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Jan 29, 2021

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    L’Editoriale

    Il parere di associazioni e medici: “E’ un diritto che deve essere esercitato anche in Italia” Vi spieghiamo come funziona la legislazione

    Buco nero per il giornalismo mondiale sulla vicenda della ragazza olandese. Si riaccende, però, il dibattito sulla libertà di scelta

    un universo di notizieSMOCil O

    www.il-cosmo.com

    EventiFilm, mostre ed eventi danon perdere!

    continua 2

    di Michela Trada

    n°LXVI 13/06/2019

    Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada

    Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Vercelli

    CASO NOA/EUTANASIA: SE UN LIKE VALE PIU’ DELLA VERITA’

    La valorizzazione del talentoC’è solo un periodo dell’anno in cui rimpiango enormemente la mia vita da studentessa: quello delle vacanze estive. Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna e l’occasione di portare la mia bimba in pisci-na, in uno dei quei centri sportivi frequentati da adolescenti e fami-glie. “Quanto li invidio” mi sono ritrovata a mormorare tra me eme. Quanti di voi, in fondo, non han-no lo stesso mio identico pensiero? Niente stress, centro estivo, i primi amori e poi a casa a far la pappa e la nanna da mamma e papà. Si criticano sempre i giovani, si dice che non rappresentino questa so-cietà perché “ai nostri tempi si che c’erano altri valori”. Eppure sono così belli i teenagers da osserva-re da vicino: sono puri, sfrontati, ardenti. Ieri per tanti sono inizia-ti gli esami di terza media, alcuni temono il count down per le fati-diche prove scritte della maturità. Quante cose sono mutate sul fron-te scolastico nell’ultimo decennio, tanto ci sarebbe ancora da fare. Pensate come sarebbe bella una scuola che valorizzasse il talento anziché ambire alla standardizza-zione e all’omologazione. Quando siamo carenti in qualcosa si lavora per colmare la lacuna anziché am-bire al potenziamento del proprio cavallo di battaglia. Chissà con quale spirito si affronterebbero in-

    terrogazioni e compiti in classe se questo concetto venisse definiti-vamente ribaltato; pensate poi a quanto sarebbe efficace racconta-re la nostra storia attraverso testi-monianze e dibattiti. I dinosauri, in fondo, non si offenderebbero a rimanere nel mesozoico ancora un po’; mutano i tempi, ma l’in-segnamento non evolve, anzi: alle volte si tende a promuovere con più facilità per non dover affron-tare l’ira funesta del genitor chioc-cia. Non è vero che i nostri gio-vani sono diversi, siamo noi che siamo rimasti fermi; fermi rispet-to all’innovazione tecnologica che non viene fruita correttamente, fermi rispetto alle logiche dell’oc-cupazione e della globalizzazione. Gli esami per un 13enne o 18enne sono sempre esami e poco impor-ta se i voti sono espressi in ses-santesimi, in centesimi o se fanno cumulo i crediti formativi: buona prova ragazzi, andate e conqui-state il mondo senza farvi fermare ed etichettare da un numero o da un giudizio.

    SportRiviera d’Africa:

    lo sport come linguaggio universaledi Deborah Villarboito pag.15

    \

    Dove ti “parcheggio” il pargolo? Lo stress da fine scuola dei genitori

    a pag.7

    RubricaQuando al Grande

    Fratello arriva la filosofia

    di Elisabetta Testa pag.12

    di Elisa Torsiello pag.11

    RubricaBella addormentata: L’eutanasia narrata da marco bellocchio

    Dall’Inghilterra ecco la Magna Carta in mostra per gli 800 anni del Sant’Andrea vercellese

    Sua maestà l’economia: una settimana tra minibot, stime di crescita e tassazione

    di Fabiana Bianchi pag.8

    “Fratellini” convertitevi a Bosso

    di Giorgio Simonelli pag.6

    Siamo nell’epoca in cui i grandi titoli contano più dell’esattezza delle storie che descrivono. Il lavoro del giornalista si sta trasfor-mando per la maggiore ad una corsa alle visualizzazioni e agli ac-cessi sulle edizioni online delle testate grandi o piccole che siano. Qualcuno potrebbe dire che capitava la stessa cosa nel momento in cui bisognava vendere copie. La differenza è che forse le noti-zie si verificavano un po’ di più. Le fake news non esistevano, al massimo erano qualche scherzo o cantonata di redazione. Ora l’essere i primi a dare una notizia prevale sulla veridicità dei con-tenuti, tanto con click si possono aggiungere rettifiche.

    http://www.il-cosmo.comhttps://www.facebook.com/Il-cosmo-348656968877320/https://il-cosmo.com/?p=12082

  • trebbe essere ricondotta al fatto che, tendenzialmente, le persone sopra una certa età tendono a diffondere maggiormente le fake news, come dimostrerebbe uno studio americano di qualche mese fa, che però è stato contestato, tra le altre cose, perché prende in consi-derazione solo la diffusione di articoli veri e propri, e non tiene conto delle fake news che girano, per esem-pio, con alcuni meme.

    Al di là di ciò, rimane sconvolgente come i giornalisti preferiscano copiare ed incollare piuttosto che veri-ficare la correttezza del contenuto che stanno diffon-dendo. Una professione che si sta snaturando per via del “commercio” delle informazioni stesse, poiché val-gono di più migliaia di commenti e condivisioni piut-tosto che la dignità umana e la verità.

    L’uomo ha il diritto di vivere e anche quel-lo di morire. Deve avere la possibilità di scegliere liberamente e in un modo tute-lato dalla legge. Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e promo-tore della campagna Eutanasia legale, ci chiarisce alcuni punti su questo tema che in Italia vede ancora resistenze.

    Perché l’eutanasia in Italia dovrebbe di-ventare legale e un diritto sancito dalla legge?Perché ciascuno dovrebbe essere libero di decidere fino alla fine della propria vita, ed essere aiutato a farlo nelle migliori con-dizioni, sia in termini di assistenza che di cure palliative.

    Medici ed eutanasia: non si crea un con-trasto tra il dovere della tutela della vita e la volontà del paziente sul suo fine vita? I medici hanno il dovere di aiutare i pa-zienti, rispettando la loro volontà. Non c’è contraddizione tra rispettare la volontà di curarsi e quella di lasciarsi morire. Spesso, la stessa persona che ha lottato per curarsi a un certo un punto decide di non volere più accanirsi.

    pagina 2

    Attualità L’ultimo caso eclatante riguarda la vicenda di Noa Po-thoven. Un pacchetto perfetto: stuprata quando era bambina, non ha superato il trauma, muore a 17 anni a causa dell’eutanasia che in Olanda è legale. Tutto il nero e il tragico che spinge il mondo al like, alla condi-visione e al commento incontrollato.

    Quello che mi fa prendere le distanze dal mondo gior-nalistico italiano (ma in questo caso anche internazio-nale) è la corsa scorretta allo scoop. Invece di saltare gli ostacoli, verificando vicenda e fonti (siamo nell’e-poca della comunicazione veloce, dell’inglese diffuso, dell’Europa con confini meno duri), colleghi e colle-ghi hanno preferito buttarli giù, a costo di pagare con la penalità dell’incompetenza, il primo posto per aver piazzato la notizia sul web. Non solo Italia a cadere nella buca: Stati Uniti, Canada e Spagna ci hanno fatto compagnia. L’eutanasia sia legale ha spinto molti gior-nalisti e commentatori a saltare alla conclusione che si sia trattato di eutanasia; il fatto che la stessa Pothoven avesse in effetti richiesto l’eutanasia (che però le era stata negata) ha complicato le cose. Il caso solleva que-stioni sulla rapidità con cui alcune notizie sbagliate, false o fuorvianti, si diffondono, rimbalzando anche su testate rispettabili, e su come una storia irresistibile – per i clic che genererà, per i dilemmi più ampi a cui rimanda – spinga a volte ad abbassare la guardia.

    Repubblica aveva titolato “Olanda, stuprata da bambi-na ottiene l’eutanasia a 17 anni”; La Stampa “Stuprata da piccola, a 17 anni ottiene l’eutanasia in Olanda”; il Foglio “Olanda, eutanasia su una minorenne depres-sa.” Gli articoli sono stati modificati, e Repubblica ha pubblicato anche una nota di chiarimento. Sono cadu-ti nella trappola anche importanti media internazio-nali, che però hanno tutti pubblicati rettifiche (succes-

    sivamente il Daily Beast ha anche cancellato l’articolo). Un’altra questione sollevata è, appunto, la necessità di rettifiche chiare e tempestive. L’Italia meriterebbe poi un discorso a parte, visto lo spazio, particolarmente ampio, dato a questa notizia distorta, e il modo radical-mente diverso con cui i media vecchi e giovani l’hanno affrontata. Infine, dalle ricostruzioni si nota una cate-na interessante che procede per livelli di inaffidabilità: la notizia sbagliata è partita da fonti inaffidabili (i ta-bloid inglesi), è stata ripresa da media semi-affidabili (Newsweek) e da lì è finita su giornali generalmente molto affidabili (il Washington Post). Difficilmente un giornale di alto livello si sarebbe fidato di un tabloid inglese come fonte primaria, ma visto che la notizia era stata ripresa da testate di livello buono, seppure non eccelso, si sono fidati.Un dato interessante è che in Italia c’è stata, sulla vicen-da di Noa Pothoven, una sorta di frattura generazio-nale. I media giovani, o che si rivolgono a un pubblico relativamente giovane, hanno affrontato la questio-ne dell’errore in modo molto più diretto ed esplicito rispetto ai media tradizionali, che si sono per lo più limitati a correggere il tiro degli articoli dove si era parlato di eutanasia. Il Post, per esempio, ha dedicato un approfondimento alla diffusione di questa notizia sbagliata. Lo stesso hanno fatto altri. Vice ha pubbli-cato un articolo intitolato “Il caso di ‘eutanasia della 17enne olandese’ è stato raccontato nel modo sbaglia-to”. Su Open, Davide Puente ha firmato il pezzo “No, Noa non è morta di eutanasia”. Poi c’è Esquire: “La storia di Noa Pothoven non è quella che avete letto”. Infine Fanpage: “La morte di Noa Pothoven: “Non è stata eutanasia. Si è lasciata morire di fame e di sete”. In questo caso, insomma, la divisione nell’approccio dei media si è basata, più che sul divario “alto-basso”, sulla distinzione “giovane-vecchio”. Questa dicotomia po-

    di Deborah Villarboito

    Il caso di Noa Pothoven ha messo in luce come anche un disagio emotivo o mentale possano legittimare una richiesta di euta-nasia. C’è differenza tra scegliere la morte assistita quando si ha una condizione fisi-ca irreversibile da quando si ha una gran-de sofferenza nell’ambito della psiche?La differenza sta nella reversibilità della malattia. Con patologie di tipo fisico (ad es. malattie degenerative come la SLA) ad oggi c’è la certezza della non-reversibilità. In caso di patologie di natura psichica, questa certezza ci può essere solo in casi limite, ed è infatti ciò che accade nell’ap-plicazione dell’eutanasia legale in Olanda e in Belgio.

    Chi può decidere se l’eutanasia sia neces-saria o meno e accettare la richiesta del paziente?L’eutanasia non è mai “necessaria”. La de-cisione è quella se la persona si trova o no nelle condizioni per accedere all’eutana-sia su sua richiesta. E le condizioni sono quelle di malattie irreversibili e sofferenze insopportabili. Su questo, i pareri medici sono indispensabili, ma non è il medico a decidere che è “necessaria”, è semmai il paziente a decidere che è opportuna per sé.

    Eutanasia e suicidio: sono sinonimi o han-no differenze?Certamente evocano situazioni diverse, ma non bisogna nemmeno perdersi nella terminologia. L’eutanasia implica un aiu-to a morire nel modo più vicino a come la persona vorrebbe. La parola “suicidio” non include l’idea di aiuto, a meno che si intenda suicidio medicalmente assistito.

    Perché in Italia si tende a ritenere negati-va una libertà di scelta sul fine vita?Gli italiani sono favorevoli. L’ultimo son-daggio Swg dice che lo sono al 93%. Il pro-blema è del ceto di potere, politico o re-ligioso che sia, istintivamente portato ad arrogarsi di decidere per gli altri.

    Dare la possibilità a tutti di scegliere di morire attraverso un diritto e una tutela della legge, non potrebbe trasformarsi in legittimazione del suicidio per motivi che vanno oltre a quelli medici?Fare una legge significa esattamente por-re limiti e farli rispettare. Se riteniamo che non sapremo far rispettare i limiti, diven-ta inutile discutere di leggi. Ciò significhe-rebbe rinunciare in partenza ad essere uno Stato di diritto.

    Si arriverà in Italia ad una normativa che regoli il fine vita?Sì. Ci siamo già arrivati con la legge sull’in-terruzione delle terapie e del testamento biologico. Otterremo anche la legalizza-zione dell’eutanasia, perché con l’allun-gamento del tempo del morire, dovuto al progresso tecnologico, aumenta anche la pressione sociale per la libertà di scelta, per non restare ostaggio di macchine e te-rapie anche quando non le possiamo più sopportare.

    Cappato: “L’Eutanasia deve essere una libera scelta di tutti”

    di Deborah Villarboito

    https://il-cosmo.com/?p=11993https://il-cosmo.com/?p=12006

  • L’Olanda è stata l’apripista e pioniere sul tema dell’eutanasia. Nel 2002 sono stati infatti i Paesi Bassi i primi a le-galizzare l’eutanasia diretta e il suici-dio assistito. L’Olanda fu anche la pri-ma nell’approvazione del “protocollo di Groningen” sull’eutanasia infantile. Non tutti gli Stati europei hanno fatto gli stessi passi.

    Il Belgio è stato il primo Paese a segui-re l’esempio dell’Olanda. Nel 2003 ha legalizzato l’eutanasia e nel 2016 l’ha estesa ai minori. In Lussemburgo, dove è stata legalizzata nel marzo 2009, que-sta pratica vale invece soltanto per gli adulti e per i pazienti in condizioni di salute considerate “senza via d’uscita”. La Svizzera prevede sia l’eutanasia at-tiva indiretta (assunzione di sostanze i cui effetti secondari possono ridurre la durata della vita), sia quella passiva (interruzioni dei dispositivi di cura e di mantenimento in vita), sia il suicidio assistito. Il Paese elvetico dà anche ai cittadini stranieri la possibilità di sce-gliere il suicidio assistito, come succes-so nel 2017 nel caso di Fabiano Anto-niani, conosciuto anche come dj Fabo.

    La Francia ha introdotto con la legge Leonetti del 2005 il concetto di dirit-to al “lasciar morire”, che favorisce le cure palliative. Nel 2019, nel Pae-se transalpino è tornato alla ribalta il caso di Vincent Lambert, il tetraplegi-co in stato vegetativo al centro di una decennale battaglia legale, diventato

    pagina 3

    Intervista

    simbolo del dibattito sull’eutanasia in Francia. In Gran Bretagna, dove l’in-terruzione delle cure a certe condizioni è autorizzata dal 2002 e si è introdotto anche il concetto dell’aiuto al suicidio “per compassione”, dal 2010 le sanzio-ni sono meno dure che in passato. In Portogallo sono vietate sia l’eutanasia passiva sia quella attiva, ma è consenti-to a un comitato etico di interrompere le cure in casi disperati. La Svezia ha le-galizzato l’eutanasia passiva nel 2010, tollerata anche in Germania, Finlandia e Austria su richiesta del paziente. In altri Paesi, come Danimarca, Norvegia, Ungheria, Spagna e Repubblica Ceca il malato può rifiutare le cure o l’accani-mento terapeutico.

    L’eutanasia resta invece illegale in Ir-landa e in Italia. Dj Fabo, Eluana En-glaro, Piergiorgio Welby e, prima an-cora, Elena Moroni sono i casi simbolo che hanno a più riprese negli anni su-scitato il dibattito sul fine vita nel no-stro Paese. Nonostante la prima pro-posta di legge sul tema risalga al 1984, non c’è ancora una norma che regoli la questione. Nel settembre 2013, una proposta di iniziativa popolare, volu-ta dall’Associazione Coscioni e firmata da più di 100 mila persone, è stata de-positata alla Camera. Il punto chiave è la depenalizzazione del reato di euta-nasia volontaria. Il testo che invece è diventato legge è quello sul testamento biologico: entrato in vigore nel gennaio 2018, stabilisce la possibilità di “espri-

    mere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari “in previsione di un’eventuale futura incapacità di au-todeterminarsi”. Il 24 ottobre 2018 la Corte Costituzionale ha invece deciso di rinviare al 2019 il proprio verdetto sull’aiuto al suicidio, in relazione alla vicenda di Dj Fabo, chiedendo un in-tervento del Parlamento per colmare quello che è stato definito come “un vuoto legislativo”.

    Per quanto riguarda la situazione legi-slativa italiana, il ricorso all’eutanasia attiva non è in alcun modo normata e, anzi, è assimilabile all’omicidio vo-lontario. Nei casi in cui si dimostri il consenso del malato, si tratta del re-ato di omicidio del consenziente e le pene vanno dai 6 ai 15 anni di carce-re. Dall’altra parte però, la sospensio-ne delle cure, cioè il principio su cui si basa l’eutanasia passiva, è considerata un diritto inviolabile in base all’artico-lo 32 della Costituzione.

    A differenza dell’eutanasia, nel suici-dio assistito il medico non compie in prima persona l’atto necessario per porre fine alla vita e alle sofferenze del malato. In questo caso, il medico si li-mita a fornire al paziente i mezzi utili a compiere questo gesto, senza inter-venire direttamente. È considerato un reato dalla legge italiana ed è equipa-rato all’istigazione o aiuto al suicidio. Nel novembre 2017, però, il tribunale di Milano si è pronunciato in maniera nuova sulla questione, stabilendo che non si può ostacolare la volontà di chi vuole recarsi all’estero per ottenere il suicidio assistito. La sedazione pallia-tiva continua profonda non porta alla morte del paziente ma ha lo scopo di ridurre o abolire la percezione del do-lore provato dalla persona. Quest’ulti-ma viene addormentata continuando a respirare autonomamente fino all’e-ventuale perdita di coscienza, che può essere continuativa fino al decesso na-turale.

    Il Senato, il 14 dicembre 2017, ha ap-provato la legge sul cosiddetto “testa-mento biologico” che stabilisce la pos-sibilità di “esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, non-ché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte tera-peutiche e a singoli trattamenti sanita-ri”. In questo modo, ogni maggiorenne capace di intendere e di volere, può di-sporre, “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminar-si”, le proprie volontà.

    Eutanasia: la cartina geografica del diritto di scelta sul fine vita

    di Deborah Villarboito

    https://il-cosmo.com/?p=12000

  • Si parla spesso della volontà dei pazienti sul fine vita. Ma come si devono compor-tare i medici di fronte a queste richieste? Il dottor Maurizio Benato, componente del-la Consulta Deontologica della Federazio-ne Nazionale degli Ordini dei Medici Chi-rurghi e degli Odontoiatri (FNOMCEO) ci spiega come i medici affrontano il tema dell’eutanasia

    L’eutanasia in Italia: come affrontano il tema attualmente i medici?Per eutanasia intendiamo l’azione o l’omis-sione, compiuta da un terzo, deliberata-mente intesa alla soppressione di una vita umana allo scopo di porre fine alle sofferen-ze in condizioni di inguaribilità o di prossi-mità alla morte. L’eutanasia è pertanto una condotta che si situa innanzitutto sul piano delle intenzioni. C’è da dire che in assenza di sofferenza, perfino i più accaniti fauto-ri dell’eutanasia riconoscono il venir meno del presupposto fondamentale per rendere legittima la richiesta di buona morte. In Ita-lia l’eutanasia non è legalizzata come avvie-ne in alcuni Paesi Europei. I medici italiani sono vincolati al loro codice deontologico che garantisce la rispettiva libertà del me-dico e del paziente nell’alleanza terapeutica quale unico luogo, tempo e strumento ido-neo a dare risposte proporzionate, condivi-se e legittime all’interno di scelte che non prevedono l’eutanasia come non prevedo-no trattamenti futili, sproporzionati e ab-bandoni delle persone più fragili.

    Nel caso in cui diventasse regolamentata e consentita per legge, come impatterebbe l’eutanasia con la deontologia medica? La regolamentazione normativa dovrebbe assicurare ad ogni coscienza il singolare ri-pensamento etico in grado di delineare il confine di quanto è lecito e di quanto è il-lecito. È di fatto la richiesta di un’opzione di coscienza dentro l’articolato della legge che fonda il suo principio sugli aspetti mo-rali ai quali l’obiettore in definitiva si rivol-ge per sottrarsi ai comandi della stessa. In mancanza di una norma specifica dentro la legge, il codice deontologico prevede la l’obbiezione “contra legem” comunemen-te denominata “clausola di coscienza” che costituisce invece la vera essenza dell’atto oppositivo di chi le compie, perché’ non ha efficacia esimente per il medico. In questo specifico caso è doveroso precisare che il medico rimane esposto alle eventuali san-zioni civili e penali anche se l’obiezione ri-mane lecita su di un piano etico-professio-nale.

    Eutanasia attiva e passiva: le differenze e quale potrebbe essere applicata dalla co-munità medica?L’eutanasia attiva consiste nel determinare o accelerare la morte mediante il diretto in-tervento del medico, utilizzando farmaci le-tali, mentre il suicidio assistito, di cui oggi si parla per una eventuale normazione, indica l’atto mediante il quale un malato si procu-ra una rapida morte grazie all’assistenza del medico: questi prescrive i farmaci necessa-ri al suicidio su esplicita richiesta del pa-ziente, e lo consiglia riguardo alle modalità di assunzione. In tal caso viene a mancare l’atto diretto del medico che somministra in vena i farmaci al malato. Attualmente in Italia, per il codice penale l’eutanasia attiva è paragonabile all’omicidio volonta-rio o, nel caso in cui sia stato il malato a chiedere la propria morte, all’omicidio del consenziente. Il termine eutanasia passiva è utilizzato per indicare la morte del malato determinata dalla sospensione dei farmaci, o dall’astensione del medico dal compiere degli interventi che potrebbero prolungare la vita stessa.

    Diritto alla vita e accanimento terapeutico: ci sono casi in cui l’eutanasia o l’interruzio-ne di cure è lecita o la scelta migliore per il paziente?I grandi principi che guidano, sotto il profi-lo etico deontologico, il moderno esercizio professionale sanciscono l’obbligo indero-gabile in capo ad ogni medico di tutelare la salute e la vita, non consentono al medico di discriminare per nessuna condizione e nessuna ragione i pazienti, consegnano alla volontà informata e quindi consapevole del singolo paziente capace, il diritto a sceglie-re o non scegliere se attuare o sospendere i trattamenti diagnostico-terapeutici. Per quanto riguarda la contrarietà dei medici all’eutanasia, ricordo che la stessa nostra Costituzione e la Convenzione europea per i diritti umani escludono il presunto diritto di morire e delimitano il diritto all’autode-terminazione nel perimetro di scelta fra la vita e la morte.

    Deontologia medica e volontà del paziente: cosa può decidere il paziente in merito al proprio corpo e vita quando si parla di eu-tanasia?È chiaro che il diritto all’autodetermina-zione rappresenti, ad un tempo, una for-ma di rispetto per la libertà dell’individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi. Il diritto si sostanzia non solo nella facoltà di scegliere tra le diver-se possibilità di trattamento medico, ma consapevolmente anche di interromper-la ed è conforme al principio personalisti-co che anima la Costituzione Italiana. Una dignità dell’individuo dal significato onto-logico e non costituita quale somma di di-ritti, per cui esprimere il proprio consenso nella scelta tra il diritto di vivere e il dirit-to all’autodeterminazione di morire toglie sicuramente valore alle altre esistenze che non possono esercitare questo diritto.

    pagina 4

    Attualità

    di Deborah Villarboito

    Medici ed eutanasia: “Deve esserci la possibilità di scelta anche per loro”

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    https://il-cosmo.com/?p=11988

  • pagina 5

    Silvia Roggiani: “Risultati oltre le aspettative per il Pd”

    Ballottaggi comunali: 8 a 7 per il centrosinistra, ma cade Ferrara

    di Alessandro Pignatelli

    di Alessandro Pignatelli

    Il secondo turno delle elezioni comunali ha regalato al centrosinistra e al centrodestra gli stessi motivi per esultare o per deprimersi. Quasi. Silvia Roggiani, segretaria per i Dem a Milano Metropolitana, spiega perché nel Pd c’è di che essere felici dopo le amministrative: “Perché ci davano per morti e invece, non solo siamo ancora vivi, ma abbiamo raccolto molto positivi”.

    I democratici sono “un’alternativa storica a chi governa oggi. Già al primo turno aveva-mo preso diversi capoluoghi, la tendenza si è mantenuta dopo il secondo turno, dopo i ballottaggi. La Lega pensava di sbaragliare in tutta Italia, anche sull’onda del successo otte-nuto da Matteo Salvini alle Europee, ma non è stato così”. Ci sono alcune spine, la rosa non è solo bella e profumata: “Fa male aver perso

    Il Centrosinistra, alla fine, conquista 14 capoluoghi di provincia, il Centrodestra 12 e il Movimento 5 Stelle 1. Questo l’esito complessivo delle Comunali, consideran-do il primo turno e i ballottaggi. Insomma, il Pd ha tenuto, la Lega ha però espugnato feudi come Ferrara (rossa da 69 anni) e Forlì. Il modo migliore per poter dire ‘ho vinto io’ sia da una parte sia dall’altra.

    Se dopo il primo turno eravamo 6 a 5 per il centrosinistra, i ballottaggi hanno ul-teriormente ampliato il margine di van-taggio. L’alleato di Governo della Lega, il Movimento 5 Stelle, ha ottenuto il Comu-ne di Campobasso, l’unico in cui si pre-sentava al secondo turno. Partiamo però proprio da Ferrara, dove nel dopoguer-

    per esempio Ferrara o Rozzano, qui nel Mila-nese, dove il Pd vinceva da tanto tempo. Molti cittadini hanno votato per un cambiamento”.

    Il Pd sta tornando, insomma, dopo alcuni mesi di confusione: “Ma io ci tengo a dire che abbiamo portato a termine la scorsa legisla-tura, pur cambiando alcuni uomini, tra cui il premier, che da Renzi è diventato Gentiloni. E sono stati anni in cui sono stati portati a casa tanti risultati importanti. Per l’Italia, non per il Pd”.

    Silvia Roggiani parla a ruota libera, natural-mente, di Milano: “Qui la maggioranza è co-esa, non ci sono stati litigi. C’è un’alleanza larga, ma sono stati ottenuti anche risultati per lo sviluppo economico e produttivo di ri-lievo, senza lasciare indietro nessuno. Il che significa che è possibile governare e fare del bene, garantendo anche l’inclusione. Non solo dei migranti, ma delle fasce più povere della popolazione”. Milano laboratorio nazionale, dunque? “Perché no? Abbiamo portato avan-ti anche battaglie come quella sull’ambiente. E’ vero che è aumentato il biglietto dei mez-zi pubblici a 2 euro, ma abbiamo gli abbona-menti tra i più bassi e soprattutto è nato il bi-glietto unico integrato, che aiuta propria chi è in condizioni meno agiate. Utilizzare i mezzi pubblici, che a Milano funzionano bene, signi-fica usare meno la macchina e quindi aiutare il pianeta”.

    A Milano, come a Torino e a Roma, il Pd è stato il primo partito: “Non si può parlare di partito della Ztl. Il Partito Democratico è stato

    ra c’erano stati solo sindaci di sinistra. A interrompere il monopolio ci ha pensato Alan Fabbri con il 56,8% dei consensi. Modonesi si è fermato al 43,2%. Matteo Salvini ha parlato di “risultato straordi-nario”. L’altra ‘rossa’ che sbiadisce è Forlì, da 50 anni al centrosinistra. A espugnare il forte è stato Gian Luca Zattini (53,1%), battuto Calderoni (46,9%).

    Livorno dopo cinque anni di Cinque Stel-le torna alla sinistra per merito di Luca Salvetti (63,3%), Romiti ottiene il 36,7%. L’altra città che era governata dai pen-tastellati, Avellino, va alle Liste Civiche di Gianluca Festa (di area progressista), con il 51,5%, contro il candidato ufficiale del Pd, Cipriano, 48,5%. Le buone notizie per Nicola Zingaretti e i suoi proseguono con Prato (Matteo Buffoni 56,1%, Spa-da 43,9%), Reggio Emilia (Luca Vecchi 63,3%, Salati 36,7%), Cesena (Enzo Lattu-ca 55,7%, Rossi 44,3%) e Cremona (Gian-luca Galimberti 55,9%, Malvezzi 44,1%). A Verbania, dopo un appassionante testa a testa, prevale il centrosinistra con Sil-via Marchionini (50,6%) contro Albertel-la (49,4%). Il centrosinistra toglie Rovigo al centrodestra grazie a Edoardo Gaffeo (50,9%), per Gambardella (49,1%).

    Il centrodestra toglie agli avversati Ver-celli (Andrea Corsaro 54,8%, Maura Forte

    il primo in tutti i municipi e anche a Milano Metropolitana, con il 29 per cento dei consen-si. Quello che ci deve portare a una riflessio-ne più profonda è capire come dare anche alla provincia sempre più opportunità”.

    Dunque, riassumendo, Roggiani fa due conti: “Alle Europee possiamo parlare di un vincito-re netto, ossia la Lega, diventato ormai partito nazionale. Anche per merito di una campa-gna elettorale che ha fatto leva sulle paure del futuro, sulla voglia di sicurezza dei cittadini. Dobbiamo dare le stesse risposte che hanno saputo dare loro, naturalmente con modalità diverse”. Per le Amministrative, invece, è sta-ta tutta un’altra storia: “Non c’è un vincitore, bisogna chiarirlo. Ma il centrosinistra è anda-ta oltre i risultati sperati, oltre le aspettative. C’è stata la riconferma di sindaci uscenti e Co-muni che ci hanno dato fiducia per la prima volta. Nei centri in cui abbiamo perso, dobbia-mo analizzare le cause. Comune per Comune. Perché la gente ha voluto cambiare? Questa è la domanda da porsi. Mi preme sottolineare una cosa, infine: quando qualcuno dice che la gente vota guardare alle persone, fa del male ai partiti, a tutti. Le amministrative degli ulti-mi anni dimostrano esattamente il contrario”. Altrimenti Matteo Salvini e il centrodestra si sarebbero dovuti prendere tutta l’Italia, cosa che non è accaduta. Anzi.

    45,2%) e Biella (Claudio Corradino 51%, Gentile delle Liste Civiche 49%). Confer-ma poi Foggia (Franco Landella 53,3%, Cavaliere 46,7%) e Ascoli Piceno (Mar-co Fioravanti 59,3%, Celani Liste Civiche 40,7%). Roberto Gravina, a Campobasso, sfonda con il 69,1% contro il candidato del centrodestra D’Alessandro (30,9%). A Termoli vittoria netta, invece, del cen-trodestra. A Potenza, ancora centrodestra con Mario Guarente (50,3%), per Valerio Tramutoli, Liste Civiche, 49,7%.

    Nicola Zingaretti così ha commentato i risultati: “Belle vittorie e belle conferme. Grazie a tutte e a tutti, grazie a chi ha com-battuto. L’alternativa a Salvini c’è ed è un nuovo centrosinistra. E siamo solo all’ini-zio”. Ricordiamo anche brevemente come era andato dove il Sindaco era uscito già dal primo voto. Il centrosinistra aveva confermato Firenze, Bari, Bergamo, Mo-dena, Pesaro e Lecce. Il centrodestra ave-va confermato i primi cittadini di Perugia e Urbino, espugnando Pavia, Pescara e Vibo Valentia.

    Intervista

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  • Attualità

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    Davvero una domenica bestiale, quel-la del 9 giugno, per gli spettatori della tv italiana, una giornata piena di sor-prese. Si comincia all’ora di pranzo con l’esordio della nazionale femmi-nile di calcio ai mondiali di Francia. La squadra ci è arrivata avvolta da un alone di simpatia. Forse per il fatto che le ragazze, a differenza dei loro colleghi maschi, non hanno gli in-gaggi milionari e sono rimaste finora fuori dal circo mediatico-divistico, la loro inattesa presenza al mondiale ha suscitato notevole interesse. Ma i tre milioni e mezzo che seguono l’esor-dio contro le più forti australiane, tra-smesso in diretta dalla Rai e da Sky, vanno oltre ogni previsione. Chissà se tra loro c’è anche Tavecchio che quan-do era presidente della Federazione si era espresso in modo non proprio ca-rino nei confronti del movimento del calcio femminile. Poi succede che la partita bellissima, giocata ad alto li-vello tecnico e agonistico finisca con il più incredibile degli happy end e al-lora la festa è completa e chi ha messo

    l’evento nel suo palinsesto se la gode alla grande.Alla sera invece la sorpresa è meno clamorosa ma non meno significativa. Ce la regala Ezio Bosso che su Rai 3 ha organizzato, con l’orchesta della Eu-ropa Filarmonica, una serata un po’ inpegnativa, sia per la durata, sia per i contenuti: la quinta e la settima sinfo-nia di Beethoven. Ebbene, le tre ore e mezza del programma intitolato CHE STORIA E’ LA MUSICA sono state se-guite da più di un milione di italiani. La televisione di alta qualità e cultura ha conquistato la prima serata, esul-tano il giorno dopo i dirigenti del ser-vizio pubblico. Vero, ma forse bisogna aggiungere qualche osservazione. La prima riguarda il tipo di televisione culturale che il fortunato e bel pro-gramma rappresenta. Non è certo la tv di divulgazione culturale classica, quella per intenderci, che ci viene pro-posta con successo da Alberto Angela. Si tratta si qualcosa di più complesso e innovativo, coerente con la linea che il direttore Coletta ha dato alla rete, che di Giorgio Simonelli

    “Fratellini” convertitevi a Bossounisce alto e pop, Beethoven e Roby Facchinetti, e che si ispira non tanto alle formule divulgative tradizionali alla Angela (Piero o Alberto) ma piut-tosto all’idea di tv culturale realizza-ta molti anni fa da Beniamino Placido nelle sue indimenticabili serate dedi-cate a Garibaldi, Manzoni o Marx. Un esempio sublime di tv, dimenticato per anni e che ora forse qualcuno ha deciso di rispolverare. Seconda os-servazione, un po’ più problematica, non per guastare la festa ma per trar-ne il maggior vantaggio: un milione di spettatori per le sinfonie di Beethoven sono tanti. Ma chi sono quegli spetta-tori? Gente acculturata, con alto livel-lo sociale ed economico. Insomma la tv di buon livello culturale è destinata a chi quel buon livello già lo ha rag-giunto. Qui sta il problema grave della televisione e della società oggi. Esisto-no due mondi separati, i seguaci di Ezio Bosso e quelli di Barbara D’Urso (per semplificare), élites e popolo (per sempilificare ancor di più) che vivono separati, che non hanno punti di con-tatto e travasi da uno all’altro. La vera sfida della divulgazione culturale in tv, e sono certo che a Rai 3 lo sanno, ora è un’altra, gigantesca: aprire un varco nel pubblico del GRANDE FRATEL-LO per portarlo da Bosso. Non tutto e subito, certo, ma progressivamente e quando uno, dieci, mille dei quattro milioni di “fratellini” scoprirà che an-che con Beethoven ci si può divertire al-lora la festa potrà cominciare davvero.

    Schermaglie a cura di Giorgio Simonelli

    www.il-cosmo.com

    https://il-cosmo.com/2019/06/13/fratellini-convertitevi-a-bosso/

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    Attualità

    Al mio segnale, scatenate l’infer-no. Quel segnale in questo caso è la campanella che comunica la fine della scuola. Ai genitori dun-que restano più di tre mesi da or-ganizzare nel dettaglio. Sì, perché non si è più negli anni Sessanta in cui moltissime mamme potevano godersi mesi di villeggiatura con i figli. Oggi la maggior parte della madri lavora e, di fronte alla chiu-sura della scuola, spesso precipi-ta in crisi. E non va molto meglio per le mamme che non lavorano ma che non possono permettersi ferie lunghissime. Gestire il tem-po in una città afosa con bambi-ni a casa da scuola, soprattutto se piccoli, non è facile.

    Se la soluzione “low cost” dei non-ni sta diventando sempre meno praticabile perchè spesso si trova-no ancora in età lavorativa, dun-que impossibilitati a fare da “baby sitter”, non rimane scansando soluzioni di ripiego che scegliere un centro estivo. Ma i costi non sono accessibili per buona parte dei nuclei familiari. Anche se la scelta nelle città è così ampia da lasciare l’imbarazzo della scelta: corsi di teatro, full immersion in fattoria, giornate multisportive. La maggior parte di questi cen-tri, però, è decisamente costosa e non tutte le famiglie possono per-mettersi una tale uscita di dena-ro. Soprattutto se si ha più di un figlio. Possono bastare però un giardino, qualche amico di scuo-la e tempo libero. Estate significa aria aperta (anche se pioviggina, è nuvolo, fa caldo, ci sono le zan-zare), relax e, soprattutto, grande

    libertà. Quindi, terminato il cen-tro estivo o in altri momenti del-la giornata se la mamma è a casa, sono consigliati tour esplorativi-nei parchi cittadini alla ricerca di quella che potrebbe essere l’oasi migliore per godersi relax e bam-bini insieme.

    In casa i bambini sono più capric-ciosi e con il caldo la situazione non tende certo a migliorare. I momenti più critici possono di-ventare quelli dei pasti: l’inappe-tenza dei piccoli è un grande clas-sico del periodo estivo. Mangiare fuori casa è una soluzione. Si in-tende preparare pranzi rapidi e freschi, gustandoseli all’ombra di un albero o prima di visitare una mostra cittadina. Basterà farcire del pane con insalata e mozzarella fresche, riempire contenitori take away con insalata di riso, pomo-dorini, frutta fresca estiva taglia-ta a pezzettoni e infilzata su uno stecco da spiedino. Questo tipo di opzione può andare benissimo anche per la cena, anticipandola e organizzando un aperitivo en plein air, invitando anche amici con bambini e godendosi sempli-cemente il terrazzo, il balcone o il giardinetto vicino a casa. Per le mamme che non lavorano ma re-stano in città, è importante non perdere di vista lo spirito estivo. Assolutamente vietato chiudersi in casa: questo tipo di reclusione non gioverebbe né alla mamma, né ai piccoli di casa. Dunque, via libera alle corse nei parchi, alla bicicletta, ai pattini ma anche a innumerevoli nuotate nelle pi-scine cittadine. Meglio scegliere

    di Deborah Villarboito

    Dove ti “parcheggio” il pargolo? Lo stress da fine scuola dei genitori

    strutture non enormi e poco di-spersive, perché anche la mamma possa godersi movimento, relax e guadagnarsi una meritata ab-bronzatura. Il caldo, quindi, non deve essere una scusa per rima-nere in casa. Le mamme che esco-no e socializzano sono anche più rilassante e meglio disposte con i figli. Inoltre, si può approfittare di questo periodo per rimetter-si in forma correndo o nuotando con i bambini.

    E poi, soprattutto quando si tra-scorre tutta la giornata con i figli, è importante delegare almeno un paio di serate al mese a una baby sitter e uscire con il partner per una serata tutta estiva trascorsa a ballare o per godersi un aperitivo “a due”. E i compiti delle vacan-

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    I fatti della settimanaSua maestà l’economia: una settimana tra minibot, stime di crescita e tassazione

    Operazioni anti-mafia e terremoti nella magistratura: la settimana di cronaca

    Giovedì 6 giugno i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono incontrati per la prima volta dopo le elezioni europee. La nota congiun-ta dei rispettivi partiti parla di un incontro «utile, positivo e cordiale». I due ministri, fanno sapere, intendono riavviare il dialogo con l’Europa met-tendo al centro gli italiani. Uno dei temi più cal-di è l’abbassamento delle tasse. «Servono misure straordinarie e nessun aumento delle tasse per lo sviluppo dell’economia – osservano - I maggiori incassi dell’Irpef e dell’Iva quasi dell’8 per cento e la diminuzione della disoccupazione rispetto al 2018 nei primi quattro mesi di quest’anno ci dico-no che siamo sulla buona strada».Venerdì 7 arrivano cattive nuove da Bankitalia: le stime di crescita per la nazione nel triennio 2019-

    Cinquanta arresti: è il bilancio della ma-xi-operazione di giovedì 6, condotta dalla procura antimafia di Bari. Partendo da San Severo, in provincia di Foggia, gli inqui-renti hanno lavorato su dieci diverse pro-vince per smantellare tre clan. Le accuse a vario titolo sono di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di droga, estorsione e tentata estorsione, lesioni per-sonali, tentato omicidio, danneggiamento e reati in materia di armi, con le aggravanti delle finalità mafiose.Nella notte tra giovedì e venerdì, a Pavone Canavese, in provincia di Torino, un ten-tativo di furto è finito in tragedia. Il pro-prietario di una tabaccheria ha sparato, uccidendo un moldavo di 25 anni. Sono in corso gli accertamenti per stabilire in quali condizioni sia stato esploso il colpo mor-tale.Sabato 8 è emersa un’orribile storia di vio-lenza ai danni di una ragazzina. In provin-cia di Ragusa, una donna è stata ferma-ta dalla polizia con l’accusa di avere fatto prostituire la figlia di 13 anni. Insieme alla donna sono stati fermati anche quattro “clienti”, due italiani e due marocchini. Tra di loro anche un 90enne. Secondo la rico-struzione degli inquirenti, la donna avreb-

    2021 sono state tagliate. Se in precedenza era atte-so un aumento del pil dello 0,6% per il 2019, ora si attende solo uno 0,3%. In calo anche le stime per l’anno prossimo: dallo 0,9% iniziale si è passato allo 0,7%. Per il 2021, si attende il calo di un deci-mo di punto. Fra le cause principali, «la maggior debolezza della domanda estera osservata negli ultimi mesi e il protrarsi di condizioni di elevata incertezza rilevate nei sondaggi presso le impre-se».Sabato 8 al centro della discussione politica ci sono i cosiddetti minibot. Si tratta di “surrogati” di titoli di stato, infruttiferi e privi di scadenza. Sono inoltre destinati alla circolazione cartacea, a differenza dei normali titoli di Stato. Proposti dal-la Lega per saldare i debiti arretrati della pubblica amministrazione, hanno invece ottenuto parere contrario dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, dal presidente della Bce Mario Draghi e da Confindustria.Tria è il protagonista anche delle pagine politiche di domenica 9. «Abbiamo un negoziato e un dia-logo con la Commissione Ue — ha affermato a margine del G20 finanziario, tenuto in Giappone - sono sicuro che troveremo una soluzione per-ché il governo italiano è solito rispettare le regole di bilancio dell’Ue. Proveremo a dimostrare che il nostro programma le rispetta». Per quanto ri-guarda il deficit, Tria stima una cifra intorno al

    be fatto prostituire la ragazzina in cambio di soldi, un posto dove dormire o generi come birra e sigarette.Domenica 9, in conseguenza al caso delle nomine che travolto il Consiglio superiore della magistratura, si è aperta una spacca-tura nell’Associazione nazionale magistra-ti. Al centro della questione le mancate dimissioni di quattro componenti auto-sospesi dal Consiglio. Si sono sviluppate quindi diverse “correnti”, tra chi chiede la loro rimozione e chi invece chiede che riprendano le loro funzioni. Il presidente Pasquale Grasso si è dimesso dalla sua ca-rica.Lunedì 10 una fuga di gas ha causato un’e-splosione al municipio di Rocca di Papa, nella zona di Roma. Sedici persone sono rimaste ferite. Tre di loro, fra cui il sindaco Emanuele Crestini, sono stati trasportati al Centro Grandi Ustioni di Roma. Fra i feriti anche tre bambini, che frequentano la scuola dell’infanzia adiacente. La fuga di gas sarebbe stata causata dalla rottura di al-cune condutture durante dei lavori. È stata aperta un’indagine per disastro colposo e lesioni gravi o gravissime colpose.Martedì 11 si è tornati a parlare dell’atten-tato che nel 1992 costò la vita al giudice Paolo Borsellino e a cinque agenti della

    sua scorta. La procura di Messina, infatti, ha iscritto nel registro degli indagati due magistrati. L’ipotesi è che i due togati, in concorso con tre poliziotti, abbiano depi-stato le indagini sulla strage di via D’Ame-lio. Sono stati disposti degli accertamenti tecnici su vecchie registrazioni contenenti le parole di un pentito.

    di Fabiana Bianchi

    di Fabiana Bianchi

    2,2 o 2,1%.Lunedì 10 sono arrivati i risultati dei ballottaggi per l’elezione del sindaco. Nei 16 comuni capo-luogo di provincia si sono registrate sette vittorie per il centrosinistra, altre sette per il centrodestra, una per il Movimento 5 Stelle e l’affermazione di una lista civica. Fra i “cambi di rotta” più signifi-cativi c’è quello di Ferrara: amministrata dal cen-trosinistra fin dal dopoguerra, per la prima volta ha eletto un sindaco leghista.Martedì 11 il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto sicurezza bis. «Tra le finalità – spiega il ministro dell’Interno Matteo Salvini - lotta all’im-migrazione clandestina, al centro anche del comi-tato per l’ordine e la sicurezza che si è svolto sta-mattina e registra notevoli passi in avanti; c’è un capitolo cui tengo particolarmente che inasprisce le sanzioni per chi agisce con caschi, bastoni o mazze contro le forze dell’ordine; c’è l’assunzione di 800 uomini e donne di personale amministra-tivo per gli uffici giudiziari, per 28 milioni di euro, per eseguire le pene dei condannati in via defini-tiva che sono 12mila solo a Napoli e provincia».

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    La polvere sui libri a cura di Fabiana Bianchi

    La tempesta del secolo di Stephen KingStephen King si presenta con quest’opera nella veste di sceneggiatore. La storia, infatti, è nata in primo luogo, vent’anni fa, come miniserie tele-visiva. In seguito, ne è stata pubblicata la versio-ne scritta, sempre sotto forma di sceneggiatura. Pur cambiando veste, però, il re dell’horror non ha ceduto terreno: “La tempesta del secolo” , esattamente come i suoi romanzi, presenta tutti gli ingredienti per rimanere a lungo nella mente e nell’animo del lettore, come sanno fare solo le opere d’arte più riuscite. Questa sceneggiatura, infatti, rispecchia appieno il tipo di horror raffi-nato a cui ci ha abituato King, in cui il vero mo-stro abita l’interiorità dell’essere umano medio ed è quindi sempre in agguato, appena sotto la superficie di apparente normalità delle cose.L’ambientazione si presenta fin da subito clau-strofobica e lo diverrà ancora di più nel corso del racconto. La vicenda, infatti, è ambientata sull’isola di Little Tall (già nota agli amanti del re per avere dato i natali a Dolores Claiborne), nell’imminenza di una tempesta. La piccola comunità che la abita, dunque, è consapevole che di lì a breve i contatti con l’esterno saranno pressoché impossibili. In questa atmosfera già inquietante fa la sua apparizione Andre Linoge, che mostra subito la sua natura malvagia ucci-

    dendo a bastonate un’anziana residente. Linoge non tenta nemmeno di discolparsi e viene in-carcerato. Mentre l’intera popolazione dell’isola si prepara a rifugiarsi nel municipio per sfuggi-re alla tempesta, la creatura che è approdata tra loro inizia a lasciare trapelare le sue ignobili ca-pacità. I suoi poteri sovrannaturali gli permet-tono di conoscere i peggiori segreti delle per-sone, che lui rivela pubblicamente allo scopo di fomentare liti se non addirittura omicidi. Lo fa per un motivo preciso: c’è una cosa, in partico-lare, che vuole dagli abitanti di Little Tall.Malgrado la forma inconsueta, in questa sceneg-giatura si ritrovano le caratteristiche che hanno fatto grande King. La costruzione e il coinvolgi-mento nella storia di un’intera comunità, opera a sua stessa detta estremamente impegnativa, ricordano capolavori del calibro di “Cose pre-ziose”. L’atmosfera claustrofobica riporta alla mente i corridoi terrorizzanti dell’Overlook iso-lato dalla neve in “Shining”. L’orrore non è mai scontato né “sbandierato”, ma serpeggia sapien-temente. King prende per mano il lettore e gli fa conoscere un personaggio in apparenza dolce e posato. Il lettore si identifica facilmente, lo vede uguale a sé. L’impressione continua anche nel momento in cui si scopre un segreto spiacevole di Fabiana Bianchi

    di Fabiana Bianchi

    Una “piccola” organizzazioneInfanzia e organizzazione: un connubio possibile? I bambini, per loro natura, sono l’incarnazione della spontaneità. Ma indi-rizzarli dolcemente verso alcune forme di organizzazione adatte alla loro età li aiute-rà a rendersi più autonomi e a ottimizzare il tempo. Un bambino abituato a gestire gli impegni in modo ordinato sarà un adulto più organizzato e dunque meno stressato.Il primo passo, ovviamente, arriva dall’e-sempio: se i genitori abituano fin da piccolo il bimbo a seguire delle routine e lo fanno a loro volta, per lui o lei sarà più naturale ini-ziare a farlo. Instaurare delle routine aiuta anche a ridurre (anche se magari non a eli-minare!) il rischio di capricci: se il bambino per esempio sa che a una certa ora si va a dormire, sarà più portato a darlo per scon-tato e meno incline a metterlo in discussio-ne. Spetterà poi ai genitori rendere la routi-ne più gradevole, per esempio dedicando ai bimbi un momento da trascorrere insieme leggendo una storia.Già dai primi anni di vita è possibile dare piccole abitudini ai bambini, per esempio quella di riordinare i giocattoli usati. La cosa migliore è predisporre diversi conteni-tori suddivisi per categorie, in modo che il bimbo possa iniziare a capire il concetto di classificazione. I contenitori devono esser-

    gli accessibili, così che possa occuparsene in prima persona, seppure aiutato. A secon-da dell’età del bimbo, inoltre, gli si possono affidare alcuni piccoli incarichi domestici: già dai due o tre anni, è possibile per esem-pio chiedergli di aiutare i genitori a ritirare la spesa, buttare qualcosa nella spazzatura o mettere i vestiti sporchi nel cestone del bucato. Il bambino, inevitabilmente, qual-che volta sbaglierà: fa parte del suo percor-so di crescita. I genitori, però, dovrebbero evitare di fare il lavoro al posto suo, magari dicendogli che non è capace: occorre invece correggerlo, incoraggiarlo e, a lavoro com-piuto, complimentarsi.È essenziale, infatti, che il bimbo sia pro-tagonista della sua stessa organizzazione: non è un pacco postale, che va gestito passi-vamente come se fosse un’altra incombenza a cui badare. È una piccola persona: il fatto che muova i suoi primi passi in autonomia è una soddisfazione per lui e per gli altri.Le routine, per quanto possibile, devono essere rese divertenti. Possono diventare un’importante occasione di stare insieme per genitori e figli. Per esempio, al momen-to di preparare i vestiti per il giorno dopo, i genitori possono scegliere insieme al bim-bo cosa mettere, magari offrendogli due o tre opzioni preparate in anticipo secondo la

    stagione e l’occasione. Anche la stessa pia-nificazione può diventare un momento da trascorrere insieme: per i bambini più pic-coli si potranno fare magari dei cartelloni colorati con le routine più semplici, come le piccole incombenze domestiche o le cose da fare prima di andare a dormire e sveglian-dosi alla mattina. Mettere per iscritto le cose è importante: anche noi adulti tendiamo a dimenticarcene! Vederle scritte o disegnate aiuterà i bimbi a memorizzarle meglio. Con i bambini più grandi, che vanno già a scuo-la, si possono creare dei veri planner setti-manali, in cui indicare i momenti dedicati ai compiti, quelli per lo sport o i loro piccoli impegni come eventi e gite. È fondamenta-le, ovviamente, che i bambini si ritrovino comunque una buona quantità di tempo li-bero. Se il planner del bimbo diventa più af-follato di quello dei genitori, qualcosa non va e sarà meglio rivederlo. Questo tipo di pianificazione sarà utile anche a insegnare ai piccoli che gli impegni presi vanno rispet-tati: per esempio, se non ci sono motivi va-lidi, non si saltano gli allenamenti sportivi e non si dà buca al compleanno dell’amico all’ultimo minuto.

    Dal Caos al Cosmo a cura di Fabiana Bianchi

    del personaggio: del resto, chi non ne ha? Chi nella vita non ha fatto qualcosa di cui non va propriamente fiero? Si parla pur sempre di cose più o meno piccole, non certo di serial killer o cose del genere. Il lettore, che si è ormai identi-ficato, rimarrà così inquietantemente spiazzato quando quel personaggio che potrebbe essere lui stesso cade nella follia e compie atti racca-priccianti. Linoge è il mostro conclamato, quel-lo da cui tutti stanno alla larga. Gli altri nascon-dono il mostro dentro di loro e fanno molta più paura.

    https://il-cosmo.com/?p=12065https://il-cosmo.com/?p=12073

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    In questi giorni, più o meno in tutte le scuo-le materne ed elementari, è partita l’onda del ‘Che regalo facciamo alle maestre?’. E anco-ra: ‘Meglio il regalo di classe o singolo?’. Le chat di WhatsApp sono come impazzite, pie-ne di messaggi che neanche Babbo Natale il 24 dicembre. Genitori preoccupati, sollevati, arrabbiati, che hanno proposto, che hanno risposto, che hanno messo soldi. E poi, fi-nalmente, il grande giorno è arrivato: la rap-presentante di classe ha fatto l’acquisto. In-somma, dal regalo alle maestre non si sfugge, è una tradizione.

    Eppure, io mi son letto con interesse e ridendo una notizia di cronaca: una maestra che non era stata omaggiata di un regalo a fine anno, neanche una cornicetta con dentro la foto di classe, ha dato fuori di matto. Se l’è presa con i bambini, rimproverandoli e dicendo chia-ramente che la colpa era dei genitori. Ovvio. Solo che a casa in lacrime ci sono andati poi i suoi alunni, mica mamma e papà. Ci deve essere rimasta proprio male, signora maestra!

    Ai miei tempi non ricordo se si facesse o meno in regalo. So che ci alzavamo tutti in piedi quando entrava in classe, che la saluta-vamo appunto con un rigoroso ‘Buongiorno

    signora maestra’ e che le davamo del lei. Guai a sgarrare. C’era lei e solo lei per tutti e cinque gli anni delle Elementari, per quattro ore al giorno, dal lunedì al sabato. Oggi ci sono più maestre, addirittura insieme nella stessa ora, cambiano ogni anno, si dà del tu e addirittura ci sono studenti che dicono loro ‘Ti amo ma-estra’.

    Ok, ma torniamo a noi. Sotto all’episodio di cronaca che ho letto, c’erano naturalmente un sacco di commenti. Mi ha colpito uno di questi, di una donna che diceva: “Ma il rega-lo alle maestre è una tradizione meridiona-le”. Mi sono documentato e no, non è così. Il regalo alle maestre lo fanno ad Aosta come a Taormina, passando per Perugia e Roma. Che possa essere nata al Sud, può darsi, di si-curo ha unito il nostro Stivale. Oggi non puoi esimerti dal fare un presente, pena gli insulti e le battutine degli altri genitori. Così come non puoi non essere sulla chat di classe. Non puoi fare il regalo personale, ma devi mette-re la quota. Sono assolutamente inutili frasi del tipo: “Perché dobbiamo farle il regalo se fa solo il suo lavoro, stipendiata?”. Non appro-derete a nulla.

    Ah, non sto dicendo che vi dovete leggere le

    Benvenuti al Centro

    Bufale cosmiche

    Il regalo alla maestra unisce l’Italia

    di Alessandro Pignatelli

    Per un caso come questo è quasi eretico parlare di bufala. Dietro, infatti, c’è un piccolo capolavoro di satira. Quella del ministro Kyenge che avrebbe voluto dare cani e gatti degli italiani in pasto agli im-migrati è una vicenda ormai entrata nel-la storia della comunicazione italiana. È superfluo dire, visto che ne stiamo par-lando in questa rubrica, che no, Cécile Kyenge non ha mai proposto davvero di sfamare gli immigrati con cosciotti di la-brador. La notizia risale al 2013 e porta la firma di “Lercio”, una delle più note pubblicazioni online di satira, peraltro apprezzata anche a livello internaziona-

    le. Lanciato negli ultimi mesi del 2012, un anno dopo il portale pubblicò l’in-dimenticabile “pezzo” satirico. Kyenge, attualmente eurodeputata, fu ministro per l’Integrazione sotto il governo Letta fra la primavera 2013 e l’inizio del 2014. Ancora oggi, tristemente, è uno degli esponenti politici maggiormente presi di mira dai veri “bufalari”, che le attri-buiscono falsamente le citazioni più im-probabili e le peggiori nefandezze. Ler-cio ci rise sopra inventandosene a sua volta con l’ormai famoso titolo «Kyen-ge shock: “Prendiamo cani e gatti degli italiani per sfamare gli immigrati”». Sa-rebbe stato sufficiente aprire il link per rendersi conto dello scherzo: secondo l’autore, la citazione sarebbe «riportata da un’intervista a porte chiuse origliata da un portantino che poi l’ha raccontata alla moglie dall’autorevolissimo sito tut-tiicriminidegliemigrati.com». L’articolo prosegue con la cronaca dell’«incontro con una famiglia rom disagiata con solo 2 Mercedes di cui una incinta», a cui sarebbe stata assegnata una villa cin-quecentesca. La ministra sarebbe inter-venuta alla cerimonia di assegnazione facendosi trasportare da un’eliambulan-

    za dell’ospedale pediatrico “Madonna delle Faccine Tristi”. Insomma, bisogna mettersi d’impegno per prendere sul se-rio un articolo di questo tipo. Eppure, a fronte delle migliaia di condivisioni di-vertite, ce ne furono altrettante se non di più indignate per l’inesistente proposta della ministra, spesso corredate di com-menti irripetibili. Insomma, la “notizia” di Lercio ha fatto ridere. Ma all’epoca di-mostrò anche un fenomeno destinato a crescere negli anni e con l’uso dei social network: molti, troppi utenti condivido-no dei testi senza leggerne il contenuto e credono a qualunque improbabile sto-ria. In ogni caso, quella di Lercio rimane una pagina importante della storia della satira italiana. La satira vera, non quella che nasconde solo il razzismo striscian-te di chi ha poca fantasia e ancor meno senso dell’umorismo.

    di Fabiana Bianchi

    Kyenge, le brioche al popolo e i cani ai profughi

    centinaia di messaggi che seguono alla fatidi-ca domanda: “Che compriamo alla maestra?”. No, assolutamente. Potete cliccare su ‘letti tutti’ e rispondere semplicemente: “Per me va bene”. Vi sarete risparmiati un lavoro che ini-zia più o meno il 20 maggio per terminare a giugno inoltrato. Da Nord a Sud. Non scrive-te che è un’usanza del Mezzogiorno, qualcuna potrebbe darvi della ‘pezzente’ perché fai tan-te storie per mettere 10’ euro.

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    Rubrica

    Era il nove febbraio del 2009 quan-do Eluana Englaro, tra proteste e ad-dii sommessi, dopo 17 anni passati in coma vegetativo morì a Udine per case naturali sopraggiunte a seguito dell’in-terruzione della nutrizione artificiale. Un caso, il suo, non solo dall’enorme portata mediatica, ma anche giudizia-ria e politica. Tanto si è scritto e tanto si è dibattuto sul caso Eluana Englaro. Eutanasia, testamento biologico, libero arbitrio: il nome della giovane continua a campeggiare tra le pagine di cronaca, eletto a manifesto del diritto di sceglie-re autonomamente se e quando staccare quella eventuale spina. Il nome di Elua-na, oltre a risuonare nelle nostre case in seguito alla recente vicenda della 17enne olandese Noa Pothoven, lasciatasi mo-rire di fame dopo aver convissuto per anni con una forte forma di depressione scaturita a seguito di una violenza, nel 2012 ispirò anche uno dei film più toc-canti e coraggiosi di Marco Bellocchio: “Bella Addormentata”. Mente lucida e audace creatore del no-stro cinema, Bellocchio affronta l’attua-lità indagandola non dal suo interno, ma attraverso un campionario di per-sonaggi chiamati a dar voce agli effetti e risonanze mediatiche e personali che tale caso ha suscitato nelle loro vite e, in pars pro toto, in tutta la nostra società. Senza speculare sul paradigma mani-cheo, ma in maniera poetica e delicata, Bellocchio narra dolori, timori, tituban-ze che si addensano attorno a una tema-tica come l’eutanasia, supportato anche da uno spettro di personaggi eterogenei che si fanno portavoce di questioni e ri-flessioni introspettive. Il caso di Eluana diventa dunque per il regista di Bob-bio linfa vitale attorno a cui sviluppare eventi differenti, ma tutti più o meno

    correlati al nucleo originale scaturito dal fatto di cronaca. Le ultime ore di vita della ragazza sono mostrate di sfuggita e indirettamente su schermi televisivi su cui si rincorrono dibattiti politici e no-tizie flash dei telegiornal. È una società dominata dalla transmedialità quella in cui viviamo e Bellocchio non ha paura di ricordarcelo; il mondo dell’audiovisivo sfoggia il potere di modellare il nostro pensiero, di smuovere i nostri ideali, ep-pure il cineasta non si arroga il diritto di elevarsi a portatore della verità asso-luta. Sebbene quello che abita l’univer-so del suo “Bella Addormentata” sia un affresco corale, Bellocchio non intende emulare lo stile di Robert Altman; non cerca insegnamenti od opposizioni di pensiero. Offre spunti di riflessioni, in-put umani nascosti dietro le storie dei propri personaggi. Sono loro, con le loro idiosincrasie, paure e fragilità, il cuore dell’opera, riverberazioni di una società perennemente divisa in fazioni dicoto-miche. Fautori di questi mondi sono dunque un senatore del PdL (Toni Servillo) chia-mato a votare in parlamento una legge che non riesce a far sua, sua figlia, Ma-ria (Alba Rorhwacher), attivista del Mo-vimento per la vita che si reca a Udine per manifestare davanti alla casa di cura dove si trova Eluana, Roberto (Miche-le Riondino) e suo fratello minore dalla personalità disturbata, schierati su un versante più “laico”, un’attrice (Isabelle Huppert) sconvolta dopo che la figlia è sprofondata in uno stato vegetativo tan-to da trascurare l’altro figlio aspirante attore, una tossicodipendente autole-sionista (Maya Sansa) salvata da un ri-soluto medico (Pier Giorgio Bellocchio) la cui premura va ben oltre i limiti im-posti dal proprio mestiere.

    Bellocchio è un autore con un occhio al presente e uno passato, quello più per-sonale e autobiografico ambientato tra il paese di Bobbio e Piacenza (“I pugni in tasca”, “Vacanze in Val Trebbia”) e quello nazionale, condivisibile dall’Ita-lia intera. I racconti che ne scaturiscono, anche quando prendono le mosse dalle pagine di cronaca, riescono sempre ad ammantarsi delle vesti di sogno e irre-altà. Sono eventi drammatici, a volte ri-legati nell’anonimato oblio (“Vincere”) o capaci di sconvolgere l’Italia intera (“Buongiorno Notte”, “Il Traditore”) ac-colti dalle mani di Bellocchio con atten-zione e grazia, e restituiti indietro nelle forme di fiabe. Con un tocco di onirico, anche nella “Bella Addormentata” (e come molto prima di lei ne “L’ora di reli-gione”) Bellocchio torna ad interrogarsi sul senso delle nostre scelte quotidiane allestendo una scena teatrale suddivi-sa in quadri differenti e tutti dominati da attori che interpretano i propri per-sonaggi come se si trattassero di attori improvvisati all’interno di uno spetta-colo intitolato “vita”. C’è chi poi attrice lo è veramente come il personaggio in-terpretato da Isabelle Huppert, la quale rinchiusa nella sua illusoria convinzio-ne di portare a termine la propria pièce teatrale, affida alla parola una potenza creatrice e salvifica che nella vita reale non ha. “Svegliati”, “vattene” sono ordi-ni evanescenti. Non modificano la situa-zione, non aprono gli occhi, non salvano la vita. E così Rosa, come Eluana per 17 anni, non sarà altro che una “bella ad-dormentata” nell’attesa che qualcuno le ridia la vita. Anche a costo di toglierglie-la.

    di Elisa Torsiello

    Pensieri in 16:9BELLA ADDORMENTATA: L’EUTANASIA NARRATA DA MARCO BELLOCCHIO

    a cura di Elisa Torsiello

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    Rubrica

    Sembra incredibile: non ci credo nemmeno se lo vedo. Eppure è ac-caduto realmente. Qualche giorno fa nella casa del Grande Fratello è arrivata la filosofia. Un lampo di cultura, fulmineo, nel buio del trash italiano. I ragazzi della Casa sono monito-rati dalle telecamere 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il reality, condotto da Barbara D’Urso, è considerato uno dei momenti più trash del palinse-sto, ma, forse, non è così vero. Qualche giorno fa le telecamere hanno ripreso una conversazione avvenuta tra tre coinquilini: Tay-lor Mega, Gianmarco Onestini e Michael Terlizzi, che aveva come oggetto proprio la filosofia. La filosofia quella vera, quella che si studia sui banchi di scuola e che ti rimane addosso tutta la vita. La filosofia, quella che ti spacca il cervello perché non la capisci, ma quando finalmente ci riesci ti senti bene, arricchito nel profondo di te stesso.

    “Chi era quel filosofo che cercava l’uomo?”, si sono chiesti i gieffini. Non era Socrate, non era Nietzsche. Colui che cercava l’uomo era un greco, era Diogene di Sinope (412 a.C. – 323 a.C.). Considerato uno dei fondatori della corrente Cinica, veniva anche chiamato il Socrate pazzo o il Cinico. Una sera Dioge-ne uscì con in mano una lanterna e furono in molti a chiedergli che cosa stesse facendo. “Cerco l’uo-

    mo”. Sì, ma non stava cercando un uomo nello specifico, un esse-re particolare, bensì l’essenza uni-versale dell’uomo. Diogene cerca-va l’uomo che vivesse in accordo con la sua stessa essenza, ovvero rispettando la sua natura, in modo genuino. Il Socrate pazzo è passato alla sto-ria per essere stato un uomo ge-nuino, semplice: un uomo che si comportava allo stesso modo sia in società che da solo. Defecava in pubblico, compiva atti sessuali in pubblico, insultava i suoi interlo-cutori e… viveva in una botte! Il gieffino Terlizzi, però, spiega in un live come sia difficile spiegare realmente che cosa si intenda per essenza, soprattutto per quanto ri-guarda l’essenza dell’uomo. Taylor Mega, sconvolta, professa il suo amore per Socrate e il suo celebre “so di non sapere”, carpe diem e panta rei.

    Terlizzi, però, va avanti e spiega come il suo interesse per la filo-sofia sia nato sui banchi di scuo-la, così come quello di Gianmarco Onestini. La filosofia lo affascina, anche quella che tende alla mate-matica, come quella di Leibniz.

    Diogene di Sinope cercava l’uomo nella sua spontaneità, nella sua natura più genuina e semplice ed è forse quello che anche i concor-renti della Casa si trovano a dover fare, volenti o nolenti. Anche loro,

    come Diogene, vivono in una sor-ta di botte – metaforica, allegori-ca – alla ricerca della loro essenza. E a chi gli diceva “tu non sai nulla eppure fai il filosofo”, Diogene ri-spondeva che aspirare alla saggez-za fa parte della filosofia. Perché la filosofia è ovunque, an-che nella Casa del trash. Perché, come ci ha insegnato Diogene, non è obbligatorio essere filosofi per fare filosofia.

    Perché anche il sole penetra nelle latrine, ma non ne è contaminato…

    di Elisabetta Testa

    Quando al Grande Fratello arriva la filosofia: alla ricerca dell’uomo, tra Diogene di Sinope e il trash

    Prendila con filosofia a cura di Elisabetta Testa

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    RubricaIl ruggito di Leonetti a cura di Franco Leonetti

    nuova consapevolezza, è questo il fattore più importante che serviva per ricaricare la tifoseria di nuove speranze. Le prime le-zioni del metodo Mancini, a un anno dal suo sbarco a Coverciano, si sono dimostra-te indubbiamente efficaci, finalmente la fase difensiva è tornata ad essere un vanto per il nostro calcio, e se la difesa fa il suo dovere e l’attacco segna, beh il resto vien da sé, con una mediana che sa tenere bot-ta, ha qualità e segna anche. Il capolavoro del ct fino a questo momento, e in attesa di test sempre più rilevanti, riguarda la men-talità vincente. L’Italia propone calcio, va a prendersi il risultato e sa procurarsi le occasioni costruendo la vittoria, tenendo il pallone e cercando di riconquistarlo il pri-ma possibile, una volta perso il possesso. Concludendo, in pochi avrebbero pensato ad una Nazionale così in alto in classifica dopo solo un 12 mesi di cura Mancini, ma tutte le altre componenti, appena elen-cate, depongono assai a favore del nuovo selezionatore. La vittoria ai danni della Bosnia allo Stadium di Torino per 2-1, re-cuperando il vantaggio avversario contro vecchie conoscenze come Dzeko e Pjanic, sa di pre-sigillo alla qualificazione. Oggi la nazionale azzurra guida la classifica del girone J a punteggio pieno, 4 successi in altrettanti match, un bottino importante e che profuma di Europei, anche se i giochi

    Un’Italia così negli ultimi anni non l’ave-vamo proprio mai vista. Era ora, insomma, che gli azzurri invertissero la rotta dopo la delusione cocente e la vergogna del 2018. I ragazzi chiamati da Mancini stanno ri-creando entusiasmo tra i tifosi, la cura del nuovo ct funziona con poche ricette: di-fesa solida, calcio offensivo e giovani im-portanti che stanno maturando a suon di prestazioni. La Nazionale di Mancini piace e vince. Due gol alla Finlandia, sei al Lie-chtenstein, tre alla Grecia. Il gruppo ca-pitanato dal nuovo ct è a punteggio pieno nella classifica di qualificazione ai prossimi Europei, torneo che Mancini vorrebbe vi-vere da protagonista, immettendo nei suoi ragazzi ancora un po’ di spregiudicatezza. Non è una squadra perfetta questa Nazio-nale, ma quando mai nel calcio si rasenta la perfezione, ad Atene l’Italia ha domi-nato in lungo e in largo, tre reti nel primo tempo, poi nel secondo si è fermata un po’ accontentandosi, anche in vista della gara seguente a Torino con la Bosnia che pote-va essere un vero e proprio match ball per arrivare agli Europei del prossimo anno. E così è stato. Questa azzurra è una compagi-ne che gioca, non prende gol e vive un mo-mento di grande ardore, accompagnato da risultati nettamente positivi. L’ Italia del “Mancio” sta dando ampia prova di aver staccato col passato e aver assunto una

    di Franco Leonetti

    La Nazionale di Mancini veleggia verso gli Europei

    a direttore generale, dovrebbe essere il turno di Giampaolo, il tecnico abruzze-se, ex Sampdoria, è favoritissimo per prendere il posto di Gattuso. Semplici rimane a guidare la Spal, De Zerbi resta al Sassuolo, Andreazzoli, ex Empoli, è vicino alla panchina del Genoa, ufficial-mente Fonseca siederà alla guida della Roma, Mihajlovic ha rinnovato e pro-lungato con il Bologna, la Sampdoria ha virato su Di Francesco invece di Pioli. Sul fronte mercato giocatori incomin-ciano a materializzarsi le prime mos-se, il Napoli ha messo sotto contratto il terzino Di Lorenzo, ex Empoli, reduce da una stagione brillante in serie A, e mira James Rodriguez, non riscattato dal Bayer di Monaco: Ancelotti lo cono-sce bene, avendolo allenato a Madrid. La Juve ha preso Demiral, 21enne di-fensore turco del Sassuolo, giovane di grande presente e luminescente futuro, ci prova per Pogba e non molla la pista Chiesa, con il giocatore la società bian-conera ha già l’accordo, ora tocca alla Fiorentina discutere con Paratici. Can-celo ha richieste dal Manchester City, mentre Benatia potrebbe rivelarsi un clamoroso cavallo di ritorno in quel di Torino, Cellino, presidente del neopro-

    mosso Brescia, allontana ogni vellei-tà sul gioiello Tonali, affermando che non lo venderà nemmeno per un’of-ferta folle. Icardi attende di conoscere il suo destino, ma pare proprio che il futuro possa essere distante da Conte e dai suoi compagni in nerazzurro, ri-schia molto anche Nainngolan, giunto sotto il Duomo solo un anno fa e an-cora con tre anni di contratto. L’Inter di Marotta lusinga Bruno Fernandes, ultimo anno allo Sporting Lisbona e vecchia conoscenza del calcio itali-co per la sua militanza con Udinese e Sampdoria, mentre Barella è sempre più vicino ai nerazzurri. Veretout della Fiorentina piace al Napoli, ma ha ri-chieste sia dall’Italia che dall’estero. Il Torino preme per avere Bogdan, di-fensore centrale del Livorno, in entrata sono arrivate due conferme importan-ti: i riscatti di Djidji e Ola Aina, mentre i granata incassano 6, 5 milioni di euro dalla Turchia, Ljajic è stato riscattato dal Beşiktaş.

    L’estate del calcio, anche in Serie A, è sinonimo di calciomercato: da ora in avanti tutte le squadre proveranno a migliorare i rispettivi organici, attra-verso acquisti e cessioni nel corso della sessione estiva. L’apertura formale del calciomercato in Italia è fissata per lu-nedì 1 luglio. Di fatto il calciomercato è sempre aperto, con possibilità di por-tare avanti trattative in ogni momento, ma il deposito e la ratifica dei contratti presso la Lega Serie A saranno possibili solo dopo l’apertura ufficiale della ses-sione. Mentre la chiusura estiva giun-gerà lunedì 2 settembre. A differenza dello scorso anno, quando le trattative si chiusero prima dell’inizio della Serie A, la fine della sessione è stata nuova-mente spostata dopo le prime giornate di campionato. Ma in questo periodo tengono banco le panchine, soprattutto quelle di Juventus e Milan. Per i bian-coneri la situazione di stallo continua, questa potrebbe rivelarsi la settimana decisiva con un duello chiaro: se Guar-diola si libera dal vincolo onerosissimo del City arriva lui a Torino, altrimenti Sarri sarà la soluzione, non resta che at-tendere ancora qualche giorno. Al Mi-lan, invece, con la conferma di Maldini

    di Franco Leonetti

    Mercato al via tra panchine e rinforzi

    non sono ancora stati fatti, visto che non siamo nemmeno giunti al giro di boa delle sfide. Mancini e i suo ragazzi, torneranno dopo l’estate, esattamente il 5 settembre con la sfida all’Arnenia, seguita tre gior-ni dopo dalla trasferta in Finlandia. Con l’autunno che si ergerà a giudice supremo, decidendo il destino di questa nuova Ita-lia che ha riconquistato fiducia e passione degli aficionados.

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    Sport

    nomi che ormai il grande pubbli-co ha imparato a conoscere, come la Bonansea, goleador della prima partita, ma anche il portiere Giu-liani, la capitana Sara Gama, o an-cora Rosucci, Guagni, Girelli e Sa-batino, solo per citarne alcune. Le azzurre, ovviamente, non parto-no con i favori del pronostico, ma come dimostrato dal match contro le forti australiane, possono di-ventare una sorta di sorpresa, di mina vagante della contesa, pron-te a togliersi tante soddisfazioni, scalando la classifica. Le azzurre sono state sorteggiate in un giro-ne di ferro con Brasile e Giamaica e con l’Australia, cliente proibitivo ma battuto all’esordio. Le ragazze affronteranno la Giamaica venerdì 14 giugno, mentre chiuderanno il raggruppamento martedì 18 giu-gno contro il temibilissimo Brasile della leggenda Cristiane, in gol con una tripletta nella gara di debutto. Insomma, il Mondiale è entrato nel vivo per le azzurre, che devo-no conquistare la seconda fase con due gare importanti. Accederanno agli ottavi di finale le prime due di ciascun girone e le quattro miglio-ri terze classificate, obiettivo che le donne del ct Milena Bertolini pos-sono raggiungere, giocando con umiltà e brio, senza farsi prendere da timori e paure per l’eco che la manifestazione crea. Forza ragaz-ze azzurre, tutto il mondo del cal-cio nostrano fa il tifo per voi.

    Pronti via, le azzurre al debutto mondiale stendono l’Australia con una doppietta di Barbara Bonan-sea. Un successo storico, insperato e galvanizzante. Una competizione prima sognata, ora felicemente re-ale, che regala brividi ed emozioni che inebriano le ragazze e i tanti ti-fosi che hanno imparato ad amare il calcio a tinte rosa. La Nazionale femminile guidata da coach Mile-na Bertolini, ha subito stupito tutti con una vittoria all’esordio ottenu-to nel recupero, tanto importante quanto ulteriore distillatore di en-tusiasmo. La selezionatrice è riu-scita a riportare le maglie della na-zionale tricolore ad un campionato del Mondo dopo tanti anni, l’Italia non era presente alla competizio-ne iridata dal lontano 1999. L’edi-zione appena partita, che si svolge dal 7 giugno al 7 luglio in Francia, rappresenta l’ottava edizione uffi-ciale del torneo, con la nazionale degli Stati Uniti campione in cari-ca. Si tratta della prima edizione di un campionato mondiale di calcio femminile nel quale viene utilizza-to il video assistant referee (Var) che già nelle prime partite ha avuto il suo bel daffare, due gol annulla-ti giustamente all’Italia, entrambi per off side, lo stanno a testimo-niare. La rosa azzurra è formata in gran parte da giocatrici che mili-tano nella Juventus, bi-campione d’Italia in due anni di vita, ma an-che il Milan è fortemente rappre-sentato, con convocazioni anche per giocatrici di Fiorentina, Roma, Atletico Madrid e Chievo Verona. Nelle 23 ragazze convocate ci sono

    di Franco Leonetti

    Il Mondiale delle azzurre di calcio

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    Sport

    zo si occupa della preparazione dei ragazzi. «La squadra cambia di anno in anno, ci sono dei ri-chiedenti asilo che sanno giocare, perchè nel loro Paese di provenienza militavano già nelle varie serie, altri lo faceva come lavoro altri per hob-bie. Si hanno ragazzi dai 18 anni fino ai 30 che arrivano dalla Nigeria, dal Senegal, dalla Costa d’Avorio, dal Mali, dal Camerun, dalla Guinea» spiega Hajiba.

    Progetto nasce e continua per lo spirito di inte-grazione: «Il calcio è l’unica cosa che bene o male unisce tutti. È una lingua, un po’ come la musica. Riviera d’Africa nasce per far vedere che questi ragazzi sanno fare anche altro, che sanno giocare a calcio, rapportandosi anche alle altre squadre della zona – continua la dirigente - Per questi ra-gazzi è una competizione, una cosa che riescono a fare loro. Sono richiedenti asilo che aspettano qualcosa, mentre giocare a calcio li impegna su-bito e lo fanno per loro stessi. È un’attività che a loro piace tanto perchè alla fine non è diversa da come la facevano nel loro Paese. Dona a loro un filo conduttore: è una cosa che hanno iniziato

    a fare e che possono portare avanti. Viene visto come l’unico momento di svago in cui riescono a fare un’attività già incominciata nel proprio pa-ese». Altra particolarità della squadra è quella di essere composta da giocatori di nazionalità, lingua, e religioni diverse. La comune passione per lo sport in questo caso diventa il collante e il modo di capirsi comune.

    Non tutte le squadre del campionato accol-gono però bene i calciatori di Riviera d’Africa. «Lo scorso anno abbiamo subito insulti razzi-sti e ci sono state delle risse. Abbiamo resistito e quest’anno l’abbiamo vissuto molto meglio. Dopo quattro anni si sono integrati e anche le altre squadre hanno capito che sono delle perso-ne normali che giocano a calcio, anche se fisica-mente più forti di costituzione e il loro modo di giocare è un po’ diverso rispetto alle squadre che incontriamo, ma quest’anno dobbiamo dire di essere stati davvero integrati – spiega - Ci hanno sempre accolto come qualsiasi squadra, tranne in pochi casi. Più si va avanti nel tempo più il progetto viene accettato, diventando una squa-dra come le altre».

    Non solo la difficoltà nel far riconoscere la squa-dra a causa della sua particolare formazione, ma anche del suo dirigente. Hajiba Amaouch è una delle poche donne del campionato a rico-prire un ruolo dirigenziale: «Anche questa cosa è stata vista diversamente e a volte non molto bene, anche dagli altri allenatori e dirigenti che non si sono risparmiati commenti sessisti e offe-se – conclude - Dai miei ragazzi però, ho sempre ricevuto solo sostegno e rispetto, come se fossi una sorella maggiore da ascoltare».

    Riviera d’Africa è la squadra composta intera-mente da richiedenti asilo che giocano nel cam-pionato CSI della regione Piemonte. Lo scorso anno si sono classificati secondi in serie A e a li-vello regionale, oltre che per i risultati sportivi anche per Fair Play, a premio del buon compor-tamento dimostrato in campo. Quest’anno han-no vinto sia il campionato sia la coppa e sono arrivati primi in tutte le competizioni. Ora sono ancora in gara per il titolo regionale e domenica 16 giugno ci sarà la finale. La squadra è stata fon-data nel 2015-2016 e come detto è formata esclu-sivamente da richiedenti asilo che fanno parte dei diversi centri della cooperativa VersoProbo in zona Lago, in provincia di Novara e conta cir-ca 25 ragazzi tesserati. È iscritta, dall’anno della sua fondazione, al Centro Sportivo Italiano ed era stata inserita nella serie B. Il primo anno la squadra ha dato subito i primi risultati vincendo il campionato. Nel 2016-2017 sono stati inseriti nella serie A per diritto.

    Hajiba Amaouch è la giovane dirigente della squadra che con l’allenatore Stefano Accomaz-

    Tre giorni di gare al Foro Italico racchiusi in questo video con le interviste in esclu-siva al Presidente della Word Taekwon-do Federation Chungwon Choue e ai ra-gazzi della Nazionale Italiana. Tutte le emozioni di una gara mondiale al Grand Prix di Taekwondo di Roma 2019.

    di Deborah Villarboito

    Riviera d’Africa: lo sport come linguaggio universale che va oltre le differenze

    Grand Prix di Taekwondo di Roma 2019

    di Deborah Villarboito

    https://il-cosmo.com/?p=12049https://vimeo.com/341987211https://vimeo.com/341987211

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    Sport

    ternazionali. Tre dei suoi lanci si attestano sui 32 metri, con la migliore misura fissata a 32,90.

    Martina Caironi (Fiamme Gialle) fa cifra tonda firmando il record del mondo T63. I suoi 5 metri netti valgono 9 centimetri in più rispetto al salto del primato degli Eu-ropei di Berlino, che la proiettano già in avanti nonostante sia solo l’inizio di stagio-ne. Nella categoria T38 arriva la migliore prestazione mondiale dell’ungherese Luca Ekler con 5,51, mentre Francesca Cipelli (Veneto Special Sport), quarta agli Europei in terra tedesca, aggiunge tre centimetri al primato tricolore che già detiene con un salto da 4,06. La campionessa iridata T11 Arjola Dedaj (Fiamme Azzurre) atterra a 4,51, la stessa misura dell’ultimo salto del-le Paralimpiadi di Rio e un risultato mol-to incoraggiante al rientro in pedana dopo la gravidanza. I lanci mettono in evidenza tra gli italiani Christian Lella (Polisportiva Luna e Sole), nuovo recordman del peso F20 con 10,45 e Stanislav Ricci (France-sco Francia), autore di un ottimo 42,77 nel giavellotto F63. Il bronzo mondiale e nu-mero uno europeo del peso F33 Giuseppe Campoccio (Paralimpico Difesa) termina invece la sua gara con una prestazione di 11,49. Ma sono gli indiani Sumit Sumit e Sandeep Sandeep a festeggiare a Grosseto

    Grosseto festeggia la conclusione di tre giorni di gare con altri due record mon-diali. Gli Italian Open Championships, che hanno coinvolto 361 atleti di 40 pa-esi del mondo, chiudono con un totale di 10 primati iridati e numerose prestazioni di altissimo livello tecnico internazionale. Una delle soddisfazioni più grandi arriva dalla pedana del getto del peso F62. More-no Marchetti (Paralimpico Difesa) torna a gareggiare dopo due anni in una competi-zione ufficiale e fissa il nuovo limite mon-diale a 8,74 dopo un primo lancio da 8,54. Nel salto in alto T64 risultato incredibile del veterano giapponese Toru Suzuki, clas-se 1980, che sigla il nuovo primato iridato di 1,91. In chiave femminile Daniela Pier-ri (La Galla Pontedera Atletica) realizza la migliore prestazione mondiale e italiana di 95 centimetri in attesa di omologazione a fine anno. In pista sui 200 metri primeg-gia Giandomenico Sartor (Veneto Special Sport) che si conferma recordman tricolore nella corsa in carrozzina T54 con un crono di 26.65. Tra i deambulanti la pluridecora-ta Oxana Corso (Fiamme Gialle) corre in 33.72 nella categoria T35, mentre il bronzo europeo T47 Riccardo Bagaini(Sempione 82) si esprime in 23.52. Il debutto stagio-nale di Assunta Legnante (Anthropos Ci-vitanova) nel disco F11 lascia ben sperare per i prossimi appuntamenti agonistici in-

    di Deborah Villarboito

    Fispes: gli Azzurri medagliati nell’atletica e nel calcio a 7 portano in alto il tricolore

    i nuovi primati iridati di giavellotto, rispet-tivamente con 60,45 (F64) e 65,80 (F44). La giapponese Erina Yuguchi ha fatto regi-strare il nuovo record mondiale per la ca-tegoria T61 (21.08). Oxana Corso (Fiamme Gialle) si esprime in 16,01. Tra gli uomini Simone Manigrasso (Fiamme Gialle), tre volte a medaglia a Berlino, torna in gara dopo un infortunio e batte gli avversari in 11.60. Il mezzofondo regala a Laura Dotto (Oltre Onlus) la migliore prestazione ita-liana dei 1500 T20 (5:26.20), mentre per la corsa in carrozzina il primatista trico-lore e bronzo continentale Diego Gastaldi (Sport No Limits) conclude gli 800 T53 in 1:49.96.

    A Barcellona, al 14° International CP Foot-ball Trophy l’Italia del Calcio a 7 si piazza al terzo posto con quattro punti conquista-ti. La Scozia si aggiudica il torneo a pun-teggio pieno davanti all’Irlanda del Nord (9 punti). Il cammino degli Azzurri in terra spagnola non inizia nel migliore dei modi. La prima partita contro l’Irlanda del Nord termina 1-0 a favore degli avversari: l’Ita-lia sconta l’imprecisione di gioco sotto la porta, mentre gli irlandesi sanno mettere in rete l’unica occasione buona. Nel se-condo incontro finito con un sonoro 6-0, la Scozia fa girare palla in modo perfetto, mostrando tutta la sua esperienza tecnica in campo. Nella sfida contro il CP United la formazione azzurra agguanta il pareggio di 2-2 con gol delle due promesse Nicco-lò Guicciardi e Federico Proietti, 16 anni, i più giovani della Nazionale. È però nell’ul-timo match che l’Italia trova fiducia nel suo gioco per battere la Catalogna 2-0 con doppietta del solito Guicciardi. Gli Azzurri entrano subito in partita e, nonostante la stanchezza degli incontri precedenti, gua-dagnano la prima vittoria al torneo, riu-scendo a tenere il risultato sotto controllo fino alla fine.

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    Sport

    se Nadal nel 2020 supererà l’eroe gre-co in termini di fatiche vittoriose. Per impedirglielo i disorganizzati organiz-zatori del torneo francese potrebbero trarre ispirazione da quelli del Giro d’Italia del 1930 che pagarono Alfredo Binda per non prendervi parte data la sua manifesta superiorità sugli avver-sari.

    Fabio Fognini è ufficialmente il primo top-10 italiano del tennis dopo qua-rant’anni, ma è anche il più anziano di tutti a diventarlo per la prima volta. Tolti infatti Rod Laver e Ken Rosewall, che quando il computer Atp produsse la prima classifica nel 1973 avevano rispettivamente 35 e 38 anni - e che nelle classifiche non ufficiali stilate dai giornalisti comunque fra i top-10 dimoravano da decenni… - nessuno aveva fatto il primo ingresso nel re-cinto dei migliori a 32 anni e poco più di due settimane. Fabio strappa il re-cord di anzianità a Jurgen Melzer, che il primo accesso lo ottenne a 29 anni e 254 giorni, sul podio Kevin Anderson (29 anni e 147 giorni). Fabio è il terzo

    Nadal festeggia il dodicesimo titolo a Parigi scavalcando Djokovic nella Race to London. Fognini primo italia-no in Top 10 dopo più di 40 anni. Cosa si può chiedere di più?

    Nella Smorfia napoletana il numero 12 simboleggia il soldato. Un’immagine perfetta per rappresentare un gioca-tore quasi sempre implacabile nell’a-dempimento del suo primo dovere: la conquista “manu racchettata” del Ro-land Garros. Nadal ha vinto il 62 per cento dei game complessivamente di-sputati nelle sue dodici finali: 248 su 400. La terra rossa per le sue carat-teristiche rende più difficili le sorpre-se. La lunga durata delle partite e la minore pre