24 dossier informare n. 03/2013 • 22 MARZO 2013 ARDEA Circa due anni fa il corpo di Polizia locale eseguì una serie di verifiche sulla legittimità, sani- taria, urbanistica e commerciale, di oltre 200 attività site lungo la via Laurentina e ricadenti all’interno dei famigerati 706 ettari delle Salzare. L’esito del controllo fu pressoché scon- tato: tali esercizi, tra cui negozi, risto- ranti, capannoni artigianali e quant’al- tro, risultavano sprovvisti dei requisiti minimi per poter rimanere aperti al pubblico. La spinosissima questione torna alla ribalta in questi giorni, perchè a quegli accertamenti dovrebbero seguire degli atti derivanti, atti tenuti congelati da due anni... perchè quelle 200 attività risultano da chiudere, con tutte le con- seguenze sociali del caso. LA NATURA DEL PROBLEMA. Queste terre, che si estendono, per circa 706 ettari, da Tor San Lorenzo (Fosso della Moletta) fino alla rotato- ria di via Campo Selva e dalla via Litoranea fino a sotto la Rocca, sono al centro di una complicatissima contro- versia legale che dura da circa un seco- lo. Già... è roba iniziata prima della Repubblica italiana. In estrema sintesi si trattava della quota destinata a diventare demanio civico per affrancare 3.500 ettari di terre private gravate da diritti di uso civico. Era un’affrancazione per scor- poro (terra in cambio di terra) di dirit- ti di uso civico rivendicati nel 1927 sul- l’ex feudo Sforza Cesarini per un’e- stensione pari a circa la metà dell’at- tuale Comune di Ardea. Questa dema- nializzazione non fu mai perfezionata, ciò nonostante il quasi demanio civico fu assegnato in quote argo-silvo-pasto- rali ad un certo numero di abitanti di Ardea. Il tutto in via provvisoria, in attesa di giungere alla conclusione del contenzioso. Si trattava di quote di circa 3 ettari ognuna da usare (senza proprietà) esclusivamente con finalità agricole, non vendibili, non cedibili, non edificabili, non frazionabili. Tutto questo perchè sono state assegnate in uso in quanto demanio civico. Alla fine degli anni ‘80 il contenzioso ha un colpo di scena: lo scorporo viene annullato dalla Cassazione (in quanto mai perfezionato), i 706 ettari cessano di essere quasi demanio e tutta la tenu- ta di 4.500 ettari torna ad essere terra privata gravata da uso civico, il quale uso civico è da togliersi pagando soldi e non più dando terra in cambio di terra. La questione è complicata e ingarbugliata, ma per quanto riguarda i 706 ettari... pure peggio... Quella terra ridiventa nominalmente di proprietà del feudatario, che tenta di far valere un atto di vendita nei con- fronti di una società di cui è ammini- stratore un suo dipendente storico di fiducia. Allo stesso tempo tutti gli eredi del feudatario rinunciano all’eredità. Lo Stato, come legge prevede, diventa erede. Quindi abbiamo uno stato giuri- dico del tipo che: la terra è sicuramen- te di proprietà di qualcuno, ma questo qualcuno NON è il Comune e NON sono gli occupanti. Questo qualcuno è: o lo Stato come erede del feudatario, oppure la società La Fossa che sostiene di aver comprato tutto, quando il feu- datario era in vita. Sul di chi sia la pro- prietà c’è un contezioso intrecciato con quello generale degli usi civici, attual- mente entrambi in fase di stallo. In più la terra è gravata da uso civico privato, da togliersi pagando soldi al Comune. Tutto questo marasma ha reso l’intera zona una sorta di ‘terra di nessuno’, dove tutto e tutti si sono sentiti nella possibilità e nel diritto di fare ciò che hanno voluto. La maggior parte degli assegnatari di queste quote nei 706 ettari, infatti, non sono stati lì fermi e buoni a fare i con- tadini. Hanno edificato abusivamente case, baracche, ville, capannoni, pisci- ne e di tutto di più. Hanno frazionato, sporzionato e ceduto in cambio di soldi pezzi e pezzetti di terra. Ceduto e non venduto, perchè non era possibile rogi- tare con atto notarile, ma solo firmare un foglio di carta tra privati, con scrit- to cessione del possesso oppure cessio- ne dei diritti di uso. In questo caso carta straccia, priva del valore legale di passaggio di proprietà. Transazioni di denaro senza coinvolgimento del fisco. Costruzioni abusive non sanabili (inedificabilità assoluta) su terre di proprietà altrui che venivano detenute a scopo di uso agricolo. Si stima che ci siano almeno 2.000 persone ad abitare questi nuclei di edificazione selvaggia, completamente privi di servizi. Ci sono anche decine e decine di attività pro- duttive e commerciali, che mai avreb- bero dovuto aprire ed operare su tali terre, eppure sono lì... attive da decen- ni. Spesso ben visibili, sulla strada principale. Attività che non possono avere regolarità urbanistica, che non possono avere un titolo di proprietà del suolo e neanche un titolo valido di pos- sesso, così come non possono avere allacci alla pubblica fognatura, e non potrebbero avere neanche allacci di elettricità e gas. Sono queste le verifi- che di cui si parla in questi giorni come di una bomba pronta ad esplodere. Perchè la verità nuda e cruda è che tutto ciò che di edificato si trova nei 706 ettari, oggi come oggi, va raso al suolo. Ogni attività va chiusa ed ogni abitazione sgomberata. LE COLPE DEL COMUNE. Il Comune ha ciurlato terribilmente nel manico per tutta la causa degli usi civici, dimenticanto di controllare cosa succedeva nei 706 ettari. Se il Comune e le autorità preposte avessero adeguatamente vigilato, avrebbero potuto e dovuto fermare il frazionamento e l’edificazione selvag- gia di questa area, impedendo che vi sorgesse la città di nessuno che oggi tutti possono vedere, con attività, risto- ranti, capannoni, ville, baracche e accampamenti rom. Con questo becero sistema si è infatti arrivati alla vendita persino di micro porzioni di 100 mq di terreno ai rom per impiantarci le rou- lotte. Una favela dietro l’angolo dove nessuno osa mettere piede. Le istituzioni per decenni sono state latitanti, omissive e miopi rispetto a quanto urbanisticamente accadeva in quest’area e rispetto ai continui cambi di possessori dei terreni a seguito delle vendite improprie. E non si accampino scuse giustificative. LA REALTÀ NUDA E CRUDA Ripristinare la legalità oggi, sic et sim- pliciter, significa far chiudere e demo- lire tutto ciò che è stato edificato nei 706 ettari. Punto. Se il Comune decidesse di smettere di prendere i cittadini per il culo, cosa che fa da decenni per quanto riguarda i 706 ettari (millantando di avere in tasca soluzioni indolori e giuridica- mente assurde), dovrebbe anzitutto riconoscere questo casino e la sua non competenza, come dato di fatto. Passaggio successivo è chiedere il sup- porto del prefetto, della Regione, dello Stato, dell’avvocatura dello Stato e del commissario per gli usi civici. Tutte queste istituzioni, ciascuna per le sue competenze, dovrebbero mettere nero su bianco come stanno le cose e stabili- re una via di uscita tesa al ripristino progressivo della legalità. Ulteriore passo è definire la proprietà, cercando di agevolare lo Stato. Una volta diventato demanio statale (che non c’entra nulla col demanio civico) individuare un procedura agevolata per vendere agli occupanti. Fatto que- sto, detti occupanti, divenuti proprieta- ri, possono pagare l’uso civico, come avvenuto sul resto del territorio . Allora, e solo allora, definita la pro- prietà, pagata la terra e pagato l’uso civico, si può procedere con una sana- toria urbanistica, per quanto possibile. Si tratta comunque di una ipotesi di strategia di uscita in deroga alle leggi esistenti, per questo è necessario che le istituzioni la concordino. Se non lo fanno, lo stato di fatto, nudo e crudo, è e resta che bisogna chiudere tutto, demolire tutto e sfollare tutti. Anche se dovessero rinsavire e imboccare questa strada, non si tratta di dare le terre gratis e neanche di darle a due soldi. Chi lo sostiene mente e prende (anco- ra) per il culo i cittadini. Al momento di andare in stampa non sappiamo se il Comune stia proceden- do con l’operazione di accertamento e poi eventuale chiusura delle molte atti- vità commerciali e imprenditoriali ricadenti nei 706 ettari, già verbalizza- te due anni fa. In caso affermativo ci saranno ovvi problemi di ordine pub- blico e conseguentemente di instabilità per l’amministrazione. Roberto Matricardi - Silvia Matricardi La ‘bomba’ delle attività commerciali nei 706 ettari