Università degli Studi di Padova Anno Accademico: 2016/2017 Corso: General Course - Diritti umani e inclusione EDUCAZIONE INCLUSIVA Riflessioni per una scuola e una società di tutti, per tutti, con tutti. Elaborato da: ANGELICA BONIN (1122464); NADIA BRAGAGNOLO (1124235); BARBARA DOLO (1121759); FEDERICA PASSARINI (1127637).
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EDUCAZIONE INCLUSIVA - unipd.it INCLUSIVA... · Spesso il concetto di inclusione viene sovrapposto a quello di integrazione, utilizzato come sinonimo, ma l'inclusione non è assimilazione
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Università degli Studi di Padova
Anno Accademico: 2016/2017
Corso: General Course - Diritti umani e inclusione
• Riguarda tutte le differenze senza pensarle in modo deficitario, ma pensate come modi
personali di porsi nelle diverse relazioni e interazioni che si sviluppano all'interno della
società;
• Porta al cambiamento del sistema culturale e sociale per favorire la partecipazione attiva e
completa di tutti gli individui;
• Mira all' eliminazione di ogni tipo di discriminazione;
• Tende alla costruzione di contesti inclusivi capaci di includere le differenze di tutti;
• Si pone a distanza rispetto alla concezione di “abilismo” (discriminazione nei confronti di
persone diversamente abili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano
un corpo abile) e di "normativa" (disposizioni e principi che regolano un ambito)
L'inclusione sociale considera la disabilità non come una caratteristica interna all'individuo
che crea il non funzionamento, ma come un deficit che si pone "all'interno dei processi
disabilitanti prodotti da contesti, saperi disciplinari, organizzazioni e politiche incapaci di
fornire una risposta adeguata alle differenze delle persone". (“Inclusione sociale e
disabilità”, 2013,Medeghini R.) Per questo è necessario osservare, proporre e cambiare i
contesti sociali per poter realizzare l'inclusione sociale ovunque.
EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI CONTESTI SCOLASTICIL'educazione inclusiva all'interno dei contesti scolastici, tende a rendere più ampie le
finalità della scuola e la sua modificazione per poter essere utile alle esigenze di ciascun
scolaro. Questo tipo di educazione porta ad un continuo miglioramento della scuola
attraverso l'utilizzo in particolar modo delle risorse umane, al fine di poter sostenere la
partecipazione all'istruzione di tutti gli allievi all'interno del contesto educativo.
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L'educazione inclusiva ha come scopo l'adattamento della scuola stessa alle esigenze
educative di ciascun bambino, quindi non solo il bambino deve adattarsi alla scuola.(“Una
scuola a misura di alunno”, 2008, Baldacci).
Riteniamo che per cominciare a rendere possibile o incrementare l'inclusione già presente
sia bene partire dalla base. Ognuno di noi, infatti, è così in quanto è stato educato in un
determinato modo e per questo, se si educa all'inclusione fin dall'infanzia, si svilupperanno
persone in grado di includere e di sentirsi incluse.
L’educazione inclusiva è intesa come il processo volto a garantire il diritto all’educazione
per tutti a prescindere dalle diversità di ciascuno che possono derivare da condizioni di
disabilità e/o svantaggio psico-fisico, socio-economico e culturale. Essa supera i confini
della scuola e si proietta in ogni contesto, extrascolastico, informale, non formale,
racchiudendo in sé tutti gli ambienti educativi.
La disciplina che studia i processi dell'educazione e della formazione umana è la
pedagogia. La branca della pedagogia che tratta l’inclusione in educazione, in particolare
nei confronti della disabilità è la pedagogia speciale, assieme alla didattica speciale.
La pedagogia speciale si occupa di disabilità intesa nella sua accezione più ampia. Gli
scopi sono: favorire la formazione globale della personalità dei soggetti con necessità
educative particolari e distinguere nel soggetto le componenti legate al deficit, ricercando
le condizioni utili a ridurre lo svantaggio, così che anche la persona disabile possa
prendere parte attiva alla costruzione del proprio progetto di vita ed essere presente
nell'ambiente educativo alla pari di ogni singolo alunno.
Nonostante ci siano discipline che si occupano specificatamente di alcuni tipi di inclusione,
la pedagogia e la didattica in generale, discipline che si occupano di educazione,
racchiudono intrinsecamente nelle loro finalità l'inclusione nel suo significato più ampio. Si
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dà importanza al valore degli individui intesi come esseri differenti l'uno dall'altro, ma uniti
da stessi diritti , pari equità e dignità.
L’inclusione pedagogica è un approccio complessivo che:
Guarda alla globalità delle sfere: educativa, sociale e politica;
Prende in considerazione tutti gli alunni;
Considera la diversità come un punto di forza (diversità non intesa soltanto come
disabilità, ma nella sua accezione generale, poiché ognuno ha bisogni educativi
specifici → personalizzazione);
Interviene prima sui contesti e poi sull’individuo(ambito della didattica);
Trasforma la risposta specialistica in una risposta ordinaria e per farlo usa il
costrutto di empowerment, il quale mette al centro di tutti i processi decisionali
l'individuo stesso e i suoi familiari.
L’inclusione in pedagogia si lega alla didattica inclusiva. La didattica inclusiva si basa
sull’apprendimento cooperativo meta-cognitivo ed è caratterizzata da una modalità di
gestione democratica della classe, centrata sulla cooperazione, sulla riflessione, sui
comportamenti agiti, sull’interdipendenza positiva dei ruoli e sull’uguaglianza delle
opportunità di successo formativo per tutti. Fondamentale è la funzione dell'insegnante: la
didattica inclusiva offre al docente le competenze necessarie per trasformare un'aula non
solo in un luogo di istruzione per tutti, ma in un contesto di inclusione per ciascuno.
Questo vuol dire che propone delle metodologie e tecniche specifiche di azione
specializzata con progettazione di piani che mirano all'individualizzazione e alla
personalizzazione e proferisce una cultura inclusiva.
Oltre a garantire il diritto all'apprendimento di tutti, la scuola dovrebbe offrire opportunità
formative per lo sviluppo delle competenze di base di ogni studente, in modo da facilitare il
processo di inclusione nel proprio contesto di appartenenza . Gli interventi, dovrebbero
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essere focalizzati sia sul progetto di vita di ogni singolo studente, sia sul gruppo che si
sviluppa a scuola e nell'ambiente sociale di appartenenza di ognuno.
Il diritto all'educazione inclusiva e il diritto all'inclusione sociale sono quindi strettamente
legati fra loro. Una scuola che opera l'inclusione fa in modo che anche la società stessa
diventi inclusiva.
La realizzazione dell'inclusione nel tempo ha necessitato della formulazione di alcuni
strumenti e documenti che hanno facilitato questo processo. Un documento fondamentale
per quanto riguarda l'inclusione è:
IL MODELLO ICF
É l'International Classification of Functioning( Classificazione Internazionale del
Funzionamento, della disabilità e della salute), ovvero la classificazione completa e
articolata del funzionamento umano, della disabilità e della salute. E' stato prodotto
dall'OMS nel 2001.
Riguarda tutti indistintamente perchè la salute è un aspetto che concerne chiunque, ma al
tempo stesso riguarda ognuno in maniera differente perchè ci sono diversi fattori e
condizioni entro cui il funzionamento umano si manifesta e/o viene compromesso.
L'ICF ha l'obiettivo di valorizzare la differenza e ritenerla una risorsa per l'arricchimento
dell'educazione e della cultura. Non è una “classificazione delle conseguenze delle
malattie, ma la rassegna delle componenti della salute”. L'ICF riguarda TUTTI e si può
applicare universalmente.
Le quattro dimensioni fondamentali che spiegano il funzionamento dell'individuo
comprendono:
– la dimensione del corpo intesa come funzioni corporee fisiologiche o psicologiche
che riguardano il funzionamento del cervello e del sistema nervoso centrale, e le
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strutture corporee che si riferiscono all'adeguatezza, completezza delle parti
anatomiche del corpo.
– La dimensione delle attività semplici e complesse che si riferisce ai
comportamenti che le persone mettono in atto al fine di svolger compiti, mansioni o
azioni.
– La dimensione della partecipazione che si riferisce al livello di coinvolgimento di
una persona nelle situazioni di vita in relazione alla sua salute, alle condizioni e alle
funzioni corporee, alle attività che è in grado di svolgere e ai fattori contestuali che
le sono proprie.
– I fattori contestuali si riferiscono alle caratteristiche dell'ambiente fisico e sociale,
agli atteggiamenti e ai valori propri della persona e del contesto di appartenenza.
Quindi, la disabilità in questo documento viene vista come condizione di salute in un
ambiente sfavorevole. La scala ICF può essere applicata a tutti poiché ha un uso e un
valore universali e non esclusivamente per persone con menomazioni, disabilità,
handicap.
Termini introdotti, quali “compito”, “coinvolgimento” hanno implicazioni rilevanti, in quanto
l'agire viene connesso sia ad una dimensione sociale (il prendere parte, l'essere inclusi o
impegnarsi in un'area di vita all'interno della società) che una dimensione intenzionale e
soggettiva (che necessita l'accesso alle risorse necessarie per svolgere un determinato
compito/azione).
Grazie alle analisi effettuate con l'ICF è possibile definire il bisogno riabilitativo del
soggetto, valutare il grado di inserimento sociale, informare gli operatori delle strutture di
assistenza sociale, della scuola e lavorative.
Nell'ambito dell'istruzione un passo avanti riguardo all'ICF è stato fatto con la
pubblicazione nel 2007 dell’adattamento per i bambini: la ICF-CY (versione bambini e
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adolescenti). Questa classificazione è stata sviluppata per essere adattata ai cambiamenti
legati alla crescita e allo sviluppo del bambino, in relazione al contesto di vita a cui
appartiene. Per quanto riguarda l'educazione a scuola l'ICF è, dunque, stato adottato
come strumento per l'integrazione e per l'inclusione scolastica in modo tale da poter
migliorare la qualità dell'educazione personalizzata.
L'ICF è una prospettiva multidimensionale in cui ogni fattore interagisce con gli altri e
fattori ambientali e personali sono importanti quanto quelli organici. La disabilità è vista in
senso dinamico, perchè non dipende solo da stati patologici cronici, ma anche da fattori
psichici e sociali. L'ICF riguarda dunque ognuno di noi indistintamente.
Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione
Numerosi sono gli studi di ricerca che hanno utilizzato l'ICF come strumento
fondamentale. Tra questi ce n'è anche uno realizzato da:
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per quanto riguarda il
Dipartimento per l'Istruzione ha elaborato un progetto che poi è iniziato nel gennaio del
2011 e si è concluso con la valutazione della sperimentazione (a.s. 2011-2012). Questo
progetto si chiama: PROGETTO ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per
l’inclusione.
La finalità del Progetto ICF consisteva nell’individuare le modalità di applicazione della
cultura del modello ICF nella scuola, legandosi ai fattori contestuali e all’area dell’attività e
della partecipazione nella comunità scolastica, in modo tale da offrire un prodotto
generalizzabile in vari contesti per il miglioramento dell’inclusione a scuola.
Questo progetto realizzava la sua finalità attraverso la sperimentazione, in un campione di
istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e distribuite a livello nazionale,
dell’applicazione del modello ICF, dando peso agli aspetti contestuali e alla partecipazione
per proporre poi alla fine, un documento utile alla realizzazione del PEI (piano educativo
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individualizzato) e al miglioramento della qualità dell’inclusione, che le istituzioni
scolastiche potevano autonomamente adottare.
Il prodotto finale del progetto era un documento di sintesi, riguardante l’individuazione e
analisi dei fattori contestuali, degli aspetti della partecipazione nella comunità scolastica e
dei facilitatori e delle barriere che influenzano l'inclusione.
I destinatari degli esiti erano le scuole di ogni ordine e grado che potevano decidere di
adottare ciò che è emerso dal Documento conclusivo del progetto per il miglioramento
dell’inclusione.
Gli enti attuatori della sperimentazione erano le istituzioni scolastiche scelte a seguito del
bando.
Venne costituito anche un Gruppo Tecnico Nazionale, presso la Direzione per lo Studente,
l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, per specificare le modalità di
sperimentazione nelle scuole e le modalità per il controllo e la validazione di quest'ultima.
Ha selezionato anche le istituzioni scolastiche partecipanti e ha redatto la documentazione
finale prevista.
Questo progetto è stato realizzato in un preciso contesto, ovvero quello italiano.
Nel contesto italiano, l'integrazione scolastica ha una storia trentennale, che vanta
numerosi successi di integrazione e socializzazione nei gruppi sociali e nelle comunità
scolastiche. Questa è una caratteristica tipica del sistema formativo italiano. Il modello
inclusivo ha comportato lo sviluppo di competenze specifiche degli insegnanti, ma anche
l’acquisizione di strumenti interpretativi della realtà scolastica che siano in grado di
comprendere la complessità del contesto. Il modello ICF si è rivelato importante per
l'individuazione analitica degli elementi contestuali che condizionano l’alunno e qualificano
il suo grado di partecipazione sociale. Come è espresso nell’ICF, la disabilità non è
intrinseca all'alunno, ma proviene dal contesto di vita. Per questo il progetto mirava ad
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utilizzare l’ICF come strumento culturale e concettuale per permettere delle pratiche
adeguate di inclusione e di partecipazione sociale di tutti gli alunni.
Il modo in cui il contesto incide nella costruzione dei livelli di partecipazione sociale è ciò
che conta. Il percorso di vita è condizionato dal contesto che si incontra vivendo. Per
questo, l’attenzione del modello ICF verso il contesto diventa importante. L'ICF include
nell’analisi anche i contesti, che nel livello di funzionamento e di partecipazione possono
determinare in maniera positiva o negativa. La realtà è interpretata come attività e
partecipazione sociale. L’ICF diventa un modello capace di dare risposte più precise e
coerenti ai bisogni delle persone, esprimendo un modo diverso di concepire l’essere
umano. L'innovazione risiede nell’approccio globale alla persona che non si limita agli
aspetti funzionali, ma dovrà tener presente anche di aspetti contestuali.
Importanti per la descrizione della relazione fra persona e ambiente( in questo caso fra
alunno e scuola) sono i concetti di facilitatori e di barriere. L'ICF diventa uno strumento
capace di agire per individuare gli elementi che migliorano le prestazioni scolastiche,
relazionali e individuali, sulla base della predisposizione di facilitatori e della rimozione di
barriere.
L’obiettivo del progetto è quello di individuare le modalità di applicazione dell'ICF nelle
scuole, considerando l’analisi del contesto, gli elementi che determinano la partecipazione,
i facilitatori e le barriere che determinano le performance.
Il progetto è stato suddiviso in varie parti:
Si è partiti dall'ANALISI ESPERIENZE PREGRESSE E CRITERI PER LA
SPERIMENTAZIONE.
Presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la
Comunicazione del MIUR si è costituito un Gruppo Tecnico Nazionale che aveva compiti
di indirizzo e di valutazione relativi allo svolgersi della sperimentazione.
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L’impiego del modello ICF per l’integrazione scolastica è stato affrontato in molti modi e
occasioni. Alcune regioni ad esempio, hanno avviato importanti sperimentazioni in questo
senso.
La sperimentazione aveva come finalità l'elaborazione di una documentazione finale da
presentare alle scuole, determinata e validata sulla base dello svolgimento dei progetti.
Per rendere quanto più possibile significativi i dati sperimentali, il Gruppo tecnico ha
definito i requisiti (ad esempio alcuni criteri che potranno orientare nella scelta delle
scuole).
La seconda fase è quella della SELEZIONE DELLE SCUOLE PER LA
SPERIMENTAZIONE.
Prima si è resa nota la pubblicazione del bando per la partecipazione.
Il progetto consisteva nelle attività da sottoporre a sperimentazione per l’applicazione
dell'ICF nella scuola, dando importanza ai fattori ambientali coinvolti nella formazione e
inclusione dell’alunno.
La terza parte del progetto riguardava i DOCUMENTI CONCLUSIVI e la loro stesura.
Le istituzioni scolastiche coinvolte hanno presentato una documentazione finale
sull’esperienza di sperimentazione condotta che sono di importanza fondamentale per le
pratiche e le riflessioni presenti.
Il Documento conclusivo raccoglie l’esito delle sperimentazioni, in ordine ai fattori
contestuali.
Le linee guida hanno l'obiettivo di spiegare, facilitare e indirizzare le scuole del territorio
nazionale per realizzare le attività di integrazione scolastica sulla base delle
sperimentazioni realizzatesi.
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Per verificare la validità del percorso sperimentale svolto dalle scuole il Gruppo tecnico
nazionale ha attuato il monitoraggio del progetto.
Il bando esplicita gli aspetti presenti nel progetto:
I progetti mirano all'applicazione generalizzata del modello ICF nel processo di inclusione
scolastica, tenendo conto che le esperienze sono state fatte in via sperimentale solo in
alcuni territori. Il bando si rivolge sia alle scuole che hanno già avviato ricerche in
quest'ambito, sia a quelle che intendono organizzare le proprie attività inclusive basandosi
sull'ICF. Le scuole dovranno presentare il modo con cui adattare, applicare o utilizzare il
modello nella pratica dell’inclusione.
La Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la
Comunicazione ha nominato un Gruppo Tecnico Nazionale che valuta e seleziona i
progetti da finanziare. Può richiedere alle scuole di apportare le modifiche nel progetto e
nelle modalità di sperimentazione e controllare e valutare l’esito. (Progetto “PROGETTO
ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per l’inclusione” realizzato dalla
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione,
con la partecipazione di Pasquale Pardi e Giovanni Simoneschi, 2010)
Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato
Dal progetto ICF del Miur si passa all'applicazione pratica di questo modello secondo
quando detto dal ministero. Una scuola che ha aderito al progetto si trova in provincia di
Prato ( progetto bando MIUR 2011-2012 negli istituti della provincia di Prato, relazione del
docente referente Stefania Vannucchi).
Gli obiettivi generali del corso che era stato fatto all'inizio erano mirati a:
-estendere la conoscenza dell’ICF e l’utilizzo della modulistica PIS (Piano Inclusione
Scolastica) che ha sostituito il PEI (Piano Educativo Individualizzato), a gruppi classe di
tutti gli istituti.
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-formare gli insegnanti specializzati e curriculari ad individuare, attraverso metodi oggettivi,
barriere e facilitatori e formulare poi il piano di intervento educativo.
-produrre delle linee guida per realizzare un piano di inclusione dell'allievo, dalla diagnosi
e del profilo funzionale, formulare un piano di inclusione scolastica e realizzare interventi
specifici.
Ciò che è stato fatto attraversa varie fasi:
A.S. 2008-2009: si avvia la sperimentazione della nuova modulistica PEI in base all’ICF.
Novembre 2009: viene presentata la prima revisione dei documenti.
A.S. 2009-10: emergono le criticità, come la difficoltà di applicazione nelle scuole di I e II
grado.
Marzo 2010: viene affidato all’Istituto Walden di Roma il monitoraggio e la revisione
della nuova modulistica denominata PIS, Piano Inclusione Scolastica, che sostituisce il
PEI.
-A.S. 2010-2011: si avvia un programma di formazione sul PIS secondo l’ICF.
-Marzo 2011: viene presentata la seconda revisione dei documenti PIS.
Dal cammino che è stato effettuato sono emersi due importanti bisogni formativi:
1. Bisogno di estendere la conoscenza dell'ICF e degli strumenti messi a punto
perché diventino pratica quotidiana per tutte le figure attorno all'allievo, in modo che
vi possa essere omogeneità nell'approccio alla sua crescita.
2. Bisogno di formulare piani di intervento coerenti con gli obiettivi di sviluppo
individuati nel PIS per eliminare le barriere ed introdurvi dei facilitatori per migliorare
le performance.
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1 Fase: 7 novembre 2011. Introduzione all’ICF: Cos'è, com'è strutturato, come si può
consultare. Illustrazione del percorso che ha portato all’uso dell’ICF e alla formulazione
della modulistica PIS.
2 Fase: Dalla diagnosi alla realizzazione del Piano di Inclusione Scolastica secondo l'ICF.
Consultazione pratica dell’ICF, conoscenza della modulistica PIS realizzata secondo la
logica ICF.
3 Fase: Dalla Formazione degli obiettivi all’intervento. Lavoro pratico di gruppo per
consultazione ICF e ricerca di obiettivi, sotto obiettivi, azioni, barriere e facilitatori.
Il progetto ha visto la partecipazione di circa 150 insegnanti di ogni ordine e grado di
scuola di tutti gli istituti della provincia di Prato e alcune scuole paritarie.
3 Fase: La terza fase è stata dedicata alla stesura di un manuale volto a diffondere e a
fornire esempi concreti per la realizzazione dei piani di inclusione scolastica secondo l'ICF
all'interno del territorio. I destinatari del manuale sono il personale scolastico, il personale
dell'ASL per fornire a tutti gli attori un quadro unitario e omogeneo del percorso dalla
diagnosi all'intervento secondo la logica ICF. I contenuti principali del manuale saranno:
linee guida per la formulazione del PIS
esempi di buone prassi estrapolate dai materiali concreti realizzati dai gruppi classe
partecipanti.
Al termine, per quanto riguarda questo progetto sono state incontrate varie criticità:
– Il lavoro si è protratto troppo a lungo.
– Hanno partecipato per la maggior parte degli insegnanti specializzati.
– Gli insegnanti curricolari spesso erano assenti dal progetto.
– Gli insegnanti hanno bisogno di essere supportati nel corso del percorso.
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Ma i risultati hanno evidenziato anche punti di forza:
– L’ICF è uno strumento utile per la stesura della programmazione individualizzata.
– L’ICF aiuta a focalizzare i punti di partenza del progetto.
– L’ICF aiuta a definire gli obiettivi ed i sotto obiettivi.
– Ha permesso di uniformare il linguaggio, le richieste e le azioni da fare.
– Ha fatto capire cosa sono le barriere e cosa sono i facilitatori.
– Ha permesso di sperimentare l'apprendimento cooperativo e la divisione dei ruoli.
– La maggior conoscenza del sistema ICF ha orientato la costruzione del modello
PIS.
Il punto focale della descrizione del funzionamento e della disabilità, basata su ICF, è la
descrizione di fattori esterni al soggetto, cioè dei fattori ambientali.
In ogni caso, questo strumento, risulta oggi ancora troppo poco evoluto poiché, ancora
una volta, si parte sempre da una specifica categoria. Esso si concentra, infatti, sulla
disabilità e per questo dovrebbe essere sviluppato in una prospettiva più ampia che
comprenda tutti indistintamente, ovvero ogni singola persona che per le sue caratteristiche
si differenzia necessariamente da un'altra.
Per quanto riguarda l'ambiente educativo, l'inclusione sociale si serve principalmente di
uno strumento:
UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX
L'Index è un documento completo a sostegno dello sviluppo inclusivo delle scuole. In esso
“l'inclusione si riferisce all'educazione di tutti i bambini, ragazzi con BES e con
apprendimento normale”. Secondo gli autori, «tutte le forme di inclusione ed esclusione
sono sociali e derivano dall'interazione tra le persone e il contesto».
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Pubblicato per la prima volta nel 2000, il testo di Tony Booth e Mel Ainscow è stato
tradotto in 37 lingue e diffuso in tutto il mondo e riguarda lo sviluppo della progettazione
inclusiva nelle scuole.
• L'index nasce in seguito ad una serie di avvenimenti:
Fino agli anni '80 il sistema scolastico del Regno Unito è stato caratterizzato da una
netta separazione tra le scuole ordinarie e quelle speciali, destinate ad accogliere
gli alunni che per le loro particolari condizioni venivano ritenuti non adatti alla
frequenza degli istituti normali. Nel 1988 c'è l'introduzione del National Curriculum
che ha portato la necessità di una ricalibrazione delle scuole rispetto agli alunni con
BES. Diversamente dalla Gran Bretagna, in Italia con la legge 517 del 1977 e
l'introduzione della figura dell'insegnante di sostegno, si ha l'abolizione delle scuole
speciali. Dopo trent'anni la scuola italiana è caratterizzata da una «integrazione a
metà», poiché si registra tuttavia il permanere di numerose difficoltà riguardo a
diversi aspetti dell'attività integrativa e inclusiva delle scuole. La situazione del
nostro paese è molto diversa da quella Britannica dal punto di vista normativo, ma
anche organizzativo.
E' uno strumento di analisi e valutazione dei contesti scolastici. Esso si compone di
quattro parti:
concetti chiave per sviluppare un linguaggio per dire e fare l'inclusione;
quadro di riferimento per organizzare l'approccio di valutazione dell'esistente e di
sviluppo del possibile;
materiale di analisi: indicatori e domande;
progettazione e realizzazione di interventi inclusivi.
L'inclusione nell'educazione (“Index for inclusion” pag. 110 Booth- Ainscow) mira a:
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• valorizzare in modo equo tutti gli alunni e il gruppo docente;
• accrescere la partecipazione degli alunni e ridurre la loro esclusione rispetto alle
culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio;
• riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola affinché
corrispondano alle diversità degli alunni;
• ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni, non solo
delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali;
• apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all’accesso e alla
partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a
tutti gli alunni; vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno
all’apprendimento, piuttosto che come problemi da superare;
• riconoscere il diritto degli alunni ad essere educati nella propria comunità;
• migliorare la scuola sia in funzione del gruppo docente che degli alunni;
• enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre
che nel migliorare i risultati educativi;
• riconoscere che l’inclusione nella scuola è un aspetto dell’inclusione nella società
più in generale.
Il metodo di lavoro proposto dall'index analizza tre dimensioni fondamentali per il
cambiamento inclusivo nella scuola: le culture, le politiche e le pratiche.
Obiettivi dell'Index sono quindi : creare culture inclusive, creare politiche inclusive e
sviluppare pratiche inclusive.
Per ognuna di queste dimensioni vengono individuate due sezioni e a sua volta, ogni
sezione viene declinata in diversi indicatori ai quali vengono formulate una serie di
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domande che rappresentano degli esempi da cui la scuola può partire per arrivare alla
definizione di questioni aderenti alla propria realtà e alle proprie esigenze.
Si compone inoltre di schede e questionari per avviare il lavoro progettuale.
Le dimensioni proposte sono: (“ Index per l'inclusione”, Booth- Ainscow, pag. 117-118)
A. Creare culture inclusive
Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e stimolante, in cui
la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti,
diffondendo valori inclusivi condivisi e trasmessi a tutto il gruppo insegnate, agli alunni, ai
membri del Consiglio di istituto, ai dirigenti e alle famiglie. I principi e i valori, nelle culture
inclusive della scuola, orientano le decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle
pratiche quotidiane nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo
continuo.
B. Produrre politiche inclusive
Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la progettazione
scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la partecipazione degli alunni e del gruppo
insegnante fin dal primo ingresso nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della
comunità locale e riducono le spinte all’esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie
per il cambiamento.
C. Sviluppare pratiche inclusive
Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e le politiche
della scuola. Le attività formative vengono progettate in modo da rispondere alla diversità
degli alunni, e gli alunni sono incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto
della loro educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze al di fuori
della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli alunni, le
famiglie, la comunità locale le risorse materiali e umane per il sostegno all’apprendimento
e alla partecipazione.
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L'Index lavora sia su parametri qualitativi che quantitativi.
Si cerca di abbandonare il concetto di BES a favore di una lettura per l'inclusione più
orientata ad un'analisi sul piano delle differenze e dell'equità. Anche le ricerche dell' OECD
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico 2000-2001) sono su
questa linea. A questa organizzazione, inoltre, si aggiunge anche l'UNESCO, che ha
prodotto pubblicazioni importanti sempre sul tema dell'inclusione. Punto di riferimento
dell'elaborazione dell'Unesco è il concetto di educazione di base quale strumento per:
“affrontare il difficile compito di trasformare la diversità in un fattore in grado di contribuire
costruttivamente alla comprensione reciproca fra individui e gruppi. Ogni politica educativa
deve essere in grado di affrontare le sfide del pluralismo e consentire a ognuno di trovare
il proprio posto nella comunità primaria di appartenenza, dando allo stesso tempo gli
strumenti per aprirsi alle altre comunità.” (UNESCO, 2003, p. 5)
L'aspetto più interessante dell’Index è l’ampliamento di visuale consentito dalla
ricollocazione dei bisogni del singolo nel quadro più ampio della pluralità delle differenze
nel contesto scolastico. La classe non è più un insieme di alunni «normali» in cui sono
presenti degli alunni «speciali» (certificati o meno). Al contrario, gli alunni con delle
particolarità— perché stranieri, disabili, in condizioni socioeconomiche svantaggiate,
dislessici, con problemi attentivi, con disagi emotivi, socialmente isolati, fragili da un punto
di vista psichico, derisi per la loro identità di genere o sessuale e così via — sono la
maggioranza. (“L'index per l'inclusione.Promuovere l’apprendimento e la partecipazione
nella scuola ”,2000, di Tony Booth e Mel Ainscow)
L'Index sollecita a: definire un quadro di valori condivisi; sviluppare in modo sistemico
strategie di comunità; assumere il tema della globalizzazione come un dato di realtà;
affrontare il tema delle differenze. Questo strumento punta ad includere tutti in uno stesso
ambiente, ovvero quello educativo, senza evidenziare le differenze ed isolare chi è ritenuto
diverso rispetto agli altri, anche perchè ogni singolo alunno presenta differenze rispetto ad
un altro.
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L'inclusione in educazione ha avuto un suo sviluppo storico attraverso vari autori di
fondamentale importanza per la storia della pedagogia. Inizialmente si è partiti dalla
considerazione riservata solo ad una specifica differenza, ovvero la disabilità. Con il
passare del tempo l'inclusione è arrivata ad occuparsi di ogni singolo bambino: disabile,
straniero, di sesso femminile, con un certo livello economico e, in generale, qualsiasi
particolarità che normalmente caratterizza ogni bambino. Dunque, l'inclusione in
pedagogia ha tentato di divenire realmente inclusiva, anche se molteplici possono essere
gli ulteriori sviluppi che potranno caratterizzarla.
PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA STORIAI primi autori che si occupano di inclusione, anche se in maniera poco estesa, sono il
medico pedagogista ed educatore Jean Marc G. Itard, ritenuto anche il padre della
pedagogia speciale, e il medico Edouard Séguin. Essi furono i primi che cercarono di
includere i bambini “disabili” all'interno della società.
JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD SÉGUIN(1812-1880)
Itard è stato un medico, pedagogista ed educatore francese. Egli è da molti considerato il
padre-fondatore della pedagogia speciale. Il suo lavoro è ritenuto inclusivo, anche se non
lo è totalmente, poiché si è specializzato nel lavoro con i ragazzi sordomuti.
Itard è famoso per aver seguito Victor, il “ragazzo selvaggio” e aver cercato di includerlo
nuovamente( o meglio, per la prima volta) nella società.
Il suo migliore allievo diventerà Séguin.
Édouard Séguin è stato un medico francese ricordato per il suo lavoro (in Francia e negli
Stati Uniti) con i bambini che presentano deficit cognitivi .Egli propone un metodo diverso: