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SETTIMANE DI STUDIO DELLA FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO LXII LE CORTI NELL’ALTO MEDIOEVO Spoleto, 24-29 aprile 2014 FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO SPOLETO 2015
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E.A.ARSLAN, Moneta e volto del Potere, in Settimana CISAM, Le Corti nell’altomedioevo, 24-29.4.2014, Spoleto 2015, pp.853-886

Apr 21, 2023

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SETTIMANE DI STUDIO

DELLA FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI

SULL’ALTO MEDIOEVO

LXII

LE CORTINELL’ALTO MEDIOEVO

Spoleto, 24-29 aprile 2014

T O M O P R I M O

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDISULL’ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

2015

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I N D I C E

Consiglio di amministrazione e Consiglio scientifico dellaFondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo ..... pag. IX

Intervenuti ..................................................................... » XI

Programma della Settimana di studio ................................ » XIII

GIUSEPPE SERGI, Forme e compiti delle aggregazioni intorno ai po-teri altomedievali .......................................................... » 1

ANTONIO CARILE, Il potere imperiale: imperatore e corte da Giu-stiniano ai macedoni ...................................................... » 25

Discussione sulla lezione Carile ........................................ » 95

PAOLO CAMMAROSANO, La prossimità al re presso i popoli germa-nici e delle steppe .......................................................... » 97

Discussione sulla lezione Cammarosano ............................ » 109

CLAUDIO AZZARA, Le corti delle due Italie longobarde ............... » 111Discussione sulla lezione Azzara ....................................... » 135

PHILIPPE DEPREUX, Der karolingische Hof als Institution und Per-sonenverband ............................................................... » 137

Discussione sulla lezione Depreux .................................... » 165

RÉGINE LE JAN, Les cérémonies carolingiennes: symbolique del’ordre, dynamique de la compétition ................................. » 167

Discussione sulla lezione Le Jan ........................................ » 195

WOLFGANG HUSCHNER, Der ottonische Kaiserhof (962-1002).Aufgabenspektrum und Personalstruktur ............................ » 197

Discussione sulla lezione Huschner ................................... » 231

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INDICEVI

THOMAS F. X. NOBLE, A court without Courtiers: The RomanChurch in Late Antiquity and the Early Middle Ages ......... pag. 235

AGOSTINO PARAVICINI BAGLIANI, La corte dei papi nei secoli XI eXII: ritualità e autorappresentazione ................................. » 259

Discussione sulla lezione Paravicini Bagliani ...................... » 279

LETIZIA ERMINI PANI, Per un organico funzionamento della cortepapale: le scholae peregrinorum .................................... » 281

Discussione sulla lezione Ermini Pani ............................... » 313

STÉPHANE GIOANNI, Les cours croates et la réforme de l’église dalmate(IXe-XIe siècle) structures, hommes et doctrines .................... » 319

Discussione sulla lezione Gioanni ..................................... » 353

LUCIO DE GIOVANNI, Imperatori, corti, attività legislativa nellatarda antichità .............................................................. » 357

ERIC BOURNAZEL, Réflexions sur le rôle et la place de la reinedans le palais royal et le gouvernement aux temps mérovingiens » 385

CLAUDIA STORTI, Le dimensioni giuridiche della curtis regia lon-gobarda ....................................................................... » 429

BRUNO DUMÉZIL, La chancellerie mérovingienne au VIe siècle ..... » 473Discussione sulla lezione Dumézil ..................................... » 501

MARK MERSIOWSKY, Die karolingischen Kanzleien als Problemder Forschung .............................................................. » 503

IGNAZIO TANTILLO, I cerimoniali di corte in età tardoromana(284-395 d.c.) .............................................................. » 543

Discussione sulla lezione Tantillo ...................................... » 585

MICHAEL FEATHERSTONE, Space and ceremony in the Great Palaceof Constantinople under the Macedonian Emperors .............. » 587

Discussione sulla lezione Featherstone ............................... » 609

RUTH MACRIDES, After the Macedonians: Ceremonial and spacein the eleventh and twelfth centuries .................................. » 611

Discussione sulla lezione Macrides .................................... » 625

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INDICE VII

YITZHAK HEN, Court and Culture in the Barbarian West: a Preludeto the Carolingian Renaissance ........................................ pag. 627

Discussione sulla lezione Hen ........................................... » 651

FABRIZIO CRIVELLO, Il ruolo della corte nell’arte carolingia. Le te-stimonianze dei manoscritti miniati ................................... » 653

DANUTA SHANZER, Capturing Merovingian Courts: a LiteraryPerspective ................................................................... » 667

Discussione sulla lezione Shanzer ...................................... » 701

EDOARDO D’ANGELO, La letteratura alle corti longobarde “minori”(Spoleto, Benevento, Capua, Salerno) ............................... » 703

DANIELE BIANCONI, Libri e letture di corte a Bisanzio. Da Costanti-no il Grande all’ascesa di Alessio I Comneno ........................ » 767

Discussione sulla lezione Bianconi .................................... » 817

MARINA FALLA CASTELFRANCHI, La cultura artistica alla corte diGiustiniano (527-65) ..................................................... » 821

ERMANNO A. ARSLAN, Moneta e volto del potere .................... » 853Discussione sulla lezione Arslan ........................................ » 887

ANTONELLA BALLARDINI, « In antiquissimo ac venerabili Latera-nensi palatio »: la residenza dei pontefici secondo il LiberPontificalis ................................................................. » 889

LORENZO ARIAS PÁRAMO, Iconografía del poder en el Arte Alto-medieval Asturiano (s. VIII-IX) ...................................... » 929

PATRICK PÉRIN, Portrait posthume d’une reine méovingienne.Arégonde († C. 580), épouse de Clotaire Ier († 561) et mèrede Chilpéric Ier († 584) ................................................. » 1001

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ERMANNO A. ARSLAN

MONETA E VOLTO DEL POTERE

L’emissione della moneta metallica e il controllo della sua cir-colazione hanno rappresentato, fin dall’età greca arcaica, uno deipiù importanti aspetti della gestione del potere economico e poli-tico che la comunità organizzata in termini statali, o coloro chene avevano la rappresentanza o il controllo, cercavano di acquisi-re, impedendone, o ostacolandone, con ogni mezzo qualsiasi par-tecipazione ad altri.

È quindi stato indispensabile fin dalle origini per il potere por-si come responsabile e garante del “valore” 1della moneta, rap-presentando se stesso su di essa 2. L’utilizzo di tecniche di fabbri-cazione come la coniazione permetteva la produzione con unasingola coppia di conii di migliaia, se non decine di migliaia, diesemplari di monete teoricamente tutte identiche.

La moneta era l’unico multiplo esistente nel mondo antico edera prodotta da chi deteneva il potere, in regime di monopolio,che ne gestiva la vendita, la circolazione e il controllo sul merca-to. Strumento indispensabile per gli scambi commerciali a tutti ilivelli nella comunità, ne raggiungeva tutti i componenti e si pro-poneva quindi anche come fondamentale strumento per la tra-smissione di quanto i detentori del potere volevano comunicare aisudditi: informazioni, programmi, slogan. Tutto ciò giungeva allacomunità in termini iconici, figurativi o epigrafici, impressi sulle

1. Imponendo e garantendo, spesso arbitrariamente, il rapporto tra valore intrinseco(costo del metallo, costi di produzione e di distribuzione) e valore nominale (come in-dicato sulla moneta o comunque reso obbligatoriamente noto). Ciò per garantire il “po-tere d’acquisto” della moneta, in realtà definito dal mercato.

2. Per il tema cfr. ARSLAN 2003. MATZKE 2014, pp. 344-345: necessità per l’autorità“statale” di “farsi riconoscere” sulla moneta.

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due facce delle monete, in base alla volontà e alla programmazio-ne del potere. Appare quindi corretto affermare che il suddito ri-conosceva sulla moneta il “volto del potere”; in primo luogol’immagine, o il nome, o un segno significante, dell’autorità emit-tente. Di chi quindi fabbricava la moneta, la vendeva e se ne ser-viva per la “comunicazione”.

Per l’altomedioevo la moneta considerata in questa sede è me-tallica e coniata 3. Essa consisteva in un lingottino (di norma untondello, un dischetto rotondo, più o meno sottile, ma con formaanche diversa) sul quale venivano collocati, con la tecnica dellaconiazione o della fusione in matrice, i tipi di Diritto e Rove-scio 4, di norma coordinati, indicanti la garanzia di una superioreautorità, riconosciuta dall’utente, relativa al valore intrinseco delprodotto e alla legalità della sua fabbricazione e circolazione. Iltondello coniato quindi non è dissimile da un documento autenti-cato in ambito notarile mediante matrice sigillare, che, se privodell’impronta, il “signum”, rimane un foglio senza validità alcuna.Analogamente solo la presenza, anche solo intuibile, dei tipi per-metteva che la moneta potesse circolare negli ambiti consentiti,per convenzione o imposizione, tra gli utenti. La moneta privadel “signum” non poteva esistere 5 e il tondello non coniato veni-

3. Una documentazione fondamentale sulla moneta altomedievale in Europa è inMEC 1. Qualsiasi classe di oggetti, materiali ed immateriali, può divenire moneta perconvenzione tra gli utenti o essere imposta dal potere come tale. Particolare importanza,per le analogie con la moneta metallica, ha assunto in età moderna la moneta cartacea,in un sistema di circolazione fiduciaria. Attualmente ci si avvia alla sua sostituzione conmonete a carattere “virtuale”, del tutto immateriali (le più note sono le “carte di credi-to”), comunque sempre esistite, sia pure in altre forme.

4. Tecnicamente il tipo di Diritto viene impresso dal conio di incudine, meno sot-toposto al deterioramento derivante dalla battitura, mentre il conio di Rovescio vieneimpresso dal conio di martello, il più esposto alle sollecitazioni dei colpi di mazza neces-sari per la coniazione. Nella tradizione soprattutto collezionistica (e per comodità inquesto testo) viene riconosciuto come Diritto la faccia della moneta con il tipo rappre-sentante l’autorità emittente (o i suoi simboli), quindi “il volto del potere”, non semprecorrispondente al conio di incudine. Per un primo approccio a tali tematiche e alle tec-niche di analisi quantitative che ne derivano cfr. ARSLAN 2006 e ARSLAN 2012.

5. Servius rex primus signavit aes. antea rudi usos RomaeTimaeus tradita (Plinius, NHXXXII, 13): il signum indicava la garanzia sul prodotto. Sulla necessità della presenza deltipo cfr. Isidoro di Siviglia, che esprime l’idea di moneta nella sua epoca: In nomismatetria quaeruntur: metallum, figura et pondus. Si ex his aliquid defuerit, nomisma non erit.

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va accettato solo come metallo da verificare a peso e da saggiare.Ciò per indicare come una qualsiasi analisi dell’oggetto monetaobbliga a muoversi in un ambito concettuale e pratico a caratteregiuridico.

Soprattutto per la moneta altomedievale, che vide il trascina-mento dei tipi imperiali su tempi lunghissimi, è sempre necessariosuperare il momento dell’analisi iconografica a favore di una lettu-ra iconologica. Troppo facile e sviante appare attribuire la sempli-ficazione o lo stravolgimento di un tipo iconografico ad imperizia.Più spesso, se non sempre, si trattava di modifica dei presuppostidella strutturazione dell’icona, nella quale gli attributi, come adesempio il diadema e l’abbigliamento di teste e di busti, in quantosignificanti del ruolo rivestito dal personaggio rappresentato, pro-gressivamente tendevano a prevalere, coordinandosi tra di loro,sui caratteri fisiognomici individuali. Si verificò spesso una pro-gressione che portò anche al totale stravolgimento dell’immagineumana (Fig. 1 a-b), da noi istintivamente concepita in termininaturalistici, individuabile talvolta solo da una eventuale leggendae risolta in termini astratti del tutto per noi irriconoscibili. Taliconsiderazioni ci condurranno ad inserirci costantemente nella di-scussione, attualmente molto vivace, relativa al cd. “ritratto” neitipi monetali altomedievali 6.

Va infine premesso che nell’arco cronologico proposto in que-sta sede, limitato alla seconda metà del primo millennio, e nell’a-rea interessata dalle tradizioni della tarda antichità imperiale, il po-tere, la cui immagine analizziamo sulla moneta, è “divinamentedato”. Lo ius cudendi è concesso direttamente da Dio all’imperato-re, che ne è il detentore esclusivo, esercitandolo o, se opportunodelegandolo a chi decideva. Questo fondamentale aspetto dellamateria presa in esame venne codificato da Costantino, dopo lariunificazione dell’Impero, dopo il 324, e era inserito in un siste-

(Etymologiae, XVI 18,12). L’affermazione che circolassero tondelli non coniati accettaticome monete, talvolta presente in bibliografia, non è verificabile sui materiali e si devead un esame superficiale di materiale metallico molto consunto o con impressioni pocovisibili.

6. TRAVAINI 2002; TRAVAINI 2013.

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ma di gestione dell’impero universale che ebbe una storia millena-ria in occidente 7 (Fig. 2).

Tutta l’azione riformatrice costantiniana, sia nell’organizzazionedello stato, che in ogni altro aspetto anche della vita quotidiana (pen-siamo al sistema di pesi e misure), in quanto concessa in delega daDio, ottenne così di non poter essere – teoricamente – modificatadall’uomo, se non come strumento di una modificata volontà divi-na 8. Sempre poteva essere delegata 9. Costantino e i suoi successoriproposero, modificandolo nel tempo, ad ogni livello di gestione dellostato, ed anche quindi per la definizione dei tipi monetari, un sistemadi deleghe, funzionale alla conservazione del potere, con un percorsoche possiamo seguire per tutto l’altomedioevo in partenza molto ri-goroso, ma con caratteri sempre più sfumati man mano che dallacentralità del potere imperiale ci si allontanava. Sino alla proposta disoluzioni tipologiche monetarie totalmente autonome e estranee alletradizioni iconiche della tarda antichità (Fig. 3) 10 e che prescindevanodalla delega imperiale inizialmente obbligatoria.

VISIGOTI-VANDALI-SUEVI

Tali premesse appaiono indispensabili per affrontare già la pri-ma fase delle emissioni dei gruppi germanici, da riconoscere nellecd. serie pseudoimperiali visigote tolosane 11 (417-507), che dipen-devano per la scelta dei tipi, sembrerebbe tutti in oro (Solidi eTremissi), dalle emissioni imperiali occidentali. In realtà lo statusdei Visigoti in Gallia, come foederati dell’Impero romano d’occi-dente, giustificava fittizie emissioni a carattere “ufficiale”.

Non stupisce quindi che la rappresentazione del potere sullamoneta (Fig. 4) collocasse sui Diritti il volto dell’imperatore della

7. Cfr. ARSLAN 2012a, con l’analisi di alcuni passi della Vita Constantini, di Eusebiodi Cesarea.

8. Volontà divina che il solo imperatore, scelto da Dio, aveva il dovere/diritto diconoscere, interpretare, realizzare su questa terra.

9. ARSLAN 2001.10. HENDY 1988, pp. 45-47. CARLÀ 2010-2011, pp. 121-143.11. RIC 1, pp. 39-49, nn.166 (in nome di Onorio)-176 (in nome di Severo III);

PLIEGO VÁZQUEZ 2009.

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parte occidentale, regolarmente aggiornato, costruito su base appa-rentemente naturalistica e invece già convenzionale, privo di no-tazioni fisiognomiche personali e non riconoscibile se non per laleggenda. Sui Rovesci appariva sempre l’imperatore che annientail male, da intendere sia in termini religiosi che politici, sorreg-gendosi prima al labaro 12 e poi alla croce, sempre con i tipi pro-posti nelle zecche occidentali dell’impero.

Nel campo del Rovescio si aveva sempre la presenza mono-grammatica dell’indicazione delle sedi del potere imperiale occi-dentale (Roma, Ravenna, Milano = RM, RV, MD), dove opera-vano le zecche che emettevano le monete che le serie visigoteimitavano, rivendicando così anche per questa via una reale o fit-tizia ufficialità. Sembrerebbe non senza successo, almeno in alcunefasi finali del potere imperiale occidentale, alla luce della penetra-zione di esemplari visigoti nella circolazione del territorio dell’Im-pero constatata nel complesso di Sovana (498 Solidi in oro fino aRomolo Augusto, di prossima pubblicazione presso il CISAM,con 12 Solidi visigoti, lo 0,41% del totale, tutti per Giulio Nepo-te) 13, che ci permette di presumere la legittimità della loro circo-lazione nel territorio imperiale, con una linea di penetrazione nel-la quale si affiancavano anche le emissioni di Arelate 14.

Nulla sappiamo in questa fase di emissioni visigote in argentoe in rame 15, a mio avviso possibili ma non ancora individuate,anche se la probabile presenza di materiale imperiale ufficiale piùantico ancora in circolazione può aver saturato per il rame la cir-colazione per lungo tempo 16.

12. ARSLAN 2012 a, pp.197 ss.: sul significato e sulla funzione del labaro costantinia-no, presenza sostanziale di Dio in forma monogrammatica (il Chrismon).

13. Cfr. per ora BARBIERI 2006, pp. 316-317; BARBIERI 2011, p. 75; ARSLAN - BARBIE-RI, 2012, pp. 59-75. Nella prossima pubblicazione del complesso le monete visigote so-no trattate da Ruth Pliego Vázquez.

14. Nel Ripostiglio di Sovana i Solidi di Arelate sono cinque, tutti di Giulio Nepote.15. MEC 1, p.44.16. L’approdo della società visigota ad un modello di circolazione unicamente aureo non

appare giustificato, in una fase storica (il V secolo) nella quale si aveva ancora un effettivomercato comune della moneta, anche se in via di irrigidimento, verso forme di sfaldamentoe verso la creazione di aree monetarie separate nelle varie realtà nazionali regionali che viavia si definivano, con modelli di emissione e circolazione differenziati. In Gallia il modello

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Tali considerazioni possono riguardare anche l’ambito vandali-co 17, per il quale non è stata finora riconosciuta l’emissione di mo-neta in oro 18, ma che per l’argento propose emissioni pseudoimpe-riali con il volto di Onorio al Diritto e con il tipo occidentale dellapersonificazione di Roma al Rovescio (Fig. 5 a-b). Quindi anche inquesto caso sulla base di una vera o presunta delega imperiale occi-dentale e conseguentemente con simboli del potere non propri.

Analogo percorso sembra caratterizzare pure le emissioni deiSuebi 19 (Fig. 6 a-b), in aree però più appartate e quindi con unnaturale esito di ancora maggiore autonomia formale.

Nei decenni successivi, di fine V-VI secolo, per tutti i gruppi ger-manici in Europa occidentale fu fondamentale l’esperienza Ostrogota.

ODOACRE E GLI OSTROGOTI

Sia il potere sull’occidente di Odoacre che quello di Teodori-co (non ritorno sulla narrazione di vicende che considero ampia-

di emissione evolse dalla proposta della moneta nazionale in oro franca di Teodeberto alladefinizione di un modello franco-merovingio di circolazione monometallica argentea, defi-nitivamente normato prima da Pipino (755) e poi da Carlo Magno (781), con il capitolare diMantova (Karoli Magni et Pippini filii capitularia italica. Capitulare Mantuanum, in MGM, I,n.190), che sancisce nel caput IX = De moneta, ut nullus post Kalendas Augusti istos denariosquos modo habere visi sumus dare audeat aut recipere; si quis hoc fecerit, bannum nostrum componat.L’assenza di moneta argentea e in rame nella circolazione visigota di V secolo appare in con-traddizione con il sistema di emissione e circolazione degli altri gruppi germanici indipen-denti nella medesima fase sul territorio già imperiale. Inoltre, dopo la scomparsa del regnoostrogoto e per qualche tempo, moneta in rame venne emessa (ufficialmente o tollerata) daiVisigoti in Spagna (cfr. avanti). La moneta in argento non è documentata, ma appareprobabile.

17. SCHWARTZ 1982; MORRISSON 2001.18. Il sistema economico dei vandali, che appare, specie nell’ultima fase di VI secolo,

molto articolato per l’argento e per il rame e con evidenza funzionale ad esigenze produttivee commerciali locali, anche con un sistema di nominali specifico (nel rame il Follis corri-spondeva a 42 Nummi), può aver impostato i propri importantissimi rapporti commercialiesterni con l’utilizzo esclusivo della valuta in oro imperiale, evitando i problemi dell’emissio-ne e della difesa di proprie emissioni. Sul sistema metrologico vandalico si ha una ricca bi-bliografia che non è possibile approfondire in questa sede. Cfr. MIB, MEC 1 e numerosicontributi di C. Morrisson. Per l’argento nel mondo vandalico cfr. già MORRISSON 1989.

19. MEC 1, pp.77-80; METCALF 2003; LÓPEZ SÁNCHEZ 2005, pp. 487-518; LÓPEZ SÁN-CHEZ 2010.

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MONETA E VOLTO DEL POTERE 859

mente note a chi mi legge) trovavano fondamento nella delegadell’imperatore della parte orientale dell’impero, rimasta in legitti-ma continuità con l’impero costantiniano 20. È naturale quindi chesi erano riferiti, così come i Visigoti di Tolosa e i Suevi per l’e-missione di moneta aurea teoricamente in delega, come i Vandaliper le emissioni argentee di V secolo, ai tipi monetali occidentali(fino a quando l’imperatore legittimo era rimasto ancora in carica,cioè fino al 476), sia Odoacre che Teodorico 21 emettessero la lo-ro moneta aurea in delega adeguandosi invece nei tipi alle emis-sioni orientali 22, alle quali si coordinarono, con la presentazioneiconica monetale non del potere proprio ma del potere gestitodall’imperatore d’oriente. Ciò in quanto, se i primi erano statiteoricamente delegati dal potere imperiale occidentale, Odoacre eTeodorico erano stati invece ufficialmente delegati da Zenone,imperatore d’oriente, e Teodorico ebbe confermata la delega daAnastasio, imperatore d’oriente, nel 497, quando il potere impe-riale occidentale era da tempo sospeso e delegato.

Sia Odoacre che Teodorico emisero moneta, con scelte tipo-logiche dissimili nei tre metalli in quanto ogni metallo individua-va un livello di circolazione distinto, secondo un modello diemissione e circolazione imperiale che non discuteremo in questasede, ma che era fortemente condizionante per la scelta dei tipimonetali.

Forse solo il livello più importante, rappresentato dalla monetain oro, era previsto nella delega imperiale. Quindi sia Odoacreche Teodorico emisero Solidi, Semissi e Tremissi tipologicamentefedeli alle coeve emissioni orientali dei medesimi nominali.

Per l’argento le scelte tipologiche furono sensibilmente diversegià con Odoacre, che propose tipi non presenti nella monetaorientale, anche se sempre sostanzialmente riferiti alle prerogativeimperiali di Zenone, che appariva nel busto sui Diritti. La manca-

20. ARSLAN 2001.21. MEC 1, pp24-38 (per Odoacre: pp.24-25); MIB I-II-III; ARSLAN 1989; METLICH

2004; PARDI 2008, pp.11-19 (con ipotesi personali); ARSLAN 2011.22. Per il Solido il tipo di Rovescio (conio di incudine) era la Vittoria a s. con croce

astile nella d. Per il Semisse (solo con Teodorico) la Vittoria seduta a d. che scrive sulloscudo. Per il Tremisse la Vittoria che avanza a d. e più raramente a s. con ghirlanda nel-la d. e globo crucigero nella s. (ARSLAN 1989, tavole).

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ta corrispondenza alle scelte orientali (forse con l’unica eccezionedel tipo con la Vittoria a s. con ghirlanda e ramo di palma, se diOdoacre) 23 sembra confermare per l’argento la libertà di scelta deldelegato in occidente, che comunque propose tipi “politicamentecorretti” e riferibili solo indirettamente al potere che gestiva inautonomia. Nell’argento si ebbero infatti, oltre al tipo con Vitto-ria sopra citato, due tipi di Rovescio, emessi a Milano e a Roma,e assenti in oriente. Il primo 24 proponeva una figura, forse elma-ta 25, che avanzava a sinistra con uno scettro e la cornucopia, conil piede destra sulla prora di nave, forse personificazione di unadelle città sedi del potere imperiale 26. Il secondo, che ebbe note-vole diffusione, anche con contraffazioni coeve 27, proponeval’immagine di un’aquila 28 a d. o a s., raffigurata di tre quarti conle ali aperte ed alzate (Fig.7 a-b).

Si trattava del simbolo del potere che era posto al vertice delloscettro eburneo, lo Scipio, di età imperiale, che, a carattere origi-nariamente militare, era l’attributo utilizzato dall’imperatore perpresiedere alle cerimonie nel circo in qualità di console 29. Ma loscettro veniva legittimamente portato dal console in carica anchese egli non aveva la dignità imperiale, sempre nel momento im-portantissimo per la gestione del potere delle corse nel circo.L’immagine dell’aquila posta sullo Scipio sembrerebbe quindi an-che esplicitare un meccanismo di delega a quest’ultimo di prero-gative imperiali fondamentali.

L’immagine apparve sul Diritto dei Solidi nella prima metà delV secolo come attributo dell’imperatore come console, al verticedello scettro, e apparve invece isolata dallo scettro sulle monete da1/2 Siliqua emesse in occidente da Odoacre, proponendosi quindi

23. RIC X, 3615 e 3643 (rispettivamente per Milano e Ravenna), ma forse da attri-buire più correttamente a Teodorico (ARSLAN 2011, p.369).

24. Per Milano MEC 1, n.62; RIC X, 3616-3620; per Ravenna RIC X, 3644-3646.25. In RIC X la figura viene definita invece come “turreted” (cfr. p.445).26. Lo scettro potrebbe ricordare le abbondanti emissioni costantiniane con il tipo di

Diritto con il busto della personificazione di Costantinopoli elmata a s. con scettro eleggenda constan tinopolis.

27. Cfr. l’esemplare da Castel Pergine in Valsugana (Trento): Repertorio 7978.28. MEC 1, p. 422, n. 61; RIC X, p.28 e pp.445 e 447, nn.3647 (aquila a destra)-

3648 (aquila a sinistra).29. ARSLAN 2010, p. 200. Per lo Scipio cfr. MORELLI 2008, pp. 285-286.

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forse come simbolo del potere delegato a un “capo” germanico.Tale significato dovette essere percepito molto fortemente nelmondo germanico, molto sensibile a tutti i simboli di delega im-periale ai poteri emergenti in Europa 30.

Le emissioni in rame, scarsamente documentate con Odoacre 31 einvece con abbondanti volumi con Teodorico, ebbero circolazionesicuramente solo locale e poterono liberamente proporre scelte tipo-logiche autonome, nel nostro caso legate ai programmi di comunica-zione prima di Odoacre e poi del potere ostrogoto.

Colpisce infatti come nella reazione sdegnata di Procopio all’i-niziativa del franco Teodeberto di coniare moneta con il nomeproprio (Fig. 8 a-b), come rex 32, e non con il nome dell’Impera-tore, ci si riferisse solo alla moneta in oro. L’interesse imperiale al-la gestione dello ius cudendi era di certo intransigente per l’oro,molto più debole per l’argento e forse del tutto secondario per ilrame. Con la possibilità che per i nominali inferiori venisse tolle-rata, già dal V secolo, anche una produzione suppletiva privata.

L’oro formalmente doveva proporsi in teoria come indistin-guibile da quello bizantino 33, sia con Odoacre che con Teodorico(Fig. 9 a-b). Così le tradizioni tipologiche monetali occidentalivennero a cadere per sempre.

Come i Visigoti, anche i re ostrogoti aggiornarono, al Diritto,dove doveva essere collocato il riferimento iconico al potere dele-

30. Sul tema cfr. ARSLAN 1992, p. 800: con numerosi esempi di utilizzo del simbolosu diverso supporto. Cfr. anche ARSLAN 2010, p. 200. Sulla fortuna dell’aquila come sim-bolo del potere tra i popoli delle steppe cfr. CARDONA 1988.

31. Il Follis a nome di Zenone (MEC 1, n.92), con la Vittoria con trofeo o conghirlanda e palma (MIB I, p.79, n.88), che ebbe probabilmente discreti volumi di emis-sione, ha una attribuzione discussa a Odoacre o a Teodorico. Chi scrive lo vorrebbeteodoriciano. L’esistenza di un AE4, con Vittoria con ghirlanda e palma, segnalato anchein RIC X, 3650, nel Ripostiglio di Massafra, mi sembra ancora da dimostrare.

32. È significativo come Teodeberto indichi se stesso con rex. La trasgressione quindinon era nella titolatura, che era legittima, come sarebbe stata quella di princeps o di dux(titolature che tutte furono presenti nelle leggende della monetazione ostrogota, longo-barda e germanica in generale: cfr. ARSLAN 2012b), ma nella proposta della sola immagi-ne del re sulla moneta (che era sostanzialmente un’impronta sigillare), senza la presenzadell’imperatore, che esplicitasse la delega.

33. Vi erano comunque l’indicazione della zecca o la presenza di simboli significativinella leggenda di Rovescio, con anche il monogramma di Teodorico.

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gante, il nome dell’imperatore, intorno alla figurazione conven-zionale che lo rappresentava. Nel busto imperiale, identico con ivari imperatori, non si aveva alcuna notazione a carattere fisiogno-mico che permettesse l’individuazione della persona, che venivaidentificata solo dalla leggenda, con il nome associato all’indicazio-ne delle dignità, in termini abbreviati e in collocazione conven-zionale. Queste erano strettamente coordinate con gli attributi checompletavano l’immagine (vestiario, armi, elmo, ecc.). Il concettodi “ritratto” somigliante, a noi consueto e famigliare, non avevaalcuno spazio nella figurazione, che era funzionale alla presenta-zione del “potere” tramite i suoi attributi, e non tramite l’imma-gine riconoscibile della persona del detentore del medesimo. Ciònei tre metalli, quando il tipo prevedeva un’immagine riferita al-l’autorità delegante, l’imperatore.

Negli anni conclusivi della guerra greco gotica, a fronte del ri-tiro, formale o implicito, della delega imperiale al re Baduela,estraneo alla stirpe degli Amali, intorno al ritratto convenzionaledel delegante ricomparve il nome di Anastasio (Fig.10 a-b), mortoda tempo, ma che nel 497 aveva riconfermato la delega a Teodo-rico al potere sull’occidente, delega che veniva quindi dagliOstrogoti ancora considerata valida 34.

Non è finora documentata moneta aurea ostrogota con il no-me di Baduela in sostituzione del nome dell’Imperatore, come in-vece era avvenuto nel regno franco dove la rottura con il princi-pio dell’esclusivo diritto imperiale all’emissione dell’oro si ebbecon Teodeberto 35 (534-548) (Fig.8 a-b), come si è detto sopra,con la coniazione di Solidi con il busto e il nome del re al postodell’Imperatore, che suscitò l’indignazione di Procopio 36.

Nelle emissioni argentee ostrogote si ebbe inizialmente unabreve fase di ricerca, con scarsi collegamenti alla probabile prece-dente monetazione di Odoacre 37, nella quale Teodorico si mostrò

34. Con i tipi di Solidi ARSLAN 1989, AV 34/MIB V33 e di Tremissi ARSLAN 1989,AV 35-36/MIB 33-35.

35. ARSLAN 1992, p. 815.36. Procopio, Bell.Goth., III, 33, 5-6. Per il Solido MEC 1, p.116, n.389.37. Alcuni tipi tradizionalmente attribuiti ad Odoacre vanno però forse spostati tra le

emissioni di Teodorico a nome di Zenone, analogamente ad alcuni tipi aurei, in un

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restio a proporsi come autorità delegata, con tipi di Diritto con-venzionali riferiti all’autorità delegante, prima Zenone e poi Ana-stasio, con la leggenda che lo individuava come Imperator, e inve-ce con Rovesci nei quali si avevano scelte iconiche fortementedifferenziate, senza apparentemente alcun comune denominatore,con simboli non precisamente riferibili ad una autorità, con laVittoria, o il Chrismon a X, o la stella a sei raggi 38(Fig.11 a-b), ri-feribili ai precedenti tipologici delle emissioni imperiali.

Dopo questa fase, che può essere riferita agli anni fino 497,nei quali Teodorico non riusciva ad otteneva dal nuovo imperato-re, Anastasio, il rinnovo della delega avuta da Zenone, che gliaveva affidato la parte occidentale dell’Impero, il re goto si ade-guò ad una scelta, già sperimentata precedentemente ed evidente-mente istituzionalmente corretta, forse legata più alla dignità deldelegato, di patricius romanorum che di magister militum che indivi-duava i responsabili giuridici dell’emissione ai due livelli di dele-gante e delegato 39.

Mentre nei Diritti continuava a venir proposta l’immagineconvenzionale dell’imperatore, diademato con il busto o la testa ad., individuato dalla leggenda come imperator, autorità delegante,nel Rovescio invece, sempre in ghirlanda, si aveva il nome (sem-pre al nominativo) dell’autorità delegata ostrogota, talvolta indivi-duata come rex 40. In alcune emissioni, di norma il cd. Quarto diSiliqua 41, dopo le emissioni di Teodorico nelle quali egli veniva

quadro generale ancora obiettivamente da definire, con ambiguità che dipendono dalfatto che ambedue i contendenti emisero la medesima moneta, delegati dal medesimoimperatore (Zenone).

38. Per Zenone: RIC X, 3615, 3649, 3664, o per Anastasio ARSLAN 1989, AR 1-2, 3,5-6.

39. ARSLAN 2001.40. La differenza tra reges e duces è indicata in Tacito, Germania 7: “reges ex nobilitate,

duces ex virtute sumunt” (LÓPEZ SÁNCHEZ 2002, p. 243 ss.). Nella dignità di rex, che Teo-dorico si attribuiva, e che gli era riconosciuta, era implicito, in base alla definizione taci-tiana, il principio dell’ereditarietà. In effetti Teodorico era rex per diritto ereditario e isuoi successori ereditarono da lui il potere delegato, con il titolo di rex. In base al me-desimo principio Giustiniano tolse la delega a Totila, in quanto non di sangueteodoriciano.

41. Non ritorno in questa sede sul significato, solo convenzionale e moderno, delladefinizione di alcuni nominali, tra i quali sono sia Siliqua che Nummus. Così come il ti-po con il nome per esteso o monogrammatico è presente anche per nominali diversi da

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sempre proposto monogrammaticamente, il nome era propostoper esteso, su più righe (Fig.12 a-b): dn/atha/lari/cvs odn/athal/aricvs/rex, dn/theoda/hatvs/rex, dn/vvit/ices/rex,dn/badv/ila/rex, dn/thei/arex.

In altri tipi, iniziando con Teodorico, di norma nella cd.Mezza Siliqua, venne adottata la soluzione monogrammatica, conidentica valenza. Il monogramma era sempre “a scatola”, conte-nente teoricamente tutte le lettere del nome, senza indicazionedella dignità di rex.

Nelle cd. Mezze Silique di Atalarico per Giustino e poi perGiustiniano, il monogramma era affiancato dalle lettere d(ominus)-n(oster) (Fig. 13) 42.

La soluzione della presentazione dell’autorità delegante e diquella delegata sulle due facce della moneta si collocava in conti-nuità con le emissioni di Nummi in rame di Ricimero 43 (Fig.14a-b), magister militum di Avito nel 455 ed effettivo detentore delpotere in occidente fino al 472. Nei Nummi da lui emessi si ave-vano il busto dell’Imperatore sul Diritto e il Monogramma di Ri-cimero in ghirlanda al Rovescio. Si rispettava così l’ordine gerar-chico dell’autorità delegante e di quella delegata, utilizzando nor-me probabilmente da sempre presenti nell’ordinamento romano,come sembra possibile dedurre dalla costante presenza di SC (persenatus consultum) nella monetazione bronzea di primo e secondoimpero.

Inizialmente in una collocazione simile a quella di Ricimero,Odoacre, delegato però dall’Imperatore d’oriente invece che daquella di occidente, emise Nummi analoghi, con Zenone sul Di-ritto e il proprio monogramma sul Rovescio. Alla fine però, asse-diato da Teodorico in Ravenna, rifiutò qualsiasi segno di formaledipendenza dall’Imperatore e propose frazioni di Siliqua e Num-mi 44(Fig.15 a-b) con al Diritto il proprio nome per esteso, ripetu-to in monogramma al Rovescio, in una ambigua e problematicaanticipazione delle emissioni germaniche nazionali.

quelli citati. Cfr. per questi aspetti sia ARSLAN 1989, che MIB, che METLICH 2004. Il no-me per esteso è adottato anche per l’Ottavo di Siliqua di Atalarico.

42. ARSLAN 1989, AR 16 e AR 18.43. Per Ricimero ASOLATI 2005.44. RIC X, nn.3501-3502; MEC 1, 63-64.

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L’associazione Autorità delegante/Autorità delegata, su Dirittoe Rovescio, dominò le emissioni ostrogote in argento, con una si-gnificativa modifica in alcune emissioni bronzee (da 15, 10, 5Nummi), nelle quali il Diritto era occupato non più dal riferimen-to all’imperatore regnante, ma dalla personificazione di Roma(Fig. 16 a) 45, nella forma tradizionale repubblicana e imperiale, diRavenna (Fig.17) 46, in una personificazione con la corona ad ar-chetti, infine di Ticinus 47(Fig.18), forse da intendere più comepersonificazione del fiume che della città, proposti come autoritàdeleganti impersonali, icone rappresentanti lo Stato, individuatonella rappresentazione delle città dove veniva gestito il potere.

Le tradizioni imperiali dell’età precedente venivano riprese neiRovesci, con alcune immagini simboliche significative, quali la lu-pa capitolina con i gemelli (Fig. 16 b), l’aquila (Fig. 19) o le aqui-le (Fig. 20), cui si aggiunse il monogramma di Ravenna (Fig.17b), dall’inizio del V secolo sede della corte e quindi del potere.

Ne derivò una monetazione che potremmo definire “laica”,nella quale è assente qualsiasi riferimento confessionale, con un al-lontanamento certo intenzionale dalla tradizione monetaria prece-dente, sin dalle scelte costantiniane e soprattutto da quelle di Vsecolo, nel quale sulla moneta imperiale erano quasi costantemen-te presenti i simboli cristiani. La volontà di proporre un program-ma di integrazione tra le due componenti del regno, quella ostro-gota e quella romanza, interagenti indipendentemente da interfe-renze bizantine, e sembrerebbe anche della chiesa (va ricordatocome gli Ostrogoti fossero ariani), appare evidente e si rafforzavacon il recupero, dopo secoli, in alcuni tipi della sigla SC (Fig.21a-b), per senatus consultum, non sappiamo se solo formalmente ose in relazione a un qualche reale potere deliberativo, per altropossibile, alla luce della collaborazione tra Teodorico e il Senatosin dall’inizio.

Le vicende della monetazione ostrogota sono molto comples-se, articolandosi in una fase storica di passaggio tra il mondo im-

45. Per la personificazione di Roma cfr. BURNETT 2012.46. ERCOLANI COCCHI 1980.47. ARSLAN 1989, AE 16. La città era infatti Ticinum.

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periale e quello cd. altomedievale e non possono certo essere ade-guatamente sviluppate in questa sede. Rimandando, per quantoviene solo accennato in questa sede, alla ormai abbondante biblio-grafia specifica disponibile, sia numismatica che storica, con innu-merevoli tematiche ancora oggetto di discussione e di confronto,ricordo solo come già nel Follis di Theodahat (534-536) il re gotosi proponesse come detentore dei poteri relativi alla gestione delloius cudendi, con il proprio ritratto sul Diritto (Fig. 21 a-b), in col-laborazione con il Senato. Si ha quindi una vera e propria mone-tazione nazionale, anticipata dalla isolata iniziativa di Odoacre chegià si è citata, che si sviluppò nelle emissioni successive in terminidi accentuato nazionalismo goto.

Il busto frontale di Baduela rex, stilizzatissimo (Fig. 22), sul Dirit-to delle emissioni in bronzo, si proponeva così come risposta allafrontalità dell’imperatore nella moneta bizantina (Fig. 23) dopo il 538.Nelle emissioni finali di Baduela ogni riferimento a meccanismi didelega scomparve, così come la presenza della sigla SC, preciso indi-catore questo dell’avvenuta rottura con le superstiti strutture politico-amministrative del mondo imperiale romano occidentale.

Se il percorso verso la moneta nazionale in ambito ostrogotogiunse a collocare l’immagine del re sul Diritto delle monete inrame e di quelle in argento 48, esso rimase incompiuto per leemissioni auree, nelle quali, perduta ogni speranza di soluzionenegoziata del conflitto con Giustiniano, gli Ostrogoti ne cancella-rono sistematicamente l’immagine dal Diritto delle monete di tut-te le specie monetarie emesse con al Diritto l’immagine imperiale,sostituendola con quella di Anastasio, morto nel 518. Il recuperodell’immagine del defunto imperatore, che nel 497 aveva affidatola gestione della parte occidentale dell’Impero a Teodorico, indi-cava come il principio della necessaria delega imperiale per emet-tere moneta fosse ancora considerato dagli Ostrogoti pienamentevalido.

Così non fu invece nel mondo franco, dove l’iniziativa diTeodeberto di collocare la propria immagine e il proprio nomesulla moneta aurea segnò il passaggio da una condizione di subal-ternità giuridica del gruppo germanico dei Franchi a quello bizan-

48. ARSLAN 1989, AR 31.

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tino a un rapporto paritetico e competitivo, del quale il divaricarsinei secoli dei rispettivi modelli istituzionali, giuridici, politici, cul-turali ed anche monetari sono documento fondamentale per lenostre ricerche alto medievistiche.

Lungo questo percorso si attuò la completa spersonalizzazione del“ritratto”, se così può essere definita l’immagine convenzionale pro-posta due secoli prima in età costantiniana per essere collocata sul Di-ritto della moneta. Dalla prima metà del IV secolo infatti tutti i de-tentori del potere assomigliarono a Costantino, non a lui come per-sona, ma al “tipo” di imperatore creato per lui (se non da lui stesso,attentissimo alla moneta come strumento formidabile di comunica-zione, come ci viene narrato da Eusebio di Cesarea 49), sia nella ver-sione “spirituale”, che in quella “cubizzante” di tradizione “tetrarchi-ca” 50. L’adesione allo stereotipo del “ritratto” costantiniano significòper secoli per coloro che ponevano la loro immagine sul Diritto del-le monete la loro collocazione ideologica nel suo grande progettoimperiale universalistico. In ambedue le tipizzazioni, “spirituale” e“tetrarchica”, si registrò, come già si è detto, il progressivo prevaleredei simboli del potere (diademi, elmo, vestiario, fibula a disco ecc.),sugli aspetti fisiognomici reali della persona ritratta. Essi occuparono ilcampo fino alla completa destrutturazione e demotivazione dell’im-magine, che perdette ogni residua notazione naturalistica, con unasempre più spinta stilizzazione (Fig. 24). L’immagine umana, testa,busto, o figura intera, si avviò a divenire, negli esiti successivi, a-figu-rativa, se non un motivo ornamentale, come si vedrà. Quando nonera sostituita da indicazioni epigrafiche (anch’esse talvolta prive di si-gnificato, se non ornamentale).

Solo in due occasioni sembrano manifestarsi tendenze diverse.Con il “ritratto” di Teodorico sul notissimo multiplo in oro 51

49. Eusebio di Cesarea, IV, XV, 1-2. Eusebio racconta come Costantino “sulle mo-nete d’oro fece incidere la propria effigie che appariva nell’atto di rivolgere lo sguardoal cielo, nel modo in cui si prega dio con le mani tese verso l’alto. Monete di questogenere circolavano in tutto l’impero romano”

50. Ad es. il solido RIC VII, p.327, n.273, della zecca di Roma, datato al 326, e ilsolido RIC VII, p.383, n.179, della zecca di Ticinum, datato 324-325. Cfr. ARSLAN 1998.

51. ARSLAN 1989, AE 3.

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(Fig. 25 a-b) si ebbe l’utilizzo di uno schema iconografico, frontale,inconsueto per la moneta e quindi non facile da dominare, sostanzial-mente convenzionale e aderente alla tradizione ritrattistica nella scul-tura della tarda antichità, con grandi occhi spalancati ed attoniti e conuna delicata modellazione dei volumi del viso, sul quale vennero so-vrapposti elementi che in realtà non erano fisionomici ma simbolici,come la massa dei capelli 52 e i baffi. L’esito era una rappresentazionenon del reale aspetto fisico dell’uomo, ma del potere regale reso evi-dente dalla collocazione su un supporto convenzionale (il viso) disimboli significanti il potere giustapposti.

La seconda occasione è da individuare nel “ritratto” di Theo-dahat (Fig. 21 a) nel Diritto del Follis da lui emesso 53. Anche inquesto caso l’immagine è uno stereotipo astratto e schematico piùdi quanto può apparire ad un’analisi superficiale. Lo schema ico-nografico è poi desunto, nel tipo del Rovescio (Fig. 21 b), dallatradizione imperiale romana, nello specifico flavia, con una resastilistica riassuntiva rispetto ai prototipi e con talvolta errori vistosinella parte epigrafica.

L’ipotesi di una resa ancora “naturalistica”, con la definizionedi un vero e proprio ritratto, trascinata dai precedenti classici etravisata dall’imperizia dell’incisore dei conii, non regge alla con-statazione della molteplicità di versioni che risulta dalla serie mol-to ricca di conii conosciuti 54, che riportano spesso a soluzioni sti-listiche (modellazione dei volumi, arcate sopraciliari, ecc.) già vistenel multiplo di Teodorico, proposte di profilo invece che frontal-mente. Si aveva quindi sempre, nella volontà dell’artefice che ela-borava un proprio autonomo linguaggio, l’immagine ormai sim-bolica di chi detiene il potere, riconoscibile più per gli attributisignificanti (l’elmo, l’abbigliamento ...) che per le notazioni fisio-gnomiche personali, sostanzialmente inutili e quindi assenti, informulazioni strutturali molto instabili, con sensibili differenze traconio e conio.

52. LOPEZ SANCHEZ 2002. I capelli erano simbolo del potere tra Franchi, Ostrogoti,Visigoti.

53. ARSLAN 1989, AE 13.54. METLICH 2004, pp. 121-129 (E. A. Arslan - M. Metlich), n.89b (Roma).

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I FRANCHI E I REGNI ROMANO-BARBARICI OCCIDENTALI

L’epopea teodoriciana ed ostrogota, pur nel suo drammaticoesaurirsi alla metà del VI secolo, venne vissuta come esemplare edemblematica per tutto il mondo germanico occidentale e avrebbeproposto nelle generazioni successive modelli culturali, ideologici,economici sempre più alternativi al colosso bizantino, apparente-mente unico erede delle tradizioni imperiali romane. I due mondiprogressivamente si isolarono uno dall’altro. Ciò è particolarmentesensibile nella cultura monetaria, non solo per l’approdo nel VIIsecolo a due modelli di emissione e circolazione del tutto distinti,con il monometallismo argenteo in occidente e la resistenza deltrimetallismo di tradizione imperiale classica a Bisanzio, ma ancheper quanto attiene alle scelte tipologiche, all’interno di modellieconomico monetari pure in veloce differenziazione nelle variearee dei regni “germanici”, che meriterebbero ciascuna una tratta-zione specifica anche in questa sede, per sua natura però destinataad accogliere testi riassuntivi e sintetici.

Solo forse nella sequenza dei nominali, fino alla scelte provo-catorie di Teodeberto, le emissioni monetarie franche rispecchia-rono apparentemente per l’oro scelte omologhe a quelle di areabizantina. Si ebbe in realtà, dopo la vittoria di Teodorico suOdoacre, una precisa dipendenza dalle scelte ostrogote e quindisolo indirettamente e parzialmente da quelle bizantine.

Ciò è evidente già per il tipo del Tremisse, destinato a diveni-re il nominale in assoluto più importante nella composizione dellamassa monetaria emessa e circolante nel mondo franco-merovin-gio e negli ambiti da questo influenzati.

Il tipo di Tremisse con la Vittoria in movimento a d. (Fig. 26)o a s., adottato praticamente in tutto l’ambito germanico europeo,derivava infatti da tipi ostrogoti 55 (Fig. 27 a-b), affiancandosi al ti-po con Vittoria con ghirlanda e palma 56, che presso gli Ostrogotisostituì ben presto (dopo il 497) il tipo precedente (Fig. 28 a-b).

Il Tremisse ostrogoto con la Vittoria in movimento a d. o as., noto in pochi esemplari, come tutte le prime emissioni teodo-

55. ARSLAN 1989, AV 5-6.56. Tremisse per Anastasio con Vittoria con ghirlanda e palma frontale ARSLAN 1989,

AV 18 e ss.

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riciane, è probabilmente da collocare in sequenza con una serie diemissioni, in oro, argento e bronzo, celebranti la vittoria suOdoacre, e appunto raffiguranti la Vittoria, che hanno come no-minale più importante la moneta/medaglia da tre Solidi con il ri-tratto frontale di Teodorico 57(Fig. 25b), che non è pensabile siastato emesso dopo la conferma della delega imperiale del 497. Sispiega così la fortuna di tale tipo iniziale di Tremisse ostrogoto inambito germanico, per l’ovvio riferimento a un diffuso sentimen-to ostile ai bizantini, incline a considerare Teodorico come “cam-pione” del mondo germanico.

Pure per l’argento (Fig. 29 a-b) le scelte franche sembrano di-pendere dalla tradizione ostrogota, con al Diritto il riferimento al-l’imperatore delegante e al Rovescio il nome per esteso del re co-me autorità delegata, in ghirlanda. Tale continuità può essere giu-stificata, per l’argento e in parte anche per il rame, la cui produ-zione sembra ben presto esaurirsi, per la struttura della massa mo-netaria circolante nel mercato franco-merovingio di VI secolo,che sembra dipendere sostanzialmente dagli stock monetari ostro-goti drenati in Italia nel corso della ritirata dei Franchi, con il loroarroccamento sulle Alpi, dopo l’esito infausto del tentativo diLeutari e di Butilino di conquista dell’Italia 58, dopo il 554.

Come già si è detto, con Teodeberto (534-548) il re franco sisostituì all’Imperatore sui Solidi, in emissioni che possono esseredefinite “nazionali”. Significativamente venne sostituita solo laleggenda e l’immagine non si modificò 59, con un ritratto sperso-nalizzato, a carattere simbolico.

Il re dei Franchi non aveva più la necessità della delega impe-riale ma veniva direttamente delegato da dio, acquisendo quindi la

57. ARSLAN 1989, AV 3.58. Nel 553, dopo la battaglia ai Monti Lattari e la morte di Theia, si ebbe l’inter-

vento franco-alamanno di Butilino e Leutari, a fianco di residui gruppi ostrogoti. Nel554 Narsete sconfisse definitivamente Butilino a Capua e costrinse i Franco-alamanni aritirarsi oltre le Alpi, conservando solo Aosta e Susa. Le resistenze franche durarono pe-rò a lungo: solo nel 562 caddero Brescia e Verona e solo nel 565 l’Italia poté essereconsiderata sotto controllo bizantino. Solo dopo tre o quattro anni scesero in Italia iLongobardi, forse chiamati proprio per fronteggiare la perdurante minaccia dei Franchi.

59. Forse solo sullo scudo l’Imperatore che trafigge il barbaro viene sostituito da SanMartino e il povero.

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prerogativa imperiale dello ius cudendi, relativamente all’oro 60. Lafigurazione sul Diritto, sia presso i Franchi che presso i Burgun-di 61, non fa registrare sostanziali modifiche, se non un progressivo“imbarbarimento” nella resa stilistica dei Tipi dei Solidi (Fig. 30),nella quale perdono progressivamente organicità i residui aspettifisiognomici, con un’evoluzione specifica dell’incisione dei coniinelle diverse zecche che portò alla progressiva definizione di tipo-logie caratteristiche e codificate.

Non diversa sembra l’evoluzione delle immagini del potere suinominali minori, i Tremissi, che tendono a divenire, come si èdetto, l’unica specie monetaria emessa: l’immagine del potere, sulDiritto, con il busto o la testa del re (che sostituiva l’imperatore),evolve ben presto verso soluzioni fortemente stilizzate (Fig. 31),che presupponevano un riconoscimento immediato della personarappresentata, per la valenza “magica” dell’immagine, fino a pre-scindere, nelle emissioni merovinge di VII-VIII secolo, completa-mente dalla mediazione della leggenda. Essi proponevano infattinon la rappresentazione del re come individuo precisamente con-notato, ma la dignità di re che egli rivestiva.

Così la leggenda intorno al busto del re poté diventare il mezzoper comunicare il nome più semplicemente del monetarius, delegatoalla pratica emissione della moneta, che se ne doveva teoricamenteassumere la responsabilità relativamente al rispetto delle prescrizionidell’autorità delegante circa peso, lega, valore intrinseco.

Sui Rovesci delle emissioni merovinge dominava il tipo dellacroce, in ghirlanda o in leggenda, o, solo episodicamente, la figurastilizzatissima della Vittoria, o il monogramma. Si ebbe l’abbando-no completo della linea di sviluppo ostrogota e l’impostazione diuna pluralità di linee evolutive locali, con monete nelle quali tro-vava collocazione epigrafica di norma l’indicazione della zecca,con un’articolazione tipologica che appare impossibile esporre inquesta sede.

60. La decisione di Teodeberto può anche essere interpretata come l’esercizio diprerogative “imperiali”, connesse alla rivendicazione dell’eredità imperiale occidentalecostantiniana, che si concluderà con l’incoronazione di Carlo Magno a Roma nell’anno800 come imperatore romano d’occidente.

61. MEC 1, nn. 336-348.

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In generale sembra indebolirsi la necessità della proposta diuna indicazione riconoscibile del detentore effettivo del poteredelegabile dello ius cudendi, quindi del potere politico ed econo-mico, a favore di indicazioni a carattere tecnico, comprovanti lalegittimità giuridica dell’emissione, in termini di polverizzazioneterritoriale dei centri di emissione e di sempre più debole control-lo centrale. La funzione della moneta come luogo di collocazionedelle immagini-simbolo del potere si affievolì così progressiva-mente, come conseguenza di un indebolimento del potere regale,come è possibile seguire con la lettura storica tradizionale.

In questo contesto si registra una sempre più accentuata riduzionedella percentuale di oro nelle emissioni, conseguenza della mancanzadi una sensata politica monetaria centrale e dell’evolversi di un mer-cato fuori controllo, che giunse ad un effettivo monometallismo ar-genteo negli ultimi decenni del VII secolo (670 ca) 62.

Successivamente si ebbe una sempre più complessa articolazio-ne delle emissioni locali, con la proposta di tipi sempre più stiliz-zati, sino ad espressioni compiutamente astratte o di fantasia, spes-so di non facile lettura iconologica (Fig. 32).

Infine Pipino, re dei Franchi (751-768), nel quadro di una ri-forma completa del sistema e di una rinnovata centralizzazione delpotere, tentò nel 755 63 la riorganizzazione del complessivo siste-ma di emissione, con moneta solo argentea e totalmente epigrafica(Fig. 33 a-b). La riforma fu perfezionata nel 781 da Carlo Magno,con una copertura dell’intero impero, nel quale era stata inglobataanche la Langobardia 64. La moneta riprendeva così la sua funzio-ne di strumento di comunicazione dei messaggi ufficiali del pote-re; in primis comunicando il nome e la dignità reale di Pipino, intermini epigrafici completi, di norma senza alcun riferimento arealtà condizionanti, quale poteva essere la chiesa.

Nel corso del VI secolo, parallelamente all’evoluzione del mo-dello di emissione e circolazione franco, altri gruppi germanici

62. MEC 1, p. 138 e ss.63. Pipino con il capitolare di Vernon nel 754-755 stabilì il taglio della moneta a 22

soldi per libra romana di argento (cioè 264 denari di gr.1,24)(MEC 1, p.108). Carlo loportò a 20 soldi per libra e infine, nel 793-794, portò il peso del Denaro da ca 1,3 gr. aca.1,7 gr. (MEC 1, p.206).

64. ARSLAN 2007.

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svilupparono una propria politica di emissione. Mentre i Burgundisembrano aver dipeso dalle scelte ostrogote (Fig. 34 a-b), in auto-nomia dai Franchi, sino ad essere proprio dai Franchi assimilati, gliAlamanni (Fig. 35 a-b) dipesero, in un secondo “rimbalzo”, dallescelte franco-merovinge (a loro volta dipendenti dalle tradizioniostrogote), nel cui mercato evidentemente gravitavano.

In area visigota si ebbero nel VI secolo 65 scelte sostanzialmen-te omologhe a quelle franche, con adeguamento anche in questocaso alle tipologie ostrogote.

Successivamente, nelle emissioni nazionali nella penisola iberica,si ebbe una fortissima stilizzazione nei Tremissi, che rimasero l’uniconominale aureo emesso, sia nel busto di Diritto (Fig. 36 a-b-c-d), or-mai totalmente simbolico, che nel Rovescio, con un’evoluzione ver-so una immagine della Vittoria a d. (di lontana ascendenza ostrogota)a forte stilizzazione, con esiti molto specifici e di grande suggestione,a carattere decorativo ma identificativa dell’identità di gruppo.

Con Leovigildo (568-586) prese forma un’ulteriore soluzione ti-pologica, che vediamo in un Tremisse del successivo Sisebut (Fig. 37a-b) 66, specifica del modello di emissione e circolazione visigota, or-mai del tutto autonomo rispetto a quello franco e a quello bizantino.L’immagine del re, detentore del potere, frontale e fortemente stiliz-zata, lontanamente derivata dall’immagine frontale dell’imperatore diBisanzio, si sdoppia. Sul Diritto ne viene esplicitata l’identità. SulRovescio viene indicata la zecca di emissione.

Le zecche, che emettono anche bronzo di recente individua-zione (Fig. 38 a-b) 67, sono distribuite sul territorio in un sistemadecentrato anche se fortemente controllato dal potere centrale.Nel VII secolo il sistema si articolò con soluzioni diverse, con alRovescio la croce su gradini, o il monogramma della zecca, finoalla conquista araba del 712-713, che propose un modello di emis-sione e circolazione del tutto distinto, che ci sposta in un diversosistema con tipologie monetarie del tutto estranee alle tradizionioccidentali, che non ha spazio per essere trattato in questa sede.

65. MEC 1, nn.186-206: “Pseudo-Imperial Series”, a nome di Giustino I e Giustiniano.66. MEC 1, n.211 e ss.67. CRUSAFONT I SABATER 1988.

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VANDALI

In questo sistema articolato di sistemi di emissione paralleli edistinti, con rilevantissime specificità locali, si collocava, pure iso-lato, lo sviluppo nel VI secolo della monetazione vandala, allaquale già ho sopra accennato.

L’oro appare assente, come già si è detto, mentre nell’argentosi approdò precocemente, con Guntamund (484-496), alla mone-tazione nazionale, con l’indicazione sistematica della tariffa (Fig.39 a-b), che rispondeva ad un sistema metrologico locale, congravi difficoltà per noi a comprendere la logica dei cambi. Si han-no nominali in argento da 100, 50, 25 Denari 68.

Nel rame, accanto ad emissioni con al Rovescio la Vittoria,che sembra un preciso riferimento alla monetazione ostrogota ini-ziale, e al monogramma del re Gelimer, vi fu il sistematico recu-pero, con riferimento all’esperienza ostrogota o in parallelo conessa, di un patrimonio simbolico legato al territorio e alle sue tra-dizioni, anche lontane, con la figura di Cartagine o con quella delCavallo (Fig. 40 a-b). Anche nel rame si ha la chiara indicazionedel nominale, in Nummi (42-21-12-4). Anche in questo caso, co-me per gli Ostrogoti, si è parlato di “Semi-autonomous copper coina-ge of Carthage, c.480-533”.

Colpisce la sincronia con gli eventi che intorno agli anni ’90vedevano in Italia l’avvicendamento al potere di Teodorico edOdoacre, che evidentemente convinsero Guntamund a collocarsi,per l’emissione della moneta, in una posizione di totale autono-mia. Le scelte infatti appaiono svincolate da qualsiasi presuppostodi delega imperiale, in un percorso evolutivo tipologico del tuttoautonomo, interrotto precocemente dalla riconquista giustinianea(533). La personificazione di Cartagine o l’immagine del Cavalloproponevano, con simboli locali, i medesimi messaggi che in Italiaerano proposti dai tipi ostrogoti con le personificazioni di Roma,Ravenna, Ticinum e con la lupa, l’aquila o le aquile, e stanno cer-to ad indicare scelte politiche simili anche per quanto attiene alrapporto tra le due comunità, germanica e romanza. Almeno nelleintenzioni. In ogni caso i Vandali si collocavano così in continuità

68. MEC 1, nn.6-27.

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con le tradizioni locali, forse con un abbastanza evidente presup-posto antiromano nella scelta dei simboli numidici e punici.

La figura frontale del re armato circondato dalla leggendaCART HAGO 69, con al Rovescio l’immagine del Cavallo numi-dico ci propone infine un interessante associazione di simboli delpotere coordinati.

LONGOBARDI

Un discorso a sé meriterebbe la monetazione longobarda, ilcui quadro è in velocissimo movimento per la scoperta di impor-tante nuova documentazione relativa alle primissime fasi, di VI se-colo. Sarà possibile solo tentarne una sintesi scheletrica 70.

Si ha inizialmente la resistenza di un sistema trimetallico dicircolazione, con emissione, probabilmente in ambito locale, dioro pseudoimperiale (con Solidi e Tremissi) 71, di argento con ti-pologie ravennati 72e di rame, con nominali piccolissimi (Fig. 41a-b) sicuramente non ufficiali 73. La fine del VI secolo vide untentativo di unificazione della produzione dell’oro, ora di soliTremissi, con tipi a nome di Maurizio Tiberio (582-602) (Fig. 42a-b), nella linea delle emissioni ostrogote. Il tipo si immobilizzòfino alle riforme di Cunincpert 74. Il tentativo di riforma moneta-ria, da attribuire ad Autari (584-590) o Agilulfo (590-616), nonsembra abbia coperto tutto il territorio longobardo. L’area padanaorientale, la Tuscia, la Langobardia Minor proseguirono infatti nel-l’emissione di Tremissi pseudoimperiali, aggiornando il nome del-l’imperatore, la cui immagine veniva resa in termini sempre piùsintetici e stilizzati, con rese locali specifiche.

69. MEC 1, 43-50.70. Per un iniziale approccio cfr. ARSLAN 2011. Le varie fasi della monetazione lon-

gobarda vanno analizzate oramai con strumenti bibliografici distinti, cosi come per leemissioni degli altri gruppi germanici europei, dei quali si è potuto delineare solo unoscheletrico quadro d’insieme.

71. ARSLAN 2013.72. ARSLAN 2014.73. ARSLAN 2010 a.74. ARSLAN 1986.

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Si ebbero solo pochi tentativi di abbandono delle emissionipseudoimperiali, come con un Tremisse con al Diritto un bustocircondato dalla leggenda marinvsmon (marinus monetarius) 75 (Fig.43 a-b), di metà o seconda metà del VII secolo, con una preziosatestimonianza sull’organizzazione della produzione con magistratimonetari che rispondevano delle emissioni e che ricompaiononelle emissioni di Liutprando 76.

La monetazione nazionale si ebbe solo alla fine del secolo, conCunincpert (688-700), che sostituì il proprio nome, come rex, aquello dell’imperatore. Con Cunincpert si ebbe anche l’introdu-zione al Rovescio della Figura di San Michele armato (Fig. 44 a-b) 77, che fino alla metà dell’VIII secolo fu sulla moneta l’iconanazionale longobarda, anticipando così sia la proposta della figuradi San Pietro sugli Antiquiores romani (Fig. 45) 78 che quella di sanGennaro sulle emissioni napoletane (Fig. 46) 79. Solo quindi conCunincpert alla moneta si riconobbe nuovamente la funzione ditramite all’utenza dell’immagine ufficiale del sovrano, dei suoi no-me e dignità, dell’icona simbolica del potere rappresentata da S.Michele, abbandonando la proposta di icone, che, anche se stra-volte e spesso quasi irriconoscibili, si riferivano pur sempre ad unaautorità diversa e superiore, l’imperatore di Bisanzio. L’operazionevenne accompagnata anche da un recupero di alcuni aspetti stili-stici della monetazione imperiale romana di IV-V secolo, nel ri-tratto del sovrano (Fig.44 a) che ricorda prototipi di IV-V secolo,e da una radicale riforma organizzativa della zecca, con una mo-neta nuovamente di oro puro e di peso corretto, destinata proba-bilmente a muoversi come alternativa della moneta bizantina sulmercato dell’Impero, a torto considerato ormai in crisi 80.

Alla metà dell’VIII secolo, dopo l’effimera proposta del bustofrontale di Ratchis (744-749 e 756-757) 81, la moneta longobarda

75. Nelle emissioni di Liutprando e di Ratchis (con ritratto) il nome del monetariuscomparè, ma senza sostituire quello del re, scritto sul petto o con lettere distribuite nelcampo del Diritto. ARSLAN 1993.

76. ARSLAN 1991 a.77. ARSLAN 2001 a.78. MEC 1, n.1031 e ss.79. MEC 14 (III), pp.43-49.80. In seguito alla conquista omayyade del Nord Africa, Cartagine fu distrutta defini-

tivamente nel 698.81. ARSLAN 1993.

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divenne, con Desiderio 82 (756-774), completamente epigrafica,con il tipo dello Stellato, che era stato definito, nei decenni pre-cedenti, nella Tuscia Longobarda. Gli ultimi stellati in oro venne-ro emessi da Carlo Magno (Fig. 47 a-b) dopo il 774, che li demo-netizzò nel 781, inserendo così anche l’Italia Longobarda nell’areamonetaria del Denaro in argento.

Un ancora più ritardato accesso all’area dell’argento carolingiosi ebbe con la monetazione beneventana 83, che ebbe una com-plessa evoluzione autonoma, che finora è possibile seguire dall’ini-zio del VII secolo, con emissioni auree e argentee pseudoimperiali(Fig. 48 a-b), sostituite alla fine del VII secolo, contestualmentealle riforme di Cunincpert, con tipi pseudoimperiali derivati daquelli bizantini (Fig. 49 a-b). Solo con Arichi II 84, ancora duca(758-765), si ebbe l’emissione di una moneta nazionale in oro esolo con Grimoaldo III (787-806) si ebbe l’emissione di denari inargento (Fig.50 a-b) 85. Le emissioni beneventane e salernitane di-vennero esclusivamente argentee solo alla metà del IX secolo, conRadelchi (839-851) e Siconolfo (839-849) 86.

FRISIA E AREA INSULARE

In area frisone 87e in quella inglese 88, che dal V all’VIII secolonon vide attività di emissione di moneta, giungono debolissimi,ancor più che in area merovingia, i riferimenti ad una presuntaautorità imperiale delegante e sembra esserci stato anche un forteritardo, o indifferenza, per una concezione della moneta comenormata dalla chiesa. Si registrano così nei tipi, sia di Diritto chedi Rovescio, le più disparate tipologie, con scelte per l’autorap-presentazione del potere sulla moneta che potremmo definire “di

82. PARDI 2003.83. ARSLAN 2003 a.84. ARSLAN, Arechi II, in stampa.85. ARSLAN 2002.86. ARSLAN 2003 a.87. MEC 1, pp.149-154.88. MEC 1, p.154 e ss.

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rimbalzo” dalle aree franco-merovinge, a loro volta in progressivoallontanamento dalle tipologie di area mediterranea e bizantina.

In area frisona, o insulare, o germanica, o scandinava, si regi-stra così una progressiva e completa demotivazione ideologica deitipi, con la destrutturazione e la successiva ristrutturazione con di-verso carattere degli schemi iconografici franco-merovingi, in unaprogressione difficile da seguire, a carattere locale, verso soluzionidi fantasia o decorative, spesso del tutto astratte (Fig. 1 a-b), che siproposero ben presto come elementi individuanti di realtà nazio-nali emittenti, con pure il frequente affioramento di iconografierelative alle narrazioni mitiche precristiane 89, che evidentementenon trovarono per lungo tempo opposizione valida in ambientiecclesiastici.

Soprattutto in area insulare la completa libertà da qualsiasicondizionamento di una monetazione locale precedente, con laquale collocarsi in continuità, unita alla ricchezza di una culturafigurativa di incredibile varietà e fantasia, nella quale confluivanole esperienze celtiche e quelle germaniche, e al contatto conquanto si registrava nell’Europa continentale e mediterranea, por-tò allo sviluppo di un linguaggio locale di grande complessità e diimpressionante suggestione.

Ciò sia nella rappresentazione del garante dell’emissione suiDiritti, con formulazioni che influenzarono fortemente la succes-siva monetazione feudale continentale, che nei tipi di Rovescio,che proponevano un ricchissimo repertorio di motivi (Fig. 51 a-b), con un’inesauribile fantasia interpretativa.

Il recupero delle formulazioni tipologiche monetarie delle cul-ture monetarie più sofisticate si sviluppò però anche in paralleloalla generale tendenza a-figurativa che coinvolgeva tutta l’Europaa vari livelli, analogamente a quanto avveniva in area bizantina eislamica. Si giunse così all’esplicitazione solo epigrafica del garante,come nelle emissioni della Northumbria 90, sincronicamente asconcertanti recuperi di schemi iconografici classici, come la lupacon i gemelli nella moneta di Aethelberht (Fig. 52 a-b) 91, docu-

89. GANNON 2003; GANNON 2012.90. MEC 1, n.1180 e ss.91. GANNON 2003, p.147, fig.4.56.

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mento degli stretti collegamenti con Roma, per i pellegrinaggi eper i finanziamenti diretti.

CAROLINGI

Momento fondamentale nell’evoluzione di gran parte dellamonetazione europea dalla fine dell’VIII secolo fu la riforma diCarlo Magno, alla quale è solo possibile accennare in questa sede,sottolineando come le sue scelte monetarie siano da leggere nelcontesto della costruzione del programma dell’impero romanogermanico, che sviluppava la concezione universalistica costanti-niana. Non stupisce quindi che Carlo Magno (768-814) (Fig. 53)e Ludovico il Pio (814-840) 92 proponessero anche il “ritratto” ditipo costantiniano, ponendosi così in rotta di collisione con lachiesa, che contestualmente imponeva, come poi sancito con l’E-ditto di Pitres (864), il tipo monetario completamente a-figurati-vo, con l’esplicitazione epigrafica della giurisdizione ecclesiasticanell’ambito del controllo dell’emissione e della circolazione dellamoneta. Come autorità delegante appariva solo la Croce, come si-gnum, o il “tempietto”, mentre l’imperatore è segnalato solo epi-graficamente, con l’eventuale indicazione tecnica della zecca diemissione (Fig. 54 a-b). L’impostazione rigorosamente non figura-tiva dei conii, con una scelta molto attenta degli elementi lessicaliche componevano i tipi al fine di comunicare che il potere sullamoneta era ecclesiastico e non civile, venne infatti precisamenteformulata nell’articolo XI, con una descrizione che si applica per-fettamente ai prodotti emessi già nella prima metà del IX secolo:« ut in denariis novae nostrae monetae ex una parte nomen nostrum ha-beatur in gyro et in medio nostri nominis monogramma: ex altera veroparte nomen civitatis et in medio crux habeatur » (« nei denari dellanostra nuova moneta si abbia su una faccia in circolo il nostro no-me e nel centro il monogramma del nostro nome: sull’altra facciasi abbia il nome della città e al centro la croce ») 93.

92. MEC 1, n.749 (Carlo Magno, zecca di Quentovic), n.750 (Ludovico il Pio, zec-ca di Aquisgrana?)

93. MGH Cap.Reg.Fr. II, p. 315, n. 273, c. 11. Cfr. per una analisi dell’editto di Pi-tres LAFAURIE 1981-1982, p. 113; ARSLAN 1992, pp. 841-842. La posizione della Chiesa

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Nei numerosi tipi carolingi con rappresentazione di un edifi-cio (Fig. 55) 94, la struttura è stata talvolta indicata come immaginedi una struttura esistente, una chiesa, un Palazzo, il Santo Sepolcro.... A mio avviso va riconosciuto un carattere solo simbolico all’e-dificio rappresentato, definizione metaforica del potere imperialecome istituzione, con un preciso riferimento – anche concettuale– per i tipi monetali anche alle emissioni costantiniane e successi-ve con “La porta del Campo” (Fig. 56) e providen tiaeavgg, meta-fora della difesa della sicurezza dell’impero 95.

Ci si colloca in un analogo ambito metaforico con il cd. tem-pietto carolingio con XRISTIANA RELIGIO (Fig. 57) 96, che èstato anche letto come immagine del Santo sepolcro o del Duo-mo di Aquisgrana. Esso indica invece la chiesa, come istituzione.Si ha una interpretatio dell’immagine tetrarchica del tempio classicocon all’interno l’immagine di Roma (Fig. 58) 97 o comunque diuna divinità. Appare quindi come una delle tante riprese carolingedell’ideologia imperiale costantiniana, in questo caso nelle sueespressioni tetrarchiche.

La schema tipologico a-figurativo, imposto dalla chiesa, speciecon la rappresentazione del tempietto carolingio, resistette a lun-go, in Italia e in altre aree europee, fino al XII-XIII secolo, signi-ficando la cancellazione dalla moneta di ogni elemento iconicorelativo al potere emittente, che poteva comunicare dati tecnicisolo epigraficamente. La comunicazione ideologico religiosa eratotalmente affidata alla croce. Solo in “età comunale” i tipi di Di-

può essere ulteriormente esemplificata dalle parole chiarissime di Agobardo di Lione,che, citando Beda, affermava, a proposito del ritratto sulla moneta: « non licet vobis inpercussura auri vestri imaginem facere Caesaris, quia talem sculpturam lex divina prohibet »(“non vi sarà lecito nel coniare la moneta in oro rappresentare l’immagine del vostroCesare, perché la legge divina proibisce tale rappresentazione” (AGOBARDO DI LIONE, Li-ber de imaginibus Sanctorum, c. 21, PL 104, 217. Citato in MORRISON 1967, p. 23, nota 52.Cfr. ARSLAN 2003, pp. 352-353; ARSLAN 2007 a, p.410.

94. MEC 1, n.748 e passim.95. Tipo LRBC 498. Intenzionali appaiono l’unicità della struttura con due torri (i

due cesari; successivamente i due imperatori) e l’astro che sovrasta l’edificio (Costanti-no). Si tratta di una delle numerose proposte per immagini del concetto costantinianodell’Impero universale.

96. Per il tipo MEC 1, n.760 e passim.97. RIC VI, Pl.6.194b (Massimiano, zecca di Roma). Il tipo comunque è più antico.

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ritto delle emissioni delle zecche italiche, ormai svincolate daimeccanismi delle deleghe imperiali, si articolarono in innumere-voli immagini di Santi protettori di città 98, o simboliche della co-munità, come Virgilio a Mantova, di vescovi, di stemmi nobiliario di città. Iniziava un altro discorso, che ci porterebbe all’età mo-derna e che non è quindi giustificato in quest’aula, destinata adaccogliere le nostre ricerche sull’altomedioevo.

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E.A. ARSLAN TAV. I

Le monete non sono riprodotte in scala.

Fig.1 - Sceat anglosassone in argento.FineVII secolo. Da internet.

Fig. 2 - Moneta in oro con Costantino,“auriga”dell’Impero chiamato in cielo dalla mano di Dio.Monetiere della Bibl.Naz. di Francia - R.

D R

Fig. 3 - Monetazione anglosassone,The Archertype.VIII-IX secolo.Da Gannon 2003.

Fig. 4 - Visigoti, Solido per Valentiniano III.Num.Ars.Classica NAC,Auk.75,2013,n.434.

D R

Fig. 5 -Vandali.Mezza Siliqua in argentoa nome di Onorio. Da internet.

D R

Fig. 6 - Suebi.Tremisse in oroperValentiniano III. Berlino, Gab.Num.

D R

Fig. 7 - Zenone.Mezza Siliqua in argento.Milano, Gab.Num.M. 0. 9. 18350.

D R

Fig. 8 - Solido diTeodeberto re dei Franchi.Zecca di Colonia. Da internet.

D R

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E.A. ARSLANTAV. II

Fig.9 - Ostrogoti,Solido diTeodorico,con mono-gramma. Zecca di Roma-Roma,Gab.Num.Naz.

D R

Fig. 10 - Ostrogoti.Tremisse di Baduila perAnastasio.Torino.Gab.Num.Biz. 21961-9855.

D R

Fig. 11 - Ostrogoti. Quarto di Siliqua diTeodo-rico a nome di Anastasio. Milano, Gab. Num.

M. 0. 9. 18393.

D R

Fig. 12 - Ostrogoti. Quarto di Siliqua di Atala-rico a nome di Giustino I. Milano, Gab. Num.

M. 0. 9. 18476.

D R

Fig. 13 - Ostrogoti.Mezza Siliqua di Atalaricoper Giustiniano-R.

Fig. 14 - Nummo di Libio Severo conmonogramma di Ricimero. Da Baravelli 2013.

D R

Fig. 15 -Argento di Odoacre.Da MEC 1,63.

D R

Fig.16 - Ostrogoti. Follis con la lupa. Class.Num.Auct., Quarryville, 26.6.1992, 627.

D R

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E.A. ARSLAN TAV. III

Fig. 17 - Ostrogoti. AE da 10 Nummi confelixravenna.Kuenker 257, 2014, n. 9230, gr. 2, 72.

D R

Fig. 18 - Ostrogoti. Diritto del Decanummodi Baduela con felixticinus.Milano, Gab.Num.

M. 0. 9. 18551-33.

Fig. 19 - Ostrogoti. Follis AE con l’aquila. Schw.Bankverein 1991, 28, 838, gr. 8, 80 - R.

Fig. 20 - Ostrogoti. 20 NummiAE con dueaquile.Milano,Civico Gabinetto Numismatico.

M. 0.9.18464 - R.

Fig. 21 - Ostrogoti. Follis di Theodahat.Gorny & MoschAuk. 133, 2004, 590, gr. 12, 01.

D R

Fig. 22 - Ostrogoti.Diritto del Decanummodi Baduela.Roma,Gab.Num.Naz.

Fig. 23 - Impero Bizantino. Solido di Giusti-niano. Gorny & Mosch, 2009, 181, 2585-D.

Fig. 24 - Ostrogoti.Rovescio di Decanummo diAtalarico con il re stante. Milano, Gab. Num.

M. 0. 9. 18494.

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E.A. ARSLANTAV. IV

Fig. 25 - Ostrogoti.Multiplo da tre SolididiTeodorico.Roma,Gab.Num.Nazionale.

D R

Fig. 26 - Rovescio diTremisse merovingio.Gadoury, 13, 30. 11. 213, n. 261.

Fig. 27 - Ostrogoti.Tremisse per Anastasio.Zeccadi Roma.Milano,Gab.Num.-M.1991. 1. 3.

D R

Fig. 28 - Ostrogoti.Tremisse per Anastasio.Verona, Castelvecchio,TNRB 18844-296.

D R

Fig. 29 - Franchi - Frazione di Siliquadi Clotario. Parigi, Cab.Med. BN.

D R

Fig.30 - Franchi.Diritto di SolidodiTeodeberto. Parigi, Cab.Med. BN.

Fig. 32 -Tremisse Franco - MerovingioZecca di Banassac - Da internet.

Fig. 31 -Tremisse Franco - Merovingio.Milano, Gab.Num.M. 0. 9. 3863.

D R

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E.A. ARSLAN TAV. V

Fig. 33 - Franchi.Denaro in argentodi Pipino - Zecca di Dorestad.Da internet.

D R

Fig. 34 -Tremisse Burgundo di Gundobald.Gadoury, 13, 30. 11. 213, n. 268.

D R

Fig. 35 -Tremisse Alamanno.Da internet.

D R

Fig. 36 -TremisseVisigoto.Gadoury,13, 30.11.213, n. 256.

D R

Fig. 37 -TremisseVisigoto di Leovigildo.Lanz, Auk.157, 9. 12. 2013, n. 426.

D R

Fig. 38 -TremisseVisigoto di Sisebut.Gadoury, 13, 30. 11. 213, n. 257.

D R

Fig. 39 - Visigoti.Moneta in bronzo.Da internet.

D R

Fig. 40 -Vandali.AR di Guntamund.Varesi,Asta52a, 12 -13.11.2013, n.136, gr. 1,05.

D R

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E.A. ARSLANTAV. VI

Fig. 41 -Vandali.AE da 21 Nummi.Kunst u.M., Lugano, 68, 1993, 612

D R

Fig.42 - Età longobarda.Nummo da Ripostigliodi Brescello.Biassono,Museo.

D R

Fig. 43 - Longobardi Regno.Tremisse a nome di M.Tiberio.Da internet.

D R

Fig. 44 - Longobardi Regno -Tremissedi marinusmon.Milano,Gab.Num.

D R

Fig. 45 - Longobardi Regno-Tremissedi Cuninpert.Milano,Gab.Num.

D R

Fig. 46 - Denaro di papa Formoso (891-896).Zecca di Roma.Da internet - D.

Fig. 47 - Napoli - Follaro di Atanasio IIvescovo (877-903).Da internet - D.

Fig.48 -Tremisse aureo di CarloMagno.Zecca diLucca.Esemplare dalla Confessione di San Pietro.Roma,Bibl. ApostolicaVaticana. (Medagliere.Mt.

TsP:It (Lucca)).

D R

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E.A. ARSLAN TAV. VII

Fig. 49 - Benevento.Tremisse anonimo,seconda metàVII sec.Da internet.

D R

Fig.50 - Benevento.Solido di Gisulfo II (731-732;742-751).Campobasso,Museo Sannio, n. 8984.

D R

Fig. 51 - Benevento.Denaro di Grimoaldo III eCarlo Magno. Monetarium, Nouv. Sett. 1993,

63, gr. 1,35.

D R

Fig. 52 - Sceat in argento Anglosassone.InizioVIII secolo. Da Gannon 2003.

D R

Fig. 53 - Penny di Aethelberhtdell’East Anglia. Da Gannon 2003.

D R

Fig. 54 - Denaro di Carlo Magno.Zecca di Magonza.Da internet - D.

Fig. 55 - Denaro di Ludovico il Pio con tem-pietto.ArtemideAste 21 E,23 - 24 .3.2013,501.

D R

Fig. 56 - Denaro di Carlo il Calvo.Zecca di Orléans.Da MEC 1, n.835 - R.

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E.A. ARSLANTAV. VIII

Fig. 57 - Rovescio di Follis di Costantino Icon la porta del campo.Da internet - R.

Fig. 58 - Denaro di Ludovico il Pio.Dai Cappuccini di Bolzano.Da Rizzolli 2005 - R.

Fig. 59 - Follis di Massenzio.Zecca di Aquileia.Da internet - R.

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Discussione sulla lezione Arslan

BRANDOLINI: su alcuni denari emessi da Ludovico il Pio comparel’immagine del Palatium e su altri quella del tempietto tetrastilo. È statoproposto che questi due simboli indicherebbero la zecca di emissione, ri-spettivamente, Pavia, sede del palazzo centro del potere politico, e Mila-no, fulcro della Chiesa metropolita. Quanto davvero possono essere atten-dibili certe interpretazioni? Quando il nome della zecca non è espressochiaramente sulla moneta, simboli come palazzo e tempietto tetrastilo pos-sono davvero indicare con certezza il luogo di emissione?

ARSLAN: la cd. immagine del “Palatium” e quella del “Tempietto”,di età carolingia e postcarolingia hanno dato spunto ad innumerevoli ten-tativi di identificazione di edifici realmente esistenti; tutti, a mio avviso,privi di fondamento, come ho tentato di dimostrare nella lettura appenaterminata. Le due immagini sono convenzionali e proposte in innumere-voli zecche. Pavia e Milano quindi sono in buona compagnia, con Roma,Aquisgrana, il Santo Sepolcro. In realtà si tratta di rappresentazioni sim-boliche della solidità ed eternità dell’Impero e della Chiesa, con tipi de-sunti da prototipi di età imperiale. Nel “tempietto” carolingio la Crocesostituisce l’immagine di Roma o di altre divinità pagane. Anche per iprecedenti classici è da escludere il riferimento a edifici realmente esistenti.

Page 48: E.A.ARSLAN, Moneta e volto del Potere, in Settimana CISAM, Le Corti nell’altomedioevo, 24-29.4.2014, Spoleto 2015, pp.853-886