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Eating Planet

Mar 10, 2016

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Eating Planet, nutrirsi oggi: una sfida per l'uomo e il pianeta 2012. A cura del Barilla Center for Food and Nutrition in collaborazione con il World Watch Institute.
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2012NUTRIRSI OGGI: UNA SFIDA PER L’UOMO E PER IL PIANETA

BARILLA CENTER FOR FOOD & NUTRITIONIN COLLABORAZIONE CON WORLDWATCH INSTITUTE

EATING PLANET

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Barilla Center for Food & Nutrition

eating planetnutrirsi oggi: una sfida per l’uomo e per il pianeta

introduzioneGuido Barilla, BCFN: le risposte a tre paradossi XI

prefazioneMario Monti, La sfida politica del cibo XV

guida alla lettura 3

1. le sfide del cibointroduzione

Worldwatch Institute: si può intervenire nel grande e nel piccolo 10

food for all: cibo per tutti 141.1 Lo sperpero dei paesi ricchi 161.2 Nuove tecniche di trasformazione degli alimenti 171.3 Migliorare l’alimentazione 181.4 La refezione scolastica 191.5 Comprare locale 20

food for sustainable growth: cibo per una crescita sostenibile 221.6 Ripensare la Rivoluzione verde 221.7 Rese e sostenibilità ambientale 231.8 Cambiamento climatico e sostenibilità alimentare 241.9 Zootecnia integrata per la sostenibilità 28

food for health: cibo e salute 301.10 Non solo calorie 311.11 Il ruolo delle verdure 321.12 Portare il cibo sano ovunque 341.13 L’importanza dell’informazione 351.14 Il ruolo delle strutture sanitarie 36

food for culture: cibo e cultura 371.15 Rilanciare i sistemi agricoli 381.16 Nuove tecnologie informatiche e di comunicazione 40

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VI eating planet

1.17 La divulgazione “sul campo” 411.18 Incentivare l’occupazione dei giovani 42

i tre obiettivi del cibo 441.19 Accrescere la consapevolezza del ruolo dell’agricoltura 46

2. cibo per tuttiintroduzione

Raj Patel, Come rispondere agli eccessi del mercato 50

dati e fatti chiave 54

l’accesso al cibo: le sfide di oggi e quelle di domani 562.1 La food security e i problemi di accesso al cibo 572.2 Il “paradosso alimentare” e le sue cause 602.3 Le possibili aree di azione 66

una nuova emergenza: l’instabilità dei prezzi del cibo 722.4 Il modello interpretativo del BCFN 722.5 Le variabili del modello BCFN 742.6 Strategie per contrastare la volatilità 81

approcci e strumenti per il “benessere sostenibile” 882.7 Prodotto interno lordo contro indicatori di benessere 882.8 Approccio soggettivo contro approccio oggettivo:

le diverse prospettive di misurazione del benessere 902.9 Il BCFN Index di benessere e di sostenibilità del benessere:

caratteristiche e specificità 942.10Il BCFN Index 2011 e i principali risultati 962.11 Le diverse dimensioni della sostenibilità 99

intervistePaul Roberts, Nell’accesso il fattore chiave è la diversità 102Ellen Gustafson, Le politiche agricole devono pensare alla salute e al benessere dell’uomo 106

proposte e azioni 110

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VIIsommario

3. cibo per una crescita sostenibileintroduzione

Carlo Petrini, Pagare il giusto 114

dati e fatti chiave 118

la doppia piramide: un’alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente 120

3.1 La piramide alimentare come strumento di educazione 1223.2 Alcuni studi sull’alimentazione mediterranea 1243.3 La piramide ambientale 1283.4 La doppia piramide per chi cresce 1313.5 La doppia piramide nel lungo periodo 135

il futuro dell’agricoltura: verso paradigmi agricoli sostenibili 138

3.6 L’agricoltura oggi: i principali paradigmi agricoli 1423.7 La sostenibilità dei sistemi colturali del grano duro: il caso Barilla 145

water economy: l’emergenza acqua tra disponibilità e interessi economici 158

3.8 La disponibilità dell’acqua: dall’abbondanza alla scarsità 1603.9 La realtà e le prospettive del diritto di accesso all’acqua 1643.10Le scelte e i comportamenti per un consumo sostenibile dell’acqua 1653.11 L’impronta idrica di una nazione e il commercio di acqua virtuale 1703.12 La privatizzazione dell’acqua: implicazioni tra pubblico e privato 173

intervisteHans R. Herren, La difficile transizione verso l’agricoltura sostenibile 177Tony Allan, Acqua virtuale fra sovraconsumo e cattiva gestione 180

proposte e azioni 183

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VIII eating planet

4. cibo e saluteintroduzione

Ricardo Uauy, La salute dipende dall’alimentazione e dall’agricoltura 186

dati e fatti chiave 190

cibo per una vita sana 192

4.1 La diffusione e le tendenze delle malattie croniche e i loro impatti economico-sociali 193

4.2 Le linee guida per l’adozione di una sana alimentazione e uno stile di vita corretto 196

4.3 Le linee guida e i modelli di dieta più diffusi 1984.4 Raccomandazioni per scegliere 203

cibo e bambini: la buona educazione 203

4.5 La diffusione dell’obesità e del sovrappeso nei bambini e negli adolescenti e il loro impatto economico-sociale 204

4.6 I nutrienti nelle differenti fasi della crescita 2064.7 Le linee guida per l’adozione di una sana alimentazione

e uno stile di vita corretto nei bambini e negli adolescenti 2174.8 Raccomandazioni per scegliere 218

longevità e benessere: il ruolo fondamentale della nutrizione 221

4.9 Impatti economici e sociali delle principali patologie su demografia e longevità 225

4.10La relazione tra longevità, patologie e ruolo dell’alimentazione e degli stili di vita 230

4.11 Stati infiammatori e restrizione calorica: possibili interventi per rallentare i processi di invecchiamento 236

4.12 Raccomandazioni per scegliere 239

intervisteMarion Nestle, Le aziende devono adottare comportamenti responsabili 241Aviva Must, Condividere la responsabilità sui bambini 245Alex Kalache, L’ impatto degli stili di vita sull’ invecchiamento 248

proposte e azioni 252

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IXsommario

5. cibo e culturaintroduzione

Shimon Peres, Food for Peace: un appello per la mobilitazione 256della buona volontà

dati e fatti chiave 258

la dimensione culturale del cibo 260

5.1 Il rapporto cibo-cultura: le origini 2615.2 Il cibo diventa comunicazione e convivialità 2625.3 Delizia e disgusto: la classificazione culturale del mangiabile 2635.4 Cibo: ruoli sociali, di genere e di potere 2665.5 Il valore simbolico degli alimenti nelle grandi fedi religiose 2675.6 Le proibizioni alimentari: cibo e purezza 2695.7 Cibo e cultura: un legame indissolubile 269

le grandi tradizioni culinarie e la realtà del cibo oggi 270

5.8 Le grandi tradizioni culinarie 2705.9 Il cibo oggi: sfide e prospettive 2755.10Verso una nuova visione dell’alimentazione 2785.11 Linee guida per ridefinire la relazione uomo-cibo 279

la cultura mediterranea: stile di vita e tradizione alimentare 281

5.12 Le caratteristiche salienti della dieta mediterranea 2825.13 La dieta mediterranea e gli aspetti sociali:

l’importanza della commensalità 2865.14 La mediterraneità oggi: il declino di un modello 2875.15 Come recuperare il significato della mediterraneità 294

intervisteJoaquín Navarro-Valls, Costruire la cultura della responsabilità 296Vandana Shiva, Chi controlla il cibo controlla la democrazia 298Michael Heasman, La guerra della consumer culture e il sistema alimentare: quali implicazioni per il modello mediterraneo? 301

proposte e azioni 304

note 306

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XI

Viviamo in un’epoca che si caratterizza per alcuni paradossi globali. Tre, in parti-colare, hanno da tempo colpito l’attenzione e rafforzato la nostra convinzione di dare vita a un centro di studi dalle caratteristiche innovative e del tutto originali.Il primo paradosso riguarda la coesistenza nel mondo di più di un miliardo di persone che soffrono la fame a fronte di un numero equivalente che soffre le conseguenze di un eccesso di nutrizione, nella forma di gravi malattie metabo-liche come, per esempio, il diabete. Eppure, già oggi, il sistema alimentare glo-bale è in grado di garantire un adeguato apporto nutrizionale a tutti gli esseri umani presenti sul pianeta. Le cause di questa situazione non sono facili da individuare e rimuovere. Questo, però, non deve scoraggiare ma, al contrario, deve fungere da sprone a individuare e proporre soluzioni nuove ed efficaci.Il secondo paradosso è relativo alla presenza sul pianeta di circa tre miliardi di animali da allevamento. Un terzo dell’intera produzione alimentare globale è destinato alla loro nutrizione. Peraltro, le attività di allevamento contribuiscono significativamente ai fenomeni di cambiamento climatico. Infatti si stima che siano responsabili di almeno il 50% delle emissioni agricole di gas serra. Ancora una volta si tratta di modelli da ripensare.Il terzo paradosso è legato a un’ulteriore forma di uso improprio delle risorse della Terra: la concorrenza tra biocarburanti e cibo. Una quota crescente di ter-reni agricoli è destinata alla produzione di carburante. Così facendo, scegliamo di dare da bere alle nostre automobili anziché da mangiare a esseri umani bisognosi.La crescente consapevolezza di questi squilibri ci ha spinto a riflettere sulle modalità più efficaci per comunicare e coinvolgere chiunque fosse interessato ad approfondire questi argomenti in modo indipendente, serio, scientificamente accurato. Da questa esigenza di informare, coinvolgere, comunicare e dibat-tere al fine di risolvere è nato nel 2009 il Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), un centro di analisi e proposte dall’approccio multidisciplinare che ha l’obiettivo di approfondire i grandi temi legati all’alimentazione e alla nutri-zione su scala globale. Il BCFN si propone di dare ascolto alle esigenze emer-genti dalla società, raccogliendo esperienze e competenze qualificate a livello mondiale, favorendo un dialogo continuo e aperto.

introduzione diGuido Barilla *

BCFN: le risposte a tre paradossi

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XII eating planet

La complessità dei fenomeni oggetto di indagine ha reso necessario adottare una metodologia che va oltre i confini delle diverse discipline; da qui nasce la suddivisione delle tematiche oggetto di studio in quattro macro aree: Food for All, Food for Sustainable Growth, Food for Health, Food for Culture.L’area Food for All affronta il tema dell’accesso al cibo e della malnutrizione, con l’obiettivo di riflettere su come favorire un miglior governo del sistema agro-alimentare su scala globale, al fine di rendere possibile una più equa distribu-zione del cibo e favorire un migliore impatto sul benessere sociale, sulla salute e sull’ambiente. L’area Food for Sustainable Growth approfondisce il tema della sostenibilità della filiera agroalimentare, attraverso un impiego equilibrato delle risorse naturali e una costante riduzione degli impatti negativi sull’ambiente. L’area Food for Health ha avviato un percorso di studio del rapporto esistente fra l’alimentazione e la salute. L’area Food for Culture, infine, cerca di comprendere, descrivere e rendere più significativo il rapporto dell’uomo con il cibo.Nei suoi primi tre anni di attività il centro ha realizzato e divulgato numerose pubblicazioni scientifiche. Guidato dalle scadenze istituzionali e dalle prio-rità presenti nelle agende economiche e politiche internazionali ha rafforzato, credo, il proprio ruolo di collettore e connettore tra scienza e ricerca da un lato, e decisioni politiche e azioni governative dall’altro. Ha inoltre organiz-zato eventi aperti alla società civile, tra i quali l’International Forum on Food & Nutrition, un importante momento di confronto internazionale con i più grandi esperti del settore giunto alla sua terza edizione.In linea con questa impostazione, le attività del BCFN sono guidate da un Advisory Board multidisciplinare, un organismo composto da esperti appar-tenenti a settori diversi ma complementari, che propone, analizza e sviluppa i temi e successivamente formula su di essi raccomandazioni concrete. Per ogni area sono stati individuati uno o più advisor specifici: Barbara Buch-ner (esperta di energia, climate change e ambiente) e John Reilly (economi-sta esperto di tematiche ambientali) per l’area Food for Sustainable Growth; Mario Monti (economista e policy maker) per l’area Food For All; Umberto Veronesi (oncologo), Gabriele Riccardi (nutrizionista) e Camillo Ricordi (immunologo) per l’area Food for Health; Claude Fischler (sociologo) per l’area Food for Culture.Dal lavoro di questo gruppo di esperti sono nate in questi anni idee di valore: al fine di comprendere in quale modo l’alimentazione incida sulla nostra condi-zione di salute, si è proceduto con la costruzione della doppia piramide ambien-tale e nutrizionale, con l’elaborazione dell’indice di benessere BCFN, con l’ana-lisi della Water Economy e delle linee guida nutrizionali dei principali organi-smi medico-scientifici internazionali. Sono stati, inoltre, svolti approfondimenti relativi alla corretta alimentazione nelle diverse età della vita, con particolare attenzione ai bambini.

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XIIIintroduzione

Così è nato Eating Planet, alla cui realizzazione hanno preso parte scienziati, leader politici, premi Nobel ed esperti di fama mondiale, che qui desideriamo ringraziare: Tony Allan, Ellen Gustafson, Michael Haesman, Hans Her-ren, Alex Kalache, Mario Monti, Aviva Must, Joaquín Navarro-Valls, Marion Nestle, Raj Patel, Shimon Peres, Carlo Petrini, Paul Roberts, Vandana Shiva, Ricardo Uauy.A tre anni dalla creazione del BCFN, abbiamo creduto utile proporre una sin-tesi di quanto fin qui elaborato, per segnare un punto del percorso e iniziare a ragionare su nuovi sviluppi.Il libro che abbiamo realizzato ci è sembrato il modo migliore per documentare una passione: per l’uomo e per la sua vita quotidiana, ma anche per il mestiere che facciamo, che ci chiede di non guardare solo al profitto dell’impresa. Ci chiede, crediamo, di concorrere a costruire un mondo migliore.

* Presidente Barilla Center for Food & Nutrition.

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XV

Perché ho provato un’attrattiva intellettuale molto forte per il lavoro che il Barilla Center for Food & Nutrition svolge da alcuni anni? Perché penso che l’enorme problema dell’accesso al cibo rappresenti una sintesi delle difficoltà che chi si occupa di concorrenza sui mercati e di governance globale si trova oggi ad affrontare.Viviamo in un contesto in cui, più o meno ovunque, le decisioni vengono prese in situazioni di emergenza. È accaduto con la crisi finanziaria, che è stata seguita da un’azione immediata, o quasi immediata, e da sforzi notevoli in direzione di un coordinamento, perché è palese che nessun paese, da solo, e nessuna regione del mondo, da sola, possono risolvere i problemi del sistema finanziario.La consapevolezza dell’emergenza riguarda oggi anche l’accesso al cibo. Almeno nel caso delle questioni finanziarie e di altre criticità di carattere macroeconomico, abbiamo osservato una tendenza pericolosa: quando un pro-blema diventa una reale emergenza, ci spaventiamo e, di conseguenza, siamo disposti a rinunciare a parte della nostra sovranità nazionale, perché pensiamo che la cooperazione sia l’unica soluzione. Non appena il problema sembra essere un po’ meno urgente e sensibile, in una prospettiva di breve termine tendiamo a tornare alle vecchie pratiche.A partire da questa osservazione di carattere generale, due aspetti vanno a mio giudizio sottolineati. Il primo riguarda la natura stessa della sfida che dob-biamo affrontare: l’agricoltura e il cibo, e la sicurezza del cibo nei suoi risvolti finanziari, sono problemi infinitamente più complicati e più radicati nel nostro sistema economico e nella nostra società, con conseguenze molto più ampie e durature, degli squilibri finanziari degli ultimi anni. Questo signi-fica che risolvere questi problemi è una questione a termine infinitamente più lungo, uno sforzo prolungato, perché si inserisce più in profondità nelle strut-ture socioeconomiche. Pertanto dobbiamo guardarci dal rischio di reversibilità non appena si intravede la soluzione del problema.A tal riguardo, sono ottimista in merito all’Unione Europea. Siamo in 27, abbiamo organismi decisionali, istituzioni e leggi, così come strutture per attuare queste leggi. Quindi, il rischio di reversibilità, una volta che un pro-

prefazione diMario Monti *

la sFida politiCa del CiBo * *

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XVI eating planet

blema esce dallo stato di emergenza acuta, è minore nell’Unione Europea rispetto ad altre aree del mondo.È poi chiaro, ed è questo il secondo aspetto, che un rafforzamento della gover-nance globale è fondamentale. Governance non significa limitare le iniziative imprenditoriali: governance significa governo dei mercati in termini generali, e gli imprenditori, come gli utenti e i consumatori sono i protagonisti del mer-cato. Quello che occorre non è un modello di pianificazione troppo ambizioso da attuare nel mondo, in un paese o in un gruppo di paesi; al contrario, l’am-bito nel quale è oggi possibile conseguire un maggiore ritorno in termini di efficacia è la capacità d’instaurare rapporti sempre migliori tra gli strumenti politici e le reazioni dei mercati.Ci sono alcune proposte in merito che ritengo efficaci, a partire ovviamente dall’idea di tornare ad attribuire al cibo un ruolo centrale nel programma poli-tico ed economico internazionale. Occorre poi promuovere misure per favorire uno sviluppo economico equilibrato e l’aumento della produttività agricola.Un terzo aspetto cruciale è la modifica della filiera di produzione e distribu-zione alimentare al fine di gestire la crescente volatilità dei prezzi e garantire l’esistenza di reti di sicurezza. È qui che, se vogliamo, il settore alimentare con-verge maggiormente con il settore finanziario.Anche il punto conclusivo della catena, che riguarda le abitudini alimentari dei consumatori, è fondamentale. Per vari motivi legati alla sostenibilità, ma anche per considerazioni di salute individuale e familiare, questo è un aspetto su cui bisogna investire molto di più.Facendo un’osservazione macropolitica un po’ più generale, si può dire che uno dei punti deboli dei modelli economici e politici nel mondo negli ultimi vent’anni sia stato un calo di attenzione per la distribuzione, qui intesa come possibilità di accesso al cibo. Ora, gli aspetti relativi a uguaglianza, disugua-glianza e distribuzione stanno tornando prepotentemente nell’arena politica interna e globale e questa è certamente una buona notizia.

* Mario Monti (Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’Economia e delle Finanze, Repubblica Italiana; Presidente dell’Università Bocconi; Membro dell’Advisory Board del Barilla Center for Food & Nutrition dal febbraio 2009 al novembre 2011).** Le riflessioni contenute in questo scritto sono state sviluppate in occasione del workshop “L’Unione Europea può affrontare le nuove sfide geopolitiche ed econo-miche dell’accesso al cibo?” organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition presso il Parlamento Europeo lo scorso 15 giugno 2011.

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sommario

introduzione Worldwatch Institute: si può intervenire nel grande e nel piccolo

food for all: cibo per tutti1.1 Lo sperpero dei paesi ricchi1.2 Nuove tecniche di trasformazione degli alimenti1.3 Migliorare l’alimentazione1.4 La refezione scolastica1.5 Comprare locale

food for sustainable growth: cibo per una crescita sostenibile

1.6 Ripensare la Rivoluzione verde1.7 Rese e sostenibilità ambientale1.8 Cambiamento climatico e sostenibilità alimentare1.9 Zootecnia integrata per la sostenibilità

food for health: cibo e salute1.10 Non solo calorie1.11 Il ruolo delle verdure1.12 Portare il cibo sano ovunque1.13 L’importanza dell’informazione1.14 Il ruolo delle strutture sanitarie

food for culture: cibo e cultura1.15 Rilanciare i sistemi agricoli1.16 Nuove tecnologie informatiche e di comunicazione1.17 La divulgazione “sul campo”1.18 Incentivare l’occupazione dei giovani

i tre obiettivi del cibo1.19 Accrescere la consapevolezza del ruolo dell’agricoltura

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1.le sFidedel ciboNell’evidente inadeguatezza dell’attuale sistema alimentare, il Worldwatch Institute sostiene con forza la necessità di elaborare e promuovere nuove strategie per soddisfare la domanda mondiale di beni alimentari in modo equo e sostenibile. Nel capitolo vengono analizzate le cause della distorsione del sistema, con raccomandazioni per sostenere la produzione agricola, valorizzarne il ruolo all’interno delle comunità di riferimento e promuovere l’integrazione biologica delle risorse naturali.

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1. le sFidedel ciboWorldwatch Institute: si può intervenire nel grande e nel piccolo

Ad Ahmedabad, in India, un gruppo di donne agricoltrici e lavoratrici nel settore della trasformazione alimentare sta cambiando le abitudini alimen-tari degli indiani. Queste donne sono parte della Self Employed Women’s Association (SEWA), il sindacato che raccoglie oltre un milione di lavoratrici in condizioni di povertà. In India, il 93% della forza lavoro femminile non è iscritta a un’organizzazione sindacale, il che rende le donne quasi invisi-bili, impedendo loro sia l’accesso al credito sia all’acquisto di terreni e servizi finanziari, inclusa l’apertura di conti correnti bancari. Coinvolgendole nella produzione di alimenti, il SEWA sta aiutando le donne a migliorare i propri mezzi di sostentamento attraverso la conquista di una maggiore autonomia. Il 45% delle aderenti al SEWA è costituito da piccole agricoltrici dedite ad attività cosiddette marginali.1

Le iscritte al SEWA scelgono e confezionano il riso, che commercializzano con il proprio marchio. Presso una fattoria in campagna gestita dal SEWA le donne coltivano riso e ortaggi biologici e producono compost organico su terreni precedentemente considerati improduttivi e marginali. “Ora gua-dagniamo oltre 15.000 rupie (350 dollari) a stagione, una cifra che non avremmo sognato di riuscire a guadagnare neppure in tutta la vita”, sostiene Surajben Shankasbhai Rathwa, membro dell’associazione dal 2003. Queste donne guadagnano di più e mangiano meglio di quanto non abbiano mai fatto e svolgono un importante servizio per la comunità producendo alimenti salutari, convenienti e coltivati secondo principi di sostenibilità per i consu-matori locali. Le famiglie più povere non si possono infatti permettere cibo di buona qualità e il riso e gli altri alimenti base che acquistano sono pro-dotti scadenti: di frequente, i chicchi di riso sono frantumati o mescolati a sporcizia e sassolini e la maggior parte degli alimenti è prodotta con l’im-piego di pesticidi e fertilizzanti artificiali.2

Ma le donne del SEWA non si interessano solo di quanto accade all’in-

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agricoltore della cloud kpalimé forest, togoL’ONG Les Compagnons Ruraux del Togo insegna pratiche di agricoltura sostenibile agli agricoltori che vivono nella Cloud Kpalimé Forest. L’organizzazione migliora la sicurezza alimentare locale con attività di formazione rivolte a gruppi di donne sulla coltura e la vendita di ortaggi biologici, piante officinali e olio di palma lavorato localmente. Grazie alla collaborazione con i residenti locali, l’organizzazione punta a evitare la fuga dei giovani adulti verso le città.

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terno della loro comunità. Vogliono sapere anche cosa fanno gli agricoltori dell’Africa subsahariana, lontana da loro migliaia di chilometri, per combat-tere il cambiamento climatico, conservare l’acqua e sviluppare i terreni. Nel corso di un incontro tenutosi all’inizio del 2011 hanno cercato di capire ciò che potrebbero apprendere dalle loro controparti che vivono in un’area del mondo costretta ad affrontare le stesse sfide con le quali anch’esse si confron-tano quotidianamente: eventi atmosferici imprevedibili, degrado del suolo, prezzi elevati dei prodotti alimentari, povertà e malnutrizione. Questi pro-blemi sono presenti tanto in India quanto in Africa, così come in altre parti del mondo in via di sviluppo. E anche se le attività di formazione in fattoria e i servizi di credito agricolo offerti dal SEWA da soli non saranno sufficienti a trasformare il sistema alimentare globale, rappresentano comunque un passo avanti per fare sì che l’agricoltura non costituisca solo un mezzo per sfamare il mondo, ma vada anche ad alimentare le fonti di sostentamento, garantendo la sostenibilità ambientale e la vitalità delle economie rurali e urbane.3

siamo a una svolta. Non vi sono dubbi sul fatto che l’attuale sistema ali-mentare non funzioni più: sia nei paesi ricchi sia in quelli poveri vengono sprecate enormi quantità di cibo, l’agricoltura è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra, le patologie di origine alimentare sono in cre-scita e gli impatti ambientali dell’agricoltura (tra cui la deforestazione, la scarsità di acqua e l’aumento delle emissioni di gas serra) si stanno facendo sentire in maniera sempre più tangibile.4

Nel corso degli ultimi trent’anni il sistema alimentare occidentale è stato organizzato in modo da promuovere il consumo eccessivo di alcune commo-dity consolidate – tra cui riso, frumento e mais – e ha lasciato da parte pro-dotti alimentari autoctoni che, oltre a fornire un apporto calorico, sono ric-chi di vitamine e micronutrienti essenziali e generalmente sono resistenti alle temperature elevate, alla siccità e alle malattie. Una delle conseguenze è che nel mondo vi è un miliardo e mezzo di persone obese o sovrappeso e pertanto maggiormente a rischio di diabete, malattie cardiovascolari e altre patologie.5

Oggi quasi un miliardo di persone nel mondo va a dormire ogni notte affa-mata mentre svariati miliardi soffrono di carenze di micronutrienti (figura 1.1).Se iniziamo ora, tuttavia, possiamo mettere a punto una strategia, una visione del futuro e una road map migliori per il sistema alimentare globale, un sistema che nutra tanto le persone quanto il pianeta individuando dei modi per rendere la produzione e il consumo di alimenti più equi e sosteni-bili in termini economici, ambientali e sociali.Le soluzioni esistono già – nei progetti di market garden (orticoltura e ven-dita dei prodotti nei mercati locali) nel Niger rurale, sulle tavole da pranzo in Italia, negli orti pensili del Vietnam, presso gli istituti di ricerca di Taiwan,

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13introduzione | le sfide del cibo

negli edible school yard (orti realizzati nei cortili delle scuole) degli Stati Uniti e nelle comunità di tutto il mondo – ma non ricevono l’attenzione e gli inve-stimenti di cui necessitano. Tutto questo deve cambiare.

figura 1.1

La fame nel mondo (1969‑2011)Fonte: rielaborazione Worldwatch Institute su dati FAO, “Hunger Statistics”, www.fao.org.

1.350

1.200

1.050

900

750

600

450

300

150

01969‑71 1979‑81 1990‑92 1995‑97 2000‑02 2004‑06 2008 2009 2010 2011

mil

ioni

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878 853 845 825857 873

915

1.020

925 925

stima

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114 eating planet

3.CiBo peruna crescita sostenibilePagare il giustoCarlo Petrini

La sostenibilità è un concetto legato a un’idea molto antica: il tempo. È un concetto che ci parla di “quanto a lungo può reggere” qualcosa. È senz’altro una bella parola, sostenibilità, e ha una bella origine: nasce in riferimento a uno dei pedali del pianoforte, che in inglese si chiama sustain, quello che serve per allungare le note, per farle durare nel tempo. Non per niente i francesi traducono con durabilité, capacità di durata.La consapevolezza che quel che ci proponiamo di intra-prendere (a livello di comportamenti privati, pubblici o imprenditoriali) deve poter durare nel tempo e a tanti livelli (sociale, economico e ambientale), è uno degli elementi chiave per il futuro delle attività umane. Oggi sostenibilità è una parola molto utilizzata: al futuro ci si pensa un po’ di più, molti lo fanno continuamente, perché nell’idea di sostenibilità c’è anche un po’ più di consapevolezza che il futuro non è roba nostra, così come non lo sono le risorse naturali. Sono patrimoni condivisi, che tocca alle genera-zioni attuali preservare per quelle che verranno, verso le

quali abbiamo delle responsabilità. Ecco un altro elemento: l’idea di responsa-bilità per chi deve ancora venire, per chi arriverà su questa Terra con gli stessi nostri diritti a godere di gusti, climi, panorami, salute, qualità della vita.Ma c’è di più.C’è la certezza che per proteggere tutto quello di cui vogliamo godere e che vogliamo tramandare non c’è un solo e unico livello di azione: servono le grandi impostazioni dei governi, i trattati internazionali e le leggi. Ma servono, allo stesso modo, i gesti quotidiani, le scelte individuali, i no e i sì che ognuno di noi può dire riorganizzando la propria esistenza o attività con un diverso ordine delle priorità. Qualcosa che non dà la precedenza soltanto al guada-gnare tempo e risparmiare denaro, o viceversa, ma che per esempio consideri il tempo speso nella scelta del proprio cibo come tempo investito nella cura

carlo petrini è il presi-dente dell’associazione internazionale Slow Food. Negli anni Ottanta ha fondato Arcigola, divenu-ta nel 1989 l’associazione internazionale Slow Food.Dalle sue idee sono nate la prima Università di Scienze gastronomiche e Terra Madre, la rete di oltre 2.000 comunità del cibo che riunisce produt-tori agricoli da tutto il mondo.

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115introduzione | cibo per una crescita sostenibile

della propria salute e dell’ambiente, e i soldi utilizzati per acquistarlo come una partecipazione a un mestiere, quello dell’agricoltore, che va remunerato per i molti servizi che rende alla società e alla Terra, e non soltanto per i prodotti che immette sul mercato. Un denaro che paga dei valori, oltre che un prezzo.In tema di sostenibilità il cibo è un fattore centrale, determinante, che non si può omettere di considerare. Da questo punto di vista, forse il livello pri-vato, degli individui, oggi è certamente il più attivo e consapevole, mentre il livello della politica rimane quello più svagato, più assente e spesso genuina-mente ignorante. L’agricoltura è considerata frequentemente come un settore a sé stante, semplice produttore di merci, di commodities, che valgono soltanto per quel che costano, o per i prezzi che s’influenzano grazie alle correzioni imposte dall’alto (o peggio, tramite speculazioni finanziarie). Si pensa troppo spesso che sia un settore produttivo scevro degli altri valori di cui in realtà è portatore; valori che non a caso hanno tutti a che fare, profondamente, con l’idea di sostenibilità. C’è per esempio la cura dei suoli e dei terreni. Il saperli mantenere vivi attra-verso l’attività agricola, curando una biodiversità che si può vedere immediata-mente guardando le piante (coltivate e non) e gli animali (selvatici o allevati), ma che è anche celata in tanti microrganismi, la micro-vita che rende fertili e produttivi i terreni, che li conserva ricchi per il futuro, che li fa durare. Pur-troppo suoli e biodiversità si pregiudicano per sempre attraverso monocolture intensive coltivate per molti anni di seguito, senza rotazione, e con l’abuso di fertilizzanti o pesticidi. Spesso la motivazione che si adduce è che queste sono pratiche necessarie per produrre di più, ma produrre per produrre non è un’at-tività sostenibile e, come vedremo, neanche necessaria. Così come non lo è la cementificazione selvaggia, che non può essere compatibile con la conserva-zione dei sistemi naturali e agricoli, sempre più minacciati. Un terreno cemen-tificato non tornerà mai fertile: lo perderemo per sempre e lo negheremo alle future generazioni. Suoli e biodiversità, poi, sono il presupposto per cibi abbondanti, sani, diversi a seconda dei climi e delle culture, che anche per questo sono cibi sostenibili. L’accanimento eroico di alcuni nel difendere le piccole economie agricole locali, tanto più quelle a rischio di estinzione, non è un esercizio nostalgico o l’epicu-rea attività di chi ama mangiare rarità di grande qualità: è un atto sostenibile valido per tutti i tipi di produzioni, in difesa della biodiversità, di comunità perfettamente in armonia con l’ambiente, e di tutto ciò che ne consegue. Vale a dire diversità di gusti, e quindi di culture: altre garanzie di sostenibilità per il progresso della vicenda umana su questa Terra. Perché se non c’è diversità non c’è identità, se non c’è scambio non c’è arricchimento reciproco, se trionfa l’omologazione seriale diventiamo poveri e indifesi, incerti di fronte al futuro, alla nostra “durabilità”.

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116 eating planet

Questi sono soltanto alcuni dei principali valori che si dovrebbero pagare – sia come singoli cittadini al momento della spesa, sia come collettività attraverso le imposte – alla buona agricoltura che rispetta il contesto naturale in cui è inserita. Lo si dovrebbe fare attraverso parametri seri e controllati, inserendo la multifunzionalità nella valutazione dell’operato delle aziende agricole, non soltanto a parole ma con veri e rigidi regolamenti. Certo: la multifunzionalità – tutti questi valori – si traduce quasi sempre in territori molto belli, in panorami che un’antropizzazione (la mano dell’uomo sull’ambiente) positiva ha reso ancor più piacevoli e suggestivi. Luoghi in cui è evidente che ci sia qualcuno che se ne sta prendendo cura. E la cura del territorio è un altro presupposto della soste-nibilità, che scaturisce dall’amore per le cose che si vivono, che si usano, che si trasformano con rispetto e che quindi si possono perpetuare. La cura e tutti gli altri valori si traducono quasi automaticamente nel bello ma anche nel buono, nella capacità di trarre il massimo possibile da un prodotto, nell’esaltarne le caratteristiche attraverso tecniche agricole e di trasformazione, nel far cono-scere il suo gusto unico e intenso. Bello e buono sono dunque parte integrante del concetto di sostenibilità: è tempo di finirla con l’idea che etica ed estetica siano due campi, due idee, due filosofie di vita separate tra di loro e incompati-bili. Etica ed estetica, in un’ottica di sostenibilità, sono così complementari da diventare una cosa sola, un unico faro guida. Faccio un elenco: non inquinare, non esagerare con la chimica, non fare azioni dannose nel nome del semplice profitto nei confronti delle risorse, della terra e di chi la coltiva. Non consumare il suolo fertile. Difendere la biodiversità. Stimolare le economie locali, le produzioni tradizionali, le aziende medio-pic-cole in zone difficili, isolate o affamate. Avvicinare i cittadini agli agricoltori e all’agricoltura. Promuovere un ritorno da parte dei più giovani alla terra. Sono, questi, un po’ di “comandamenti” da rispettare nel nome della sostenibilità, alcune azioni che si possono mettere in campo a tutti i livelli sopracitati. Azioni che, oltretutto, si coniugano perfettamente con il bello e il buono, in un mondo che produce troppo cibo (la quantità totale prodotta sulla Terra è già più che sufficiente per nutrire tutti gli abitanti di questo pianeta) e che ne spreca altret-tanto, dal momento che i dati ufficiali sullo spreco alimentare sono più che intollerabili e offensivi di fronte a quel miliardo di persone che è quotidiana-mente alle prese con la fame e la malnutrizione. Ecco altri “comandamenti”: produrre un po’ meno, produrre meglio, distribuire con senno, radicando pro-duzione e consumo il più possibile nei diversi territori, innanzi tutto agendo sul livello locale.Tornando ai singoli cittadini, il fatto che bello e buono siano al contempo conseguenze e presupposti della sostenibilità, non può far altro che incorag-giarci a mutare le nostre abitudini, a partire proprio dalle scelte alimentari, dalla nostra spesa quotidiana. Ben presto – se non l’abbiamo già fatto – sco-

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priremo che mangiare può essere un’attività che è tanto più piacevole e salutare quanto più è sostenibile e che possiamo fare la nostra parte ampiamente senza grandi sacrifici ma, anzi, aggiungendo piccole importanti porzioni di felicità alle nostre vite. Imparando a pagare il giusto: il prezzo insieme ai valori. “Mangiare è un atto agricolo” ha scritto il poeta contadino Wendell Berry. Pos-siamo aggiungere che è un atto ecologico, un atto paesaggistico, un atto di pro-fondo rispetto per le culture, un atto politico. E deve diventare un atto sosteni-bile, perché mangiare è la cosa più direttamente, intimamente collegata – tanto in maniera evidente quanto in maniera nascosta perché ancora insondabile per le nostre conoscenze scientifiche – con tutto ciò che ci circonda: ovvero quel grande sistema complesso che è il pianeta che ci ospita. La biosfera. In poche parole la nostra casa, di cui però non siamo semplici inquilini, ma parte inte-grante. Perché siamo dentro il sistema. Per troppo tempo abbiamo fatto finta di esserne un corpo estraneo, ospitato, che tutto può avere a sua disposizione, finché ce n’è a disposizione. Per questo motivo non agire in maniera sostenibile, “che fa durare”, fa male alla Terra, ma ne fa anche a noi umani. Ed è dun-que anche soltanto per l’egoismo che ha sempre caratterizzato la nostra specie che dovremmo rivedere molte nostre scelte, partendo proprio da quelle che per molti di noi, troppi, nel tempo sono diventate insignificanti, semplicemente perché quotidiane. Come la scelta di che cosa mangiare ogni giorno, che in realtà ha il potere di cambiare il mondo.

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2012 2030

3.  cibo per una crescita sostenibile

IMPATTO dell’ATTIvITà AgrIcOlA

L’attività agricola è responsabile per il 33% della produzione globale di gas serra e per l’80% dei consumi di acqua destinati alla produzione di cibo.

9 MIlIArdI

+3MIlIArdI di assetati nel mondoNel 2025 tre miliardi di persone non avranno abbastanza acqua potabile

33%produzione gas serra

80%Consumo di aCQua

+30%

Nel 2050 gli abitanti della Terra saranno 9 miliardi contro i 7 miliardi di oggi

2050

2012

Circa il 43% delle foreste tropicali e subtropicali e il 45% di quelle temperate sono state convertite in terreni per le coltivazioni

L’applicazione di corrette pratiche agronomiche permette la riduzione delle emissioni di CO2 generate dalle attività agricole in misura pari al 30% del totale

- 30% di emissioni di Co2 in agriColtura

cOnsuMO dI AcquA vIrTuAle

- 45% dI “POlMOnI” verdI

32% rIsOrse ITTIcheIn esAurIMenTO

AllevAMenTO dI besTIAMe

L’allevamento del bestiame è oggi la destinazione d’uso più ingente della terra dispo-nibile: circa il 26% della terra è sfruttata per i pascoli, mentre un terzo dei terreni agricoli è diretto alla produzione di mangimi animali.

26%uso terreni per il pasColo

1/3 produzione di mangimi

terreni per la

Il consumo giornaliero di acqua virtuale con una dieta ricca di carne si aggira attorno ai 5.400 litri, mentre con una dieta composta da cereali, frutta, ortaggi e pesce si scende a un consumo compreso tra 1.500 e 2.600 litri

Il 32% delle zone di pesca sono state sfruttate in eccesso, impoverite o esaurite

uTIlIzzO bIOcArburAnTIPer i biocarburanti si utilizza oggi l’1% dei terreni agricoli. Le proiezioni al 2030 indi-cano un valore tra il 2,5% e il 3,8% di terreni destinati alla loro produzione

1%3,8%

5.400 lITrI

2.600lITrI

1.500lITrI

Entro il 2050 i terreni coltivabili diminuiranno a causa del cambiamento climatico e la geografia della produzione agricola si modificherà radicalmente

- 8/20% TerrA cOlTIvAbIle

118 eating planet

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2012 2030

3.  cibo per una crescita sostenibile

IMPATTO dell’ATTIvITà AgrIcOlA

L’attività agricola è responsabile per il 33% della produzione globale di gas serra e per l’80% dei consumi di acqua destinati alla produzione di cibo.

9 MIlIArdI

+3MIlIArdI di assetati nel mondoNel 2025 tre miliardi di persone non avranno abbastanza acqua potabile

33%produzione gas serra

80%Consumo di aCQua

+30%

Nel 2050 gli abitanti della Terra saranno 9 miliardi contro i 7 miliardi di oggi

2050

2012

Circa il 43% delle foreste tropicali e subtropicali e il 45% di quelle temperate sono state convertite in terreni per le coltivazioni

L’applicazione di corrette pratiche agronomiche permette la riduzione delle emissioni di CO2 generate dalle attività agricole in misura pari al 30% del totale

- 30% di emissioni di Co2 in agriColtura

cOnsuMO dI AcquA vIrTuAle

- 45% dI “POlMOnI” verdI

32% rIsOrse ITTIcheIn esAurIMenTO

AllevAMenTO dI besTIAMe

L’allevamento del bestiame è oggi la destinazione d’uso più ingente della terra dispo-nibile: circa il 26% della terra è sfruttata per i pascoli, mentre un terzo dei terreni agricoli è diretto alla produzione di mangimi animali.

26%uso terreni per il pasColo

1/3 produzione di mangimi

terreni per la

Il consumo giornaliero di acqua virtuale con una dieta ricca di carne si aggira attorno ai 5.400 litri, mentre con una dieta composta da cereali, frutta, ortaggi e pesce si scende a un consumo compreso tra 1.500 e 2.600 litri

Il 32% delle zone di pesca sono state sfruttate in eccesso, impoverite o esaurite

uTIlIzzO bIOcArburAnTIPer i biocarburanti si utilizza oggi l’1% dei terreni agricoli. Le proiezioni al 2030 indi-cano un valore tra il 2,5% e il 3,8% di terreni destinati alla loro produzione

1%3,8%

5.400 lITrI

2.600lITrI

1.500lITrI

Entro il 2050 i terreni coltivabili diminuiranno a causa del cambiamento climatico e la geografia della produzione agricola si modificherà radicalmente

- 8/20% TerrA cOlTIvAbIle

119dati e fatti chiave | cibo per una crescita sostenibile

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120 eating planet

la doppia piramide: un’alimentazione sana per tutti e sostenibile per l’ambiente

Non si può pensare di affrontare il tema dello sviluppo senza mettere in primo piano tutte le variabili che compongono il sistema agroalimentare, per-ché è proprio da questo settore che, in modo più che significativo, nascono non solo i problemi ma anche le soluzioni della sostenibilità. Ed è altrettanto evidente che la sostenibilità della filiera agroalimentare non dipende unica-mente dall’impegno degli agricoltori, dei produttori e dei distributori, ma anche – e forse in misura ancora maggiore – dai comportamenti degli indi-vidui e delle famiglie, che con le loro scelte quotidiane condizionano forte-mente tutto il mercato.Ma a differenza di quanto avviene in altri ambiti socio-economici (per esem-pio i trasporti o le abitazioni), dove il vantaggio collettivo si pone spesso in contrapposizione con quello individuale, nel settore alimentare lo sforzo di una maggiore responsabilità richiesto alle persone non diminuisce il loro benessere. Anzi: si può affermare che la riduzione del proprio “impatto ambientale alimentare”, oltre a non determinare maggiori costi, va a diretto vantaggio della salute. Infatti, analizzando i dati disponibili sull’impronta ecologica dei cibi (Ecological Footprint), il BCFN ha scoperto inattese e interessanti qualità “ambientali” di quei prodotti che, secondo i nutrizioni-sti, si dovrebbe consumare di più. In altre parole, si è dimostrato che se si adotta come menu quello proposto dalla classica piramide alimentare (quella che pone al vertice i prodotti da consumare con minore frequenza e alla base quelli di cui è bene abbondare) non solo si rispetta la propria salute, ma anche quella del pianeta in cui viviamo.Il Barilla Center for Food & Nutrition ha concettualizzato e pubblicato per la prima volta nel 2010 la “doppia piramide alimentare-ambientale”, uno stru-mento di comunicazione in grado di mettere in relazione gli aspetti nutrizio-nali e gli impatti ambientali degli alimenti consumati. Nel 2011, sulla base di ulteriori analisi, la doppia piramide è stata aggiornata e ridisegnata nella versione proposta in figura 3.1.Il posizionamento delle categorie di alimenti nei diversi livelli della piramide varia in base alla frequenza di consumo suggerita: ferma restando la necessità di garantire sempre la massima varietà della dieta, i cibi collocati vicino al vertice sono quelli che andrebbero mangiati meno spesso, mentre quelli che sono alla base non dovrebbero mai mancare sulla tavola. La parte nutrizionale della doppia piramide è stata costruita assumendo come modello di riferi-mento la dieta mediterranea – ovvero l’approccio alimentare tradizionalmente adottato nei paesi dell’area del Mediterraneo come Italia, Spagna, Portogallo,

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121la doppia piramide | cibo per una crescita sostenibile

Grecia e Francia meridionale. La dieta mediterranea è un modello alimentare che si contraddistingue per la completezza e per lo spiccato equilibrio nutri-zionale ed è riconosciuta da numerosi scienziati dell’alimentazione come una delle migliori diete in senso assoluto per ciò che concerne il benessere fisico e la prevenzione delle malattie croniche, in particolare di quelle cardiovascolari.L’inedita piramide ambientale è stata invece costruita riclassificando gli stessi cibi della piramide alimentare rispetto al loro impatto sull’ambiente (alla base quelli con un impatto maggiore e salendo verso il vertice quelli più ecososte-nibili). In questo modo si è scoperto che la sequenza degli alimenti era gros-somodo la stessa, sebbene invertita; questa correlazione appare infatti evidente se si capovolge la piramide ambientale.Accostando le due piramidi (una per il verso giusto e l’altra capovolta) si è ottenuta la “doppia piramide alimentare-ambientale”, dove si nota facilmente che gli alimenti dei quali è consigliato un consumo maggiore generalmente sono anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori. Viceversa, gli alimenti per i quali viene raccomandato un consumo ridotto sono anche quelli che hanno un maggiore impatto sull’ambiente.In pratica, emerge la coincidenza in un unico modello alimentare di due obiet-tivi diversi ma altrettanto rilevanti: la salute delle persone e la tutela ambientale.

figura 3.1

Il modello di doppia piramide alimentare e ambientaleFonte: BCFN, 2011.

piramide ambientale

piramide alimentare

basso alto

alto basso

consu

mo

sugg

erito

impa

tto

ambi

enta

le

DolciCarne rossa

Carne rossa

FormaggioPesce

OlioCarne bianca

Legumi, DolciYogurt, Uova

Pane, PastaLatte, Riso,

Biscotti

FruttaPatate

OrtaggiFrutta

Ortaggi

Pane, Pasta,Riso, Patate,

Legumi

FormaggiUova

Carne biancaPesce

BiscottiLatte

Yogurt

Olio

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122 eating planet

3.1 la piramide alimentare come strumento di educazione

Negli ultimi anni è aumentato notevolmente il numero di coloro che possono scegliere cosa e quanto mangiare. Tuttavia, senza una cultura adeguata o delle linee guida nutrizionali diffuse, illustrate e applicabili, queste persone rischiano di assumere stili alimentari sbilanciati; prova ne è la recente e dilagante diffu-sione di patologie dovute all’alimentazione eccessiva e non corretta.È stato il fisiologo americano Ancel Keys a spiegare al mondo perché in alcune regioni la popolazione fosse più longeva. Il segreto della longevità consisteva nel consumo equilibrato di tutti gli alimenti naturali privilegiando, per frequenza e quantità, frutta, verdura e derivati dei cereali e contemporaneamente riducendo il consumo di alimenti ricchi di grassi saturi, delle carni e dei dolciumi. In par-ticolare, Keys scoprì che grazie a questa dieta (da lui battezzata “mediterranea”) la mortalità per cardiopatie nei paesi del Sud Europa e del Nord Africa era più bassa di quella che si riscontrava nei paesi anglosassoni e del Nord, dove l’ali-mentazione era ricca di grassi saturi. Peccato che da allora, anche in Italia, la dieta mediterranea sia entrata in competizione con i modelli alimentari globali (primo tra tutti il fast food, molto diffuso nella dieta nord-americana).Il valore della piramide alimentare è duplice: da un lato rappresenta un’eccel-lente sintesi delle principali conoscenze acquisite dalla medicina e dagli studi sull’alimentazione, mentre dall’altro è un potente strumento di educazione al consumo grazie alla sua grafica semplice e intuitiva.

la base della piramide. Alla base della piramide si trovano gli alimenti di origine vegetale, tipici delle abitudini alimentari mediterranee, ricchi in termini di nutrienti (vitamine, sali minerali, acqua) e di composti protettivi (fibre e composti bioattivi di origine vegetale). Salendo si trovano progressivamente gli alimenti a crescente densità energetica (molto presenti nella dieta nord-ameri-cana), che andrebbero consumati in minore quantità.Partendo dalla base verso il vertice, troviamo la frutta e gli ortaggi, in quanto alimenti dal ridotto contenuto calorico e che forniscono all’organismo acqua, carboidrati, vitamine, minerali e fibra. Il contenuto di proteine è molto basso, così come è molto ridotto il contenuto di grassi, mentre l’apporto di carboidrati della frutta e degli ortaggi consiste soprattutto di zuccheri semplici, facilmente utilizzabili dall’organismo, e di poco amido. Inoltre, gli alimenti di origine vegetale sono la fonte principale di fibra che, oltre a regolarizzare la funzione intestinale, contribuisce al raggiungimento del senso di sazietà e quindi aiuta a contenere il consumo di alimenti a elevata densità energetica.Proseguendo nel percorso incontriamo la pasta, il riso, le patate, il pane e i legumi. La pasta è un alimento ricco di amido, con un discreto contenuto di proteine e con una quota lipidica irrilevante. Il riso, come tutti i cereali, ha un elevato contenuto di amido, un basso contenuto di proteine e uno ancora più

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ridotto di grassi; contiene, inoltre, piccole quantità di vitamine del gruppo B e minerali. La patata ha un contenuto di grassi e proteine molto esiguo, mentre è ricca di amido e carboidrati; rappresenta, infine, una delle fonti più importanti di potassio, fosforo e calcio. Il pane è un alimento di prima necessità, in quanto apporta all’organismo la quota necessaria di carboidrati. I legumi, infine, sono gli alimenti vegetali a più alto contenuto proteico e presentano anche un elevato contenuto in fibra; inoltre, forniscono proteine di ottima qualità – in quanto ricche di aminoacidi essenziali e facilmente digeribili – e sono una buona fonte di vitamine del gruppo B (soprattutto B1, niacina e B12) e di minerali quali ferro e zinco, e rappresentano un’alternativa al consumo di carne.Successivamente, nella piramide troviamo l’olio extra vergine di oliva che è composto da trigliceridi (ricchi di acidi grassi monoinsaturi), acidi grassi essen-ziali, vitamina E, polifenoli e fitosteroli (che esplicano azioni protettive per l’or-ganismo umano).Risalendo ancora troviamo il latte e lo yogurt. Il latte è composto per quasi il 90% da acqua in cui sono disperse tracce di proteine di alto valore biologico, grassi in prevalenza saturi a catena corta e facilmente digeribili – molti di essi sono anche ricchi in grassi animali che favoriscono l’incremento dei livelli di colesterolo plasmatico e vanno, pertanto, consumati con moderazione – e zuc-cheri (rappresentati soprattutto dal lattosio, costituito da galattosio e glucosio). Le vitamine presenti nel latte in quantità consistenti sono la A, B1, B2, B12 e l’acido pantotenico. Il latte, inoltre, è la fonte principale di calcio per la nutri-zione umana. Lo yogurt, come il latte, è un alimento ad alto valore nutrizionale ma può essere più digeribile per chi è intollerante al lattosio per la presenza di lattasi batterica.

la seconda parte della piramide. Al livello superiore della piramide tro-viamo un vasto raggruppamento di prodotti fra loro diversi, come i formaggi, le carni bianche, il pesce, le uova e i biscotti. I formaggi contengono proteine e grassi, mentre è quasi nullo il contenuto di carboidrati. Di particolare inte-resse è il contenuto di calcio, presente in una forma altamente biodisponibile, che contribuisce in modo rilevante a soddisfare il fabbisogno dell’organismo umano. Le vitamine del gruppo B sono presenti in piccole quantità, mentre buona è la dose di vitamina A. Quindi il pesce e le uova: il pesce contiene proteine di elevato valore biologico e quantità variabili di grassi, che possono raggiungere anche il 10% del peso. Nei grassi dei pesci sono presenti gli acidi grassi polinsaturi, che appartengono alla categoria degli acidi grassi essenziali; la famiglia degli acidi grassi omega-3, in particolare, è ritenuta benefica nella prevenzione delle malattie cardiocircolatorie. Le uova contengono proteine a un valore biologico così elevato che per anni la composizione proteica dell’uovo è stata il riferimento per valutare la qualità delle proteine degli altri alimenti. I

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124 eating planet

biscotti sono costituiti da più ingredienti e hanno una composizione in termini di nutrienti e un valore energetico estremamente variabili; a livello generale, è importante il contenuto in zuccheri semplici, mentre è molto variabile il conte-nuto di grassi, mediamente tra circa il 9 e il 25%.Il consumo di carne, in particolare magra, è importante perché contribuisce all’apporto di proteine di elevata qualità, necessarie per la crescita dei bambini e la formazione dei muscoli. Circa la metà delle proteine della carne è costituita da aminoacidi essenziali per l’organismo umano; sono presenti le vitamine del gruppo B (in particolare la B12), il selenio, il rame e lo zinco. Il contenuto in grassi è variabile: può risultare quasi nullo o vicino al 30%, in base alla tipo-logia della carne, e sono prevalentemente saturi e monoinsaturi, mentre pochi sono quelli polinsaturi: è quindi da preferire il consumo delle carni bianche e moderare il consumo delle carni rosse, come mostrato nelle numerose versioni di piramidi alimentari dei diversi istituti nazionali e internazionali che le posi-zionano al vertice, così come per i dolci che, essendo ricchi di grassi e di zuc-cheri semplici, sono da consumare con moderazione.

3.2 alcuni studi sull’alimentazione mediterranea

Dall’analisi dei numerosi studi di riferimento, emerge che un fattore protettivo contro le più diffuse malattie croniche – soprattutto cardiovascolari e tumorali, ma anche verso il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer – è l’adozione di uno stile alimentare ispirato al modello nutrizionale mediterraneo, ovvero quello adottato dal BCFN per la costruzione della piramide alimentare, caratte-rizzato da:• un elevato consumo di verdura, legumi, frutta e frutta secca, olio d’oliva e cereali (che nel passato erano prevalentemente integrali);• un moderato consumo di pesce e prodotti caseari (specialmente formaggio e yogurt) e vino;• un basso consumo di carne rossa, carne bianca e acidi grassi animali.

Le abitudini alimentari proprie della dieta mediterranea risultano infatti essere coerenti con le indicazioni nutrizionali espresse dalle linee guida prodotte dalle più autorevoli società scientifiche e istituzioni internazionali che si occupano delle più diffuse patologie della nostra epoca (in particolare malattie cardiova-scolari, cancro e diabete).Numerosi sono gli studi a prova di quanto sopra affermato. Il valore nutrizio-nale della dieta mediterranea venne dimostrato scientificamente dal noto “stu-dio dei sette paesi” diretto da Keys, in cui furono messe a confronto le diete adottate da diverse popolazioni per verificarne i benefici e i punti critici: da quello studio si capirono le associazioni tra tipologia di dieta e rischio d’in-

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paesaggi agrari: tokyo La produzione di colture alimentari in impianti industriali è una prospettiva sempre più concreta in Giappone, dove il processo di invecchiamento nella popolazione agricola sta assumendo aspetti critici: per una età media di 65 anni, solo il 5% è sotto i 40. La produzione in condizioni controllate permette inoltre di stabilizzare quantità e qualità del prodotto.

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126 eating planet

figura 3.2

La rappresentazione grafica dei consigli alimentari elaborati dall’USDAFonte: USDA, 2011.

sorgenza di malattie croniche, e si scoprì come il livello elevato di acidi grassi saturi nella dieta e del colesterolo nel sangue rappresenti un fattore in grado di spiegare sia le differenze nei tassi di mortalità, sia di prevedere quelli futuri di malattie coronariche nelle popolazioni analizzate.Dal primo “studio dei sette paesi” fino a oggi, molte altre ricerche hanno ana-lizzato le caratteristiche e le associazioni tra stile alimentare adottato e insor-genza di malattie croniche. Dalla metà degli anni Novanta si è anche sviluppato un filone di studio che ha dimostrato la forte correlazione tra diete e longevità.È interessante notare, per esempio, che una ricerca condotta sul database scien-tifico PubMed – in un arco di tempo limitato a tre mesi – evidenzia la presenza di circa 70 pubblicazioni scientifiche il cui tema principale è la dieta medi-terranea. Tali pubblicazioni presentano i risultati di ricerche cliniche o epide-miologiche nelle quali l’aderenza alla dieta mediterranea si traduce in benefici misurabili in numerosissime aree della salute dell’uomo che includono, a titolo di esempio, condizioni metaboliche, effetti preventivi delle patologie cardio-vascolari, delle patologie neurologiche o psichiatriche (per esempio la malattia di Alzheimer), delle malattie respiratorie o allergiche, dei disturbi della sessua-lità sia femminile sia maschile (per esempio la disfunzione erettile), nonché di alcune patologie oncologiche.A quest’ultimo proposito, destano interesse le recenti conclusioni dell’ampio

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studio europeo EPIC, che ha valutato 485.044 soggetti adulti nell’arco di circa nove anni; l’EPIC ha dimostrato che una maggiore aderenza alla dieta mediter-ranea si associa a una significativa riduzione (−33%) del rischio di sviluppare un carcinoma gastrico. Infine è interessante notare come la letteratura scientifica dimostri un impatto positivo della dieta mediterranea in tutte le fasce di età della vita, a partire dal periodo prenatale e poi all’infanzia, all’età adulta, fino all’età avanzata.

dalla piramide al piatto alimentare. Per rendere le argomentazioni della piramide alimentare – e dunque della dieta mediterranea – sempre più fruibili e adottabili dalle persone, è in corso un grande sforzo a livello internazionale. Un esempio è quanto il Dipartimento dell’Agricoltura negli Stati Uniti (USDA) sta facendo con il “piatto” alimentare, traduzione del contenuto della piramide alimentare (figura 3.2).Al di là delle modalità di rappresentazione grafica dei consigli alimentari, è comunque importante osservare come gran parte delle più autorevoli ricerche scientifiche sulla relazione tra alimentazione e malattie croniche evidenzino, oltre ogni ragionevole dubbio, che il modello alimentare mediterraneo deve essere considerato il punto di riferimento di una corretta alimentazione e che a esso dovrebbero essere associati stili di vita “salubri”. Nella figura 3.3 è pro-posto uno schema di sintesi delle linee guida per la prevenzione delle patologie cardiovascolari, diabetiche e tumorali.

figura 3.3

Lo schema di sintesi delle linee guida medicheFonte: BCFN, 2009.

sana alimentazione e corretto stile di vita

30 minuti di attività fisica al giorno

Evitare situazioni di sovrappeso e obesità

Evitare l’eccessivo consumo di alcolici Non fumare

Adottare una dieta equilibrata

Aumentare il consumo di frutta e verdura

Preferire i carboidrati complessi e aumentare il consumo di cereali integrali

Aumentare il consumo di legumi

Consumare 2‑3 porzioni di pesce alla settimana

Preferire condimenti di origine vegetale

Limitare il consumo di cibi a elevato contenuto di grassi

Limitare il consumo di cibo fritto

Limitare il consumo di carne e pollame a 3‑4 porzioni alla settimana

Limitare il consumo aggiuntivo di sale

Limitare il consumo di cibi/bevande ad alto contenuto di zuccheri

Evitare l’utilizzo quotidiano di integratori alimentari

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298 eating planet

intervista chi controlla il cibo controlla la democrazia

Vandana Shiva

Un miliardo di persone che soffre la fame, due miliardi di persone ammalate, il pianeta stesso ammalato (l’acqua che sta scomparendo così come la biodiversità, il danno clima-tico, il suolo che perde fertilità): tutti questi fattori sono collegati tra di loro nell’ambito di un modello agricolo che trascura la nutrizione del suolo e quella delle persone, e mette al centro i profitti derivanti dallo sfruttamento delle risorse. Tutto ciò significa che i piccoli agricoltori non rie-scono a sfamarsi perché rientrano nel gruppo dei nuovi espropriati. Oppure se riescono a coltivare, sono indebitati e vendono ciò che coltivano, tant’è che del miliardo di per-sone affamate, 500 milioni sono produttori di cibo. E un sistema che dimentica che il cibo deve essere funzionale alla nutrizione, finisce per produrre non-cibo, che diventa cibo spazzatura, il quale, a sua volta, causa diversi tipi di patologie. È lo stesso sistema che sfrutta l’acqua perché non ne deve sostenere i costi, causa l’estinzione delle specie e immette nell’atmosfera il 40% dei gas serra che provocano i cambiamenti climatici. Quindi i profitti distruggono il cibo, la Terra, i nostri agricoltori e la nostra salute. I pro-fitti sono diventati un’ossessione.

Con queste premesse, che approccio dovrebbero adottare i paesi in via di sviluppo nei confronti dell’agricoltura per evitare che la situazione peggiori?

Ritengo che i cosiddetti paesi in via di sviluppo siano definiti tali in quanto non sono stati industrializzati durante la prima rivoluzione industriale. E la maggior parte della popolazione nei nostri paesi, anche in Cina e India, è costi-tuita da piccoli agricoltori. In Africa per certo, e così pure in America Latina. Dobbiamo considerare i nostri piccoli agricoltori come il nostro capitale sociale, perché le piccole aziende agricole sono quelle che producono di più. Se ci met-tiamo a imitare l’agricoltura industriale su larga scala delle multinazionali occidentali, non solo distruggeremo i nostri agricoltori, ma comprometteremo anche la nostra sicurezza alimentare. Poiché i paesi in via di sviluppo si ritro-vano a essere nella parte del mondo con maggiore biodiversità, la seconda cosa che dobbiamo fare è riconoscere che il patrimonio naturale della biodiversità è un vero e proprio capitale. Non i prestiti finanziari dalle banche che in futuro

Vandana Shiva è fon-datrice di Navdanya, un movimento per la con-servazione delle biodi-versità e per i diritti degli agricoltori. È fondatrice e direttrice della Research Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policy la cui mis-sione è quella di risolvere i più rilevanti problemi sociali ed economici in collaborazione con le comunità locali e i movi-menti sociali.È stata inoltre consigliere per il governo indiano e per governi stranieri, per ONG come l’International Forum on Globalisation, Women’s Environment and Development Orga-nization e Third World Network.

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finiranno per prendersi la terra. Non le tecnologie che, come l’ingegneria gene-tica, si stanno già rivelando un fallimento. Dobbiamo portare rispetto nei con-fronti della terra, dei nostri agricoltori così come della più antica e collaudata conoscenza in ambito agricolo. È proprio questo il concetto che viene messo in evidenza dal rapporto IAASTD che ha evidenziato che né la Rivoluzione verde, né l’ingegneria genetica rappresentano soluzioni per l’accesso al cibo. È con l’agricoltura ecologica, spesso associata a sistemi di conoscenza indigeni e frutto degli stessi, che è possibile aumentare la produzione preservando al con-tempo le risorse.

Ritiene che le donne rivestano un ruolo specifico in questo processo?

Le donne rivestono un ruolo specifico per due motivi. Innanzitutto, se si pensa alla lunga storia dell’agricoltura che sfamava la gente senza renderla obesa e senza causare epidemie di diabete, si tratta della storia di un sistema agricolo e alimentare nel quale le donne avevano un ruolo centrale ed erano le deposita-rie della conoscenza. Quindi è alle donne che dobbiamo chiedere cosa fare per avere un’alimentazione sana e corretta. È per questo che presso l’associazione Navdanya abbiamo attivato la Grandmothers’ University (l’università delle nonne), per imparare nuovamente come rispettare il cibo.Il secondo aspetto è che il sistema agricolo che sta creando tutti questi problemi – un miliardo di affamati, due miliardi di obesi – è un sistema che affonda le sue radici nella guerra. È proprio nato dalla guerra. Le sostanze agrochimiche sono il frutto della guerra. Questo sistema nasce da quella che io chiamo la “mentalità patriarca” che vede l’uomo come il dominatore, come conquistatore violento della Terra e delle persone. Questo modello è diventato troppo pesante per il sistema alimentare. Abbiamo bisogno della non-violenza, della diversità e della multifunzionalità che le donne possono conferire all’agricoltura.

Una volta ha affermato che chi si impadronisce del nostro sistema alimentare si impadronisce anche della nostra democrazia. Che cosa intende? Ce lo può spiegare meglio?

Da un certo punto di vista si tratta di quanto affermato da Henry Kissinger a proposito del cibo come arma. Disse che se si ha il controllo delle armi, si ha anche il controllo dei governi e degli eserciti. Quando si ha il controllo del cibo si ha il controllo delle persone. Nel contesto attuale, il cibo è controllato attra-verso il controllo delle sementi. Monsanto si è rivelato l’unico e il più grande player sul fronte delle sementi. E tristemente il governo statunitense, che si è impoverito tremendamente esternalizzando tutta la produzione, adesso racco-glie royalty su sementi brevettate, deprivando gli agricoltori del terzo mondo

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della democrazia, della possibilità di utilizzare i propri semi, deprivando la gente in tutto il mondo del diritto di scegliere quale cibo coltivare e di sapere cosa c’è dentro al cibo. Oggi democrazia alimentare significa disporre della sovranità e della libertà delle sementi. Quindi bisogna dire “no” ai brevetti sulle sementi e “sì” alla possibilità di coltivare il proprio cibo, il che significa difendere i piccoli agricoltori e fermare il sistema perverso dei sussidi che con importi pari a 400 miliardi di dollari forniscono all’agricoltura industriale un vantaggio iniquo e la fanno prosperare.E, in terzo luogo, ciò significa essere molto più consapevoli del cibo che si man-gia e di come è stato coltivato. Riassumendo: la democrazia inizia dal piatto.

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