamento-ambiente e

che saranno quindi orientate sia verso

la modifica dell’ambiente, sia verso

l’introduzione di nuovi stili di vita.

Paolo RogniniProf. a c. Psicologia Socio-Ambientale

Università di Pisa

IL P

UNTO

DI V

ISTA

IL P

UNTO

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ISTA

Il Professor Paolo Rognini. Uno dei campi d’indagine della nuova disciplina scientifica è l’Evoluzione Umana in rapporto all’Ambiente.

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013 Anno VI - gennaio/febbraio 2013

47

Il 1988, anno di nascita del Co.Svi.G.

(Consorzio di Sviluppo delle Aree

Geotermiche), resterà negli annali

delle iniziative territoriali di successo,

come pietra miliare per diverse e coin-

cidenti ragioni. “Siamo partiti senza

una struttura vera e propria, senza un

fondo di dotazione, senza nemmeno

l’assegnazione di un ufficio”, racconta

Sergio Chiacchella, oggi direttore gene-

rale del Consorzio, che racconta dell’im-

pegno, della passione e determinazione

con cui il gruppo di Comuni dell’area

geotermica della Toscana si è mosso

negli ultimi decenni con un unico obiet-

tivo: “traghettare il territorio, dalle dif-

ficoltà manifestatesi negli anni ’60 e

’70 attraverso un percorso in grado di

creare nuove opportunità, un’occasione

di rilancio, il punto della svolta” utiliz-

zando al meglio le risorse disponibili,

in un percorso di identità e sostenibilità

dei processi di sviluppo.

Un territorio che si appresta a festeg-

giare “le nozze d’argento della Terra”

(così recita il claim del manifesto che

ricorderà l’evento) e lancia una scom-

messa per il futuro, proponendo un

diverso terreno competitivo, sapendo

che questa vuole essere l’occasione

Comunicare il territorioIl territorio geotermico della Toscana ha dovuto, in passato, gestire situazioni di disagio, tuttavia, attraverso un

percorso orientato allo sviluppo sostenibile, ha saputo fare dell’emergenza un’occasione di rilancio.

Uno degli strumenti utilizzati è rappresentato da Co.Svi.G., che ha puntato sulla ricerca e l’innovazione, stabilendo

nuove relazioni con il mondo universitario e della cooperazione, nonchè con altre realtà simili operanti nel settore

energetico-ambientale con criteri di sostenibilità, avviando nuove alleanze internazionali.

L’esempio del comprensorio geotermico che in questi anni ha cambiato volto, sarà un caso di studio nell’educational,

previsto a settembre, tra esperti di comunicazione del territorio e giornalisti televisivi e della carta stampata, al fine

di definire le linee guida per una corretta comunicazione territoriale.

Un modo per festeggiare le nozze d’argento con la terra

per mettere in campo i reali punti di

forza: il territorio e la risorsa umana.

E lo vuol fare con una task force costi-

tuita da gente esperta e qualificata, in

grado di tener dritto il timone fra neces-

sità di occupazione e di rilancio del

territorio e voglia di innovazione.

Si tratta di giocare un ruolo di primo

piano nei prossimi anni per costruire

nuove relazioni (anche internazionali),

sotto il segno del green, alla luce di

quella cultura della sostenibilità che fa

parte del DNA del territorio, come

riferimento per lo sviluppo.

Nelle “grandi visioni” dei progetti

avviati si capisce che la leva strategica,

è una soltanto: costruire un sistema

emergente di sviluppo territoriale che

tenga conto di tutte le valenze ambien-

tali e paesaggistiche e dello sviluppo

della grande opportunità offerta da un

corretto uso delle energie rinnovabili.

Ed ancora: il rilancio della ricerca potrà

trovare nuovi sbocchi, costruendo

nuove relazioni con il mondo universi-

tarioedellacooperazione,nonchécon

altre realtà simili operanti in altri territori,

avviando nuove alleanze internazionali.

Occorre continuare orgogliosamente

sulla scia di un progetto iniziato oltre

ANNIV

ERSA

RI

Sergio Chiacchella, direttore generale del Co.Svi.G.

Da pastori emigranti a imprenditori di successo: un singolare affresco di storia familiare

Attraverso una scorribanda nella memoria riusciamo a capire cosa è acca-

duto da queste parti. Mario Tanda, è oggi un imprenditore di successo

di Monterotondo Marittimo, insieme ai suoi tre fratelli nati qui da genitori

sardi, ha avviato un’:attività casearia di altissimo livello, che rappresenta un caso

pratico di come si possa applicare il concetto di sostenibilità ambientale alla

produzione alimentare. Nel Podere Paterno, situato in una zona collinare dell’Alta

Maremma ricca di olivi, pascola il gregge (oltre mille capi di ovini) che fornisce

ottimo latte con cui si realizzano un’ampia varietà di formaggi: dai prodotti freschi

come rovaggiolo, ricotta, fiocchi di latte, primo sale, ai pecorini di diversa stagio-

natura realizzati anche con lavorazioni particolari come il vellutato, il moro o il

pecorinodellevinacce.Quellicheeranounavoltaterritoriabbandonati,perché

gli abitanti erano stati attratti dal miraggio di un posto di lavoro alle Ferriere,

vennero occupati da interi nuclei familiari provenienti dalle zone interne della

Sardegna, dirette al “continente”. “Anche i miei genitori - ricorda Mario Tanda

- furono protagonisti della migrazione della transumanza delle greggi.

Il viaggio fu avventuroso. Mio padre Gianuario, classe 1906 e mia madre Giaco-

mina, di 27 anni più giovane, allora non ancora sposati, si incamminarono con

trecento pecore e un asino, utilizzato per trasportare le povere masserizie verso

il porto di Olbia. Il viaggio durò due giorni, senza tappe, prima di vedere il mare.

Finalmente l’imbarco, la stiva dove si sistemarono, alla bell’e meglio, con le

pecore per l’intera notte. Si può immaginare, fu molto difficoltoso!”. Si commuove

Tanda mentre mostra alcune fotografie ingiallite. Ricorda ancora: “Quel viaggio

che venne fissato nella memoria dei miei genitori, nonostante la faticosa avven-

tura, aveva il senso della scoperta di un luogo leggendario, un Eldorado, in cui

soddisfare i bisogni materiali, avere una masseria, tirar su la famiglia con molta

dignità. Era la Toscana. Dal porto di Civitavecchia ci vollero quattro giorni per

raggiungere l’Alta Maremma, dove si pensava di poter trovare dei pascoli in

grado di sfamare enormi greggi. Un viaggio senza ritorno per sfuggire alla povertà,

attraverso i campi, che segnava l’addio definitivo al luogo natio, di cui si conser-

vano i ricordi e le abitudini e dove rimangono alcuni parenti, con il quale mante-

nere solamente un forte legame a distanza”.

ANNIV

ERSA

RI

La vita come un film scorre semplicemente nella mente del casaro Mario Tanda, oggi imprenditore di successo. Suo padre Gianuario e la madre Giuseppina, negli anni sessanta, si incamminarono con trecento pecore e un asino, dalla Sardegna verso il continente, stipati all’inverosimile nella stiva insieme al gregge, andando incontro alla storia di queste terre dopo tanti anni di fatica. E’ la storia di un territorio che resterà negli annali, per tante iniziative di successo. Un territorio che ha imparato a comunicare….

due secoli fa, quando in quest’area si

inventò lo sfruttamento della geoter-

mia, sostenendo cambiamenti strut-

tu ra l i de l l ’ economia loca le ,

trasformando, già allora, il territorio in

una “officina dell’innovazione“.

Le attività che in esso si realizzano

sono finalizzate alla promozione di un

forte senso di identità e di appartenenza

ad una realtà territoriale particolare ed

esclusiva. Un mondo incredibile.

Il ricordo va alla storia degli anni ses-

santa segnati dal fenomeno dell’emi-

grazione, di gente che partiva in cerca

di fortuna, e gente nuova che arrivava,

in particolare dalla Sardegna.

Anni che videro i pastori sardi alla

ricerca di terre abbandonate a seguito

della scomparsa della mezzadria,

periodo in cui, in virtù della riforma

agraria andava sviluppandosi il feno-

meno della piccola proprietà contadina.

Si risollevò, in questo modo, il territo-

rio secondo un modello di equilibrato

rapporto tra lavoro e ambiente.

Si avviò così il rilancio del territorio

grazie al tessuto robusto delle comu-

nità locali che hanno saputo dimostrare

la loro forza, superando il problema

dello spopolamento e maturando nuove

esperienze, tanto da saper attirare le

luci della ribalta. Tra le manifestazioni

annunciate per celebrare l’anniversario,

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Anno VI - gennaio/febbraio 2013

Comunicare il territorio

ANNIV

ERSA

RI

LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE

Un esempio concreto di approccio al paesaggioAutore: Federica Larcher Con i contributi di Enrico Borgogno Mondino, Claudia Cassatella, Marco Devecchi, Bruno Giau, Paola Gullino, Federica Larcher, Tiziana Malandrino, Silvia Novelli, Dario Rei, Bianca Maria Seardo, Mauro Volpiano.Editore: Franco Angeli

Prendere decisioni sul paesaggio significa far dialogare interessi

e discipline profondamente differenti fra loro per linguaggi

utilizzati, fenomeni studiati e metodi di ricerca. Grazie ad un lavoro sinergico

e integrato di studiosi dell’Università degli Studi e del Politecnico di Torino,

Federica Lacher ha voluto rappresentare un esempio concreto di approccio

olistico al paesaggio. Il volume si articola in tre parti.

La prima tratta gli aspetti metodologici per il riconoscimento esperto dei valori

paesaggistici;lasecondasiconcentrasull’analisidelleragioniditrasformazione

del paesaggio con particolare riferimento al contesto della società rurale e al

coinvolgimentodeglistakeholdersperlavalutazionediscenarifuturi;laterza

e ultima parte affronta la sintesi interpretativa e progettuale, ovvero prendere

decisioni sul paesaggio, proponendo un approccio integrato e critico sia sui

metodi sia sui risultati. Ciascuna fase di ricerca è stata applicata al caso studio

del paesaggio agrario a prevalenza viticola del Monferrato Astigiano, esempio

di particolare interesse per il contesto piemontese e italiano.

Il volume intende contribuire a livello scientifico e culturale all’individuazione

di strategie per una migliore gestione del territorio.

Una storia lunga 150 anni Centocinquanta anni fa - il 6 luglio 1862 - il primo Parlamento unitario emanava

la legge che istituiva “una rete di Camere di commercio estesa su tutto il

territorio nazionale”. Quella rete negli anni si è irrobustita, fino a diventare il

sostegno a un edificio ideale: “la casa delle imprese” che oggi ospita più di

6 milioni di aziende. In questo secolo e mezzo - anche attraverso le Camere

di commercio - i protagonisti del mondo economico hanno concorso in modo

determinante a costruire l’Italia di oggi. Imprenditrici e imprenditori che in

tutti questi anni si sono impegnati duramente, mettendosi in gioco in prima

persona per conservare tradizioni produttive antiche e ricercare modi sempre

nuovi per portarle sul mercato. Con la flessibilità,

l’innovazione, la qualità. Ma soprattutto con quella

fiducia nel mercato e nei valori dell’impresa.

Partendo da queste premesse, Unioncamere

Piemonte - in collaborazione con l’Agenzia Ansa

- ha voluto raccontare i cambiamenti nella vita

economica, sociale, artistica e culturale della

regione all’interno del libro fotografico “Una

storia lunga 150 anni”.

oltre ad una serie di eventi è prevista,

a settembre, un educational, ideato da

Energeo Magazine e sostenuta dal

Co.Svi.G., tra esperti di comunicazione

territoriale e affermati giornalisti tele-

visivi, al fine di definire le linee guida

per una corretta comunicazione del

territorio, sull’esempio del compren-

sorio geotermico che in questi anni ha

cambiato volto, riuscendo ad ottenere

risultati sorprendenti nell’innovazione,

anche in ambito internazionale, con-

servando l’identità dei territori.

In questi luoghi gli uomini si sono

confrontati con le difficoltà: contadini,

pastori, cacciatori, taglialegna, carbonai,

braccianti agricoli sono stati i protago-

nisti di questa terra, gli abitanti di questi

paesi arroccati tra le boscaglie. E’ stata

proprio questa gente a fare la storia e

a costruire il carattere di questa terra,

con i suoi costumi e tradizioni e con il

suo particolare patrimonio culturale.

Pierpaolo Bo

Manifestazioni naturali geotermiche.

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