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La religione musulmana, al tempo della sua prima diffusione (Penisola Arabica 650 d. C.) ha portato un’innovazione sociale edulcorata dalla resistenza di tradizioni e pratiche preesistenti, nonché dalla “contaminazione” con civiltà radicalmente patriarcali, come l’impero sassanide (persiano). La donna nella religione musulmana Tratto da Dal “RisVeglio Duemila” N. 14/2011 Marisa Iannucci, artista ravennate, convertita all’Islam Citazioni del Corano riconoscono, almeno in teoria, a uomini e donne pari responsabilità sociali, finanche il diritto al voto, secondo un’interpretazione controversa, però: si noti, infatti, che in molti paesi a maggioranza islamica il voto alle donne è di recente istituzione (salvo per l’Egitto, 1927), mentre in Arabia Saudita è tuttora negato.
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Donna nelle religioni monoteiste

Jun 21, 2015

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presentazione su donne e religioni
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Page 1: Donna nelle religioni monoteiste

La religione musulmana, al tempo della sua prima diffusione (Penisola Arabica 650 d. C.) ha portato un’innovazione sociale edulcorata dalla resistenza di tradizioni e pratiche preesistenti, nonché dalla “contaminazione” con civiltà radicalmente patriarcali, come l’impero sassanide (persiano).

La donna nella religione musulmana Tratto da Dal “RisVeglio Duemila” N. 14/2011Marisa Iannucci, artista ravennate, convertita all’Islam

Citazioni del Corano riconoscono, almeno in teoria, a uomini e donne pari responsabilità sociali, finanche il diritto al voto, secondo un’interpretazione controversa, però: si noti, infatti, che in molti paesi a maggioranza islamica il voto alle donne è di recente istituzione (salvo per l’Egitto, 1927), mentre in Arabia Saudita è tuttora negato.

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La donna ha un diritto di eredità, avendo capacità giuridica, nonché alla dote, di cui dispone autonomamente per i propri bisogni personali, poiché alla famiglia provvede solo l’uomo, salvo diversa pattuizione.

Il matrimonio musulmano è un contratto consensuale – se avviene in età precoce, però, titolare della volontà matrimoniale è il tutore che esercita un potere di costrizione –, prevede la poligamia (salvo clausole di esclusione), limitata a quattro mogli.

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Il divorzio è, naturalmente, ammesso trattandosi di un mero contratto, ma, mentre la donna per divorziare deve rivolgersi al tribunale, l’uomo può, più agevolmente, ripudiare la moglie con una semplice dichiarazione; in tutti i casi, peraltro, la tutela dei figli minori resta sempre in capo all’uomo, che, del resto, è l’unico indiscusso titolare della loro educazione (alla madre spetta la mera cura) e di ogni decisione, essendone il solo rappresentante legale.

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La donna nella religione cristianaDal “RisVeglio Duemila” N. 13/2011Adriana Valerio, teologa, docente di Storia del Cristianesimo presso al Facoltà di Lettere dell’Università Federico II di Napoli

La donna nella religione cristianaDal “RisVeglio Duemila” N. 13/2011Adriana Valerio, teologa, docente di Storia del Cristianesimo presso al Facoltà di Lettere dell’Università Federico II di Napoli

La libertà di parola, che non è per nulla scontata (basti pensare alle società orientali, integraliste, attuali) è riconosciuta alle donna fin dalle pagine del Vangelo: anzi Gesù stupisce, portando a compimento l’antica legge (l’ebraismo già conferisce alla donna una sua dignità, vincolata, però, alla fecondità-maternità) anche in questo: le donne interloquiscono con lui al pari degli uomini, perfino le pagane, come la Cananea.

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Tenuto conto del processo di inculturazione della religione cristiana nella civiltà greco-romana (certo giuridicamente più avanzata e meno insensibile alla dignità femminile di quelle limitrofe o barbare) dove, comunque, l’autorità era saldamente in mani maschili, si può ben sostenere che il Cristianesimo, riconoscendo alla donna ruoli autorevoli, alternativi a quelli tradizionali, ha preparato, nei secoli e, si noti, proprio a partire dall’Occidente, il terreno per il pieno raggiungimento di pari dignità e diritti.

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Le donne sono le discepole che non abbandonano Gesù quando è sulla Croce, lo servono e ne hanno cura fino alla fine e, così, sono anche le prime testimoni della Risurrezione; nelle prime comunità cristiane supportano gli apostoli e contribuiscono con i loro beni e servizi (diaconia), inoltre accolgono nelle loro case. Paolo ha accanto a sé diaconesse che menziona ed elogia nei suoi scritti (benché ciò sia poco noto, essendo stati rimarcati tratti più critici nelle sue lettere). Nel Medioevo alcune donne cristiane predicano, come Ildegarde di Bingen, addirittura, su designazione vescovile, o come Domenica da Paradiso a Firenze, discepola di Savonarola, scrivono trattati, lettere ai Papi, perfino redarguendoli, come Brigida, laica!

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La donna nell’EbraismoDal “RisVeglio Duemila” N. 12/2011dott.ssa Claudia Milani, ebraista

L’ebraismo è considerato una religione maschilista, ma bisogna superare questi luoghi comuni. È vero infatti che i testi sacri dell’ebraismo risentono della cultura in cui sono nati, ma nel primo capitolo della Genesi la donna è presentata come contrapposta all’uomo, e non inferiore a lui. Nel cap.31 dei Proverbi si parla della “donna di valore” e di essa si danno le caratteristiche: infonde fiducia e felicità, governa la casa e si preoccupa per la famiglia, lavora costantemente, soccorre chi ha bisogno, parla con saggezza. Nel Seder di Pesah (il pranzo pasquale) quando si commemora la liberazione del popolo ebraico, accanto ai tre patriarchi vengono menzionate anche le quattro matriarche, Sarah, Leah, Rachele e Rebecca e questo per riconoscere la loro grande importanza nella storia del popolo ebraico.

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Quando Isacco si sposa, la nuvola che proteggeva la sua tenda, scomparsa alla morte di Sara, ricompare all’arrivo di Rebecca: è la presenza di Dio che si manifesta anzitutto nelle donne. Nel racconto biblico incontriamo molte importanti figure femminili che hanno preso iniziative per portare avanti la storia della salvezza. Una figura forte e vincente è quella di Deborah (in Giudici 4-5), giudice in Israele e profetessa. Debora è protagonista del famoso episodio in cui Barak, per suo ordine, marcia contro Sisara, ma, a causa della sua debolezza, Debora gli profetizza che il Signore avrebbe fatto cadere Sisara nelle mani di una donna.

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Altre due ebree, Elisabetta madre di Giovanni Battista e Miriam o Maria, madre di Gesù, si trovano nelle Scritture cristiane, ma si comprendono pienamente solo se viste nell’orizzonte ebraico.Elisabetta è equiparata ad Anna, madre di Samuele, e ad altre donne bibliche nel desiderio di un figlio che Dio le concede rovesciando la sua sorte. Miriam di Nazaret osserva tutti i precetti dell’ebraismo. Avvia Gesù al suo bar-mitzvà accompagnandolo a discutere coi dottori del Tempio, come era richiesto a tutti i ragazzi ebrei. Maria rimarrà poi sempre vicina al figlio con discrezione, lo accompagnerà fino alla morte in croce, come le donne ebree accompagnano padri, figli, sposi nelle loro imprese per la storia della salvezza.

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Dio, spiegano i maestri d’Israele, ha creato la donna non dalla creta, ma dalla costola di Adamo, e questo significa che le ha donato maggior intelligenza che al maschio. Le ha donato anche più fede, infatti è la donna che trasmette l’ebraicità ai figli, è la loro prima insegnante di precetti religiosi. La realizzazione della donna è il matrimonio, ma lo è anche per l’uomo: infatti il precetto impone a tutti di sposarsi e avere figli. Se marito e moglie si amano di amore autentico, la Shekinah, cioè la presenza di Dio, è con loro.

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Nell’ebraismo contemporaneo l’ebreo è di discendenza matrilineare perché l’ebraismo dà molta importanza alla prassi, cioè al corretto agire. Nelle sinagoghe italiane, ortodosse, non ci sono donne rabbino, come fra i conservativi americani; ma la liturgia ebraica si svolge su due filoni, quello pubblico e quello familiare. La donna ha un ruolo secondario nella liturgia pubblica, ma primario in quella familiare. Ha il compito di accendere i lumi dello Shabbat, come segno di passaggio dal tempo profano al tempo sacro. Infatti la donna è più vicina all’alternanza dei tempi di Dio in quanto ha in sé biologicamente una forma di scansione del tempo che le permette questa comprensione in maniera istintiva, non con lo studio come avviene per l’uomo.

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Le norme di purità, che hanno valore sacrale e non etico, riguardano la donna perché essa, dando la vita, passa da una condizione sacra a una profana. Se per l’uomo la circoncisione segna nella carne l’ingresso nell’ebraismo, per la donna non ce n’è bisogno, perché essa ha già in sé questo valore sacrale. Il Tempio di Gerusalemme era l’unico luogo per i sacrifici, ma, una volta distrutto, è stato sostituito dalle case, divenute luogo di culto, con la tavola come altare, dove si svolge la liturgia domestica di cui la donna è ministro.