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Diritto sindacale e diritto del lavoro Sunto basato sugli appunti, sui testi consigliati e sui testi normativi pagina 1
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Diritto sindacale

Mar 20, 2016

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Andre Mada

Sunto di diritto sindacale (prossimamente anche diritto del lavoro) della facoltà di Scienze Politiche, corso di Scienze dell'Amministrazione e consulenza del Lavoro
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Page 1: Diritto sindacale

Diritto sindacale e diritto del lavoroSunto basato sugli appunti, sui testi consigliati e sui testi normativi

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Page 2: Diritto sindacale

- Indice -

Introduzione! 3

Dalla rivoluzione ind. alla Costituzione! 4Costituzione e diritto di sciopero! 4

Libertà (non è uno spazio libero…libertà…è partecipazione)! 4

=> tutte le tutele dei lavoratori garantiti costituzionalmente:! 5

Altre fonti a garanzia della libertà di associazione sindacale! 5

Rappresentanza sindacale e rappresentatività! 6Mancata attuazione dellʼart. 39 Cost. e relative conseguenze! 6

Pubblico impiego ! 8

Problemi di conformità con la Costituzione! 8

Rappresentanza sui luoghi di lavoro! 8Differenze RSU nel settore privato / nel settore pubblico! 10

Attività (anti?)sindacale nei luoghi di lavoro! 10Art. 20 SL - Diritto di assemblea! 10

Art. 21 SL - Referendum! 11

Art. 22 - Trasferimento dirigenti sindacali + Art. 18 - Reintegrazione nel posto di lavoro! 11

Artt. 23, 24 SL - Permessi! 12

Art. 25 SL - Affissione! 12

Art. 26 SL - Proselitismo & Contributi sindacali! 13

Art. 27 SL - Diritto ai locali! 13

Art. 28 SL - Repressione condotta antisindacale! 13

Processo del lavoro! 15

Il contratto collettivo! 15Esperienze contrattuali nel nostro ordinamento! 15

Problema dellʼefficacia soggettiva / oggettiva! 16

La struttura contrattuale italiana (fino al ʼ93)! 18

Il Protocollo 23 luglio 1993! 19

Novità dellʼaccordo del 22/01/2009! 20

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Contrattazione nel pubblico impiego (TU 165/2001)! 20Aran ! 21

Problema dellʼefficacia! 21

Il diritto di sciopero! 22Lo sciopero nella storia italiana! 22

Limiti al diritto di sciopero! 23

Altre forme di lotta sindacale! 24

Lo sciopero nei servizi pubblici! 24

Sanzioni e precettazione! 25

• Introduzione

Nozione di diritto del lavoro in senso stretto: studio della disciplina dei diritti e degli obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Nozione di diritto sindacale: disciplina dei momenti collettivi del rapporto di lavoro (sia soggettivi che oggettivi) -> è quella parte del diritto del lavoro che concerne il sistema di norme strumentali, poste dallo Stato o dalle stesse organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori, che disciplinano la dinamica del conflitto di interessi derivante dalla ineguale distribuzione del potere nei processi produttivi.

Nozione di conflitto industriale: conflitto tra capitale e lavoro (nato con la rivoluzione industriale e la disparità tra proprietari dei mezzi di produzione e prestatori dellʼattività lavorativa). tale espressione si può applicare anche nei settori produttivi diversi da quello industriale. si tratta di uno degli oggetti del diritto sindacale, insieme alla contrattazione collettiva (lo strumento principale) e allʼinterazione tra i soggetti collettivi con le istituzioni.

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• Dalla rivoluzione ind. alla Costituzione

1. codice sardo (1859): vietava lʼesercizio di pressioni mediante strumenti quale lo sciopero, chiusura azienda finalizzata ad incidere sulla libertà individuale delle parti.

2. codice zanardelli (1889): non cʼè più la sanzione penale nel caso di sciopero; ha soltanto influenza sui rapporti civilistici. Lʼeffetto era un provvedimento disciplinare in caso di lavoratore scioperante (assenza non giustificata dal lavoro)

3. codice rocco (1930): periodo fascista -> lo sciopero e la serrata sono di nuovo penalmente puniti. erano presenti sindacati autorizzati dallo Stato e in misura ridotta (uno per settore)

4. costituzione (1948): lo sciopero e la serrata diventano diritti costituzionalmente garantiti (artt. 39 e 40)

Costituzione e diritto di sciopero

Premessa: il riconoscimento della libertà di associazione contenuto nellʼart. 18 Cost.1 non è incondizionato; viene meno quando lʼassociazione persegua fini vietati ai singoli dalla legge penale.In che termini si può definire “sindacale” unʼassociazione? Abbiamo più interpretazioni1. profilo teologico: è sindacale un atto o unʼattività diretti allʼautotutela di interessi connessi a

relazioni giuridiche in cui sia dedotta lʼattività di lavoro2. profilo strutturale: presupposto di unʼaggregazione di soggetti, almeno potenziale. Per taluni

è necessaria una forma solidale, per altri anche il singolo può svolgere attività sindacale.3. profilo strumentale: utilizzo degli strumenti tipici quali la contrattazione collettiva, sciopero,

assemblee, ecc

Libertà (non è uno spazio libero…libertà…è partecipazione)

La libertà garantita dalla Costituzione opera anche sul piano individuale: il singolo lavoratore è titolare di libertà di aderire al sindacato, di partecipare allo sciopero, di svolgere attività sindacale, di cercare adesioni. La tutela opera anche negativamente (libertà di non partecipazione alle assemblee, di non adesione al sindacato, ecc)

A livello sindacale, la libertà è tutelata sul piano collettivo:• libertà di scegliere la forma organizzativa• libertà di darsi regole interne, procedure che presiedono al loro funzionamento (in un certo qual

verso grazie alla non-attuazione dei commi 2,3,4 dellʼart. 39 Cost.)• libertà di scegliere gli strumenti da usare, di come svolgere lʼattività sindacale (privilegiare il

conflitto o la negoziazione, siglare o non siglare un accordo, ecc)

Costituisce così ostacolo una qualsiasi ingerenza di forma statale. Il legislatore riconosce piena garanzia, perchè al di fuori dellʼart. 39 non ha potere di ingerire nella struttura interna del sindacato. Si tratterebbe di lesione della libertà sindacale.

Libertà del datore di lavoro: ci si rifà allʼart. 41 Cost. e non tanto allʼart. 39 Cost. (anche se si parla di “lavoro”, per convenzione si parla soltanto di “lavoratori” e si destina la libertà imprenditoriale - anche quella legata allʼattività sindacale - allʼart. 41 Cost.)

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1 I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

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Titolari della libertà sindacale: lavoratori, datore di lavoro (da solo o rappresentato), associazioni dei lavoratori / datoriali (nel caso di contratto nazionale)

=> tutte le tutele dei lavoratori garantiti costituzionalmente:

Art. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Art. 38. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.I lavoratori hanno diritto che siano previsti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera.

Art. 39. L'organizzazione sindacale è libera. (solo questo comma è applicato!)Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.

Altre fonti a garanzia della libertà di associazione sindacale

Ruolo di particolare rilievo hanno le fonti internazionali (OIL) n. 87 (1948-1950) e n. 98 (1949-1951), che hanno lo scopo di tutelare la libertà sindacale nelle 2 direzioni:

• n.87: riconosce ai lavoratori e ai datori di lavoro la possibilità di costituire senza autorizzazione organizzazioni sindacali o aderire ad essi. Non è soggetto ad autorizzazione statale. Non si può ammettere disciplina legislativa che sciolga le OO.SS. (astensione dellʼintervento legislativo)

• n.98: rapporto tra privati, con il riconoscimento ai lavoratori della tutela antidiscriminatoria contro comportamenti antisindacali.

Vanno inoltre menzionate la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellʼuomo e delle libertà fondamentali del 1950 e la Carta sociale europea (1961). In questʼultima non solo viene ribadito il principio di libertà dellʼorganizzazione sindacale, ma lo stesso viene svolto nel riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva e del diritto allʼautotutela (sciopero compreso).

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• Rappresentanza sindacale e rappresentatività

La prima forma di organizzazione sindacale nei Paesi a più antico sviluppo industriale (UK e USA) ha assunto il mestiere esercitato dai lavoratori a criterio individuante il gruppo professionale - si parla così di sindacato di mestiere (craft union). In Italia non è presente il sindacato diviso “per mestiere”… nel nostro ordinamento , lʼunica forma organizzativa riconducibile al sindacato di mestiere è il sindacato dei dirigenti.

Lʼorganizzazione sindacale italiana è basata sul ramo, sulla categoria dell'attività svolta. In base a questo modello, il sindacato organizza i lavoratori secondo il tipo di attività produttiva esercitata dallʼimpresa da cui dipendono.La forma di sindacalismo di mestiere è comunque praticata in Italia nellʼarea dei sindacati ʻautonomiʼ (cioè che non aderiscono ad una delle tre maggiori confederazioni sindacali).

Nel nostro ordinamento abbiamo due linee di struttura:

1. struttura verticale: interna alla categoria e organizzativa della stessa. Ad esempio la FIOM (metalmeccanici aderenti alla confederazione CGIL)

2. struttura orizzontale, ovvero una struttura territoriale intercategoriale. Ad esempio biologi & chimici possono formare una struttura territoriale intercategoriale.

Una variabile importante dellʼorganizzazione sindacale è quella relativa alla situazione di unità o di pluralità sindacale. Il sindacalismo unitario è proprio della Gran Bretagna, della Germania e della Svezia. Situazioni di pluralità si hanno invece in Francia, Italia, Spagna e Portogallo.

1944 1948 1950 1972-1984

Patto di Roma: rinascita del sindacalismo libero con la

creazione di unʼunica Confederazione (CGL)

Uscita dalla CGL della corrente democratico-

cristiana e socialdemocratico-

repubblicana

Formazione di CISL, UIL.

CGL => CGIL

Federazione delle Confederazioni (decisioni prese unitariamente)

Mancata attuazione dellʼart. 39 Cost. e relative conseguenze

La mancata attuazione dellʼart. 39 Cost. fa si che il sindacato funzioni come unʼassociazione non riconosciuta, con regole interne - il sindacato si può così definire poco diverso dal ʻcircolo del tennisʼ. La struttura organizzativa è così rimessa alle regole che ogni sindacato si dà internamente.

Giuridicamente il sindacato è così unʼassociazione non riconosciuta ai sensi degli articoli 36 c.c.2 e seguenti. Lʼassociazione non riconosciuta qualifica fenomeni organizzativi diversi, dai più modesti circoli ricreativi o culturali ad organismi complessi e di grandi dimensioni e con gestione di notevoli mezzi finanziari.

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2 L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, e conferita la presidenza o la direzione.

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Si tratta quindi di un soggetto privato che svolge unʼattività di (auto)tutela sindacale: gli interessi collettivi che vengono tutelati non sono rappresentati dalla somma dei singoli interessi dei lavoratori, ma lʼinteresse collettivo è inteso come ʻgruppoʼ.

Lʼinteresse può essere classificato come collettivo, individuale, (pubblico) generale e diffuso:

• collettivo: non è la somma di interessi individuali, ma la loro combinazione. è indivisibile, nel senso che viene soddisfatto non da più beni atti a soddisfare bisogni individuali, ma da un unico bene atto a soddisfare il bisogno della collettività.

• individuale: lʼinteresse del singolo lavoratore aderenti al sindacato• generale: interesse di cui è portatrice lʼintera comunità e che acquista concretezza attraverso le

procedure costituzionali• diffuso: spesso utilizzato in funzione dellʼinteresse collettivo, introduce forme di tutela di cui -

proprio per lʼampia diffusione - è molto difficile individuare il titolare e dunque colui che è legittimo a fare valere suddetti interessi in giudizio (ad esempio in materia di ambiente o di tutela del consumatore)

Il rapporto tra il sindacato e i lavoratori aderenti fa così riferimento al rapporto di mandato con rappresentanza. Questa definizione però sottintende il rapporto tra due soggetti e non tra un gruppo (lavoratori) ed un soggetto (sindacato).Si arriva così a parlare di rappresentatività, ovvero la capacità del sindacato di esprimere in maniera efficace lʼattività di autotutela degli interessi collettivi. In questo modo il sindacato è tanto più rappresentativo quanto più è in grado di convogliare nelle sue scelte la maggior parte dei lavoratori aderenti al sindacato stesso.

Sindacato maggiormente rappresentativo: il legislatore usa la rappresentatività come criterio selettivo a sostegno del sindacato maggiormente rappresentativo, riconoscendogli particolari diritti. Il testo normativo cardine di questa vicenda è il titolo III dello Statuto dei Lavoratori.Dallʼart. 19 SL3, il legislatore ha destinato e riservato certi diritti alle associazioni più rappresentative a livello nazionale.

Su che base si determina questa rappresentatività?Fino alla metà degli anni ʼ90 si è utilizzato il criterio della rappresentatività presunta, seguendo quindi un dato storico che poneva le principali confederazioni come gli unici titolari dei diritti concessi ai SMR.Successivamente, la dottrina e la giurisprudenza, hanno adottato dei criteri per misurare in un certo qual modo lʼeffettiva rappresentatività, quali:• numero degli iscritti• equilibrata presenza nei vari settori produttivi• svolgimento dellʼattività di contrattazione• reale capacità di influire su scelte economico-sociali• più in generale, autotutela con caratteri di effettività, continuità e sistematicità

Referendum 1995: il referendum ha abrogato interamente la lettera ʻaʼ dellʼart. 19 SL ed ha abrogato le parole “nazionali o provinciali”. In questo modo, lʼart. 19 SL trova ora applicazione

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3 (testo normativo pre-referendum 1995)Rappresentanze sindacali aziendali possano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell'ambito: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nella unità produttiva. Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.

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soltanto per le rappresentanze costituite nellʼambito dei sindacati che abbiano stipulato contratti collettivi applicati nellʼunità produttiva, qualunque ne sia il livello.Le conseguenze pratiche di questa modifica non sono di grande rilievo, perchè i sindacati normalmente firmatari dei contratti appartengono di norma alle confederazioni maggiormente rappresentative. Un effetto importante è però stato quello - paradossalmente - di limitare lʼintervento da parte dei sindacati sì rappresentativi ma che non abbiano stipulato un contratto collettivo applicato nellʼunità produttiva in considerazione: se prima potevano avvalersi della lettera ʻaʼ ora non possono più accedere ai diritti loro riservati.

Pubblico impiego

Per quanto riguarda il pubblico impiego, si parla di rappresentatività ponderata: il T.U. sul P.I. n. 165 / 2001 ha stabilito (art. 434) gli indici di rappresentatività. Non possono essere così ammesse alla contrattazione le organizzazioni che non abbiamo superato il 5% come media tra il dato elettorale (calcolato in base alla proporzione dei voti ottenuti in fase di elezione delle RSU) ed il dato associativo (basato sulle percentuali dei contributi versati in delega da parte del datore di lavoro).Conseguentemente lʼARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) non può sottoscrivere i contratti nazionali se non acquisisce il consenso di organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 51% dei lavoratori (sempre come media tra il dato elettivo e quello associativo, altrimenti il 60% se si considera il solo dato elettivo).

Problemi di conformità con la Costituzione

Lʼart. 19 SL è conforme al principio di libertà sindacale?La Corte Costituzionale, già prima del referendum del 1995, affermò che la selezione tra i sindacati non viola lʼart. 39 Cost. se non tocca la libertà sindacale ma è funzionale allʼattribuzione di diritti che vanno oltre ad essa (una sorta di diritti accessori). Questa sentenza placava anche eventuali conflitti con lʼart. 3 Cost (uguaglianza formale e sostanziale).In seguito al referendum, presso la Corte Costituzionale è stata sollevata nuovamente la violazione del principio di libertà sindacale e di ineguaglianza, ma la Corte ha nuovamente respinto le mozioni, sostenendo che le norme di sostegno dellʼazione sindacale nelle unità produttive possono essere riservate a certi sindacati identificati mediante determinati criteri.

• Rappresentanza sui luoghi di lavoro

La rappresentanza opera sia fuori dai luoghi di lavoro, sia allʼinterno di questi: la rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro può essere a canale doppio o a canale unico.

Nel primo caso abbiamo lʼesempio tedesco, che si basa così su due forme organizzative:- struttura elettiva, forma di rappresentanza titolare dei diritti di informazione e di consultazione- struttura associativa, proiezione in azienda del sindacato esterno titolare del potere negoziale

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4 Art. 43. Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva.L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.

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Nel canale unico invece abbiamo una prevalenza della struttura associativa, titolare di tutti i diritti e quindi con un cumulo di tutte le funzioni.

Il nostro sistema è caratterizzato da una sintesi dei due modelli, essendo prevalse nel tempo forme di rappresentanza uniche ed elettive, ma che hanno mantenuto un forte collegamento con le associazioni sindacali esterne.

Lʼespressione più antica di rappresentanza dei lavoratori in azienda è costituita dalle Commissioni Interne che affiorarono nei primi anni del ʻ900 e vennero regolate per la prima volta in un accordo sindacale tra la FIOM (Federazione italiana operai metallurgici) e la fabbrica di automobili Itala.Queste Commissioni Interne vennero soppresse durante il periodo fascista (1925) per essere ripristinate dopo la caduta del regime, regolate da un altro accordo interconfederale (1947) che sottrasse ad esse ogni potere contrattuale, riconoscendo a queste organizzazioni un puro potere di controllo.

Per questi motivi, le C.I. sono state via via abbandonate e sostituite da altre forme di rappresentanza, quali le SSA (o SAS) e i delegati / consigli di fabbrica

SSA: Sezioni sindacali aziendali, ovvero strutture di rappresentanza associativa - percui volontaria - proprio delle organizzazioni sindacali esterne e non su mandato elettorale aperto anche ai lavoratori non iscritto, come da prassi delle C.I.Le SSA erano strutture di rappresentanza degli iscritti ai sindacati, con funzioni negoziali. La diffusione concreta di queste strutture (che, affiancate alle C.I. avrebbero creato un vero e proprio doppio canale) però fu molto ridotta e furono interessate soltanto poche imprese nel ramo industriale con forte presenza sindacale.

Delegati / consigli di fabbrica (o di azienda): eletti direttamente da tutti i lavoratori appartenenti ad uno stesso gruppo omogeneo (ad esempio i lavoratori di uno stesso reparto), connotato quindi da interessi omogenei. Questa figura non era strettamente legata al sindacato esterno, tanto che il delegato poteva anche essere del tutto estraneo e non iscritto al sindacato.

Lʼinsieme di tutti i delegati di una certa unità produttiva costituiva il Consiglio di fabbrica: le prime espressioni di queste strutture sorsero in polemica con le tre maggiori confederazione, in quanto divise ed assenti dai luoghi di lavoro. Con grande ingegno, le tre confederazioni strinsero nel ʻ72 il patto federativo con il quale riconoscevano questi organismi come la propria struttura di base allʼinterno dei luoghi di lavoro, attribuendo loro poteri di contrattazione sui posti di lavoro stessi.Il periodo dei consigli di fabbrica terminò a metà degli anni ʼ80 per varie cause (rottura nel 1984 del patto federativo tra le tre confederazione, fallimento della produzione industriale di tipo tayloristico e conseguente disomogeneità dei lavoratori -> la vera forza del Consiglio di Fabbrica negli anni ʻ60-ʼ70, ecc)

Organismi diversi quelli di cui sopra (formatisi autonomamente e poi istituzionalizzati attraverso la legislazione) sono le Rappresentanze sindacali aziendali.Queste strutture hanno cominciato la loro comparsa in seguito alla massiccia regolazione dovuta dallo SL nel 1970, regolamentando un momento storico abbastanza confusionale, i cui protagonisti erano le C.I. e contemporaneamente le SSA, con i nascenti delegati + consigli di fabbrica.Ai fini del riconoscimento ad una RSA dei diritti sindacali, lʼart. 19 richiede che la sua costituzione avvenga ad iniziativa dei lavoratori, nellʼambito delle associazioni sindacali che soddisfino i criteri indicati nella stessa norma. In questo modo il legislatore voleva collegare le nascenti RSA ai sindacati.Ricordiamo che lʼRSA può far capo a più sindacati esterni (art. 29 SL), mentre è indispensabile per un sindacato di soddisfare i requisiti contenuti nellʼart. 19 SL per poter costituire una propria RSA.

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In seguito alla scomparsa dei Consigli di Fabbrica, si cercò più volte di ricostituire una rappresentanza interna non necessariamente legata alle tre sigle confederative (come nel caso delle RSA) e che mantenessero la coesione organizzativa e politica tra lʼazione interna ai luoghi di lavoro e quella esterna.Si arrivò a questo risultato nel 1993, con la costituzione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie.Lʼaccordo siglato prevedeva che le organizzazioni sindacali firmatarie acquistino il diritto, nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, di promuovere la formazione delle RSU e di partecipare alle relative elezioni, rinunciando alla costituzione di proprie RSA.Le RSU subentrano alle RSA per quel che riguarda la titolarità dei diritti, dei permessi e delle libertà sindacali. Le RSU vengono inoltre agevolate rispetto alle RSA perchè un sindacato può revocare il proprio riconoscimento di una RSU per costituire una propria RSA soltanto disdettando lʼintero accordo interconfederale e non potendo così partecipare alle elezioni delle RSU in tutti i luoghi di lavoro (questa misura è una sorta di prevenzione contro ciò che era successo nel caso dei consigli dei delegati ai quali il sindacato esterno revocava il riconoscimento - ad esempio in caso di conflitto - per costituire la propria RSA).

Differenze RSU nel settore privato / nel settore pubblico

Composizione: nel settore privato, due terzi dei seggi sono ripartiti tra tutte le liste regolarmente presentate in proporzione ai voti; il restante terzo è formato dalle liste presentate dai sindacati firmatari del contratto collettivo nazionale applicato allʼunità produttiva. Nella pubblica amministrazione tutti i seggi vengono invece ripartiti tra le liste concorrenti in proporzione al numero di voti ottenuto.

Ammissione alla contrattazione: nella pubblica amministrazione, è necessario che i sindacati abbiano almeno il 5% del consenso (media tra il dato associativo e il dato elettorale) per essere ammessi alle trattative. il dato si aggrava nella misura del 10% nel caso il sindacato non partecipi alle elezioni. Nel settore pubblico invece non ci sono questi vincoli percentuali; lʼunico limite comune ad entrambi i sistemi consiste nellʼavere il 50%+1 di quorum per la validità delle elezioni.Questa distinzione ricalca un poʼ il concetto di rappresentatività ponderata.

• Attività (anti?)sindacale nei luoghi di lavoro

Questo campo è disciplinato interamente dal titolo III dello SL, dove il legislatore ha voluto porre in essere una legislazione di sostegno che va oltre la tutela della libertà sindacale perchè dà vita a pretese configurabili come diritti soggettivi verso un altro soggetto (ad esempio esercitando il diritto di assemblea).Queste misure di sostegno non sono garantite a tutti i sindacati ma soltanto a quelli maggiormente rappresentativi.

Art. 20 SL - Diritto di assemblea

I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva. Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro. Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale. Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.

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Le 10 ore annue sono ripartite tra lʼRSU e gli altri sindacati nella proporzione di 7+3.Da sottolineare che le ore sono in capo al lavoratore, percui spettano a ciascun lavoratore.Il datore di lavoro deve mettere a disposizione i locali interni allʼazienda (temporanei o permanenti a seconda della dimensione dellʼazienda - vedi art. 27) affinché queste assemblee abbiano luogo.Il datore di lavoro può essere invitato a partecipare allʼassemblea. Se non cʼè invito (che è la prassi), non può assolutamente interferire con lʼassemblea stessa.Ordine del giorno: le riunioni devono essere indette con ordine del giorno su “materie di interesse sindacale e del lavoro”.Un altro limite consiste nellʼimpossibilità di interrompere completamente la produzione se questo può arrecare danni alla produttività: in questo caso si procederà quindi con partecipazione allʼassemblea per turni.

Art. 21 SL - Referendum

Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla categoria particolarmente interessata. Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.

Lo svolgimento di un referendum, così come lo svolgimento di unʼassemblea, comporta lʼintervento implicito del datore di lavoro: il referendum, nonostante si svolga fuori dallʼorario di lavoro, comporta comunque la disponibilità dei locali messi a disposizione dal datore di lavoro.Lʼindizione di un referendum spetta in alle RSU oppure congiuntamente alle RSA.Questo strumento è generalmente utilizzato per sottoporre al parere dei lavoratori le piattaforme sindacali da proporre. Talvolta si ricorre anche a questo strumento successivamente alla stipula del contratto: in questo caso il contratto non potrà comunque essere abrogato e gli effetti (positivi o negativi) del referendum saranno valevoli soltanto nei rapporti interni.

Art. 22 - Trasferimento dirigenti sindacali + Art. 18 - Reintegrazione nel posto di lavoro

Lʼart. 22 SL è da leggere insieme allʼart. 18!

art. 22Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza. Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.

Il primo articolo tratta il caso del trasferimento dei dirigenti sindacali, che può essere effettuato soltanto previo nulla osta da parte delle associazioni sindacali a cui appartengono. Lʼinteresse tutelato, in questo, non è tanto quello individuale, quanto quello collettivo della RSA affinché non venga allontanato il proprio rappresentante dallʼattività produttiva.

art. 18Ferme restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (tutela obbligatoria), il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che

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in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro. […]

Lʼart. 18 SL (titolo II) affronta invece il problema della tutela in caso di licenziamento.Questo articolo prevede così una tutela reale, che si attua con lʼimmediata reintegrazione nel posto di lavoro del dirigente di RSA che sia stato licenziato. In una visione più ampia, questo articolo tutela attraverso un aspetto reintegratorio, tutti i dipendenti licenziati senza giusta causa5 o giustificato motivo6 in imprese il cui numero di dipendenti è maggiore di 15. Nel caso di piccole imprese (dipendenti inferiori a 15), la tutela diventa di tipo risarcitorio.

Artt. 23, 24 SL - Permessi

I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti.[…]I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno. I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.Il diritto a permessi retribuiti viene riconosciuto ai dirigenti per lʼespletamento del loro mandato - i permessi non retribuiti vengono invece riconosciuti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale: nella prassi la distinzione è tuttʼaltro che netta e la scelta tra i due tipi di permessi è operata dalla RSA richiedente.

Art. 25 SL - Affissione

Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.

Il datore di lavoro, in base a questa norma, ha lʼobbligo di predisporre per ciascuna RSA gli spazi per lʼaffissione che devono trovarsi in luoghi accessibili a tutti i lavoratori. La norma non riconosce allʼimprenditore alcuna possibilità di intervento diretto per la rimozione dei testi che siano stati affissi: lʼimprenditore dovrà rivolgersi ai rappresentanti della/e RSA oppure allʼautorità giudiziaria (ricordiamoci che la responsabilità grava su colui che ha affisso il documento). Lʼunico limite nel diritto di affissione riguarda la materie, che devʼessere “di interesse sindacale e del lavoro”.

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5 La giusta causa di licenziamento consiste in unʼ inadempienza o trasgressione da parte del lavoratore di gravità tale da compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro, così da impedirne la prosecuzione anche temporanea.

6 La nozione di giustificato motivo soggettivo consiste nel notevole inadempimento del lavoratore ai suoi obblighi. Si distingue dalla giusta causa per la minore entità o gravità della trasgressione. Il datore di lavoro, quindi, è legittimato a comminare il licenziamento, ma è tenuto a dare un preavviso nel corso del quale il rapporto di lavoro prosegue in ragione del fatto che la trasgressione non è tale da rendere necessaria la cessazione immediata del rapporto e dei suoi effetti.

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Art. 26 SL - Proselitismo & Contributi sindacali

I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale. […]

Questo articolo riconosce la libertà di proselitismo in favore delle proprie organizzazioni sindacali allʼinterno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio della normale attività lavorativa. Il datore di lavoro stesso non potrà ostacolare lʼesercizio di tale libertà.Lʼaltro aspetto regolato da questo articolo è quello relativo ai contributi sindacali. Nel primo periodo di vita democratica, la riscossione avveniva mediante versamento diretto da parte del lavoratore al sindacato scelto. A partire dagli anni ʼ60, questo sistema lasciò il posto alla ritenuta operata direttamente dal datore di lavoro sul salario.Gli ultimi due commi (secondo e terzo) sono stati abrogati e riguardavano la segretezza delle trattenute dello stipendio.

Art. 27 SL - Diritto ai locali

Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.

Questo articolo opera una distinzione tra le unità produttive con più di 200 dipendenti e quelle con meno dipendenti. Nel primo caso si prevede a carico del datore di lavoro, lʼobbligo di mettere a disposizione in modo permanente un locale ad utilizzo dellʼRSA. Il locale devʼessere interno allʼunità produttiva o nelle prossimità; in ogni caso devʼessere facilmente accessibile.Per le unità produttive più piccoli, non vi è lʼobbligo di destinazione permanente di un locale, ma vi è lʼobbligo di provvedere alla disponibilità di tale locale ogni volta che lʼRSA ne facciano domanda per le loro riunioni.

Art. 28 SL - Repressione condotta antisindacale

Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale. [...] [...]

Questa norma sottolinea alcuni aspetti della repressione della condotta antisindacale ed in particolare:- strumento di tutela giudiziale, molto più rapido ed efficace al fine di ottenere un provvedimento- soggetto implicato è il datore di lavoro e non la figura dellʼimprenditore: in questo modo la

condotta antisindacale è imputabile a qualunque datore di lavoro, compresa la pubblica amministrazione. se la persona fisica non è facilmente individuabile, si procede allʼindividuazione di chi gestisce il potere (dirigente, ad esempio)

- non è strumento utilizzabile al livello delle associazioni datoriali perchè la condotta riguarda fatti di vita aziendale

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Questo articolo inoltre non prevede nessun fatto concreto, perchè la condotta sindacale potrebbe ricoprire molti aspetti della vita aziendale. Due leggi hanno però riguardato casi-tipo di condotta antisindacale:

• legge 146 / 1990 (sciopero nei servizi pubblici essenziali)

art. 7.

1. La disciplina di cui all'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, si applica anche in caso di violazione di clausole concernenti i diritti e l'attività del sindacato contenute negli accordi di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93 di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni , e nei contratti collettivi di lavoro, che disciplinano il rapporto di lavoro nei servizi di cui alla presente legge.

art. 7-bis

1. Le associazioni degli utenti riconosciute ai fini della legge 30 luglio 1998, n. 281, sono legittimate ad agire in giudizio ai sensi dell'articolo 3 della citata legge, in deroga alla procedura di conciliazione di cui al comma 3 dello stesso articolo, anche al solo fine di ottenere la pubblicazione, a spese del responsabile, della sentenza che accerta la violazione dei diritti degli utenti, limitatamente ai casi seguenti:

a) nei confronti delle organizzazioni sindacali responsabili, quando lo sciopero sia stato revocato dopo la comunicazione all'utenza al di fuori dei casi di cui all'articolo 2, comma 6, e quando venga effettuato nonostante la delibera di invito della Commissione di garanzia di differirlo ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettere c), d), e) ed h), e da ciò consegua un pregiudizio al diritto degli utenti di usufruire con certezza dei servizi pubblici;

b) nei confronti delle amministrazioni, degli enti o delle imprese che erogano i servizi di cui all'articolo 1, qualora non vengano fornite adeguate informazioni agli utenti ai sensi dell'articolo 2, comma 6, e da ciò consegua un pregiudizio al diritto degli utenti di usufruire dei servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

il riferimento alla condotta sindacale in questo articolo è alla mancata informazione, sotto forma di sciopero dʼannuncio o di non rispetto del differimento dello stesso da parte della Commissione di garanzia oppure nel caso di non adeguata informazione agli utenti durante uno sciopero che riguardi servizi pubblici.

• legge 428 / 1990 art. 47 (trasferimento dʼazienda)

Comma 1Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'art. 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, l'alienante e l'acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a norma dell'art.19 della legge 20/05/1970, n.300, nelle unita' produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare:

a) i motivi del programmato trasferimento d'azienda;b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

Comma 2Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, l'alienante e l'acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il mancato rispetto, da parte dell'acquirente o dell'alienante, dell'obbligo di esame congiunto previsto nel presente articolo costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20/05/1970, n. 300.

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in questo articolo, la tipizzazione della condotta antisindacale riguarda invece lʼobbligo di informazione / comunicazione e lʼobbligo di esame congiunto (se richiesto).

Oltre a questi due tipi contenuti in leggi, si parla di beni protetti, perchè si è cercato di ottenere una protezione antisindacale che andasse oltre la violazione dellʼart. 28 SL e che comprendesse quindi qualsiasi forma lesiva sia individuale che collettiva.

Questa possibilità di lesione in due direzioni, ha creato altrettante possibilità di reazione (da parte del sindacato e da parte del singolo): si parla così di plurioffensività. Il sindacato (maggiormente rappresentativo) potrà appellarsi allʼart. 28 mentre il singolo (o qualsiasi altro sindacato) dovrà rivolgersi al giudice attraverso gli strumenti previsti al di fuori del titolo III / IV SL.

Lʼampliamento della tutela attraverso lʼart. 28 SL ha però dei limiti: ad esempio il rifiuto di trattare non è considerato antisindacale ma soltanto una possibilità del datore di lavoro; diverso sarebbe il caso dellʼimpedimento dellʼattività sindacale. Lo stesso vale per una reazione allo sciopero: non si tratta di condotta antisindacale, a meno che si parli di serrata / sospensione nei confronti di scioperi legittimi (la serrata nei confronti di uno sciopero illegittimo è una reazione concessa al datore di lavoro!)

Processo del lavoro

Il processo del lavoro si caratterizza per unʼinusuale rapidità rispetto al processo civile.Di seguito alcune caratteristiche:• obbligo del tentativo di conciliazione• ricorso presentato in tribunale - non vi è differimento per la deposizione di elementi aggiuntivi• il giudice fissa lʼudienza nel giro di 30 giorni e notifica il ricorso alla controparte• la controparte può presentare memorie difensive• il processo è caratterizzato da oralità: le parti devono essere entrambe personalmente presenti

allʼudienza• garanzia di tutela nei confronti della parte soccombente (possibilità di ricorso)• elevate sanzioni penali nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi allʼart. 28 SL

• Il contratto collettivo

Il contratto collettivo è il risultato di unʼattività di confronto tra soggetti collettivi (rappresentanti dei sindacati dei lavoratori, rappresentanti dei sindacati dei datori di lavoro) che concludono un contratto. Non cʼè un diritto a stipulare il Contratto Collettivo… si tratta soltanto di un procedimento nel quale le parti mettono in gioco le loro capacità rappresentative.

Esperienze contrattuali nel nostro ordinamento

Il contratto collettivo corporativo è il primo tipo di contratto collettivo presente in Italia.In seguito al 1926, il riconoscimento delle associazioni datoriali e dei lavoratori come enti ausiliari dello Stato permisero alle stesse di rappresentare tutti i soggetti (iscritti e non) appartenenti alle categorie di riferimento.La libertà sindacale era formale perchè tutti i lavoratori di una determinata categoria erano rappresentati da un solo sindacato formato per legge. Questo tipo di contratto venne meno nel 1944, con la soppressione dellʼordinamento corporativo.

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A seguito dellʼesperienza fascista, il contratto collettivo venne individuato dallʼart. 39 Cost.Secondo questa norma, i sindacati registrati hanno il potere di stipulare contratti collettivi con efficacia generale per tutta la categoria. Nonostante il lavoro dei costituenti, questo contratto non entrò mai in vigore per ragioni legate alle divisioni sindacali dellʼepoca e alla scarsa assoggettabilità al controllo a posteriori.

A causa di questa non applicazione integrale dellʼart. 39 Cost., il nostro ordinamento si è basato sul contratto collettivo di diritto comune: si trattava di contratti stipulati da soggetti sindacali che non sono persone giuridiche registrate (così come previsto dallʼart. 39 Cost.). Si tratta così di contratti soggetti a regole ordinarie di diritto civile che vincolano i soggetti che li hanno stipulati per la parte obbligatoria.

Parentesi sulla funzione del contratto:

• funzione normativa: ovvero una funzione per la determinazione dei contenuti di una futura produzione contrattuale (in genere costituiti dai minimi contrattuali a livello economico e normativo). alcuni studiosi hanno interpretato questa funzione come uno schema contrattuale, non vincolante le parti al momento della stipulazione dei successi contratti.

• funzione obbligatoria: ovvero la regolamentazione vera e propria dei rapporti reciproci, contenuta in una serie di clausole del contratto.

A partire dal 1959, abbiamo poi unʼaltra classificazione dei contratti, in seguito alla legge 741 / 1959 (la cd. legge Vigorelli): il legislatore delegò al Governo il potere di emanare decreti legislativi che dovevano contenere le clausole dei contratti allora vigenti in modo da assicurare dei minimi inderogabili per i contratti successivi.In questo modo lʼefficacia diventa generalizzata a tutti i lavoratori appartenenti alla categoria -> il CCNL stesso assume efficacia generalizzata.Questa legge, considerata limitata nel tempo, provvisoria ed urgente, termina lʼanno successivo, poiché non poteva essere riproposta (si sarebbe potuta contestare lʼincostituzionalità della norma).

Questi 4 tipi di contratti prevedevano così proprie caratteristiche di efficacia:nel caso del contratto corporativo, del contratto previsto dallʼart. 39 Cost. e dal contratto collettivo in seguito alla legge Vigorelli, lʼefficacia era generalizzata / erga omnes; nel caso del contratto di diritto comune, lʼefficacia era invece in capo a soggetti ben individuati (ovvero i soggetti stipulanti gli accordi che portavano al contratto collettivo).

Problema dellʼefficacia soggettiva / oggettiva

Il problema posto dal contratto di diritto comune si riferisce allʼefficacia soggettiva, che in quel caso si estendeva soltanto agli iscritti alle associazioni stipulanti.Il principio generale in materia di efficacia soggettiva è quindi quello di vincolare soltanto gli aderenti alle associazioni stipulanti.Tuttavia, a livello giurisprudenziale e legislativo degli ultimi anni, si è delineata una sorta di estensione dellʼambito di applicazione del contratto collettivo.

Dal 1958, la Cassazione ha sostenuto che il datore di lavoro appartenente ad unʼassociazione datoriale firmataria di un determinato contratto collettiva è costretto ad applicare tale contratto collettivo a tutti i suoi dipendenti, a prescindere dalla loro adesione sindacale.

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Un secondo orientamento estensivo è quello che considera il contratto collettivo vincolante anche nei confronti del datore di lavoro il quale ne abbia spontaneamente applicato il contenuto (anche soltanto parzialmente!): in questi casi si parla di comportamento concludente.

Dal punto di vista legislativo, lʼart. 36 Cost. diventa il perno dellʼefficacia soggettiva e della sua estensione. Lʼattuazione vera e propria avviene poi attraverso la legge Vigorelli del 59.

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La parte normativa del contratto pone invece il problema dellʼefficacia oggettiva, che confronta il potere del contratto collettivo con quello del contratto individuale: se il primo introduce minimi di tutela in ambito retributivo, il secondo non può introdurre elementi peggiorativi rispetto al primo.

In caso di contratto individuale, le clausole contenute in questʼultimo agiscono in sostituzione automatica al contratto collettivo di riferimento. Se le clausole sono peggiorative, diventano inefficaci, poiché opera una tutela reale.

Art. 2077 CC. Efficacia del contratto collettivo sul contratto individualeI contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo.Le clausole difformi dei contratti individuali preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro (1339).

Questo articolo del codice civile spiega chiaramente lʼinderogabilità in pejus delle clausole contenute nel contratto individuale. Questo articolo però si rifà al periodo fascista ed al conseguente contratto corporativo.Ora come ora, lʼart. del cc da utilizzare come fondamento per lʼinderogabilità in pejus è il 2113

Art. 2113 CC. Rinunzie e transazioniLe rinunzie e le transazioni (1966), che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 Cod. Proc. Civ., non sono valide.

Diritti derivanti dalla legge e quindi irrinunciabili sono ad esempio il diritto alla ferie o il diritto alla retribuzione contrattuale minima.lʼart. 2113 ha paragonato il contratto collettivo alla norma di legge e lʼha messo sullo stesso piano. in questo modo, la rinuncia non è valida se cozza con il CCNL, che è sullo stesso piano di una norma imperativa.

La derogabilità in pejus è consentita soltanto da contratti posti sullo stesso livello (due CCNL) stipulati in periodi successivi uno allʼaltro. Si salvano ovviamente le clausole del contratto individuale (se presente).Si salvano inoltre tutti i diritti precedentemente acquisiti e che diventano parte diritto del lavoratore: si parla dei diritti quesiti: se ad esempio il nuovo contratto collettivo peggiora le condizioni retributive legate al lavoro straordinario, il lavoro straordinario prestato (anche in seguito alla scadenza del precedente contratto) verrà conteggiato con il vecchio (e più vantaggioso) sistema. In pratica, non esiste retroattività in nessun caso.

Ad esempio, parlando di maggiorazione dello straordinario

Vecchio Nuovo

CCNL +25% +15%

C. Individuale +35% +35%

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nel caso di cui sopra, il CCNL può essere derogato in pejus da un successivo CCNL.in forza del contratto individuale, la maggiorazione resta comunque del 35%. Non ci fosse stato il contratto individuale, avremmo applicato il nuovo (peggiorativo) CCNL.

Come posso invece capire quando un nuovo contratto sia migliorativo o meno?Bisogna prima di tutto distinguere due criteri:• criterio del cumulo: il rapporto tra legge e contratto viene esaminato clausola per clausola• criterio del conglobamento: il rapporto tra legge e contratto viene fatto nel complesso dei due

Clausola CCNL C. Individuale Cumulo Conglobamento

Retribuzione oraria € 6 € 7 Indv.non è facile valutare quale dei due sia il “migliore”

Retribuzione straordinaria +30 % +25 % CCNL

13esima si si idem

14esima si si idem

di norma il criterio del cumulo non viene applicato (clausola di inscindibilità che previene lʼuso del criterio di cumulo), ma viene utilizzato il criterio del conglobamento, applicando così il contratto più favorevole per il lavoratore.

La struttura contrattuale italiana (fino al ʼ93)

La contrattazione italiana opera su più livelli, quali:

1. nazionale di categoria: perno del nostro sistema. Prende a riferimento la categoria produttiva (i sindacati italiani hanno scelto di organizzarsi sulla base dellʼattività produttiva svolta dal datore di lavoro).

2. interconfederale: vengono coinvolte tutte le associazioni datoriali e dei lavoratori. Eʼ stato il modello utilizzato durante la contrattazione del 1993

3. decentrato: possibile a livello territoriale (regionale / provinciale) o più frequentemente a livello aziendale. Di norma il contratto decentrato ha una funziona integrativa, tipica dellʼambito di riferimento, che il contratto nazionale non può considerare perchè più generico.

In riferimento alla storia italiana, durante gli anni ʼ50 cʼè stata una forte centralizzazione a livello interconfederale… in quegli anni la contrattazione decentrata era pressoché inesistente.Negli anni ʼ60 cʼè lʼaffermarsi della contrattazione di tipo nazionale, che acquista importante e centralità. Ad essa si affianca la contrattazione di tipo aziendale, vincolata ai contratti di categoria.Nel 1962 le federazioni di categoria dei metalmeccanici firmarono con lʼIntersind e con lʼAsap unʼintesa che fissava i principi generali di un nuovo sistema contrattuale, detto di contrattazione articolata - il cosiddetto Protocollo Intersind-Asap introdusse così una struttura contrattuale composta da tre livelli (nazionale di categoria, di settore, aziendale: il contratto nazionale determinava, attraverso apposite clausole di rinvio, le materie e/o gli istituti di competenza dei livelli inferiori).A cavallo degli anni ʻ68-ʼ73 abbiamo lʼaffermazione di movimenti spontanei, svincolati dal sindacato. Lʼemersione di un nuovo sistema venne sancita con il contratto nazionale dei metalmeccanici del ʼ69: in questo contratto non si raggiunse alcune intesa in materia di

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competenze della contrattazione aziendale e il mancato accordo fece venir meno il coordinamento tra i livelli contrattuali fondati sulle clausole di rinvio e il vincolo della clausola di pace sindacale7.Si delineò così un sistema nuovo, la cd. contrattazione non vincolata, nel quale ciascuno dei due livelli (nazionale di categoria & aziendale) era formalmente autonomo e la contrattazione aziendale poteva essere aperta in qualsiasi sede e momento e per qualsiasi materia, pur in vigenza del contratto nazionale.Dagli anni ʼ75 fino ai primi ʼ90 la contrattazione riprende la via della centralizzazione: la stessa Confindustria, per contenere il costo del lavoro e la conflittualità, promosse una politica contrattuale di controllo centralizzato delle dinamiche salariali e di crescente coinvolgimento del sindacato della gestione delle ristrutturazioni aziendali e della crisi occupazionale.Oltretutto, il crescente intervento della contrattazione interconfederale e il funzionamento automatico della scala mobile sottraevano quasi tutto lo spazio alla contrattazione sia nazionale, sia aziendale, soprattutto in materia salariale. Questa centralizzazione raggiunse il proprio culmine con il Protocollo del gennaio 1983, con il quale venne controllata inizialmente lʼinflazione (inflazione programmata) al fine di controllare la dinamica del costo del lavoro (in crescente aumento a causa della forte spinta inflativa di quel periodo).

Il Protocollo 23 luglio 1993

Allʼinizio del nuovo decennio il graduale peggioramento della congiuntura economica e la necessità di soddisfare i criteri di convergenza per lʼunificazione monetaria (euro) crearono le condizioni per il rientro dei pubblici poteri nelle relazioni industriali che si realizzò con la stipulazione, il 31 luglio 1992, dellʼaccordo triangolare che abolì la scala mobile, e il 23 luglio 1993, del Protocollo sulla politica dei redditi e dellʼoccupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo.

Si tratta di una vera e propria ʻcarta costituzionaleʼ delle relazioni industriali italiane. I tre soggetti stipulanti (Stato, confederazioni sindacali, organizzazioni imprenditoriali) hanno perseguito un duplice obiettivo: dal punto di vista macroeconomico, favoriscono un governo centralizzato della dinamica del costo del lavoro (molto importante visto il periodo che si era appena concluso), dal punto di vista microeconomico, spostano la contrattazione (in materia di retribuzione e di flessibilità) dal centro alla periferia (dal livello nazionale a quello territoriale/aziendale).

Sono quindi confermati i due livelli di contrattazione, uno nazionale di categoria, lʼaltro aziendale o territoriale. Al contratto aziendale-territoriale vengono riservate discipline di materie ed istituti diversi rispetto a quelli retributivi propri del ccnl (in particolare lʼassegnazione dei premi legati al raggiungimento di determinati obiettivi produttivi). Il contratto nazionale può affidare al contratto decentrato poteri attraverso clausole di rinvio esplicite, che rimandino direttamente al contratto di secondo livello. Questʼultimo ha anche potere diretto nel caso di tutte le disposizioni che nascono in questo periodo di flessibilizzazione del lavoro (ristrutturazioni aziendali, tecniche / organizzative, ecc).

Viene inoltre modificata la durata dei contratti, quadriennale sia per i contratti nazionali che quelli territoriali-aziendali, tranne per la parte retributiva, che viene rinnovata ogni due anni.

Lʼintesa del luglio 1993 introduce anche una pausa di raffreddamento dei conflitti, della durata di 4 mesi (3 mesi prima della scadenza del contratto ed un mese dopo). In questo periodo le parti non possono quindi assumere iniziative unilaterali (no sciopero); per la violazione a tale regola il Protocollo prevede la sanzione dellʼanticipazione (nel caso di azione da parte del datore) o dello

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7 Il dovere di pace sindacale è un impegno, a non far ricorso all'azione diretta, per conseguire una modifica ante tempus della disciplina contrattuale collettiva.

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slittamento (nel caso di azione da parte del lavoratore o delle associazioni degli stessi) di tre mesi del termine a partire dal quale decorre lʼindennità di vacanza contrattuale8.

Soggetti legittimati alla contrattazione: anche dopo il 1993, non cʼè lʼindicazione precisa dei soggetti legittimati alla contrattazione (come avviene invece nel P.I.). nel settore privato non esiste unʼegemonia numerica da parte di alcune sigle, percui i soggetti non sono predeterminabili. Il potere negoziale deriva quindi dalla capacità effettiva di tutela degli interessi collettivi.

Novità dellʼaccordo del 22/01/2009

Si conclude finalmente lʼaccordo quadro di riforma degli assetti contrattuali perchè il Governo e le associazioni imprenditoriali, insieme a CISL e UIL (no CGIL) firmano il protocollo.In via sperimentale, per 4 anni, le parti firmatarie individuano regole e procedure della gestione della contrattazione collettiva:• la durata passa a 3 anni, sia per la parte normativa che per la parte retributiva• garanzia del potere di acquisto (si ancorano i salari ad un nuovo indice dei prezzi al consumo,

epurato del costo dei costi di materie prime come il petrolio)• ulteriore flessibilizzazione concessa al contratto di secondo livello in materia al fine di favorire lo

sviluppo economico in un periodo di crisi

• Contrattazione nel pubblico impiego (TU 165/2001)

Principale differenza con il contratto privato: nel pubblico impiego, il contratto aziendale (di secondo livello) concluso al di fuori delle materie del CCNL è nullo (per motivi di contenimento della spesa, che si sarebbe dilatata a più non posso in assenza di questo limite).

Anche in questo caso vige comunque il principio dellʼinderogabilità in pejus secondo quanto dettato dallʼart. 1418 CC

Art. 1418 Cause di nullità del contrattoIl contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.[…]

Le clausole del CCNL in contrasto con la legge sono sostituite automaticamente dalla legge stesse (le clausole sono quindi nulle). A questa regola generale seguono molte eccezioni in cui il legislatore ha dato la possibilità al CCNL di derogare in senso peggiorativo clausole che per legge non possono essere modificate (ad esempio in caso di trasferimento dʼazienda i rapporti di lavoro continuano e cedente & cessionario rispondono in solido). Un altro esempio di deroga è contenuta nello Statuto dei Lavoratori, per quanto riguarda il controllo attraverso impianti audiovisivi (possibile solo previo accordo con le rappresentanze sindacali e per esigenze di sicurezza).

La derogabilità in melius è ovviamente possibile, ma anche qui ci sono eccezioni (principalmente per il solito discorso di contenimento della spesa) come ad esempio quel che riguarda il calcolo dellʼindennità del TFR.

Una delle innovazioni legislative più rilevanti degli ultimi anni è stata la riforma del rapporto di lavoro pubblico, realizzata nel corso degli anni ʼ90 e confluita nel TU 165/2001. Tale riforma ha un poʼ sovvertito una tradizione giuridica risalente alla fine del XIX secolo, che disciplinava con regole

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8 indennità finalizzata a disincentivare comportamenti delle parti tendenti a ritardare il rinnovo del contratto - misurata nel 30% per i primi 3 mesi, del 50% per i 7 successivi

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di diritto pubblico non solo il rapporto tra la PA ed i cittadini ma anche i rapporti auto-organizzativi interni alle stesse amministrazioni.Già nel 1970 una dottrina era arrivata alla soluzione per la quale vi fosse una distinzione tra rapporto organico e rapporto di servizio (il primo regolato per forza da norme del diritto pubblico, per il secondo non vi era nessun obbligo di utilizzo del diritto pubblico). Ciononostante si è sempre qualificato il rapporto di pubblico impiego come un rapporto autoritativo.

A partire dal 1992, i rapporti di impiego con le pubbliche amministrazioni sono stati ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e regolati mediante contratti individuali e collettivi.Si distingueva così lʼorganizzazione (pubblicistica) degli uffici (ordinata secondo disposizioni di legge e di regolamento) dallʼorganizzazione (privatistica) del lavoro, allʼinterno della quale i rapporti sono regolati dalle norme del lavoro subordinato nellʼimpresa.Restano sottoposte al diritto pubblico solo le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, lʼindividuazione e i modi di conferimento degli uffici di maggiore rilevanza (i cd. atti di macro-organizzazione)

Il perno del sistema contrattuale del pubblico impiego è il contratto nazionale di comparto. I comparti sono settori omogenei o affini delle amministrazioni pubbliche, individuati da appositi accordi tra lʼARAN e le confederazioni sindacali rappresentative. Eʼ inoltre prevista la possibilità di stipulare accordi quadro, applicabili allʼinsieme dei comparti o ad alcuni di essi.Il secondo livello è costituito dal contratto integrativo, che deve svolgersi soltanto nel rispetto delle clausole di rinvio contenute nel contratto di comparto a livello nazionale.I soggetti legittimati alla contrattazione sono i sindacati qualificati come rappresentativi (vedi criteri). La legge individua nelle RSU i soggetti necessari della contrattazione integrativa, prevedendo anche che i contratti nazionali possano prevederne lʼintegrazione con rappresentanze dei sindacati firmatari del contratto nazionale di comparto.In breve, per quel che riguarda poteri e compiti contrattuali, le RSU del settore pubblico e del settore privato sono sullo stesso piano.

Aran

A partire dal 1983, il legislatore ha deciso di affidare la rappresentanza negoziale della parte pubblica ad un apposito organismo tecnico, dotato di personalità giuridica che ha assunto il nome di Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.Il comitato direttivo di questo organismo è composto da cinque membri nominati dal Presidente del Consiglio, gli altri due sono designati uno dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e lʼaltro congiuntamente dallʼAssociazione nazionale Comuni dʼItalia (ANCI) e dallʼUnione delle Province Italiane (UPI).Lʼagenzia rappresenta tutte le pubbliche amministrazioni per la stipulazione dei contratti nazionali e può assistere le singole amministrazioni nella contrattazione integrativa: sfuggono alla rappresentanza le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome.

Lʼazione di rappresentanza dellʼAran si svolge allʼinterno di atti di indirizzo espressi dai comitati di settore, organismi appositi costituiti per ciascun comparto. Questi atti di indirizzo devono limitarsi ad indicare gli obiettivi di massima da perseguire con lʼattività contrattuale e devono rispettare lʼautonomia tecnica dellʼAgenzia.

Problema dellʼefficacia

Si pongono gli stessi problemi che hanno afflitto / affliggono lʼambito privato

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• efficacia soggettiva: il TU 165/2001 prevede il meccanismo con il quale lʼAran è lʼunico soggetto legittimato per legge a contrattare per tutto il comparto. In questo modo si elimina il problema della generalizzazione che esiste in ambito privato.

• efficacia generalizzata: data dalla previsione dellʼart. 45 c.19. il CCNL si applica a tutti a prescindere dal fatto che siano iscritti o meno al sindacato. questo fatto non pregiudica lʼart. 39 Cost. relativo al contratto collettivo (i commi inattuati)

• efficacia oggettiva: i contratti individuali / aziendali / integrativi sono regolati contrattualmente e devono conformarsi ai principi dellʼart. 45 c.210 TU 165/2001. Nel settore pubblico, è accettata quindi la derogabilità in melius? Si, ad eccezione dei trattamenti economici che, per motivi di trasparenza della spesa pubblica, sono vincolati a quanto previsto dai contratti collettivi.

• Il diritto di sciopero

Lo sciopero dei lavoratori è la forma più tipica di autotutela… il denominatore comune di tutte le manifestazioni di autotutela è lʼesercizio di una pressione a difesa di interessi collettivi.Lʼordinamento giuridico non valuta però nello stesso modo tutte le manifestazioni di autotutela: vi sono forme che costituiscono un diritto, altre che sono solo espressione di libertà, altre ancora che costituiscono in illecito.

Lo sciopero nella storia italiana

Lo sciopero, ovvero lʼastensione continuativa dal lavoro dei lavoratori per un fine contrattuale, fino al 1889, era considerato in Italia un reato. Il codice penale sardo puniva tutte le intese degli operai allo scopo di sospendere ostacolare o far rincarare il lavoro senza ragionevole causa.

Nel 1889 venne emanato il nuovo codice penale (chiamato Codice Zanardelli) e venne abrogato il divieto di coalizione: lo sciopero non fu più considerato un fatto perseguibile sotto il profilo penale… sul piano civilistico del rapporto obbligatorio la sospensione della prestazione da parte del lavoratore comportava gli estremi dellʼinadempimento contrattuale… in breve, lo scioperante non finiva in carcere ma veniva licenziato.

A partire dal 1926, con lʼordinamento corporativo, il Codice Rocco reintrodusse la repressione penale, creano anche nuove figure di reato tuttora vigenti! Si parlava infatti di delitti contro lʼeconomia pubblica e di reato contro la pubblica amministrazione nel caso di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità. Queste norme non furono subito abrogate con la caduta del fascismo, ma vennero definitivamente abrogate nel 1990 con la legge 146.

Nella Carta Costituzionale, lʼart. 40 garantisce pienamente lʼesercizio del diritto di sciopero nellʼambito delle leggi che lo regolano. La qualificazione dello sciopero come diritto costituzionalmente garantito ha però determinate conseguenze: fin da principio lo sciopero si

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9 Art. 45. Trattamento economico.1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio fatto salvo quanto previsto allʼarticolo 40, commi 3-ter e 3-quater, e allʼarticolo 47-bis, comma 1,([92]) è definito dai contratti collettivi.

10 2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.

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considerava come un diritto pubblico di libertà, nel senso che non poteva essere emanato alcun provvedimento che contrastasse con il diritto di sciopero.Molto importante, per una corretta lettura, è la sentenza della Corte Costituzionale sullʼart. 502 c.p. che qualificava come delitto sia lo sciopero sia la serrata per fini contrattuali. Lʼarticolo venne dichiarato illegittimo nel 1960. Pochi anni dopo, la legge 604 / 1966 dichiarò nulla il licenziamento determinato dalla partecipazione ad attività sindacale.Lʼesercizio del diritto di sciopero aveva però anche conseguenze nei rapporti intersoggettivi privati (il datore di lavoro non aveva nessuna possibilità di inibire lʼesercizio del potere del lavoratore di scioperare).Sotto questa lettura, si passa così dalla libertà di sciopero (intesa come esclusione della responsabilità penale) al diritto di sciopero (con lʼesclusione di ogni responsabilità contrattuale).

Infine, la legge 146 / 1990, riguardante lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, delinea ancora alcune caratteristiche quali:• soggetti: soggetto dello sciopero è il singolo lavoratore e non il gruppo di lavoratori né tanto

meno il sindacato. Il diritto di sciopero può essere definito quindi un diritto individuale ad esercizio collettivo: la titolarità spetta a ciascun lavoratore e il suo esercizio si esplica collettivamente.

Lavoratori non subordinati: per tutti i parasubordinati, la Corte di Cassazione riconobbe la titolarità del diritto di sciopero. Questo limite però si ferma con i lavoratori autonomi perchè lo sciopero, strumento di lotta di gruppi sociali subalterni che mirano a riequilibrare il loro deficit di forza sociale, con i lavoratori autonomi non è possibile. Ovviamente qualsiasi astensione e conseguente manifestazione può essere tutelata secondo lʼart. 18 Cost. in quanto manifestazione di libertà associativa.

Limiti al diritto di sciopero

La sentenza 711 / 1980 della Cassazione afferma che non è un problema di definizione dello sciopero ma devʼessere valutato nel contesto, in modo da individuare i limiti esterni.Fino a questa sentenza cʼera quindi la distinzione tra limiti esterni e limiti interni: i primi sono quelli derivanti dalla necessità di coordinare il riconoscimento del diritto di sciopero con gli altri valori costituzionali, in modo da contemperare gli interessi contrapposti; i secondi invece erano quelli che la giurisprudenza argomentava sulla base della definizione di sciopero (chi? come? ecc)

• sciopero politico / sciopero puro: in un primo tempo lʼastensione dal lavoro per fini politici venne considerata illegittima… nel 1960 circa si superò questa concezione e si differenziò lo sciopero politico in senso stretto (attinente al prevalere di questa o quella scelta intorno a specifici problemi politici) dallo sciopero economico-politico (ovvero lo sciopero diretto ad ottenere interventi della pubblica autorità che riguardino condizioni socio-economiche dei lavoratori scioperanti)

• sciopero di solidarietà: riconosciuto legittimo a partire da una sentenza della Corte costituzionale del 1962. questo sciopero ricorre quando alcuni lavoratori si pongono in sciopero per solidarizzare con le rivendicazioni di altri gruppi. La Corte Costituzionale ha affermato la legittimità di questa forma di lotta sindacale, a condizione che sussistano condizioni di comunione di interessi tra i due gruppi di lavoratori.

• sciopero articolato (singhiozzo e scacchiera): dal dopoguerra al 1980, questi tipi di scioperi erano considerati illegittimi… nel caso di sciopero a singhiozzo lʼastensione del lavoro è frazionata nel tempo, nel caso di sciopero a scacchiera, lʼastensione dal lavoro è effettuata dai diversi gruppi in momenti diversi gli uni dagli altri.

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Il limite di qualsiasi sciopero risiede nellʼobbligo di rispetto della sfera giuridica altrui: in questa cosa si parla quindi della tutela dellʼinteresse del datore di lavoro alla conservazione dellʼorganizzazione aziendale in vista della ripresa dellʼattività lavorativa.

Si può così parlare di danno giusto e danno ingiusto: lo sciopero, secondo la Cassazione, non deve causare danno alla produttività, cioè la possibilità per lʼimprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica (tutelata dallʼart. 41 Cost.). Viceversa è ammesso il danno alla produzione, cioè la possibilità di ricavare un risultato produttivo in un dato momento.Nel caso particolare di impianti che non possono essere fermati, lo sciopero è possibile attraverso le comandate, ovvero accordi tra lʼimprenditore ed i sindacati, in forza di quali una certa parte dei lavoratori continua a lavorare.

Il datore di lavoro ha ovviamente la possibilità di rispondere alle forme di lotta sindacale!La forma più nota è quella della serrata, ovvero la chiusura totale o parziale dellʼimpresa con il conseguente rifiuto di accettare la prestazione lavorativa e conseguentemente di pagare la dovuta retribuzione. La tutela del datore del lavoro non è però stata assimilata allʼart. 40 bensì allʼart. 41.La giurisprudenza ha comunque tutelato il lavoratore che, in caso di serrata, si costituisce in mora ed ha così diritto ugualmente alla retribuzione.Lʼunica modalità per la quale la serrata produce i suoi effetti così comʼè stata pensata è quella della serrata di ritorsione, cioè il rifiuto del datore di lavoro di ricevere le prestazioni quando i lavoratori pongano in essere uno sciopero articolato talmente gravoso da non realizzare nemmeno la minima unità tecnico-temporale.

Altre forme di lotta sindacale

1. Simili sono lo sciopero bianco e lʼoccupazione dʼazienda. Nel primo caso, la permanenza in azienda e lʼastensione dal lavoro non intralciano comunque lʼattività gestionale del datore di lavoro, obiettivo principale dellʼoccupazione dʼazienda. Nel secondo caso si potrebbe paradossalmente giungere ad uno sciopero al contrario (produzione senza il volere del datore di lavoro, poiché privato della capacità gestionale della propria impresa)

2. sciopero del rendimento: attività lavorativa rallentata di proposito (non è però assimilabile allo sciopero), chiamato anche rallentamento concertato

3. non collaborazione: astensione concertata di tutte le prestazioni di carattere accessorio. ci si limita agli obblighi contrattuali

4. sciopero delle mansioni: i lavoratori scioperanti si rifiutano di svolgere una o più mansioni che sono state affidate loro da parte del datore di lavoro

5. ostruzionismo / sciopero pignolo: i lavoratori applicano pedantemente i regolamenti, affinché la produzione rallenti

6. blocco delle merci: lʼunica modalità accettata consiste nel picchetto al di fuori dellʼazienda che convince gli altri lavoratori a scioperare. non è consentito lʼuso della violenza sia sulle persone che sui mezzi di produzione (blocco dei nastri trasportatori, ad esempio)

7. boicottaggio: questa forma di lotta sindacale si realizza mediante propagando o valendosi della forza di gruppi sociali: si inducono una o più persone a non stipulare patti di lavoro, a non somministrare materie prime, a non acquistare i prodotti, ecc - la Corte Costituzionale ha ritenuto questa modalità di lotta legittima finché non raggiunga efficacia ed intensità notevoli.

Lo sciopero nei servizi pubblici

Nel nostro ordinamento la repressione penale è considerata reato, ma a partire dal 1958 il diritto di sciopero viene esteso anche a tutti i dipendenti addetti ai servizi pubblici.Nel 1990 il legislatore scelse di regolare in modo organico la materia, allʼesito di un lungo e complesso dibattito in cui svolsero un ruolo fondamentale le stesse OO.SS. Fu così emanata la

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legge 146 intitolata ʻnorme sullʼesercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali […]ʼCon questa legge si volevano tutelare alcuni diritti costituzionalmente garantiti (ad esempio il diritto alla salute) regolamentando lo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

NB. Per servizi pubblici si intendono tutti quei servizi offerti sia da privati che dalla pubblica amministrazione, utili per la collettività (poste, trasporti, sanità, scuola, ecc)

Il legislatore non vuole vietare lʼesercizio del diritto di sciopero, ma questo diritto devʼessere esercitato secondo determinate modalità, garantendo le prestazioni indispensabili. Si tratta di uno strumento di salvaguardia dei diritti individuali che potrebbero essere compromessi in casi di sciopero non regolamentato.

Lo strumento per individuare le prestazioni garantite è il contratto: si garantiscono determinate fasce orarie ed un determinato numero di lavoratori. La regolamentazione devʼessere ovviamene preventiva e, dovesse mancare, il legislatore prevede lʼintervento della commissione di garanzia al fine di individuare un regolamento provvisorio in attesa che le parti stesse individuino una propria disciplina.Lo sciopero dovrà essere proclamato con un determinato preavviso (minimo 10 giorni), con lʼindicazione della durata, della modalità di attuazione e della motivazione: queste informazioni dovranno essere fatte pervenire al datore di lavoro che informerà lʼutenza.

Una forma sleale di azione sindacale è costituita dal cd. sciopero dʼannuncio, ovvero la proclamazione dello sciopero e la revoca dello stesso, in modo da dare disagio allʼutenza conservando la retribuzione.

- Commissioni di garanzia: organo sul quale si impernia il funzionamento della norma; ha funzione determinata per individuare le prestazioni, la promozione degli accordi ed ha potere di controllo sul rispetto

Sanzioni e precettazione

Nei confronti dei lavoratori che partecipano ad uno sciopero illegittimo, possono essere comminate sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dellʼinfrazione, con esclusione del licenziamento.Per quanto riguarda invece le organizzazioni dei lavoratori, nel caso di proclamazione o adesione ad uno sciopero in violazione delle disposizioni dellʼart. 2 (preavviso, comunicazione scritta, garanzia delle prestazioni indispensabili, ecc) potranno essere soggette a diverse tipologie di sanzione (sospensione dei permessi sindacali retribuiti, mancata percezione dei contributi sindacali, esclusione dalle trattative).

La regolamentazione delle astensioni dal lavoro nei servizi essenziali si avvale anche di un altro strumento, ovvero la precettazione, disciplinata dalla legge 146/1990.Consiste in un provvedimento adottato da un organo del potere esecutivo: questo potere trova il suo presupposto nel fatto che lo sciopero provochi lʼinterruzione o unʼalterazione del funzionamento di uno dei servizi pubblici essenziali e produca così un fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati.

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