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Liceo Classico J. Stellini Gennaio 2020 numero II, anno VII
Crisi Iran-USA, possibile nuova guerra?Dopo l’uccisone del
generale Soleimani, rischio escalation in Medio-Oriente
alvolta inevitabile, ma sempredoloroso è il doversi
separaredalla terra della propria infanzia,
in cui si è cresciuti, su cui sono statimossi i primi passi e in
cui sono statestrette le prime amicizie. Ancor piùcomplicato è
certamente ambientarsi inun Paese diverso dal proprio. Questa èuna
situazione di cui migliaia e migliaiadi persone sono state
protagoniste nelcorso dei secoli. Attualmente, però, unastoria in
particolare spicca fra tutte.Infatti, se tanto è difficile... (pag.
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ella notte tra giovedì 2 e venerdì 3 gennaio gli Stati Uniti
hanno con-dotto un attacco via drone all’aeroporto internazionale
di Baghdaduccidendo il potentissimo generale iraniano Qassem
Soleimani. So-
leimani era il capo delle Forze Quds, un corpo speciale delle
Guardie Rivo-luzionarie iraniane. Era parecchio noto e popolare in
Iran e, per questo,considerato molto vicino alla parte più
conservatrice del regime Per moltis-simi anni aveva guidato le
operazioni iraniane all’estero (in Siria, in Yemene in Iraq) e
soprattutto era uno degli uomini di fiducia di Ali Khamenei,
lamassima autorità politica in Iran. Gli Stati Uniti consideravano
Soleimani unnemico da diversi anni, ritenendolo responsabile di
molte delle crisi del MedioOriente e di centinaia di morti
americani. Ciò nonostante nessuno dei due pre-cedenti presidenti
americani aveva mai avuto il coraggio di commissionare ilsuo
omicidio, per delle conseguenze che questo atto avrebbe ... (pag.
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Kavon Hakimzadeh Crisi USA-Iran: che cosa è successo? Cosa
accadrà adesso?
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A cura di Giovanni Cabroni VDSommarioAttualità pag. 4-7
Storia e politicapag. 8-13
Ambiente Pag. 14-19
Cultura e ci-nema
Editoriale
Nuovo anno, nuovo numero. Questo inizio 2020 ci ha riservato e
ci statuttora riservando numerosi eventi, che ci ispirano
altrettante riflessioni:dall’uccisione del generale iraniano Qassem
Soleimani, agli incendi inAustralia, fino all’anniversario della
morte dell’ex presidente italianoBettino Craxi ad Hammamet.
Insomma, l’edizione di gennaio si rivelaun piatto ricco di novità,
ma non solo. Abbiamo infatti voluto riservare uno spazio importante
anche ad alcunecommemorazioni e anniversari di importanti fatti che
hanno segnato lastoria del nostro Paese e che si sono celebrati tra
lo scorso Dicembre e iprimi giorni del nuovo decennio. Oltre al già
citato ventesimo anniver-sario dalla morte di Bettino Craxi,
abbiamo voluto dedicare particolareattenzione alla commemorazione
della strage di Piazza Fontana a Milano,avvenuta il 12 dicembre
1969, e a quello della morte, per mano mafiosa,dell’allora
presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella,
nonchéfratello dell’attuale presidente della repubblica, avvenuta
il 6 Gennaiodel 1980. Volgere lo sguardo al passato, alla storia
dell’Italia, prendere esempiodalle azioni dei grandi personaggi che
hanno segnato il corso del Nove-
cento è estremamente importante per comprendere appieno i
fenomeni di oggi e sopratutto per affrontarli. Aquesto proposito
l’Asteriskos si pone come un mezzo di approfondimento e di
informazione, non solo per let-tori, ma anche per gli stessi
studenti che hanno voluto dare un contributo nella stesura degli
articoli. Vogliamofare in modo, così, che tutti gli studenti
vengano coinvolti dai fatti raccontati e allo stesso tempo che
riescano,anche grazie a questo giornalino autogestito, a costruire
una loro personale opinione e una propria visione cri-tica. Ci
auspichiamo che questo possa avvenire e che il nostro sforzo si
possa rivelare una buona base di par-tenza per un ulteriore
approfondimento personale e, perché no, anche per un vero e proprio
dialogo piùstrutturato, magari da poter proporre in una futura
autogestione. Detto questo, buona lettura e...al prossimo
numero!
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Povera Italia... Il fondo di Giovanni Cabroni VD
Povera Italia. In uno scenario geopolitico sempre più complesso
e difficile, l’Italia rimane sempre più tagliatafuori, da tutto e
da tutti. Dalle tensioni in medio oriente fino alla Libia, l’Italia
sta perdendo quel ruolo centraleche un paese rilevante dovrebbe
avere in uno scenario politico-internazionale. Complice un governo
sen-z’anima, frutto di un accrocco fallimentare, dalle idee
confuse, o addirittura senza idea alcuna, su molti
temi,dall’immigrazione alla politica economica, fino a quella
estera. Complice un presidente del Consiglio, che perpiù di un anno
è stato l’ombra di se stesso e che ora è ridotto a ectoplasma
politico. Complice infine un ministrodegli esteri privo di
sufficiente esperienza politica, in particolare estera, da un
curriculum vitae troppo scarnoe, per di più, senza laurea. Complici
le diverse divisioni all’interno della maggioranza, che vedono il
loro cul-mine nella norma sull’abolizione della prescrizione,
osteggiata da Italia Viva e vista di mal occhio anche dauna parte
del Partito Democratico. Complice anche, però, un’Europa sempre più
divisa e disarmata, letteral-mente. Perché l’Europa non ha un
esercito comune, non ha un’unica politica militare (numerose sono
le spac-cature al suo interno, in particolare tra Francia e Italia)
e non può essere perciò considerata una superpotenza.L’Europa non
può competere a livello militare con Russia e Turchia, che invece
le idee, in fatto di politica mi-litare, le hanno molto, fin
troppo, chiare. Se nel 1912 era l’Italia giolittiana a mettere in
difficoltà la Turchia per la contesa del territorio libico, ora,
apiù di cent’anni di distanza, pare essere il contrario. Il nostro
Paese ha sempre più un ruolo marginale in fattodi politica estera e
possiede un’influenza in Libia ormai quasi solo nominale, non
riuscendo a guidare le trat-tative per una soluzione seria e
definitiva alla guerra civile libica. Non c’è determinazione, non
c’è risolutezza, non c’è quella volontà di imporsi, anche con la
forza, o meglio,con la minaccia della forza, sugli altri paesi,
anche perché impossibilitati a farlo (come già detto l’Unione
Eu-ropea non ha un esercito comune). Non c’è infine, cosa più
importante, una linea comune condivisa da tutte leforze politiche e
da tutti i paesi europei; una linea comune che non si fondi solo
una prospettiva di pace per laLibia (quella, si spera, la vogliono
tutti), ma anche, soprattutto, su interessi comuni e sul buonsenso,
senza cer-care inutili e autodistruttivi scontri di interessi, per
agire finalmente nell’interesse dell’Unione e dei nostrivicini di
casa...
I leaders che hanno partecipato alla conferenza di Berlino sulla
Libia, lo scorso 19 Gennnaio. In fondo il Presidente Conte.
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Tensioni in Medio-Oriente...
Crisi USA-Iran: che cosa succede?Di Giosuè Bignulini IIIB
ella notte tra giovedì 2 evenerdì 3 gennaio gli StatiUniti hanno
condotto un
attacco via drone all’aeroporto in-ternazionale di Baghdad
uccidendoil potentissimo generale iranianoQassem Soleimani.
Soleimani erail capo delle Forze Quds, un corpospeciale delle
Guardie Rivoluzio-narie iraniane. Era parecchio notoe popolare in
Iran e, per questo,considerato molto vicino alla partepiù
conservatrice del regime Permoltissimi anni aveva guidato
leoperazioni iraniane all’estero (inSiria, in Yemen e in Iraq) e
soprat-tutto era uno degli uomini di fidu-cia di Ali Khamenei, la
massimaautorità politica in Iran. Gli StatiUniti consideravano
Soleimani unnemico da diversi anni, ritenendoloresponsabile di
molte delle crisi delMedio Oriente e di centinaia dimorti
americani. Ciò nonostantenessuno dei due precedenti presi-denti
americani aveva mai avuto ilcoraggio di commissionare il
suoomicidio, per paura delle conse-guenze che questo atto avrebbe
po-tuto portare: ovvero un nuovoipotetico conflitto in
MedioOriente. Per capire come si è potuti arrivaread un tale gesto
da parte del presi-dente USA, Donald Trump, biso-
gna tornare indietro all’8 maggio2018, giorno in cui il
presidenteamericano annunciò il ritiro degliStati Uniti
dall’accordo sul nu-cleare iraniano, iniziato e portatoavanti
dall’amministrazioneObama, affermando che non fossepoi così
vantaggioso per l’econo-mia americana (parere contrastantecon
quello della maggior partedegli esperti del settore).
Questadecisione provocò un notevole au-mento della tensione tra i
due paesi.L’accordo sul nucleare iraniano,definito da molti
“storico”, erastato voluto e firmato dal predeces-sore di Trump,
Barack Obama, e sibasava su uno scambio equo: l’Iranavrebbe ridotto
la sua capacità diarricchire l’uranio, privandosi dellapossibilità
di costruire ordigni nu-cleari, mentre gli Stati Uniti e glialtri
paesi firmatari avrebbero ri-mosso alcune delle sanzioni impo-ste
negli anni precedenti (è da tenerconto che l’Italia ha avuto un
per-messo speciale per continuare lepratiche commerciali con
l’Iran. Ilnostro paese infatti, dovendo im-portare grandi quantità
di risorsepetrolifere, è il maggior partnercommerciale iraniano).
Nei mesisuccessivi, però, la decisione diTrump di ritirarsi
dall’accordo sulnucleare cominciò a produrre i
primi effetti significativi, alcuni deiquali in apparente
contrasto conl’intenzione del governo americanodi indebolire le
forze più conserva-trici dell’Iran. La reintroduzionedelle sanzioni
statunitensi comin-ciò ad avere conseguenze direttesull’economia
iraniana, in partico-lare rendendo difficoltosa la ven-dita del
petrolio. Da questo puntodi vista, la politica di Trump
(chespingeva per il “massimo isola-mento” dell’Iran) sembrò
funzio-nare. Ma, d’altra parte, il ritirodegli Stati Uniti
dall’intesa sul nu-cleare spostò gli equilibri nella po-litica
iraniana: indebolì quella partedel regime che aveva negoziato
evoluto l’accordo, cioè la fazionepiù moderata, mentre rafforzò
leélite più conservatrici, nonchéquelle contrarie a scendere a
patticon l’Occidente. Queste sono tut-tora al potere e trovano il
loropunto di riferimento nell’attualeGuida Suprema dell’Iran Ali
Kha-menei e nelle “Guardie Rivoluzio-narie”. A partire dall’estate
del2019 le Guardie Rivoluzionarie ira-niane iniziarono a compiere
diversiattacchi contro petroliere stranierenel Golfo Persico, tra
cui anche unanave Britannica.
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Tensioni in Medio Oriente...Perché proprio ora?In questo già
complicato scenario,gli sviluppi dopo la morte di Solei-mani hanno
creato ancora più con-fusione. Ora la domanda sullabocca di tutti
è: perché Trump haordinato l’omicidio di Soleimaniproprio ora? Il
governo americanoha sostenuto che il temuto generaleiraniano stesse
preparando attacchicontro obiettivi statunitensi in Li-bano e Iraq,
ma finora non ha for-nito prove delle sue affermazioni eun’indagine
di NBC News ha mo-strato come i deputati statunitensinon fossero a
conoscenza di alcunaminaccia imminente provenientedall’Iran.
Secondo fonti consultatedalla stampa americana, la deci-sione di
Trump di uccidere Solei-mani era stata presa una settimanaprima
dell’operazione, in seguitoall’uccisione di un contractor
ame-ricano da parte della milizia filo-iraniana Kataib Hezbollah.
Non èchiaro invece che peso abbia avutol’assedio dell’ambasciata
ameri-cana a Baghdad, compiuto da mili-zie sciite irachene,
filo-iraniane,(assedio probabilmente orchestratoproprio dal
generale Soleimani) loscorso primo Gennaio. L’interpre-tazione più
diffusa è che l’ucci-sione di Soleimani sia stata ilculmine della
progressiva escala-tion di tensione avvenuta nell’ul-timo anno e
mezzo tra Iran e StatiUniti e delle azioni sempre più ag-gressive e
violente compiute dalleGuardie Rivoluzionarie iranianesoprattutto
in Iraq.
Il contrattacco iranianoNella notte tra martedì 7 e merco-ledì 8
gennaio l’Iran ha attaccatodue basi militari irachene che ospi-tano
militari statunitensi. L’attaccoprincipale è stato compiuto con
22missili contro la base “al Asad”,che si trova a circa
duecentotrentachilometri da Baghdad, mentre ilsecondo è stato fatto
contro unabase a Erbil, nel Kurdistan Ira-cheno. La televisione
iraniana hadetto che sarebbero stati uccisi «80terroristi
americani», senza peròfornire alcuna prova, tant’è che giànel
pomeriggio di mercoledì il pre-sidente statunitense Donald Trumpha
affermato in conferenza stampache “nessun soldato statunitense
èstato ferito nei bombardamenti”. IlGuardian ha fatto notare che
lastima potrebbe essere stata diffusaper placare l’ira
dell’opinione pub-blica iraniana, a cui diversi leadernei giorni
scorsi avevano promessouna dura ritorsione nei confrontidegli Stati
Uniti per l’uccisione diSoleimani. L’opinione di molti ana-listi è
che l’Iran abbia evitato dicolpire in maniera eccessiva le
basiirachene per dare la possibilità agliStati Uniti di non reagire
ulterior-mente, interrompendo così le vio-lenze. Non è certo, nè
tantomenochiaro se gli USA saranno in gradodi evitare una guerra
aperta control’Iran. Finora però, la situazione distallo venutasi a
creare, fa pensaread una sorta di “Guerra Fredda”mediorientale,
basata più sulla mi-naccia di una guerra, che non sullaguerra
effettiva.
Il disastro aereoL’8 gennaio il volo 752 del-l’Ukraine
International Airlines èprecipitato nelle zone limitrofe aTehran
(nello schianto sono mortetutte le 176 persone a bordo) e se-condo
i media americani, inglesi efrancesi sarebbe stato
abbattutoinavvertitamente da un missile ira-niano. Dopo aver
inizialmente so-stenuto di non c’entrare nulla conla tragedia
aerea, alla fine l'Iran haammesso che a causa di un erroreumano
sono stati i loro missili adabbattere l'aereo ucraino. Il capo
distato iraniano Hassan Rohani, dopopoche ore dall’ammissione
dicolpa, con un post sul suo accountTwitter ha affermato che "La
Re-pubblica islamica dell'Iran si ram-marica profondamente per
questoerrore disastroso" e che "indaginiproseguiranno per
identificare eperseguire gli autori di questagrande tragedia e di
questo sbaglioimperdonabile". Il presidente del-l'Iran ha
sottolineato che sono stateintraprese misure legali contro
ipresunti colpevoli. Il ministro degliAffari esteri iraniano
MohammadJavad Zarif afferma che "l'erroreumano" dietro
all'abbattimento del-l'aereo di linea ucraino da partedelle forze
armate dell'Iran è acca-duto nel "momento di crisi
causatodall'avventurismo degli Usa".Tesi, questa, appoggiata,
seppur in-direttamente, anche dal Presidentedel Canada Justine
Trudeau. Le af-fermazioni del “vicino di casa”degli Stati Uniti
ovviamente, nonsono state recepite di buon occhio.
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Tensioni in Medio-Oriente...La risposta UsaDopo aver soffocato
le esportazionidi petrolio, crollate dai 2,5 milionidi barili al
giorno a circa 250 mila,gli americani ora puntano a tagliareil
resto dell’export, punendo le so-cietà straniere che
acquisterannomaterie prime o semilavorati dalleultime compagnie
iraniane ancoraattive, come la Mobarakeh SteelCompany o la Iran
AluminiumCompany. «Vogliamo tagliare lefonti di approvvigionamento
delgoverno di Teheran, visto che que-sti fondi vengono usati per
alimen-tare il terrorismo e i conflitti nellaregione», ha spiegato
Steven Mnu-chin, attuale segretario al Tesorostatunitense. L’Iran
però è già datempo in grave difficoltà. Comemostrano i dati della
Banca Mon-diale e del Fondo Monetario Inter-nazionale: dopo le
prime sanzionisul petrolio imposte da Trump nel2017 e nel 2018, il
Paese è rapida-mente scivolato in recessione e ilpil è sprofondato
a quota -9%.
Cosa dobbiamo aspettarci?Ora tutti si stanno chiedendo
cosaaccadrà. Infatti questa continuaescalation di tensione e
attacchipotrà col tempo attenuarsi e nonportare a nient’altro,
oppure cau-sare addirittura un conflitto. Lanuova guerra – se ci
sarà, e non èdetto – potrebbe però essere diversada quella che ci
immaginiamo. Po-trebbe avere l’aspetto della vecchiaguerra, ma più
intensa. i leader ira-niani non sono interessati a ungrande
conflitto militare conven-zionale, specialmente uno in cuisiano
coinvolte navi e aerei daguerra. L’Iran può contare infatti subuone
forze di terra, ma lo stessonon si può dire per la sua aeronau-tica
e la sua marina, che risultanoobsolete e che non sarebbero ingrado
di tenere testa alla superioritàmilitare degli Stati Uniti.Le
ritorsioni iraniane potrebberoavvenire sotto altre forme, già
te-state negli ultimi anni in diverse oc-casioni: l’Iran potrebbe
usare
attacchi informatici e terroristici,oppure usufruire dei gruppi
alleatiin diversi paesi del Medio Oriente– in particolare Iraq e
Libano – perattaccare direttamente i militari sta-tunitensi e
quelli dei paesi loroamici.Nessuno sa bene quale siaprecisamente la
strategia di Trumpe neanche se stia andando tutto se-condo i suoi
piani, quel che è certoè che in ogni caso una mossa cosìavventata
significherebbe non te-nere in conto che un attacco comequello
contro Soleimani potrebbecambiare gli equilibri nella
politicairaniana, favorendo le forze ultra-conservatrici, quelle
più intransi-genti e aggressive nei confrontidell’Occidente, e
penalizzandoquelle più moderate. Significa in-fine non dare
garanzie ai propri al-leati, per esempio al governoiracheno,
spingendoli a schierarsiancora di più con l’Iran, paese chepotrebbe
risultare un partner più af-fidabile e sicuro rispetto agli
impre-vedibili Stati Uniti.
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Medio Oriente: storie di libertà e contraddizioni
alvolta inevitabile, ma sem-pre doloroso è il doversi se-parare
dalla terra della
propria infanzia, in cui si è cre-sciuti, su cui sono stati
mossi iprimi passi e in cui sono statestrette le prime amicizie.
Ancor piùcomplicato è certamente ambien-tarsi in un Paese diverso
dal pro-prio. Questa è una situazione di cuimigliaia e migliaia di
persone sonostate protagoniste nelcorso dei secoli. Attual-mente,
però, una storiain particolare spicca fratutte. Infatti, se tanto
èdifficile abbandonare ilPaese di origine e cre-arsi una nuova vita
al-trove, ancora di più lo èdoversi poi schierarecon una delle due
na-zioni, tra cui il propriocuore è inevitabilmentediviso.È questo
il caso diKavon Hakimzadeh, fi-gura di spicco dell'eser-cito
americano. Nato inTexas da madre ameri-cana e padre iracheno, ben
presto sitrasferì in Iran insieme ai genitori,dove trascorse tutta
la sua infanzia.La stabilità familiare venne, però,meno con
l'imperversare della rivo-luzione islamica iraniana, 1978-1979, che
sancì la fine dellamonarchia e l'inizio della repub-blica islamica
sciita nel Paese. Ilclima di guerriglia costrinseKavon, allora
undicenne, ed i geni-
tori a rifugiarsi nel Mississippi,Stati Uniti. Qui, intraprese
una car-riera nella marina militare, che loha portato a prendere
parte a mis-sioni in Afghanistan e in Iraq. Glisono stati assegnati
numerosi rico-noscimenti e medaglie, tra cui la"Legion of Merit",
la "Bronze Star"e anche la "Defense MeritoriousService Medal".La
sua dedizione nel servire gli
Stati Uniti gli ha permesso di affer-marsi in ambito militare,
tanto daessere oggi alla guida della HarryS. Truman, la portaerei a
propul-sione nucleare più importante del-l'esercito americano e tra
le piùpotenti a livello modiale. Essa im-barca sette sistemi
d'arma, tra cuidue lanciatori di missili e ora sitrova schierata
nel nord del mareArabico, al confine con il Golfo
Persico. Ciò che suscita incredulitàè che, qualora l'Iran
dovesse attac-care degli obiettivi americani, sa-rebbe proprio da
questa portaerei,che ricordiamo essere sotto il co-mando di Kavon,
che ci si aspette-rebbe una immediata rispostamilitare.Sentendo la
sua storia, finiamo isti-tintivamente per metterci nei pannidi
Hakimzadeh. Certo, nel mo-
mento in cui egliha accettato di ri-coprire un ruolopubblico
così in-fluente era consa-pevole che questoavrebbe dovutoprevalere
sulla suadimensione privatain ogni situazione,ma, ugualmente,appare
evidentecome in questaspecifica occasionela sua fermezza
siafondamentale pernon cadere in unturbinio incessantedi ricordi e
ripensa-
menti. Quanto deve essere compli-cato per un uomo ricoprire un
ruolocosì significativo sia dal punto divista pubblico che privato?
Quantadeve essere la tensione che egli per-cepisce in questi
giorni? Con qualeforza di volontà e fedeltà allo statoamericano si
mostra capace di re-primere tutti i ricordi legati all'Iranper
rispettare il giuramento fattoagli Stati Uniti? lvin.
Di Sophie Tubaro IIIF
Kavon Hakimzadeh
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a Banca Nazionale del-l’Agricoltura in Piazza Fon-tana, a soli
trecento metri da
Piazza Duomo a Milano, essendovenerdì, giorno del mercato,
èmolto affollata: gli agricoltori e imercanti si riuniscono per
discuteredei loro affari e concludere le ul-time trattative prima
del fine setti-mana. Nel frattempo, 7 chili digelignite, un
esplosivo più potentedella dinamite, si trovano nascostiin una
borsa sotto il tavolo della“sala della cupola”, luogo centraledella
banca, dove siedono alcunepersone. Una di queste afferma:“Sento
odore di bruciato”. Alle ore16.37 l’ordigno deflagra: un
boatoinfrange le voci dei commercianti,e subito dopo il silenzio
irrompe.Seguono attimi di alta concitazionein cui chiunque si
affretta per por-tare il proprio aiuto. Alla fine quat-tordici
persone moriranno quellostesso giorno, altre due nelle setti-mane
seguenti e l’ultima un annodopo. L’evento sconvolge l’Italia,mai
così colpita dopo la SecondaGuerra Mondiale. Ai funerali del15
dicembre partecipa una nume-rosa folla, commossa e desiderosadi
giustizia per le vittime. L’arcive-scovo di Milano termina
l’omeliaaffermando: “Faremo ogni sforzoperché il vostro sangue e il
piantodei vostri cari non siano vani.” Pur-
troppo la giustizia tarderà ad arri-vare (ma in fondo mai
arriverà).Dopo 36 anni e a seguito di 10 pro-cessi, nel 2005 la
Corte di Cassa-zione emette la sentenza definitivaper la strage di
Piazza Fontanasenza la possibilità di irrogare nes-suna condanna
verso i principali eormai accertati responsabili dell’at-tentato,
Franco Freda e GiovanniVentura, esponenti del movimentoneofascista
di Ordine Nuovo, per-ché già assolti per lo stesso reatonel 1987
per “mancanza di prove”.La sentenza prevede anche che lespese
processuali siano addossatesui familiari delle vittime: una
de-cisione sconcertante che segue unprocesso ancor più sconvolgente
eche fa emergere tutti i problemidella Giustizia Italiana. Nel
corsodelle indagini viene provato ancheil coinvolgimento di
politici e per-sone appartenenti ai servizi segreti,che più volte
hanno permesso, eprotetto con depistaggi alleudienze, l’azione di
estremisti neo-fascisti. Tutto questo allo scopo diincolpare
dell’accaduto gli anar-chici di sinistra e arginare così lacrescita
del partito comunista a se-guito dei movimenti di rivolta del’68.
Tutti saranno però assolti. Du-rante questa fase, inoltre, il
pro-cesso si terrà a Catanzaro per“motivi d’ordine pubblico”:
un’ul-
teriore ombra sulla vicenda. Lastrage di Piazza Fontana fu il
primodi molti attacchi che avrebbero in-sanguinato l’Italia fino
agli anni‘80: gli “anni di piombo”, in cui ilterrorismo nero prima
(di estremadestra, come Ordine Nuovo) e ilterrorismo rosso poi (di
estrema si-nistra, come le Brigate Rosse)avrebbero compiuto stragi
e atten-tati contro i civili nelle piazze, nellestazioni e sui
treni. La strage di Piazza Fontana rimaneviva nel cuore degli
italiani comericorda il Presidente Sergio Matta-rella:
“Cinquant’anni dopo PiazzaFontana sentiamo insieme ai fami-liari
delle vittime il dolore pro-fondo per una ferita
nonrimarginabile”.Il nostro ricordo va alle 17 vittimedella strage:
Carlo Garavaglia, Ge-rolamo Papetti, Mario Pasi, GiulioChina,
Eugenio Corsini, Carlo Ga-iani, Carlo Perego, Oreste
Sangalli,Pietro Dendena, Carlo Silva, PaoloGerli, Luigi Meloni,
Giovanni Ar-noldi, Attilio Valè, Calogero Gala-tioto, Angelo
Scaglia, VittorioMocchi, testimoni di ciò che maipiù si deve
ripetere.
La strage di Piazza FontanaDi Tommaso Molella IC
Gli eventi della storia: Piazza Fontana
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Alcune delle immagini della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in
Piazza Fontana, dopo la strage.
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Gli eventi della storia: l’omicidio Mattarella
Piersanti Mattarella: lotta alla MafiaDi Martina Comino IIIE
l 6 Gennaio 2020 in via Libertàa Palermo sono state poste
cin-que corone di fiori davanti al
luogo dell’eccidio dove, 40 anni fa,è stato assassinato dalla
mafia l’al-lora presidente della regione SiciliaPiersanti
Mattarella, nonché fra-tello dell’attuale Capo dello Stato,Sergio
Mattarella. Alla commemo-razione erano presenti i familiari,
lemassime cariche istituzionali sici-liane e molte altre
persone.Probabilmente come ben sappiamola lotta alla mafia è da
sempre unodegli argomenti più trattati oggi inItalia e da molto
tempo ormai è unodei nodi che il nostro Stato sta cer-cando di
districare. Sono molti co-loro che in passato hanno cercato
disostenere la giustizia per far fronteall’avanzata delle
organizzazionimafiose, alcuni di questi hannoanche perso la vita
come i magi-strati Giovanni Falcone e PaoloBorsellino. Anche
Piersanti Matta-rella, assassinato il 6 Gennaio 1980dalla mafia
siciliana, “Cosa no-stra”, si battè per avere una Sicilia“con le
carte in regola”; propriocome disse lui stesso durante la sualotta
all’ingiustizia.Piersanti Mattarella nasce a Castel-lammare del
Golfo, Sicilia, il 24maggio 1935. La sua carriera poli-tica inizia
con la sua elezione comeconsigliere comunale di Palermo e,in
seguito, come assessore regio-nale, dove inizia a distinguersi
peril suo approccio trasparente alla po-litica e le sue battaglie
contro la
corruzione. Infine viene eletto pre-sidente della Regione
Siciliana il 9febbraio 1978 con la maggioranzadei voti.Da
presidente, Mattarella applicòcon ancora più rigidità il suo
ap-proccio trasparente verso la politicae si pose in aperta sfida
contro lamafia, soprattutto nel settore degliappalti e
dell’urbanistica, dovecercò di combattere la specula-zione, andando
contro gli interessidegli imprenditori edili collusi conla mafia.
Mattarella accentrò su disé molte decisioni solitamente ri-servate
agli assessorati, pretese cri-teri più rigidi per la nomina
deidirigenti pubblici e soprattutto or-dinò inchieste sulle
amministra-zioni locali sospettate dicorruzione. Nel 1978, dopo
l’omi-cidio dell’attivista di sinistra Pep-pino Impastato,
organizzato dallamafia, Piersanti Mattarella andònella città di
Cinisi e tenne un durodiscorso contro “Cosa nostra”.L’anno dopo,
quando il deputatoPio La Torre accusò l’assessoratoall’Agricoltura
siciliano di esserecorrotto dalla mafia, Mattarella siunì a lui
richiedendo maggiore giu-stizia e legalità.La sua lotta
all’ingiustizia continuòfino alla sua morte, quando caddevittima
dell’attentato ordito da“Cosa nostra” il 6 Gennaio 1980mentre si
dirigeva con la famigliaalla messa dell’epifania. Inizial-mente si
pensò a un attentato terro-ristico da parte di un gruppo
neofascista. In realtà a seguito delleindagini successive, tra
cui quelladel 1991 del magistrato GiovanniFalcone, risultò che gli
esecutorimateriali erano stati dei neofascistiche avevano però
agito su ordinedella mafia.Gli esecutori materiali non furonomai
presi ma vennero condannati iprincipali componenti della “cu-pola”
di Cosa nostra.Da molti venne definito l’omicidiomafioso di un
“uomo politiconuovo” che voleva cambiare “dadentro” un sistema
vecchio e ormaimarcio. Marcio poiché la politicainterna stessa
della Sicilia era av-vinghiata da rapporti con la mafia,in
particolare nel sistema degli ap-palti. Questa è definita una
dellebattaglie di Piersanti Mattarella piùdure e allo stesso tempo
invisibile,purtroppo ancora oggi di grande at-tualità.Durante una
delle sue ultime di-chiarazioni egli disse testualmente“Si deve
reagire con fermezza, al dilà delle parole, delle celebrazioniche
rischiano di assumere un ruolodi rito... Provo un senso di
pro-fonda inquietudine, anche per il ve-rificarsi di una specie
diassuefazione ai fatti di violenza.”Parole con le quali l’ex
Presidentecondivide la sua idea di lotta control’ingiustizia.
Parole che voglionoessere un monito a continuare nellalotta contro
le mafie.
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Come scriverà Giuseppe Matulli, importante esponente della
Democrazia Cristiana, “Piersanti era, nel dibat-tito interno alla
DC, un convinto esponente del gruppo di Aldo Moro, quel gruppo di
politici ed intellettualicattolici che furono presi particolarmente
di mira dalle Brigate Rosse” (oltre allo stesso Moro, Vittorio
Ba-chelet, Roberto Ruffilli. Con Piersanti la mafia precedette le
BR). Inoltre il padre, Bernardo Mattarella, auto-revole
parlamentare, in collegamento con Luigi Sturzo in esilio, aveva
fondato la DC nella Sicilia appenaliberata e aveva condotto, in
Sicilia, la battaglia per la repubblica nel referendum del
1946.
Nella foto in alto Piersanti Mattarella assieme all’allora
presidente della Repubblica Sandro Pertini.
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Il ritratto del premier UK
Chi è veramente Boris Johnson?Di Jean Denis Roselli della Rovere
IIIB
apelli rossicci e arruffati,robusto, occhi penetranti,noto per i
suoi eccessi in
cibo e donne, leader dei conserva-tori. Insomma, un Donald
TrumpInglese? No, e nonostante sia que-sta la figura a cui
l’opinione pub-blica lo associa, il primo ministrodel Regno Unito è
in realtà un per-sonaggio pressoché unico nel pano-rama politico
internazionale, unleader da alcuni definito “postmo-derno”, che
rappresenta un unicumnella destra, non solo inglese maanche
internazionale, e che hamesso in crisi la sinistra
europea.Alexander Boris de Pfeffel Johnsonnasce a New York nel 1964
(perlungo tempo ha detenuto la cittadi-nanza americana) da
un’agiata fa-miglia inglese di origini turche,ebraiche, russe,
francesi e tedesche;fu sordo per gran parte dell’infan-zia. In
seguito ad un miracoloso in-tervento che gli permise direcuperare
l’udito, una delle sueprime dichiarazioni fu di voler di-ventare
“re del mondo”. Ritornatoin Gran Bretagna, si trasferisce conla
madre, in seguito al divorzio deigenitori, e abbandona il
cattolice-simo a favore della Chiesa d’In-ghilterra. Vive per un
certo periodoa Bruxelles e frequenta la ScuolaEuropea. In seguito
nel RegnoUnito studia presso il prestigiosoEton college (che da più
di 500anni forma la classe dirigente UK)e si laurea a Oxford in
lettere clas-siche (non senza esserne stato no-minato prima
segretario e poi
presidente della Oxford Union).Nel 1987 viene assunto dal
Timescome giornalista ma verrà licen-ziato per aver inventato una
cita-zione dello storico Colin Lucas(suo padrino di battesimo).
Verrà in seguito assunto dal DailyTelegraph come corrispondente
daBruxelles, diventando uno dei mag-giori esponenti
dell'euro-scettici-smo (sarà il giornalista preferito diMargaret
Thatcher) e in generaleuno dei più noti giornalisti del Te-legraph,
per i suoi articoli che ave-vano particolare risonanza nellaclasse
media conservatrice dellaGran Bretagna, tanto da essere pro-mosso
nel 1994 “chief political co-lumnist”. Nel 1993 espresse la
suaintenzione di candidarsi alle ele-zioni europee del ‘94 come
espo-nente del partito conservatore,senza però ottenere risultati.
Nonscoraggiatosi, decise di candidarsicome membro della camera dei
co-muni, ma verrà sconfitto nella suacircoscrizione (North Wales)
dal-l’avversario laburista. Prosegue al-lora la sua attività di
giornalista escrittore, facendo debutto anche intelevisione. Nel
2001 si candidanuovamente alla camera dei co-muni, questa volta con
successo(dovuto in parte anche alla suafama televisiva).Da questo
momento prosegue lasua carriera politica, che lo porteràad essere
due volte sindaco di Lon-dra, per poi diventare ministrodegli
esteri nel governo May e suc-cedere infine a quest’ultima il 23
luglio 2019, nel ruolo di primo mi-nistro, nonché neo-leader del
par-tito conservatore inglese. Si èimpegnato molto sul rispetto
delvoto referenziale sulla Brexit delgiugno 2016 (anche su questa
si èbasata la sua campagna elettoraleche lo ha riconfermato primo
mini-stro il 12 dicembre 2019).Ma cosa rende questa figura
unicanello scenario internazionale?Innanzitutto, come abbiamo
visto,Johnson ha un retroscena che lo av-vicina molto di più al
presidentefrancese Macron che a DonaldTrump, al quale viene
solitamenteparagonato: è un uomo preparato,proveniente dall’élite
pensantedella Gran Bretagna, colto, tantoche lo si è sentito
recitare in pub-blico centinaia di versi dell’Iliade edell’Eneide
(senza essersi primapreparato). È inoltre un buon pit-tore,
considera Pericle come suoeroe ed è autore di molti libri
dinarrativa e di un saggio di storia ro-mana (nel quale affiora
nettamentela sua ironica lucidità e la sua nonaffinità con il
politically correct,che troppo spesso domina scritti ediscorsi dei
politici). In secondoluogo, il suo pensiero e la sua lineapolitica
non aderiscono ai luoghicomuni della destra europea e ame-ricana;
così definisce la sua lineapolitica:
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favore dell’immigrazione, a favoredi chi ce la fa da solo,
favorevoleall’alcol, alla caccia, ai motori epronto a difendere
fino alla morteil diritto di Glenn Hoddle di crederenella
reincarnazione. >>Da ministro degli esteri feceesporre la
bandiera arcobaleno sututte le ambasciate britanniche inoccasione
del gay pride e, a diffe-renza di ciò che accade in Franciacon
Marine Le Pen, in Italia conMatteo Salvini e in Ungheria conViktor
Orbàn, la sua base elet-torale è multietnica ed è assentequalsiasi
accezione nazionali-sta, razzista o antisemita maiespressa ma
sempre sentita daparte dell’elettorato del-l’estrema destra. Lui
stesso haorigini multietniche e allo stessomodo sono figli di
immigratimolti suoi ministri e collabora-tori. Ha dimostrato
attenzione esensibilità per le problematicheambientali, creando a
Londrauna flotta di taxi ad idrogeno, eha dato prova a Londra (in
par-ticolare per le Olimpiadi del2012) di grande capacità
orga-nizzativa.È sicuramente criticato da moltiper la sua linea
dura a propositodella Brexit: antieuropeista fin dalprincipio,
assieme a Nigel Farage,fu uno dei principali sostenitori
delreferendum del 2016 e ha tentato diraggiungere la Brexit no-deal
entroil 31 Ottobre 2019, arrivando a so-spendere le attività del
parlamento(procedura poi dichiarata illegale)e a disfare la
maggioranza per giun-gere a elezioni anticipate in seguitoal
fallimento di quest’ultimo tenta-tivo. La Brexit sarà
probabilmenteeffettuata entro il 31 gennaio diquest’anno, come
promesso nellacampagna elettorale del 2019.Lo chiamano bugiardo,
folle, spre-giudicato: ma l’idea della Brexit ècosì sconsiderata?
Sicuramenteparlare di un’uscita dall’UnioneEuropea in Gran Bretagna
è di-
verso dal farlo in Italia: il RegnoUnito è da sempre stato
proteso ol-treoceano, e i rapporti con il conti-nente sono stati
quasi semprebellicosi; un’Italia senza l’UE è unPaese tagliato
fuori dal mondo, mail Regno Unito ha rapporti storici,politici,
istituzionali ed economicifortissimi con il Canada, con
l’Au-stralia, con la Nuova Zelanda e lealtre ex-colonie, tutti
paesi moltoricchi per i quali Londra è ancora lacapitale
finanziaria e per cui la
Gran Bretagna è tutt’oggi il centroculturale di riferimento.
Diventeràuna colonia degli Stati Uniti, comemolti affermano? Lo
sono stati, al-meno in fatto di politica estera, findagli anni ’50,
e non si tratta di unlegame destinato per forza a inten-sificarsi:
ormai gli Stati Uniti nonsono più la superpotenza di unavolta, sono
offuscati dalla Cina,dalla Russia, dall’India... sono unanazione in
crisi, che paga le conse-guenze del liberismo sfrenatodell’ultimo
secolo. Sicuramentel’Unione Europea non dà rispostein questo
scenario sempre più com-plesso, e sicuramente l’Unione Eu-ropea non
rappresenta l’Europa deipopoli, ma l’Europa delle élite
fi-nanziarie. L’UE non ha una vera e
propria politica estera, non ha isti-tuzioni comuni, non ha una
visioneunitaria. E non essendo necessariorestarci alla
sopravvivenza delRegno Unito, è comprensibile il de-siderio di
uscirci, soprattutto per unpopolo ambizioso e con un passatodi
superpotenza.Ma Boris Johnson è originale per ilsuo rapporto con la
politica, per ilmodello che propone: le democra-zie occidentali
sono in crisi, tantoche i Paesi emergenti come la Cina,
la Turchia o la Russia non sonodemocratici (di fatto), o
almenonon sono liberali; ciò potrebbeindurci a forme di governomeno
democratiche, o all’ab-bandono della libertà del sin-golo a favore
di uno stato piùforte. Johnson invece è figliodella lunghissima
tradizione de-mocratica inglese ed è immunedal populismo (che
spesso ar-riva a mettere in discussione lostato di diritto) e
dall’eterna dia-triba tra fascisti (nei confrontidei quali la
destra europea èspesso troppo indulgente o sim-patizzante) e
comunisti (alla cuitradizione si appellano i semprepiù deboli
partiti di sinistra). Dasindaco di Londra ha reintro-
dotto lo studio obbligatorio del la-tino nelle scuole
pubbliche,sostenendo che sia utile nel formarecittadini consapevoli
di quello cheleggono, di quello che sentono e dicome si esprimono.
Illuminantisono i suoi interventi pubblici neiquali analizza la
retorica di Chur-chill, del quale ha scritto una bio-grafia di
discreto successo. Johnsonè ben conscio delle strategie neces-sarie
al giorno d’oggi per ottenereconsensi e risonanza. Ammettendodi
essere “a wise guy playing thefool to win””, Johnson ricorda atutti
che senza consapevolezza nonc’è democrazia e che il populismoavanza
proprio perché noi cittadininon siamo più capaci di distinguerela
maschera dalle intenzioni.
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Australia in fiamme Di Emma Tomasi IIIE
ncendi che hanno devastato mi-gliaia di ettari di terreno per
untotale che oscilla tra gli 8 e i 10
milioni; aria irrespirabile, alteratadai fumi rossi che le
conferisconoun terrificante colore arancione;una trentina di
vittime a causa diproblemi respiratori e un miliardodi mammiferi e
rettili scomparsi,tra cui canguri e koala, a rischio,questi ultimi,
entro il 2100, di estin-zione: è questo lo scenario apoca-littico
con cui si presenta, daottobre a questa parte, l’Australia.Le
cause, non ancora del tuttochiare, si costituiscono da una metàdi
origine naturale (il grande caldo,media di 42°C) e un’altra metà
diorigine umana di tipo colposo o do-
loso. La cosa che stupisce di più èil fatto che ora
nell’emisfero au-strale sia piena stagione invernalee purtroppo il
prospetto di terrebruciate durante la stagione estivaammonta,
secondo alcuni esperti, a15 milioni di ettari. Comunque, adanni
fatti siamo tutti bravi ad ac-cusare e a puntare il dito;
l’unicacosa da fare in questi casi però èagire. E se non si hanno i
mezzi ne-cessari per agire, perlomeno cer-care di far conoscere a
tutti ilproblema al fine di trovare una so-luzione. Purtroppo,
nonostante lamaggior parte di noi sia già infor-mata su quello che
sta accadendo inOceania, credo però che sfuggaall’attenzione di
molti un dettaglio
importante: i roghi che si sono sol-levati a causa della
terribile siccitànon andranno a nuocere solamenteall’Australia, ma
anche e soprat-tutto al mondo intero. Partendodalla vicina Nuova
Zelanda, chepur non essendo colpita da incendipresenta dense
foschie che hannoalterato la qualità dell’aria e colo-rato la neve
dei monti di giallastroaumentando la probabilità di scio-glimento
dei ghiacciai; oppure spo-standosi a ovest, dove il fumo
degliincendi ha raggiunto anche moltecittà del Sud America. È
spaven-tosa la velocità con cui i compostinocivi si stanno
espandendo ma an-cora più spaventoso è sapere che inbreve i residui
degli incendi rag-
Ambiente e clima: gli incendi in Australia
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giungeranno il resto del pianeta, at-traverso un processo
probabilmenteinarrestabile. Per non parlare poidelle emissioni
degli incendi stessiche andranno ad aggravare la giàfragile
situazione climatica. Negliultimi anni di questo decennio nonsolo
in Australia, ma anche nel pol-mone verde, l’Amazzonia semprenel
2019, e in California nel 2017,si sono verificati importanti
incendiche hanno modificato in modo irre-parabile la geografia del
nostro pia-
neta. Dopo ben tre campanelli d’al-larme che la Terra ci ha
lanciato,credo sia giunto il momento di rim-boccarsi le mani e
prendere inmano la situazione. E’ facile met-tere like su Instagram
all’ennesimopost a sostegno dell’Australia e di-menticarsene un
secondo dopo, ocompletamente ignorare la situa-zione perché lontana
dalla nostrarealtà. Questo è un problema con-creto per milioni di
persone co-strette a vivere in condizioni
disumane e altamente pericolose etra non molto lo potrebbe
essereanche per noi. Quando sentiremol’odore di bruciato
affacciandocidalla finestra sarà ormai troppotardi per fare
qualcosa. Questa tut-tavia non vuole essere una catastro-fica
sentenza ma, anzi, un monito eun incoraggiamento verso noi,
ge-nerazioni future, ad impegnarci inmodo attivo e salvare il
nostro pia-neta da una morte prematura.
Un vigile del fuoco disseta un Koala vittima degli incendi. Alla
pagina precedente i terribili effettidegli incendi che hanno
compromesso o completamente distrutto intere zone abitate.
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Ambiente: Ong accusa il governo e vince la causa
In Olanda vincono i cittadini...
a crisi climatica è uno degliargomenti più discussi degliultimi
anni, accompagnato
dalle ovvie domande: c’è una solu-zione? Qual è?Continue
critiche vengono mossecontro gli Stati e i loro rispettivileader,
accusati di non fare nullaper contrastare gli effetti di
questacrisi. Le stesse persone comuni siscontrano tra loro, poiché
in pochi,nel loro piccolo, cercano di farequalcosa. Ma la risposta
rimanesempre la stessa: “Da soli, non sipuò cambiare il mondo”. Se
questaè spesso la giustificazione di moltisingoli, lo è stata anche
di unoStato, l’Olanda, che, davanti allaCorte Suprema, ha sostenuto
di nonpoter risolvere, da solo, un pro-blema di proporzioni
globali. Nel2013 infatti la ONG ambientalista“Urgenda” aveva fatto
causa alloStato olandese accusandolo di nonfare abbastanza per
contrastare ilcambiamento climatico e proteg-gere i suoi cittadini.
Nel 2015 ilTribunale dell'Aia si era pronun-ciato contro lo Stato,
che avevafatto appello, per poi perdere dinuovo. Alla fine il caso
è arrivatoalla Corte suprema e lo Stato haperso definitivamente la
causa il 21dicembre 2019. Nulla di simile era
mai accaduto prima: dopo questasentenza lo Stato olandese dovrà
ri-durre, entro la fine del 2020, leemissioni di gas climalteranti
di al-meno il 25% rispetto al 1990. Qua-lora il governo non
rispetti questasentenza, si tratterà di violazionedel diritto alla
vita e al benesseredelle persone, sanciti negli articoli2 e 8 della
Convenzione Europeadei Diritti Umani.La grande novità di questa
vicendaè lo spostamento della questioneambientale su un piano
completa-mente nuovo, quello legale. Il pre-mier olandese Mark
Rutte haaffermato alla stampa la sua pienaintenzione di rispettare
la sentenza,anche se non sarà una sfida facile:una delle opzioni
che potrebbero ri-velarsi risolutive è la chiusura dellecentrali a
carbone, aperte tra il2015 e il 2017. Gli avvocati dellaONG hanno
sottolineato l’impor-tanza di questa sentenza, in quantodimostra i
pericoli che incombonosulla popolazione. Inoltre la causasolleva
un’altra questione fonda-mentale: è legittimo per un tribu-nale
giudicare la politica di ungoverno e chiedere che questa po-litica
venga cambiata? Riguardoquesto argomento, pare che talegiudizio sia
stato ammissibile.
Ora la battaglia arriva qui in Italia.A marzo infatti sarà
presentata laprima causa contro lo Stato italianoportata avanti da
un gruppo di as-sociazioni e movimenti ambienta-listi, che
chiederanno all’Italia diattuare misure più rigide per ri-spondere
ai cambiamenti climatici.Il caso dell’Olanda non ha certo,per il
momento, potuto cambiare lesorti della crisi climatica, ma è
riu-scito a farsi sentire nel mondo e aincoraggiare cittadini di
altri statiche non avrebbero mai pensato cheun’azione del genere
sarebbe statarealizzabile. È una sentenza chetrascende i confini
nazionali e puòessere una fonte d’ispirazione pertutto il mondo
affinché i governiprendano le misure necessarie. As-sociazioni di
comuni cittadinihanno dimostrato di poter spingerea un interesse
maggiore riguardoquesto argomento dei leader poli-tici, che spesso,
soprattutto neipaesi più sviluppati e industrializ-zati, mostrano
di non essere inte-ressati a rispettare e a promuoverele norme
ambientali. Se ormai nonesistono altre vie per rendere igrandi
Stati più sensibili riguardoquesto argomento, è forse la
stradagiusta passare alle vie legali?
Di Federica Missana IIIC
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Ambiente: architettura sostenibile e futuro green
Intervista all’architetto LavarraDi Chiara Zanella VE
rchitettura Green: una pos-sibile soluzione per il fu-turo. A
parlare è stato
l’architetto milanese Giovanni LaVarra, appunto nato a Milano e
at-tualmente professore associato diprogettazione architettonica
al-l’Università degli Studi di Udine. “Prendiamo come modello
Milano,città attualmente in grande fer-mento che nel 2015 ha visto
ospi-tare l’EXPO, e nel 2026 ospiteràuna parte delle Olimpiadi
invernalicondividendole con altre città. La parola chiave in una
città del ge-nere, e anche nel resto dell’Italia,dovrebbe essere
“giovani”: l’Italiaè uno dei Paesi con la popolazionepiù vecchia in
Europa, e questocomporta che molte delle decisionivengano prese da
persone chehanno un’età più alta rispetto aquella dei giovani e
quindi non ri-specchiano a pieno le loro volontà.Milano in questo
va controten-denza e sta diventando una citta-dina molto “giovane e
dinamica”.All’interno di questa città assiemeal mio collega Barreca
abbiamoprogettato e visto completato il“Bosco verticale”."“Com’è
nata quest’idea”?" A Milano sono presenti molte fab-briche dismesse
e quindi si è pre-
sentata l’opportunità di valorizzarelo spazio che attualmente
ospita ilBosco verticale che è piuttosto vi-cino al centro, tra la
Stazione Cen-trale e la Stazione Garibaldi." “Come si sviluppa un
progettourbano green”?" La città ci mette tanto a costruirsi;può
essere considerata un processoevolutivo nel quale si convivemolto
spesso con dei cantieri. Lazona che ci era stata affidata si
af-facciava su un parco e da lì è natal’idea di combinare
l’edilizia e glialberi. Avendo una grande planime-tria abbiamo
deciso di costruire duetorri, contenenti degli appartamenti(144)
pur sapendo che solo dapochi anni ai milanesi piace vivere“in
alto”."“Quali sono le novità di questacostruzione”?“Costruire un
edificio che potessecontenere al proprio interno as-sieme ai
balconi degli alberi,così daintegrare il rapporto
edilizia-natura.Le due torri rispettivamente sonoalte 108m(25
piani) e 78m(18piani). In totale gli alberi sono900,di 90 specie
diverse,quindi unvero e proprio bosco: questo per-mette di produrre
ossigeno, riducela temperatura d’estate, funge dabarriera acustica
e risulta anche
molto gradevole alla vista."“Quali sono state invece le
per-plessità”?" Ci sono state delle perplessità chealla fine sono
state risolte. Il para-petto del balcone invece di esserenormale, è
una vasca che contienele radici degli alberi. Non ci
sonoparticolari tecnologie, ma solomolto cemento armato. La
partico-larità è che gli alberi non sono deiproprietari degli
appartamenti madel condominio e della città, perciòla manutenzione
avviene permezzo di operatori esterni. Si è do-vuto anche gestire
la distribuzionedegli alberi in base al loro bisognodi luce e alle
loro caratteristiche."“In un momento in cui si parla dicambiamento
climatico pensache questa possa essere una solu-zione”?"
Certamente, qualsiasi prototiposimile al Bosco verticale può
aiu-tare in questo senso. La “green ar-chitecture” è composta da
unedificio tradizionale che supporta lecriticità del cambiamento
clima-tico. Con il passare del tempo ve-dremo gli effetti che il
Boscoverticale avrà sulla qualità delclima di quella zona."
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Ambiente: giovani green grazie a Yrevolution
“Ripuliamo Udine!” Di Chiara Zanella VE
uando si sente parlare digiovani e di “green” non sipuò non
parlare del gruppo
di Yrevolution, gruppo di giovaniimprenditori nel social
marketingche si sviluppa principalmente intre aree: la creazione di
una rete diconsumatori consapevoli; la se-conda si occupa della
formazionedella persone affinché questa im-pari ad auto-migliorarsi
e a faremergere il proprio talento; la terzadel migliorare il mondo
circostante,e questo prevede una serie di pro-getti rivolti alla
comunità affinchéognuno di noi possa essere utileagli altri e aiuti
a cambiare ilmondo. Di questi fa parte il pro-getto “Ripuliamo
Udine”, che il 25gennaio è giunto ormai alla 6°edi-zione. Questo
progetto nelle varieedizioni ha coinvolto vari ragazziche il sabato
mattina si ritrovano etutti assieme vanno per le strade delcentro
città a raccogliere mozziconidi sigaretta, che sono uno tra gli
in-quinanti più presenti al mondo. Sa-bato hanno partecipato 18
volontari, tra cui anche EmanueleQuagliaro e Chiara Zanella del
MVscuola e sono stati raccolti circa 15000 mozziconi; buon
risultato otte-nuto sia dall’impegno dei volontariche grazie agli
enti che sostengonoil progetto quali Bortolin Gioielle-rie, il
Comune di Udine, la Net,Animaimpresa e Cumlaude21. Yre-volution
collabora con Amway,azienda di multi-level marketingche li supporta
a livello commer-ciale per creare la rete di consuma-tori
consapevoli, e conCumlaude21 che oltre ad aiutare igiovani per la
realizzazione di “Ri-puliamo Udine”, offre la forma-zione alla
persona: questa non è laclassica formazione ma risulta unaforma
alternativa e smart, flessibilein base alle esigenze.
Abbiamoscambiato alcune parole con unatra i “leader” del gruppo,
Ilda Ceka,la quale dice “proponiamo questeiniziative perché dopo
aver presoconsapevolezza in alcuni ambiti,crediamo di doverci
assumere la re-sponsabilità di trasferirla in altre
persone cosicché la conoscenza sidiffonda. Coinvolgimento e
colla-borazione sono le nostre parolechiave e quelle che crediamo
sianoil miglior modo per interagire;unendo più talenti otterremo
unmaggior risultato”. Il progetto Ri-puliamo Udine è in via di
amplia-mento, perché si vuole andare acoinvolgere anche alcune
famigliedella città con un progetto legatoalla riduzione dei costi
derivati dalconsumo di acqua in bottiglia diplastica piuttosto che
di vetro. Allefamiglie scelte verrà fornito un ap-parecchio per la
depurazione del-l’acqua così da vedere nell’arco diun anno quanto
risparmio si ha uti-lizzando l’acqua propria anzichéacquistandola
al supermercato.Questo verrà fatto per sensibiliz-zare la
popolazione in quanto i datici mostrano come l’Italia risulta
es-sere il 3° Paese al mondo per con-sumo di acqua in
bottiglia.
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I ragazzi volontari dediti alla raccolta dei mozziconi per le
strade del centro cittadino.
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parlamenti sono le aule dove i paesi fanno politica e una loro
caratteristica mi è sempre saltata all'occhio ,la loro forma. La
forma sembra una questione dettata solo dalla bellezza o dalla
praticità ma in realtà, seci si ferma a riflettere, la forma del
parlamento determina l'organizzazione dei diversi schieramenti
politici
e il modo in cui si conduce il dibattito.Ma quali sono le forme
più adatte ad un parlamento per instaurare unutile dibattito?
Prendendo d'esempio l'Italia, la forma del nostro parlamento,
ovvero quella di un semicerchiocon i banchi del governi e della
presidenza posti davanti, è una buona forma per fare politica in
una democra-zia?La risposta è sicuramente positiva, infatti il
semicerchio è una delle forme di parlamento più usate al
mondopoichè permette il coinvolgimento di tutte le persone che vi
presiedono, tutti si sentono partecipi; e non è uncaso che sia il
parlamento europeo sia addirittura l'assemblea generale dell'ONU a
New York abbiano la stessaforma.Il semicerchio non è però l'unica
forma utilizzata al mondo per il parlamento, infatti ci sono anche
delleforme di parlamento non congrue alla “buona democrazia”.
Queste forme si trovano nei paesi in cui il livellodi democrazia e
la libertà di dibattito sono molto scarsi come Russia,Cina o Corea
Del Nord, dove appunto laforma utilizzata è la stessa, ovvero
quella chiamata ad “aula scolastica”. I parlamentari, la cui unica
funzioneè quella di ascoltare e annuire, sono disposti in file con
davanti un imponente banco che funge da “cattedra”in cui i capi
politici parlano.Un' eccezione particolare riguarda la forma
parlamentare usata in parecchi paesidel Commonwealth. L'esempio più
famoso è sicuramente l'Inghilterra. La forma del parlamento
inglese, chia-mata a “banchi contrapposti”,favorisce scambi di idee
e dibattiti veloci tra le due fazioni politiche e consentelo
sviluppo di un agonismo che le altre forme di parlamento non
riescono a dare, visto che i due schieramentipolitici sono disposti
appunto in maniera nettamente contrapposta, quasi a voler
sottolineare la distanza e la ri-valità tra i politici che
governano il paese e i politici che fanno parte dell'opposizione.
Da tutto questo si deduceche le architetture dei parlamenti sono un
importante testimonianza e un valido indizio della politica di
unpaese.
Pensieri e Riflessioni: politica
Le forme della politicaDi Leonardo Marchetti IIIC
La Camera dei Deputati del Parlamento italiano, palazzo
Montecitorio, Roma.
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Pensieri e Rflessioni: la storia e i giovani
Avvicinare i giovani alla storiaDi Emanuele Quagliaro IVA
vvicinare i giovani allastoria: questo uno dei temidella
trasmissione “Casa
Friuli”, in onda su Radio 1 FVGmartedì 7 Dicembre. Ai
microfonidell’emittente hanno risposto alledomande delle
giornaliste AntoniaPillosio eArianna Zani GiuseppeMorandini,
presidente della Fonda-zione Friuli e Tommaso Piffer,
or-ganizzatore del Premio FriuliStoria, insieme a Valerio
Marchi,insegnate e storico e al sottoscritto(invitato in quanto
vincitore del se-condo premio al concorso Friuliscuole nell’anno
2018 ndr).All’albadel XXI secolo, fra smartphone,tecnologia e
generale disinteresseper la lettura, è ancora possibile in-segnare
ai giovani l’amore per lostudio del passato?“Assolutamentesì”
spiega Valerio Marchi, docentedi storia e filosofia presso
l’i.s.i.s“A.Malignani” “ ma è necessarioun cambio di prospettiva:
vedo in-fatti che ogni giorno i miei studentidanno il meglio nelle
mie materiedi sé quando è richiesto loro diadottare un approccio
multidiscipli-nare, che coinvolga le conoscenzeda loro acquisite
nei più diversi am-biti. Uscendo dalla logica dei com-partimenti
stagni, che mira a dareuna formazione, magari dettaglia-tissima, in
una specifica materia, ho
constatato che sono in grado di rea-lizzare lavori di
altissimaqualità”.Precursore nel campo dellamultidisciplinarietà è
senza dubbio,come ha ricordato Tommaso Piffer,professore associato
di Storia con-temporanea presso l’Universitàdegli Studi di Udine,
il PremioFriuli Scuola, giunto alla terza edi-zione. Quest’anno
infatti nel con-corso, rivolto agli studenti dellescuole medie
superiori delle pro-vince di Udine e Pordenone, è stataintrodotta
la possibilità di presen-tare un elaborato multimediale
ri-guardante la storia del Novecento,con tanto di premio specifico
per ilavori non cartacei. “Con questo ri-conoscimento” afferma
“miriamo aspingere una sempre più vasta pla-tea di ragazzi ad
approcciarsi allastoria in modo diretto, compren-dendo cosa vuol
dire fare lo storico.Quando parlo di giovani non mi ri-ferisco solo
ai liceali ma soprattuttoa coloro che frequentano scuole
adindirizzo tecnico o professionale,perché la storia è di tutti”.
Comedargli torto, considerando che tuttie tre i vincitori della
seconda edi-zione del Premio Friuli Scuole pro-vengono da istituti
tecnici.Lostudio della storia è intrinseca-mente legato alla
lettura delle operestoriografiche, la cui diffusione è
però alquanto ridotta fra i giovani.“E’ proprio per questa
ragione”conclude Piffer “ che il Premio Na-zionale di Storia
ContemporaneaFriuli Storia è fiero dell’avere fra isuoi 300 giurati
molti studenti. Seanche uno solo di loro si appassio-nerà alla
storia, leggendo uno deivolumi che noi forniamo ai membridella
giuria, allora, malgrado tuttele difficoltà tecniche, ritengo che
nesia valsa la pena”.Non sarebbe tut-tavia pensabile di organizzar
il Pre-mio Friuli Scuole che ha dato atanti ragazzi la possibilità
di met-tersi in gioco e di sperimentare sulcampo le difficoltà del
mestieredello storico senza il supporto dellaFondazione Friuli e
del suo presi-dente, Giuseppe Morandini. “ LaFondazione sostiene
con entusia-smo entrambi i premi perché credefermamente
nell’importanza delladiffusione dell’interesse per la sto-ria,
soprattutto fra le giovani gene-razioni. Ogni anno, grazie alpremio
Friuli Storia, centinaia dipersone hanno l’occasione per
con-frontarsi con testi di grande valoree attualità che altrimenti
in granparte dei casi non avrebbero maipreso in
considerazione.”
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Pensieri e Riflessioni: internet e politica
La persuasione nel mondo del Web
'argomento della tecnologia e degli effetti dei social network
sulla società di oggi è uno dei più dibattutidegli ultimi anni. Ed
è evidente che, nella maggior parte dei casi, noi giovani non ci
dimostriamo par-ticolarmente interessati. Preferiamo invece lasciar
parlare gli adulti nonostante la nostra generazione
conosca l'ambiente di Internet in modo piuttosto approfondito.
Su questo non si può discutere ma ci sono alcuniargomenti a cui
dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, soprattutto in qualità di
"Generazione Z", come siamospesso definiti. Ciò che in molti devono
realizzare, è che al giorno d'oggi Internet e i social non sono più
unsemplice luogo d'incontro virtuale. Certo, tutti usiamo i nostri
cellulari e computer per scaricare musica, guar-dare serie tv o
tenerci in contatto con i nostri amici, ma basta entrare in un
qualsiasi social network per capireche c'è molto di più. Pensiamo,
per esempio, alle innegabili influenze che hanno avuto e hanno
tutt'ora i socialnel mondo della politica. Non è un argomento di
discussione molto in voga, soprattutto tra noi giovani, ma inquesto
caso bisogna essere consapevoli che non si tratta di posizioni o
pensieri particolari, ma di qualcosa cheriguarda tutti noi. “Non
c’è nel petto dell’uomo passione più forte del desiderio di far
pensare gli altri comelui.” Questa è una delle più famose frasi di
Virginia Woolf, celebre scrittrice britannica degli inizi del
Novecento.Sono passati circa cento anni e possiamo dire che ci
avesse visto giusto: la tanto discussa influenza del
mondotecnologico sulla nostra società si basa proprio su questo
concetto. E visto quello che è successo in passato, bi-sogna stare
all'erta. Ma in modo concreto, che cosa c'entra la persuasione, in
questo caso soprattutto politica,con i social network? Non è
complicato: ci sono persone che utilizzano tutti i mezzi in loro
possesso per ottenere il consenso delle persone comuni allo scopo
di raggiungere i propri obiettivi. E qual è stata una delle più
grandi intuizioni moderne? Proprio il fatto che non c'è nulla di
più vicino ai singolicittadini del mondo del web. È sufficiente
riportare alla memoria un fatto molto recente, fra i tanti di cui
si po-trebbe parlare. Il riferimento va all'arcinoto Russiagate,
che, in poche parole, riguarda l'influenza della
Russianell'elezione di Donald Trump come Presidente degli Stati
Uniti. Il rapporto finale sull'inchiesta è incerto, manon smentisce
del tutto le accuse, e buona parte dell'opinione pubblica si
schiera contro Trump. Ma veniamoal dunque: gran parte del presunto
intervento dei Russi (che sostenevano il Presidente per interessi
personali)è stato caratterizzato da profili falsi su Facebook e
Twitter che supportavano il candidato repubblicano,
spessopresentando fake news contro i suoi rivali. Fake news: è un
altro di quei termini di cui, in alcuni casi, non nepossiamo già
più ma che dobbiamo conoscere a fondo. Globalmente, il caso del
Russiagate è l'esempio piùnoto di questo fenomeno, che però non può
essere ignorato nel nostro Paese. In Italia, infatti, il numero
dinotizie false in politica cresce sempre di più, raggiungendo
cifre esorbitanti. Ma questo è solo uno dei tantimetodi usati sul
web per persuadere la popolazione. E i metodi in questione non
richiedono sempre l'interventodi altri soggetti (come nel caso dei
russi). L'abile politico non è più colui che presenta le idee
migliori bensìcolui che è maggiormente capace di convincere gli
elettori. E ciò non riguarda solamente Trump, ma anche al-cuni
individui molto più vicini a noi. L'opera di "convincimento"
avviene molto spesso sui social network. Èquasi superfluo
descrivere i modi in cui ciò avviene: la costante richiesta di
sostegno da parte del popolo, lapossibilità di attaccare gli
avversari anche decine di volte al giorno (senza ricorrere ai
quotidiani o alla televi-sione come in passato) e, in maniera fin
troppo eclatante, la volontà di mostrarsi vicini alle persone
comuni.Tutte caratteristiche rintracciabili in alcuni profili
social dei nostri politici. Siamo quindi sicuri che questo
argomento sia ormai già superato e non riguardi niente di concreto?
La rivolu-zione tecnologica vera e propria è piuttosto recente e le
infinite potenzialità del mondo del web si sono mostratesolo in
parte. Sta soprattutto a noi giovani, che siamo nati nel pieno di
questa società, far sì che Internet e isocial network siano luoghi
liberi, che non possano essere utilizzati in maniera scorretta e
sleale.
Di Francesco Comand IIIC
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I principali leader politici del momento, tutti accomunati da
una caratteristica: l’uso dei social.
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Pensieri e Riflessioni: cos’è il limite?
Il limite: da Ulisse a Elon MuskDi Giorgia Burato VD
robabilmente più che cos’è illimite sarebbe più giustochiedersi
se esiste effettiva-
mente il limite, se esiste (e ha sensoche esista) la controparte
concretae reale di questo eterno concetto:l’ἀδύνατος (dal greco
“impossibi-lità”) di andare oltre a qualcosa.Credo che questa
questione sia piùche mai attuale di questi tempi incui il limite
più che un ostacolo,una barriera posta tra la nostra idea,talvolta
utopica e reputata irrealiz-zabile, e la sua realizzazione, è
unaspinta, una sfida, un’incitazione asorpassarlo e a dimostrare a
tutti laloro limitatezza nell’averlo sempreconsiderato tale,
l’andare oltre a ciòche tutti credevano fosse finito oche non fosse
possibile o lecitofare. Lewis Carrol in Alice nelpaese delle
meraviglie dice «Alicesorrise: “Non ha senso tentare”,disse, “non
si possono credere coseimpossibili”. “Direi piuttosto chenon hai
molta pratica”, disse la Re-gina, “quando ero più giovane, lofacevo
sempre per mezzora algiorno. Alcune volte ho credutofino a sei cose
impossibili prima dicolazione”.» Si vede dunque comesia labile
questo concetto, sogget-tivo e quindi effimero, basta un sof-fio
per farlo muovere un po’ più inlà. Ciò che per Alice è
impossibile,per la Regina è qualcosa di banal-mente possibile.
Leggendo questapiccola estrapolazione dal classicodi Carrol mi
risuona in mente ilmotto di uno dei più grandi impren-
ditori del nostro tempo ovvero JeffBezos che, con la sua
politica del“Why not?”, ha cambiato radical-mente il volto
dell’e-commercemondiale. Perché non pensare pos-sibile qualcosa
reputato impossi-bile dagli altri? Proseguiamo. Aquesto punto
dovremmo chiederciil motivo e chi ha deciso di porre inquel punto
l’asticella, la colonnad’Ercole, il “non plus ultra”. Inquesta
società, a differenza di comeavveniva nell’antichità (e se
vo-gliamo fino all’età medievale,nell’eta pre-moderna), il
territorioinesplorato che potremmo desi-gnare con l’espressione
latina hicsunt leones non è più visto inmodo negativo, un’invasione
di unterritorio che non deve essereesplorato per non incorrere
nellapunizione di qualche divinità, pernon fare qualcosa di
sacrilego checi porterà alla rovina. Quindi, il li-mite è sempre
stato posto da undio/Dio, dall’uomo o forse è me-glio dire che
l’uomo ha utilizzatouna parola, un’entità altisonantepoiché troppo
orgoglioso per pro-nunciare la parola “paura” (la“cosa” più umana
che si possa tro-vare nell’uomo, più connaturata inlui) e imputare
ad essa il motivo delsuo volersi limitare? Si pensi allafigura di
Ulisse (che noi defini-remmo un trickster); è l’uomoastuto e
curioso per antonomasia, èmultiforme (nel senso greco e ome-rico
del termine, πολύτροπον) ov-vero dalle molte abilità, che
riesce
a cavarsela grazie a se stesso e alleproprie risorse e se da una
parte viè la sua curiosità sconfinata, dal-l’altra c’è anche la sua
ὕβϱις, la suatracotanza, il suo mancato rispettoverso i limiti
umani e divini e que-sto gli costò l’ira degli uni e deglialtri.
Allineato con questa secondalettura, quella negativa, di
Odisseotroviamo Dante che nel suo capo-lavoro, la Divina Commedia,
è in-dicativo che scelga di collocarloall’interno dell’Inferno e
per di piùnella Malebolge, a dimostrazionedella gravità della colpa
che Dantegli affibbia. Infatti l’“eroe” è colpe-vole di essere
andato “oltre”, ha su-perato il limite di ciò che potevaconoscere e
perciò è stato punito daDio. È proprio per questo cheDante racconta
del suo folle volo incui la follia compare per ipallage
daattribuirsi a Ulisse stesso: il volodel folle. Folle perché
incurabil-mente convinto che «fatti non fostea viver come bruti, ma
per seguirvirtute e canoscenza»? Comunquesia, ha superato il limen
e per que-sto è stato punito da Dio (o chi perLui…). In questa
discussione, im-mancabile è la figura di Elon Mask,un pioniere nel
vero senso della pa-rola che sta rendendo reali dei pro-getti da
sempre considerati utopici,progetti da futuristi nel senso
lette-rale del termine, una delle sue cita-zioni migliori, a mio
avviso, suquesto argomento, è questa: «Thefirst step is to
establish that some-thing is possible; then probability
-
will occur.» (Tradotto: il primopasso è stabilire che qualcosa
èpossibile; poi la probabilità si av-vererà). Ovvero vai oltre,
compil’impossibile e poi la probabilità tiverrà incontro; abbatti
le barriereperché finche non sai cosa c’è real-mente dietro a
qualcosa non puoisapere cosa ti saresti perso a rima-nere a
guardare da fuori, perlomenoprovaci. Alcuni a questo puntodella
trattazione potrebbero esserecontrari e affermare la necessità
diporre dei limiti, «più di qua non siva», (magari perché è sempre
statocosì e quindi è giusto che rimangacosì) e magari facendosi
l’annosadomanda: “Sennò dove arrive-remo?” e potrebbero citare
Rebe-lais con il suo celebre e abusatomotto “Scienza senza
coscienza
Elon Musk, imprenditore sudafricano con cittadinanza canadese e
naturalizzato statunitense.
non è che rovina dell’anima” peròcredo che sia estremamente
eva-sivo questo termine, coscienza, per-ché presuppone l’esistenza
di unacoscienza comune, una koinè, maquesto non può essere:
coscienza èsinonimo di capacità di discerni-mento interiore e
visione sogget-tiva della realtà da partedell’individuo o di un
gruppo bendefinito, e soprattutto la scienza(quella vera, utile,
positiva) non ècoscienza. Infatti i loro due campidi interesse non
collimano in nes-sun modo, tecnologia non è etica,medicina non è
religione. L’uomoè antropologicamente portato a co-noscere e
avanzare, per curiositàma anche per ricercare il motivoprofondo
delle cose e migliorare lasua esistenza grazie alla ricerca.
In-
fine credo che ci si debba rendereconto di quanto sia sbagliato
masoprattutto inutile ed assurdo porrelimiti alla conoscenza, alla
ricerca,al progresso, principalmente perdue motivi: il primo-appena
spie-gato-ovvero quello del totale paral-lelismo e non contingenza
oinfluenza del campo dell’etica equello della ricerca scientifica
etecnologica; il secondo motivo èl’inevitabilità del progresso,
l’unicaazione e opzione attuabile è la pro-crastinazione del
progresso perchéesso è inevitabile, e poi è sul seriointelligente
procrastinare una datascoperta, una data invenzione e in-novazione?
Non credo. Quindi,why? O per meglio dire, why not?
-
uest’anno ho avuto la for-tuna di trascorrere una set-timana in
Vietnam, a Phú
Quôc, un’isola nell’estremo sud delPaese, davanti alle coste
dellaCambogia. Poco più piccola di Sin-gapore, l’isola si è
trasformata inun remoto angolo di paradiso dovevivere lentamente,
nuotando trafondali e barriere coralline edesplorando le fitte
foreste che rico-prono quasi la totalità del territorio.Qui, vivono
moltissime specie dianimali mammiferi e volatili, chehanno trovato
un accogliente rifu-gio in questa zona protetta, dichia-rata parco
nazionale nel 2001.IlVietnam, per un turista, può essereun connubio
vincente che rac-chiude bellezza, ma soprattuttoanche molta storia.
Non bastano lesplendide spiagge che corronolungo le coste o quelle
ancora piùincontaminate delle isole: si cercaun fil rouge che
unisca le tappe ric-che di cultura, arti, tradizioni e pae-saggi,
che sappiano riempire gliocchi con i loro colori esplosivi dicittà
brulicanti di persone, di rovinee templi che riposano ancora
inqueste terre. Il Vietnam racchiudeuna moltitudine di panorami:
incre-dibilmente esotico e pungente, conquel fascino sottile dovuto
allacomplessità del suo passato, allaforza della sua gente, alla
moltepli-cità culturale. Assurdo e “comico”,come le migliaia di
motociclette,cariche di rumorosi animali, che
sfrecciano sulle strade delle città.Gustoso e variegato come la
suacucina, riconosciuta la migliore delSud-Est asiatico: eredità e
reinter-pretazione delle tradizioni culinariefrancesi, asiatiche e
cinesi.Sebbenequesto Paese indocinese sia ricco dirisorse, ciò che
si ricorda appena sisente nominare questo Stato è laGuerra del
Vietnam, da cui ne èuscito completamente devastato.Questo è stato
uno dei conflitti piùlunghi e sanguinosi del Novecento.La guerra fu
combattuta tra il 1960(data di costituzione del Fronte
diLiberazione Nazionale filo-comu-nista, FLN) e il 30 aprile 1975
(ca-duta di Saigon), prevalentementenel territorio del Vietnam del
Sud,tra le forze insurrezionali filo-co-muniste, sorte in
opposizione al go-verno filo-americano costituito nelVietnam del
Sud, e le forze gover-native di questo stato, creato nel1954 dopo
la Conferenza di Gine-vra in seguito alla cosiddetta
guerrad’Indocina contro l’occupazionecoloniale francese. La guerra
di li-berazione vietnamita costò, se-condo calcoli statunitensi,
più disette milioni e trecentomila tramorti e feriti. Una delle
conse-guenze più significative di questoscontro è stata l’unione
del Viet-nam del Nord con quello del Sud.Dopo la fine della guerra,
le pri-gioni e i luoghi che avevano vistole atrocità commesse in
quel pe-riodo vennero distrutti, perché ini-
zialmente la popolazione vietna-mita preferì separarsi
totalmente daquesti ricordi. Successivamente ilgoverno decise di
ricostruire, percondannare le brutalità commesse,questi luoghi, che
sono caratteriz-zati dalla presenza di manichini,che simulano ciò
che successe re-almente. Una tra le più famose pri-gioni
ricostruite è la prigione di“Coconut Tree”o prigione di CayDua,
costruita dai Francesi maprincipalmente utilizzata comeluogo di
tortura dai soldati ameri-cani e da quelli sud-vietnamiti
neiconfronti dei soldati del nord delVietnam. I prigionieri di
questocarcere hanno subito torture racca-priccianti, come la
perforazione deidenti, l’inchiodatura delle mani, deipiedi e della
testa. L’invenzione piùbarbara per torturare i prigionieriera
conosciuta come la “Gabbiadella tigre”. Una gabbia
realizzatainteramente di filo spinato nellaquale i prigionieri non
avevano lospazio di muoversi, ed era collocataall’esterno. Quando
di notte facevaestremamente freddo i guardianigettavano secchi di
acqua gelata suiprigionieri, mentre nelle giornatecalde gettavano
acqua salata cosic-ché il sale entrasse a contatto con leferite
aperte. Luoghi come questoattirano milioni di visitatori a re-carsi
in questo paese, tanto chenegli ultimi dieci anni il flusso
dituristi è aumentato esponenzial-mente, addirittura
triplicandosi.
Pensieri e Riflessioni: viaggio in Vietnam
Vietnam: tra storia e tradizioneDi Vittoria Paschetto IIIC
-
Questa continua affluenza turisticaha portato importanti
compagnieeuropee a investire in Vietnam.Spicca tra tutte l’azienda
austriacaDoppelmayr, leader mondiale nellacostruzione di impianti a
fune, cheha inaugurato la funivia più lungadel mondo, che misura
7899 chilo-metri e collega l’isola di Phú Quôca quella di Hom Thom.
La lun-ghezza di questa funivia ha supe-rato di ben un chilometro e
mezzoil record precedente, che era sem-pre detenuto in Vietnam, da
un im-pianto che sale sulla cima delmonte Fansipan. Anche questa
fu-nivia era stata progettata e costruitadalla compagnia austriaca,
la stessasocietà che avrebbe dovuto realiz-zare la telecabina di
collegamento
tra Pontebba e Pramollo (progettoche ha visto protagonista la
nostraregione ma che purtroppo è statoabortito) e che ha anche una
sede inTrentino (sede che ha contribuitoattivamente nella
costruzione dellafunivia più lunga del mondo).Più iltempo scorre e
più il Vietnam inve-ste nel miglioramento e nell’au-mento delle
strutture ricettive, nellosviluppo delle infrastrutture, neimezzi
di trasporto e nel marketingbasato sui punti di forza di
questopaese, come le immense e verdis-sime piantagioni di riso, la
coltiva-zione dell’aromatico pepe nero el’allevamento di ostriche
da perla.Il mare dell’isola di Phú Quôc,oltre alla sua bellezza,
offre stu-pende perle che attirano non sol-
tanto i turisti locali ma anche quellistranieri. La principale
fabbrica dicoltivazione e raffinamento delleperle è la “Quôc An
Pearl”, chevanta più di vent’anni di esperienzae ambisce a
diventare conosciuta alivello mondiale.Alla fine di unviaggio
impegnativo, sia per la ric-chezza dei panorami, sia per
lacomplessità e il valore di quantovisto e conosciuto, mi ha
colpitomaggiormente la forza ma soprat-tutto il sorriso con cui la
popola-zione vietnamita affronta questarinascita da uno spaccato
così bru-tale del proprio passato, nonché ladeterminazione con cui
vuole faraffermare questo Paese giovane edemergente a livello
globale.
Vista, stupenda, dalla cabina della funivia più lunga del Mondo.
Foto di Vittoria Paschetto IIIC
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Arte, film e spettacolo: cinema e storia
Hammamet: l’ultimo CraxiDi Giovanni Cabroni VD
veglia impostata alle quattrodel mattino, poi cinque oredi
trucco, ogni giorno. Così
PierfrancescoFavino diventa Bettino Craxi, pro-tagonista di
“Hammamet”, il nuovofilm di Gianni Amelio, che rac-conta gli ultimi
due anni di vita del-l’ex primo ministro italiano.Coinvolto nel
1992 nello scandaloTangentopoli, Craxi morì, esule eal contempo
latitante, ad Hamma-met, in Tunisia, il 19 gennaio 2000.Il film non
punta a celebrare la fi-gura di Craxi, né tanto meno a
rein-tegrarne l’immagine. La pellicola,anzi, ha come scopo quello
di ricor-dare un uomo e così, assieme a lui,una parte di storia
italiana.Tutto iniziò lunedì 17 febbraio1992 quando l'ingegnere
MarioChiesa, presidente del Pio AlbergoTrivulzio di Milano (detto
ancheBaggina) e membro di spicco delPartito Socialista Italiano,
vennecolto in flagrante dall’allora sosti-tuto procuratore Antonio
Di Pietro,mentre intascava una tangente dal-l'imprenditore monzese
LucaMagni. Questi, già concusso estanco di pagare, aveva infatti
chie-sto aiuto alle forze dell'ordine.Dalle confessioni di Chiesa,
in-sieme a quelle di altri coinvolti eimputati, si delinearono
delle tramesempre più articolate quanto in-quietanti, che si
allargarono infinecon l’inclusione di esponenti delmondo politico
ed economico ita-liano. Venne fatto il nome di Bet-
tino Craxi, che della meccanicatangentizia fu considerato il
mas-simo manovratore: insieme a lui,altri esponenti politici di
primopiano, provenienti praticamente daogni partito politico,
vennero tiratiin ballo. La corruzione e il finan-ziamento illecito
ai partiti, come siscoprì, avevano trovato terreno fer-tile in
tutti gli schieramenti politiciitaliani e avevano posto solide
ra-dici, come confessò lo stesso Craxi,“dal Secondo Dopoguerra in
poi”,coinvolgendo non solo la politica elo Stato, ma anche il mondo
del-l’impresa e dei privati. Tutto questoperò non ci viene
raccontato nelfilm, non ci viene neppure rias-sunto. Tutto ciò
rimane, per sceltadel regista, omesso dalla storia nar-rata, il che
rende il film di impossi-bile comprensione a chi già non sa,o non
ha un’idea, di che cosa siastato il ‘92 in Italia. Amelio
infatti,nel suo “Hammamet”, si soffermapiù sulla vita personale del
prota-gonista che non su quella storico-politica: il rapporto di
Craxi con lafiglia Stefania (nel film chiamataAnita, come la moglie
di Garibaldi,di cui l’ex premier era fervente am-miratore), la
voglia, e impossibilità,di tornare in Italia, la nostalgia peri
tempi passati e per un Paese chenon rivedrà mai più, neanche dopola
morte. Ne viene fuori un’equili-brata commistione tra fiction e
re-altà, tra introspezione psicologica econtinuo rimando, velato e
sottile,ai fatti passati e agli scandali real-
mente avvenuti dell’epoca.La narrazione, poi, avanza per
dia-loghi: ciò è reso possibile dalla pre-senza di diversi
personaggi cheruotano attorno alla figura di Craxie con i quali lo
stesso protagonistacontinuamente interagisce.Tra questi, oltre alla
figlia (LiviaRossi), ci sono la moglie AnnaMaria (Silvia Cohen), il
figlioBobo e un politico democristiano(Renato Carpentieri), uno dei
pochipersonaggi capace di aprire, du-rante la sua presenza nel
film, unapiccola ma importante parentesi suciò che fu
Tangentopoli.Deludente è, in questo senso, la fi-gura di Fausto,
giovane figlio delpolitico socialista Vincenzo Bal-zamo (Giuseppe
Cederna), nonchécompagno di partito di Craxi, real-mente esistito e
coinvolto, anchelui, nel processo “Mani Pulite”. Fi-gura enigmatica
quanto inquie-tante, oltre che poco verosimile, ilgiovane Fausto
riveste comunqueun ruolo importante nella narra-zione, facendo da
tramite e daponte tra l’aspetto personale equello storico-politico
della vi-cenda. E’ lui a girare il “testamentoinedito” del
protagonista (docu-mentario-intervista sulla sua storiaed
esperienza politica, realmentegirato e tuttora reperibile) e a
con-segnarlo nelle mani della figlia, èlui che accompagna l’ex
leadersocialista nelle scene più “politi-che”, di riflessione
storica, è lui (e
-
se non lui, chi?) infine ad ispirarenel protagonista il ricordo
del padreVincenzo, amico e compagno dipartito.Questo tema
ricorrente del ricordo,della riflessione sul passato, fulcroe
motore di tutto il film, può esserecolto anche come il fine
ultimo
della pellicola stessa, anzi, comeuna sfida. La sfida, non poi
così im-possibile, ma neanche banale, diprovare a scoprire o ad
approfon-dire di più, ristudiare o semplice-mente ripassare, una
parte di storiache ha segnato il nostro Paese. Una parte di storia
che c’è stata e
che non potrà mai essere cancel-lata, su cui noi non possiamo
nonsviluppare un nostro pensiero cri-tico e una nostra opinione
perso-nale, una parte di storia controversalegata per sempre ad un
uomo, al-trettanto controverso e ambiguo,come Bettino Craxi.
Alcuni estratti del film: Bettino Craxi e Fausto Balzamo,
intenti a girare il “testamento inedito”
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Arte, film e spettacolo: tra pittura e comunicazione
L’Assenzio, di Edgar Degas
ra il 1875 ed il 1876 EdgarDegas realizzava il celebredipinto
"L' Assenzio". Que-
st'opera, eseguita 145 anni fa, raf-figura una situazione che,
ancoraoggi, è stranamente attuale. Il qua-dro rappresenta una
donna, EllenAndrée, seduta a un tavolo del CaféNouvelle-Athènes di
Place Pigalle,davanti ad un bicchiere di assenzio.La donna è
affiancata da MarcellinDesboutin, scrittore e pittore fran-cese, il
quale, invece, ha ordinatodel mazagran e tiene una pipa inbocca. La
giovane modella (e suc-cessivamente attrice teatrale), comesi può
osservare, indossa una lungagonna marrone ed una camicia condel
pizzo ed un fiocco, che ri-chiama il cappello e le scarpe
diun'eccessiva sfarzosità. Il suo voltoè cupo, affranto,
inconsolabile.L'uomo alla sua sinistra, sul capo,ha una bombetta.
Anche lui è ve-stito molto elegantemente: ha unacamicia bianca ed
un cappottonero, i pantaloni sono scuri e lescarpe color carbone.
Il suo abbi-gliamento non rispecchia affatto lasua personalità
particolarmenterozza e volgare. I due clienti delbar, pur essendo
seduti molto vi-cini, sembrano lontanissimi, appar-tenenti a due
mondi paralleli, enemmeno si guardano. La donnaosserva un punto
indefinito, è persanel vuoto. Pare che stia ripensandoa ciò che è
stato della sua carriera,della sua vita, di ciò che avrebbe
potuto fare e che, invece, ha fatto.Ellen non si sente
realizzata, sivede come una fallita. Ha perso leopportunità che la
vita le stava pro-ponendo, vive di rimorsi e questol'ha portata ad
affondare nell' alcol.Quest'ultimo non è più visto comeun tramite
per accompagnare lecene gioiose, le feste, per ralle-grarsi in
compagnia, esso è vistocome un'ultima possibilità, l'unicomodo per
alleviare la sua soffe-renza, rendere la sua esistenza vi-vibile,
dimenticando e mettendo atacere la mente, soffocandone i ri-cordi.
L'alcol rappresenta l'ultimachance, l' ultima "fermata",
forsel'unico supporto rimastole. L'uomo,rivolto con lo sguardo
verso unpunto del locale (o forse al di fuoridi questo) non solo si
concede all'alcol, ma anche si consola fu-mando. Anche lui, nella
sua inti-mità, sa di aver sprecato la sua vita,l'unica occasione
che gli è stata of-ferta. Egli nasconde le sue soffe-renze e le sue
debolezzecomportandosi in modo violento,quasi "schivando" le
persone, che,probabilmente, nel corso della suavita lo hanno
solamente deluso edabbandonato. Ecco perché ora ap-pare come un
uomo chiuso in séstesso, incapace persino di soste-nere lo sguardo
della gente.Anchel' ambientazione del quadro sugge-risce una
situazione di desolazionee depressione.Gli specchi, postidietro
alle teste dei due clienti, sono
offuscati ed ingrigiti e non riflet-tono un'immagine limpida e
nitida.Inoltre, se si osserva con atten-zione, sembra che i tavoli
sianoprivi di gambe: forse Degas volevaraffigurare le allucinazioni
che l'as-senzio provoca, in modo da farcientrare nel vivo del
quadro. Ho de-ciso di partire dalla descrizione diquest'opera
perché, come detto al-l'inizio, ci tocca tutti.I caffè del1875 sono
diventati Instagram,Twitter, Facebook, e tante altre ap-plicazioni
simili che, anziché ren-derci social, ci rendono UNsocial.Se già
all'epoca di Degas c'eranoproblemi nell'ascoltarsi, questimezzi di
comunicazione non hannofatto altro che peggiorare la situa-zione.
Progressivamente ci stiamoisolando sempre di più, il contattovisivo
è diventato di secondaria im-portanza, se prima il nostro sguardosi
perdeva nel vuoto ora siamo ip-notizzati dal nostro cellulare
checontrolliamo ossessivamente.Stiamo perdendo l'empatia, nonsiamo
in grado di capire gli altri esoprattutto di capire noi
stessi!Ab-biamo questa mania di dover na-scondere la nostra
tristezzaimpegnandoci a pubblicare foto suisocial network in cui
vogliamo farcredere agli altri che la nostra vitasia perfetta, che
niente e nessuno citurbi, vogliamo mostrare e DI-mo-strare di
essere delle persone felici,spensierate, sempre circondatedalle
persone giuste. Ma perché,
Di Ginevra Canciani IF
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Arte, film e spettacolo: cinema e letteratura
Piccole donne: dal libro al film
Piccole donne, il film: la celebra-zione di un classico della
letteraturafirmato da Louisa May Alcott nel1868. Grazie a Greta
Gerwig il ro-manzo della Alcott ci viene mo-strato sotto una luce
diversa, ancorapiù attuale e vicina a noi oggi.Il suosuccesso è
dovuto, oltre che allesceneggiature, alla fotografia e allemusiche
di alto livello oltre che allestraordinarie interpretazioni di
uncast d’eccezione. In particolare Sa-oirse Ronan e Florence Pugh
con-fermano ancora una volta il lorotalento. Le due attrici
dimostranouna perfetta conoscenza dei loropersonaggi che non può
che col-pirci. La loro presenza scenica èsorprendente, così come la
natura-lezza che restituiscono ai loro per-sonaggi (e non è certo
un caso cheJo e Amy siano al centro dellescene più significative
del film).Meno esplosive, per il ruolo a loroassegnato, le altre
due sorelle inter-pretate da Emma Watson e ElizaScanlen; così come
la madre LauraDern, al centro di un numero mi-nore di scene.
Timothée Chalamete Meryl Streep deliziano il pub-
blico rispettivamente nei panni delgiovane Laurie e della Zia
March.Completano il cast, in ruoli minori,Tracy Letts, Bob
Odenkirk, LouisGarrell e Chris Cooper. L’eccezio-nalità di questa
nuova interpreta-zione di Piccole Donne sta perònella genialità
della regista, che,pur non avendo cambiato gli avve-nimenti e le
caratteristiche delleprotagoniste, riesce a evidenziare itemi
principali dividendo la sce-neggiatura in due linee
temporaliparallele.La prima che apre il filmè ambientata nel 1868,
il “pre-sente”, dove le giovani conduconovite separate. La seconda,
invece, èambientata sette anni prima e rap-presenta il “passato”,
dove le quat-tro sorelle vivono insieme allamadre in attesa del
ritorno delpadre dal fronte. Questo procederecon vicende diverse
parallelamentedona al film un dinamismo sor-prendente (per un'opera
che ha giàricevuto numerosi adattamenti) eha inoltre il merito di
rendere piùcentrale il personaggio di Jo. Que-sto rappresenta sia
la scrittrice Lo-uisa May Alcott che la stessa Greta
Gerwig e nel film svolge il delicatoruolo di mettere in luce gli
ostacolisulla strada dell'autonomia femmi-nile, la natura del
matrimonio, inparticolare per la donna, e in gene-rale le
conseguenze sociali e indi-viduali della sua mancataindipendenza
economica. In questomodo i temi più cari ad entrambe leautrici -
quello della crescita e dellafamiglia, ma anche quello
del-l'emancipazione attraverso la scrit-tura - trovano lo spazio
chemeritano in modo naturale, rappre-sentando al meglio lo spirito
for-mativo dell’opera. La brillantezzadi quest’opera sta
nell’essere unperfetto adattamento moderno, incui l’autrice,
proveniente da una di-versa epoca, riesce comunque a ri-specchiarsi
nelle giovaniprotagoniste di questo classicoassai noto e a
raccontare così nonsolo la propria storia, ma anchequella delle
donne che vivono nelmondo di oggi.
Di Ludovica Milesi IIIC
piuttosto che imparare a fingere,non iniziamo ad essere più
traspa-renti? Quante relazioni avremmopotuto salvare se ci fossimo
chiaritidi persona anziché scappare dalleconseguenze del problema
pre-mendo l'opzione "blocca contatto"?Quanti fraintendimenti
avremmopotuto evitare se, per una buonavolta, ci fossimo incontrati
in unacaffetteria piuttosto che accanircisulla tastiera di un
oggetto senzaanima né mente? Perché tante
bugie, tanti torti e malefatte, tantainvidia nei confronti degli
altri?Non potremmo semplicemente,tutti insieme, abbassare le
nostredifese? Fermiamoci piuttosto, dedi-chiamo a noi stessi
momenti di so-litudine per ascoltarci, interrogarcie capirci:
diamoci tempo. Se siamotristi, infelici, arrabbiati o ci sen-tiamo
"intrappolati", non è semprecolpa dei nostri amici, genitori odegli
insegnanti, necessitiamo diaiuto, di supporto, di un altro
punto
di vista, proprio perché, da soli, lecose mancano della
tridimensiona-lità. Condividiamo le passeggiate, imomenti di
riflessione, le nostreperplessità, invitiamoci ai pranzi edalle
cene per stare in compagnia,divertiamoci, imprestiamoci i
libri,consigliamoci i film e le canzoni,raccontiamoci le curiosità
che sco-priamo ma anche le sciocchezze.La condivisione non è un
"click"!
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