1 DIAMAGNETISMO E PARAMAGNETISMO Usiamo per la definizione delle grandezze fisiche magnetiche il sistema C.G.S. Si noti che in questo capitolo ci atterremmo alla notazione del cap. 31 del libro di N. W. Ashcroft e N.D. Mermin “Solid State Physics” indicando con H G il campo di induzione magnetica che in genere viene denominato con B G . Si sottintende che questa uguaglianza sia riferita alla regione esterna alla sostanza magnetica che è tutti gli effetti considerata come vuoto. Nel sistema C.G.S. si ha infatti che nello spazio libero (al di fuori del mezzo magnetico) 0 B H = G G μ , ma poiché la permeabilità magnetica del vuoto 0 μ vale 1, si ha che B H = G G , cioè il campo di intensità H coincide con il campo di induzione magnetica di intensità B. L’unità di misura usata in questo capitolo per l’intensità H del campo magnetico è quindi in Gauss (G) che rappresenta l’unità di misura usata per l’intensità B del campo di induzione magnetica. L’unità di misura dell’intensità H del campo magnetico nel sistema C.G.S. è infatti espressa in Oersted (Oe) e vale in generale la relazione 1 G = 1 Oe. Questa identificazione fra H e B non vale solo per il campo magnetico esterno maggiormente trattato in questo capitolo, ma anche per il campo di scambio ed il campo dipolare che sono campi intrinseci dei materiali magnetici. Si noti infine che in questo capitolo viene indicato con la lettera J sia il numero quantico associato al momento angolare totale che l’integrale di scambio. 1.1 Introduzione Diamo in primo luogo la definizione della magnetizzazione M G di un corpo. Essa è una grandezza vettoriale ed è definita nella sua forma generale come la derivata del vettore momento magnetico μ G rispetto al volume V del corpo, cioè ( ) ( ) d r M r dV μ = G G G G (1.1) In base a tale definizione la magnetizzazione viene determinata in un punto a distanza r G rispetto ad un’origine O ed è quindi diversa in ogni punto del corpo. Non è quindi necessario che il solido sia magnetizzato uniformemente per definire la magnetizzazione. Il momento magnetico viene anche definito momento di dipolo magnetico. In figura è rappresentato un solido magnetizzato in modo
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DIAMAGNETISMO E PARAMAGNETISMO
Usiamo per la definizione delle grandezze fisiche magnetiche il sistema C.G.S. Si noti che in
questo capitolo ci atterremmo alla notazione del cap. 31 del libro di N. W. Ashcroft e N.D. Mermin
“Solid State Physics” indicando con H il campo di induzione magnetica che in genere viene
denominato con B . Si sottintende che questa uguaglianza sia riferita alla regione esterna alla
sostanza magnetica che è tutti gli effetti considerata come vuoto. Nel sistema C.G.S. si ha infatti che
nello spazio libero (al di fuori del mezzo magnetico) 0B H= μ , ma poiché la permeabilità
magnetica del vuoto 0μ vale 1, si ha che B H= , cioè il campo di intensità H coincide con il campo
di induzione magnetica di intensità B. L’unità di misura usata in questo capitolo per l’intensità H
del campo magnetico è quindi in Gauss (G) che rappresenta l’unità di misura usata per l’intensità B
del campo di induzione magnetica. L’unità di misura dell’intensità H del campo magnetico nel
sistema C.G.S. è infatti espressa in Oersted (Oe) e vale in generale la relazione 1 G = 1 Oe. Questa
identificazione fra H e B non vale solo per il campo magnetico esterno maggiormente trattato in
questo capitolo, ma anche per il campo di scambio ed il campo dipolare che sono campi intrinseci
dei materiali magnetici.
Si noti infine che in questo capitolo viene indicato con la lettera J sia il numero quantico associato
al momento angolare totale che l’integrale di scambio.
1.1 Introduzione
Diamo in primo luogo la definizione della magnetizzazione M di un corpo. Essa è una grandezza
vettoriale ed è definita nella sua forma generale come la derivata del vettore momento magnetico μ
rispetto al volume V del corpo, cioè
( ) ( )d rM r
dVμ
= (1.1)
In base a tale definizione la magnetizzazione viene determinata in un punto a distanza r rispetto ad
un’origine O ed è quindi diversa in ogni punto del corpo. Non è quindi necessario che il solido sia
magnetizzato uniformemente per definire la magnetizzazione. Il momento magnetico viene anche
definito momento di dipolo magnetico. In figura è rappresentato un solido magnetizzato in modo
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non uniforme. Si deve considerare un elemento infinitesimo di volume dV a distanza r rispetto ad
un’origine O di un sistema di riferimento ed un momento magnetico infinitesimo dμ .
Se il corpo è magnetizzato uniformemente, cioè il momento magnetico è uguale in ogni punto
( ( )rμ =μ ) si ha che anche ( )M r = M . In questo modo la definizione di magnetizzazione viene
semplificata nella forma
MVμ
= (1.2)
Quindi, se la magnetizzazione è uniforme, la relazione fra magnetizzazione e momento magnetico
può essere espressa in forma scalare. Daremo nei prossimi paragrafi anche la definizione
termodinamica di magnetizzazione di un solido in relazione alla energia libera del sistema. Tale
ulteriore definizione si può giustificare pienamente prendendo in esame un sistema quantistico e
non più un sistema classico.
Analogamente si definisce suscettività magnetica e la si indica con la lettera χ la seguente
grandezza
MH
χ ∂=∂
(1.3)
dove H è l’intensità del campo magnetico applicato. Questa definizione risulta valida quando il
vettore magnetizzazione M è parallelo al vettore campo magnetico H . La suscettività rappresenta
la capacità di magnetizzazione di un solido con proprietà magnetiche ed esprime il grado con cui un
solido risponde all’azione di un campo magnetico esterno. In base alla definizione data la
suscettività è una grandezza scalare. Poiché per campi applicati facilmente raggiungibili negli
3
esperimenti spesso M dipende linearmente da H (cioè M = k H dove k è una costante) la
definizione di suscettività si riduce ad una forma ancora più semplice, cioè
MH
χ = (1.4)
In accordo con questa definizione la suscettività è ancora una grandezza scalare e non dipende dal
campo magnetico esterno H.
In base al comportamento nei confronti di un campo magnetico esterno le sostanze si suddividono
in due categorie, cioè in sostanze DIAMAGNETICHE e sostanze PARAMAGNETICHE.
Si definisce DIAMAGNETICA una sostanza che tende a schermare l’azione di un campo
magnetico applicato. In questo modo il momento magnetico indotto di ciascun atomo ha direzione
opposta a quella individuata dal campo applicato.
Una sostanza è invece PARAMAGNETICA quando i corrispettivi momenti magnetici di ciascuno
dei suoi atomi tendono ad allinearsi sotto l’azione di un campo magnetico esterno lungo la direzione
individuata dal campo magnetico stesso.
In base a tale comportamento le sostanze DIAMAGNETICHE sono caratterizzate da suscettività
magnetica χ negativa (χ < 0), mentre le sostanze PARAMAGNETICHE hanno suscettività
magnetica χ positiva (χ > 0).
1.2 Teoria classica del diamagnetismo: teoria di Langevin
Il fenomeno del diamagnetismo causato dalla tendenza delle cariche elettriche (elettroni) a
schermare in parte un corpo dall’azione di un campo magnetico applicato ha il suo analogo
elettrodinamico nella legge di Lenz. Tale legge descrive l’insorgenza di una corrente indotta come
risposta alla variazione di flusso del campo magnetico attraverso un circuito di corrente. Tale
corrente indotta si oppone alla variazione di flusso ed alla corrente ad esso associata. Tutte le
sostanze hanno comportamento diamagnetico, poiché tutti gli atomi hanno elettroni appartenenti
alle shell più esterne che schermano l’azione di un campo magnetico esterno. Il comportamento
diamagnetico è tipico di quelle sostanze in cui questo effetto è preponderante rispetto agli altri
effetti possibili. Sono esempi di sostanze diamagnetiche i gas nobili allo stato solido, materiali con
shell elettroniche complete come l’elio (He), il neon (Ne), l’argon (Ar), il kripton (Kr) e lo xenon
(Xe); sono diamagnetici anche i composti ionici come il fluoruro di litio (LiF), il fluoruro di
potassio (KF) ed il fluoruro di sodio (NaF). Sia l’alogeno (atomo di fluoro F) acquistando un
4
elettrone che i metalli alcalini (Li, K, Na) perdendo un elettrone sono sostanze diamagnetiche,
poichè ionizzandosi realizzano la condizione di shell esterna completa.
Per ricavare il risultato classico di Langevin esprimente la suscettività magnetica di una sostanza
diamagnetica occorre richiamare in primo luogo il TEOREMA di LARMOR. Esso afferma che il
moto degli elettroni attorno al nucleo in presenza di un campo magnetico di intensità H è, al primo
ordine in H, lo stesso moto che si avrebbe in assenza di tale campo a cui si deve sovrapporre un
ulteriore moto di precessione attorno ad H la cui frequenza angolare di precessione è data per ogni
elettrone da
2LeHmc
ω = (1.5a)
dove e è la carica dell’elettrone presa in modulo, m è la massa dell’elettrone e c è la velocità della
luce. La frequenza angolare viene definita FREQUENZA di LARMOR. La direzione della velocità
angolare Lω è lungo l’asse individuato dal campo magnetico H . La corrispondente frequenza
2L Lf =ω π (L indica Larmor) può essere espressa nella forma
2L
Lf H=γπ (1.5b)
dove 2L
emc
=γ è il rapporto giromagnetico orbitale (scritto a meno del segno – della carica) di un
corpo rigido rotante (elettrone) secondo le leggi della meccanica classica. Si vedrà nel paragrafo 1.4
che esso è dato dal rapporto fra il momento magnetico ed il momento angolare orbitale.
Si fa l’ipotesi che la corrente media (la media è d’insieme) generata dagli elettroni contenuti
all’interno di un atomo sia nulla prima dell’applicazione del campo magnetico esterno. In seguito
all’applicazione di un campo magnetico esterno ciascun elettrone ruota descrivendo orbite circolari
attorno all’asse individuato da H ad una frequenza angolare pari alla frequenza di Larmor e
l’insieme degli elettroni produce una corrente media finita attorno al nucleo. Si assume anche che la
frequenza di Larmor sia molto inferiore alla frequenza del moto originale dell’elettrone attorno al
nucleo soggetto a forze di tipo centrale e questa ipotesi è ragionevole per un campo magnetico
esterno debole. E’ noto dalle leggi dell’elettrodinamica classica che una carica in movimento genera
una corrente /i dq dt= dove q è la generica carica e t è il tempo. Vista l’analogia geometrica con il
modello della spira circolare percorsa da corrente può essere utilizzato per il calcolo di i tale
modello. La corrente è data, per ciascun elettrone, da /i e cT= (c si aggiunge nell’espressione di i
per ragioni dimensionali nel sistema C.G.S.); 2 / LT π ω= è il periodo di rivoluzione, cioè il tempo
impiegato dall’elettrone per percorrere un’intera circonferenza ed Lω è la frequenza angolare di
5
Larmor. Il periodo di rivoluzione è in questo caso un periodo associato alla precessione attorno alla
direzione del campo magnetico esterno. Quindi, sostituendo l’espressione di T nell’intensità di
corrente i, si trova / 2L Li e c= ω π . Se si considera un atomo contenente Z elettroni si scrive la
corrente totale equivalente LI Zi= − dove il segno – è dovuto al fatto che la direzione della corrente
equivalente generata convenzionalmente da una carica positiva è opposta rispetto alla direzione del
moto della corrente generata dall’elettrone avente carica negativa.
Sostituendo l’espressione della frequenza di Larmor di Eq.(1.5) dentro / 2L Li e c= ω π si trova che
la corrente totale I generata da Z elettroni vale
2
24Ze HI
mcπ= − (1.6)
Poiché il percorso della corrente è molto piccolo il momento magnetico orbitale può essere scritto
come il prodotto fra l’intensità i della corrente e l’area A dell’orbita (assunta circolare). Il campo
magnetico prodotto dall’elettrone è, a grandi distanze, equivalente a quello di un dipolo magnetico
caratterizzato da un vettore momento di dipolo posto nel centro dell’orbita e perpendicolare al piano
dell’orbita stessa. L’elettrone è, a tutti gli effetti, equivalente ad un dipolo magnetico. In base alla
definizione fornita, l’intensità del momento magnetico orbitale del singolo elettrone è e L Li A=orbitaleμ
dove 2A π ρ= è l’area dell’orbita dell’elettrone e ρ è il raggio dell’orbita. Il momento magnetico
orbitale esprime la forza del dipolo magnetico associato all’elettrone. Per avere il momento
magnetico totale μ dell’atomo associato agli Z elettroni basta moltiplicare per il numero Z di
elettroni, cioè
2
224
Ze Hmc
= − ⟨ ⟩μ ρ (1.7)
In Eq.(1.7) la quantità 2⟨ ⟩ρ è la media del quadrato della distanza del generico elettrone dall’asse
lungo cui è posto il campo magnetico. Essa è definita come una media d’insieme delle posizioni
degli Z elettroni dell’atomo. Poiché tale distanza è definita su un piano individuato dalla rotazione
dell’elettrone avente generiche coordinate x ed y attorno all’asse si scrive 2 2 2x y⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ + ⟨ ⟩ρ con le
quantità 2 2x y⟨ ⟩ ⟨ ⟩e indicanti le corrispondenti medie delle singole componenti x ed y elevate al
quadrato. La distanza quadratica media del generico elettrone dal nucleo è invece 2 2 2 2r x y z⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ + ⟨ ⟩ + ⟨ ⟩ dove si è aggiunta anche la media del quadrato della componente z, poiché
la distanza è in questo caso calcolata rispetto ad un punto, rappresentato dal nucleo, posto sull’asse.
In figura è schematizzato il moto di precessione del generico elettrone attorno all’asse definito dal
campo magnetico applicato.
6
Nucleo
z
H
e-
r
Piano xy
ωL
Per una distribuzione di carica a simmetria sferica deve valere 2 2 2x y z⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ a causa
dell’isotropia spaziale così che si può scrivere ad esempio 2 22 x⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ρ ed 2 23r x⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ . Si trova
che 2 2 / 3x r⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ che, sostituito in 2⟨ ⟩ρ , fornisce 2 22 / 3 r⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ρ . Sostituendo in Eq.(1.7)
l’espressione di 2⟨ ⟩ρ si trova
2
226
Z e H rmc
= − ⟨ ⟩μ (1.8)
Per ottenere il momento magnetico totale basta sommare i momenti magnetici di ciascun atomo e
ciò equivale a moltiplicare per il numero N di atomi del mezzo supponendo che tali momenti
magnetici siano tutti uguali. Quindi si può scrivere tot N=μ μ . Dividendo totμ per il volume V del
mezzo si trova la corrispondente magnetizzazione, cioè 2
226
N Ze HM rV mc
= − ⟨ ⟩ nell’ipotesi che il
mezzo sia uniformemente magnetizzato in accordo con Eq. (1.2). Si nota che la magnetizzazione è
ρ
7
antiparallela al campo esterno. Dividendo ancora per il campo magnetico H si trova la
SUSCETTIVITÀ DIAMAGNETICA del mezzo
2
226
M N Z e rH V mc
= = − ⟨ ⟩χ (1.9)
Eq.(1.9) rappresenta la LEGGE di LANGEVIN e costituisce un risultato derivato per via classica.
Il problema del calcolo della suscettività diamagnetica si riduce al calcolo di 2r⟨ ⟩ per la
distribuzione elettronica nell’atomo che può essere ottenuto in modo preciso usando la meccanica
quantistica. Per come è stata definita, la suscettività diamagnetica è una grandezza scalare ed
adimensionale. A causa del segno meno nel membro di destra posto davanti ad una quantità positiva
essa risulta minore di zero. Come si nota la suscettività diamagnetica è indipendente dalla
temperatura. Si sarebbe potuta trovare la suscettività diamagnetica di Eq.(1.9) anche applicando la
definizione più generale di suscettività data in Eq.(1.3). Tipicamente la suscettività diamagnetica è
dell’ordine di -10-4÷-10-5. Tuttavia, sperimentalmente viene misurata la suscettività magnetica
molare molareχ misurata in cm3/mole (si veda il paragrafo 1.5.1 per la sua definizione).
Il limite della trattazione classica del diamagnetismo sta nel fatto che si assume che la direzione del
campo magnetico esterno sia un asse di simmetria del sistema e questo non è in genere vero per
sistemi molecolari complessi. Per questa ragione deve essere applicata la teoria generale del
diamagnetismo e del paramagnetismo formulata da Van Vleck. Tale teoria si basa su leggi
quantistiche e riproduce sotto particolari condizioni il risultato classico di Langevin. Discuteremo
tale teoria nel paragrafo 1.4.
1.3 Teoria classica del paramagnetismo: equazione di Langevin e
legge di Curie
In generale, il paramagnetismo di una sostanza origina dal moto degli elettroni attorno ai nuclei di
ciascun atomo ed è quindi denominato paramagnetismo elettronico. Occorre tenere presente che si
ha anche un paramagnetismo nucleare associato al moto dei protoni e dei neutroni attorno al nucleo
la cui entità è molto minore rispetto a quello elettronico a causa della massa dei protoni e dei
neutroni che risulta molto maggiore rispetto a quella degli elettroni.
Si ha paramagnetismo elettronico nelle seguenti classi:
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a) Atomi, molecole e difetti reticolari con un numero dispari di elettroni. Infatti lo spin totale
non può essere nullo.
b) Atomi liberi e ioni con un orbitale più interno parzialmente occupato. Appartengono a
questa classe gli elementi di transizione (es. ferro (Fe), cobalto (Co), nichel (Ni), rame (Cu),
manganese (Mn)), elementi delle terre rare (es. lantanio (La), cerio (Ce), samario (Sm),
gadolinio (Gd)) e degli attinoidi (es. torio (Th), uranio (U), plutonio (Pu)).
c) Alcuni composti aventi un numero pari di elettroni incluso l’ossigeno molecolare (non atomi
singoli).
d) I metalli (es. sodio (Na), potassio (K), calcio (Ca)) esclusi i metalli di transizione
appartenenti al gruppo b).
Le sostanze paramagnetiche sono caratterizzate da atomi ciascuno dei quali ha un definito momento
magnetico, ma i momenti magnetici non interagiscono fra di loro. Risultano quindi nulle sia
l’interazione di scambio che l’interazione dipolare che verranno discusse nei paragrafi 2.1 e 2.2 per
le sostanze ferromagnetiche.
Deriviamo ora l’equazione di Langevin per il paramagnetismo classico. Supponiamo di avere un
mezzo (paramagnete) contenente N atomi ciascuno dei quali con momento magnetico μ . In un
mezzo paramagnetico la magnetizzazione totale si media a zero a causa del disordine termico. Se
viene applicato un campo magnetico esterno, oltre al piccolissimo effetto diamagnetico, i momenti
magnetici degli atomi tendono ad allinearsi lungo la direzione del campo. L’energia d’interazione di
ciascun atomo con il campo H è data da
cosE H Hμ μ θ= − ⋅ = − (1.10)
dove θ è l’angolo compreso fra il momento magnetico ed il campo magnetico esterno. Ciò equivale
ad affermare che un dipolo magnetico di momento μ , se immerso in un campo magnetico H ,
acquisisce un’energia pari ad E Hμ= − ⋅ . In figura è rappresentata la direzione arbitraria del
momento magnetico del generico atomo rispetto al campo magnetico esterno.
9
zH
μ
θ
x
y
φ
Per il calcolo della magnetizzazione Langevin seguì lo stesso tipo di calcolo effettuato da Debye per
calcolare la polarizzabilità per orientazione in un dielettrico. In particolare si può definire la
magnetizzazione del paramagnete nella forma
cosNMV
= ⟨ ⟩μ θ (1.11)
dove N è il numero di atomi supposti non interagenti e V è il volume del mezzo paramagnetico. ...⟨ ⟩
indica la media delle possibili orientazioni del generico atomo rispetto al campo magnetico
nell’elemento di angolo solido sind d dθ θ φΩ = calcolata rispetto alla distribuzione classica di
probabilità di Boltzmann all’equilibrio, cioè
2
0 02
0 0
sin coscos
sin
E
E
d d e
d d e
−
−
⟨ ⟩ =∫ ∫
∫ ∫
π πβ
π πβ
φ θ θ θθ
φ θ θ
dove φ è l’angolo azimutale e θ è l’angolo polare; 1/ Bk Tβ = con Bk costante di Boltzmann.
Sostituendo ad E l’espressione data in Eq.(1.10) ed integrando in φ a numeratore ed a denominatore
si ottiene
cos
0
cos
0
sin coscos
sin
H
H
d e
d e
πβμ θ
πβμ θ
θ θ θθ
θ θ=∫
∫
10
L’integrale si risolve per sostituzione di variabile, cioè si pone cos sin per cui t dt dθ θ θ= = − ;
quindi per 0 1 si ha tθ = = e per 1 si ha tθ π= = − . Conviene anche effettuare la sostituzione
Sostituendo questa espressione approssimata di ( )JB x nell’espressione di M di Eq.(1.20) si ottiene
ricordando che Bg=γ μ e che J H x=β γ con 1/ Bk Tβ = .
Bj(x) J = 1/2 J = 3 /2 J = 5/2
22
( ) ( )
( )
2 2
2 2
1 13 3
13
BB B
B
BB
J J J JN x N g J HM g J g JV V k TJ J
N Hg J JV k T
μμ μ
μ
+ += =
= +
A partire dalla definizione termodinamica della magnetizzazione T
N FMV H
∂⎛ ⎞= − ⎜ ⎟∂⎝ ⎠si ricava la
suscettività del sistema, cioè 2
2T
N FV H
χ⎛ ⎞∂
= − ⎜ ⎟∂⎝ ⎠ essendo /M Hχ = ∂ ∂ . Nel caso specifico basta
ricavarla come /M Hχ = , poichè la magnetizzazione è lineare in H ottenendo
( )2 2 113B
B
N g J JV k T
χ μ +
Se si definisce la quantità adimensionale ( )1effp g J J= + come numero efficace di magnetoni di
Bohr si ha
2 2
3eff B
B
pNV k T
μχ (1.22)
Eq.(1.22) rappresenta la LEGGE di CURIE per un sistema di ioni (atomi) non interagenti. Essa
esprime, anche per il caso quantistico, una suscettività inversamente proporzionale alla temperatura
T con 2 2/ / 3eff B BC N V p kμ= costante di Curie avente le dimensioni di una temperatura. Eq.(1.22)
rimane valida (con qualche piccola eccezione) per descrivere la suscettività di tali ioni quando
fanno parte di una struttura più complessa come un solido.
Anche l’espressione della suscettività di Eq.(1.22) ottenuta nell’approssimazione x <<1 è molto
simile a quella ottenuta classicamente seguendo la stessa approssimazione (cf. Eq.(1.15)). La
differenza fondamentale sta nel fatto che in questo caso il momento magnetico può essere definito
come Bpμ μ=eff eff , cioè come il prodotto fra il magnetone di Bohr Bμ ed un numero decimale
effp . Il momento magnetico varia in relazione alla sostanza paramagnetica considerata
rappresentata ad esempio da uno ione trivalente del gruppo delle terre rare (lantanidi) all’interno di
un cristallo isolante oppure da uno ione del gruppo del ferro (fra gli elementi di transizione)
all’interno di un composto salino come l’allume ferrico di ammonio. Ciò è in questo caso una
diretta conseguenza della sua derivazione quantistica che porta a definire un numero efficace
effp di magnetoni di Bohr.
23
Si possono anche ricavare gli andamenti della magnetizzazione e della suscettività magnetica
quando gli elettroni di ogni atomo e quindi gli atomi stessi non sono tutti nello stato fondamentale.
Ad esempio M e χ si possono ricavare nel caso in cui la differenza fra l’energia del livello
fondamentale J e quella del primo livello eccitato J ′ soddisfa alla condizione J J BE E k T′ − ≈ ,
cioè è dello stesso ordine di grandezza di Bk T ; M e χ si possono ricavare anche nel caso opposto a
quello discusso precedentemente, cioè quando J J BE E k T′ − << . Gli andamenti della
magnetizzazione e della suscettività che si ricavano sono molto simili a quelli riferiti al caso
studiato. Quando J J BE E k T′ − << si deve anche tenere conto della distribuzione degli atomi sui
diversi livelli energetici (livello fondamentale e livelli eccitati) corrispondenti ai diversi termini di
multipletto (ad es. i termini di multipletto ,...,J L S L S= − + per lo stato fondamentale, i termini di
multipletto ,...,J L S L S′ ′ ′ ′ ′= − + per il primo stato eccitato e così via) degli atomi del paramagnete.
1.5 Teoria quantistica del paramagnetismo: teoria perturbativa di
Van Vleck
Il modello di Van Vleck è un modello molto raffinato basato sulla teoria perturbativa indipendente
dal tempo che rappresenta un potente strumento matematico per studiare i sistemi quantistici. Lo
scopo è quello di ricavare mediante la teoria perturbativa la variazione di energia di un paramagnete
e da essa la suscettività magnetica.
In presenza di un campo magnetico esterno supposto uniforme, cioè ( )H r H= occorre modificare
l’operatore Hamiltoniano del sistema trattato secondo la meccanica quantistica. In primo luogo
nell’espressione dell’operatore energia cinetica totale associata al moto degli elettroni si deve tenere
conto della presenza di H . L’operatore vettoriale momento ip dell’i-esimo elettrone di carica –e
che entra a far parte dell’operatore energia cinetica deve essere sostituito da
( ) ( )⎛ ⎞′ → − − → +⎜ ⎟⎝ ⎠
i i i i ie ep p A r p A rc c
dove ( )iA r è il potenziale vettore dipendente dalla posizione ir dell’i-esimo elettrone.
Consideriamo l’equazione 0H∇⋅ = dove ∇ è l’operatore divergenza che esprime la solenoidalità
del campo H . Tale equazione è una delle equazioni di Maxwell ed è sempre valida. In virtù dell’
24
equazione 0H∇⋅ = si può introdurre un vettore A , detto potenziale vettore, tale che H A= ∇×
dove ∇× è l’operatore rotazionale. Infatti, in base ad una semplice regola di calcolo vettoriale, la
divergenza del rotazionale di un generico vettore è sempre nulla. In presenza di un campo
magnetico uniforme si trova, a partire dalla relazione H A= ∇× , che il potenziale vettore ( )iA r per
l’i-esimo elettrone può essere espresso nella forma
( ) 12i iA r r H= − ×
Si dimostra facilmente che la quantità ( )ie A rc ha le dimensioni di un momento esplicitando le
dimensioni di ( )iA r , cioè 1 12 2A −⎡ ⎤
=⎡ ⎤⎣ ⎦ ⎢ ⎥⎣ ⎦
-1g cm s cm essendo le dimensioni del campo esterno
12 1 1
2 23
2H −
⎡ ⎤⎡ ⎤⎢ ⎥= = =⎡ ⎤ ⎡ ⎤⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎢ ⎥⎢ ⎥ ⎣ ⎦⎢ ⎥⎣ ⎦
-1ergOe g cm s cmcm
. Infatti, facendo l’analisi dimensionale si ottiene
31 1 12 2 2 2e A
c
−⎡ ⎤⎡ ⎤ ⎢ ⎥ ⎡ ⎤= =⎢ ⎥ ⎣ ⎦⎢ ⎥⎣ ⎦ ⎢ ⎥⎣ ⎦
-1 -1-1
-1g cm s g cm s cm g cm s
cm s .
Per dimostrare che ( ) 12i iA r r H= − × conviene semplificare la descrizione prendendo il campo
magnetico diretto ad esempio lungo z, cioè scrivere ˆH H k= con H intensità uniforme del campo e
k versore associato alla direzione z. Ricaviamo A esplicitamente, cioè
( ) ( )ˆˆ ˆ
1 1 1 ˆ ˆ2 2 2
0 0i i i i i i
i j kA r H x y z y H i x H j
H= − × = − = − −
dove ( ), ,i i i ir x y z= . Sostituiamo l’espressione di A in H A= ∇× ricavando esplicitamente H , cioè
( )
( ) ( ) ( )
ˆˆ ˆ
1 1ˆ ˆ ˆ2 2
0
1 ˆ ˆˆ ˆ2
i ii i i
i i
i ii i
i j k
H H k A y H i x H jx y z
y H x H
x H i y H j H H k H kz z
∂ ∂ ∂⎡ ⎤= = ∇× = ∇× − − = − =⎢ ⎥ ∂ ∂ ∂⎣ ⎦−
⎛ ⎞∂ ∂= − + + − − =⎜ ⎟⎜ ⎟∂ ∂⎝ ⎠
poiché le derivate sono nulle a causa dell’uniformità del campo magnetico secondo cui ( )H r H=
cioè il campo magnetico non dipende dalle coordinate. Si ottiene un’identità e quindi si è dimostrato
25
che ( ) 12i iA r r H= − × . Il potenziale vettore espresso in questa forma soddisfa anche la condizione
0A∇ ⋅ = , cioè è a divergenza nulla. Infatti, basta sostituire l’espressione di A e scrivere in forma
esplicita tale condizione, cioè
( ) ( )
( ) ( )
1 1 ˆˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ2 2
1 02
i i i ii i i
i ii i
A y H i x H j i j k y H i x H jx y z
y H x Hx y
⎛ ⎞∂ ∂ ∂∇ ⋅ = − ∇ ⋅ − = − + + ⋅ − =⎜ ⎟⎜ ⎟∂ ∂ ∂⎝ ⎠
⎛ ⎞∂ ∂= − − =⎜ ⎟⎜ ⎟∂ ∂⎝ ⎠
tenendo conto delle relazioni fra i versori, cioè ˆ ˆ 1i i⋅ = , ˆ ˆ 1j j⋅ = , ˆ ˆ 0i j⋅ = , ˆ ˆ 0j i⋅ = , ˆ ˆ 0k i⋅ = e
ˆ ˆ 0k j⋅ = e dell’annullamento delle derivate a causa dell’uniformità del campo magnetico.
L’equazione a divergenza nulla del potenziale vettore prende il nome di gauge di Coulomb. In
meccanica quantistica A è un operatore vettoriale, H può essere considerato un vettore essendo
uniforme spazialmente.
I due contributi energetici, espressi in forma operatoriale, da calcolare sono i seguenti
1) Energia di interazione fra il campo magnetico esterno e lo spin elettronico
Essa viene scritta come la somma delle energie d’interazione di ciascuno spin con il campo
magnetico esterno, cioè si ha
0 0 0B B B zH g S H g H S g H Sμ μ μ μΔ ⋅ ⋅ ⋅ =spin0H = - = = (1.23)
dove 0 Bg Sμ μ= −spin è il momento magnetico di spin degli elettroni,
i
i
S s=∑ è l’operatore
vettoriale di spin totale espresso come somma degli operatori di spin di ciascun elettrone ed
iz z
i
S s=∑ è la componente z dell’operatore S data dalla somma delle componenti degli spin
orientati lungo la direzione z individuata da H. Gli izs possono assumere i valori +1/2 e -1/2,
mentre 0g = 2 è il fattore di Landè per l’elettrone. A causa della commutatività fra l’operatore S e
l’operatore H si ha che ⋅ = ⋅S H H S . I due operatori commutano, perché l’operatore H può
essere visto come vettore a causa della sua uniformità spaziale.
2) Energia cinetica totale elettronica
Essa assume la forma
26
( )
( )2 2
2
2
1 1 12 2 2 2
1 1 12 4 4
iA r
i i i i ii i i
i i i i ii i i
e eT p p A r p r Hm m c m c
e ep p r H r H pm m c m c
⎡ ⎤ ⎡ ⎤′= = + = − × =⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎣ ⎦ ⎣ ⎦
− ⋅ × − × ⋅
∑ ∑ ∑
∑ ∑ ∑
Si sostituisce l'espressione di
Si scrivono separatamente
( ) ( )
( )2 22
2
18
1 12 4
i i i ip A r A r p
ii
i i i ii
e r Hm c
ep p r H r Hm m c
⋅ ⋅
+ × =
= − ⋅ × + ×
∑
∑
i due contributi e non si fa il doppio prodotto, poichè non è ancora dimostrata la commutatività di ed
( ) ( )2 22
0
18i i
i i
ep r Hm c
T
⋅ + × =
= + Δ
∑ ∑1H
In questa espressione 20
12 i
i
T pm
= ∑ è l’operatore energia cinetica totale elettronica in assenza di un
campo magnetico esterno, mentre
( ) ( )2 22
1 14 81 i i i i i
i i
e ep r H r H p r Hm c m c
Δ = − ⋅ × + × ⋅ + ×∑ ∑H
è l’operatore associato alla variazione di energia dovuta alla presenza del campo magnetico esterno.
I due termini di 1ΔH possono essere ulteriormente manipolati e posti in una forma più semplice
ed interpretabile da un punto di vista fisico.
Partiamo dalla derivazione del primo termine di 1ΔH , cioè di ( )14 i i i i
i
e p r H r H pm c
− ⋅ × + × ⋅∑ . A
partire dalla condizione 0A∇ ⋅ = si può dimostrare che ( ) ( )i i i iA r p p A r⋅ = ⋅ , cioè che i due operatori
vettoriali potenziale vettore e momento coniugato commutano (la dimostrazione viene lasciata al
lettore). Ciò implica, sostituendo l’espressione di A nell’uguaglianza scritta, che
i i i ir H p p r H× ⋅ = ⋅ × e quindi, più in generale, che
( ) ( ) ( )1 1 14 4 2i i i i i i i i i i
i i i
e e ep r H r H p p r H p r H p r Hm c m c m c
− ⋅ × + × ⋅ = − ⋅ × + ⋅ × = − ⋅ ×∑ ∑ ∑ .
Si può riscrivere il termine in una forma più semplice. Infatti, basta tenere presente che il momento
angolare classico dell’i-esimo elettrone vale i i il r p= × per cui si può scrivere per ogni elettrone,
sfruttando la regola del prodotto misto a b c c a b⋅ × = ⋅ × e la proprietà del prodotto vettoriale
a b b a× = − × , i i i i i i ip r H H p r H r p H l− ⋅ × = − ⋅ × = ⋅ × = ⋅ ; anche in questo caso si è inserito
27
/2h π= per ragioni dimensionali, poiché ha le dimensioni di un momento angolare, mentre il
in meccanica quantistica è un numero. Da notare che la proprietà del prodotto vettoriale si può
applicare a maggior ragione, perchè H può essere considerato a tutti gli effetti un vettore e non un
operatore vettoriale essendo uniforme nello spazio.
Di conseguenza, considerando la somma su tutti gli elettroni, si ha
( )1 1 12 2 2i i i
i i
e e ep r H H l H Lm c m c m c
− ⋅ × = ⋅ = ⋅∑ ∑ , dopo avere definito il momento angolare
elettronico totale come ii
l L=∑ . Tenendo conto della definizione del magnetone di Bohr, cioè
2Bemc
μ = e, sfruttando la commutatività di H ed L ( H può essere visto come un vettore) per
cui H L L H⋅ = ⋅ , il primo termine di 1ΔH si può riscrivere in una forma più semplice, cioè
( )12
− ⋅ × = ⋅∑ i i Bi
e p r H L Hm c
μ dove compare il prodotto scalare fra l’operatore momento angolare
orbitale elettronico ed il campo magnetico esterno.
Scriviamo ora in una forma più semplice il secondo termine di 1ΔH , cioè ( )2 22
18 i
i
e r Hm c
×∑ . Si ha
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
2
2 2 2 2 2 2 2
ˆ ˆˆ ˆ ˆ ˆ
0 0 0 0
ˆ ˆ ˆ ˆ
i i i i i i i i i
i i i i i i i i
i j k i j kr H r H r H x y z x y z
H H
y H i x H j y H i x H j x H y H H x y
× = × ⋅ × = ⋅ =
− ⋅ − = + = +
dove , ,i i ix y z sono le componenti dell’i-esimo elettrone in un riferimento cartesiano ed il campo
magnetico è assunto lungo z, cioè ˆH H k= . Si è tenuto conto delle relazioni fra i versori, cioè
ˆ ˆ 1i i⋅ = , ˆ ˆ 1j j⋅ = , ˆ ˆ 0i j⋅ = e ˆ ˆ 0j i⋅ = . Quindi, in virtù di quest’ultimo risultato, il secondo termine di
1ΔH si può riscrivere in una forma più semplice, cioè ( ) ( )2 2 22 2 22 2
18 8
i i ii i
e e Hr H x ym c mc
× = +∑ ∑ .
Combinando insieme il primo ed il secondo termine di 1ΔH così semplificati si ricava
( )2 2
2 228
1 B i ii
e HL H x ymc
μΔ = ⋅ + +∑H (1.24)
28
Scriviamo, quindi, l’operatore associato alla variazione dell’energia totale ΔH come somma del
contributo 0ΔH dovuto allo spin elettronico (cf. Eq.(1.23)) e del contributo 1ΔH dovuto
all’effetto del campo magnetico sull’energia cinetica degli elettroni (cf. Eq.(1.24)), cioè
( )
( ) ( )
2 22 2
0 2
2 22 2
0 2
8
8
0 1 B B i ii
B i ii
e Hg S H L H x ymc
e HL g S H x ymc
μ μ
μ
Δ = Δ + Δ = ⋅ + ⋅ + + =
= + ⋅ + +
∑
∑
H H H
(1.25)
Si nota che l’operatore ΔH è proporzionale ad un termine al primo ordine in H ed ad un termine
al secondo ordine in H .
Se si applica un campo magnetico di intensità media pari ad esempio a 104 G si può dimostrare, con
un semplice calcolo effettuato facendo una stima approssimativa dell’ordine di grandezza del primo
termine a secondo membro di Eq.(1.25), che si ottiene una variazione di energia di 10-4 eV. Il
secondo termine a secondo membro dà infatti un contributo molto più piccolo e quindi trascurabile
per il conto. Quindi risulta che, applicando un campo magnetico di intensità media, l’energia del
sistema cambia di poco tenendo presente che le energie atomiche sono dell’ordine di alcuni eV.
Questa piccola variazione è però responsabile delle proprietà magnetiche della materia. Per
calcolare piccole variazioni di energia in meccanica quantistica ci si avvale della TEORIA
PERTURBATIVA ORDINARIA.
Poiché la suscettività è proporzionale alla derivata seconda dell’energia libera (e quindi anche alla
derivata seconda dell’energia) si dovranno tenere nello sviluppo perturbativo dell’energia termini
fino al secondo ordine in H per avere una suscettività magnetica che risulti indipendente dal campo
esterno come effettivamente si osserva sperimentalmente. Per questa ragione si usa il risultato della
teoria perturbativa indipendente dal tempo al secondo ordine nell’energia. Quindi, nel calcolo si
trascurano i contributi dell’energia perturbata di ordine superiore al secondo nel campo magnetico
esterno che risultano molto piccoli.
Se En è l’energia dello stato imperturbato n-esimo (con n = 0 stato fondamentale ed n = 1,2,..,k i k
stati eccitati imperturbati) e ΔEn la sua variazione corrispondente all’operatore ΔH si ha En -> En
+ ΔEn con la variazione di energia ΔEn espressa mediante la teoria perturbativa indipendente dal
tempo al secondo ordine nella forma
29
2| || |n
n nn n
n nE n n
E E ′′≠
′⟨ Δ ⟩Δ = ⟨ Δ ⟩ +
−∑
o
o
Perturbazione al II ordinePerturbazione
al I ordineH
H
Si fa uso della teoria perturbativa indipendente dal tempo, perché non si è interessati alla evoluzione
nel tempo dell’Hamiltoniana. Infatti, è ragionevole studiare l’interazione con il campo magnetico
esterno ad un dato istante temporale.
La notazione usata è quella introdotta da Dirac con vettori bra (a sinistra) e ket (a destra) rispetto
all’operatore di perturbazione ΔH . Il primo termine a secondo membro rappresenta la correzione
perturbativa al primo ordine data dall’elemento di matrice della perturbazione ΔH sullo stato
imperturbato n (elemento diagonale) che ha il significato di un valore medio della perturbazione.
Invece il secondo termine a secondo membro è la correzione al secondo ordine. La sommatoria è
fatta su tutti i k stati imperturbati n′ diversi dallo stato n fissato (elementi off-diagonali). È da
notare che in meccanica quantistica gli elementi di matrice sono degli integrali sullo spazio di Fock
le cui funzioni integrande sono rappresentate da operatori e da autovettori, uno a destra
dell’operatore (corrispondente alll’autovettore ket) e l’altro a sinistra dell’operatore (corrispondente
all’autovettore bra). Quest’ultimo deve essere scritto come complesso coniugato. Il secondo termine
a secondo membro è quindi espresso da una sommatoria di elementi di matrice.
Se si sostituisce l’espressione dell’operatore ΔH di Eq.(1.25) dentro nEΔ si ottiene
( ) ( )
( ) ( )
2 22 2
0 2
22 2
2 20 2
| |8
| |8
n B i ii
B i ii
n nn n
e HE n L g S H x y nmc
e Hn L g S H x y nmc
E E
μ
μ
′′≠
Δ = ⟨ + ⋅ + + ⟩ +
′⟨ + ⋅ + + ⟩
+−
∑
∑∑
Poichè la variazione di energia è piccola si trascurano i contributi al terzo ed al quarto ordine in H
provenienti dall’ultimo termine a secondo membro (quello contenente la sommatoria n n′≠∑ ); in
30
seguito a questa semplificazione si può riscrivere la nEΔ nella forma
( ) ( )
( )
20
0
2 22 2
2
| || |
| |8
Bn B
n nn n
i ii
n H L g S nE n H L g S n
E E
e H n x y nmc
′′≠
′⟨ ⋅ + ⟩Δ = ⟨ ⋅ + ⟩ + +
−
+ ⟨ + ⟩
∑
∑
μμ
In questo ultimo passaggio si è sfruttata la proprietà di commutatività degli operatori L ed S con
l’operatore H grazie alla quale ( ) ( )0 0L g S H H L g S+ ⋅ = ⋅ + . Inoltre si è decomposto il primo termine
in due termini portando fuori dall’elemento di matrice ( )2 2| |i ii
n x y n⟨ + ⟩∑ (che dà la correzione al
primo ordine perturbativo) il termine 2 2
28e H
mc non dipendente dall’elemento di matrice stesso e sono
stati scambiati il risultante secondo termine con l’ultimo termine contenente gli elementi di matrice
off-diagonali. Infine, in quest’ultimo termine si è tenuto solo il contributo al secondo ordine in H.
Si può infine portare fuori dal primo elemento di matrice B Hμ , quantità che non dipende da esso
essendo H un vettore ottenendo
( ) ( )
( )
20
0
2 22 2
2
| || |
| |8
′′≠
′⟨ ⋅ + ⟩Δ = ⋅ ⟨ + ⟩ + +
−
+ ⟨ + ⟩
∑
∑
Bn B
n nn n
i ii
n H L g S nE H n L g S n
E E
e H n x y nmc
μμ
(1.26)
Eq.(1.26) costituisce l’EQUAZIONE DI BASE per le teorie quantistiche della SUSCETTIVITÀ
MAGNETICA di atomi, ioni o molecole. Il primo termine nel membro di destra è al primo ordine
nel campo magnetico esterno, cioè varia linearmente con il campo esterno. Il secondo ed il terzo
termine costituiscono insieme il contributo al secondo ordine nel campo esterno. Si può scrivere il
generico elemento di matrice del secondo termine in notazione compatta, cioè
( )0| |B nnn H L g S n Vμ ′′⟨ ⋅ + ⟩ = in modo tale che, ancora in notazione compatta, possa essere scritto
il modulo quadro di tale elemento di matrice, cioè 2
nn nn nnV V V ∗′ ′ ′= . A causa del fatto che
l’operatore 0+L g S è hermitiano (è infatti reale) si ha che n n n nV V ∗′ ′= . Quindi, ( )n n n nV V
∗ ∗∗′ ′= da
31
cui n n n nV V∗
′ ′= con ( )0| |′ ′= ⟨ ⋅ + ⟩n n BV n H L g S nμ per cui gli elementi di matrice del secondo
termine nel membro di destra si possono riscrivere come
( ) ( )0 0| | | |
′′≠
′ ′⟨ ⋅ + ⟩⟨ ⋅ + ⟩
−∑ B B
n nn n
n H L g S n n H L g S n
E E
μ μ. Da notare che il contributo al secondo
ordine diagonale in n è circa 105 volte più piccolo del contributo al primo ordine anche per campi
grandi dell’ordine di 104 G. Anche il termine al secondo ordine costituito dagli elementi di matrice
off-diagonali è dello stesso ordine di grandezza nella maggior parte dei casi a causa del fatto che il
denominatore n nE E ′− dà la tipica energia di eccitazione atomica che risulta piuttosto grande
rendendo il termine corrispondente molto piccolo. Tuttavia alcuni atomi, come per esempio i gas
nobili, esibiscono proprietà diamagnetiche per le quali l’operatore 0L g S+ ha autovalore nullo a
causa del fatto che 0 0 0L S= = (si veda il paragrafo successivo per una discussione). Ciò porta
all’annullamento del primo e del secondo termine del membro di destra di Eq.(1.26). Per questi
atomi si dovrà tenere conto, nel calcolo della suscettività, del terzo termine del membro di destra di
Eq.(1.26) (secondo termine al secondo ordine nel campo magnetico) che, pur essendo piccolo,
risulta diverso da zero. Escluso questo caso l’energia di un sistema di atomi con o senza campo
magnetico è praticamente la stessa.
1.5.1 Suscettività di ioni (atomi) isolanti con tutte le shell occupate:
diamagnetismo di Larmor
Analizziamo in primo luogo il caso dei GAS NOBILI che rappresentano il prototipo di sostanze
diamagnetiche e sono ISOLANTI. Calcoliamo per essi, a partire dal risultato della teoria
perturbativa, la suscettività diamagnetica.
Consideriamo il sistema ad una temperatura tale che tutti gli elettroni si trovino nello stato
fondamentale n = 0 non degenere che indichiamo con 0 usando la notazione della meccanica
quantistica. Poiché i gas nobili presentano shell complete si ha che i numeri quantici associati al
momento angolare totale, a quello orbitale ed a quello di spin sono nulli, cioè 0J L S= = = . Ciò
implica che 0 0 0 0J L S= = = essendo uguali a zero gli autovalori
( ) ( ) ( )+ + +1 , 1 e 1J J L L S S corrispondenti rispettivamente al momento angolare totale, al
momento angolare orbitale ed a quello di spin. Di conseguenza, i primi due termini della correzione
32
perturbativa all’energia di Eq.(1.26) sono uguali a zero, poiché per entrambi i termini vale la
condizione ( )0 0 0L g S+ = essendo 0 0 0L S= = .
In particolare, per J = 0 si trova che 2 J + 1=1, cioè che lo stato fondamentale effettivamente non è
degenere essendo rappresentato da un solo livello. Quindi, la correzione perturbativa dell’energia
nello stato fondamentale n = 0 vale
( )2 2
2 20 2 0 | | 0
8i i
i
e HE x ymc
Δ = ⟨ + ⟩∑
In questo caso si può porre 0E FΔ = , dove F è l’energia libera, poiché lo stato fondamentale è non
degenere. Si deve perciò confrontare l’energia dello stato fondamentale E0 con l’energia termica kBT
con il risultato che E0 >> kBT . Quindi, in virtù di questa disuguaglianza, è come se si assumesse una
temperatura T = 0, temperatura alla quale si può porre 0E FΔ = .
Quindi, la suscettività per ione si può esprimere come la derivata seconda dell’energia 0EΔ
risultando
( )
( )
22 2 2 22 20
2 2 2 2
22 2
2
1 1 1 0 | | 08
1 0 | | 04
i ii
i ii
EF e H x yV V VH H H mc
e x yV mc
χ⎛ ⎞∂ Δ∂ ∂ ⎜ ⎟= − = − = − ⟨ + ⟩ =⎜ ⎟∂ ∂ ∂ ⎝ ⎠
= − ⟨ + ⟩
∑
∑
Supponendo di avere N ioni indipendenti si può esprimere la suscettività totale nella forma
( )2
2 22 0 | | 0
4i i
i
N e x yV mc
χ = − ⟨ + ⟩∑ (1.27)
L’espressione trovata prende il nome di SUSCETTIVITÀ DIAMAGNETICA di LARMOR. Essa è
una grandezza adimensionale e negativa, poiché l’elemento di matrice è positivo. Inoltre è
indipendente dalla temperatura. Si dimostra facilmente che il risultato quantistico ottenuto
applicando la teoria perturbativa al secondo ordine è equivalente al risultato classico della teoria del
diamagnetismo di Langevin. Infatti, nell’ipotesi che la distribuzione elettronica abbia simmetria
sferica, si può scrivere
( )2 2 2 2
2
0 | | 0 0 | | 0 0 | | 0
2 0 | | 03
i i i ii i i
ii
x y x y
r
⟨ + ⟩ = ⟨ ⟩ + ⟨ ⟩ =
= ⟨ ⟩
∑ ∑ ∑
∑
33
essendo per definizione 2 2 2 2
i i i ir x y z= + + e, a causa della simmetria sferica,
2 2 2 210 | | 0 0 | | 0 0 | | 0 0 | | 03i i i i
i i i i
x y z r⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ = ⟨ ⟩∑ ∑ ∑ ∑ per cui si ottiene immediatamente
2 2 2 22 20 | | 0 0 | | 0 0 | | 0 0 | | 03 3i i i i
i i i i
x y r r⟨ ⟩ + ⟨ ⟩ = ⟨ ⟩ = ⟨ ⟩∑ ∑ ∑ ∑ . Definendo un raggio quadratico medio
ionico nella forma 2 21 0 | | 0ii
r rZ
⟨ ⟩ = ⟨ ⟩∑ (è la definizione di media aritmetica) dove Z è il numero di
elettroni in ciascuno ione e, sostituendo tale espressione in Eq.(1.27), si ricava
22
26N Z e rV mc
χ = − ⟨ ⟩ (1.28)
Il risultato di Eq.(1.28) è equivalente al risultato classico di Langevin di Eq.(1.9). Tuttavia, usando
il metodo perturbativo si trova che il diamagnetismo è associato agli elettroni delle shell
elettroniche esterne che risultano completamente occupate. Questo risultato non poteva essere
ottenuto per via classica.
In genere risulta comodo esprimere la suscettività diamagnetica come suscettività molare avente
unità di misura in cm3/mole. Basta moltiplicare la suscettività per il volume di una mole, cioè
molare AN VN
χ χ= dove ( )/AN N V è il volume di una mole con AN numero di Avogadro. Ad
esempio fra i gas nobili la suscettività molare dell’elio (He) (la più bassa in valore assoluto) vale 61.9 10 3cm /mole−− × , mentre quella dello xenon (Xe) (la più alta in valore assoluto) è
643 10 3cm /mole−− × . Invece ad esempio fra gli alcalini la suscettività molare dello ione potassio
(K+) è 614.6 10 3cm /mole−− × e fra gli alogeni quella dello ione Cl- è 624.2 10 3cm /mole−− × .
1.5.2 Suscettività di ioni (atomi) isolanti con shell parzialmente occupate:
paramagnetismo di Van Vleck
Prendiamo ora in esame atomi appartenenti alla classe degli ISOLANTI che non soddisfano la
condizione di completezza della shell più esterna e calcoliamo per essi la correzione dell’energia al
secondo ordine perturbativo. Questi atomi manifestano sia comportamento diamagnetico che
paramagnetico.
34
Esaminiamo prima il CASO IN CUI il NUMERO QUANTICO è nullo, cioè 0J = che equivale ad
avere L’AUTOVALORE DEL MOMENTO ANGOLARE TOTALE ( )1J J + NULLO. Tale
caso si verifica, oltre che per shell piene (cf. paragrafo 1.5.1), anche per shell in cui manca un
elettrone perché risultino semipiene. E’ da notare che non era possibile considerare tale caso nella
discussione del paramagnetismo quantistico fatta nel paragrafo 1.4 dove si assumeva che J fosse
diverso da zero e si aveva suscettività magnetica non nulla solo per sostanze paramagnetiche con
momento magnetico permanente. Il valore di J = 0 si ricava utilizzando le 3 regole di Hund per il
riempimento delle shell secondo le quali:
a) Gli elettroni vengono distribuiti in maniera tale da avere lo spin totale S dello stato
fondamentale massimo in accordo con il principio di esclusione di Pauli. Questa regola
stabilisce quindi il valore di S con 1
n
z ii
S s=
= ∑ numero quantico dello spin totale
corrispondente allo stato fondamentale considerato; zis è la componente lungo z dello spin
dell’i-esimo elettrone e può assumere i valori +1/2 (spin up) o -1/2 (spin down), mentre n è
il numero di elettroni da porre nella shell considerata il cui numero massimo è stabilito dal
principio di esclusione di Pauli.
b) Occorre massimizzare il momento angolare orbitale totale L dello stato fondamentale.
c) Occorre stabilire il valore del momento angolare totale J corrispondente allo stato
fondamentale una volta noti i valori di L ed S. In base al segno del termine
dell’Hamiltoniana ( )λ ⋅L S che esprime l’interazione spin-orbita i valori di J corrispondenti
allo stato fondamentale sono i seguenti
, 2 1
, 2 1
J L S n l
J L S n l
= − ≤ +
= + ≥ +
Shell meno che semipiene Shell più che semipiene
dove l è il numero quantico azimutale (per shell d- si ha l = 2, per shell f si ha l =3). Per shell meno
che semipiene, cioè per 2 1n l≤ + , l’accoppiamento spin-orbita avente 0λ > favorisce il minimo
valore di J, dato da momento angolare e di spin totali antiparalleli, cioè L S− . Per shell più che
semipiene, cioè per 2 1n l≥ + , l’accoppiamento spin-orbita avente 0λ < favorisce il massimo
valore di J dato dalla condizione di momento angolare orbitale e di spin totali paralleli, cioè L S+ .
Il numero totale di elettroni è pari a ( )2 2 1n l= + . La regola a) tuttavia presenta ambiguità perché
non stabilisce quale orbitale debba essere riempito per primo (per esempio non stabilisce quale dei 5
orbitali della shell d- o quale dei 7 orbitali della shell f- deve essere riempito per primo).
35
Se si considerano gli stati fondamentali (indicati con | 0⟩ in notazione di Dirac) di ioni con shell d-
parzialmente occupate (numero quantico azimutale l = 2) si ha che la condizione per cui il momento
angolare totale sia nullo, cioè 0J L S= − = , si realizza quando si pongono nella shell d- 4
elettroni scelti ad esempio tutti con spin down (shell meno che semipiena) ognuno dei quali con
componente lungo la direzione z data da zs = -1/2. Questa condizione corrisponde ad una shell a
cui manca un elettrone per risultare semipiene. I due elementi (isolanti) aventi 4 elettroni nella shell
più esterna e che realizzano questa condizione sono gli ioni Cr2+ ed Mn3+ (si noti che i
corrispondenti atomi di Cr e di Mn sono invece metalli di transizione che non realizzano la
condizione 0J = ). I 4 elettroni posti nella shell d- danno come momento angolare totale di spin 4
11/ 2 ( 1/ 2) ( 1/ 2) ( 1/ 2) 2 2zi
iS s
=
= = − + − + − + − = − =∑ . Invece il numero quantico associato al
momento angolare orbitale totale è ( )4
12 1 0 1 2zi
iL l
=
= = + + + + − =∑ , poichè il numero quantico
z il , che dà la componente lungo z del momento angolare orbitale li dell’i-esimo elettrone, varia da -
li a +li, cioè [ ],zi i il l l∈ − + a passi di un’unità. E’ da notare che nel riempimento degli orbitali si è
partiti per convenzione da quello corrispondente ad 2zl = + , ma ovviamente si perviene allo stesso
risultato anche partendo dall’orbitale corrispondente ad 2zl = − . Si verifica facilmente che
2 2 0J L S= − = − = . Lo stesso risultato si otterrebbe se gli elettroni fossero scelti tutti con spin-
up. Il riempimento completo della shell d- costituita da 5 orbitali si ottiene con 10 elettroni, due per
ogni orbitale per il principio di esclusione di Pauli come si può facilmente verificare. Tuttavia
l’ultimo caso di interesse, se si vuole avere una shell d- parzialmente occupata, è quello con 9
elettroni anche se il corrispondente valore di J risulterebbe diverso da zero. Un ragionamento simile
applicato alla shell f- caratterizzata da numero quantico azimutale l = 3 e da 7 orbitali porterebbe ad
avere il numero quantico J nullo se si utilizzassero 6 elettroni, poiché si avrebbe 3S = ed 3L = che
porterebbe ad avere 3 3 0J L S= − = − = . Il riempimento totale della shell f- si ottiene invece con
14 elettroni.
Se 0J = si può dimostrare, a partire da opportune regole di commutazione fra gli operatori di
momento angolare, che 00 | | 0 0L g S⟨ + ⟩ = pur essendo non nullo lo stato ( )0 | 0L g S+ ⟩ . Ciò
corrisponde fisicamente ad un sistema che nello stato fondamentale non presenta momento
magnetico permanente. Questo non significa, come avveniva nel caso discusso nel paragrafo 1.5.1,
36
che l’autovalore L e l’autovalore S riferiti allo stato fondamentale siano entrambi separatamente
nulli. Alla luce di questi risultati la correzione al secondo ordine perturbativo nell’energia risulta
( ) ( ) 22 2 02 2
0 200
0 | |0 | | 0
8
Bi i
ni n
H L g S ne HE x y FE Emc ≠
⟨ ⋅ + ⟩Δ = ⟨ + ⟩ − =
−∑ ∑μ
(1.29)
dove l’uguaglianza 0E FΔ = vale nel caso non degenere (si veda il paragrafo 1.5.1 per una
giustificazione di questa uguaglianza). In questo caso si assume infatti che sia soddisfatta la
condizione 0n BE E k T− con n=1,2,3 indice dell’energia degli stati eccitati. In base a tale
condizione la maggior parte degli elettroni in ciascun atomo e quindi anche la maggior parte degli
atomi o delle molecole sono nello stato fondamentale all’equilibrio termico. La somma presente nel
secondo termine è effettuata su tutti i k stati eccitati imperturbati off-diagonali caratterizzati dal
numero quantico 0n ≠ con n = 1,2,.. Come si nota, in Eq.(1.29) manca il primo termine a secondo
membro che era presente in Eq.(1.26), poiché 00 | | 0 0L g S⟨ + ⟩ = . In Eq.(1.29) si è rinominato n′
con n ed il segno meno nel secondo termine a secondo membro rispetto ad Eq.(1.26) è dovuto al
cambio di segno effettuato a denominatore. Questo cambio di segno è puramente arbitrario, ma
risulta comodo per il calcolo della suscettività.
Come si può notare l’ultimo termine a secondo membro contenente gli elementi off-diagonali non si
annulla a differenza del caso precedente degli isolanti con shell piena dove era invece diverso da
zero solo il primo termine del membro di destra di Eq.(1.29). Supponendo di applicare il campo
magnetico lungo z si ha: ( ) ( )0 0z zH L g S H L g S⋅ + = + . A partire da Eq.(1.29) e, tenendo conto di
quest’ultima semplificazione nel secondo termine a secondo membro, si ricava la suscettività degli
isolanti contenenti N/V atomi (ioni) per unità di volume, cioè