1 “DIPENDENZE” ED “INDIPENDENZE” NELLO STUDIO DELLE INTERRELAZIONI FRA PROCESSO TRIBUTARIO E PROCESSO PENALE Sommario: 1. Breve ricognizione storica; 2. Il nuovo codice di procedura penale; 3. Il rapporto tra il processo penale e il processo tributario: l’art. 654 cpp; 4. La terza via interpretativa; 5. L‘influenza del processo tributario rispetto a quello penale. Conclusioni 1.Breve ricognizione storica : La necessità di regolare i rapporti tra il diritto tributario e il diritto penale è stata sentita già agli inizi del secolo scorso, e fondamentale fu la disciplina di cui all’art. 21 della L. 7.1.1929 n. 4, sulla cd. pregiudiziale tributaria 1 : il processo penale teso all’accertamento del reato era sospeso fino alla definizione del processo tributario; come è noto, peraltro, all’epoca di tale legislazione quest’ultimo era considerato più che un vero processo, una sorta di procedimento amministrativo, in cui mancavano le garanzie tipiche del processo, ed in particolare la terzietà del giudice 2 Il legislatore si era quindi preoccupato di garantire la preminenza del processo tributario rispetto al processo penale, e tanto in base ad una serie di giustificazioni, che possono essere sinteticamente identificate nella necessità di evitare giudizi contraddittori ed evitare al giudice 1 Il terzo comma dell’articolo citato prevedeva che “ per i reati previsti dalle leggi sui tributi diretti l’azione penale ha corso dopo che l’accertamento dell’imposta e della relativa sovraimposta è divenuto definitivo a norma delle leggi regolanti la materia Il principio della pregiudiziale sarà, poi, sostanzialmente recepito dall’art. 56, comma 3, del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 (in tema di imposte dirette) e dell’art. 58, comma 5, del d.p.r. n. 633/1972 (in materia di Iva). 2 Tra gli altri elementi, la natura amministrativa delle commissione tributarie di primo e secondo grado era provata dalla presenza nell’organo giudicante del rappresentante della amministrazione finanziaria in sede deliberante, e dal controllo e dalla vigilanza del lavoro delle commissioni affidata ad un organo amministrativo, l’Intendente di Finanza, che poteva persino, dietro autorizzazione ministeriale e sentito il Presidente, scioglierle (art. 20 R.D. n.1516 del 1937)
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DIPENDENZE ED INDIPENDENZE NELLO STUDIO DELLE ... · giudizio con la legge di riforma del contenzioso tributario del 1992, abolitrice della commissione Tributaria centrale) in quattro
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“DIPENDENZE” ED “INDIPENDENZE” NELLO STUDIO DELLE INTERRELAZIONI
FRA PROCESSO TRIBUTARIO E PROCESSO PENALE
Sommario: 1. Breve ricognizione storica; 2. Il nuovo codice di procedura penale; 3. Il
rapporto tra il processo penale e il processo tributario: l’art. 654 cpp; 4. La terza via
interpretativa; 5. L‘influenza del processo tributario rispetto a quello penale. Conclusioni
1.Breve ricognizione storica:
La necessità di regolare i rapporti tra il diritto tributario e il diritto penale è stata sentita già
agli inizi del secolo scorso, e fondamentale fu la disciplina di cui all’art. 21 della L. 7.1.1929 n. 4,
sulla cd. pregiudiziale tributaria1: il processo penale teso all’accertamento del reato era sospeso fino
alla definizione del processo tributario; come è noto, peraltro, all’epoca di tale legislazione
quest’ultimo era considerato più che un vero processo, una sorta di procedimento amministrativo, in
cui mancavano le garanzie tipiche del processo, ed in particolare la terzietà del giudice 2
Il legislatore si era quindi preoccupato di garantire la preminenza del processo tributario
rispetto al processo penale, e tanto in base ad una serie di giustificazioni, che possono essere
sinteticamente identificate nella necessità di evitare giudizi contraddittori ed evitare al giudice
1 Il terzo comma dell’articolo citato prevedeva che “ per i reati previsti dalle leggi sui tributi
diretti l’azione penale ha corso dopo che l’accertamento dell’imposta e della relativa sovraimposta
è divenuto definitivo a norma delle leggi regolanti la materia
Il principio della pregiudiziale sarà, poi, sostanzialmente recepito dall’art. 56, comma 3, del d.p.r.
29 settembre 1973 n. 600 (in tema di imposte dirette) e dell’art. 58, comma 5, del d.p.r. n. 633/1972
(in materia di Iva). 2 Tra gli altri elementi, la natura amministrativa delle commissione tributarie di primo e secondo
grado era provata dalla presenza nell’organo giudicante del rappresentante della amministrazione
finanziaria in sede deliberante, e dal controllo e dalla vigilanza del lavoro delle commissioni
affidata ad un organo amministrativo, l’Intendente di Finanza, che poteva persino, dietro
autorizzazione ministeriale e sentito il Presidente, scioglierle (art. 20 R.D. n.1516 del 1937)
2
penale giudizi a contenuto estimativo, e, per il privato, evitare processi penali prima che finisse il
procedimento tributario.3 -
4
Se quindi l’istituto era ampiamente giustificabile dal punto di vista teorico, come detto, in
realtà problemi pratici che seguirono furono molteplici, in considerazione soprattutto della estrema
lentezza del processo tributario, che si articolava all’epoca (e fino all’abolizione del quarto grado di
giudizio con la legge di riforma del contenzioso tributario del 1992, abolitrice della commissione
Tributaria centrale) in quattro gradi di giudizio, 5 il che comportava un concreto svuotamento di
qualsiasi efficacia del processo penale che interveniva dopo molti anni dalla commissione del fatto.
Peraltro è stato evidenziato dalla dottrina costituzionalista che ha affrontato la tematica della
pregiudiziale tributaria rispetto al processo penale che la stessa sarebbe stata, ove non abolita,
incompatibile nettamente con i principi della carta costituzionale, ed in particolare con il principio
di cui all’art. 101, (il principio del libero convincimento per il quale i giudici sono soggetti solo alla
legge) e 112 (obbligatorietà dell’azione penale) 6
. In ogni caso il codice Rocco cambiava
completamente ottica, e il legislatore del 1930 stabiliva che la pendenza del processo penale
avrebbe determinato la sospensione del procedimento tributario e che la sentenza penale avrebbe
3 L’introduzione della pregiudiziale tributaria era giustificata dalla relazione di accompagnamento
alla legge 7.1.1929 n. 4 con l’esigenza di assicurare l’unità, la certezza e la coerenza
dell’accertamento giurisdizionale. 4 Secondo un risalente orientamento della giurisprudenza costituzionale, infatti, la pregiudiziale
rappresentava uno strumento di uguaglianza e di corretto uso dei poteri di indagine e di controllo
fiscale; in realtà, una volta accertata la evasione fiscale da parte del giudice tributario, al giudice
penale restava il compito di accertare la sussistenza dell’elemento psicologico e la quantificazione
della pena, evitando di riservare allo stesso giudizi tecnici che il legislatore preferiva riservare ad
organi specializzati, quali le Commissioni tributarie. 5 Si noti che fino al DPR n. 636/1973 erano in realtà sei i gradi di giurisdizione in quanto dopo l’adizione
delle commissione amministrative tributarie, distrettuali, provinciali e Centrale, l’azione giudiziaria poteva
essere proseguita in sede civile. 6 La Corte Costituzionale, infatti, intervenne in materia, con le sentenza nn 88 e 89 del 1982, dichiarando
costituzionalmente illegittimi gli art. 21, 4° comma, L. 4/1929, di cui si è detto, e 58, ultimo comma, DPR
633/1972, nella parte in cui disponevano che fosse applicabile il meccanismo della pregiudiziale tributaria
anche per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di cui all’art. 50, 4° comma, di tale
decreto.0
3
avuto una efficacia assoluta nel processo tributario, quando nel primo si controvertesse degli stessi
fatti materiali di cui al procedimento tributario 7 .
L’abbandono della pregiudizialità dell’uno o dell’altro si ha solo con la Legge 516 del 1982,
introduttiva del cd. doppio binario relativo, in cui la esigenza di garantire l’autonomia dei due
processi finalmente è regolamentata dal legislatore; in tale legge, superata ormai ogni possibilità di
introdurre qualsiasi forma di pregiudiziale necessaria tributaria o penale, che sarebbe stata come
detto chiaramente incostituzionale e comunque evidentemente anacronistica, per quanto riguarda la
pregiudiziale penale sostanzialmente stabiliva che non vi fosse alcuna sospensione del processo
tributario, ma la sentenza del giudice penale di condanna o proscioglimento avrebbe fatto stato per
l’imposta sui redditi e IVA per quanto riguarda i fatti materiali oggetto del giudizio penale, senza
che il processo tributario fosse in alcun modo però sospeso 8 .
In realtà la legge indicata espungeva definitivamente dal sistema normativo italiano ogni
meccanismo di necessaria pregiudizialità tra i due processi, introducendo il meccanismo diverso
dello svolgimento autonomo dei due, con la conseguente necessità di regolamentare l’efficacia del
giudicato penale in quello tributario, con dei limiti e delle condizioni applicative che poi saranno
definiti, come si vedrà, dalla successiva legislazione e soprattutto dalla Giurisprudenza di
legittimità.
2. IL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE
7 La Corte Costituzionale, prima della riforma del codice di procedura penale, aveva già comunque di molto
ridotto l’operatività di tale normativa, dichiarando, con le sentenze nn. 55 del 22.3.1971, n. 99 del 27.6.1973
e 165 del 26.6.1975, l’incostituzionalità delle norme che prevedevano l’efficacia del giudicato penale anche
nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo penale, tenendo anche conto della rilevanza statistica
assai limitata di ipotesi nelle quali la pubblica amministrazione finanziaria aveva partecipato quale parte
nel processo penale, così di fatto limitando moltissimo l’ambito operativo della norma. 8 L’art. 12 della legge n. 516/1982 stabiliva infatti che il processo tributario non potesse essere sospeso, e
che la sentenza irrevocabile di condanna o proscioglimento pronunciata in seguito a giudizio in materia di
imposte sui redditi o IVA avesse autorità di giudicato nel processo tributario in relazione ai fatti materiali
oggetto dell’accertamento effettuato dal giudice penale.
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Il codice di procedura penale del 1988 ha, quindi, dopo la disciplina di cui si è detto,
sostanzialmente riscritto tutta la normativa in materia di effetti del giudicato penale sul processo
tributario, e l’art. 654 cpp, riadattando e sostituendo l’art. 12 della L. 516 sostanzialmente dice che
nei confronti dell’imputato o parte civile, che si sia costituito nel processo penale, la sentenza
irrevocabile di condanna o assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia, purché si
controverta di diritti il cui riconoscimento dipenda dagli stessi fatti materiali e non vi siano
limitazioni alla prova nel processo civile, se le parti hanno partecipato al processo. La riforma
74/2000 ha ribadito con forza il principio della indipendenza dei due giudizi, e in particolare il
procedimento tributario (sostanziale e processuale) non può essere sospeso in pendenza di processo
penale 9; per garantire però che un fatto non fosse punito due volte, nel caso di contrasto apparente
di norme, tra norma sanzionatoria penale e norma sanzionatoria amministrativa, ha stabilito che
sarebbe quest’ultima a prevalere .10
In realtà tale conclusione, relativa alla assoluta indipendenza dei due processi (in realtà con
numerosi vulnus, come in seguito si vedrà) non risolve un problema evidenziato dalla più accorta
dottrina 11
e cioè quello dell’eventuale contrasto di giudicati, in quanto la prevalenza di uno dei due
sistemi sanzionatori non può che essere lasciato ai giudici stessi, il che creerebbe una impasse
processuale difficilmente risolvibile se il giudice penale decidesse di assolvere perché il fatto è
punito con sanzione amministrativa e quello tributario decidesse che invece costituisce reato,
creando un contrasto di decisioni, che porterebbe ad un blocco dei due processi dal quale sarebbe
difficile uscire, quanto meno in tempi ragionevoli. Il problema, è stato evidenziato, potrebbe porsi
in particolare in relazione alla nozione di imposta evasa, la cui esatta quantificazione è lasciata alla
9 L’art. 20 del D.L.vo 74/2000 infatti prevede espressamente che “ il procedimento amministrativo di
accertamento e il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale
avente ad oggetti i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione. 10
Il meccanismo della prevalenza è espressamente sancito dall’art. 19 del detto decreto, per il quale “
quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni dei titolo II e da una disposizione che prevede una
sanzione amministrativa si applica la disposizione speciale. 11
V. Monfreda, “i rapporti tra procedimento penale e procedimento tributario avente ad oggetto i medesimi
fatti”, in il Foro Penale, raccolta generale
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libera interpretazione del giudicante, e che, come è noto, costituisce per numerose fattispecie di
reato il discrimine tra fatto penalmente rilevante e fatti di rilievo amministrativo; è stato
accortamente notato che il legislatore ha omesso di indicare esattamente i parametri normativi e
contabili per la determinazione della stessa, il che rende concreto il pericolo che possa determinarsi
una situazione di contrasto tra pronunce giurisprudenziali assai difficile da risolversi.
Proprio per tale motivo ci sono stati autori che hanno auspicato un ritorno alla pregiudiziale
tributaria, 12
senza però che in qualche maniera tale dottrina abbia offerto argomenti validi che
potessero superare le obiezioni relative agli evidenti profili di contrasto con i principi costituzionali
e con l’esigenza di celerità del processo tributario, in quanto appare evidente che, a parte gli
impedimenti costituzionali, in concreto la estrema lungaggine dei due processi comporterebbe
ritardi ingiustificabili, in contrasto con il principio ormai affermatosi soprattutto nella
giurisprudenza comunitaria, della ragionevole durata del processo; da ciò deriva inevitabilmente la
necessità concreta che non vi siano pregiudiziali di sorta tra i due.
3. Il rapporto tra il processo penale e il processo tributario: L’art. 654 cpp
Come si è sopra evidenziato, la attuale normativa prevede, quindi, la autonomia dei due
processi, salve le ipotesi di cui all’art. 654 cpp, che stabilisce che le sentenze di condanna o di
assoluzione abbiano efficacia nel processo tributario, alle seguenti condizioni:
Le parti del processo tributario debbono aver partecipato al processo penale;
Si controverta di un diritto o un interesse legittimo il cui riconoscimento dipenda
dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale;
I fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti dal giudice penale,
12
Cfr. Tinti B. in “un regalo al partito degli evasori” in il “Sole 24 ore” del 17.6.1999, il quale evidenziava che di fatto la determinazione della imposta evasa e il conseguente recupero sarebbe stato in tal maniera demandato alle Procure della Repubblica più che ai competenti uffici finanziari
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E purchè la legge civile (nel caso che ci interessa processual–tributaria) non ponga
limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa.
Il primo problema interpretativo che si è posta la dottrina e la giurisprudenza è ovviamente
quella della applicabilità di tale norma al processo tributario, in cui vi sono, come è noto, profonde
diversità in ordine alle prove utilizzabili. L’analisi della giurisprudenza di legittimità
sostanzialmente ha individuato tre possibili vie interpretative in relazione al problema ermeneutico
relativo alla applicabilità del disposto di cui all’art. 654 cpp al processo tributario, che vanno
analizzate singolarmente.
In primo luogo numerose sentenze della Suprema Corte hanno escluso nettamente la
possibilità di applicare l’art. 654 cpp al processo tributario, vista la totale diversità tra i due
processi, in relazione soprattutto al divieto di prova testimoniale e al largo uso di presunzioni nel
processo tributario, mentre al contrario la prova testimoniale è fondamentale nel processo penale,
nel quale invece è vietata qualsiasi forma di presunzione, salva, come si è acutamente detto, la
presunzione di non colpevolezza, che è evidentemente fuori dall’argomento in oggetto (sul punto si
tornerà in seguito); in altri termini numerose pronunce di legittimità hanno ritenuto del tutto
inapplicabile tale norma al processo tributario, stante le notevoli limitazioni della prova, (13
) senza
lasciare di fatto nessuno spazio applicativo alla normativa in esame
Altre pronunce, al contrario, hanno adottato una seconda via interpretativa, ed hanno
ritenuto che in linea di principio la norma fosse applicabile anche al processo tributario, tenuto
13 Tra le tante, Sez. 5, Sentenza n. 6337 del 03/05/2002 (Rv. 554075) per la quale “Ai sensi dell'art. 654 del
codice di procedura penale - il quale aveva portata modificativa dell'art. 12 del D.L. n. 429 del 1982
(convertito nella legge n. 516 del 1982), poi espressamente abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 10 marzo 2000,
n. 74 -, l'efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiché in questo, da un
lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale), e, dall'altro, possono valere
anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna”.
Id., Sez. 5, Sentenza n. 3724 del 17/02/2010 (Rv. 611826).