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Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: l’esperienza italiana nel secondo dopoguerra* Giorgio Brunello - Daniele Checchi Università di Padova Università di Milano 1. - Introduzione I mercati del lavoro nazionali sono in realtà composti da mer- cati settoriali o da mercati del lavoro locali. I differenziali retri- butivi intersettoriali sono significativi e tendono a permanere nel tempo 1 . Una limitata mobilità del fattore lavoro viene normal- mente invocata come ragione per la persistenza di differenze si- gnificative tra mercati del lavoro locali. Tuttavia la maggioranza dei modelli tende ad ignorare questa eterogeneità e si concentra su equilibri simmetrici che discendono da curve di domanda e di * Giorgio Brunello Professore ordinario di Politica Economica, e Daniele Chec- chi Professore straordinario di Economia Politica, ringraziano i partecipanti ai se- minari tenuti in Milano (IGIER) e in Blankenberge (EALE), oltre che Nunzio Cap- puccio, Rocco Mosconi, Giovanni Urga e specialmente Carlo Favero per le criti- che e i consigli forniti. Una versione preliminare e molto differente dalla presente è circolata col titolo Does imitation help? Forty years of wage determination in the Italian private sector, Dipartimento di Economia, Università di Milano «Working Paper» n. 95-11. Si ringrazia il sostegno finanziario offerto dal CNR (contributi CT96.01.1408 e CT10.115.22730). Ogni altro errore che permanga è ovviamente di nostra esclusiva responsabilità [Cod. JEL: J31]. Avvertenza: i numeri nelle parentesi quadre si riferiscono alla Bibliografia al- la fine del testo. 1 KRUEGER A. - SUMMERS L. [36], DICKENS T. - KATZ L. [21] e NICKELL S. - KONG P. [39] sono alcuni tra i contributi che si concentrano sul problema della eteroge- neità dei mercati del lavoro locali.
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Feb 10, 2018

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Differenziali salariali tra settoriin una economia aperta: l’esperienza

italiana nel secondo dopoguerra*

Giorgio Brunello - Daniele ChecchiUniversità di Padova Università di Milano

1. - Introduzione

I mercati del lavoro nazionali sono in realtà composti da mer-cati settoriali o da mercati del lavoro locali. I differenziali retri-butivi intersettoriali sono significativi e tendono a permanere neltempo1. Una limitata mobilità del fattore lavoro viene normal-mente invocata come ragione per la persistenza di differenze si-gnificative tra mercati del lavoro locali. Tuttavia la maggioranzadei modelli tende ad ignorare questa eterogeneità e si concentrasu equilibri simmetrici che discendono da curve di domanda e di

* Giorgio Brunello Professore ordinario di Politica Economica, e Daniele Chec-chi Professore straordinario di Economia Politica, ringraziano i partecipanti ai se-minari tenuti in Milano (IGIER) e in Blankenberge (EALE), oltre che Nunzio Cap-puccio, Rocco Mosconi, Giovanni Urga e specialmente Carlo Favero per le criti-che e i consigli forniti. Una versione preliminare e molto differente dalla presenteè circolata col titolo Does imitation help? Forty years of wage determination in theItalian private sector, Dipartimento di Economia, Università di Milano «WorkingPaper» n. 95-11. Si ringrazia il sostegno finanziario offerto dal CNR (contributiCT96.01.1408 e CT10.115.22730). Ogni altro errore che permanga è ovviamente dinostra esclusiva responsabilità [Cod. JEL: J31].

Avvertenza: i numeri nelle parentesi quadre si riferiscono alla Bibliografia al-la fine del testo.

1 KRUEGER A. - SUMMERS L. [36], DICKENS T. - KATZ L. [21] e NICKELL S. - KONG

P. [39] sono alcuni tra i contributi che si concentrano sul problema della eteroge-neità dei mercati del lavoro locali.

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offerta aggregate2. Tuttavia, è possibile che differenze persistentinella determinazione dei salari a livello settoriale e/o a livello lo-cale si rivelino importanti nella dinamica salariale aggregata.

Per illustrare questo aspetto, ci concentriamo inizialmente sul-la relazione tra il salario reale ed il tasso di disoccupazione. Inpresenza di un cambiamento continuo della struttura industriale,la natura di questa relazione si modifica ogniqualvolta ci si troviin presenza di differenze persistenti nella determinazione setto-riale dei salari. L’eterogeneità dei mercati del lavoro settoriali e/olocali ha dimensioni molteplici, e qui ci limitiamo a menzionar-ne due: il grado di sindacalizzazione e il grado di esposizione al-la concorrenza internazionale. In mercati del lavoro sindacalizza-ti, si ritiene che i salari vengano di norma determinati attraversouna contrattazione bilaterale, mentre in mercati concorrenziali siritiene che vengano individuati dall’interazione tra fattori di do-manda e fattori di offerta. Allo stesso modo, i salari in settori for-temente esposti alla concorrenza internazionale sono più sensibi-li alle variazioni del tasso di cambio reale di quanto non lo sianoi salari determinati in settori che producono beni destinati esclu-sivamente al settore interno.

Per illustrare questo in rifenimento al caso italiano, si consi-deri la retribuzione media lorda in due settori aggregati, l’indu-stria privata (d’ora in poi indicato come settore 1) e i servizi pri-vati a cui si aggiunge il settore delle costruzioni (d’ora in poi in-dicato come settore 2)3. Il primo settore è maggiormente sinda-calizzato e contemporaneamente maggiormente esposto al com-mercio internazionale. Il salario relativo, misurato come rappor-to tra la retribuzione nel primo settore e quella del secondo set-tore, è mostrato nel grafico 1 per il periodo 1951-1998. Esso è di-minuito dal 1951 al 1966 per risalire a 1,18 nel 19984. Come ap-pare dal grafico 2, una parte di questa variazione è imputabile al-la dinamica della produttività del lavoro (misurata dal valore ag-giunto per addetto): infatti il salario relativo è diminuito in pre-

186 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

2 v. per esempio LAYARD R. - NICKELL S. - JACKMAN R. [37].3 In quanto segue escludiamo sempre l’agricoltura ed il settore pubblico.4 È evidente che una parte di questa dinamica è imputabile ad effetti di com-

posizione.

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Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 187

GRAF. 1

SALARIO RELATIVO

1,2

1

0,8

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

GRAF. 2

PRODUTTIVITÀ RELATIVA DEL LAVORO

anno

2

1,8

1,6

1,4

1,2

1

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

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senza di una diminuzione della produttività relativa, e viceversaquando la produttività è aumentata. Tuttavia la relazione tra ledue dinamiche non è strettissima. Come appare dal grafico 3, lequote dei redditi da lavoro sui valori aggiunti settoriali si sonoevolute in modo abbastanza diverso nel corso degli anni. Per esem-pio, mentre la quota dei salari nel settore industriale è diminuitacostantemente dal 1975 al 1998, la stessa quota nel secondo set-tore è rimasta più o meno invariata fino agli inizi degli anni ’90,dopo di che ha cominciato anch’essa a declinare. Infine il grafico4 mostra la dinamica del tasso di cambio. L’impressione visivasuggerisce che esista una qualche associazione tra la dinamica diquest’ultima variabile e quella della quota dei salari sul valore ag-giunto nel settore industriale.

Ragioni possibili per la diversa dinamica delle quote settorialirisiedono sia in una diversa evoluzione della tecnologia che neglieffetti asimmetrici del grado di tensione sul mercato del lavoro

188 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

GRAF. 3

QUOTE DEI SALARI SUI VALORI AGGIUNTI SETTORIALI

trad

able

◊ non tradabletradable

0,6

0,35

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

non

tra

dab

le

0,4

0,25

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(misurato dal tasso di disoccupazione) e del grado di concorren-za internazionale (rappresentato dal tasso di cambio reale). In uncontesto di contrattazione, entrambi i fattori influenzano i salarisettoriali, condizionatamente alle produttività settoriali, in quan-to influenzano o l’esito in assenza di accordo (fallback position) oil margine di ricarico dei costi da parte dell’impresa (mark-up) el’elasticità della domanda di lavoro5.

Seguendo l’approccio proposto da Nickell e Wadhwani [40],l’importanza della disoccupazione nella determinazione salaria-le dipende dall’influenza delle alternative esterne (outside option).D’altro lato, variazioni nel grado di concorrenza, dovute a va-riazioni del tasso di cambio, influenzano i salari attraverso di-versi canali possibili: innanzitutto, contribuiscono a separare ladinamica dei prezzi al consumo da quelli alla produzione6; se-

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5 v. BLANCHFLOWER D. - OSWALD A. - SANFEY P. [8] e WES M. [52] per modellidi contrattazione in contesti di economia aperta e/o chiusa; anche FREEMAN R. -KATZ L. [27] e REVENGA A. [47] per modelli di determinazione concorrenziale deisalari che mettono in relazione i salari al grado di concorrenza internazionale.

6 v. LAYARD R. - NICKELL S. - JACKMAN R. [37] per una discussione anche dellealtre determinanti del cuneo fiscale (tax wedge).

GRAF. 4

TASSO DI CAMBIO EFFETTIO REALE - LIRE ITALIANE

0,817364

0,570198

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

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condo, modificano l’elasticità della domanda di prodotto perce-pita dall’impresa, e di conseguenza la politica di ricarico del-l’impresa nella determinazione dei prezzi, che a sua volta in-fluenza l’elasticità della domanda di lavoro7; terzo, ne resta in-fluenzato anche il potere di contrattazione dei sindacati, in quan-to l’aumentata concorrenza internazionale influenza la probabi-lità di sospensione temporanea dall’occupazione, oppure perchéspinge i sindacati a perseguire strategie ultimative8; da ultimo,il tasso di cambio influenza la domanda aggregata ed il tasso didisoccupazione9.

Le variazioni del tasso di disoccupazione e/o della competiti-vità internazionale possono modificare il salario relativo interset-toriale se il loro impatto sui salari dei diversi settori non è sim-metrico. D’altro canto, questa asimmetria può essere attenuata sei salari settoriali sono correlati, o a seguito di determinazione cen-tralizzata degli stessi o per la presenza di fenomeni di wage lea-dership. La presenza di queste interazioni può avere conseguenzeimportanti per la performance aggregata del mercato del lavoro.Si consideri per esempio l’esperienza della partecipazione italianaal sistema monetario europeo, durata dal 1979 al 1992. Durantequesto intervallo di tempo, il differenziale positivo di inflazionerispetto agli altri paesi europei condusse ad un progressivo ap-prezzamento del tasso di cambio reale, solo parzialmente com-pensato dai riallineamenti verificatisi nello stesso intervallo ditempo. Un apprezzamento del cambio reale tende ad esercitareun effetto di contenimento sulla dinamica salariale più forte nelsettore che produce beni esportabili (principalmente l’industria)di quanto non faccia nel settore che produce beni e servizi desti-nati al mercato interno (principalmente il settore dei servizi e del-la Pubblica Amministrazione), proprio per il diverso grado di espo-sizione alla concorrenza internazionale. A parità di altre condi-zioni, ci aspettiamo che questi effetti di contenimento siano piùintensi se sono i sindacati industriali che hanno la leadership sa-

190 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

7 Una discussione dettagliata di questo effetto è in WES M. [52].8 Per il primo effetto v. GROSSMAN G. [32] e FREEMAN R. - KATZ L. [27]; per il

secondo effetto (“end-game” strategies) v. LAWRENCE C. - LAWRENCE R. [38].9 v. l’analisi ormai classica di DORNBUSCH R. [23].

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lariale, rispetto al caso opposto in cui tale leadership è detenutadai sindacati che operano nel settore dei servizi10.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare empirica-mente la determinazione delle retribuzioni settoriali nel settoreprivato in Italia a partire dal secondo dopoguerra, concentrando-ci su due macrosettori, quello che produce beni esportabili (es-senzialmente l’industria in senso stretto) e quello che produce be-ni per il mercato interno (principalmente i servizi privati ed il set-tore delle costruzioni). Non vi è bisogno di richiamare che que-sta partizione non è che una approssimazione, che però ha il van-taggio di fornire un contesto facilmente interpretabile per analiz-zare le interazioni esistenti nella determinazione salariale, nonchédi permettere l’analisi dell’impatto sulla spinta salariale di feno-meni quali l’apprezzamento reale del cambio o l’aumento del tas-so di disoccupazione. L’ipotesi da cui partiamo in questo lavoro èche la dinamica salariale di lungo periodo possa essere analizza-ta come risultato di un processo di contrattazione. Da questo pun-to di vista, l’Italia è un ottimo esempio di una struttura di deter-minazione salariale di tipo misto, in quanto ad accordi nazionalisi affianca la contrattazione di settore e, i molti casi, anche quel-la a livello di azienda. Anche se l’importanza relativa di questi trelivelli è variata nel tempo, la presenza di interazioni tra settori el’estensione intersettoriale di procedure (pattern bargaining), pos-sono essere considerati come fenomeni permanenti nell’intero pe-riodo considerato11.

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 191

10 GIAVAZZI F. - SPAVENTA L. [30] sostengono la tesi che il sistema di determi-nazione salariale si è adattato alle condizioni imposte dalla partecipazione italia-na allo SME, in quanto i sindacati avrebbero internalizzato il vincolo esterno (v.anche BAICI E. - DELL’ARINGA C. [3]). D’altro lato, BARCA F. - VISCO I. [6] sottoli-neano che il settore dei servizi si è avvantaggiato del diverso grado di esposizio-ne alla concorrenza estera per allargare la propria quota in termini di valore ag-giunto e di occupazione.

11 Nonostante la rilevanza di questi aspetti, il lavoro empirico sulle interazio-ni esistenti nella determinazione salariale nel caso italiano è alquanto scarso. GA-VOSTO A. SESTITO P. [29] analizzano il settore privato e usano i test di causalità alà Granger e tecniche di cointegrazione per mettere in discussione la tesi di unaleadership salariale del settore metalmeccanico. BRUNELLO G. [14] analizza la re-lazione tra retribuzioni nel settore privato ed in quello pubblico durante periodo1960-1990 e trova evidenza di imitazione salariale solo da parte del settore pub-blico. Da una prospettiva leggermente differente, ORDINE P. [41] e [42] studia l’in-

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In questa analisi otteniamo tre risultati principali. Innanzi-tutto, utilizzando l’approccio di Johansen nell’analisi di cointe-grazione, individuiamo le relazioni di lungo periodo che legano isalari alla produttività del lavoro in ciascun settore. Interpretia-mo queste relazioni come evidenza dell’esistenza di condivisionedelle rendite (rent sharing) tra sindacati di settori e imprese. Se-condo, mentre la determinazione dei salari nel settore non espo-sto risente del valore aggiunto per addetto, del tasso di disoccu-pazione (riferito alle regioni centro settentrionali del paese) e del-la determinazione salariale nel settore esposto, nel caso dell’altrosettore è assente un effetto imitativo di lungo periodo, in quantole retribuzioni reali del settore industriale sono positivamente cor-relate alla produttività settoriale, al tasso di sindacalizzazione, altasso di cambio reale e negativamente al tasso di disoccupazione.Terzo, e come conseguenza, gli shock permanenti al tasso di cam-bio reale influenzano direttamente la quota del lavoro sul valoreaggiunto nel settore industriale, ma solo indirettamente l’analogaquota nel settore dei servizi. Interpretiamo questi risultati a so-stegno della tesi che la disciplina esterna in Italia ha operato prin-cipalmente attraverso la determinazione dei salari industriali.

Il lavoro è organizzato come segue. Nel prossimo paragrafointroduciamo un semplice modello di determinazione dei salari alivello settoriale. Nel terzo paragrafo vi è una breve rassegna del-le caratteristiche principali del sistema di determinazione salaria-le vigente in Italia. Il quarto paragrafo presenta i dati, le tecnichedi stima ed i risultati ottenuti. L’ultimo paragrafo contiene le con-clusioni.

2. - Un semplice modello di contrattazione salariale

Si consideri una economia composta da due settori eteroge-

192 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

terrelazione tra il salario contrattuale (tariff wage), definito a livello nazionale, esalario di fatto (local wage), trovando evidenza di una interazione reciproca tra idue livelli. Tuttavia il periodo analizzato è solo 1983-1987, un periodo di relativastabilità nella struttura di determinazione salariale, e i risultati potrebbero rive-larsi non più validi quando si estenda il confronto tra anni ’70 e anni ’80.

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nei (per esempio, industria e servizi), che producono rispettiva-mente beni esportabili e non esportabili. Ciascun settore è com-posto da un numero definito di imprese, ciascuna delle quali pro-duce una varietà diversa di un bene differenziato orizzontalmen-te impiegando la medesima tecnologia e fronteggiando quindi lastessa funzione di costo. Data la concorrenza monopolistica, leimprese fissano i prezzi e l’occupazione. I salari in ciascun setto-re sono determinati da un processo di contrattazione tra un sin-dacato di settore e le imprese che operano nello stesso. Entram-bi i settori sono sindacalizzati e si ipotizza che questi sindacatiabbiano come obiettivo la massimizzazione delle rendite per i pro-pri iscritti12. Pertanto l’obiettivo del sindacato nel settore i è datoda:

(1) Ui = Ni (Wi – Wa)

dove Ui è la funzione obiettivo nel settore i, Ni è l’occupazionesettoriale, Wi è il salario reale nel settore i (deflazionato con l’in-dice dei prezzi al consumo) e Wa è il salario reale alternativo checi si attende prevalga altrove. Se la possibilità di reimpiego nelmedesimo settore è esclusa, il salario alternativo è dato da

(2) Wa = UN · B+(1-UN) · Wjj≠i

dove UN è il tasso di disoccupazione e B è il sussidio (reale) incaso di disoccupazione13.

Dal momento che i salari sono determinati dalla contratta-zione tra imprese (identiche tra loro) e il sindacato di settore, il

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 193

12 V. LAYARD R. - NICKELL S. e JACKMAN R. [37] e WES M. [52] per analoghe for-malizzazioni. BOOTH A. [9] costituisce una rassegna recente dei modelli di com-portamento dei sindacati.

13 L’interazione tra i salari nella funzione obiettivo del sindacato può alterna-tivamente essere introdotta assumendo che ciascun sindacato di settore si preoc-cupa del proprio salario in rapporto a quello che prevale negli altri settori: v. alriguardo OSWALD A. [43]. Persino abbandonando il contesto di contrattazione,quando lo sforzo individuale è correlato ad un salario ritenuto “equo”, e l’equitàdello stesso è definita in riferimento ai salari che prevalgono in altri settori, allo-ra il salario efficiente (efficiency wage) prevalente in un settore diviene correlatoai salari pagati altrove: v. AKERLOF G. [2].

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salario che prevale si ottiene dalla risoluzione del seguente pro-blema:

(3) max Uiβi∏i

1-βi

Wi

dove: ∏i = PiYi– WiNi

sono i profitti reali delle imprese nel settore i, Pi è il prezzo relativodel bene prodotto nel settore i rispetto all’indice dei prezzi al con-sumo e βi è il potere relativo di contrattazione del sindacato setto-riale. Si noti che in questo modo assumiamo implicitamente che ilivelli di non accordo (fallback positions) dei profitti e dell’utilità delsindacato siano entrambi pari a zero. Se assumiamo che sindacatie le imprese contrattino sul salario prendendo come dati il salariodell’altro settore e il livello dei prezzi al consumo, le condizioni delprimo ordine associate al problema (3) sono date da:

(4)

Ovviamente una condizione del tutto equivalente vale per lacontrattazione nel settore j. Usando l’equazione (2) ed il fatto cheil prezzo settoriale è determinato come ricarico sui costi margi-nali nel medesimo settore, possiamo scrivere il salario ottimale inciascun settore come una funzione di reazione che dipende dal li-vello salariale prevalente nell’altro settore. La coppia seguente diequazioni descrive l’equilibrio a là Bertand in presenza di inputlavorativi differenziati a livello di settore:

(5)

(6)

β ∂∂

βi

i a ii

i

ii a

i

ii

W W NN

N

WW W N

––

( ) + ( )

= 1

Π

194 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

W W W UN BY

N

W W W UN BY

N

1 1 21

11 1 1

2 2 12

22 2 2

=

=

, , , , , ,

, , , , , ,

ρ µ β

ρ µ β

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dove:

è l’elasticità dell’occupazione al salario e µi è il margine di ricari-co sui costi marginali del settore i.

La discussione precedente è basata sull’ipotesi che la con-trattazione in entrambi i settori avvenga simultaneamente. Unacaratterizzazione alternativa è quella secondo cui sindacato ed im-prese di un settore agiscano come Stackelberg leader e contratti-no il salario settoriale tenendo esplicitamente conto della regoladecisionale del settore che agisce come follower. Come ha dimo-strato Pencavel [44], tuttavia, il modello di Bertrand e quello diStackelberg non impongono restrizioni sufficienti che permettonodi discriminare tra le due alternative.

Le equazioni (5) e (6) descrivono un meccanismo di riparti-zione della rendita, dal momento che il salario reale settoriale èpositivamente correlato con la produttività del lavoro settoriale(Yi/Li), con il salario dell’altro settore, con il margine di mark-upsui costi (µi), con il sussidio di disoccupazione B e con il potererelativo di contrattazione del sindacato (βi), mentre è correlato ne-gativamente con il tasso di disoccupazione e con l’elasticità (in va-lore assoluto) della domanda di lavoro dell’impresa. Si noti cheuna misura della competitività internazionale, data dal tasso dicambio reale Q, influenza diverse variabili che contribuiscono adeterminare il salario settoriale: per esempio, un basso valore diQ (ovvero un apprezzamento in termini reali), poiché sposta unaparte della domanda interna verso i beni esteri e accresce l’elasti-cità della domanda di prodotto fronteggiata dalle imprese nazio-nali, aumenta l’elasticità della domanda di lavoro. Contempora-neamente l’aumentata concorrenza riduce il margine di mark-up.L’effetto finale che ci si attende è una riduzione del salario realecontrattato14. Inoltre, un apprezzamento del cambio reale può in-

ρi

i

i

i

i

dN

dW

W

N= ⋅

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 195

14 v. WES M. [52].

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fluenzare il potere contrattuale dei sindacati per via dell’aumenta-ta concorrenza dei beni esteri. Se l’accresciuta concorrenza inter-nazionale è percepita come una minaccia per i livelli occupazio-nali interni (in quanto riduce i margini di profitto per le impresenazionali), i sindacati potrebbero essere indotti alla moderazionesalariale per salvare posti di lavoro. Infine, se associamo un tra-dizionale modello IS-LM di determinazione della domanda aggre-gata con la legge di Okun, possiamo ottenere una correlazione ne-gativa tra il tasso di cambio reale Q ed il tasso di disoccupazioneUN, rafforzando ulteriormente gli effetti depressivi sul salario15.

Alcuni di questi effetti dell’apprezzamento del tasso di cambioreale sono chiaramente asimmetrici. Prima di tutto, il settore cheproduce beni destinati al mercato interno è per definizione menoesposto alla concorrenza internazionale, e quindi sia il margine diricarico che l’elasticità della domanda di lavoro sono meno sensibi-li alle variazioni del cambio. Analogamente, sono i posti di lavoronel settore dei beni esportabili che sono maggiormente minacciatida un peggioramento della competitività internazionale; come con-seguenza, è solo il potere contrattuale dei sindacati che operano neisettori esposti a essere condizionato da variazioni del tasso di cam-bio reale16. I salari nel settore protetto possono esserne comunqueinfluenzati in via indiretta, attraverso le variazioni del tasso di di-soccupazione, o alternativamente perché la variazione del prezzo re-lativo dei beni esportabili modifica le ragioni di scambio intersetto-riali17. Complessivamente, è ragionevole attendersi che, condiziona-tamente al tasso di cambio e alla produttività settoriale, il tasso dicambio reale abbia un impatto molto ridotto sul salari contrattatidai sindacati nel settore protetto, mentre tale effetto sia più pro-nunciato sui salari negoziati dai sindacati nel settore esposto.

Le equazioni (5) e (6) mostrano anche la relazione tra salariocontrattato e reddito in caso di disoccupazione. Nel contesto ita-liano, quest’ultimo reddito è proporzionale ai guadagni ottenuti nel-

196 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

15 v. DORNBUSCH R. [23] e LAYARD R. - NICKELL S. - JACKMAN R. [37].16 Questi effetti sono chiaramente ristretti alla dinamica occupazionale: per

esempio BORJAS G. - RAMEY V. [11] mostrano che la dispersione retributiva è po-sitivamente correlata col grado di esposizione alla concorrenza internazionale.

17 v. CORDEN M. [20] e SANDEMANN R.B. [48].

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l’ultima occupazione, ed il fattore di proporzionalità varia sia conla causa della cessazione del rapporto di lavoro che con il settorein cui essa ha luogo. Inoltre, la misura del potere contrattuale re-lativo dei sindacati, β, oltre che col tasso di cambio reale, può an-che variare col grado di tensione sul mercato del lavoro (appros-simato dal tasso di disoccupazione UN) e con il contesto legislati-vo di sostegno o meno all’iniziativa sindacale. Infine, sia il margi-ne di mark-up che l’elasticità della domanda di lavoro possono ri-sentire della variazione nel livello assoluto della domanda, oltre chenel livello delle domande settoriali. Questi fattori possono essereriassunti nel riformulare le equazioni (5) e (6) nella forma seguente:

(7)

(8)

dove Zi sono vettori di variabili esogene.Seguendo Layard, Nickell e Jackman [37] e la maggior parte

della letteratura che ha preso origine da loro, noi assumiamo l’as-senza di resistenza salariale (wage resistance) reale nel lungo pe-riodo. Questo implica che un aumento del cuneo fiscale non haun effetto significativo sul salari lordi reali contrattati, in quantosono i salari netti che si aggiustano nella direzione opposta. Se leequazioni precedenti possono essere considerate come caratteriz-zanti delle determinanti di lungo periodo dei salari reali contrat-tati, l’assenza di resistenza salariale si traduce con l’esclusione delcuneo fiscale (inclusivo della variazione dei prezzi relativi) dallalista delle determinanti stesse, e con il considerare le retribuzio-ni lorde come la variabile da determinare. Non vi è bisogno di ri-chiamare che due sole equazioni non rappresentano l’equilibriogenerale di una economia a due settori. A questo scopo occorre-rebbe per lo meno specificare la determinazione delle produttivitàdel lavoro settoriali, del tasso di disoccupazione e di quello dicambio. Queste equazioni sono tuttavia utili perché ci permetto-

W W W UNY

NQ Z

W W W UNY

NQ Z

1 1 21

11

2 2 12

22

=

=

, , , ,

, , , ,

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 197

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no di restringere l’analisi ad un sottoinsieme di variabili che in-fluenzano la dinamica di lungo periodo delle retribuzioni.

3. - Sindacati e contrattazione salariale in Italia: una breverassegna

I sindacati in Italia hanno un ruolo centrale nella determina-zione salariale. Il tasso di sindacalizzazione era superiore al 50%nei primi anni ’50, ma cadde a circa il 30% nel corso degli anni’60. Il disagio e le agitazioni sociali sul finire della stessa decaderiportarono lo stesso tasso al 45% a metà degli anni ’70. Dopo diche, la sindacalizzazione ridiscese all’attuale 30% degli occupatidipendenti (graf. 7). Anche se questi tassi non sono eccezionali,specialmente se confrontati con quelli di altri paesi europei, i sin-dacati italiani ottengono un significativo riconoscimento nelle ne-goziazioni salariali. Una delle ragioni di questo risiede nel fattoche i contratti sottoscritti a livello nazionale vengono di fatto este-si erga omnes a tutti i lavoratori del medesimo settore.

La struttura della contrattazione è classificabile come casointermedio tra i due estremi di una contrattazione totalmente cen-tralizzata o totalmente decentralizzata. Ma nonostante l’Italia siastata tradizionalmente classificata come paese a grado interme-dio di centralizzazione, una descrizione più appropriata dovreb-be essere quella di un sistema a tre livelli, con alcune sovrappo-sizioni di competenze tra livelli. Al livello nazionale generale (in-terconfederale) vengono discusse clausole di indicizzazione, sussi-diazione dei disoccupati, sistemi pensionistici, diritti delle rap-presentanze sindacali in azienda e più in generale le linee guidadella politica economica. A livello nazionale settoriale (categoria-le) vengono contrattati gli incrementi retributivi da corrisponde-re a tutti i lavoratori, indipendentemente dallo status di iscrittoo meno. Infine, spesso a livello di impresa (aziendale) la rappre-sentanza sindacale aziendale contratta la ripartizione di eventua-li incrementi di produttività18. L’importanza relativa di ciascun li-

198 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

18 La composizione di una retribuzione tipica è all’incirca questa: la quota le-gata all’indicizzazione (contingenza), ove non sia stata riassorbita oscilla tra il 50%delle retribuzioni operaie al 28% per quelle dei quadri aziendali (ERIKSONN C. -

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vello contrattuale è cambiata significativamente negli ultimi cin-quant’anni, senza che sia possibile individuare una linea evoluti-va univoca. Si sono registrati periodi in cui la contrattazione na-zionale era il livello prevalente, ed altri in cui la contrattazionesettoriale e persino quella di settore risultava prevalente19. Gli an-ni ’50 sono stati caratterizzati da debolezza sindacale e forte cen-tralizzazione della contrattazione. Il boom economico sulla finedegli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60 provocò un aumento pro-gressivo del potere sindacale, che si riflesse in un aumento degliscioperi ed in significativi aumenti retributivi. Se la pressione adun aumento delle retribuzioni fu temporaneamente allentata dal-la recessione a metà degli anni ’60, fu con l’autunno caldo al ter-mine della decade che si registra un periodo di forza sindacalesenza precedenti. In questa fase la contrattazione aziendale di-venne la forma più utilizzata di determinazione dei livelli retri-butivi, anche se la dinamica complessiva restava dominata dalleclausole di indicizzazione a causa della elevata inflazione. Gli ef-fetti complessivi di questa pressione salariale al di là degli in-crementi di produttività sono registrabili dalla dinamica dellequote distributive (graf. 3). Gli anni ’80 furono invece caratteriz-zati da un esteso processo di ristrutturazione industriale e da si-gnificative riduzioni occupazionali, in special modo nei grossicomplessi industriali del nord Italia. La contrattazione aziendaleperse impulso e fu sostituita da accordi centralizzati (famosi quel-li sulla scala mobile nel 1982-1983) e più tardi da quella di set-tore. Il ridimensionato potere sindacale, in combinazione con laridotta inflazione, permisero un riaprirsi dei differenziali retri-butivi20. Solo più recentemente, l’accordo interconfederale tra le

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 199

ICHINO A. [24] tavola 4). La paga base definita dal contratto nazionale di catego-ria varia con il livello di inquadramento (anch’esso specificato dal contratto na-zionale) e copre un ulteriore 30% della retribuzione. La contrattazione aziendaleaggiunge un ulteriore 3-4%. La parte residua viene determinata unilateralmentedalle azienda e può raggiungere anche il 30-40% per i livelli di inquadramento piùelevati (superminimi individuali).

19 Una rassegna dell’evoluzione della struttura contrattuale nell’Italia del do-poguerra è in FERNER A. - HYMAN R. [26]; v. anche REGINI M. [45], CELLA G.P. -TREU T. [18], REICHLIN L. - SALVATI M. [46], ACCORNERO A. [1], BRUNELLO G. [12],SESTITO P. [49] e CHECCHI D. [19].

20 L’importanza relativa dell’inflazione e del potere contrattuale del sindacatonella dinamica dei differenziali retributivi è discussa in BRUNELLO G. [13].

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parti siglato nel luglio 1993 (e ribadito nel dicembre 1998) ha de-finitivamente rimosso lo schema di indicizzazione preesistente (lascala mobile, che ormai assicurava dal 1984 un grado di coper-tura inferiore al 50%) e ha introdotto una chiara gerarchia nellastruttura contrattuale italiana. Mentre infatti i contratti naziona-li di settore, da rinnovarsi biennalmente, discuteranno di incre-menti salariali connessi all’inflazione pregressa e attesa, i con-tratti aziendali, anch’essi con cadenza biennale ma sfasata ri-spetto a quelli nazionali, potranno occuparsi di ripartizione de-gli incrementi di produttività.

L’alternarsi di periodi di dominanza dei livelli nazionali, set-toriali e aziendali nella contrattazione rende difficile definire apriori quale sia stata la modalità di coordinamento contrattualeprevalsa in Italia. Certo non si può negare che qualche grado dicentralizzazione sia formalmente rimasto nel corso dell’intero pe-riodo. Tuttavia la rilevanza assunta nei diversi momenti dalla con-trattazione di settore e aziendale impedisce di poter definire l’I-talia come un paese centralizzato a livello salariale. Piuttosto, èdivenuto luogo comune nelle discussioni relative alla politica eco-nomica (ed anche nel disegno dei modelli macroeconometrici) ca-ratterizzare il processo di determinazione salariale in Italia se-condo gli schemi di wage leadership. Tale ruolo veniva normal-mente attribuito al settore metalmeccanico, specialmente duran-te gli anni di elevata inflazione, in quanto ai lavoratori sindaca-lizzati di quel settore si attribuiva la capacità di aver modificatogli equilibri redistributivi dell’immediato secondo dopoguerra21.Più recentemente, alcuni autori sostengono che a partire dalla fi-ne degli anni ’80 e dall’inizio degli anni ’90 si è modificato loschema imitativo, trasferendosi il ruolo di leadership al settorepubblico. Tuttavia, almeno finora, l’evidenza empirica non è ab-bondante22.

200 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

21 v. REICHLIN L. - SALVATI M. [46] e ACCORNERO A. [1]. Entrambi attribuisconoalla forte omogeneità della base sindacale in quel settore (il cosiddetto operaiomassa) il punto di forza di quella spinta salariale.

22 v. BORDOGNA L. [10] e le verifiche empiriche proposte da GAVOSTO A. - SE-STITO P. [29] e BRUNELLO G. [14]. La leadership salariale è stata spesso analizzatanon in riferimento al contenimento delle spinte salariali, quanto come base per laspirale salari-prezzi: v. BARCA F. - VISCO I. [6].

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4. - L’analisi empirica

Sulla base della discussione precedente, noi ci concentriamosul settore privato dell’economia italiana. Dopo aver escluso il set-tore agricolo, abbiamo scelto di organizzare i dati in due ma-crosettori, sulla base del grado di esposizione alla competizioneinternazionale23: il settore che produce beni esportabili (settore1) è definito dall’industria in senso stretto (escludendo quindi ilsettore delle costruzioni), mentre il settore che produce beni eservizi per il mercato interno (settore 2) include i servizi prima-ri, la distribuzione commerciale e le costruzioni. Entrambi i set-tori sono parzialmente sindacalizzati, mentre il grado di coper-tura (coverage) raggiunge quasi il 100% in entrambi i macroset-tori.

I nostri dati provengono principalmente dalla Contabilità na-zionale e coprono il periodo che va dal 1951 al 199824. Questi da-ti hanno vantaggi e limiti. Tra i vantaggi vi è sicuramente la lun-ghezza del periodo coperto, la sufficientemente ampia disaggre-gazione fino a 18 settori (incluso il settore pubblico) e una defi-nizione delle retribuzioni che include sia il livello nazionale chequello aziendale della contrattazione. Il limite principale è che nel-le retribuzioni sono altresì incluse le erogazioni unilaterali delleimprese, sulle quali non vi è alcuna contrattazione da parte deisindacati25. Il nostro data-set include inoltre le corrispondentiinformazioni relative all’occupazione (misurata in unità di lavorostandard) e ai valori aggiunti settoriali, sia a prezzi correnti chea prezzi costanti (1985). Come misura aggregata del grado di ten-sione sul mercato del lavoro, abbiamo preferito utilizzare il tasso

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 201

23 Se misuriamo il grado di esposizione alla concorrenza internazionale con ilrapporto tra importazioni e valore aggiunto a livello settoriale, tutti i settori del-l’industria, compreso il settore energetico, registrano dei valori superiori al 30%,mentre tutti gli altri settori registrano valori inferiori.

24 GOLINELLI R. - MONTERASTELLI M. [31] hanno fornito la connessione tra vec-chia e nuova contabilità.

25 Una possibile alternativa a questa serie è data dalle retribuzioni determina-te a livello settoriale (retribuzioni contrattuali), utilizzate per esempio da GAVOSTO

A. - SESTITO P. [29], che esclude i pagamenti unilaterali (ma anche la contratta-zione aziendale).

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di disoccupazione nelle regioni centro-settentrionali del paese26.Vi sono due ragioni a sostegno di questa scelta. Da un lato il gros-so della forza lavoro italiana risiede nelle stesse regioni. Dall’al-tro, l’aumento della disoccupazione registratosi negli anni ’80 e’90 è principalmente un fenomeno ristretto alle regioni meridio-nali27.

Le medie e le deviazioni standard delle variabili utilizzate nellavoro sono riportate nella tavola 1, mentre i grafici delle stessesono presentate nei grafici 1-2-4-7-8. Ulteriori dettagli sulle fontiutilizzate sono riportati nel paragrafo 1 dell’Appendice.

202 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

26 Secondo SOSKICE D. [51] il tasso di disoccupazione misurato in Italia è «...la più ingannevole tra tutte le cifre relative al tasso di disoccupazione, la cui qua-lità è peggiorata nel corso degli anni ’80 ...».

27 Come dimostrato da BRUNELLO G. - LUPI C. - ORDINE P. [15], è la disoccu-pazione centrosettentrionale, piuttosto che quello aggregato, ad esercitare un ruo-lo di disciplina sul mercato del lavoro; v. anche SESTITO P. [49] e i riferimenti bi-bliografici ivi riportati.

TAV. 1

MEDIE E DEVIAZIONI STANDARD DELLE VARIABILIITALIA 1951-1998

variabile nome della media deviazionevariabile standard

settore 1 (beni esportabili):retribuzioni annuali lorde aprezzi 1985 (milioni di lire) RW1 19,203 8,522valore aggiunto per addettoa prezzi 1985 (milioni di lire) YL1 33,489 14,143

settore 2 (beni interni):retribuzioni annuali lorde aprezzi 1985 (milioni di lire) RW2 18,081 7,431valore aggiunto per addetto a

prezzi 1985 (milioni di lire) YL2 31,766 14,491disoccupazione nelle regionicentro-settentrionali (%) UNE 0,069 0,018tasso di cambio effettivo reale EXC 1,409 0,119tasso di sindacalizzazione (%) MEM 0,355 0,068cuneo fiscale (%) WED 0,387 0,080

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Il modello empirico che utilizziamo è il seguente vettore au-toregressivo:

(9) ∆Xt = ν + Γ1∆Xt-1 + ΠXt-1 + E1SMEt + G1STAt + Z1Dt + εt,

dove X è un vettore che include:

(RW1, RW2, YL1, YL2, UNE, EXC,MEM, WED, trend)

MEM è il tasso di sindacalizzazione, WED è il cuneo fiscale, trendè un trend lineare, ν è una costante, STA e SME sono variabili dum-mies che assumono valore unitario rispettivamente dopo il 1971 etra il 1979 e il 1992, che corrisponde al periodo di partecipazioneitaliana nel sistema monetario europeo, Dt è un insieme di dum-mies annuali e ε≈N(0, Σ). Si tenga presente che, con l’eccezione diUNE, MEM e trend, utilizziamo i logaritmi delle variabili che so-no incluse nel vettore X. Osserviamo che la matrice Π incorporatutte le informazioni rilevanti sulle relazioni di lungo periodo trale variabili appartenenti a X. Se il rango r di questa matrice è com-preso tra 0 e n, dove n è il numero delle variabili comprese nelvettore X, vi saranno r vettori cointegranti e i dati possono essererappresentati nella forma di un modello error correction28.

Siamo partiti da una specificazione con 4 ritardi in ciascunavariabile e attraverso semplificazioni progressive abbiamo ridotto ilnumero di ritardi a 129. Dal momento che non possiamo mai re-spingere l’ipotesi nulla di resistenza salariale (cioè che il cuneo fi-scale non influenzi il salario reale nel lungo periodo), abbiamo de-ciso di escludere la variabile WED dal vettore X. L’esistenza di rela-zioni di cointegrazione tra le variabili incluse nel vettore X è verifi-cata utilizzando il test di traccia proposto da Johansen e dato da:

(10)

η λr

i r

n

iT= ( )= +∑– log –

1

1

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 203

28 v. CAMPBELL J. - PERRON P. [17].29 Il test VAR per la riduzione da 2 a 1 ritardo ha un p-value pari 0,39. Un te-

st F che confronta con 1 ritardo a quello con 4 ritardi non può rigettare la ver-sione più parsimoniosa con un intervallo di confidenza al 5%.

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204 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

GRAF. 5

VARIABILI % SETTORIALI (CONSUMER WAGES)

◊ non tradabletradable

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

0,15

0,1

0,05

0

-0,05

-0,1

GRAF. 6

VARIABILI % PRODUTTIVITÀ LAVORO (PRODUCER WAGES)

0,15

0,1

0,05

0

-0,05

-0,1

tradable ◊ non tradable

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

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Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 205

GRAF. 7

TASSO DI SINDACALIZZAZIONE

0,55

0,45

0,35

0,25

mem

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

GRAF. 8

TASSI DI DISOCCUPAZIONE

disocc. Nord ◊ disocc. Italia

0,18

0,16

0,14

0,12

0,1

0,08

0,06

0,04

0,02

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

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dove r è il numero dei vettori cointegranti. T è il numero delle os-servazioni, e λi sono gli autovalori (stimati) della matrice Π, or-dinati in modo decrescente30. I risultati del test sono riportati nel-la tavola 2 e mostrano che non possiamo rigettare l’ipotesi di esi-stenza di almeno 2 vettori cointegranti nei dati.

Se interpretiamo i vettori di cointegrazione come relazioni dilungo periodo tra le variabili che stiamo analizzando, la non uni-cità degli stessi crea qualche problema, dal momento che anchecombinazioni lineari di vettori cointegranti sono a loro volta com-binazioni cointegranti. Quando il rango della matrice Π è mag-giore di uno, è sempre possibile decomporre la stessa matrice co-me Π = αβ', dove α è la matrice dei fattori di carico (loading fac-tors) e β' è la matrice degli autovettori. Utilizziamo il modello dicontrattazione discusso nel secondo paragrafo per imporre dellerestrizioni sui coefficienti sia di α che di β, e per venificarne lavalidità statistica. La tavola 3 riporta le matrici dei fattori di ca-rico e degli autovettori contenenti le restrizioni. Il test di massi-ma verosimiglianza contro il modello non ristretto ha un p-valuepari a 0,228. Quindi le restrizioni imposte non possono essere ri-gettate dai dati. Nella seconda parte della tavola 3 riportiamo an-che la matrice di lungo periodo Π contenente le restrizioni. Que-sta matrice indica che il valore aggiunto per addetto nel settore2, il tasso di cambio reale ed il tasso di disoccupazione sono de-

206 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

30 v. JOHANSEN S. - JUSELIUS K. [34], BANERJEE A. et AL. [4] e FAVERO C. [25] perun’analisi più dettagliata di questa procedura.

TAV. 2

ANALISI DI COINTEGRAZIONE: 1952-1998

autovalore λi (Log)verosimiglianza rango H0: rango=p ηr 95%

1.256,12 0 p==0 195,4** 146,80,8322 1.298,07 1 p<=1 124,0** 114,90,6923 1.325,77 2 p<=2 76,8** 87,30,4944 1.341,80 3 p<=3 49,5** 63,00,4413 1.355,48 4 p<=4 26,3** 42,40,1950 1.368,50 5 p<=5 12,7** 25,30,0974 1.370,91 6 p<=6 4,1** 12,2

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bolmente esogeni per la determinazione dei parametri di lungoperiodo nelle equazioni rimanenti.

Consideriamo ora i due vettori cointegranti che abbiamo ot-tenuto. Il primo vettore è dato da:

RW1 – YL1 + 14,51 · UNE – 2,47 · EXC – 2,79 · MEM – 0,06 · trend = z1

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 207

TAV. 3

VETTORI COINTEGRANTI

fattori di carico autovettori

α1 α2 β1 β2

UNE 0,00 0,00 14,51 2,39(4,38) (0,93)

RW1 0,02 –0,14 1,00 –0,83(0,004) (0,029) (0,10)

RW2 0,04 –0,15 0,00 1,00(0,003) (0,019)

YL1 0,01 0,00 –1,00 0,00(0,004)

YL2 0,00 0,00 0,00 1,00EXC 0,00 0,00 –2,47 0,00

(0,68)MEM 0,00 –0,12 –2,79 0,00

(0,014) (0,98)trend — — –0,06 0,03

(0,005) (0,004)

LR-test, rango=2; p-value: 0,228standard errors in parentesi

matrice di lungo periodo contenente le restrizioni Π=αβ', rango 2

UNE RW1 RW2 YL1 YL2 MEM EXC trend

UNE 0,000 0,00 –0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,000RW1 0,004 0,14 –0,14 –0,02 0,14 –0,06 –0,06 –0,005RW2 0,184 0,17 –0,16 –0,04 0,16 –0,11 –0,09 –0,007YL1 0,184 0,01 0,00 –0,01 0,00 –0,03 –0,03 –0,004YL2 0,004 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,004EXC 0,004 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,004MEM –0,304 0,10 –0,12 0,00 0,12 0,00 0,00 –0,003

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Interpretiamo questa relazione come riferita alla determina-zione del salario reale nel settore che produce beni esportabili. Se-condo questa interpretazione, la pressione salariale in questo set-tore è strettamente connessa nel lungo periodo al valore aggiun-to per addetto, al tasso di disoccupazione nel Centro-Nord, al tas-so di sindacalizzazione e al tasso di cambio reale. Dal momentoche sia il tasso di disoccupazione che il tasso di cambio sono en-trambi debolmente esogeni, riteniamo che questo vettore suggeri-sca che i salari nel settore tradable siano direttamente condizio-nati sia dalla disciplina interna (via disoccupazione) che da quel-la esterna (via tasso di cambio). Inoltre, si osservi che il salariodell’altro settore non gioca alcun ruolo significativo.

Il secondo vettore è dato da:

RW2 – YL2 – 0,83 · RW1 + 2,39 · UNE + 0,030 · trend = z2

Interpretiamo questa relazione come la pressione salariale chesi origina nel settore che produce beni destinati al mercato interno.Si noti innanzitutto che il tasso di sindacalizzazione ed il tasso dicambio reale non entrano in questa equazione. Tuttavia esiste unarelazione stretta con il salario reale che si determina nell’altro set-tore che produce beni destinati all’esportazione. Se la nostra lettu-ra è corretta, il salario reale del secondo settore, protetto dalla com-petitività internazionale, è indirettamente influenzato dal tasso dicambio attraverso l’impatto che esso esercita sul settore esposto eattraverso l’effetto imitativo tra i due settori. Possiamo quindi af-fermare che la disciplina interna e quella esterna sono comunqueoperanti anche nel settore protetto, grazie agli effetti di spill-over chela contrattazione salariale nel primo settore esercita sul secondo.

Una interpretazione alternativa di questi stessi vettori sugge-risce che essi indichino la determinazione nel lungo periodo del-le quote distributive. In questo senso questo lavoro offre sostegnoalla tesi che, almeno nel nostro paese, la determinazione delle quo-te distributive sia imputabile più a fattori di spinta salariale (wa-ge push) che non a fattori di tipo tecnologico31.

208 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

31 BLANCHARD O. [7] definisce questo come supply shocks «...un incremento sa-lariale per dato tasso di disoccupazione e dato livello della produttività del lavoro».

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Con queste restrizioni sui vettori cointegranti, abbiamo sti-mato l’intero modello utilizzando una formalizzazione di tipo er-ror correction, per tener conto della dinamica di breve periodo.Condizioniamo la stima alle variabili debolmente esogene (tassodi cambio reale EXC, tasso di disoccupazione UNE, valore ag-giunto per addetto nel settore protetto YL2), alle dummies SME(partecipazione dell’Italia al sistema monetario europeo) e STA (in-troduzione dello Statuto dei lavoratori) e ad alcune dummies an-nuali per tener conto di alcuni specifici rinnovi contrattuali. Il mo-dello stimato con il metodo della massima verosimiglianza è ri-portato nel paragrafo 2 dell’Appendice, mentre la sua capacità pre-dittiva è rappresentata nel grafico 932.

5. - Conclusioni

Il modello empirico presentato e discusso nei paragrafi prece-denti suggerisce la presenza di rilevanti asimmetrie nella determi-nazione dei salari settoriali. Innanzitutto i salari reali nel settoreesposto non dipendono solo dalla produttività del lavoro ma ancheda una misura della disciplina interna imposta dalle condizioni delmercato del lavoro (per come registrato dal tasso di disoccupazio-ne del Centro-Nord) e della disciplina imposta dalla concorrenzainternazionale (per come registrata dal tasso di cambio reale). In-vece, nel settore protetto le retribuzioni reali risentono solo dellaproduttività del lavoro settoriale, del tasso di disoccupazione e delsalario contrattato nel settore esposto; inoltre, l’impatto diretto del-la disciplina interna nel settore protetto è inferiore che in quelloesposto. La disciplina esterna vi opera solo per via indiretta, at-traverso le modificazioni che induce nelle retribuzioni del settoreesposto. Interpretiamo questi risultati come conferma del fatto cheil settore protetto è sottoposto ad una disciplina limitata, ed è so-lo grazie al coordinamento contrattuale dei sindacati e/o alla pos-sibile presenza di fenomeni imitativi verso i settori esposti che lamoderazione salariale si è imposta anche in questo settore.

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 209

32 Le stime sono ottenute attraverso semplificazione sequenziale basata sullasignificatività statistica dei coefficienti residui e sui test diagnostici di sistema.

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210 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

GRAF. 9

BONTÀ PREDITTIVAVARIAZIONE % - STIME FIML

0,15

–0,05

◊ estimatedactual

salario reale - settore tradable

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

0,15

–0,05

◊ estimatedactual

salario reale - settore non tradable

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96

anno

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Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 211

GRAF. 9 segue

BONTÀ PREDITTIVAVARIAZIONE % - STIME FIML

094929

090055

◊ estimatedactual

produttività - settore tradable

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96anno

0,031885

–0,083215

◊ estimatedactual

tasso di sindacalizzazione

51 56 61 66 71 76 81 86 91 96anno

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APPENDICE

1. - Fonti dei dati

La definizione delle variabili utilizzate nel lavoro è la se-guente:Wi = redditi da lavoro dipendente, al lordo di tasse e oneri so-

ciali. Fonte: CONTABILITÀ NAZIONALE33.Ri = valore aggiunto a prezzi correnti. Fonte: CONTABILITÀ NA-

ZIONALE.Li = unità standard di lavoro dipendente. Fonte: CONTABILITÀ

NAZIONALE.Pc = indice dei prezzi al consumo. Fonte: ISTAT, Bollettino sta-

tistico.EXC = tasso di cambio reale, ottenuto come media ponderata dei

tassi di cambio bilaterali con Stati Uniti, Germania e Fran-cia; i pesi utilizzati si riferiscono alle quote di questi pae-si nel totale delle esportazioni italiane. Fonte: BANCA

D’ITALIA, Relazione economica, varie annate. Questi dati so-no disponibili a partire dal 1977. Per gli anni precedenti,i tassi di cambio bilaterali sono misurati dal rapporto trail deflatore del PIL italiano con i deflatori dei prodotti in-terni degli altri paesi, convertiti col tasso di cambio spot.Fonte: IMF, IFS, Statistics, varie annate. Infine i dati per ilperiodo 1951-1954 sono ottenuti applicando il tasso di va-riazione medio per i primi sei anni disponibili.

UNE = tasso di disoccupazione nelle regioni Centro-Settentriona-li dell’Italia. Fonte: BANCA D’ITALIA.

MEM = lavoratori attivi iscritti al sindacato (solo alle due confede-razioni principali CGIL e CISL) in rapporto all’occupazionedipendente. Fonte: DI NICOLA [22] e CELLA - TREU [18].

212 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

33 I dati di Contabilità nazionale provengono sia dalle fonti originarie (dopo il1970) e dalla ricostruzione delle stesse indietro al 1951 prodotta da GOLINELLI R.- MONTERASTELLI M. [31].

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Le variabili utilizzate nell’analisi empirica sono state così co-struite:

Wisalario reale = RWi = ——, i = 1,2LiPc

Riproduttività del lavoro = YLi = ——, i = 1,2LiPc

Wi RWiquota dei salari sul valore aggiunto = —— = ——, i = 1,2Ri YLi

Il settore che produce beni esportabili (settore 1) include tut-ti i settori industriali ad esclusione del settore delle costruzioni(energia, chimica, metalli, estrattivo, macchine e attrezzature,mezzi di trasporto, alimentare, tessile legno, carta), mentre il set-tore che produce beni interni (settore 2) include le costruzioni ei servizi del settore privato (trasporti e comunicazioni, credito eassicurazioni, commercio e turismo). L’agricoltura, i servizi pub-blici e i servizi alla persona sono stati esclusi.

Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 213

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2. - La stima del modello di breve periodo

214 Giorgio Brunello - Daniele Checchi

COEFFICIENTI STIMATI NEL BREVE PERIODOMETODO FIML

PERIODO DI STIMA 1953-1998

variable coefficient std. error t-value t-prob HCSE

equazione (1) per DRW1

DRW2_1 –0,532785 0,183940 –2,897 0,0064 0,198211DYL1_1 –0,152513 0,114784 –1,329 0,1923 0,0875164DMEM_1 0,273935 0,234777 1,167 0,2510 0,159899DUNE –0,538247 0,460612 –1,169 0,2503 0,484138REC1_1 0,0377632 0,0117008 3,227 0,0027 0,00888429REC2_1 –0,148990 0,0509949 –2,922 0,0060 0,0473487DEXC –0,101966 0,0742074 –1,374 0,1779 0,0618862DEXC_1 –0,160204 0,0670854 –2,388 0,0223 0,0444457DYL2 0,222562 0,0862172 2,581 0,0141 0,0903900SME –0,0141885 0,0115993 –1,223 0,2292 0,00930059D63 0,0428991 0,0203833 2,105 0,0424 0,0104058D70 0,0422635 0,0194798 2,170 0,0367 0,00728994constant –0,201571 0,0944302 –2,135 0,0397 0,0890177σ = 0,01854844

equazione (2) per DRW2

DRW2_1 –0,227819 0,119188 –1,911 0,0639 0,109248DYL1_1 –0,151897 0,0779632 –1,948 0,0592 0,0717573DUNE 0,411470 0,322880 1,274 0,2107 0,336107REC1_1 0,0394769 0,00748775 5,272 0,0000 0,00688489REC2_1 –0,132246 0,0321881 –4,109 0,0002 0,0306509DEXC –0,149530 0,0456399 –3,276 0,0023 0,0400010DEXC_1 –0,136103 0,0446454 –3,049 0,0043 0,0530461DYL2 0,0765862 0,0568119 1,348 0,1861 0,0529429DYL2_1 0,141954 0,0645401 2,199 0,0344 0,0636722SME –0,0141148 0,00787896 –1,791 0,0816 0,00698053D63 0,0175993 0,0128597 1,369 0,1796 0,00735879D70 0,0521652 0,0121739 4,285 0,0001 0,00591940constant –0,177529 0,0580104 –3,060 0,0042 0,0576039σ = 0,01263681

equazione (3) per DYL1

DRW2_1 0,210330 0,176264 1,193 0,2406 0,188107DUNE 0,773732 0,500317 1,546 0,1307 0,474990DUNE_1 0,571901 0,461787 1,238 0,2236 0,445202DYL2 0,347468 0,0843327 4,120 0,0002 0,124218SME 0,0225922 0,0112536 2,008 0,0522 0,0138513STA –0,0303855 0,0100237 –3,031 0,0045 0,00945453D76 0,0523558 0,0232239 2,254 0,0304 0,00881770constant 0,0335379 0,0122461 2,739 0,0095 0,0164304

σ = 0,02245794

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Differenziali salariali tra settori in una economia aperta: etc. 215

(segue)

variable coefficient std. error t-value t-prob HCSE

equazione (4) per DMEM

DRW1_1 0,165038 0,0546071 3,022 0,0046 0,0460980DUNE –0,337692 0,218699 –1,544 0,1313 0,195130DUNE_1 0,202101 0,197154 1,025 0,3122 0,187966REC2_1 –0,0851530 0,0155044 –5,492 0,0000 0,0175411DYL2 0,0680956 0,0339790 2,004 0,0526 0,0361340DYL2_1 –0,0632322 0,0366665 –1,725 0,0932 0,0411858STA 0,00499493 0,00360922 1,384 0,1749 0,00344205D57 –0,0601649 0,00929746 –6,471 0,0000 0,00629692constant –0,186123 0,0297949 –6,247 0,0000 0,0350604

σ = 0,008838473

Loglik = 808,42366 log|Ω| = –35,1489 |Ω| = 5,43308e–016 T = 46LR test of over-identifying restrictions: Chi2 (37) = 49,557 [0,0812]

correlazione di residui

DRW1 DRW2 DYL1 DMEM

DRW1 1,000DRW2 0,020397 1,000DYL1 –0,24753 –0,33915 1,000DMEM 0,18438 –0,35031 –0,088029 1,000

DRW1 : portmanteau 6 lags = 7,4144DRW2 : portmanteau 6 lags = 8,7862DYL1 : portmanteau 6 lags = 8,479DMEM : portmanteau 6 lags = 7,8944

DRW1 : AR 1– 2F(2, 24) = 4,1401 [0,0285]DRW2 : AR 1– 2F(2, 24) = 2,9514 [0,0714]DYL1 : AR 1– 2F(2, 24) = 10,011 [0,0007]DMEM : AR 1– 2F(2, 24) = 8,7002 [0,0014]

DRW1 : normality Chi2 (2) = 0,545529 [0,7613]DRW2 : normality Chi´2 (2) = 1,0014 [0,6061]DYL1 : normality Chi´2 (2) = 1,3631 [0,5058]DMEM : normality Chi´2 (2) = 2,9154 [0,2328]

DRW1 : ARCH 1 F(1, 24) = 0,122714 [0,7292]DRW2 : ARCH 1 F(1, 24) = 0,565465 [0,4594]DYL1 : ARCH 1 F(1, 24) = 0,258697 [0,6157]DMEM : ARCH 1 F(1, 24) = 0,719473 [0,4047]

vector portmanteau 6 lags = 107,74vector AR 1-2 F(32, 93) = 0,808216 [0,7489]vector normality Chi2 (8) = 5,363300 [0,7181]

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