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DIRITTO ECCLESIASTICO - CASUSCELLI Capitolo 1 – ELEMENTI INTRODUTTIVI Il diritto ecclesiastico è un ramo del diritto costituito da norme che danno specifica rilevanza AL e disciplinano IL fatto religioso individuale e associato. Del diritto ecclesiastico fanno parte quindi il fattore religioso, le credenze, le convinzioni religiose o filosofiche, i profili istituzionali. A seguito del processo di secolarizzazione dello Stato liberale e dell’affermazione del carattere laico della Repubblica il diritto ecclesiastico si pone come fonte di tutela della libertà religiosa e di convinzione dando particolare rilievo all’aspetto collettivo della manifestazione religiosa come aspetto primario dell’identità personale e della nazione. Diversi sono i modelli attraverso cui gli ordinamenti statuali danno rilievo al fattore religioso: Stato CONFESSIONISTA: presceglie una religione come propria e informa il proprio ordinamento ai principi e alle norme della sua religione (Statuto Albertino) Stato LAICO: sancisce un principio di distinzione tra la sfera temporale e quella spirituale riconoscendo e garantendo comunque il pluralismo religioso Stato UNIONISTA: è governato da autorità che detengono sia il potere religioso che quello statuale (monarchie del nord Europa) Stato SEPARATISTA: separa il fondamento e l’esercizio dei poteri di governo da quello delle chiese (USA-SPAGNA). LE FONTI Col tempo sono divenute molto numerose: Fonti UNILATERALI : di diritto interno in senso stretto, prodotte esclusivamente dal legislatore nazionale Fonti CONCORDATE : con le confessioni religiose poi ratificate. Disciplinano i rapporti tra Stato e confessioni ma non sono di esclusiva produzione degli organi legislativi statali in quanto richiedono la partecipazione delle confessioni. Questo sistema è caratterizzato dall’autolimitazione dei poteri sovrani della Repubblica nascente dall’obbligo costituzionale di regolare i rapporti con le confessioni in base al cd principio di BILATERALITA’ PATTIZIA. Detto principio tende ad assicurare uguali garanzie di libertà e il riconoscimento delle esigenze delle confessioni nel rispetto della neutralità dello Stato. La riforma del Titolo V ha riservato esclusivamente allo Stato la materia. 1
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DIRITTO PUBBLICO DELLE RELIGIONI ALICINO

May 13, 2023

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DIRITTO ECCLESIASTICO - CASUSCELLI

Capitolo 1 – ELEMENTI INTRODUTTIVIIl diritto ecclesiastico è un ramo del diritto costituito da normeche danno specifica rilevanza AL e disciplinano IL fatto religiosoindividuale e associato. Del diritto ecclesiastico fanno parte quindi il fattore religioso, le credenze, le convinzioni religioseo filosofiche, i profili istituzionali. A seguito del processo di secolarizzazione dello Stato liberale e dell’affermazione del carattere laico della Repubblica il diritto ecclesiastico si pone come fonte di tutela della libertà religiosa e di convinzione dando particolare rilievo all’aspetto collettivo della manifestazione religiosa come aspetto primario dell’identità personale e della nazione. Diversi sono i modelli attraverso cui gli ordinamenti statuali danno rilievo al fattore religioso: Stato CONFESSIONISTA: presceglie una religione come propria e informa il proprio ordinamento ai principi e alle norme della sua religione (Statuto Albertino) Stato LAICO: sancisce un principio di distinzione tra la sferatemporale e quella spirituale riconoscendo e garantendo comunque il pluralismo religioso Stato UNIONISTA: è governato da autorità che detengono sia il potere religioso che quello statuale (monarchie del nord Europa) Stato SEPARATISTA: separa il fondamento e l’esercizio dei poteri di governo da quello delle chiese (USA-SPAGNA).LE FONTICol tempo sono divenute molto numerose: Fonti UNILATERALI : di diritto interno in senso stretto, prodotte esclusivamente dal legislatore nazionale Fonti CONCORDATE : con le confessioni religiose poi ratificate.Disciplinano i rapporti tra Stato e confessioni ma non sono di esclusiva produzione degli organi legislativi statali in quanto richiedono la partecipazione delle confessioni. Questo sistema è caratterizzato dall’autolimitazione dei poteri sovrani della Repubblica nascente dall’obbligo costituzionale di regolare i rapporti con le confessioni in base al cd principio di BILATERALITA’ PATTIZIA. Detto principio tende ad assicurare ugualigaranzie di libertà e il riconoscimento delle esigenze delle confessioni nel rispetto della neutralità dello Stato. La riforma del Titolo V ha riservato esclusivamente allo Stato la materia.

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Di diritto COMUNITARIO : di diritto primario (trattati istitutivi) e secondario (atti delle istituzioni – vincolanti e non - ) che disciplinano il fattore religioso individuale e collettivo – Trattato su UE, diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dalle tradizioni costituzionali degli stati membri; riconosce la libertàdi coscienza, di pensiero e di religione, sancisce il divieto di discriminazione . Il Trattato di Lisbona rende la carta di Nizza giuridicamente vincolante. Di diritto INTERNAZIONALE : convenzionale,multilaterale,bilaterale (fonte in crescita) – CEDU rango sub-costituzionale, l’Italia adegua le sue norme al Trattato, queste vengono quindi attratte nella sfera di competenza della Corte Costituzionale. Accordi di II livello : introdotti dall’Accordo del 1984 per disciplinare le “ulteriori materie che richiederanno la collaborazione tra Stato e CEI”. Si riteneva che la norma potesse ampliare in modo potenzialmente illimitato le materie regolabili con accordi, in realtà le intese con la CEI hanno natura accessoria di integrazione e specificazione.

GERARCHIA: norme costituzionali sub-costituzionali (CEDU) leggiordinarie regolamenti.INTERPRETAZIONE DELLE NORME PATTIZIE Si utilizza il criterio generale di indipendenza e sovranità delloStato la cui eventuale limitazione deve risultare da norma espressa e non è desumibile da incerti argomenti interpretativi. Ne segue che i limiti a detta sovranità sono soggetti a interpretazione restrittiva, vanno quindi interpretati in buona fede seguendo il significato ordinario dei termini nel loro contesto e alla luce dell’oggetto e dello scopo propri dell’accordo.

Sentenze additive della Corte Costituzionale : - una problematica specifica riguardano le leggi di esecuzione degli accordi con le confessioni (fonte tipica/atipica/rilevanza costituzionale); la Corte Costituzionale ha da tempo superato il dibattito dottrinale con una soluzione intermedia: il sindacato dilegittimità delle fonti di derivazione pattizia è ammissibile soloper violazione di un principio supremo dell’ordinamento costituzionale. - Per quanto riguarda invece le norme regolamentari esse possono essere sottoposte al controllo di legittimità solo quando costituiscano specificazione di una disposizione di legge che

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espressamente le prevede. - anomalia: è rappresentata dalla disciplina degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti appartenenti alla Chiesa cattolica (L.206/1985 ratifica il protocollo ma non vi dà esecuzione – L.222/1985 dispone, in modo anomalo, che la L.206 entri in vigore sia per lo Stato che per la Chiesa): la L.222 non è né una legge di ratifica né una legge unilaterale in senso stretto, per questo l’interprete ha difficoltà a ricostruirne la posizione nel sistemadelle fonti. Tuttavia la Corte di Cassazione ha affermato che la L222 resta a tutti gli effetti una legge ordinaria e che quindi non vi sono limiti al suo controllo di costituzionalità. - anomalia: è rappresentata dalla cd. despecializzazione formale: diffusione di discipline generali di diritto comune che ritaglianoal loro interno discipline settoriali di favore per istituzioni e associazioni appartenenti a confessioni religiose. Alla specificità del diritto ecclesiastico si è andata affiancando la specialità del diritto comune, sovrapponendo modelli inconciliabili. La corte cost. ha affermato che se la legge comuneè volta ad agevolare l’esercizio di un diritto di libertà la conclusione di accordi non può costituire un elemento per la selezione delle confessioni discriminazione. - apportano ulteriori modifiche al diritto ecclesiastico le sentenze di accoglimento della Corte Cost. e le sue sentenze additive (incostituzionale nella parte in cui non prevede…). Ciononostante la corte ha stabilito l’impossibilità di pronunce additive in materia di rapporti con le confessioni (in quanto il regime delle intese varia a seconda dell’interlocutore). Le fonti di provenienza confessionale : non rilevano immediatamente sul piano interno, non mancano però norme statuali che rinviano espressamente a norme confessionali, dando luogo a ipotesi di rilevanza (cfr. individuazione fattispecie). Le confessioni non possono subire alcuna ingerenza statale nella formulazione dei propri statuti interni. Il ruolo dei principi : nei settori non codificati dell’ordinamento i principi di diritto assumono un ruolo fondamentale in quanto costituiscono il quadro normativo di riferimento. - Con la sent. 30/1971 la Corte Cost ha individuato la categoriadei principi supremi dell’ordinamento costituzionale: sono sovraordinati ad ogni altra fonte di rango costituzionale in quanto costituiscono i valori supremi su cui si fonda la

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Costituzione: . diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti . tutela dell’ordine pubblico . laicità (intesa come pluralismo religioso)- al di sotto dei principi supremi vi sono i principi fondamentali i quali delineano il volto della Repubblica: uguaglianza e pari dignità sociale, indipendenza dell’ordine proprio dello Stato dall’ordine proprio di tutte le religioni,pluralismo confessionale, autonomia delle confessioni, bilateralità pattizia per la disciplina dei rapporti Stato/confessioni connesso con il principio di legalità. - Infine vi sono altri principi Costituzionali rilevanti in materia religiosa: libertà religiosa individuale (art.19), divietodi discriminazione de e tra gli enti in cui si articolano le confessioni (art.20), principio di legalità costituzionale (art.134). Oltre a questi principi contenuti nella costituzione ildiritto ecclesiastico risente delle influenze del diritto comunitario e in generale dei principi internazionali.L’attuazione dei principi costituzionali1. Il legislatore: fino al 1984 non ha mostrato interesse

per i temi della libertà religiosa e del pluralismo confessionale;con la stipulazione del Concordato con la S.Sede ha invece avviatola cd stagione delle intese disciplinando i rapporti con alcune confessioni di minoranza.2. I Governi: con i lori programmi elettorali si sono

fermati a dichiarazioni di intenti e hanno spesso rafforzato il ruolo privilegiato di cui gode la chiesa cattolica. Al CDM sono riservati gli atti concernenti i rapporti tra lo Statoe la Chiesa Cattolica e le altre confessioni. Al P.Cons. spetta la sottoscrizione degli accordi con la Chiesa cattolica e delle intese con le confessioni di minoranza. Il Sottosegretario alla presidenza del consiglio conduce le trattativecon le rappresentanze delle confessioni in vista della stipulazione di intese coadiuvato dalla Commissione interministeriale chesi occupa di delineare linee guida sulla conduzione delle trattative. Il ministero dell’interno riconosce gli enti ecclesiastici, approva la nomina dei ministri di culto (no cattolica), vigila e tutela gli istituti delle confessioni, amministra e rappresenta il Fondo edifici di culto.

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3. La Corte costituzionale: ha svolto un ruolo di rilievo nell’ammodernamento del d.e.i. pur essendo limitata dal ricorso incidentale;4. Il Presidente della Repubblica: non è titolare di alcuna

funzione di indirizzo politico e non potrà spingersi oltre il richiamo all’osservanza dei principi della Carta. Egli accredita ericeve i rappresentanti diplomatici e ratifica gli accordi (art.87), emana inoltre gli atti relativi all’approvazione di accordi di II livello.Esistono infine altre organizzazione quali la Consulta per

l’Islam italiano o la Consulta giovanile per le questioni relativeal pluralismo religioso e culturale che svolgono una funzione consultiva.

Capitolo 2 – IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA (art.3)“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Il primo comma dell’art.3 sancisce l’uguaglianza formale di tutti i cittadini, il secondo invece affida alla Repubblica il compito di rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini. La norma esprime il carattere sociale e interventista dell’ordinamento democratico impegnato ad adottare tutte le misureaffinché l’uguaglianza sia garantita in via sostanziale attraversoconcreti ed effettivi strumenti di promozione e tutela. Il principio di uguaglianza si pone quindi come principio-guida per il legislatore. Nonostante questo faccia espresso riferimento ai soli cittadini è pacifica la sua applicazione nei confronti di tutti gli individui (stranieri, apolidi e soggetti collettivi).

In qualità di principio-guida l’art.3 sancisce implicitamente anche il principio di uguaglianza senza distinzione di religione eil divieto di discriminazione. Pur non esistendo nella Cost. un espresso richiamo a detto divieto esso è comunque riconosciuto in base alla definizione data dall’art.14 CEDU il quale dispone che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciute debba essereassicurato senza discriminazione, in particolare quelle fondate susesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o di altro genere, origine nazionale o sociale, appartenenza a una minoranza, ricchezza, nascita o ogni altra condizione.

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La discriminazione può essere diretta (per motivi religiosi una persona è trattata meno favorevolmente di un’altra in condizioni analoghe) o indiretta (una prassi,un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone che professano una determinata religione o ideologia in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone).Applicazioni del principio di uguaglianza si riscontrano in particolar modo nella disciplina dei rapporti di lavoro e nel t.u.sull’immigrazione, si pensi ad esempio allo strumento processuale dell’azione civile contro la discriminazione che comporta l’ordinedi cessazione del comportamento discriminatorio e la risarcibilitàdel danno anche non patrimoniale. La disciplina è ora integrata dalle norme che hanno recepito le direttive comunitarie in tema (2000/43/CE; 2000/78/CE) e da quelle che attuano il principio della parità tra uomo e donna. Infine la commissione o l’istigazione a commettere atti di discriminazione sono puniti dalla legge come reato a protezione della dignità dell’uomo.

Capitolo 3 – IL PLURALISMO CONFESSIONALE (artt.7-8)“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.” (art.7)

“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” (art.8)

LAICITA’ (sent 203/1989)La repubblica italiana è una democrazia laica: principio affermatoper via giurisprudenziale dalla sent.203/1989 Corte cost. La laicità è un principio supremo dell’ordinamento costituzionale , acui tutte le norme di carattere inferiore devono uniformarsi a pena di illegittimità costituzionale. A differenza di altre carte costituzionali in cui la laicità è affermata dalla costituzione, in Italia il principio è stato ricavato dall’analisi sistematica degli artt. 2,3,7,8,19,20 Cost. Ne emerge una laicità che non implica indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo

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confessionale e culturale (203/1989). Corollari del principio di laicità secondo Corte Cost.: Distinzione degli ordini: tra lo Stato e le confessioni – divieto di ingerenza statuale nell’indipendenza delle confessioni; Pluralismo confessionale e culturale: devono convivere in uguaglianza di libertà, fedi, culture e tradizioni diverse; Divieto di ogni tipo di discriminazione tra culti: criterio quantitativo (maggiore o minor numero appartenenti), criterio sociologico (maggiore ampiezza o intensità delle reazioni sociali che possono derivare dalla violazione dei diritti dell’una o dell’altra); Dovere di equidistanza e imparzialità

PLURALISMO CONFESSIONALE (art. 8 c.1)“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” principio del pluralismo confessionale (sent. 203/1989), superata la forma di stato confessionista.Non si traduce in indifferenza dello stato dinnanzi al fenomeno religioso, ma nella garanzia del diritto di libertà religiosa di ogni individuo in condizioni di uguaglianza. Ne consegue quindi che l’atteggiamento dello Stato non può che essere di equidistanzae imparzialità nei confronti di tutti i culti.

INDIPENDENZA DELLE CONFESSIONI (art.7 c.1 art.8 c.2)Non esiste una definizione legislativa di confessione religiosa, pertanto bisogna ricorrere a definizioni giurisprudenziali e dottrinali che oscillano tra due estremi:- è confessione religiosa quella dotata di una solida struttura normativa e organizzativa- è confessione religiosa quella che si auto qualifica come taleLa Corte cost. ha assunto una posizione intermedia, escludendo la possibilità di auto qualificazione e segnalando la necessità che la qualifica si fondi sull’esistenza di elementi oggettivi ragionevoli e controllabili(stipulazione di intese,riconoscimenti pubblici,statuti, comune considerazione).

ordinamenti giuridici originari: confessioni religiose dotate di un proprio apparato normativo-organizzatorio indipendente dal quello dello Stato. La Cost. riconosce in forma espressa l’indipendenza e la sovranitàdella Chiesa cattolica (art 7,1) mentre per le altre confessioni l’indipendenza è riconosciuta implicitamente (art 8,2)

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semplici comunità di fedeli: non dotate di un apparato organizzativo di rilievo ma comunque tutelate di fronte alla legge. (sent 195/1993)

RISERVA DI STATUTO (art 8,2)“Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano” divieto di qualsiasi ingerenza da parte dello stato (comunità israelitiche sent. 295/1990) carenza di giurisdizione del giudice italiano sulle norme statutarie in materia spirituale o disciplinareNB L’unico limite è costituito, secondo la corte cost. dal rispetto dei principi fondamentali della Repubblica (non ogni norma dell’ordinamento giuridico)

LA DISTINZIONE DEGLI ORDINI (art 7,1)“lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”ordine: complesso di materie sulle quali ognuno dei due soggetti esercita secondo le specifiche caratteristiche il potere sovrano di produrre una regolamentazione giuridica e di apprestare la garanzia dei correlati interessi umani. Eventuali norme religiose che disciplinano materie riservate allo Stato non avranno rilevanza e viceversa(riserva di legge-specificoreligioso).NB nonostante l’esplicito riferimento alla sola Chiesa cattolica l’art riguarda tutte le confessioni religiose in conformità col principio di uguaglianza

BILATERALITA’ PATTIZIAIl legislatore costituente ha previsto che eventuali rapporti tra lo stato e le confessioni siano disciplinati a mezzo di fonti bilateraliche costituiscono specifici strumenti di attuazione del pluralismoconfessionale. Nelle materie che non rientrano nella competenza esclusiva di stato/confessione, ma che presentano profili di comune interesse, i relativi enti esponenziali possono avviare trattative che danno vita ad accordi bilaterali trasferiti nel diritto interno di ognuna delle parti contraenti attraverso specifiche fonti di esecuzione (diritto di derivazione pattizia).

(art.7,2) “I rapporti tra Stato e la Chiesa cattolica sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.”

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modifiche bilaterali sono introdotte con legge ordinaria modifiche unilaterali possono essere introdotte solo con revisione costituzionale (fonti atipiche dotate di una particolareforza di resistenza alla modifica/abrogazione unilaterale)

(art.8,3) “I rapporti tra lo Stato e le confessioni diverse dalla cattolica sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” ogni modifica unilaterale del diritto pattizio è illegittima: vincolo di conformità tra legge(di approvazione) e intesa.Non esiste un obbligo per lo Stato di stipulare intese con le confessioni che ne facciano richiesta, tuttavia, una volta sottoscritta, l’intesa deve necessariamente trovare esecuzione nell’ordinamento interno. Le funzioni di condurre le trattative, di raggiungere l’intesa e di sottoscriverla spettano al Presidentedel Consiglio, salvo che l’accordo non rientri nella sfera di competenza di un ministro. Da parte delle confessioni competenti atrattare sono le relative rappresentanze individuate sulla base dinorme confessionali, purchè dotate della capacità di agire.

Capitolo 4 – LA LIBERTA’ DI RELIGIONE (art.19)“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.”- ha come destinatari “tutti” gli individui che siano sul territorio statale- forma individuale/associata- propagandaIn passato vi erano forti disuguaglianze: la propaganda cattolica era ampliamente tutelata, mentre quella delle confessioni di minoranza era in vario modo limitata, ed anche con l’entrata in vigore della costituzione le differenze si sono attenuate ma non annullate. Oggi il problema è quello di assicurare uguale libertà in materia di propaganda e proselitismo religioso, in quanto le differenze in termini di importanza sociale ed economica tra le confessioni incidono sulla capacità di trasmettere il messaggio religioso.- esercizio del culto in privato/in pubblicoI profili problematici attengono i profili strumentali all’esercizio pubblico del culto (es. individuazione delle aree diriunione) e l’esercizio del diritto di riunione (art 17). In passato le minoranze erano soggette a forti limitazioni, a differenza della chiesa. Ma con l’entrata in vigore della

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costituzione, le pronunce della corte cost. hanno assicurato alle minoranze religiose la libertà di aprire edifici di culto e di riunirsi.In base art. 17 l’unica forma di controllo si esercita sulle riunioni in luogo pubblico, per le quali è necessario un preavvisonei cfr delle autorità, che possono vietarle solo per motivi di sicurezza/incolumità pubblica

Limite buon costume (divieto di violazione del pudore sessuale, della dignità sessuale e del sentimento morale dei giovani). Il concetto è elastico ma sufficientemente determinato, si fonda non sull’osservanza di una certa morale, ma di un complesso di leggi. Il controllo è successivo, non è prevista alcuna forma di repressione o prevenzione(art.3)La tutela si rafforza ulteriormente se messa in relazione al principio di uguaglianza formale e sostanziale: libertà negativa (libertà da ingerenza dello stato) e libertà positiva (libertà di realizzare le condizioni e di utilizzare gli strumentinecessari al suo effettivo esercizio).(art.2)La libertà religiosa è un diritto fondamentale e inviolabile della persona, pertanto è considerato indisponibile(non oggetto di rinunce/transazioni,intrasmissibile eimprescrittibile).Diffusa in dottrina la qualificazione della libertà religiosa comediritto pubblico soggettivo che può essere azionato nei confronti dello stato. Tuttavia, stando alla giurisprudenza costituzionale consolidata, va considerato come diritto soggettivo perfetto in quanto esperibile erga omnes.

LIBERTA’ DELLE CONVINZIONI NEGATIVENonostante ciò non sia esplicito, bisogna ritenere che l’art 19 tuteli anche i soggetti che decidano di non professare alcuna religione: la Corte Cost. in una sentenza degli anni’70 ha affermato che l’art. 19 tuteli non solo la libertà positiva (professare una religione) ma anche quella negativa (ateismo). art.9 CEDU in modo esplicito riconosce la libertà negativa di non aderire a una religione e il diritto di non dichiarare le proprie convinzioni in materia di fede.Tuttavia nel nostro ordinamento è previsto l’onere di rendere dichiarazioni che possono rivelare il credo del dichiarante anche se in via indiretta e in modo non necessariamente univoco (cfr.scelta ottoxmille). In ogni caso, l’appartenenza

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confessionale e tutti i comportamenti individuali che sono espressione diretta del sentire religioso sono formalmente protetti nel nostro ordinamento dal generale principio di riservatezza, e tutti i dati relativi appartengono alla categoriadei dati sensibili(assistiti da particolari garanzie quanto al loro trattamento).

Art. 19 attribuisce facoltà espresse:- facoltà di professare la fede religiosaMa anche facoltà implicite :- facoltà di professare l’ateismo- facoltà di mutare la propria appartenenza confessionale senza alcuna conseguenza di legge appartenenza e permanenza in una confessione religiosa devono essere frutto di una libera scelta

LA LIBERTA’ DEI FEDELI ALL’INTERNO DELLA CONFESSIONEL’ordinamento statuale non può sindacare un provvedimento in materia spirituale o disciplinare (es. espulsione), a motivo dell’indipendenza garantita alle confessioni. I fedeli possono farvalere i propri diritti solo davanti alle rispettive autorità confessionali, tenute comunque al rispetto dei diritti inviolabilidella persona (art. 2) risarcimento, non nulli dell’atto.

Capitolo 5 – GLI ENTI ECCLESIASTICI E IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONI (ART.20)“Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività” garantisce a singoli e a confessioni religiose la possibilità dicostituire enti vieta al legislatore di discriminarli rispetto agli altri di diritto comune e tra loro all’interno della categoria. Tuttavia sele norme ad essi relative sono più favorevoli per l’intera categoria sono legittime. destinatari della sua tutela sono le associazioni e le istituzioni aventi carattere ecclesiastico e fine di religione o culto, quindi anche le aggregazioni non istituzionalizzate.

L’AMMINISTRAZIONE DEGLI ENTI ECCLESIASTICILa garanzia costituzionale rileva anche sotto il profilo amministrativo:

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1997: abrogate con efficacia retroattiva le norme che prescrivevano un’autorizzazione governativa per acquistare e alienare immobili da partedi persone giuridiche,associazioni e fondazioni quindi anche degli enti ecclesiasticiAccordo 1984: cessa il controllo governativo sugli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione per gli enti della Chiesa cattolica che ricevevano il supplemento di congrua dallo Stato (diocesi e parrocchie): la gestione degli enti collegati alle confessioni religiose si svolge sotto il diretto controllo dei competenti organi delle stesse senza ingerenza dello stato. DISCRIMINAZIONE: la legge sui culti ammessi prevede la soggezione degli istituti dei culti diversi dalla religione cattolica alla vigilanza e alla tutela governativa (possibilità di ordinare visite e ispezioni, nomina di commissari governativi…). La Corte cost. non ha mai potuto pronunciarsi a riguardo, tuttavia è paleseil contrasto con l’art.20 e art 3.

LA CAPACITA’ CONTRIBUTIVAart.53: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività irrilevanza dei fini perseguiti o della qualificazione soggettiva dell’ente la norma consente allo stato di introdurre sgravi fiscali a favore delle associazioni e istituzioni religiose limitatamente alle attività concernenti la finalità di religione e di culto in considerazione del valore sociale e spirituale delle stesse ma vieta di gravare gli enti con oneri fiscali discriminatori

GLI ENTI ECCLESIASTICI DI DIRITTO COMUNEIl divieto di discriminazione degli enti religiosi garantisce il riconoscimento della personalità giuridica in forza delle norme didiritto comune agli enti delle confessioni privi dei requisiti perottenere il riconoscimento ai sensi della legislazione di derivazione pattizia. Gli enti che non hanno le caratteristiche per essere riconosciuti dalle norme patrizie sono tutelati dal diritto comune e hanno la possibilità di agire all’interno dell’ordinamento italiano come enti non riconosciuti.

Capitolo 7 – LE OBIEZIONI DI COSCIENZA

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PROFILI TEORICI E AREE APPLICATIVElibertà di coscienza libertà di professare qualsiasi fede religiosa/opinione senza subire impedimenti dall’autorità politicao ecclesiastica. tale libertà ha valenza positiva e negativa, in quanto implica anche il diritto dell’individuo di non essere obbligato a dichiarare la propria appartenenza confessionale o le proprie convinzioni.obiezione di coscienza è uno dei modi per manifestare la libertàdi coscienza, consiste nel diritto di comportarsi secondo i propriconvincimenti interiori.Talvolta può verificarsi un conflitto tra quanto imposto dall’ordinamento giuridico e la coscienza individuale: quando è lostesso legislatore a permettere di scegliere tra i vari comportamenti quello più aderente ai propri convincimenti si parladi opzione di coscienza.

norme internazionali e comunitarie: garantiscono espressamente la libertà di coscienza e il diritto all’obiezione (es. art.9 CEDU, Carta di Nizza) norme costituzionali: tali principi sono affermati implicitamente e si ricavano dalla lettura sistematica degli artt.2-3-19-21,1. Tuttavia la protezione dei diritti della coscienza non può essere illimitata: spetta al legislatore trovare un compromesso tra libertà di coscienza e obblighi dell’ordinamento.

Oggi sono 4 le ipotesi di obiezione di coscienza individuate e disciplinate dal legislatore: al servizio militare, all’interruzione di gravidanza, alla sperimentazione animale e alla procreazione assistita.

L’obiezione di coscienza al servizio militare è stato il primo caso in Italia. Dopo un’evoluzione legislativa molto lunga iniziata nel 1972, nel 2001 il legislatore ha sospeso(non soppresso) l’obbligatorietà del servizio di leva e ha successivamente introdotto la facoltà di rinuncia allo status di obiettore, riconoscendo al contempo la possibilità di presentare domanda di obiettore di coscienza anche a chi detiene armi inoffensive o non dotate di significativa capacità offensiva.

L’annosa questione del giuramento dei testimoni nel processo civile e penale è stata parzialmente risolta in via legislativa e

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per altra parte attraverso l’intervento della Corte cost.:dalla formula che conteneva il giuramento si è passati ad una neutra dichiarazione di impegno che interessa la coscienza del singolo e la sua personale responsabilità. Altre obiezioni sono invece considerate illegittime (es. obiezione fiscale alle spese militari).Per quanto riguarda i rapporti di diritto privato è illegittimo ilrifiuto del lavoratore di eseguire prestazioni cui era obbligato per contratto, adducendone la contrarietà alle convinzioni morali.

I TRATTAMENTI SANITARI VOLONTARI e OBBLIGATORIIl settore sanitario è quello in cui si riscontrano i maggiori conflitti tra coscienza e legge. - PMA, MGF e interruzione volontaria della gravidanza:oggetto di disciplina organica- trattamenti sanitari: manca una disciplina unitaria, pertanto lagiurisprudenza ha individuato dei principi portanti x regolare la materiasi distinguono in: volontari – principio cardine è diritto di autodeterminazione delpaziente, la principale facoltà che da esso deriva è l’espressionedel libero consenso (o dissenso) informato alle cure da parte dell’interessato (o da suo tutore). Sul medico in questo caso incombe un vero e proprio dovere giuridico di rappresentare al paziente un’analitica, puntuale ed esaustiva informazione della natura dell’intervento medico, della sua portata e dei suoi rischi. Questa conoscenza consente all’interessato di effettuare un personale bilanciamento rischi-benefici e lo induce a compiere una scelta terapeutica libera e consapevole. Nella libertà di coscienza terapeutica sono compresenti due profili: - positivo: si estrinseca nel compimento da parte del titolare di una determinata scelta- negativo:opposizione a che altri interferiscano nelle proprie decisioni o le assumano in propria vece.

Quadro normativo di riferimento per l’obbligo di ricevere consensoinformato:- artt. 2,13,32 Cost. - a livello internazionale Convenzione di Oviedo, che non è ancora stata attuata nel nostro ordinamento, a ciò hanno però supplito varie sentenze della giurisprudenza di Cassazione (casi Welby ed

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Englaro). Le citate sentenze hanno riaffermato il principio generale della libertà di cura del paziente precisando che essa vaintesa anche quale diritto assoluto di non curarsi, hanno esteso il riconoscimento della libertà di coscienza alle terapie salvavita anche nel caso di persona in stato vegetativo permanente, sottolineando la distinzione di questa fattispecie da quelle affini ma non coincidenti di eutanasia in senso proprio, del suicidio assistito o dell’omicidio del consenziente.

Al rifiuto di un trattamento sanitario possono essere sottese anche motivazioni di carattere religioso. Il rifiuto deve risultare da una dichiarazione articolata, puntuale ed espressa oppure proveniente da un rappresentante ad acta. (cfr. trasfusionidi sangue ai testimoni di geova – nb: il dissenso manifestato da questi attraverso un cartellino con la dicitura no sangue è stato ritenuto insufficiente e palesemente inidoneo per soddisfare i requisiti del rifiuto alla trasfusione).

DAT(dichiarazioni anticipate di trattamento): documento redatto “ora per allora” che contiene disposizioni del paziente relativamente si trattamenti sanitari a cui accetta o meno di sottoporsi qualora versasse in stato di incoscienza.In Italia non esiste ancora una disciplina giuridica a riguardo(siinserirebbe nell’ambito dell’amministrazione di sostegno), tuttavia i maggiori problemi riguardano la libera revocabilità e la non attualità della volontà espressa dal soggetto. L’unica disposizione in materia è l’art. 9 della Convenzione di Oviedo, che sostiene che debbano essere tenuti in considerazione.

Obbligatori – costituiscono una deroga al principio di autodeterminazione terapeutica, possibile solo a due condizioni (art.32): - diretti alla tutela della salute del singolo da sottoporre al trattamento e a quella della collettività- non violare il limite del rispetto della dignità umana. (cfr. legge sulle vaccinazioni obbligatorie x i minori – i genitori che si oppongono incorrono in sanzioni pecuniarie. La condotta omissiva dei genitori deve essere supportata da dati che documentino che nel caso concreto la vaccinazione potrebbe essere pericolosa. Spetta al Trib. dei Minori stabilire se l’omissione sia pregiudizievole per il minore oppure l’esonero dall’obbligo e la sospensione dalla sanzione amministrativa –).

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TRATTAMENTI SANITARI E OBIEZIONI DI COSCIENZA CODIFICATEmodalità di esercizio: - dichiarazione preventiva al mendico provinciale (medici) - al direttore sanitario (personale sanitario infermieri, levatrici..)effetto: esonerare l’obiettore dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare per es. l’interruzione di gravidanza o la procreazionemedicalmente assistita ma non dall’assistenza antecedente e successiva. L’obiezione può sempre essere revocata.

Ha dato luogo a una questione di legittimità costituzionale il mancato riconoscimento del diritto di obiezione al giudice tutelare la cui autorizzazione è richiesta per procedere all’intervento abortivo di una minorenne nei primi 90 giorni di gestazione quando sussistano seri motivi che impediscano la consultazione di coloro che esercitano la potestà genitoriale. Il conflitto dev’essere risolto privilegiando l’esercizio della funzione giurisdizionale in considerazione della doverosità dell’adempimento del munus pubblico sancita dall’art.54 cost. Infine la commercializzazione della cd. pillola del giorno dopo (Norlevo) nel 2000, ha sollevato la questione relativa alla possibilità per il medico o il farmacista di compiere obiezione dicoscienza. Si è però ritenuto che non ci si trovi di fronte ad un farmaco abortivo bensì contraccettivo di emergenza in quanto agisce in una fase anteriore impedendo l’impianto dell’ovulo o bloccando l’ovulazione.

L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE PUBBLICHE - cap.9L’insegnamento della religione nella scuola pubblica (IRC) risentedel mutare nel corso degli anni del modo di intendere i rapporti tra società civile e società religiosa. Si è passati, nel XIX sec,dal prevedere l’obbligatorietà della materia salvo dispensa, ad unsistema che invece richiedeva un’esplicita domanda di partecipazione all’insegnamento da parte dei genitori, poi, nei primi anni del XX sec, con la riforma Gentile, il ritorno all’IRC obbligatoria salvo esenzione, limitatamente alla scuola primaria. Con il concordato del ’29 si estese alla scuola media l’obbligo e i genitori potevano ottenere la dispensa e questa disciplina non èstata modificata dopo l’entrata in vigore della Costituzione. L’art.9 dell’accordo del 1984 ha reiterato l’impegno dello Stato

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di assicurare l’IRC nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado.La norma garantisce il diritto di scegliere se avvalersi o no dell’insegnamento in parola: la scelta è espressa all’atto dell’iscrizione dai genitori degli alunni, mentre spetta in prima persona agli studenti della scuola secondaria di secondo grado.La scelta non può dar luogo ad alcun tipo di discriminazione.L’ insegnamento deve essere conforme alla dottrina della Chiesa (valutazione riservata in via esclusiva alla Cei), e deve essere svolto con un’esposizione del patrimonio dogmatico senza assumere i caratteri del proselitismo o della catechesi confessionale; i libri di testo (tra i quali non rientra la Bibbia in senso stretto) devono essere provvisti del nulla osta della Cei. I problemi posti dalla disciplina di derivazione pattiziaRendere effettivo il diritto di non avvalersi dell’IRC comporta lanecessità di preservare gli altri insegnamenti da forme di religiosità latente o diffusa, garantendo la laicità dell’insegnamento pubblico. Al contempo occorre che l’IRC non sia impartito secondo orari che abbiano effetti discriminanti per gli alunni che non se ne avvalgono. Al fine di garantire un monte ore uguale per tutti gli alunni erano stati introdotti obblighi didattici alternativi per i non avvalentesi, ritenuti però discriminatori dalla giurisprudenza e lesivi di un diritto assoluto di libertà. Oggi i non avvalentesi possono scegliere tra frequentare attività didattiche alternative, studiare individualmente o con assistenza di personale docente, ovvero di non fare alcunché, potendo anche allontanarsi dall’edificio scolastico (previa apposita autorizzazione dei genitori). La curricularità dell’insegnamentoTESI 1) L’IRC è una materia curricolare, perchè il programma di insegnamento è stabilito con decreto del PdR , su proposta del Ministro dell’Istruzione previa intesa con la Cei. I docenti devono pertanto attenersi ai programmi e agli obiettivi di insegnamento così specificatamente prefissati, al contrario di quanto accade per gli insegnamenti non curriculari. L’IRC può dunque definirsi un insegnamento soggettivamente obbligatorio per chi se ne avvaleTESI 2) non è materia curriculare perché il giudizio è espresso suun foglio separato dalla pagella. Gli insegnanti di religioneL’IRC nelle scuole può essere affidato solo a chi sia in possesso di una certificazione di idoneità rilasciata dell’ordinario

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diocesano che attesti che il soggetto è “eccellente per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica”. La certificazione ha effetto permanente, salva la possibilità di revoca.L’idoneità è un requisito necessario per l’insegnamento: problema del contrasto con la regola dell’assoluta irrilevanza delle credenze religiose nel rapporto di pubblico impiego. Analoghe considerazioni possono farsi in merito alla revoca: comporta la cessazione automatica dell’incarico, e quindi la decadenza del rapporto di pubblico impiego, senza che vi sia necessità da parte dell’autorità ecclesiastica di fornire una motivazione e senza che l’eventuale motivazione possa essere censurata dal giudice statuale. l’efficacia automatica del provvedimento contrasta con il principio supremo che riconosce il diritto alla tutela giurisdizionale: la Corte di cass. ha prospettato uno spazio di tutelabilità della posizione del docente solo in presenza di condotte che ledano valori e principi costituzionali . Accesso all’insegnamentoPrima del 2003: si accedeva all’incarico a seguito di nomina da parte dell’autorità scolastica di concerto con l’ordinario diocesano. L’insegnamento era affidato per “incarichi annuali” chesi intendevano automaticamente confermati alla scadenza di ciascunanno, senza alcun inserimento dei docenti nell’organico: il contratto era a tempo determinato, e lo stato di precarietà era giustificato dalla peculiarità della materia insegnata. l.n.186/2003: ha istituito due distinti ruoli regionali del personale docente, ciascuno articolato per ambiti territoriali corrispondenti alla diocesi: un ruolo è riservato ai docenti dellascuola dell’infanzia e primaria e l’altro quelli della scuola secondaria. Per l’accesso si richiede il superamento di specifici concorsi a base regionale e il possesso del certificato di idoneità.Il dirigente regionale, d’intesa con l’ordinario diocesano dispongono l’assunzione a tempo indeterminato.L’insegnamento religioso e le confessioni diverse dalla cattolica La tutela accordata alle confessioni diverse dalla cattolica è assai ridotta: tuttavia quando il numero degli scolari lo giustifichi e quando non possa esservi adibito il tempio, i padri di famiglia professanti un culto diverso possono ottenere che sia messo a disposizione qualche locale scolastico per l’insegnamento religioso dei loro figli. In caso di diniego la decisione è

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rimessa al Ministero dell’istruzione e a quello dell’interno. Le confessioni munite di intesa hanno ottenuto dallo Stato di potere rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie, o dagli organi scolastici, in ordine allo studio della religione, senza oneri finanziari aggiuntivi perle amministrazioni scolastiche interessate.

LA FAMIGLIA - cap.11La libertà religiosa nei rapporti tra i coniugi 1975 riforma del diritto di famiglia: l’uguaglianza giuridica tra i coniugi. Cost.: godono in condizione di parità del diritto di libertà religiosaCEDU: godono dell’uguaglianza di diritti e di responsabilità di carattere civile tra di essi e nelle loro relazioni con i loro figli riguardo al matrimonio, durante il matrimonio ed in caso di scioglimento. Ciascun coniuge ha il diritto di professare liberamente la propria religione, di professarsi ateo o agnostico, di mutare in ogni momento il proprio orientamento e di influire sull’altro coniuge, sempre nel rispetto della personalità di quest’ultimo e dell’unità familiare. Ne consegue che qualsiasi accordo diretto a limitare la libertà di un coniuge sarebbe illecito e quindi nullo. La scelta religiosa o il mutamento di fede non possono essere oggetto di apprezzamento da parte del giudice né motivo di addebito della separazione. La libertà religiosa nei rapporti tra genitori e figliart.30 Cost: “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. I genitori hanno il diritto-dovere, da esercitarsi su un piano di parità, di impartire ai figli l’educazione religiosa che ritengonopiù opportuna, sia di segno positivo che negativo. Hanno l’obbligodi tenere conto delle inclinazioni e delle aspirazioni dei figli, tenendo presente che il figlio già prima della maggior età acquisisce una parziale facoltà di esercizio della sua libertà religiosa, variabile da soggetto a soggetto.In caso di grave disaccordo in materia di educazione religiosa, ciascuno dei genitori potrà adire al Tribunale dei minori che, sentiti i genitori ed il figlio suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto non si risolve, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene più idoneo a curare l’interesse del figlio.

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In merito all’affidamento del figlio in caso di separazione o divorzio la decisione non deve essere influenzata dalla professione religiosa dei coniugi

IL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI AI MINISTRI DEL CULTO - cap.12Il matrimonio “concordatario” nei Patti LateranensiIn Italia diverse sono le forme di celebrazione del matrimonio idonee a costruire la famiglia legittima. Ogni individuo gode del diritto di libertà matrimoniale, cioè di contrarre (o non contrarre) matrimonio e di scegliere una delle forme di celebrazione previste dall’ordinamento.

Il c.c. del 1865 prevedeva il matrimonio civile come il solo valido, il matrimonio religioso costituiva per l’ordinamento un atto lecito ma giuridicamente irrilevante. Il Concordato del 1929 e la l.n.1159/1929 sui culti ammessi segnarono la fine di questo sistema unitario, ed alla regola dellaobbligatorietà del matrimonio civile si sostituì quella della pluralità delle forme di celebrazione offerte alla libera scelta dei nubenti, cui conseguono medesimi effetti civili. l.n.1159/1929 sui culti ammessi: il matrimonio celebrato davanti aministri dei culti ammessi nello Stato, in presenza di certi requisiti, ha gli stessi effetti di quello civile. Art. 34 Concordato: nasce il cosiddetto “matrimonio concordatario”detto anche “matrimonio canonico trascritto”. Il matrimonio celebrato secondo le regole del d. canonico produceva dal giorno della celebrazione gli stessi effetti di quello civile dopo che fosse stato trascritto nei registri dello stato civile per impulsodel parroco, senza cioè che le parti dovessero intervenire. Lo Stato rinuncia alla sua giurisdizione sulle cause di nullità matrimoniale in favore dei tribunali ecclesiastici: il matrimonio valido per la Chiesa lo è anche per lo Stato, ed il matrimonio nullo o sciolto per la prima è nullo o sciolto anche per il secondo (uniformità degli status matrimoniali).

L’evoluzione del sistema sino all’Accordo del 1984 L’entrata in vigore della Cost. in un primo momento non produce alcuna conseguenza sul sistema ora delineato. La prima vera incrinatura si ebbe con la legge sul divorzio (l.n.898/1970) che consente:- lo scioglimento dei matrimoni civili - la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato con

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rito religioso e regolarmente trascritto con sentenza del giudice civile. Per l’ordinamento canonico il vincolo resta fermo. La Corte cost (sent 169/1971, 176/1973)ha stabilito che nessun impegno concordatario fosse stato assunto sulla indissolubilità del matrimonio, e che fosse stata accordata alla chiesa solo la riserva di giurisdizione sulla validità dell’atto matrimoniale secondo le norme del diritto canonico, ma non quella sul rapporto matrimoniale. Sempre la Corte ( sent 32/1971) ha affermato che la scelta degli sposi è un atto giuridicamente rilevante per l’ordinamento statuale, che lo disciplina quale autonomo negozio che ricade nella giurisdizione dello Stato: il negozio è nullo anche per casiulteriori rispetto a quelli previsti dal diritto canonico.La volontà dei contraenti L’art.8 dell’Accordo del 1984: disciplina del riconoscimento deglieffetti civili ai matrimoni canonici. Essi sono riconosciuti quando il matrimonio sia contratto secondo le norme del diritto canonico a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale e con il rispetto delle leggi civili in materia di età e di impedimenti inderogabili. La volontà degli sposi di conferire effetti civili al matrimonio canonico deve essere determinante, libera ed attuale. Detta volontà si presume quando gli sposi abbiano compiuto alcuni atti e comportamenti concludenti (es. pubblicazioni), indice univoco della comune volontà che il matrimonio sia efficace nell’ordinamento giuridico statale. La pubblicazioneE’ il primo degli adempimenti che fanno presupporre la volontà di attribuire effetti civili all’unione: - richiesta: deve essere fatta da ambedue gli sposi e dal parroco. Resta affissa nella casacomunale per almeno 8 giorni, perde efficacia se il matrimonio no si celebra entro 180giorni. Trascorsi tre giorni dalla pubblicazione l’ufficiale di stato civile, ove non gli sia stata notificata alcuna opposizione e non constati impedimenti alla celebrazione, rilascia un nulla osta alla celebrazione di un matrimonio canonico valido agli effetti civili. Il nulla osta garantisce ai nubenti che dopo la celebrazione la trascrizione avrà certamente luogo.NB l’ufficiale che abbia conoscenza di un impedimento preclusivo della trascrizione dopo aver rilasciato il nulla osta deve comunque procedere alla trascrizione: ha però l’obbligo di

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informare il procuratore della Repubblica territorialmente competente e per l’eventuale impugnazione. Le opposizioni al matrimonio L’atto di opposizione al matrimonio deve essere proposto con ricorso al presidente del tribunale del luogo dove è stata eseguita la pubblicazione. Entro 3-10 giorni dal ricorso le parti saranno chiamate a comparire dinanzi al tribunale che, sentite le parti, decide con decreto motivato avente efficacia immediata. Nonè previsto un termine, l’opposizione può essere presentata anche se è trascorso il termine dell’affissione della pubblicazione. Legittimati:-i genitori e in mancanza di loro gli ascendenti ed i collaterali entro il terzo grado-tutore o curatore-coniuge della persona che vuole contrarre matrimonio-parenti del precedente marito se il precedente matrimonio fu sciolto mentre se decretato nullo, colui col quale il matrimonio era stato contratto e i parenti di questo -il PM se è a conoscenza di un impedimento o x infermità di mente di uno degli sposiIn caso di opposizione l’ufficiale deve sospendere il rilascio delnulla osta oppure, se si è già celebrato il rito religioso, deve sospendere il corso della trascrizione, in attesa della pronuncia del giudice. Gli adempimenti e le funzioni del ministro di cultoIl parroco o un suo delegato, subito dopo la celebrazione:- enuncia ai contraenti gli effetti civili del matrimonio, riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi (art.143, 144, 147 c.c.)- redige l’atto di matrimonio in duplice originale, in esso potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile (es. al regime patrimoniale della famiglia, eventuale riconoscimento di figli naturali) Il ministro assume il compito di pubblico ufficiale che certifica l’atto pubblico del matrimonio.Nel caso di mancata lettura degli articoli ma di corretta procedura di pubblicazione e redazione dell’atto, il matrimonio è comunque valido.La trascrizione tempestiva La trascrizione si dice tempestiva quando il parroco del luogo, entro 5 giorni dalla celebrazione, trasmette all’ufficiale di stato civile il secondo originale dell’atto di matrimonio

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richiedendone per iscritto la trascrizione. L’atto di matrimonio non trasmesso dal parroco può essere sostituito da una sentenza ditribunale che, accertata la valida celebrazione di un matrimonio canonico destinato a conseguire efficacia civile, consentirà di procedere alla trascrizione del matrimonio.Entro 24 ore dal ricevimento della richiesta l’ufficiale di stato civile deve eseguire la trascrizione, dandone notizia al parroco entro le 24 ore successive. Il matrimonio trascritto assume efficacia civile ex tunc cioè dal momento della celebrazione.Gli impedimenti alla trascrizioneLa legge matrimoniale prevedeva solo tre casi di intrascrivibilità(tassativi):

- precedente vincolo civilmente valido di una delle parti con un terzo

- precedente vincolo civilmente valido tra le parti- interdizione per infermità di una delle parti con sentenza

passata in giudicatoNuove ipotesi di intrascrivibilità, introdotte poi nell’ordinamento civile:

- matrimonio contratto tra minori di anni 18 che non abbiano l’autorizzazione del tribunale (concessa per gravi motivi a chi abbia compiuto almeno 16 anni)- matrimonio contratto da interdetto per infermità di mente - matrimonio contratto nonostante l’esistenza di un vincolo tra le parti valido agli effetti civili - matrimonio contratto da persone una delle quali è stata condannata per omicidio consumato o tentato su coniuge dell’altro- matrimonio contratto da affini in linea retto- matrimonio contratto tra persone legate da vincoli di parentela, affinità in linea collaterale o retta, adozione e affiliazione

Le forme speciali di celebrazioneNon può essere trascritto il matrimonio canonico celebrato in una delle forme speciali previste dal diritto della Chiesa ma non contemplate dall’Accordo dell’84:- matrimonio segreto, celebrato di fronte al ministro di culto e ai due testimoni. - matrimonio celebrato avanti ai soli testimoni: il ministro di culto ha infatti inderogabili compiti di certificazioneIl matrimonio contratto al di fuori del territorio nazionale

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Il carattere essenziale del collegamento tra parroci ed ufficiali dello stato civile fa ritenere che le autorità diplomatiche italiane (sebbene abbiano la facoltà di celebrare i matrimonio civile tra cittadini italiani all’estero), non possano sostituirsial parroco per trasmettere all’ufficiale gli atti al fine di trascrizione: mancherebbe il presupposto del collegamento territoriale che caratterizza il nesso funzionale tra parrocchia ecomune. Il matrimonio canonico celebrato da cittadini italiani all’estero , laddove la legge del luogo attribuisca effetti civiliai matrimoni celebrati in forma religiosa è invece efficace anche per l’ordinamento italiano, se sussistono i requisiti sullo stato e la capacità previsti dal nostro ordinamento. L’efficacia non è però riconducibile alla disciplina concordataria: si tratta di matrimonio civile celebrato all’estero. Per quanto riguarda lo straniero che voglia sposarsi in Italia, egli deve presentare all’ufficiale di stato civile una dichiarazione del proprio Paese dell’autorità competente, dal quale risulti che nulla osta al matrimonio. Tuttavia è ritenuto contrario all’ordine interno vincolare le parti alla presentazionedi tale nulla osta quando esso non sia rilasciato per motivi discriminatori o con effetti limitativi della libertà religiosa. La trascrizione tardivaSi ha quando sia trascorso il termine di 5giorni dalla celebrazione per trasmettere il certificato di matrimonio all’ufficiale di stato civile chiedendone la trascrizione. Condizioni necessarie:- manifestazione di volontà degli sposi di ottenere la trascrizione

. entrambi o uno solo

. consenso espresso di entrambi o tacito (ma non presunto) di uno di loro- per tutto il periodo che intercorre tra la celebrazione e la richiesta di trascrizione tardiva, le parti devono avere conservato ininterrottamente lo stato libero. La richiesta di trascrizione dopo la morte di uno dei coniugiLa morte di uno dei coniugi impedisce il formarsi della volontà comune ed attuale degli effetti civili del matrimonio. - sono inefficaci le dichiarazioni rese al momento della celebrazione a favore di una futura trascrizione- La morte di uno dei due avvenuta dopo l’inoltro della domanda congiunta all’ufficiale, oppure dopo che l’ufficiale è stato

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informato della mancata opposizione del coniuge che ha avuto conoscenza della richiesta fatta dall’altro, non è ostativa al riconoscimento agli effetti civili del matrimonio. la trascrizione tardiva deve considerarsi inammissibile qualora all’ufficiale non sia fornita prova sicura della specifica volontàdel coniuge di ottenere la trascrizione. NB la dichiarazione contenuta negli atti di ultima volontà di acconsentire alla trascrizione del matrimonio dopo la morte è un atto unilaterale che esclude la sussistenza dei requisiti della conoscenza e della non opposizione. La tutela dei diritti legittimamente acquisiti da terziMalgrado l’efficacia retroattiva della trascrizione tardiva, questa non deve arrecare pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti da terzi. La ratio della norma risiede nel principio della certezza degli status e delle forme di pubblicità che li assistono ai fini della opponibilità ai terzi. Tra questi sono compresi gli eredi e il coniuge del defunto: i loro diritti non sono pregiudicati dalla trascrizione tardiva avvenuta dopo la morte del de cuius. IL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI AI MINISTRI DELLE CONFESSIONI DIVERSE DALLA CATTOLICA - cap.13Dopo l’abbandono del sistema del matrimonio civile obbligatorio, èstata prevista anche per gli appartenenti alle confessioni religiose di minoranza che il matrimonio celebrato davanti al ministro di culto producesse gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile. Diversamente dal matrimonio canonico, questo matrimonio è regolatodalle norme confessionali soltanto con riguardo al rito di celebrazione, mentre la disciplina sostanziale e processuale restaaffidata esclusivamente al diritto dello Stato ed alla sua giurisdizione. Si tratta quindi di un matrimonio civile la cui forma di celebrazione, ed essa soltanto, è delegata al rito delle confessioni di minoranza.NB questa disciplina non si applica alle confessioni che non hannostipulato intese con lo stato.

Il regime della legge sui culti ammessi- I matrimoni celebrati secondo i riti propri delle confessioni diverse dalla cattolica possono acquisire effetti civili solo se il ministro di culto è stato approvato dal Ministero dell’interno;in mancanza dell’approvazione il matrimonio è ritenuto nullo.

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- Le parti nel richiedere la pubblicazione all’ufficiale, devono dichiarare che intendono celebrare il rito davanti al ministro di un culto ammesso, e ottenere un’autorizzazione scritta che riportail nome del ministro e la data di approvazione della nomina. - In caso di opposizione, l’ufficiale ne deve dare immediata notizia al ministro autorizzato, e se il matrimonio è celebrato ugualmente ne sospende la trascrizione fino a che non sia definitoil procedimento di opposizione. - Nella celebrazione del matrimonio il ministro di culto agisce come pubblico ufficiale, e deve considerarsi un atto pubblico l’atto di matrimonio; non è prevista la trascrizione tardiva. (cause di nullità sono quelle previste per il matrimonio civile) Il regime delle intese – la tavola valdeseCon l’intesa stipulata il 21 febbraio 1984, le chiese rappresentate dalla Tavola valdese si sono sottratte all’ambito diapplicazione della legislazione sui culti ammessi. Lo stato riconosce ora gli effetti civili ai matrimoni celebratisecondo questo rito purchè l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previa pubblicazione alla casa comunale. la lettura degli artt. 143,144, 147 spetta all’ufficiale di statocivile: enfatizza la separazione tra cerimonia religiosa e rito civile. Per il resto la procedura è analoga a quella seguita per il matrimonio canonico trascritto. Anche se non è espressamente previsto si ritiene che gli sposi possano rilasciare le dichiarazioni ammesse dall’ordinamento civile riguardo st. patrimoniale e legittimazione dei figli naturali. A differenza di quanto previsto nella disciplina del 1929 sui culti ammessi non è prevista l’approvazione governativa per la nomina del ministro assistente, né la sua indicazione nominativa all’atto della richiesta della pubblicazione, né la specifica autorizzazione da parte dell’ufficiale di stato civile.

La disciplina concordata con la Tavola valdese è analoga alle discipline concordate con le altre confessioni di minoranza che hanno utilizzato lo strumento dell’intesa (Chiese Avventiste, Chiese Luterane, Chiese delle ADI, Chiese Battiste). L’unica differenza consiste nella necessità che i ministri di culto di queste altre confessioni debbano possedere la cittadinanza italiana (non prevista per i valdesi); in mancanza di questo requisito il matrimonio deve considerarsi nullo, in quanto il

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ministro sarebbe sprovvisto dei poteri pubblicistici di certificazione e notificazione, necessari per porre in essere gli atti che consentono il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio. La legge per la regolazione dei rapporti con l’Unione delle Comunità ebraiche italianeLa l.n.101/1989 (di approvazione dell’intesa con le comunità Israelitiche) riconosce gli effetti civili ai matrimoni celebrati secondo il rito ebraico davanti ai ministri di culto ebraici.≠ matrimonio valdese: - richiesta cittadinanza italiana del ministro celebrante

- spetta al ministro di culto dare lettura degli artt. 143-144-147

- possibilità espressa di rilasciare le dichiarazioni ammesse dalla legge E’ espressamente sancita, in applicazione dell’art.19 Cost., la facoltà di celebrare o sciogliere matrimoni senza alcun effetto o rilevanza civile.

LA GIURISDIZIONE SUL MATRIMONIO CANONICO TRASCRITTO - cap.14L’impugnazione della trascrizioneOggi il giudice civile si pronuncia in via esclusiva: sulla validità della trascrizione dell’atto di matrimonio sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio sul riconoscimento agli effetti civili delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale In via concorrente col giudice canonico sulla nullità del matrimonio stesso

L’impugnazione della trascrizione è possibile:- in presenza di uno dei casi di intrascrivibilità del matrimonio(pag.14)- in presenza di una delle cause di nullità L’azione è analoga a quella di nullità del matrimonio civile:- il giudizio d’impugnazione è promosso con atto di citazione e segue il rito ordinario- il giudice competente è quello del luogo in cui si trova il comune in cui l’atto è stato trascritto- l’eventuale sentenza di annullamento della trascrizione

comporta la cancellazione della stessa dai registri dello statocivile

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. Una particolare causa di invalidità della trascrizione è stata introdotta dalla Corte cost. (sent 32/1071) per il coniuge che provi di essere stato incapace di intendere e di volere al momentoin cui si è determinato a contrarre il matrimonio in forma concordataria. . La trascrizione è impugnabile anche se tardiva qualora nessuno dei coniugi abbia dato il proprio consenso o se uno di essi non abbia manifestato consenso tacito

L’efficacia civile delle sentenze ecclesiastiche nel ConcordatoIl concordato del 1929 prevedeva che le sentenze di nullità dei matrimoni canonici trascritti ed i provvedimenti di scioglimento del matrimonio rato e non consumato fossero competenza esclusiva dei tribunali ecclesiastici. Venivano poi resi esecutivi nell’ordinamento civile attraverso uno speciale procedimento (ufficioso e sostanzialmente automatico) di competenza della corted’appello.A partire dalla metà degli anni’70 la Corte di Cassazione stabilì che nel giudizio di delibazione si dovesse accertare la non contrarietà della sentenza ecclesiastica con l’ordine pubblico italiano (= regole fondamentali poste dalla Costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici in cui si articola l’ordinamento). La Corte Cost. (sent. 18/1982) dichiarò l’illegittimità costituzionale art.34 Conc. x contrasto con 2 pr. supremi:- diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti- tutela dell’ordine pubblico italianoL’art.8.2 dell’Accordo del 1984Recepisce le integrazioni della Corte Cost. (sent. 18/1982): le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici sono dichiarate efficaci nella Repubblica italiana su domanda di una/entrambe le parti quando la Corte di appello accerti: che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a giudicare la causa; che nel corso del processo ecclesiastico è stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio in modo non difforme ai principi dell’ordinamento che ricorrono altre condizioni richieste dalla legge per dichiarare l’efficacia delle sentenze straniere (ordine pubblico)I profili processuali del giudizio avanti alla Corte d’Appello Il processo di delibazione segue la prassi generale:

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- rito ordinario, delibazione richiesta da un coniuge con atto di citazione - rito camerale, delibazione richiesta da entrambi con ricorsoLa domanda viene sottoscritta da procuratore legalmente esercente a pena di nullità insanabile e proposta alla corte d’appello nel comune in cui è avvenuta la trascrizione. Possibile solo il ricorso in cassazione.

Provvedimenti economici provvisori- matrimoni annullati dal giudice canonico- annullamento della trascrizioneLa Corte d’Appello può stabilire provvedimenti economici provvisori per i coniugi il cui matrimonio sia dichiarato nullo, facendo riferimento alla disciplina del matrimonio putativo (dichiarato nullo, coniugi in buona fede – almeno uno-)entrambi comporta una corresponsione di somme periodiche di denaro per un massimo di 3 anni per il coniuge sena reddito adeguato e che non si è risposatouno il coniuge in mala fede corrisponde all’altro una congrua indennità

sospetti di illegittimità: l'applicazione della disciplina del matrimonio putativo ai matrimoni annullati dal giudice canonico sembrerebbe in contrasto con l'art.3 cost. La questione non è fondata divorzio ≠ nullità e non è necessario che la nullità canonica abbia stesso trattamento della cessazione degli effetti civili.83. La legge nr.218/1995 di riforma del sistema di diritto internazionale privatoHa abrogato gli artt.796-797 c.p.c. ed ha integralmente riformato il sistema di diritto internazionale privato: essa prevede che la sentenza straniera venga riconosciuta automaticamente in Italia se ricorrono determinate condizioni.Parte della dottrina ritiene che si applichi questa legge anche alle sentenze ecclesiastiche ma la corte ha risolto a favore dell'inapplicabilità della legge perchè:-le disposizioni della legge non pregiudicano gli accordi già in vigore, tra cui anche quello del 1984-la legge ordinaria non può modificare le norme pattizie (art.7)La pendenza del giudizio civile di nullità e la delibazione della sentenza ecclesiasticaLa sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale non può essere

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delibata se è pendente un procedimento presso il giudice italiano con stesso oggetto (validità del matrimonio) e stesse parti proposto prima che la sentenza sia divenuta esecutiva secondo il diritto canonico.La cessazione degli effetti civili e la delibazione della sentenzaecclesiasticaLa sentenza della corte d'appello che rende esecutiva la sentenza ecclesiastica di nullità travolge ogni controversia che presupponga la validità del vincolo (no azione di divorzio successiva).NB La pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio tuttavia contiene l’accertamento incidentale su validità vincolo: un’eventuale sentenza ecclesiastica di nullità successiva non travolge la sentenza di divorzio nè gli effetti chene discendono (es. corresponsione assegno di divorzio).La riserva di giurisdizione ecclesiasticaIl concordato prevedeva che le cause di nullità del matrimonio fossero di competenza esclusiva dei tribunali ecclesiastici: lo stato rinunciava espressamente alla propria giurisdizione. Nell’Accordo 1984 non compare più espressamente la riserva di giurisdizione: in base all’art.13 Accordo le norme del Concordato non espressamente riprodotte devono ritenersi abrogate. Nonostantequesta disposizione, che dovrebbe far propendere per una abrogazione della riserva, dottrina e giurisprudenza hanno elaborato tesi contrapposte:

tesi della sopravvenienza della riservaSi fonda su 3 appigli testuali ricavati nell'accordo 1984:- divieto di riesame nel merito delle sentenze di nullità matrimoniale sottoposte a delibazione giustificato dalla carenzadi giurisdizione del giudice civile su matrimonio concordatario- il giudice ecclesiastico è il giudice competente a conoscere la causa l'unico ad avere questa facoltà- il vincolo matrimoniale nasce nell’ordinamento canonico e la giurisdizione sulla nullità dello stesso deve necessariamente essere riservata ai tribunali ecclesiastici

concorso delle due giurisdizioni: eventuali conflitti tra i due ordini si risolvono col criterio della prevenzione, che dà prevalenza al giudizio che abbia avuto inizio per primo.

tesi dell'abrogazione della riservaPoiché l’art 13 dell’Accordo 1984 abroga le norme in esso non incluse, abroga anche l’art 34, l’unico in cui la riserva di

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giurisdizione era contenutaContro-prova: previsione chela delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità è subordinata al rispetto di altre condizioni richieste dalla legislazione italiana

doppio vincolo (uno civile ed uno religioso), ognuno dei quali destinato ad esaurire la propria vicenda all’interno dei rispettivi ordinamenti netta separazione delle due giurisdizioniciascuna indipendente dall’altra nel proprio ordine.La decisione del giudice ecclesiastico può eventualmente essere delibata, altrimenti rimane irrilevante per l'ordinamento italiano.

GLI ENTI ECCLESIASTICI - cap.15 Il riconoscimentoNell'ordinamento italiano le confessioni non hanno personalità giuridica di diritto privato mentre ce l'hanno le articolazioni attraverso le quali si strutturano ed agiscono.Esiste quindi un nesso strumentale tra la effettiva libertà delle istituzioni ecclesiastiche e il possibile riconoscimento per gli enti ecclesiastici (o enti confessionali).Il riconoscimento civile come ente ecclesiastico può essere conseguito in diversi modi:- per antico possesso di stato: allorchè l’ente è riconosciuto da tempo immemorabile (prima del 7giugno1929). Es. Santa Sede o tavola valdese Il ministro dell'interno rilascia attestato per iscrizione nel registro delle persone giuridiche, le controversie sono competenzedel giudice amministrativo. - per legge: quando si tratti di enti che per il loro ruolo e la loro importanza rendono superfluo l’ordinario procedimento amministrativo es. conferenza episcopale italiana - per decreto ministeriale con procedimento abbreviato nel caso dialcuni enti appartenenti alla Chiesa cattolica e degli enti valdesi/metodisti; sia con procedimento ordinario disciplinato pergli enti di confessioni diverse .- in forza di trattati internazionaliLa proceduraenti della Chiesa cattolica: il riconoscimento civile è conferito con decreto del Ministro dell'interno, previa istruttoria, udito eventualmente il Consiglio di Stato, a seguito assumono la qualificazione di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto

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(e.e.c.r.). confessioni con intesa: decreto del Ministro dell'internoNB per le intese in cui non è prevista la qualifica di e.e.c.r. siha qualifica di ente confessionale.confessioni prive d'intesa: qualifica di ente morale con dpr su proposta del ministro dell'interno e supervisione del consiglio dei ministriI requisitiRrequisiti generali:-sede in italia-collegamento organico dell'ente con la confessione, deve cioè essere approvato dalla competente autorità confessionale -fine di religione o di culto come fine essenziale e costitutivo,ma non necessariamente esclusivo

Quest’ ultimo accertamento è fatto alla nascita di ogni nuovo entetranne il caso in cui è presunto, come per enti che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa (es. diocesi, parrocchie). La legge orienta specificando che sono attività di religione e culto quelle dirette a esercizio del culto o cura delle anime, a scopi missionari, a catechesi e attività diverse quelle di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione, cultura e a scopodi lucro.

Gli enti possono svolgere attività commerciali, ma con finalità strumentali e compatibili rispetto a quelle istituzionali dell'ente. Quando l’ente svolge una pluralità di fini, la P.A. ne fa una valutazione sulla base del criterio della prevalenza, tenendo conto delle attività effettivamente svolte.

Si ritiene che gli enti confessionali in possesso dei requisiti necessari dispongano di un vero e proprio diritto al riconoscimento, senza che la PA possa esercitare in merito un potere discrezionale.

Ulteriori requisiti specifici:-carattere non locale delle società-garanzie di stabilità-apertura al culto pubblico-mancanza di annessione ad altro ente riconosciuto-congruità dei mezzi per la manutenzione e officiatura per le

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chiese aperte al culto pubblico-sufficienza dei mezzi

La disciplina degli enti riconosciuti ha carattere di specialità rispetto al codice civile in materia di persone giuridiche, non sipuò richiedere:- costituzione x atto pubblico- possesso di statuto- conformità statuto a prescrizioni previste per le persone giuridiche private

Natura dell'enteL’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto non ha carattere di ente pubblico. NB la Corte Cass. ha stabilito che anche ai dipendenti degli enti ecclesiastici ospedalieri si applicano le norme operanti per i rapporti di lavoro subordinato di diritto privato.Gli enti delle confessioni di minoranza (senza intesa) sono assimilabili a enti pubblici poichè sono ancora sottoposti alla normativa del 1929/1930. gli enti ecclesiastici non sono enti pubblici, né possono ritenersi equiparati a tutti gli effetti alle persone giuridiche private per via del regime speciale che emerge dalla legislazione pattizia. Fallimento dell’ente ecclesiastico imprenditore: la sostituzione degli organi di gestione da parte degli organi fallimentari è ritenuta un’inammissibile ingerenza statale nell’organizzazione della Chiesa; pertanto il fallimento non è ammesso tranne nel caso in cui l’attività commerciale sia individuabile in un autonomo centro d'imputazione.Autonomia organizzativa e gestionaleGli enti ecclesiastici hanno autonomia di organizzazione e di gestione, senza ingerenze statali. L'amministrazione dei beni degli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico con rilevanza civile.Gli enti cattolici hanno l’obbligo di iscrizione nel registro delle persone giuridiche per tutelare l’affidamento dei terzi che si trovino a negoziare con l’ente e ne consegue che l’invalidità ol’inefficacia di negozi giuridici non è opponibile a terzi che nonfossero a conoscenza delle limitazioni dei poteri di rappresentanza, o dell’omissione di controlli canonici, che non risultino dal codice di diritto canonico o dal registro delle

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persone giuridiche. Regole pressoché identiche valgono per le confessioni che hanno intese con lo Stato. Il mutamento del fine Gli enti riconosciuti devono mantenere una continuità nei fini, detta coerenza istituzionale: ogni mutamento sostanziale dei finideve essere formalizzato allo Stato: la domanda di riconoscimento deve specificare i motivi che hanno determinato il cambiamento e la pubblica amministrazione ha discrezionalità nel valutare se il mutamento è sostanziale. La revoca del riconoscimento Può essere fatta d'ufficio se l'ente perde un requisito necessario, previa informazione dell'autorità confessionale. Se l'autorità confessionale estingue o sopprime un ente, il provvedimento è trasmesso al ministro dell'interno che gli conferisce efficacia civile.Il regime tributarioGli enti hanno un regime fiscale agevolato con equiparazione del fine di religione e culto a fini di beneficenza e istruzione. NB per le attività diverse da quelle di religione o di culto sono soggetti alle regole generali

Agevolazioni:IRPEG riduzione del 50% dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche ma solo se civilmente riconosciute, sono escluse le attività commerciali svolte. Particolare situazione = scientology perchè il suo carattere era ritenuto controverso ma ultimamente è stata inclusa.IVA in generale l’ente ecclesiastico è esentato (NB pubblicazioni a stampa vendute all’estero - attività comm- sono tassate)ICI esenti gli immobili destinati esclusivamente ad uso ecclesiastico o esclusivamente ad attività assistenziali, didattiche, ricreative oltre che di religione o di culto, purchè non esclusivamente commerciali.

Capitolo 16 - IL FINANZIAMENTO DELLE CONFESSIONI RELIGIOSEIl tramonto del sistema beneficiale L’attuale disciplina dei finanziamenti statali alle confessioni religiose ha la propria origine nell’Accordo del 1984 e nelle intese stipulate da quella data in avanti.

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Fino ad allora la Chiesa cattolica era la sola a ricevere un contributo pubblico attraverso il c.d. “sistema beneficiale”. La Chiesa si articola sul territorio in persone giuridiche (benefici parrocchiali e diocesani) dotate di un patrimonio proprio. Lo Stato contribuiva al funzionamento di questo sistema erogando, attraverso il Fondo per il culto, i supplementi di congrua, ossia contributi destinati ad integrare i redditi dei benefici più poveri: qualora il reddito ricavato da patrimonio del beneficio non avesse raggiunto una soglia minima prefissata, lo Stato versava la differenza. NB alle altre confessioni religiose lo Stato non erogava finanziamenti di sorta (unica eccezione Chiesa valdese) Codex iuris canonici del 1983: l’abolizione del sistema beneficiale.Dopo Accordo 1984 lo Stato e la Chiesa convocano una commissione paritetica per concordare un nuovo meccanismo di finanziamento

Il sistema di finanziamenti diretto (l’otto per mille) L’attuale disciplina prevede due distinti flussi di denaro destinati alla Chiesa cattolica:. - uno di natura pubblica forma di finanziamento diretto da parte dello Statouna quota pari all’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, è destinata, sulla base della scelta dei contribuenti, in parte allo Stato (x scopi di interesse sociale) ed in parte alla Chiesa cattolica (scopi religiosi: esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi). I fondi vengono gestiti dalla Cei, che è tenuta a trasmettere annualmente al Ministero dell’Interno un rendiconto riguardante l’effettiva utilizzazione delle somme ricevute e a pubblicarlo sul Notiziario della Cei, suo organo di stampa ufficiale.

La ripartizione delle somme tra i possibili destinatari (Stato, Chiesa cattolica, altre confessioni religiose con intesa) avviene in base alle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. Con riferimento alle scelte inespresse, la destinazione delle quote si stabilisce in proporzione alle scelte espresse, con evidente vantaggio per la Chiesa cattolica.

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Questo sistema di finanziamento, introdotto per la Chiesa cattolica, è stato esteso alla quasi totalità delle altre confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato, con differenze che attengono principalmente agli scopi per i quali le somme ricevute possono essere utilizzate e alla decisione di partecipare o meno al riparto delle scelte non espresse. Tutte le confessioni diverse dalla cattolica che partecipano alla ripartizione dell’otto per mille sono tenute all’obbligo di rendiconto annuale al Ministero dell’Interno.

La deducibilità fiscale delle erogazioni liberali alle strutture confessionali - uno di natura privata forma di finanziamento indiretto: rinuncia dello Stato a percepire una parte dell’imposta sul reddito dei cittadiniIl finanziamento si realizza per mezzo di erogazioni liberali in denaro dalle persone fisiche a favore di confessioni, che costituiscono oneri deducibili (dal reddito complessivo) in sede di dichiarazione dei redditi. NB La Corte costituzionale ritiene legittimo che tale sistema di deducibilità possa vigere per le erogazioni liberali dei fedeli a favore delle sole confessioni munite di intesa con lo Stato. La motivazione principale posta dalla Corte a fondamento della propria decisione è la mancanza di un modello normativo univoco che consenta di estendere il beneficio a tutte le confessioni religiose prive di intesa attraverso lo strumento della pronuncia additiva.

Il sostentamento del clero Gli istituti diocesani per il sostentamento del clero (IDSC) sono enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, la cui principale funzione, attraverso l’amministrazione del proprio patrimonio, è di assicurare il congruo sostentamento del clero. L’istituto centrale per il sostentamento del clero (ICSC) ha la funzione di coordinare il sistema e di integrare le risorse degli IDSC attraverso la distribuzione delle entrate costituite dalle erogazioni liberali e dalla quota di otto per mille destinata dallo Stato alla Cei. Il sostentamento assicurato ai sacerdoti dai competenti Istituti costituisce una remunerazione connessa alla prestazione del peculiare servizio a favore della diocesi, la remunerazione è solo

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eventuale: non spetta, infatti, ai sacerdoti che godano di altri proventi. Per quanto riguarda la remunerazione dei ministri di culto di altre confessioni vige la piena autonomia confessionale. La previdenza dei ministri di culto La tutela previdenziale dei ministri di culto è assicurata dal Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica. Il Fondo ha lo scopo di gestire l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e superstiti per i sacerdoti secolari ei ministri di culto delle confessioni diverse dalla cattolica autorizzate dal Ministero dell’interno con decreto. Il Fondo è finanziato in parte dal contributo annuo a carico degli iscritti ein parte da un contributo annuo dello Stato. Sono soggetti all’obbligo di iscrizione al Fondo i sacerdoti cattolici ed i ministri di culto di altre confessioni (a seguito di specifici accordi tra il Ministero dell’Interno e le autorità confessionali). Per quanto riguarda i ministri di culto cattolico è prevista la possibilità dell’istituzione di forme di previdenza e assistenza alternative gestite in modo autonomo dall’ICSC e dagli IDSC.

Capitolo 19 - IL DIRITTO PENALE La tutela del sentimento religioso dal Codice Rocco ad oggi Il codice penale del 1930, in attuazione del modello confessionista del tempo, accordava una tutela privilegiata alla religione cattolica. In questo quadro erano puniti- il vilipendio della religione dello Stato- le offese alla religione dello Stato mediante vilipendio a persone e cose- il turbamento di funzioni religiose del culto cattolico

Ad eccezione del reato di vilipendio della religione di Stato, glialtri delitti erano puniti anche se commessi contro i culti ammessi dallo Stato, ma la pena era diminuita.

Con l’entrata in vigore della Costituzione e il venir meno del principio confessionista, emerse il problema del contrasto del Codice Rocco con il principio di laicità dello Stato (= tutela verso tutte le religioni). La Corte cost. si è pronunciata numerose volte sulle norme penali anzidette, inizialmente negando la loro incostituzionalità per

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contrasto art.3: diversità di tutela era giustificata in base a criteri quantitativi e sociologici. La Corte tuttavia ha rivolto numerosi inviti al legislatore a provvedere a revisione della disciplina nel senso di parificare lacondizione di tutte le confessioni religiose quanto alla loro tutela penale. Nell’inerzia del legislatore si è evoluta la giurisprudenza (sent.329/1997), ridisegnando la disciplina dei reati contro il sentimento religioso alla luce del principio supremo di laicità:-ha esteso il reato di bestemmia anche a tutela delle religioni diverse dalla cattolica (sent. 440/1995) -abrogato art. 402 c.p., vilipendio alla religione di stato-modifica art. 405 c.p. e art. 403 c.p. (sent. 168/2005) La depenalizzazione dei reati minori La concezione del diritto penale come estremo rimedio ha spinto illegislatore a depenalizzare una serie di reati minori in illecito amministrativo. Reati minori depenalizzati:- bestemmia: la Divinità (termine astratto, di ogni religione) èl’unico oggetto materiale della condotta sanzionata. Il contenuto precettivo risulta però indeterminato, essendo indeterminati i criteri con cui il Prefetto procederà ad individuare le divinità venerate nelle religioni diverse da quelle maggiormente diffuse; la pubblicità della condotta è condizione necessaria per la punibilità. - indossare l’abito ecclesiastico abusivamente ed in pubblico ->può trarre in inganno la pubblica fede- staccare, lacerare o rendere inservibili o illeggibili scrittio disegni fatti affiggere dalla autorità ecclesiastica.

La riforma dei reati di vilipendio La L. 85/2006 ha apportato modifiche in materia di reati di opinione ed è intervenuta anche sulla disciplina dei reati in materia di religione:- abrogato art. 402: vilipendio alla religione di Stato- riformulazione artt. 403 e 404: vilipendio di persone o cose- modificato art. 405: turbamento delle funzioni religiose- abrogato 406: pena diminuita per offese verso i culti ammessi cancellato ogni riferimento alla religione di Stato.La novella si è ispirata al principio della parificazione delle confessioni religiose quanto alla tutela penale. Le sanzioni previste sono meno gravi che per il passato (multa: vilipendio di

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persone o di cose; reclusione fino a due anni: danneggiamento di ogg di culto, il turbamento di funzioni religiose)Per la punibilità del vilipendio di persone/cose, il danneggiamento di ogg di culto, il turbamento di funzioni religiose è richiesto il requisito della pubblicità.Il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso: 1. Con il mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda; 2. In luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone; 3. In una riunione che abbia carattere di riunione non privata. Si è ritenuto che per il delitto di “offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone” ex art. 403 c.p., le persone debbano essere offese nella loro qualità di fedele o di ministro di culto, vale a dire per il collegamento funzionale con la confessione religiosa di riferimento. Per configurazione del reato non è necessario che il vilipendio sia rivolto verso personedeterminate, essendo sufficiente che sia rivolto ad un gruppo indistinto di fedeli.

La libertà religiosa, i “reati culturali” e le cause di giustificazione L’art. 51,1 c.p. dispone che l’esercizio di un diritto (come anchel’adempimento di un dovere) esclude la punibilità (causa di giustificazione). L’esimente in questione è stata invocata per escludere la punibilità di condotte omesse a motivo dell’eserciziodel diritto di libertà religiosa (ad es., da soggetti che rifiutavano di prestare giuramento o di svolgere il servizio militare). necessario x la risoluzione del conflitto tra norme un bilanciamento tra le stesse:

. si considerano scriminanti condotte di tenue lesività

. non risulterebbero scriminante condotte lesive di beni e diritti sovraordinati (ad es. il diritto delle persone alla vita)

NB fenomeno del multiculturalismo (legato all’immigrazione): l’esimente culturale in Italia non è espressamente disciplinata, tuttavia la giurisprudenza non ha ritenuto cause di giustificazione la cultura, le consuetudini, i costumi o la religione a fronte della commissione di un illecito penale.

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Nel nostro sistema penale la sola disciplina legislativa specificaè quella in materia di mutilazioni genitali femminili, punite in misura più grave della fattispecie comune di lesioni personali.

Un particolare rilievo deve essere riconosciuto al diritto di cronaca e al diritto di critica (“cioè il diritto del giornalista ad esprimere la propria visione della vita e della società, manifestando un’opinione che non è assolutamente obiettiva”), che costituiscono cause di giustificazione (ai sensi dell’art. 51 c.p.) della diffamazione a mezzo stampa anche quando collidano conl’altrui sfera di libertà religiosa. Occorre, però, che l’informazione rispetti certi criteri: pertinenza, continenza, verità. La Cassazione ha ritenuto che il diritto alla comunicazione in materia religiosa incontri dei limiti, ed ha configurato il reato di diffamazione della congregazione religiosa dei Testimoni di Geova (alla quale si erano attribuiti intenti di arricchimento mediante il plagio degli adepti) non potendosi invocare né la scriminante del diritto di critica né (posto che nel caso in esamesoggetti attivi erano persone professanti la religione cattolica) il diritto alla libertà di pubblicazione e diffusione degli atti edocumenti relativi alla missione della Chiesa. L’esimente di stato di necessità era stata ritenuta sussistente nel caso di un frate che, alla guida, aveva superato i limiti di velocità asserendo poi di recarsi ad impartire l’estrema unzione ad un moribondo; ma la sentenza è stata riformulata per l’insussistenza della stessa scriminante.

Altra questione risolta dalla giurisprudenza riguarda il rifiuto di prestare giuramento in sede processuale: giuramento sostituito con una formula di impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla.Il giudice di legittimità ha ritenuto giustificato motivo di rifiuto dell’ufficio di presidente del seggio elettorale la manifestazione della libertà di coscienza il cui esercizio determini un conflitto tra la personale adesione al principio supremo di laicità dello Stato e l’adempimento dell’incarico a causa dell’organizzazione elettorale, in relazione alla presenza del crocifisso o di altre immagini religiose nella dotazione obbligatoria degli arredi di aule scolastiche adibite a seggi elettorali.

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Le circostanze aggravanti ed attenuanti Aggravanti comuni, avere commesso il fatto: • Con abuso dei poteri o con la violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un qualunque culto. L’aggravante ha natura soggettiva; non è necessario pertanto che il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, ma che sia stato facilitato dall’autorità e dal prestigio da esso conferiti. La rilevanza pubblica delle suddette qualifiche comporta la più pregnante aspettativa di osservazione scrupolosa dei propri doveri; • Contro un ministro del culto cattolico o di un culto ammesso in ragione delle funzioni da esso svolte.La mancata considerazione dei ministri appartenenti alle altre confessioni sembra porsi in contrasto con il principio di uguaglianza. Aggravanti specifiche: costituisce aggravante del furto l’avere commesso il fatto su cose destinate a pubblica reverenza, per il maggior rispetto ad esse dovuto; costituisce aggravante del danneggiamento l’avere commesso il fatto su edifici destinati all’esercizio di culto.

Circostanza attenuante: l’avere agito per motivi di particolare valore morale. Si è ritenuta applicabile l’attenuante al delitto di omicidio di cui erano chiamati a rispondere i genitori che, per non violare undivieto religioso del culto dei Testimoni di Geova, avevano omessodi fare sottoporre la loro bambina a periodiche trasfusioni di sangue.

La responsabilità amministrativa da reato degli enti ecclesiasticiSi è da tempo affermato il principio della responsabilità degli enti conseguente alla commissione di specifici reati posti in essere da soggetti in posizione apicale, o da persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza. L’ente risponde solo se le persone indicate hanno agito nell’interesse dell’ente. Restano esclusi dal campo di applicazione della normativa gli entipubblici o di rilievo costituzionale.Problema: se le confessioni religiose in sé (e non le loro articolazioni in strutture associative) rientrino nel campo d applicazione della normativa:

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- risposta affermativa: non sono enti pubblici (estranee all’organizzazione statale)- risposta negativa: .ogni confessione svolge funzioni di rilievo costituzionale

.il legislatore non si riferiva certo alle confessioni religiose nell’elaborare le ragionidi politica criminale.applicare ad una confessione la disciplina delle sanzioni interdittive dell’attività o della nomina del commissario giudiziale, comporterebbe la violazione della loro autonomia costituzionalmente garantita

Problema diverso è quello della responsabilità civile degli enti ecclesiastici per i reati commessi da funzionari o dipendenti dell’ente. Secondo la Chiesa il vescovo non ha alcuna responsabilità giuridica fondata sul rapporto di subordinazione canonica esistente tra lui stesso ed il sacerdote, e l’eventuale risarcimento dei danni deve imputarsi al solo sacerdote. la giurisprudenza italiana ha ancora affrontato il tema specifico Si può ipotizzare che un dovere di vigilanza e di controllo operi a cario dell’ordinario diocesano nei confronti degli insegnanti direligione nelle scuole pubbliche, dei docenti di seminari, degli addetti alla gestione degli oratori, dei cappellani nelle comunitàseparate.

Il “segreto” dei ministri di culto Il termine “ministro di culto” non ha un significato uniforme per tutte le confessioni, e vi sono difficoltà a ricondurvi figure similari. Per le confessioni i cui rapporti con lo Stato sono regolati in via pattizia, l’individuazione dei ministri è rimessa alle autorità confessionali; per le confessioni governati dalla legge sui culti ammessi, il problema è risolto dalla necessaria approvazione governativa delle nomine; per le confessioni non riconosciute residua un margine di discrezionalità del giudice in ordine alla qualificazione dei soggetti in questione.

I sentimenti, le opinioni, i comportamenti degli individui che sono espressione diretta del sentire religioso o delle convinzionisono protetti nel nostro ordinamento da un generale principio di

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riservatezza fondato sulla cost. (artt. 2 e 19 Cost.) che può cedere solo a fronte di altri valori di pari grado. I ministri delle confessioni religiose, per ragione dei propri compiti “istituzionali”, sono a conoscenza anche degli aspetti piùintimi delle persone che professano quella data fede, specie in quelle che conoscono l’istituto della confessione o della penitenza. Le conoscenze che possono così essere acquisite meritano una specifica tutela:il il c.d. segreto confessionale, disciplinato sul piano del diritto sostanziale e processuale, ed ètutelato quale interesse del singolo alla libertà e segretezza deirapporti con i ministri di culto. Reato di Rivelazione di segreto confessionale: punisce chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, se dal fatto può derivare ingiusto pregiudizioHanno valore scriminante il consenso dell’avente diritto alla rivelazione e l’esistenza di un obbligo di legge alla rivelazione.ISul piano processuale: i ministri delle confessioni religiose non possono essere obbligati a deporre quali testimoni su quanto hannoconosciuto in ragione del proprio ministero (il giudice può chiamarli a testimoniare, essi hanno diritto di astenersi). Tuttavia il giudice, qualora dubiti che la dichiarazione resa per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari e eventualmente ordina che il testimone deponga. NB L’Accordo del 1984 dispone che per i ministri del culto cattolico non è possibile alcuna forma di accertamento eventuale sulla fondatezza delle relative dichiarazioni

Ulteriori norme a tutela del segreto confessionale: • non opera il divieto di esibire all’autorità giudiziaria documento presso i ministri di culto per ragione del loro ufficio qualora dichiarino per iscritto che si tratti di “segreto confessionale”l’autorità giudiziaria può compiere tuttavia accertamenti se ritiene di dubitare della fondatezza della dichiarazione, e disporre il sequestro se la ritiene infondata; • divieto di utilizzare le intercettazioni dei ministri di culto quando hanno ad oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero

La comunicazione dei procedimenti penali a carico di ecclesiastici

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Accordo 1984: l’autorità giudiziaria italiana si impegna a dare comunicazione* all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici. Il p.m. informerà l’autorità ecclesiastica quando all’ecclesiastico indagato o al suo difensore:- sia comunicatala pendenza del procedimento- l’ecclesiastico sia arrestato o fermato- gli sia applicato un provvedimento limitativo della libertà personale. L’autorità ecclesiastica competente per territorio è l’ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica; quando la persona indagata è un vescovo diocesano, o altro equiparato, l’autorità competente è la Santa Sede. *La comunicazione del p.m. non costituisce condizione di procedibilità. Nessuna disposizione similare si rinviene per i ministri delle confessioni diverse dalla cattolica, e l’omissione non appare ragionevole.

1) discriminazione per motivi religiosi La religione viene in rilievo in una serie di reati di stampo razzista/xenofobo, che contravvengono al divieto di discriminazione per motivi religiosi.Costituiscono reato:- compimento/istigazione a compiere di atti violenza per motivi religiosi- costituire organizzazioni/gruppi avente tra i propri scopo l’incitamento alla discriminazione alla violenza per motivi religiosi sospensione dell’attività associativa. NB Non è punibile la mera propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio religioso. Per i “reati comuni” commessi con finalità di discriminazione o di odio religioso la pena è aumentata della metà: l’aggravante sussiste quando l’azione sia almeno potenzialmente idonea a rendere percepibili all’esterno sentimenti di odio o discriminazione o a suscitarli in altri.

2) estradizione/espulsione Causa che osta all’ estradizione/espulsione di uno straniero è la sussistenza di una fondata ragione per ritenere che l’imputato o

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il condannato saranno sottoposti ad atti persecutori o discriminatori per motivi, fra gli altri, di condizioni personali o sociali la domanda di estradizione maschera in realtà un fine persecutorio

3) lo status di rifugiato Nel 2007 è stata disciplinata l’attribuzione agli stranieri (non appartenenti all’UE ed apolidi) dello status di rifugiato, sul presupposto del fondato timore di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, ecc. Ai fini del riconoscimento gli atti di persecuzione devono essere sufficientemente gravi da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali.È irrilevante che il richiedente possegga effettivamente una dellecaratteristiche che provocano gli atti di persecuzione, purchè la caratteristica gli sia attribuita dall’autore delle persecuzioni. In materia i poteri istruttori del giudice sono rafforzati: gli spetta cooperare nell’accertamento delle condizioni che consentonoallo straniero di godere della protezione internazione, acquisendoanche d’ufficio le informazioni necessarie a conoscere l’ordinamento giuridico e la situazione politica del paese d’origine. Il divieto di espulsione e di rinvio al confine non può essere fatto valere dal rifugiato solo in due casi: se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del nostro paese, o se costituisca una minaccia per la collettività a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto grave.

Le immunità personali Le immunità rappresentano delle eccezioni alla obbligatorietà ed universalità della legge penale italiana. - il Sommo Pontefice gode di una immunità totale: funzionale,extrafunzionale, sostanziale e processuale, estesa a tutti i rami dell’ordinamento non può essere perseguito penalmente per alcun fatto- Gli ecclesiastici che per ragioni di ufficio partecipano fuori dalla Città del Vaticano all’emanazione degli atti della S. Sede godono di immunità funzionale (sostanziale e processuale).

Il suono delle campane

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Non è infrequente che i giudici si occupino del suono delle campane in relazione al reato contravvenzionale di disturbo delle occupazioni e del riposo. Oggetto di tutela è l’ordine pubblico sotto l’aspetto della tranquillità pubblica. L’illecito sussiste nel caso diabituale diffusione, a mezzo di altoparlanti sistemati sul campanile, di rintocchi di campane e di altre emissioni sonore connesse allo svolgimento di funzioni religiose, se sono superati determinati limiti fissati con apposito decreto e se viene arrecato effettivo disturbo alla tranquillità pubblica. Per quanto concerne le emissioni delle campane durante manifestazioni religiose temporanee ed occasionali è direttamente il Comune a concedere l’autorizzazione, anche in deroga ai valori limite.

Capitolo 20 - I SIMBOLI L’abbigliamento Particolare rilievo assume la questione dell’utilizzo di indumentiprescritti da alcune norme confessionali.- In Francia è stato introdotto il divieto di indossare nelle scuole pubbliche capi di vestiario e monili di significato religioso a carattere ostentatorio. - Il rettore dell’Università di Istanbul ha vietato sia il velo che la barba incolta. La Cedu, dal canto suo, ha ritenuto legittimi i divieti quando possano recare danno ai diritti e alla libertà degli altri, all’ordine e alla sicurezza pubblica.

L’ordinamento italianio non ha ancora norme specifiche che vietino determinati tipi di abbigliamento, tuttavia nella Carta dei Valori l’Italia si impegna a rispettare i simboli di tutte le religioni, senza restrizioni all’abbigliamento della persona, purchè liberamente scelto, e non lesivo della sua dignità. Tuttavia, non sono accettabili forme di vestiario che coprono ilvolto totalmente, perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell’entrare in rapporto con gli altri. (es.burqa, negli ultimi anni alcuni sindaci hanno emesso ordinanze chevietano di indossarlo in luogo pubblico)Vi sono poi situazioni in cui il diritto di manifestare i propri convincimenti attraverso l’uso di indumenti deve essere fatto oggetto di un ragionevole bilanciamento con l’esigenza di tutela altri interessi di rilievo costituzionale.

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è legittimo prescrivere l’obbligo di indossare un determinato abbigliamento per alcune categorie di soggetti, quali il personalea contatto con gli alimenti, il personale esposto a rischi per la propria integrità fisica, alcuni dipendenti pubblici (militari e magistrati, ad es.), autisti e passeggeri dei mezzi di trasporto (che devono indossare caschi, cinture di sicurezza, ecc.).

Le mutilazioni genitali femminili Molte sono le pratiche a sfondo religioso e/o culturale che operano in via diretta sul corpo. Le MGF sono pratiche che comportano la rimozione parziale o totaledei genitali femminili esterni compiute per motivazioni culturalio comunque non terapeutiche.Il parlamento dell’Unione europea le considera una violazione dei diritti umani fondamentali. Nel nostro ordinamento nel 2006 è stata introdotta una apposita legge sulle MGF:- sanzionato con la reclusione chi compie MGF in assenza di fini terapeutici- chi provoca lesioni agli organi genitali femminili senza esigenze terapeutiche al fine di menomare le funzioni sessualiNB la pena è aumentata se le pratiche descritte sono commesse nei confronti di una minore oppure a fine di lucro. consenso dell’avente diritto: non ha rilevanza in alcun caso- sicuramente la scriminante non opera quando le mutilazioni sianopraticate su individui non in grado di esprimere un valido consenso- non opera in ogni caso quando MGF provocano una diminuzione permanente dell’integrità fisica (anche con consenso del soggetto capace)

Si esclude che le pratiche di MGF siano scriminate per effetto dell’esercizio del diritto di libertà religiosa da parte di chi eserciti la potestà genitoriale sul minore inviolabilità del diritto all’integrità fisica.

Diverso è il caso della circoncisione maschile rituale, generalmente consentita purchè l’operazione non produca menomazioni o alterazioni organiche o nella funzionalità sessuale maschile.

L’esposizione dei simboli religiosi negli edifici pubblici

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La sola norma che in forma espressa rende facoltativa l’esposizione di simboli religiosi in edifici pubblici, ma in spazi che possono dirsi “privati”, si rinviene nel regolamento sull’ordinamento penitenziario che consente ai detenuti di esporre, nella propria camera individuale o nel proprio spazio di appartenenza nella camera a più posti, immagini e simboli della propria confessione religiosa. l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici L’esposizione asseritamente obbligatoria del crocefisso negli edifici pubblici è prevista solo da alcune fonti secondarie emanate negli anni ’20, che includono l’oggetto sacro tra gli “arredi” e sono riconducibili alla categoria degli atti amministrativi generali privi di fondamento normativo. in dottrina si è ipotizzata l’abrogazione tacita di tali disposizioni: rispetto al periodo in cui le norme sono state emanate, infatti, il quadro normativo è radicalmente cambiato- con la Costituzione (principio del pluralismo confessionale)- poi con l’Accordo del 1984 (non più in vigore il principio dellareligione di Stato)- riconoscimento della laicità come principio supremo dell’ordinamento

Parte della dottrina ha rilevato come l’esposizione del crocifissonei luoghi pubblici possa porsi in contrasto con la libertà degli individui che abbiano fedi diverse. In particolare, per quanto attiene alla sua presenza nelle scuole, si è rivelato un potenziale conflitto con il diritto alla libera formazione della coscienza degli alunni. La Cassazione ha ritenuto che le norme sull’esposizione del crocefisso debbano intendersi implicitamente abrogate per la loro matrice confessionista: la presenza del crocefisso rischia di costituire il pericolo di un grave turbamento di coscienza e la sua imposizione urta con il principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. Di segno contrario sono le sentenze dei tribunali amm.. Il Consiglio di Stato ha confermato infatti la permanenza in vigore delle norme regolamentari, ritenendo che il crocefisso abbia una valore simbolico universale anche per i non credenti, quale simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica.

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Un nuovo intervento della Cassazione precisa però che il crocefisso mantiene, in ogni caso, il significato di simbolo confessionale. (È da segnalare, inoltre, una pronuncia della Corte d’Appello di Perugia sulla presenza del crocefisso nelle aule destinate ad ospitare i seggi elettorali, nella quale si evidenzia l’opportunità che la sala sia uno spazio assolutamente neutrale, privo di simboli che possano, in qualsiasi modo, creare suggestioni o influenzare l’elettore).

Capitolo 24 – Lo Stato della Città del Vaticano Lo SCV è stato costituito con il Trattato Lateranense al fine di garantire alla S. Sede una sovranità indiscutibile anche a livello internazionale e per assicurarle assoluta indipendenza. L’Italia ha riconosciuto alla S. Sede la piena proprietà, potestà e giurisdizione sovrana sul Vaticano, senza possibilità che il governo italiano possa esplicare alcuna ingerenza.Fonti del dirittoLa fonte di diritto principale nello SCV è ovviamente il diritto canonico. Inoltre lo SCV applica il codice civile italiano e le leggi che lohanno nel tempo modificato, il codice penale e il codice di procedura penale. Si osserva, invece, il codice di procedura civile del vaticano del 1946.

Lo Stato resterà estraneo alle competizioni temporali tra gli altri Stati e sarà sempre e in ogni caso considerato territorio neutrale ed inviolabile. L’intero territorio (unitamente alle altre proprietà della S.Sede in Roma che godono della extraterritorialità) è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità; e parimenti l’intero territorio è stato iscritto nelregistro internazionale dei beni culturali. L’Italia ha riconosciuto alla S. Sede la piena proprietà di alcuniedifici (es. S.Giovanni in Laterano, S.Maria Maggiore, Castel Gandolfo) i quali, benché facenti parte del territorio nazionale dello Stato italiano, godono delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Statiesteri. Essendo parte del territorio dello Stato italiano, comunque, i fatti giuridicamente rilevante che avvengano in essi sono disciplinati dalle leggi italiane.

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La sovranità sullo SCV compete al Pontefice che assume in sé il potere legislativo, esecutivo e giudiziario: la forma di governo èdunque quella di una monarchia elettiva ed assoluta.

La cittadinanza dello SCV spetta: - ai cardinali residenti nello SCV o in Roma- a coloro che risiedono stabilmente in Vaticano- a coloro cui sia concessa dal Pontefice- al coniuge, figli, ascendenti, fratelli e sorelle di un cittadino vaticano purchè vivano con lui e siano autorizzati a vivere in VaticanoPerdita: quando gli interessati cessano dall’ufficio in ragione del quale erano cittadini vaticani, ovvero quando si abbandona la residenza in Vaticano. acquisto automatico della cittadinanza italiana da parte di coloro che in origine erano cittadini italiani ovvero non abbiano titolo per acquistarne un’altra

Le relazioni con l’Italia Vista la limitatezza del territorio e la sua condizione di stato-enclave (ossia intermante circondato dal territorio italiano) l’Italia ha garantito allo SCV le condizioni basilari di sussistenza: un’adeguata dotazione di acque in proprietà; la comunicazione con le ferrovie dello Stato; il collegamento con i servizi telegrafici, telefonici, radiotelegrafici e postali; il libero transito sul territorio italiano delle merci e dei diplomatici; la libera corrispondenza e la libertà di accesso. Ha, altresì, vietato l’edificazione di nuove costruzione che costituiscano introspetto verso lo SCV, ed il trasvolo da parte diaereomobili. Lo SCV è naturalmente legittimato a svolgere la giurisdizione penale sul proprio territorio ma, a richiesta della S. Sede, la giurisdizione sui reati commessi nello SCV può essere delegata all’Italia (obbligata all’azione a seguito di delega)La S. Sede ha altresì assunto l’impegno, in deroga alla disciplinasulle estradizioni, di consegnare allo Stato italiano le persone, che si fossero rifugiate in Vaticano o negli immobili immuni, accusate di condotte commesse nel territorio italiano che siano ritenute delittuose delle leggi di ambedue gli Stati.

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Per i reati commessi in Piazza S. Pietro si applica la legge penale italiana, tranne quando la S. Sede decide di sottrarre temporaneamente la piazza al libero transito.

Le garanzie personali Il Trattato dispone una larga serie di garanzie personali in favore di soggetti legati da rapporti con la S. Sede e lo SCV:- è punito l’attentato contro il Pontefice (anche la provocazione a commetterlo) e le offese e le ingiurie pubbliche a lui dirette. Entrambi i reati sono puniti con le stesse pene previste x attentato o offesa al Presidente della repubblica. - Le sentenze e i provvedimenti emanati dalle autorità ecclesiastiche e comunicati alle autorità civili, circa le personeecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari avranno hanno piena efficacia giuridica in Italia.

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