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Dispensa_Il Piano Industriale

Nov 03, 2015

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AnnaBarletta

piano industriale
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  • Anno Accademico 2012/2013

    CORSO DI STRATEGIA E POLITICA AZIENDALE

    Dispensa ad uso degli studenti

    La formulazione e la presentazione della strategia aziendale attraverso

    la redazione del piano industriale

    A cura di:

    Prof. Andrea Cardoni Dipartimento di Discipline Giuridiche ed Aziendali

    Universit degli Studi di Perugia Novembre 2012

  • Sommario

    1. Premessa ...................................................................................................................1 2. Il piano industriale: aspetti introduttivi e definitori..................................................1 3. Le finalit e i contesti di redazione del piano industriale .........................................4 4. Il piano industriale come strumento di gestione strategica ....................................13 5. Le principali componenti del piano industriale ......................................................28 6. Il piano economico e finanziario: schemi e logiche di elaborazione......................38 7. Principali riferimenti bibliografici..........................................................................49

    Per diventare strateghi di successo dovete vivere concretamente lesperienza. Dovete confrontarvi con lobiettivo specifico della vostra azienda, individuare delle differenze che conta-

    no, definire il vostro sistema di creazione del valore e mettere tutto assieme in una frase che sintetizza chiaramente la vostra strategia.

    C un solo modo per iniziare correttamente: mettere per iscritto tutte queste cose. La formulazione scritta impone una disciplina che non ipotizzabile nella forma orale: d struttura al vostro pensiero. Vi obbliga a definire con parole accuratamente selezionate qual la ragione dessere

    della vostra azienda e qual il contributo di ogni componente allo sforzo complessivo.

    Cinthia A. Montgomery, Il ritorno della strategia, Rizzoli Etas, 2012

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    1

    1. Premessa

    La presente dispensa rappresenta un supporto didattico per il corso di Strategia e Politica

    Aziendale tenuto alla Facolt di Economia dellUniversit degli Studi di Perugia.

    In essa vengono illustrati, in particolare, i principali elementi concettuali e di contenuto

    riferiti alla tematica del piano industriale, considerato e interpretato come insostituibile

    strumento di formulazione e presentazione della strategia aziendale.

    La dispensa ha utilizzato come fonti bibliografiche i principali testi di letteratura econo-

    mico-aziendale e taluni riferimenti manualistici maturati in ambito professionale, ed ha

    come principale scopo quello di coadiuvare gli studenti nello studio delle problematiche

    di inquadramento e di redazione del piano industriale.

    2. Il piano industriale: aspetti introduttivi e definitori

    A livello terminologico le espressioni business plan, piano industriale e piano eco-

    nomico e finanziario possono essere usate come sinonimi, pur essendo ravvisabili le

    seguenti differenze: - il termine business plan, nellaccezione italiana, sembra essere riservato a inizia-tive di start-up; - il piano industriale enfatizza gli aspetti reali dellattivit di impresa, consideran-do marginali le questioni di finanza; - il piano economico e finanziario mette in risalto gli aspetti numerici, dando per assodata la strategia e lo scenario di riferimento.

    In questa sede si decide di adottare il termine piano industriale per puntare laccento sul-

    la necessaria completezza del documento, e considerando una ipotesi di azienda in fun-

    zionamento.

    In una prospettiva generale, il piano industriale pu essere considerato come quello

    strumento informativo e di controllo che, partendo dalle caratteristiche strutturali e pro-

    duttive dellazienda, consente di:

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

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    - esplicitare la visione imprenditoriale del business nel medio-lungo termine e le intenzioni strategiche del management relative alle strategie competitive

    dellazienda;

    - identificare e fissare gli obiettivi e le priorit strategiche, in modo da condividere

    le finalit a tutti i livelli della struttura aziendale per favorire il coordinamento e

    lorganizzazione; - elaborare le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici e levoluzione dei key value driver e dei risultati attesi;

    - delineare il modello di business rispetto al quale lazienda intende tracciare il

    suo percorso di crescita e di sviluppo;

    - esprimere i valori previsionali in un orizzonte di medio/lungo termine, eviden-

    ziando i riflessi delle strategie che la stessa intende perseguire;

    - rendere misurabili gli obiettivi tramite la definizione di opportuni indicatori di

    alto livello, sia di tipo economico (fatturato, valore aggiunto, EBITDA, EBIT,

    ROI, ROE, ecc.), che di tipo finanziario (leva finanziaria, posizione finanziaria

    netta, ecc.);

    - favorire processi di benchmarking sulle performance economico-finanziarie at-

    traverso il confronto con i principali competitors del settore;

    - analizzare preventivamente la dinamica finanziaria connessa allo sviluppo

    dellimpresa per valutare la fattibilit e la sostenibili del progetto strategico;

    - identificare un modello di pianificazione strategica entro il quale inserire il si-

    stema di programmazione e controllo (budgeting e reporting) che parta dagli o-

    biettivi di lungo termine e tenga conto del business model che caratterizza

    lazienda.

    Nelle aziende caratterizzate da elevati livelli di complessit, con dimensioni medio-

    grandi, il piano industriale riveste un ruolo vitale, risultando utile al management per la

    rappresentazione della propria visione imprenditoriale, permettendo ai componenti del

    consiglio di amministrazione di svolgere appieno il ruolo di indirizzo e controllo della

    societ e consentendo allimpresa di attirare risorse, umane e finanziarie, necessarie alla

    realizzazione del piano di azione (c.d. action plan). In questo contesto, sovente caratte-

    rizzato da una base azionaria non coincidente con lorgano strategico-direzionale, il

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

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    principale obiettivo del piano quello di definire in che modo lazienda intende accre-

    scere il valore creato per gli azionisti, essendo strutturato in modo da permettere: - la focalizzazione sulla creazione di valore nellambito di una visione di lungo periodo. Il piano industriale infatti un momento privilegiato per focalizzarsi

    sulla definizione di strategie intenzionali che consentano di massimizzare la

    creazione di valore, considerando che spesso le esigenze operative di breve peri-

    odo non permettono ai responsabili della direzione aziendale di dedicare tempo

    allanalisi delle dinamiche settoriali, ai comportamenti dei competitor e

    allindividuazione di valide opportunit. E opinione diffusa che la sostenibilit

    del vantaggio competitivo pu essere certamente favorita dallesistenza e dalla

    qualit del processo di elaborazione dei piani industriali, anche in considerazione

    dello stretto legame tra strategic planning e strategic thinking; - la creazione di una guida per la gestione dellattivit aziendale. Il piano indu-striale, e pi propriamente laction plan, rappresenta uno strumento che guida le

    principali scelte operative, quali: i) lentrata in nuovi mercati, ii) lintroduzione

    di nuovi prodotti e servizi, iii) lutilizzo di nuovi canali distributivi, iv)

    lampliamento del portafoglio clienti e il reperimento di tutte le risorse - finan-

    ziarie, umane, organizzative e tecnologiche - necessarie allimplementazione de-

    gli obiettivi strategici; - lo sviluppo di un processo di apprendimento. Il processo di strutturazione del pi-ano diventa uno strumento che consente di verificare la qualit di certe intuizioni

    manageriali e imprenditoriali, contenendo cos i correlati rischi. Infatti, la reda-

    zione del piano industriale implica di solito un processo di learning by doing che

    porta ad un progressivo affinamento e dunque lelaborazione di successive ver-

    sioni allinterno di un percorso iterativo: gli assunti errati, le aree di debolezza e

    le incoerenze sono cos progressivamente corretti, mentre gli stimoli e le intui-

    zioni derivanti dallesame delle prime versioni di piano vengono recepiti, inte-

    grando e migliorando il progetto strategico originale. Si realizza cos un proces-

    so di learning by doing coerente con un approccio alla gestione strategica; - un miglior livello di comunicazione con il sistema degli interlocutori finanziari. La redazione e il vaglio critico del piano industriale rappresentano un modo per

  • Formulazione e presentazione della strategia

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    prepararsi a spiegare e difendere le proprie scelte strategiche nei confronti degli

    interlocutori finanziari al fine di limitare il rischio che esse non siano adeguata-

    mente comprese e, per questo solo fatto, non approvate. Ci importante sia nei

    momenti ordinari della vita aziendale che in particolari operazioni o cicli di svi-

    luppo dellattivit, quali operazioni straordinarie, quotazioni, cessioni ecc.

    Gli obiettivi che possono essere ricercati attraverso il piano industriale sono, peraltro,

    molteplici e le finalit perseguite dai destinatari di tale documento possono essere tra lo-

    ro differenti.

    3. Le finalit e i contesti di redazione del piano industriale

    Se nella prospettiva pi generale e completa, il piano industriale riveste il ruolo sinteti-

    camente descritto nel paragrafo precedente, non vi dubbio che lutilit del documento

    si nel corso del tempo estesa ad una ampia serie di contesti che ne condizionano le

    motivazioni e le specifiche finalit di redazione.

    Per delineare un quadro di riferimento utile a comprendere le varie declinazioni che il

    documento pu assumere, utile in primo luogo differenziare la motivazioni di fondo

    che spingono alla sua redazione, a seconda che siano riconducibili a: - motivazioni riferite alla volont/necessit dellimpresa stessa di redigere il do-cumento, andando poi a distinguere se tale redazione avvenga per finalit interne

    o esterne; - motivazioni riferite allesigenza di terzi di conoscere il percorso strategico a-ziendale e di valutare in termini previsionali i riflessi delle strategie sulle per-

    formance e sugli equilibri economico-finanziari.

    In termini di impostazione del documento, possiamo inoltre considerare una ulteriore

    differenziazione in base al contesto in cui si colloca il documento, se riferito a: - contesto gestionale, ovvero il documento viene elaborato come supporto per lesplicitazione e la condivisione della vision imprenditoriale e dellaction plan,

    attraverso la definizione di contenuti che saranno modellati di volta in volta in

    base alle esigenze strategiche e operative della direzione aziendale;

  • Il piano industriale

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    - contesto istituzionale, ovvero il documento reso obbligatorio da determinate prescrizioni di legge e assume una valenza formale che, gioco forza, ne influen-

    za il contenuto.

    Applicando la griglia di criteri appena considerati, possibile delineare il seguente qua-

    dro di riferimento.

    Motivazioni legate alla volont/necessit dellimpresa

    In questo primo ambito, le logiche e i contesti di redazione del piano industriale possono

    essere ulteriormente distinti a seconda dei fini per i quali il documento viene elaborato.

    Tali fini possono essere:

    a) di carattere interno, legati a:

    1) start-up dellimpresa;

    2) esigenze di pianificazione e controllo dello sviluppo aziendale;

    3) definizione di un piano di incentivi per i manager.

    b) di carattere esterno, connessi alle seguenti circostanze:

    1) partecipazioni a gare;

    2) piani di ristrutturazione;

    3) valutazione degli elementi dellattivo ;

    4) procedimenti di quotazione (initial public offering - IPO);

    5) operazioni straordinarie.

    Nel caso a) 1 (start-up) ci si trova in una fase in cui viene sviluppata una nuova idea

    dimpresa (business idea), che vede come primo passo fondamentale il recepimento di

    un bisogno insoddisfatto o soddisfatto solo parzialmente da una offerta di prodot-

    ti/servizi. Il passo immediatamente successivo rappresentato dallanalisi strategica del-

    la concorrenza esistente e potenziale, che consiste nel chiedersi se al momento sul mer-

    cato vi siano gi imprese che svolgano una medesima attivit o che potrebbero accorpa-

    re, senza grandi difficolt, la nuova offerta di prodotti/servizi.

    I motivi da cui pu originare una idea di business possono essere diversi e sono ricondu-

    cibili a: - scoperta di una nuova tecnologia;

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    - espansione della domanda di un prodotto/servizio; - modificazione dei gusti dei consumatori; - successo di altre imprese; - individuazione di un bisogno del mercato. Da questa intuizione deve partire un processo organizzato di analisi e verifica dell'idea

    che deve portare alla redazione di un piano di fattibilit (o business plan) da cui devono

    emergere: - le caratteristiche tecniche del prodotto/servizio; - le tecnologie e le attrezzature necessarie; - il tipo di mercato di sbocco; - le politiche di marketing da attivare; - il capitale necessario per avviare e gestire l'impresa; - i soci/collaboratori da coinvolgere; - la forma giuridica pi adeguata; - gli adempimenti burocratici da espletare. Al termine di questo processo di analisi/ricerca l'imprenditore sar in grado di affacciarsi

    sul mercato con una adeguata nozione sulla realizzabilit del progetto, avendo identifica-

    to le principali azioni che saranno intraprese nel primo triennio, tenendo presente che il

    piano risente di una duplice problematica: - lassenza di una storia, che condiziona i rapporti con il mercato e con le banche; - lincertezza e la variabilit delle previsioni, legate sia ad eventi interni (tempi e costi connessi alla costruzione degli impianti, allottenimento di un adeguato li-

    vello qualitativo del prodotto/servizi) che a quelli esterni (gradimento del pro-

    dotto/servizio, rapporti con la concorrenza, ritardi dei fornitori, inefficienze della

    rete distributiva).

    Nel caso a) 2 (pianificazione e controllo) il piano industriale lo strumento con il qua-

    le il management esplicita e formalizza la sua attivit di gestione strategica, potendo co-

    s ottenere una serie di importanti risultati conoscitivi e condizioni di controllo, quali: - valutazione dellimpatto delle diverse strategie di crescita; - definizione e verifica del tasso di crescita sostenibile;

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    - valutazione dellimpatto di specifici investimenti sulla redditivit complessiva dellimpresa; - analisi della relazione tra i driver del valore e la redditivit attesa del business; - condivisione degli obiettivi strategici con la struttura organizzativa e imposta-zione del sistema di programmazione e controllo per lindirizzo dellattivit a-

    ziendale.

    Tale finalit va considerata come quella che maggiormente rispecchia la filosofia del pi-

    ano industriale come strumento per la formulazione e la presentazione della strategia.

    Un documento concepito e realizzato in tale prospettiva si presenta molto completo e in

    grado di soddisfare ulteriori e differenti finalit informative che potrebbero presentarsi

    in altri contesti. E per tale motivo che ai contenuti e alle modalit di redazione del pia-

    no industriale come strumento di gestione strategica verranno dedicati i paragrafi suc-

    cessivi

    Nel caso a) 3 (definizione di un piano di incentivi per i manager) si fa riferimento al-

    le grandi realt aziendali dotate di una tecnostruttura manageriale, il cui ruolo viene rite-

    nuto sempre pi strategico nellambito di processi di creazione di valore dellimpresa. In

    tali situazioni il piano industriale pu costituire il presupposto indispensabile per defini-

    re un piano di incentivi a favore del management aziendale, attraverso il quale viene re-

    distribuita ai dirigenti una parte del valore che gli stessi hanno contribuito a creare.

    Nel caso b) 1 (partecipazione a gare) si possono citare una serie di interventi legislativi

    nei quali viene richiesta la redazione del piano industriale. Tali formulazioni, riportate a

    titolo esemplificativo, si riferiscono a:

    - appalti pubblici di opere Lart. 143 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163 (gara per la concessione dei lavori pubblici) disci-

    plina quanto segue:

    Lofferta e il contratto devono contenere il piano economico-finanziario di copertura degli investimenti e

    della connessa gestione per tutto larco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valo-

    re residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonch leventuale valore residuo dellinvestimento non

    ammortizzato al termine della concessione

    - gestione integrata del servizio idrico Lart. 143 della lex 5 gennaio 1994, n. 36 (Legge Galli) prevede che:

  • Formulazione e presentazione della strategia

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    1.La Regione adotta una Convenzione tipo e relativa disciplina per regolare i rapporti tra gli enti locali .

    ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati e ..

    2.La Convenzione prevede, in particolare:

    a)

    b) lobbligo del raggiungimento dellequilibrio economico e finanziario della gestione;

    c)

    d) i criteri per la redazione del piano economico e finanziario per la gestione integrata del servizio

    - concessione di finanziamento a fondo perduto Nello schema definito dalla legge n.488/92 (legge quadro per la concessione di agevolazioni finanziarie in

    conto investimenti) previsto che la concessione delle agevolazioni venga effettuata sulla base di una gra-

    duatoria di merito, costruita attraverso indicatori predefiniti tratti dal business plan elaborato

    dallimpresa con il supporto di un software appositamente predisposto.

    Nel caso b) 2 (piani di ristrutturazione) la previsione sempre contenuta in interventi

    legislativi, questa volta riferiti al particolare contesto delle procedure concorsuali, dove

    il documento viene contemplato come strumento necessario a supportare alcuni inter-

    venti proposti per il superamento della crisi aziendale. In particolare si fa riferimento al-

    le previsioni pi recenti, quali:

    - art. 67 della Legge n. 267 del 16 marzo 1942 come modificate dal decreto legislativo 169/2007 (Piano

    attestato): Non sono soggetti ad azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del

    debitore purch posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento

    della esposizione debitoria dellimpresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la

    cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i

    requisiti previsti dallarticolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;

    - art. 182 bis R.D. 267 del 16 marzo 1942 come modificato dal Decreto legislativo 169/2007 (Accordi di

    Ristrutturazione): Limprenditore in stato di crisi pu domandare, depositando la documentazione di cui

    allart. 161, lomologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresen-

    tanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in

    possesso dei requisiti di cui allart. 67, terzo comma, lettera d) sullattuabilit dellaccordo stesso, con par-

    ticolare riferimento alla sua idoneit ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

  • Il piano industriale

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    Nel caso b) 3 (valutazione degli elementi dellattivo) occorre considerare la profonda

    riforma intervenuta con il Decreto Legislativo 28 febbraio 2008, n. 38, il quale ha previ-

    sto per le maggiori imprese italiane (societ quotate; societ con strumenti finanziari dif-

    fusi tra il pubblico; banche e altri intermediari finanziari regolati da Banca dItalia; im-

    prese di assicurazione) lobbligo, a partire dal 1 giugno 2005, di redigere il bilancio

    consolidato con i principi contabili internazionali IAS-IFRS emessi dallo IASB ed

    omologati dallEU ai sensi del Regolamento comunitario n.1006/2002; per il bilancio di

    esercizio lo stesso obbligo decorreva dal 1 gennaio 2006.

    Secondo il mutato sistema di regole contabili, il nuovo framework impone il superamen-

    to del principio del costo storico nelliscrizione delle attivit materiali ed immateriali

    nellattivo dello stato patrimoniale, a favore del principio del fair value, sottoponendo le

    attivit stesse all impairment test come previsto dallo IAS 36.

    Se il test ha ad oggetto particolari categorie di immobilizzazioni quali avviamenti, parte-

    cipazioni e unit aziendali, lindividuazione del valore deve avvenire sulla base dei flus-

    si previsionali che tali entit sono in grado di produrre in un orizzonte temporale strate-

    gico.

    Secondo quanto previsto dagli standard citati, lapplicazione dellimpairment test richie-

    de pertanto che limpresa acquisisca informazioni relative allevoluzione delle dinami-

    che economiche e finanziarie attraverso lanalisi di piani pluriennali e budget, anche di-

    stinti secondo una logica di aree strategiche di affari, che in questo contesto diventano

    strumenti di supporto per i processi di valutazione ai fini della redazione del bilancio.

    Nel caso b) 4 (procedimenti di quotazione - IPO) il piano industriale costituisce uno

    dei documenti che deve essere predisposto dallimpresa che si propone per la prima vol-

    ta alla quotazione nei mercati regolamentati (IPO initial public offering). In tale conte-

    sto, infatti, lazienda che intende rivolgersi agli investitori e accedere ai mercati di Bor-

    sa, deve predisporre una ampia documentazione richiesta dalla Consob in cui vengono

    illustrate e rese pubbliche le caratteristiche fondamentali del suo business in termini di

    ambito competitivo, assetto strategico, organizzativo e gestionale al fine di informare

    adeguatamente il potenziale azionista circa le prospettive di rischio e di rendimento della

    partecipazione.

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

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    Nel caso b) 5 (operazioni straordinarie) lesigenza di predisporre un documento previ-

    sionale di carattere strategico deriva dallart 2501 bis, che regola le fusioni a seguito di

    acquisizione con indebitamento, prevedendo ad un successivo articolo (Art. 2501 quin-

    quies) che la relazione degli amministratori indichi le ragioni che giustificano

    loperazione contenga un piano economico e finanziario con lindicazione della fonte

    delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intende raggiungere.

    Motivazioni legate ad esigenze conoscitive esterne

    In questo ambito, i contesti in cui si fa presente la necessit di strutturare un piano indu-

    striale sono riconnessi principalmente ai fabbisogni informativi e professionali di:

    1) investitori istituzionali per la valutazione di un investimento equity;

    2) finanziatori dellimpresa con capitale di debito;

    3) professionisti nellambito dellapplicazione di procedimenti valutativi

    dellimpresa.

    Nel caso sub 1) (investitori istituzionali per la valutazione di un investimento e-

    quity) va considerato che l accelerazione delle operazioni di acquisto del capitale di ri-

    schio ha favorito la diffusione di modelli di valutazione delle imprese in funzionamento

    semplificate quali, in particolare, il metodo empirico dei moltiplicatori. Tale modello

    semplifica e rende di facile applicazione il procedimento valutativo, ma non agevola il

    compito dellinvestitore istituzionale sulla qualit/fattibilit dellinvestimento. Se si a-

    dotta, infatti, un moltiplicatore di mercato riferito ad un indicatore di performance

    dellimpresa (quale potrebbe essere ad esempio: fatturato, redditi, dividendi, EBITDA)

    necessario valutare la dinamica nel tempo di quel particolare fondamentale e osservarne

    levoluzione futura disponendo di un piano industriale.

    Nel caso sub 2) (finanziatori dellimpresa con capitale di debito) lesigenza viene e-

    spressa dai tradizionali interlocutori del sistema bancario e finanziario che, nel valutare

    le possibilit di affidamento e di concessione del credito, intendono accertare la solvibi-

    lit dellimpresa verificando le condizioni di sussistenza dellequilibrio finanziario nel

    breve e lungo termine. A questo fine il piano si pone come strumento fondamentale per

    fornire a tali interlocutori le informazioni sulla capacit strutturale dellimpresa di rim-

    borsare i finanziamenti contratti e da contrarre e per consentire una analisi di bancabili-

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    11

    t del piano, in cui pu assumere particolare importanza landamento di indicatori, qua-

    li: - leva finanziaria: rapporto tra patrimonio aziendale / posizione finanziaria netta, in grado di misurare la solidit della struttura finanziaria; - rapporto posizione finanziaria netta / EBITDA, espressivo della capacit teorica di rimborso dellindebitamento attraverso i flussi operativi potenziali; - rapporto tra oneri finanziari / EBITDA, che misura lincidenza del costo del de-bito sul margine operativo lordo.

    Nel caso sub 3 (professionisti nellambito dellapplicazione procedimenti valutativi

    dellimpresa) lesigenza si riconnette alla necessit di individuare il valore economico

    dellimpresa attraverso una stima dei flussi economici e/o finanziari futuri che, per esse-

    re ragionevolmente previsti e costituire fondamento del percorso estimativo, devono ri-

    sultare da un processo di elaborazione strategica.

    Tenuto conto di tutti i differenti contesti in cui il piano industriale pu essere utilmente

    elaborato e sviluppato, nella figura che segue (Fig. 1) vengono rappresentate le varie

    dimensioni, prospettive e valenze che possono essere attribuite allo strumento.

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    12

    Fig. 1 Le funzioni del piano industriale in relazione ai differenti contesti e pro-

    spettive di redazione

    Se il documento viene redatto nella prospettiva del professionista esterno al fine di sup-

    portare i procedimenti valutativi o previsionali utilizzati in atti e perizie che maturano in

    contesti giuridici e contrattuali, il piano industriale rappresenta uno strumento con una

    significativa valenza formale. Si tratta di una prospettiva che facile riscontrare nelle

    vicende di cessione quote o operazioni straordinarie che riguardano una PMI.

    Nel caso in cui il piano viene elaborato dalla grande azienda che si pone in una prospet-

    tiva esterna e intende rendere visibile il suo percorso strategico agli stakeholders, il do-

    cumento pu assumere la veste di strumento di comunicazione.

    Se invece il piano viene utilizzato con prevalente finalit interna, con una forte valenza

    sostanziale, principalmente legata alla necessit di rendere misurabili ed oggettivi gli o-

    biettivi per guidare la gestione e monitorarne tempestivamente i risultati, esso si confi-

    gura come insostituibile strumento di pianificazione e controllo.

    Infine, qualora il piano venga vissuto come momento fondamentale di elaborazione e

    formulazione della strategia da parte del management aziendale, fatto che tipicamente

    avviene nella grande impresa complessa dotata di tecnostruttura manageriale, lo stesso

    diventa a tutti gli effetti uno strumento di gestione strategica.

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    13

    E importante sottolineare che tali prospettive sono in grado di influenzare le forme e i

    contenuti del documento e non necessariamente entrano in conflitto, dal momento che

    un piano ben elaborato pu essere in grado di soddisfare allo stesso tempo diverse finali-

    t.

    4. Il piano industriale come strumento di gestione strategica

    Nella vita delle aziende spesso accade che la gestione di tipo operativo, caratterizzata da

    decisioni abituali e di breve termine, privilegiata rispetto alla gestione di tipo strategico

    che, orientata al medio-lungo termine, particolarmente attenta allevoluzione

    dellambiente.

    Una siffatta impostazione rischia di compromettere la sopravvivenza aziendale, soprat-

    tutto alla luce della considerazione che l evoluzione dellambiente genera opportunit

    ma anche rischi che, se non valutati tempestivamente, possono trasformarsi in vere e

    proprie minacce.

    Per lalta direzione la strategia rappresenta uno strumento indispensabile per rispondere

    efficacemente ai mutamenti dellambiente esterno e a quelli che si producono allinterno

    delle stesse imprese, evitando cos che la cultura delle organizzazioni diventi rigida.

    Il compito dellalta direzione proprio quello di armonizzare la struttura organizzativa

    con le opportunit e i rischi che i cambiamenti ambientali comportano.

    Da questo punto di vista, lalta direzione pu assumere due atteggiamenti molto diffe-

    renti:

    1) atteggiamento di attesa, con il quale si attende passivamente il verificarsi de-

    gli eventi e dei fenomeni evolutivi per adottare le opportune modificazioni

    della gestione solo quando tali fenomeni si sono chiaramente affermati;

    2) un atteggiamento anticipatorio e attivo, in cui si realizza uno sforzo costante

    di previsione dei fenomeni evolutivi allo scopo di poter realizzare modifiche

    nella gestione in via anticipata e tempestiva, promuovendo azioni tese ad in-

    fluenzare levoluzione dei fenomeni stessi.

    Nel primo caso si osserva la mancanza di un quadro strategico di sviluppo ed un orien-

    tamento scarsamente innovativo delle politiche di gestione. Questa la situazione che

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    14

    caratterizza molte PMI, la cui gestione operativa viene condotta senza un disegno pro-

    grammatico di ampio respiro e ricorrendo a modelli operativi di tipo ripetitivo; la ge-

    stione tende a identificarsi con le routine organizzative e si rinuncia ad intravvedere pos-

    sibilit di cambiamento. Tuttavia, in presenza di eventi imprevisti, le routine organizza-

    tive si mostrano inadeguate a fronteggiare le emergenze che possono arrivare a determi-

    nare fenomeni di crisi.

    Molto diverso il caso delle aziende che manifestano un atteggiamento anticipatorio e

    attivo nei confronti dello sviluppo degli eventi. Queste aziende sono di norma caratteriz-

    zate da una media e grande dimensione e agiscono con prospettive di pi lunga durata,

    attraverso la formulazione di piani strategici. In questo caso il rapporto impresa-

    ambiente, che alla base della definizione dello scenario strategico, non di tipo adatti-

    vo o reattivo, ma tende ad essere innovativo e a scardinare le regole del gioco vigenti sia

    in campo competitivo che sociale.

    Adottare questo tipo di approccio significa implementare, in modo convinto ed esplicito,

    dei processi di gestione strategica, finalizzati ad analizzare costantemente lambiente e-

    sterno, valutandone i rischi e le opportunit che vi provengono, osservare le logiche di

    gestione interna e il proprio modello di business al fine di individuarne punti di forza e

    di debolezza e infine delineare la strategia pi opportuna per raggiungere il successo a-

    ziendale.

    Se dal punto di vista operativo i processi di gestione strategica tendono a seguire la logi-

    ca sopra menzionata (analisi dellambiente esterno, analisi dellambiente interno e for-

    mulazione della strategia), molto pi discussa linterpretazione circa i differenti signi-

    ficati attribuiti al termine. Nella prospettiva teorica, infatti, sono stati notevoli gli appro-

    fondimenti effettuati sul significato della gestione strategica di una impresa, su come

    viene valutata la strategia realizzata, su come si definisca la strategia intenzionale e su

    quali siano le altre attivit rilevanti nel processo di gestione strategica.

    Nella tradizione harvardiana (tra i principali autori possibile citare Andrews e Ansoff)

    il processo di gestione strategica di tipo analitico-razionale nella fase di formulazione e

    anche in quella di realizzazione (intesa essenzialmente come fase di progettazione e rea-

    lizzazione di una struttura organizzativa, in senso lato, logicamente conseguente alle

    scelte di strategia). Tale impostazione decisamente top-down e si basa su unipotesi di

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    15

    piena razionalit delle decisioni e consequenzialit logica delle realizzazioni.

    Gi Normann mette in luce il fatto che il formarsi della business idea (ossia di una stra-

    tegia o formula imprenditoriale di successo) nelle aziende sempre un processo di lear-

    ning-by-doing.

    Con Mintzberg si giunge ad eliminare la separazione tra pensiero e azione; la strategia

    la risultante di un processo di apprendimento che procede su due gambe, quella di una

    strategia deliberata, che incarna il versante top-down, analitico-razionale della strategia,

    e quella di una strategia emergente, frutto di un processo per prova ed errore, in cui esi-

    ste una forte componente bottom-up .

    In seno a questo gruppo di contributi, che intendono la strategia come risultato di un

    processo di apprendimento continuo piuttosto che come risultato di un processo analitico

    ex-ante, pu collocarsi anche il contributo di Quinn, che vede la strategia come un pro-

    cesso di incrementalismo logico in cui i leader aziendali incanalano flussi di attivit ed

    eventi in strategie coscienti.

    Secondo quanto suggerito dalla letteratura aziendale le tre fasi principali del processo di

    gestione strategica sono rappresentate da: analisi strategica, scelta delle strategie e rea-

    lizzazione delle strategia.

    I - ANALISI STRATEGICA

    Il processo di gestione strategica pu iniziare in vari modi ma ben presto si pongono al-

    cune domande. Quale impresa si vuole essere? Verso quali obiettivi muoversi? Quali

    capacit si intendono sviluppare?

    Qualsiasi scelta deve muovere dallanalisi della situazione di partenza, cercare di preve-

    dere la sua futura evoluzione e seguire continuamente levolvere della situazione.

    Lanalisi strategica mira a: - capire quale sia e quale debba essere la posizione strategica dellorganizzazione rispetto ai concorrenti e allambiente; - comprendere quali cambiamenti sono in atto e come agiranno sullattivit dellorganizzazione; - decidere le azioni per raggiungere gli obiettivi e i tempi relativi; - scegliere tra le varie opzioni che si presentano;

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    16

    - individuare quali risorse e competenze possieda lorganizzazione e come possa-no costituire dei vantaggi nello sfruttare le nuove opportunit.

    Lanalisi strategica ruota intorno a tre grandi concetti, rappresentati da ambiente, risorse

    e competenze e si articola nelle sotto-fasi approfondite qui di seguito.

    1. Definizione della mission dellimpresa e dei principali obiettivi di lungo termine Ogni processo di gestione strategica parte dalla definizione della mission e dei grandi

    obiettivi che limpresa intende raggiungere. La mission unenunciazione molto ampia

    degli scopi che limpresa persegue e generalmente individua grandi aree di attivit nel

    campo economico e sociale.

    La mission deve: - contenere lindicazione degli obiettivi attraverso i quali la mission stessa pu es-sere raggiunta; - differenziare limpresa dai concorrenti; - definire il business o i business in cui limpresa intende operare; - incorporare le attese non soltanto degli azionisti e del management, ma anche degli altri stakeholders; - rappresentare una sfida da raccogliere; - incorporare i valori in cui crede limpresa e le norme di comportamento che la guidano.

    2. Analisi dellambiente esterno Lambiente esterno per convenzione distinto in macroambiente, costituito da variabili

    sulle quali il management non pu agire, e microambiente, costituito dalle variabili che

    interagiscono direttamente con limpresa: clienti, fornitori, concorrenti e relativi mercati.

    2.a. - Analisi del macro-ambiente

    Per macro-ambiente si intende un campo di osservazione ampio, in cui devono essere

    presi in considerazione una serie di elementi che non sempre agiscono direttamente

    sullattivit e sulleconomia dellimpresa, ma scolpiscono il quadro di lungo termine in

    cui essa opera. Al fine di focalizzare lanalisi sulle variabili pi significative, la lettera-

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    17

    tura ha suggerito diversi strumenti di analisi, tra i quali la PEST analysis e lanalisi delle

    attese degli stakeholders.

    2.a.1. - Analisi delle grandi variabili

    Per individuare quali variabili dellambiente esterno abbiano il maggior impatto sul futu-

    ro di unimpresa la tecnica di analisi pi nota la PEST analysis, che analizza le variabi-

    li della Politica, dellEconomia, della Societ e della Tecnologia. Nella scelta delle va-

    riabili e nella loro interpretazione molto dipende dalla natura del settore, dalla struttura

    della concorrenza, dalle strategie adottate e dalle capacit del management.

    Limpresa deve capire come le variabili principali dellambiente possono agire sul futu-

    ro del business, come cambiano e come interagiscono luna con laltra. Va infatti ricor-

    dato che le variabili non sono entit separate, ma interdipendenti: ad esempio, una im-

    portante processo di innovazione pu mettere in crisi una parte delleconomia, pu crea-

    re disoccupazione, tensioni sociali e spingere il governo a varare nuove leggi in materia

    di mobilit del lavoro da un lato, e nuove discipline della concorrenza dallaltro.

    Per citare a titolo esemplificativo le problematiche che possibile approfondire nelle va-

    rie sezioni possiamo ricordare: - tra le variabili della Politica: stabilit del governo, pressione fiscale, protezione dellambiente, deregulation, privatizzazione, barriere allo scambio internaziona-

    le, ecc.; - tra le variabili dellEconomia: prodotto interno lordo (PIL), consumi privati, in-flazione, salari/costo del lavoro, intervento dello Stato nelleconomia, ecc.; - tra le variabili della Societ/cultura: demografia, stili di vita, sensibilit alla dife-sa dellambiente, attitudini verso il lavoro e limprenditorialit, valori della tra-

    dizione, ecc.; - tra le variabili della tecnologia: investimenti in R&S nei vari settori delleconomia, protezione della propriet intellettuale, innovazioni ICT, ecc.

  • Formulazione e presentazione della strategia

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    18

    2.a.2. - Analisi delle attese degli stakehoders

    Le attese degli stakeholders hanno un forte peso nella definizione della mission e degli

    obiettivi di lungo termine. Partendo da questo presupposto, importante approfondire

    questa prospettiva e porsi la seguente domanda: nellinteresse di chi gestita limpresa?

    Rispondere a questa domanda significa individuare quali vincoli e quali attese prove-

    nienti dallambiente esterno possono agire sulle scelte strategiche.

    In questo ambito occorre perci considerare le varie categorie di portatori di interesse e

    le principali attese da questi espresse (Tab. 2).

    Tab. 2 Analisi delle attese degli stakeholders Stakeholders Interesse principale

    Azionista Dividendi; aumento del valore di mercato degli in-

    vestimenti in azioni; pagamenti dei dividendi;

    partnership

    Management Stabilit del ruolo; progressi di carriera; remunera-

    zione; status; responsabilit nellorganizzazione

    Altri collaboratori Remunerazione; condizioni di lavoro; stabilit del

    posto di lavoro; job satisfaction

    Consumatori Qualit dei prodotti; prezzi convenienti; continuit

    nellassistenza postvendita; innovazione di prodotto

    Distributori Consegne tempestive; affidabilit dei programmi;

    immagine di marca (del produttore)

    Fornitori Continuit degli ordini; pagamenti secondo i piani

    Finanziatori Restituzione del prestito; pagamento degli interessi

    Governo Pagamento delle imposte e delle tasse; contributi

    alloccupazione e alle esportazioni; difesa

    dellambiente

    Societ in generale Responsabilit nei confronti della societ; gli obiet-

    tivi dellimpresa non dovrebbero essere in contrasto

    con quelli della societ in generale

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    19

    2.b. - Analisi dellambiente competitivo

    Lambiente in cui opera limpresa complesso e cambia costantemente ed sempre dif-

    ficile, se non impossibile, riuscire a considerare tutte le variabili e a costruire un ordine

    utile ad interpretare la realt in grado di illustrare le caratteristiche essenziali di un si-

    stema in modo che sia semplice da capire e da applicare.

    Lanalisi dellambiente competitivo necessita perci di modelli interpretativi che, secon-

    do una logica ormai consolidata, possono essere organizzati a cascata, partendo

    dallanalisi di settore e del suo ciclo di vita, per passare poi allanalisi pi specifica

    dellarena in cui si svolge la competizione, focalizzandosi infine sullo studio dei concor-

    renti e del loro posizionamento rispetto a quello dellimpresa.

    2.b.1. - Analisi della struttura del settore e del suo ciclo di vita

    Secondo un modello consolidato di interpretazione delle dinamiche aziendali (il modello

    struttura-condotta-performance), le caratteristiche del settore sono fondamentali per

    comprendere i principali elementi che incidono nella competizione e nelle ragioni del

    successo delle imprese che vi operano.

    Gli elementi che maggiormente incidono nella struttura del settore sono rappresentati

    dalle condizioni di domanda e offerta, dove agiscono in primo luogo lelasticit della

    domanda e le economie di scala. Ci premesso, dal punto di vista strategico lanalisi del

    settore deve puntare principalmente ad individuare i fattori che caratterizzano il successo

    in quel particolare ambito operativo (cosiddetti fattori critici di successo), ovvero quelle

    variabili e condizioni operative a cui sembra possibile ricondurre il vantaggio competiti-

    vo. Ogni settore tende ad avere i propri fattori critici di successo: ad esempio, per i

    soft-drink sono importanti limmagine di marca e la distribuzione capillare;

    nellabbigliamento di qualit a prezzi medio-bassi sono cruciali il basso costo del lavoro,

    la variet dei prodotti e la rapidit di risposte alle tendenze della moda. In altri settori,

    magari caratterizzati da situazioni di crisi e dalla necessit di procedere a ristrutturazio-

    ne, diventano critici i rapporti con i sindacati.

    Accanto a questo tipo di analisi, che assume i connotati prevalenti di tipo statico, il set-

    tore pu essere utilmente studiato anche con riferimento ai suoi caratteri evolutivi, an-

    dando ad individuare le fasi del ciclo di vita che lo contraddistinguono. Con questo tipo

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    20

    di analisi si parte dal presupposto che un mercato, o un segmento al suo interno, passi

    attraverso una successione di fasi, ciascuna delle quali abbia implicazioni sulle strategie

    delle imprese e sulle condizioni della concorrenza. In una prima fase, definita embrio-

    nale, c scarsa domanda, pochi concorrenti, un ritmo di sviluppo delle vendite molto

    rapido e un livello di redditivit crescente. In una seconda fase, disviluppo, i compra-

    tori crescono rapidamente, entrano nuovi concorrenti, le vendite si sviluppano molto e si

    realizzano alti livelli di redditivit. Segue poi una fase di progressiva maturit, dove la

    domanda prima diventa selettiva fino a saturarsi, la concorrenza elevata con un rischio

    di possibili guerre di prezzi, le vendite rallentano e i margini diventano moderati. Infi-

    ne si realizza una fase di declino, caratterizzata da un minor uso del prodotto,

    labbandono di alcuni concorrenti, una distribuzione selettiva e un livello di redditivit

    molto basso.

    2.b.2. - Analisi delle forze competitive

    Secondo questo famoso modello di analisi del settore elaborato da Porter nel 1980 la

    configurazione strutturale di un dato settore viene a dipendere, in ogni istante, dal di-

    sporsi di cinque forze competitive , rappresentate da (Fig. 2): - rivalit fra le imprese concorrenti; - minacce portate dai prodotti sostitutivi; - minacce derivanti dai potenziali entranti; - potere contrattuale esercitato dai fornitori; - potere contrattuale esercitato dai clienti. La disposizione e linterazione delle cinque forze determinano lintensit delle dinami-

    che competitive allinterno di un settore con conseguenti riflessi sulla sua redditivit

    strutturale, misurata dal livello di redditivit operativa. In particolare, la compressione

    della redditivit media del settore determinata da: - assenza di barriere allentrata che frenino i nuovi concorrenti; - presenza di prodotti sostitutivi offerti a prezzi inferiori; - esistenza di clienti e fornitori dotati di un elevato potere contrattuale - presenza di una forte rivalit interna.

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    21

    Quanto pi le caratteristiche del settore si allontanano da queste condizioni, tanto mag-

    giore tende ad essere il livello della redditivit operativa media.

    Fig. 2 Le cinque forze competitive

    3. Analisi dellambiente operativo interno Dopo aver rivolto lattenzione verso lambiente esterno e analizzato con differenti gradi

    di approfondimento le variabili di contesto che impattano sulle problematiche gestionali

    dellimpresa, necessario concentrarsi sui caratteri interni dellimpresa stessa, utilizzan-

    do anche in questo caso consolidati modelli elaborati dalla dottrina e dalla prassi mana-

    geriale in grado di facilitare il lavoro di interpretazione e di valutazione strategica.

    3.a.- Analisi della catena del valore

    La catena del valore pu essere vista come un modello di analisi della complessa realt

    aziendale, in grado di conciliare in una logica di processo la prospettiva interna, organiz-

    zativa, e quella esterna legata al contesto e allarena sociale e competitiva in cui

    lazienda opera.

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    22

    Tale strumento nasce dallesigenza di interpretare limpresa, che e rimane una realt

    unitaria, come un insieme di parti che producono ciascuna valore aggiunto

    Partendo dalla fase di scambio con il mercato di approvvigionamento, nella quale si ri-

    cevono dai fornitori determinati fattori produttivi con il sostenimento dei relativi costi, la

    catena del valore modellizza tutte le attivit che vengono svolte per arrivare a produrre

    un bene/servizio che viene poi ceduto ai clienti ad un determinato prezzo, ritenuto e-

    spressivo del valore creato per il cliente stesso (Fig. 3).

    Fig. 3 La catena del valore

    In tale contesto, lanalisi dellambiente operativo interno si concentra sullinsieme delle

    attivit generatrici del valore che un impresa realizza per progettare, produrre, vendere e

    consegnare il proprio prodotto/servizio, dove: - il valore ci che il cliente disposto a pagare per quello che limpresa gli of-fre; - ogni attivit generatrice del valore comporta costi; - la differenza fra ci che il cliente paga e la somma dei costi sostenuti per genera-re il valore determina il margine (valore aggiunto); - le attivit generatrici del valore sono tra loro collegate, e tali collegamenti inci-dono sui costi e sul vantaggio competitivo;

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    23

    - il livello della disagreggazione delle attivit dipende dal momento e dai contesti dellanalisi e in ogni caso finalizzato alla individuazione del vantaggio compe-

    titivo.

    3.b. - Analisi delle competenze distintive

    Questo approccio allanalisi dellambiente interno trova il suo fondamento teorico nella

    resource-based view. Gli assunti basilari su cui si fonda tale filone interpretativo sono i

    seguenti: - limpresa un portafoglio di risorse e competenze; - ogni impresa unica perch unico il portafoglio; - leterogeneit delle performance delle imprese e il conseguimento delle rendite si spiegano con meccanismi di isolamento; - il vantaggio competitivo di unimpresa dipende dalla diversa dotazione di risorse e competenze.

    Dal punto di vista concettuale e definitorio importante rimarcare la differenza tra risor-

    se e competenze.

    Le prime sono rappresentate da quei fattori produttivi a disposizione dellimpresa che

    sono trasformati in beni utilizzando unampia gamma di attivit aziendali e meccanismi

    organizzativi. Le stesse possono essere classificate in risorse tangibili, intangibili e ri-

    sorse umane.

    Le competenze sono invece le capacit dellimpresa di combinare e impiegare le proprie

    risorse, utilizzando processi organizzativi e meccanismi culturali in vista del raggiungi-

    mento di determinati obiettivi, potendo essere distinte in competenze specialistiche e

    competenze generali.

    Levoluzione di questo approccio ha portato alla identificazione di una particolare classe

    di competenze, rappresentate da quelle capacit operative che qualificano lidentit

    dellimpresa rispetto a quella dei suoi concorrenti e che sono di rilevante importanza per

    il successo competitivo nei settori e nei mercati in cui limpresa agisce, definite compe-

    tenze distintive.

    Seguendo questo modello interpretativo, lanalisi dellambiente interno punta, in primo

    luogo, a identificare le risorse e le competenze distintive dellazienda, valutando succes-

  • Formulazione e presentazione della strategia

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    24

    sivamente la presenza di alcuni caratteri fondamentali necessari per assicurare la soste-

    nibilit del vantaggio competitivo, quali: - la durevolezza, dipendente dalla natura delle risorse e delle competenze e dallazione degli agenti di cambiamento (es: innovazione tecnologica); - la mobilit, ovvero lacquisibilit delle risorse e delle competenze da parte dei concorrenti; - la replicabilit, riconducibile alla possibilit che le risorse e le competenze distintive possano essere riprodotte in altre aziende.

    3.c. - Analisi del management e della struttura organizzativa

    Per rendere completa lanalisi dellambiente interno, occorre descrivere i processi orga-

    nizzativi dellattivit svolta, i ruoli e le responsabilit di chi opera allinterno

    dellazienda, le risorse tecniche impiegate, ovvero quei beni materiali ed immateriali di

    cui lazienda fa uso per realizzare la sua attivit produttiva.

    In primo luogo importante concentrarsi sui soggetti chiave della gestione, ovvero i

    componenti del management e degli organi di controllo, valutandone da un lato le espe-

    rienze e i livelli professionali e dallaltro considerandone i poteri, le responsabilit,

    lentit e le modalit di corresponsione dei compensi.

    In seguito necessario considerare la struttura organizzativa, analizzando e descrivendo

    le diverse aree aziendali e la loro articolazione, indicandone le principali relazioni ed in-

    terazioni, presentando lorganigramma aziendale e considerando linsieme delle risorse

    umane operanti nellimpresa in termini di numero, competenze e retribuzione del perso-

    nale (dipendenti, collaboratori, agenti).

    4. Analisi delle minacce e opportunit, punti di forza e di debolezza Una volta terminata la fase di analisi sul fronte esterno ed interno, necessario addiveni-

    re ad una sintesi che sia in grado di rappresentare in modo efficace le principali conclu-

    sioni che legano le varie dimensioni poste sotto osservazione. A questo fine viene utiliz-

    zata lanalisi SWOT, il cui termine deriva dallutilizzo dei termini anglosassoni: S

    (Strenghts = forze; Weaknesses = debolezze; Opportunities = opportunit; Threats = mi-

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    25

    nacce). La logica che lega tali dimensioni di analisi rappresentata nella figura che se-

    gue (fig. 4)

    Fig. 4 SWOT analysis

    Lanalisi SWOT sintetizza una delle metodologie utilizzabili per formulare una strategia

    competitiva, offrendo alla direzione gli elementi necessari per elaborare le alternative

    strategiche che poi verranno valutate.

    Dal punto di vista metodologico e applicativo, una volta definita la mission e gli obietti-

    vi di lungo termine dellazienda, lanalisi SWOT prevede:

    - una fase di raccolta dati e informazioni relative allambiente esterno e

    allambiente interno;

    - una fase di classificazione dei dati e delle informazioni al fine di individuare

    quelle rilevanti;

    - la valutazione sintetica che individui punti di forza/debolezza e opportuni-

    t/minacce.

  • Formulazione e presentazione della strategia

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    26

    II SCELTA DELLE STRATEGIE

    Completata la fase di analisi, arriva uno dei momenti pi complessi e critici del processo

    di gestione strategica, ovvero le scelta delle strategie. Muovendo dai punti di forza e di

    debolezza del suo ambiente interno, limpresa deve puntare a trarre vantaggio dalle op-

    portunit e contenere le minacce provenienti dallesterno, prefigurando i possibili scena-

    ri strategici e definendo, in base alla mission e agli obiettivi di lungo termine, il percorso

    che intende seguire per arrivare al successo.

    E chiaro che questa fase specifica per ogni azienda e dipende dai risultati conoscitivi

    ottenuti della fase precedente.

    Anche in questo passaggio, tuttavia, possibile disporre di alcuni concetti e schemi di

    riferimento che possono essere utili nella definizione della strategia, quali ad esempio la

    gerarchia nella quale la stessa pu essere formulata, rappresentati da livello corporate,

    di area strategica di affari (ASA) e di area funzionale (Fig. 5).

    Fig. 5 I livelli della strategia

    La strategia corporate deve rispondere a domande quali:

    - in quale business o in quali business vogliamo competere? (monobusiness o mul-

    ti business);

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    27

    - quale orientamento dobbiamo dare alle strategie? (crescita, stabilit, contrazio-

    ne);

    - quali risorse necessario allocare?

    - quale struttura organizzativa dare alle attivit dellimpresa? (gerarchica, divisio-

    nale, matriciale).

    La strategia di ASA deve invece definire quelle scelte con le quali si stabilisce:

    - come affrontare la concorrenza e affermarsi in un particolare ambito competitivo;

    - quali vantaggi costruire rispetto ai concorrenti;

    - quali prodotti/servizi sviluppare e in quali mercati, valutando in quale misura tali

    prodotti/servizi rispondono alle esigenze dei consumatori;

    - con quali criteri distribuire le risorse umane tra le varie funzioni aziendali (finan-

    za, marketing, produzione, ricerca e sviluppo, ecc.).

    Attraverso le strategie funzionali, infine, si effettua una formulazione degli obiettivi da

    raggiungere e da assegnare alle singole aree funzionali, quali strategie di marketing, fi-

    nanziarie, di produzione, di ricerca e sviluppo e di sviluppo del personale.

    III REALIZZAZIONE DELLE STRATEGIE

    Una volta definite le strategie e averle declinate ai vari livelli della struttura aziendale,

    limpresa deve valutare a fondo le implicazioni operative e organizzative che quelle stra-

    tegie comportano. Anche questa fase si presenta particolarmente delicata e importante,

    dal momento che costituisce il punto di contatto tra la gestione strategica e quella opera-

    tiva, che dovr trovare nel piano industriale i riferimenti necessari per indirizzare le atti-

    vit dellimpresa. E in questa fase che matura la definizione dellaction plan, di cui sar

    trattato pi diffusamente nel paragrafo successivo, come importante componente del pi-

    ano industriale.

    Accanto al piano di azione, tuttavia, vanno implementati una serie di ulteriori processi

    gestionali che esulano dagli obiettivi del piano industriale, ma che ne sono una necessa-

    ria e naturale conseguenza, quali:

    - la progettazione della struttura organizzativa e il sistema di controllo adeguati al-

    le strategie;

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    28

    - il coordinamento delle strategie con le strutture organizzative e i sistemi di con-

    trollo;

    - la gestione del cambiamento connesso al nuovo indirizzo strategico definito.

    5. Le principali componenti del piano industriale

    Nel quadro di riferimento definito finora, il presente paragrafo illustra i principali ele-

    menti di cui si compone il piano industriale tenendo presente, come gi chiarito, la pro-

    spettiva di una azienda di medie-grandi dimensioni, con un modello di governo che pre-

    vede la separazione tra propriet e controllo, che usa il piano industriale come strumento

    di gestione strategica con importanti ricadute sul piano dei rapporti con gli stakeholders.

    Innanzitutto va considerato che un piano industriale si basa su elementi sia qualitativi sia

    quantitativi che non possono essere separati senza pregiudicarne la fondatezza: lassenza

    di unadeguata illustrazione delle strategie e dellaction plan rende infatti i risultati eco-

    nomico-finanziari delle semplici estrapolazioni degli andamenti passati, la cui credibilit

    non in alcun modo verificabile, se non ex post; in maniera analoga, in mancanza di

    previsioni quantitative, il piano non pu essere opportunamente apprezzato in sede

    preventiva, n successivamente verificata limplementazione.

    Prima di affrontare le principali componenti del piano, si ritiene opportuno ribadire che

    il principale obiettivo di un piano industriale quello di definire in che modo lazienda

    intende accrescere il valore creato per gli azionisti.

    Il valore per gli azionisti pu essere misurato attraverso lEVA (economic value added,

    lindicatore elaborato dalla societ di consulenza Stern & Stuart), ovvero la differenza

    tra NOPAT (net operating profit) e il costo del capitale medio ponderato del capitale

    (WACC); tale indicatore di performance pu essere accresciuto da un esercizio allaltro

    agendo, singolarmente o contemporaneamente sul risultato operativo, sul rendimento e

    sul costo del capitale investito. Lutilizzo di una o pi alternative condizionato da di-

    versi aspetti, tra cui landamento del ciclo economico, la fase del percorso strategico che

    lazienda sta vivendo, la strategia realizzata e la sua efficacia, il livello di indebitamento

    raggiunto, la competizione allinterno del settore di appartenenza, il livello di copertura

    geografica, vincoli correlati allambiente sociale e regolamentare. Il piano industriale

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    29

    deve sempre esplicitare quali leve, tra quelle sopra indicate, il management intende uti-

    lizzare negli esercizi futuri per accrescere il valore dellimpresa. Nel lungo periodo, di

    solito, la leva pi utilizzabile risiede nella capacit dellimpresa di mantenersi lungo un

    percorso di crescita profittevole (realizzata in modo da accrescere lEVA). La possibilit

    di manovra delle altre leve a disposizione del management , infatti, condizionata da al-

    cuni vincoli strutturali piuttosto stringenti. Lincremento della redditivit operativa a pa-

    rit di dimensione trova dei limiti nelle caratteristiche del settore e nellinterazione delle

    forze competitive che agiscono al suo interno. Il ricorso, poi, allindebitamento per sfrut-

    tare il beneficio fiscale legato alla deducibilit degli interessi passivi non pu superare

    certi limiti per non pregiudicare la flessibilit e la solvibilit aziendale.

    Ci premesso, per assolvere pienamente le sue finalit, il piano industriale deve essere

    elaborato in modo da rendere visibili tre grandi componenti, che vengono qui di seguito

    approfondite.

    La strategia realizzata e le intenzioni strategiche

    Il piano industriale deve fornire innanzitutto una descrizione dellimpostazione strategi-

    ca operante, della fase del ciclo di vita in cui limpresa si trova e delleventuale fabbiso-

    gno, o opportunit, di un rinnovamento della strategia derivante dalle minac-

    ce/opportunit dellambiente competitivo e/o dal confronto con i punti di forza e di de-

    bolezza dei concorrenti (benchmarking).

    In tale contesto, la strategia realizzata identifica il posizionamento formatosi per effetto

    delle scelte e delle azioni del passato, consolidatosi nel tempo a seguito del crearsi di

    una struttura, di meccanismi operativi e di una cultura aziendale coerente. Il piano do-

    vrebbe consentire di esplicitare il collegamento tra i risultati ottenuti nel passato e le

    principali scelte strategiche effettuate e offrire una pi chiara illustrazione delle origini e

    dei presupposti delle intenzioni strategiche della societ. Lanalisi dei nessi causali fra

    scelte e risultati essenziale per individuare le leve gestionali e le relative metriche che

    hanno avuto il maggior impatto sulle performance aziendali (cosiddetti key value driver

    e key performance indicator) e verificare anche sul piano quantitativo la qualit della

    strategia realizzata.

    Questultima dovrebbe esplicitare almeno i seguenti punti: la strategia competitiva cor-

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    30

    porate, la strategia competitiva perseguita e le performance realizzate in ogni ASA.

    Le intenzioni strategiche rappresentano, invece, le scelte dichiarate del management re-

    lativamente al campo di attivit dellimpresa, alla crescita dimensionale da perseguire e

    al ruolo che si intende rivestire nellarena competitiva. Nel piano industriale esse devono

    essere descritte con un sufficiente livello di dettaglio cos da poter cogliere i cambia-

    menti che queste comportano nella strategia adottata, il loro grado di coerenza con il

    fabbisogno/opportunit di rinnovamento e i risultati attesi cui condurranno.

    Le intenzioni strategiche, in altre parole, identificano linsieme di azioni con cui la so-

    ciet intende offrire prodotti o servizi massimizzando il valore creato per gli azionisti;

    tali azioni sono in costante cambiamento in funzione dei risultati raggiunti, degli scenari

    competitivi e degli errori eventualmente commessi.

    Le intenzioni strategiche devono specificare le scelte corporate e le scelte a livello di

    ASA.

    A livello corporate occorre esplicitare:

    - le scelte in termini di ASA in cui limpresa intende operare e leventuale uscita

    ovvero entrata in nuove ASA;

    - il ruolo assegnato, nellambito del processo di creazione di valore, a ciascuna

    ASA (segnalando casi in cui il valore creato da alcune aree di affari servono a

    sussidiare altre in fase di start-up o di turnaround);

    - il criterio di allocazione delle risorse finanziarie e umane disponibili, le sinergie

    realizzate e quelle stimate fra le ASA.

    Le intenzioni strategiche corporate dovrebbero tendere a trovare un equilibrio

    nellimpresa nel suo complesso; opportuno che il management analizzi costantemente,

    attraverso il sistema di controllo di gestione il valore creato da ogni ASA che dovrebbe

    rappresentare la base quantitativa per le decisioni relative alle aree in cui operare. Seb-

    bene ci potrebbero essere una serie di motivi che possono indurre il management a ope-

    rare in alcune ASA nonostante un EVA insoddisfacente, necessario comunque stabilire

    le condizioni (temporali o di altro tipo) che potrebbero determinare il disinvestimento.

    A livello di ASA, invece, le intenzioni strategiche devono definire:

    - il posizionamento dellimpresa lungo la catena del valore complessiva del settore

    di riferimento, precisando, da un lato, quali attivit limpresa intende svolgere di-

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    31

    rettamente e quali tramite terzi e, dallaltro, quanta parte del valore intende la-

    sciare ai fornitori, distributori, clienti e outsourcer;

    - la configurazione del business model, evidenziandone gli eventuali elementi di

    unicit e superiorit, rispetto ai modelli di business dei competitor, che determi-

    nano il vantaggio competitivo;

    - i target di clientela attuali e potenziali (specificando i segmenti che si preferisce

    non servire) e il portafoglio prodotti/servizi/brand (indicandone lampiezza e le

    caratteristiche) con cui si intende soddisfare le attese dei consumatori;

    - strategia di prezzo per i principali prodotti, servizi e/o brand;

    - le aree geografiche attuali e prospettiche in cui operare e, per ognuna di esse, i

    canali distributivi attraverso cui verranno raggiunti i clienti target.

    Le intenzioni strategiche devono anche sintetizzare la value proposition dellazienda,

    rappresentata dalle motivazioni - espresse in termini di rapporto prezzo/beneficio - per

    cui i clienti dovrebbero scegliere i prodotti/servizi della societ piuttosto che quelli dei

    competitor. Una solida value proposition espressione di un vantaggio competitivo so-

    stenibile. Unimpresa possiede un vantaggio competitivo se dimostra di avere (o di poter

    creare) un divario tra valore e costo superiore in media a quello dei concorrenti e solo in

    questo caso essa potr credibilmente ipotizzare performance di piano superiori a quelle

    ottenute mediamente dai concorrenti, sia in termini di crescita sia in termini di redditivi-

    t.

    Il vantaggio competitivo di una societ deriva:

    - dal modo con cui nel proprio modello di business le funzioni/processi si combi-

    nano e completano tra loro;

    - dai fattori critici di successo che vengono presidiati in ogni fase;

    - dalle risorse e competenze distintive di cui la societ dispone.

    Se il vantaggio esistente non pu essere annullato in tempi brevi, allora si pu definire

    sostenibile; nel medio e lungo termine, invece, difficile analizzare la sostenibilit del

    vantaggio competitivo e ci costringe qualsiasi azienda a crearsi nel tempo una serie di

    vantaggi competitivi temporanei.

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    32

    Laction plan

    Laction plan deve enunciare in termini sintetici le principali direttive tramite cui dare

    attuazione al progetto strategico. Esso deve includere almeno i seguenti punti:

    - linsieme di azioni che consentono la realizzazione delle intenzioni strategiche,

    con la specifica dellimpatto in termini economico-finanziari e della tempistica

    stimata per limplementazione;

    - la descrizione degli investimenti che saranno realizzati, evidenziandone

    lammontare, la tipologia, gli esercizi di riferimento e le voci patrimoniali su cui

    andranno ad impattare;

    - limpatto organizzativo delle singole azioni in termini di modello di business,

    struttura manageriale, organico aziendale, aree geografiche da coprire, canali di-

    stributivi e struttura commerciale;

    - gli eventuali interventi sul portafoglio prodotti/servizi/brand offerti alla clientela;

    - le azioni con le quali si intende realizzare un eventuale mutamento del target di

    clientela da servire;

    - il sistema di responsabilit, ovvero lindicazione dei manager responsabili delle

    azioni programmate;

    - le condizioni/vincoli che possono influenzare la realizzabilit delle azioni.

    Il ruolo dellaction plan pertanto quello di dare concretezza e credibilit alle intenzioni

    strategiche; quanto pi esso sar illustrato in maniera precisa e dettagliata, tanto pi ri-

    sulter evidente che il management ha gi delineato le tappe principali per la realizza-

    zione del quadro strategico.

    Le ipotesi e i dati economico-finanziari prospettici

    Qualsiasi piano industriale viene valutato sulla base delle ipotesi e delle prospettive eco-

    nomiche, patrimoniali e finanziarie connesse alle scelte strategiche.

    Il piano industriale deve pertanto contenere un insieme di prospetti economici, patrimo-

    niali e finanziari redatti in piena coerenza con le scelte strategiche e con laction plan,

    con levidenziazione del contributo delle diverse aree strategiche di affari, dei canali di-

    stributivi, delle aree geografiche, delle tipologie di clienti, prodotti, servizi e/o brand al

    raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    33

    Devono inoltre essere indicate tutte le ipotesi relative ai key value driver e ai principali

    dati previsionali, ovvero i criteri attraverso cui, partendo dalle intenzioni strategiche e

    dallaction plan, la societ arrivata a definire, sulla base di un metodo rappresentativo

    della logica economica aziendale gli obiettivi quantitativi che intende raggiungere negli

    esercizi successivi.

    In sintesi, un piano industriale deve indicare:

    - ipotesi di fondo riguardanti grandezze macroeconomiche (tasso di inflazione, tas-

    si di cambio, ecc.);

    - le ipotesi alla base dello sviluppo dei ricavi per le ASA e per le variabili gestio-

    nali rilevanti;

    - le ipotesi alla base dei costi diretti per le ASA e per le variabili gestionali rilevan-

    ti;

    - le ipotesi alla base dei costi indiretti (ad esempio spese generali, costi di comuni-

    cazione, ammortamenti), degli oneri finanziari e della fiscalit;

    - le ipotesi alla base dellevoluzione del capitale investito, sia fisso sia circolante,

    per ASA e per le variabili gestionali rilevanti;

    - le ipotesi alla base dellevoluzione della struttura finanziaria e della copertura

    delleventuale fabbisogno finanziario generato dalla realizzazione dellaction

    plan.

    La formulazione delle ipotesi rappresenta una delle fasi pi importanti dellintero pro-

    cesso di elaborazione dei preventivi economico-finanziari: la qualit delle stime elabora-

    te dipende essenzialmente dalla fondatezza delle assunzioni fatte. Lelaborazione delle

    ipotesi di piano prende generalmente avvio dallanalisi dei dati storici relativi agli ultimi

    tre esercizi.

    Al fine di giustificare landamento dei margini economici, di particolare importanza ap-

    paiono:

    - lesistenza di valori percentuali relativamente costanti nel tempo (ad esempio

    lincidenza dei costi operativi sul fatturato), la cui variazione nellorizzonte di

    piano deve essere puntualmente motivata;

    - lindividuazione di trend registrati negli ultimi esercizi che proseguiranno negli

    esercizi successivi;

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    34

    - lesistenza di azioni destinate ad avere degli effetti significativi sui valori percen-

    tuali prospettici, come, ad esempio, investimenti effettuati che non hanno ancora

    espresso i loro effetti, integrazioni di societ acquisite, lingresso di nuove risor-

    se umane, ecc.

    Lelaborazione delle ipotesi, come gi accennato, dipender dal modello di business del-

    la societ e dal modello economico e di previsione utilizzato, che pu differire significa-

    tivamente a seconda del settore di operativit.

    Per le societ operanti nella grande distribuzione, ad esempio, si riscontra il prevalente

    utilizzo di un modello economico di tipo bottom up, con unanalisi consuntiva e prospet-

    tica dei risultati reddituali e finanziari incentrata sullandamento dei punti di vendita e

    sulla loro capacit di generare un margine che consenta di coprire i costi della struttura

    centrale. Il metodo di rappresentazione della logica economica dovrebbe pertanto parti-

    re dal risultato della rete di negozi e dai possibili percorsi che ne assicurano un miglio-

    ramento.

    In particolare, lattenzione al risultato di negozio implica:

    - lanalisi del margine commerciale, legato a fattori quali la politica di prezzo, il

    mix di vendita, la politica degli sconti, la selezione dei fornitori;

    - lanalisi della resa, ossia del fatturato per metro quadro/lineare, che si collega a

    variabili quali lubicazione dei punti di vendita, le loro caratteristiche, la loro at-

    trattivit relativa, le azioni di merchandising, il livello di servizio assicurato al

    cliente, lampiezza della gamma;

    - lanalisi dellincidenza dei costi fissi di gestione del punto di vendita, correlati

    alla struttura della filiale, al presidio (metri quadri per dipendente), allaffitto

    negoziato, alle politiche di selezione e gestione del personale e cos via.

    Nel caso di una societ che lavora su commessa, la prassi seguita porta ad una costru-

    zione del piano industriale basata sullanalisi del portafoglio commesse acquisite e sullo

    sviluppo di ipotesi relative alla sua alimentazione. Per le commesse acquisite, gi par-

    zialmente eseguite o da iniziare, tipicamente oggetto di preventivi ad hoc, possibile e-

    laborare, per gli esercizi di piano, una previsione di ricavi, costi, margini e investimenti

    caratterizzata da una elevata visibilit. Quanto alle commesse non ancora in portafoglio,

    occorre formulare chiare ipotesi circa il numero, le caratteristiche, la scansione tempora-

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    35

    le e il valore di quelle che potrebbero essere acquisite e realizzate nel periodo di piano.

    A tal fine particolarmente utile, da un lato, lanalisi del processo di acquisizione delle

    commesse sperimentato dallazienda, dei suoi risultati passati e della sua maggiore o

    minore competitivit a fronte delle diverse tipologie di commesse che potrebbero mani-

    festarsi; dallaltro, lanalisi del mercato, in modo da stimare sia lammontare delle com-

    messe che potrebbero essere appaltate nel mercato di riferimento della societ, sia le ca-

    ratteristiche delle possibili societ aggiudicatarie.

    Ancora diverso il caso di una societ che produce in serie per il magazzino (ad esem-

    pio societ che producono commodity, beni di largo consumo, articoli sportivi, ecc.). La

    logica normalmente utilizzata nella strutturazione del piano in situazioni simili di tipo

    top down e si fonda su assunzioni e convincimenti (eventualmente avallati da previsioni

    rilasciate da istituti di ricerca accreditati) che il management ha maturato circa

    landamento della domanda di mercato dei prodotti e/o servizi. Questo sicuramente il

    passaggio pi delicato: occorre prestare la massima attenzione nel circoscrivere il reale

    mercato di riferimento per lazienda sulla base di variabili quali larea geografica, la ti-

    pologia di clienti, il tipo di prodotto servizio e i canali distributivi. Se questa fase viene

    svolta in maniera imprecisa si rischia di ottenere dati previsionali totalmente inattendibi-

    li.

    Per concludere, importante che un piano industriale contenga tutte e tre le componenti,

    in modo equilibrato, consentendo agli stakeholders interni ed esterni di acquisire le in-

    formazioni necessarie per comprendere il percorso strategico passato, presente e prospet-

    tico dellimpresa, potendone valutare i riflessi in termini di performance economico-

    finanziarie.

    Tale circostanza trova riscontro in alcuni schemi di redazione suggeriti da autorevoli

    fonti e guide di carattere professionale (Tabb. 3, 4 e 5) che, pur inquadrabili in eteroge-

    nei contesti operativi di riferimento, contemplano con modalit differenti la presenza

    delle tre componenti fondamentali del piano industriale appena illustrate.

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    36

    Tab. 3 Schema di riferimento suggerito da Borsa Italiana

    1. Executive Summary 1.1. Il progetto strategico proposto

    1.2. Le principali azioni realizzative

    1.3. Sintesi dei principali dati finanziari attesi

    2. La strategia realizzata

    2.1. La strategia competitiva corporate

    2.2. La strategia competitiva delle singole SBU

    2.3. Evoluzione dei principali dati finanziari storici per SBU

    3. Le intenzioni strategiche

    3.1. Necessit e opportunit di un rinnovamento strategico

    3.2. Le intenzioni strategiche a livello corporate

    3.3. Le intenzioni strategiche a livello di SBU

    4. LAction Plan

    4.1. Azioni, tempistica, manager responsabili

    4.2. Impatto economico-finanziario delle azioni

    4.3. Investimenti e modalit di finanziamento

    4.4. Impatto organizzativo

    4.5. Condizioni e vincoli allimplementazione

    5. Le ipotesi e i dati finanziari prospettici

    5.1. Modello economico

    5.2. Le ipotesi alla base delle previsioni economico-patrimoniali-finanziarie

    5.3. I dati previsionali a confronto con i dati storici

    5.4. Le direttrici di analisi dei risultati gestionali

    5.5. Andamento dei key value driver

    5.6. Analisi di sensitivit

    5.7. Aspetti critici da evidenziare

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    37

    Tab. 4 Schema di riferimento suggerito dal Consiglio Nazionale dei Dottori

    Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDEC)

    A - Parte generale consuntiva

    1) Notizie generali

    2) Produzione e mercato di riferimento

    3) Struttura produttiva

    4) Rapporti con il sistema creditizio

    B - Parte analitica consuntiva

    1) Andamento economico della gestione

    2) Informazioni economiche

    C - Parte previsionale

    1) Programma di investimenti

    2) Valutazione complessiva di un progetto

    Tab. 5 Schema di riferimento sintetico suggerito da A.I.F.I. - Price Waterhouse

    I.B.A.N.

    1. Executive Summary

    2. La Societ

    3. I Prodotti/Servizi

    4. L'Analisi del Settore

    5. L'Analisi del Mercato

    6. La Strategia di Marketing

    7. La Struttura del management

    8. Il Piano operativo

    9. I capitali necessari

    10. Le informazioni finanziarie

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    38

    6. Il piano economico e finanziario: schemi e logiche di elaborazione

    A prescindere dal modello di riferimento utilizzato per la redazione del piano industria-

    le, sempre necessario analizzare landamento passato dellazienda e valutare gli impat-

    ti della strategia in termini economici e finanziari. Il piano economico e finanziario si

    basa sulla elaborazione di situazioni previsionali riferite allorizzonte strategico di rife-

    rimento, di natura sia economica che finanziaria. Le due dimensioni sono entrambe

    fondamentali per valutare la congruit della strategia, i connessi risultati e la sostenibili-

    t della stessa.

    La redazione di un piano industriale richiede pertanto una adeguata formulazione del pi-

    ano economico e finanziario, seguendo un ordino logico che preveda:

    - lanalisi storica dei principali aggregati e indicatori economici e finanziari;

    - lelaborazione del conto economico previsionale aziendale con esplicitazione

    delle principali ipotesi strategiche e numeriche che supportano la previsione;

    - lelaborazione dello stato patrimoniale previsionale con esplicitazione delle prin-

    cipali ipotesi finanziarie e del piano degli investimenti;

    - una sintesi riepilogativa sullevoluzione attesa dei principali valori economici e

    finanziari nel periodo previsionale di riferimento, sia in termini di valori e mar-

    gini (fatturato, valore aggiunto, EBITDA, EBIT, capitale investito netto, posi-

    zione finanziaria netta, ecc.) che in termini di indicatori (ROI, ROE, leva finan-

    ziaria, capacit teorica di rimborso, incidenza oneri finanziari su EBITDA);

    - lidentificazione di un modello di programmazione e controllo legato alle logi-

    che di pianificazione strategica e la rilevazione delle criticit riguardanti i pro-

    cessi di rilevazione per ottenere un sistema di reporting coerente con gli obiettivi

    strategici.

    Analisi storica dei principali aggregati e indicatori economici

    Il primo passaggio fondamentale per una proiezione realistica dei risultati strategici a-

    ziendali lanalisi storica delle grandezze e degli indicatori economici.

    Seguendo i pi consolidati e accreditati modelli di analisi di bilancio le principali gran-

    dezze di carattere economico possono essere ricavate seguendo uno schema di riclassifi-

    cazione a valore aggiunto, che prevede il trattamento dei costi secondo il criterio della

  • Il piano industriale

    A. Cardoni Corso di Strategia e Politica Aziendale

    39

    natura (acquisti, servizi, personale, ammortamenti, accantonamenti, ecc.), ed evidenzia

    risultati intermedi con una importante funzione segnaletica per interpretare i risultati

    dellazienda nel suo complesso, quali i seguenti:

    - fatturato, che esprime la capacit di penetrazione dellazienda in termini di vo-

    lumi di vendita, costituendo un indicatore utile anche per comprendere il livello

    dimensionale e la correlata complessit dellorganizzazione;

    - valore aggiunto, che corrisponde alla differenza tra il valore della produzione to-

    tale e quello dei consumi di fattori produttivi acquisiti da fornitori esterni;

    - EBITDA (Earning Before Interest Tax Depreciation and Amortizazion), che

    rappresenta il margine reddituale ottenuto dallazienda senza considerare gli in-

    teressi, le imposte, le tasse, le svalutazioni e gli ammortamenti, e tende cos ad

    escludere linfluenza delle politiche di bilancio;

    - EBIT (Earning Before Interest Tax Depreciation) il risultato della gestione o-

    perativa, e sconta anche i costi della gestione caratteristica relativi ad ammorta-

    menti e accantonamenti;

    - oneri finanziari netti e imposte, che rappresentano rispettivamente il costo annu-

    ale del debito finanziario e il peso relativo al carico tributario;

    - utile netto, che misura il raggiungimento dellequilibrio economico complessivo

    da parte dellazienda, comprendente sia le componenti tipiche della gestione or-

    dinaria che i risultati relativi allarea finanziaria, straordinaria e fiscale.

    Si ricorda che la forma espositiva per natura pu essere agevolmente collegata con lo

    schema di conto economico civilistico predisposto in ottemperanza alle norme di legge

    secondo le indicazioni della IV Direttiva CEE, basandosi anchesso sulla classificazione

    dei costi per natura.

    Dal punto di vista finanziario e patrimoniale, invece, lo schema che pu essere utilmen-

    te impiegato quello derivante da una riclassificazione di tipo gestionale, dove le gran-

    dezze principali da prendere in considerazione sono le seguenti:

    - gli investimenti della struttura operativa, rappresentati dal totale delle immobi-

    lizzazioni risultanti a bilancio, espressive dellammontare di impieghi fissi ne-

    cessari per condurre il business;

  • Formulazione e presentazione della strategia

    A. Cardoni - Corso di Strategia e Politica Aziendale

    40

    - il capitale circolante netto operativo, ottenuto principalmente come somma alge-

    brica delle principali poste correnti rappresentate da magazzino, crediti e debiti,

    e ritenuto come indicatore delle risorse nette assorbite normalmente dal ciclo

    operativo;

    - il capitale investito netto, ottenuto dalla somma algebrica delle due grandezze

    sopra menzionate, indicativo del totale di finanza che lazienda deve tenere im-

    pegnata nel suo normale funzionamento e che necessita, come correlate fonti di

    supporto, di capitale proprio o di debito finanziario verso lesterno descritte qui

    di seguito;

    - il patrimonio netto, che rappresenta appunto lammontare di risorse che il pro-

    prietario o i soci hanno conferito allaz