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1. Spazio e territorialità nel Medioevo
La nozione di confine, è risaputo, svolge un ruolo cruciale a
qual-siasi livello di rappresentazione e organizzazione del mondo:
lo atte-stano i numerosi eventi che sui confini, intorno o a causa
di essihanno luogo, e le altrettante teorie avanzate con
riferimenti impliciti oespliciti ai sistemi di confinazione, alla
loro importanza e persistenza.Tuttavia, se considerata in
riferimento alla continuità e contamina-zione della maggior parte
dei fenomeni sociali e culturali tramandaticidalla storia, la
riproduzione geografica della società medievale sembrainvece
fondamentalmente adattarsi a un modo originale di elabora-zione del
significato, fondato su un sistema di rappresentazione chemescola
rimandi e gerarchizzazioni tra piani dotati di valori
spessodifferenti, sicuramente lontanissimo dalla nozione univoca di
esten-sione materiale, omogenea e misurabile, cui la civiltà
occidentale con-temporanea riconduce lo spazio e i suoi
limiti1.
Le contrapposizioni del sistema medievale rispetto a
quellomoderno sono così considerevoli da rendere quasi impossibile
unavisione sintetica. Sebbene dal X secolo le testimonianze di
cronisti,di viaggiatori e, in misura minore, di artisti si facciano
numerose, laricchissima polisemia dei termini, l’azione antropica e
la valenzaquasi sacrale assegnata al limen2, nonché l’assenza quasi
totale di
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE.
CONSIDERAZIONI IN MARGINE AL ROLLUM BULLARUM
DI MONREALE
Serena Falletta
1 Cfr. A. Guerreau, Il significato dei luoghinell'Occidente
medioevale: struttura edinamica di uno spazio specifico, in
E.Castelnuovo, G. Sergi (a cura di), Arti estoria nel medioevo.
Tempi, spazi e istitu-zioni, I, Einaudi, Torino, 2002, pp. 201-239;
G. Chouquer (a cura di) Les formesdu paysage, 3 voll., Editions
Errance,Paris, 1996; Id., L’étude des paysages.Essais sur leurs
formes et leur histoire,Editions Errance, Paris, 2000.2 Si vedano i
numerosi esempi offerti dallaletteratura agiografica che, traslando
dalla
sfera privata a quella pubblica e politica ilsignificato
simbolico del limite terminalecon i suoi segni anche giuridici, lo
rendonoemblema della sicurezza e dell’identità ter-ritoriale (cfr.
A. Benvenuti, Draghi e confini.Rogazioni e litanie nelle
consuetudini litur-giche, in corso di stampa in Simboli erituali
nelle città toscane fra medioevo eprima età moderna (Arezzo, 21-22
maggio2004); consultabile on line
all’indirizzo:http://centri.univr.it/RM/biblioteca/SCAFFALE/b.htm#Anna%20Benvenuti).
n.31
18M e d i t e r r a n e a R i c e r c h e s t o r i c h e Anno
VII - Aprile 2010
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carte e mappe prima del XVI3 secolo rendono bene l’idea del
divarioabissale tra la descrizione medievale dello spazio e quella
contempo-ranea. In questo senso, si comprende pienamente come la
parola‘confine’ sia uno di quei termini il cui significato rimane,
in epocamedievale, per lo più indeterminato se privo di una precisa
conte-stualizzazione4.
Una possibile chiave di lettura nell’indagare le descrizioni
termi-nali dell’epoca è, in questo contesto, quella della logica
sociale domi-nante, in grado di far emergere dinamiche complesse
nell’ambito diciò che la storiografia italiana definisce
“territorialità medievale”5: unastruttura percorsa da poteri e
prerogative, recentemente definita daPaola Guglielmotti come «una
realtà estremamente composita, com-plessa e spesso mutevole, una
trama irregolare di linee ed addensa-
32
S. FALLETTA
3 Sulla sostanziale incapacità tecnica dirappresentazione
cartografica dei territori,cfr. P. De LaPradelle, La frontière.
Étude deDroit international, Les éditions internatio-nales, Paris,
1928, p. 35; G. Dupont-Fer-rier, L’incertitude des limites
territorialesen France du XIIIe siècle au XVIe, «Com-ptes-rendus de
l’Académie des Inscrip-tions et Belles-Lettres» (1942), pp.
62-77;B. Guillemain, De la dynamique systèmesaux frontières
linéaires, in Confini eRegioni. Il potenziale di sviluppo e di
pacedelle periferie. Atti del convegno Problemi eprospettive delle
regioni di frontiera (23-27marzo 1972), Lint, Trieste, 1973, pp.
259-264; P. Guichonnet, C. Raffestin, Géogra-phie des frontières,
Presses Universitairesde France, Paris, 1974, p. 18.4 Negli ultimi
anni il tema della frontiera edel confine, usualmente trattato in
campoantropologico ed etnografico, ha goduto diuna certa fortuna
anche sul versante sto-riografico. Per l’epoca che qui
interessaimprescindibile resta il contributo diDaniel Nordman che,
a conclusione di unlungo percorso di ricerca, ha messo in evi-denza
come, per ciò che riguarda la Fran-cia (una delle realtà politiche
più studiateda questo punto di vista), non sia possi-bile
ricostruire un processo di linearizza-zione delle frontiere
continuo e progres-sivo sino a buona parte dell’epocamoderna, ma si
mostri piuttosto unacaratteristica trama di confini, destinata
aperdurare per lunghi secoli, che non èassenza di frontiere, o
confusione, macomplessità (cfr. D. Nordman, Frontieres
de France. De l’espace au territoire, XVI-XIX siécle, Gallimard,
Paris 1998).5 Già Claude Raffestin a proposito di talenozione aveva
invitato a tener distinti sulpiano dell’analisi storica e
geografica itermini spazio e territorio, sostenendo lanon
equivalenza dei due termini: «il terri-torio infatti, presuppone
uno spazio, ma èattraverso un’attività di appropriazione
etrasformazione che il primo riesce adassumere una propria
fisionomia. Appro-priandosi di uno spazio, l’uomo lo
territo-rializza. Il territorio quindi, a differenzadello spazio,
può essere prodotto. Ognipratica spaziale indotta da un
sistemad’azioni o di comportamenti, ancheembrionali, scrive
Raffestin, si traduce inuna produzione territoriale» (P.
Marchetti,I giuristi e i confini. L’elaborazione giuridicadella
nozione di confine tra Medioevo edEtà Moderna, «Cromohs», VIII
(2003), pp.13-23:15; disponibile on line
all’indirizzo:http://www.cromhos.unifi.it/8_2003/marchetti.html).
Sul concetto di territorialitànel Medioevo, si vedano il
fondamentaleP. Vaccari, La territorialità come base
del-l’ordinamento giuridico del contado, Tip.Cooperativa, Pavia,
1921 e il più recentelavoro di Giuseppe Sergi, La territorialitàe
l’assetto giurisdizionale ed amministra-tivo dello spazio, in Uomo
e spazio nel-l’Alto Medioevo. Settimane di studio delCentro
italiano di studi sull'alto Medioevo(4-8 aprile 2002), Centro
italiano di studisull'alto Medioevo, Spoleto, 2003, pp.479-501.
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menti di possessi, prerogative, diritti, giurisdizioni»6, esito
di processie contrattazioni continue.
Non a caso, l’esame delle tracce documentarie in grado di
restituirela logica dell’organizzazione territoriale nel Medioevo
mette in luce lenumerose contradditorietà ed incertezze nelle
definizioni e ancor di piùnelle descrizioni dei confini,
caratterizzati da complesse trame di limiti eprivilegi interni e
soggetti a una pluralità di ordinamenti giuridici e com-plessi
normativi differenti che ne disciplinano l’esistenza,
regolandosisull’uso di un registro concettuale fortemente ancorato
alla iurisdictio7
ma anche alle abitudini, i comportamenti consolidati, gli
spostamenti.L’analisi sull’actio finium regundorum assume dunque –
quasi necessa-riamente – l’arguta definizione fornita da Paolo
Cammarosano in unasua recente Lettura: «distinguere, separare,
condividere: tre modi di sin-tetizzare le funzioni di un confine,
senza che necessariamente una fun-zione escluda l’altra, in una
convivenza priva di contraddizioni»8.
33n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
6 P. Guglielmotti, Introduzione a Id. (a curadi), Distinguere,
separare, condividere.Confini nelle campagne dell’Italia
medie-vale, in «Reti Medievali. Rivista» VII(2006/1,
gennaio-giugno), on line all’indi-rizzo: http://www.dssg.unifi
.it/_RM/rivi-sta/saggi/Confini_Guglielmotti.htm.7 La parola
iurisdictio in epoca medievale èdotata di una complessa
articolazionesemantica, non sovrapponibile alla moder-na nozione di
giurisdizione traducenteuna funzione del potere politico, e
indicapiuttosto quel complesso di poteri pub-blici astrattamente
esercitabili e che, tuttiincarnati nella figura dell’imperatore,
pos-sono poi essere distribuiti in una serie diconcatenazioni
successive su tutto il terri-torio. Ben si comprende dunque,
comeanche dalle pagine dei giuristi, almenofino alla metà del XVI
secolo – quandoviene pubblicato uno dei principali lavorisui
confini, il Tractatus de finibus di Giro-lamo Del Monte – risulti
chiaramente «cheall’antica suprema potestas imperiale,anche in tema
di ius confinandisi sonosostituite, nel corso dei secoli, altre
pote-stas che, de iure o de facto, pretendonouna loro
legittimazione autonoma. Maquesta apparizione non mette in
discus-sione i principi che regolano la conforma-zione politica dei
territori nei suoi aspettiessenziali. Ed è in questo contesto
chepuò essere letto lo sviluppo ulteriore deldiscorso che i
giuristi conducono in temadi titolarità del diritto a tracciare dei
con-
fini. Certo, il Papa e l’Imperatore sonotitolari di questo
diritto, segno del loroimperium universale, ma allo stesso modone
sono titolari tutti coloro che manife-stano, attraverso l’esercizio
della propriaiurisdictio, una relazione di superiorità inrapporto
ad un territorio. Ogni soggetto,individuale o collettivo che sia,
capace divantare proprie prerogative su di uno spa-zio dato, può
disporre frazionandolosecondo il proprio volere», P. Marchetti,
Igiuristi e i confini cit. In questa direzione,particolarmente
interessanti appaiono leconsiderazioni di Marco Bellabarba,secondo
cui la demarcazione dei limitispaziali di un territorio in
relazione aipoteri giudiziari su di esso esercitati«esprimeva la
rilevanza della pratica giudi-ziaria quale simbolo e funzione
dellasovranità medievale», inevitabilmente lon-tana da un’immagine
lineare e cartogra-fica del territorio (cfr. M. Bellabarba,
Giu-risdizione e comunità: Folgaria controLastebasse. Un caso di
conflitto confinariotra Impero asburgico e repubblica di Vene-zia
(XVII-XVIII secolo), «Acta Histriae» VII,pp. 239-240). Sulla
giurisdizione nelMedioevo cfr. il fondamentale saggio di P.Costa,
Iurisdictio. Semantica del poterepolitico nella pubblicistica
medievale(1100-1433), Giuffrè, Milano, 1969.8 P. Cammarosano,
Lettura, in P. Gugliel-motti (cura di), Distinguere, separare,
con-dividere cit.
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Questo aspetto emerge con evidenza nelle descrizioni confinarie
rin-tracciabili in alcuni documenti trascritti all’interno del
cartulario diSanta Maria Nuova di Monreale, fonte imprescindibile
per chi si accingaa indagare la composizione e la struttura del
territorio soggetto a quellache proprio in epoca medievale fu la
più importante signoria ecclesia-stica siciliana. Nel Liber
Privilegiorum della chiesa – del quale chi scriveha recentemente
proposto un’edizione digitale consultabile on line9 –
sirintracciano infatti numerosi diplomi che restituiscono,
attraverso unascrittura documentaria ricca di dati suggestivi, la
straordinaria descri-zione di un dominio e dei suoi fines. In
questa direzione particolarmenteinteressanti si sono rivelate le
indagini compiute sulle forme di trascri-zione dei confini e sulla
rappresentazione dello spazio prospettate dalRollum Bullarum, senza
dubbio tra i documenti più importanti registratinel codice10, la
cui rilevanza storica ha invogliato nel tempo numerosistorici ed
eruditi locali ad affrontarne lo studio e proporne letture,
spessodifficoltose, lasciandosi andare a facili quanto rischiosi
entusiasmi sullacorrispondenza tra i siti descritti e la realtà dei
luoghi. La breve indaginepreliminare che si propone tenta di
restituire due aspetti tra i più signi-ficativi legati alla pratica
terminale di ancient régime: quello territoriale,che emerge dalla
descrizione topografica proposta dalla fonte e dallerecenti
indagini archeologiche condotte sugli insediamenti medievali
sici-liani, culminanti nella Monreale Survey diretta da Jeremy
Johns11; equello personale, legato alla rappresentazione e alla
capacità dei contem-poranei di proiettarsi sul territorio,
deducibile dall’analisi delle frequenticontroversie e liti
confinarie menzionate nel testo.
34
S. FALLETTA
9 L’edizione è stata realizzata nell’ambitodel progetto per il
Dottorato di Ricerca inStoria dell’Europa Mediterranea (Univer-sità
di Palermo, XX ciclo), ed è libera-mente consultabile all’indirizzo
internet:vatlat3880.altervista.org.10 Il documento originale fu
rilasciato daGuglielmo II per l’arcivescovato di Mon-reale nel
maggio del 1182. Edito da Salva-tore Cusa alla fine dell’Ottocento,
è attual-mente conservato presso la BibliotecaCentrale della
Regione Siciliana (Tabula-rio di Santa Maria Nuova di
Monreale,perg. nr. Balsamo 163: 7 pergamenenumerate e legate tra
loro, della lunghezzacomplessiva di m. 5, 195+mm. 77); il testoè in
latino nelle prime tre pergamene,mentre le successive quattro
recano lasua versione araba (cfr. S. Cusa, I diplomigreci e arabi
di Sicilia, 2 voll., Stab. tip.Lao, Palermo, 1868-1882
(Documentidegli Archivi siciliani), pp. 179-244). Il
fatto che Guglielmo faccia redigere ildocumento in tre lingue
sarebbe indice,secondo Lima, «della sua volontà di darnemassima
divulgazione e in parallelo, del-l’esistenza di una popolazione
mista allaquale quindi si adegua la cancelleria delre» (A.I. Lima,
Monreale (Palermo), S.F.Flaccovio, Palermo, 1991 p. 11).11 Per i
risultati di questo lavoro cfr. J.Johns, The Monreale Survey:
indigenesand invaders in Medieval West Sicily,«Papers in Italian
Archaeology, IV. Classi-cal and Medievale Archaeology»,
CCXLVI(1985), pp. 215-223; Id., La Monreale Sur-vey. Insediamento
medievale in Sicilia occi-dentale: premesse, metodi, problemi
ealcuni risultati preliminari, in G. Noyè (acura di), Castrum 2.
Structures de l’habitatet occupation du sol dans les pays
meditér-ranéen: les médothes et l’apport de l’ar-cheologie
intensive, Casa de Velázquez,Roma-Madrid, 1988, pp. 73-84.
-
2. Il Rollum Bullarum: un esempio di inchiesta territoriale
Le incertezze storiografiche legate al tema dei confini
hannospesso risentito di un’impostazione metodologica che ha legato
«l’evo-luzione tecnica e concettuale delle linee di separazione dei
territorialla formazione dello Stato»12, creando una sorta di
mitologia del con-fine come elemento rilevante nella definizione
del potere statale. Rara-mente però l’analisi si è mossa
nell’ambito degli aggregati politiciminori, dove pure sembra
sussistere un forte legame tra la volontà didemarcazione dei
confini e la costituzione di formazioni politiche acarattere
territoriale.
In epoca medievale, il diritto di tracciare confini sulla terra
pre-vede una titolarità multipla nella quale ogni soggetto –
individuale ocollettivo – capace di vantare prerogative su un
territorio, possadisporne frazionandolo secondo il proprio
volere13. Su questa tema-tica, non casualmente, si innestano tra
l’altro i ragionamenti chenumerosi giuristi sviluppano – da
Graziano in poi – sul tema dei con-fini territoriali, contribuendo
a creare una sorta di “diritto dei confini”entro cui risolvere
«questioni relative al tema della legittimazione adagire in difesa
del proprio territorio e delle proprie prerogative, o que-stioni
relative alla prova dei confini o alla possibilità della loro
pre-scrittibilità (cioè del loro spostamento a vantaggio di un
signore e adanno di un altro per abitudine consolidata nel tempo) o
questionirelative alla stessa titolarità del diritto di adfigere
terminos»14. Si trattadi interpretazioni particolarmente attente
alla sfera delle circoscrizioniecclesiastiche, che proprio a
partire dal XII secolo rappresentano l’an-titesi dei poteri
imperiali e regii e che, paradossalmente, avrebberoispirato nei
secoli successivi l’organizzazione degli Stati nascenti
nelladelimitazione delle proprie forme di esercizio territoriale
del potere.
Il rollo di Monreale fornisce, in questo senso, uno spunto
interes-sante. Il diploma, nel quale vengono minuziosamente
descritti la com-posizione e i confini di una consistente parte del
dominio monrealese,oltre a rivestire un interesse eccezionale nel
campo della toponoma-stica, della geografia storica e dello studio
delle rappresentazioni spa-ziali, è infatti anche un felice esempio
di affermazione di una prassi di
35n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
12 P. Marchetti, De iure finium. Diritto econfini tra Tardo
Medioevo ed EtàModerna, Giuffrè, Milano, 2001, p. 23.13 In
proposito valgano le osservazioni diR.D. Sack: «il confine
territoriale puòessere la sola forma simbolica che com-bina la
direzione nello spazio con affer-mazioni sul possesso o sulla sua
esclu-sione» (R.D. Sack, Human Territoriality,Cambridge University
Press, Cambridge,
1986, p. 32). E non solo possesso oesclusione di diritti di
proprietà, maanche di diritti politici e sociali: da qui,la
persistenza dei confini e il loro ricono-scimento da parte dei
soggetti indivi-duali, nel segno di una territorialità per-sonale
che è anche la misura di cogni-zione delle logiche del
funzionamentopolitico.
-
confinamento connessa a una nozione di supremazia sul
territoriocapace di far assumere a una istituzione – la signoria
ecclesiastica diSanta Maria Nuova – la fisionomia di una formazione
politica territo-riale. Si tratta, probabilmente, dell’esempio più
significativo di quelgruppo di documenti noti alla diplomatica
siciliana come giaride o pla-tee, coi quali si è soliti indicare
una speciale serie di carte pubblichecontenenti descrizioni
territoriali in unione agli elenchi nominativi deiservi e dei
villani di una data terra o casale appartenenti al demanioregio o
conceduti a chiese, monasteri, vescovati e feudatari: insostanza,
un prototipo di mappe catastali strutturate secondo i con-fini
generali di una data circoscrizione territoriale15.
Al di là del formulario del rollo, che riprende gli elementi del
pri-vilegio solenne sviluppando nell’arenga il classico tema della
preoccu-pazione reale per il benessere degli istituti ecclesiastici
e l’interesse,da parte del sovrano normanno, per la salvaguardia
della pace e dellatranquillità dei monaci, ciò che qui interessa
sottolineare è la partico-lare struttura compositiva del documento.
Nel testo infatti, il territo-rio assegnato all’abbazia appare
frazionato in divise16 di cui vengono
36
S. FALLETTA
14 P. Marchetti, I giuristi e i confini cit., p. 18.15 All’epoca
normanno-sveva afferiscono intotale 12 documenti simili: oltre al
piùantico, redatto nel 1095, 8 vanno ascrittialla cancelleria di
Ruggero II e 3 a quellaGuglielmo II. Ma altri elenchi
vengonoindicati in parecchi documenti riguardanticoncessioni di
terre relative al nuovoassetto fondiario della Sicilia:
CarloAlberto Garufi rintraccia infatti altri ottoelenchi nominativi
di servi e villani delGran Conte Ruggero, da lui conceduti fra
il1081 e il 1097 ai vescovi di Traina e Mes-sina, Mileto e Palero,
agli eremi di Stilo ed’Arsafia in Calabria, e a Ruggero
Forestal(cfr. C.A. Garufi, Censimento e Catastodella popolazione
servile. Nuovi studi ericerce sull’ordinamento amministrativo
deiNormanni in Sicilia nei secoli XI e XII,«Archivio Storico
Siciliano» NS. XLIX(1928), pp. 1-100:7). Il diploma per Mon-reale,
segna però il tramonto di questatipologia documentaria, che infatti
nonverrà più utilizzata né tantomeno citatanelle fonti posteriori:
l’ultima attestazionedell’ufficio arabo è una platea
dell’aprile1183, contenente la trascrizione in greco earabo dei
nomi dei villani e borgesi appar-tenenti a Monreale, non compresa
peròall’interno del liber della chiesa (cfr. H.Enzensberger, Le
cancellerie normanne:
materiali per la storia della Sicilia musul-mana, in Del nuovo
sulla Sicilia musul-mana. Giornate di Studio (Roma, 3 maggio1993),
Accademia nazionale dei Lincei,Roma, 1995 pp. 51-67:64; il regesto
dellaplatea del 1183 si trova in C.A. Garufi,Catalogo illustrato
del Tabulario di S. Mariala Nuova di Monreale, Era Nova,
Palermo,1902 (Documenti per servire alla Storia diSicilia
pubblicati a cura della Società Sici-liana per la Storia Patria,
XIX), doc. 45(Palermo 1183 Aprile I ind), pp. 25-26).16 Nella
documentazione siciliana, l’atte-stazione più antica della parola
divisa(«Divisa: terra et portio, sic dicta, quod sitsuis limitibus
divisa; definita, vel quod perdivisam, seu testamentum, relicta sit
por-tio hereditaria; fines, limites, metae loco-rum et praediorum»,
C. Du Cange, Glossa-rium mediae et infimae latinitatis,
rist.an.Forni, Bologna, 1982, pp. 148-149) sitrova in un diploma
del 1094 che descrivele terre del marchese Odobono: il docu-mento,
edito da Rocco Pirri è datatoPalermo 31 agosto 1094 (II ind.) (cfr.
R.Pirri, Sicilia Sacra disquisitionibus et noti-tiis illustrata, 4
voll., apud haeredes PetriCoppulae, Panormi, 1644-47; nuova
ed.riveduta e ampliata in 2 voll., Palermo1733; rist. anast. con
uno scritto di F.Giunta, 2 voll., Forni, Bologna, 1987, I, p.
-
enunciati i confini e il reddito in natura, secondo un modus
operandiricollegabile ai registri contenenti le descrizioni delle
terre demaniali,un tempo conservati negli uffici della Duana de
Secretis e della DuanaBaronum e conosciuti con il nome di defetari,
la cui controversa ori-gine non è ancora stata chiarita17. Se il
nome arabo attribuito ai qua-derni (ar. daftar, pl. dafa–tir)
potrebbe infatti facilmente rimandare auna provenienza fatimide –
come aveva supposto Michele Amari – nonpossono tuttavia essere
escluse né l’ipotesi di un influsso normanno,su possibili modelli
offerti dall’organizzazione tributaria inglese, néquella della
traduzione e riutilizzo a scopo fiscale, da parte della
can-celleria araba siciliana, di libri catastali di origine
bizantina preesi-stenti l’invasione saracena della isola18.
Congettura che troverebbedelle prove nella frequenza di descrizioni
di confini in greco e l’usobizantino – alla fine di ogni periodo
indizionale – di redigere un cata-
37n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
76). Il termine divisa, che compare fre-quentemente in questi
documenti con ilsignificato di circoscrizione, è usato anchein
Inghilterra all’epoca di Enrico I per indi-care i confini e
l’estensione di una nuovaproprietà fondiaria o di un territorio
(cfr.C.A. Garufi, Censimento e Catasto dellapopolazione servile
cit., p. 18).17 «I defetari erano i registri tenuti daikatib o
scrivani dei diwan, in cui veni-vano segnati i beni demaniali e le
loromodificazioni», (G. Trovato, Documentiarabo-siculi del periodo
normanno, Tipo-grafia Vena, Monreale, 1949, p. 3).Secondo la De
Simone su questi elenchivenivano annotati i passaggi di proprietà–
a seguito di successione, donazione,vendita o permuta – e gli
obblighi fiscali edi servizio dei proprietari terrieri verso
laCuria (cfr. A. De Simone, I diplomi arabi diSicilia, in
Testimonianze degli arabi in Ita-lia. Giornata di studio (Roma, 10
dicem-bre 1987), Accademia Nazionale dei Lin-cei, Roma, 1988, pp.
57-75:60). LaDuana, ufficio anche noto con il nomearabo di dîwân
at-tahqîq al-ma’mûr, eraincaricata di trattare gli affari
ammini-strativi e giudiziari pertinenti le finanzedel regno; si
occupava inoltre di tutti iproblemi riguardanti diritti regi e
regiodemanio e deteneva i registri di terre eservizi. «Secondo
Caravale, le funzionidella ad-dîwân al-ma’mûr e della
dîwânat-tahqîq al-ma’mûr si differenziaronodurante il regno di
Guglielmo II, mentredurante il regno di Ruggero II non erano
separate. Egli suggerì inoltre l’ipotesi chela duana de secretis
e la duana baronumavessero distretti amministrativi distinti,ma
competenze fondamentalmente simili,a differenza di quanto aveva
pensatoGarufi: la prima aveva infatti competenzasulla Sicilia e
sulla Calabria, e la secondasul resto della penisola ad eccezione
dellaCalabria» (H. Takayama, L’organizzazioneamministrativa del
regno normanno diSicilia, in E. Cuozzo (a cura di) Studi inonore di
Salvatore Tramontana, Elio Sel-lino editore, Pratola Serra, 2003,
pp. 415-439:422). Per gli studi di Caravale sull’ar-gomento, cfr.
M. Caravale, Il regno nor-manno di Sicilia, Giuffrè, Milano, 1966
eId., La monarchia meridionale. Istituzioni edottrina giuridica dai
Normanni ai Bor-boni, Laterza, Roma-Bari, 1998.18 Per un
approfondimento delle diverseipotesi sull’origine dei defetari,
cfr. L.Genuardi, I defetari normanni, in Scrittiper il Centenario
di Michele Amari, 2 voll.,I, rist. an. Società Siciliana di
StoriaPatria, Palermo, 1990, pp. 159-164.Anche l’effettivo utilizzo
di questi registriresta incerto: «erano registri in cui
venivadescritto tutto il territorio dell’isola,secondo il Caravale,
solo le terre dema-niali secondo il Garufi» (E. Mazzarese
Far-della, La struttura amministrativa delRegno Normanno, in Atti
del CongressoInternazionale di Studi sulla Sicilia Nor-manna,
(Palermo, 4-8 dicembre 1972),Edizioni Sciascia, Palermo, 1973,
pp.213-224:217).
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sto completo delle terre con la lista dei coloni che vi
risiedevano, rile-vate da Ferdinand Chalandon19, ma anche
nell’assenza di testimo-nianze simili in documentazione araba
prodotta al di fuori della Sici-lia o di notizie di un tale uso
nell’amministrazione arabo-islamica20.
Sembra invece certo che durante l’epoca normanna questi
registrifossero utilizzati per estrarvi giaride e platee, anche se
la mancanza direvisioni periodiche e di una regolare registrazione
delle variazionisubite dalle proprietà fondiarie avranno
sicuramente creato nonpoche difficoltà nella redazione dei
documenti. Se quindi il rollo del1182 per Monreale fu estratto da
un registro doganale, come indiche-rebbe il chiaro riferimento
nella corroboratio21, non è detto che la tra-scrizione del
documento non sia stata comunque integrata da unaricognizione
topografica effettuata sul territorio: una conferma in talsenso
potrebbe provenire dalla notizia, riportata dal Garufi, secondola
quale il giustiziere della Magna Curia che nel 1188 compilava
unanalogo documento per il vescovo di Cefalù, avendo utilizzato un
certoquaternus della Duana redatto nel 1123 dal protonotaro della
Curiama trovandolo poco aggiornato, avesse deciso di compiere un
accerta-mento personale sulle terre in questione22.
Pare in effetti, anche sulla scorta delle indicazioni fornite
daAndrea Romano, che in epoca normanna la Magna Regia Curiausasse,
nelle azioni possessorie o divisorie per il riconoscimento
deiconfini, inviare i propri funzionari sul luogo al fine di
condurne i rile-vamenti necessari23. Sembrerebbe dunque di essere
in presenza diuna vera e propria scrittura del confine, antesignana
di quei libri ter-minorum o finium che, a partire all’età
podestarile e con una diversalogica interna, diventeranno una
tipologia documentaria largamenteattestata nell’Italia centrale e
settentrionale, finalizzata alle esigenzedel dominio cittadino sui
territori circostanti e alla sicura definizionedei diritti, spesso
dispersi, che ciascun comune poteva vantare suterre ed insediamenti
acquisiti nel corso del tempo24. Anche l’aspetto
38
S. FALLETTA
19 F. Chalandon, Histoire de la dominationnormande en Italie et
en Sicile, 2 voll.,Librairie A. Picard, Paris, 1907; rist. an.New
York 1960, II, p. 531sgg.20 Cfr. A. Noth, Alcune osservazioni a
pro-posito dell’edizione dei documenti arabi deire normanni di
Sicilia, «Atti dell’Accademiadi Scienze, Lettere e Arti di
Palermo», s. 5,VI (1981-82), Parte Seconda: Lettere,
pp.121-129:125.21 Dove infatti si legge: «Has autem
divisaspredictas a deptariis nostris de saracenicoin latinum
transferri ipsumque saraceni-cum secundum quod in eisdem
deptariiscontinetur sub latino scribi precepimus».
22 Cfr. C.A. Garufi, Censimento e Catastodella popolazione
servile cit., pp. 50-51.23 Cfr. A. Romano, Tribunali, Giudici e
Sen-tenze nel Regnum Siciliae (1130-1516), inJ.H. Baker (ed. by),
Judicial Records, LawReports and the Growth of Case Law,Duncker
& Humblot, Berlin, 1989, pp.211-301.24 Fra i testi più
significativi, gli esempiofferti da Bologna, Vicenza,
Perugia,Orvieto, Pistoia, Modena e Siena, tutticompresi tra gli
anni ’20 e ’90 del XIIIsecolo. Su Bologna cfr. A.I. Pini, Gli
estimicittadini di Bologna dal 1296 al 1329,«Studi Medievali», s.
3, XVIII (1977), pp.
-
sistematico dei rilevamenti confinari, secondo una logica di
inquadra-mento complessivo di un intero territorio, «per cui al
dato fiscale epatrimoniale si sommavano aspetti e funzioni
importanti come quellaidentitaria e politica»25, indicherebbero
chiaramente una affinità dellatipologia documentaria rappresentata
dal rollo monrealese con i libridi confini continentali, piuttosto
che con le registrazioni altomedievali,tendenzialmente incomplete e
sommarie nella designazione dei limititerritoriali26.
39n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
111-159; M. Venticelli, I “libri terminorum”del Comune di
Bologna, in F. Bocchi (acura di), Metropoli medievali.
Proceedingsof the Congress of Atlas Working GroupInternational
Commission for the History ofTowns, Il Mulino, Bologna, 1999, pp.
223-330:245-330. Per Vicenza: F. Lomastro,Spazio urbano e potere
politico a Vicenzanel XIII secolo. Dal “Regestum possessio-num
comunis” del 1262, Accademia Olim-pica, Vicenza, 1981; sul registro
cfr. ancheId., Il “Regestum possessionum ComunisVincentie” del
1262: suggestioni e proble-mi, in A. Cestaro (a cura di), Studi di
sto-ria sociale e religiosa. Scritti in onore diGabriele De Rosa,
Ferraro, Napoli, 1980,pp. 87-98. Per Perugia: M. Vallerani,
Il“Liber terminationum” del comune di Peru-gia, «Mélanges de
l’École Française deRome, Moyen Âge, Temps Modernes»,XCIX (1987) 2,
pp. 649-699. Per unapprofondimento sull’argomento cfr.
G.Francesconi, F. Salvestrini, La scritturadel confine nell’Italia
comunale: modelli efunzioni, in corso di stampa in Limites
etfrontières. IIIe Congrès Européen d’ÉtudesMédiévales, Fédération
Internationaled’Instituts d’Études Médiévales, (Jyvä-skylä FIN],
10-14 juin 2003), a cura di O.Merisalo, H. Blankenstein;
disponibile on-line su Reti Medievali
all’indirizzo:http://centri.univr.it/RM/biblioteca/SCAFFALE/f.htm#Giampaolo%20France-sconi.
Interessanti considerazioni dicarattere generale sul rapporto tra
confinie misurazione della terra in ambito comu-nale sono svolte da
P. Zanini, Significatidel confine. I limiti naturali, storici,
mentali,B. Mondadori, Milano, 1997, pp. 5-10 e29-30;
particolarmente significative sonoa questo proposito le riflessioni
sul casosenese di P. Cammarosano, Tradizionedocumentaria e storia
cittadina. Introdu-zione al “Caleffo Vecchio” del Comune di
Siena, Accademia Senese degli Intronati,Siena, 1988, pp. 51 e
sgg.25 G. Francesconi, F. Salvestrini, La scrit-tura del confine
nell’Italia comunale.Modelli e funzioni cit.26 Lo sforzo legato
alla redazione dei con-fini, che si riallaccia alla necessità di
inte-ragire in termini coerenti con i luoghi dagovernare, è prassi
largamente nota allastoriografia attraverso lo studio dei
polit-tici, definiti da Pierre Toubert «strumentitecnici elaborati
in funzione delle esigenzeconcrete di gestione di complessi
fondiarisottoposti a sistemi di conduzione piùcomplessi di quanto
non sia facile per lostorico immaginare, che hanno avuto l’ef-fetto
di rafforzare quelle stesse norme diconduzione» (P. Toubert, Il
sistema cur-tense: la produzione e lo scambio interno inItalia nei
secoli VIII, IX e X, in G. Sergi (acura di), Curtis e signoria
rurale. Interfe-renze fra due strutture medievali, Scripto-rium,
Torino, 1997, pp. 25-94:34; suipolittici v. anche P. Cammarosano,
Il ruolodella proprietà ecclesiastica nella vita eco-nomica e
sociale del Medioevo Europeo, inGli spazi economici della Chiesa
nell’Occi-dente mediterraneo. Sedicesimo Convegnointernazionale di
studi (Pistoia, 16-19maggio 1997), Centro Italiano di Studi
diStoria e d’Arte, Pistoia, 1999, pp. 1-17, inpart. le pp. 6-7).
Furono utilizzati soprat-tutto in ambiente monastico tra IX e
Xsecolo: tra i più antichi, il polittico diIrmione, che illustra il
patrimonio delmonastero di Saint-Germain-des-Prés diParigi. Per
l’Italia va ovviamente ricordatoil Breve de terris del monastero di
San Giu-lia di Brescia (879-906), per il quale cfr. E.Barbieri, I.
Rapisarda, G. Cossandi (a curadi), Le carte del monastero di S.
Giulia diBrescia, I (759-1170), edizione on-line conintroduzione,
documenti e bibliografiadisponibile all’indirizzo:
http://cdlm.lom-
-
A un’analisi più attenta tuttavia, il rollo di Monreale sembra
espri-mere anche una finalità inventariale: il che ne avvicinerebbe
il testoquindi, ai libri comunis bolognesi, strumenti di verifica
contro usurpa-zioni e abusi su cui – facendo riferimento ai
documenti originali –venivano trascritti gli elenchi, le
descrizioni e le superfici delle pro-prietà immobiliari acquisite
dal comune27. Va inoltre sottolineato chelo scopo primario per cui
sembra essere stato redatto il diploma nonsembra affatto quello di
censire i proventi abbaziali o definire obblighie tributi a carico
dei villani dipendenti – come avveniva per i politticialtomedievali
– quanto piuttosto quello di documentare efficacementeil modello
organizzativo rurale. Il dominio territoriale illustrato
daldocumento è infatti costituito da un insieme di terre e
dipendentisparsi all’interno di uno o più villaggi; non un
latifondo compatto, manuclei di appezzamenti, beni, diritti e
uomini dipendenti dal signoreecclesiastico28: una struttura che
potrebbe fornire qualche indica-zione utile a illuminare il quadro
generale dell’amministrazione dellagrande proprietà fondiaria
ecclesiastica meridionale nei secoli XII eXIII, tema in gran parte
ancora oscuro a causa della scarsità, reti-cenza e nebulosità della
documentazione pertinente.
L’indagine territoriale che il rollum restituisce dimostra in
ognicaso come il confinamento sul territorio dominato dalla
signoria mon-realese sia stata questione assai complessa. Non si
sarà trattato, inaltre parole, di marcare attraverso linee e
geometrie neutrali la sepa-razione tra due spazi limitrofi, ma di
intrecciare nella scrittura queiframmenti di vita quotidiana e di
interessi economici legati all’uso difonti e corsi d’acqua, campi
coltivabili, pascoli, selve che sembra assaiarduo separare
dall’attività degli uomini stanziati sulle divise: piccolecomunità
addensate su spazi non sempre compatti, ma disseminatisu un’area
assai vasta e di cui oggi è quasi impossibile rinvenire le
40
S. FALLETTA
bardiastorica.it/edizioni/bs/brescia-sgiu-lia1/; in part. per il
polittico v.:
http://cdlm.lombardiastorica.it/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0906-12-31);G.
Pasquali, La distribuzione geograficadelle cappelle e delle aziende
ruralidescritte nell'inventario altomedievale delmonastero di S.
Giulia di Brescia, in SanSalvatore di Brescia. Materiali per
unmuseo, 2 voll., Grafo, Brescia, 1978, I/2.Contributi per la
storia del monastero e pro-poste per un uso culturale dell’area
storicadi Santa Giulia, pp. 141-166. Altrettantoimportante è
l’estimo di Bobbio (862), peril quale cfr. A. Attolini, Il
monastero di SanColombano in Bobbio, Mucchi, Modena,2001; E.
Destefanis, Il monastero di Bob-
bio in età altomedievale, All’Insegna delGiglio, Firenze, 2002.
Per l’edizione deipolittici più significativi dell’Italia
centro-settentrionale, cfr. A. Castagnetti, M. Luz-zati (a cura
di), Inventari altomedievali diterre, coloni e redditi, Istituto
Storico Ita-liano, Roma, 1979.27 Sui libri comunis cfr. G. Tamba,
Libri,libri contractum, memorialia nella primadocumentazione
finanziaria del comunebolognese, in Id., Una corporazione per
ilpotere. Il notariato a Bologna in età comu-nale, Clueb, Bologna,
1998, pp. 259-295,in part. la p. 268.28 Cfr. L. Provero, L’Italia
dei poteri locali.Secoli X-XII cit., p. 56.
-
tracce. Delimitare l’esatta collocazione geografica di questi
distrettinon sarà stata operazione semplice, riguardando non solo
castra ecasalia la cui posizione territoriale appare in qualche
modo definita,ma anche quelle aree dislocate attorno agli abitati e
alle fortificazionila cui esatta estensione appare sfumata da
un’ambiguità intrinsecadifficile da sciogliere anche per i
contemporanei: da qui, la trascri-zione di confini che tagliano
monti, colline, valli, fiumi seguendo trac-ciati di appartenenza
che non sempre assecondano un disegno topo-grafico coerente.
D’altra parte è la stessa organizzazione del territoriomedievale
che sembra rifuggire da una nozione di frontiera
lineare,soprattutto a causa dell’estrema mobilità dei possedimenti
e dei dirittiche rendevano vano ogni sforzo teso a individuare
l’esatta demarca-zione delle linee di confine. Un’incertezza dei
confini che doveva rap-presentare proprio la molla per condurre
subtilis inquisitio circa laconsistenza dei fondi rurali, e che
spiegherebbe anche – tanto per ilrollo quanto per gli altri
documenti relativi alla determinazione deifines – la prevalenza di
formule di tipo pertinenziale, caricate di unvalore terminale
giuridicamente soddisfacente.
3. Termini apparentes: gli elementi naturali che creano il
confine
L’esame della traduzione latina del lungo documento, che dà
ori-gine a un testo singolare pur nella sua sostanziale
correttezza29, sti-mola l’analisi delle numerose indicazioni
toponomastiche, il cui ecce-
41n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
29 Il rollum è testimonianza unica di unsostrato arabo che
agisce, progressiva-mente storpiato e volgarizzato, sul
lessicogeografico siciliano. Sull’argomento sisono espressi
numerosi studiosi: si veda,a titolo esemplificativo, F. D’Angelo,
Icasali di Santa Maria la Nuova di Monrealenei secoli XII-XV,
«Bollettino del Centro diStudi Filologici e Linguistici Siciliani»,
XII(1973), pp. 333-339:339. La questionedelle vie di penetrazione
degli arabismi inarea romanza e nei singoli paesi è com-plessa e
oggetto di costanti studi. Per ilterritorio siciliano vanno in
particolaremenzionate le osservazioni di G. Cara-causi,
Stratificazione della toponomasticasiciliana, in E. Vineis (a cura
di), La topo-nomastica come fonte di conoscenza sto-rica e
linguistica. Atti del convegno dellaSocietà Italiana di Glottologia
(Belluno, 31marzo, 1 e 2 aprile 1980), Giardini Editori,Pisa, 1981,
pp. 107-144; Id., Arabismimedievali di Sicilia, Centro di studi
filolo-
gici e linguistici siciliani, Palermo, 1983.Per la toponomastica
siciliana, una fonteutile sebbene più tarda è costituita
dalleRationes decimarum Italiae nei secoli XIII eXIV. Sicilia, a
cura di P. Sella, BibliotecaApostolica Vaticana, Città del
Vaticano1944. Michele del Giudice, in appendicealla ristampa del
1702 dell’Historia delLello, inserì una Carta Corografica
dell’Ar-civescovato di Monreale, nella quale perònon c’è
corrispondenza né di nomi, né diestensione, cfr. Descrizione del
real tem-pio, e monasterio di Santa Maria Nuova diMorreale. Vite
de' suoi arcivescovi, abbati,e signori. Col sommario dei privilegj,
delladetta Santa Chiesa di Gio. Luigi Lello.Ristampata d'ordine
del’illustriss. e reve-rendiss. monsignore arcivescovo, abbateDon
Giovanni Ruano. Con le osservazionisopra le fabriche, e mosaici
della chiesa, lacontinuazione delle Vite degli arcivescovi,una
Tavola cronologica della medesimaistoria, e la notizia dello stato
presente del-
-
zionale rilievo si accompagna alla possibilità di cogliere, per
loro tra-mite, i segni ancora vivi della presenza islamica sul
territorio sicilianononostante gli evidenti adattamenti e le
deformazioni dovute alla neces-sità di tradurre da una lingua
all’altra concetti e realtà materiali30. La
42
S. FALLETTA
l'arcivescovado. Opera, del padre donMichele del Giudice, Regia
stamperiad'Agostino Epiro, Palermo, 1702. Unarestituzione della
topografia sicilianad’epoca musulmana – seppure
limitataesclusivamente ai nomi con prefisso inkalat, rahal o mensil
– fu tentata da Rosa-rio Gregorio, le cui interpretazioni
furonoperò spesso giudicate inesatte da MicheleAmari. Quest’ultimo
raccolse, dalle crona-che e dai documenti dei secoli XI-XV unaserie
di nomi topografici, producendo unacarta comparata nella quale,
tuttavia,sono evidenti diverse lacune, errori eduplicazioni, mentre
la designazione dimolti luoghi resta incerta, cfr. M. Amari,A.H.
Dufour, Carte comparée de la Sicilemoderne avec la Sicile au XIIe
siècled’après Edrisi et d’autres géographes ara-bes, H. Plon,
Parigi, 1859; ora in Id., Tardistudi di storia arabo-mediterranea,
a curadi F. Giunta, Accademia nazionale discienze lettere e arti di
Palermo, Palermo1985, pp. 9-53.30 Il diretto confronto delle
sequenze del-l’originale testo arabo con quelle corri-spondenti
della traduzione latina eviden-zia infatti numerose difformità – in
gene-rale alternanze singolare/plurale, maschile/femminile – ma
anche non corrispondenzetra arabo e latino, «causate
verosimil-mente dal fraintendimento e dunque dalladeformazione di
toponimi nella translitte-razione da una lingua all’altra» (M.A.
Vag-gioli, Note di topografia nella Sicilia medie-vale: una
rilettura della Jarı –da di Monreale(divise Battallarii, divisa
Fantasine), in Attidelle Quarte Giornate Internazionali diStudi
sull’area Elima (Erice, 1-4 dicembre2000), III, pp. 1247-1317:1249;
disponi-bile in formato digitale all’indirizzo inter-net:
http://download.sns.it/labarcheo/elima2003/Vaggioli.pdf).Queste
difficoltà sono particolarmentevisibili nelle attestazioni
documentariebilingui, in cui i nomi di località
arabe,verosimilmente già adattate dall’autorealle finalità
cancelleresche, vengono sotto-poste ad ulteriore trasformazione
nella
versione latina. Tra gli esempi forniti dalrollo, vanno
annoverati g ÿabal (monte) tra-dotto mons o montana; ha–rik
(criniera,sommità, vetta) in latino terterum o altera(«ila– ha–rik
ibn Hamzah» viene convertitonel documento «ad alteram Benhamse»),ma
anche mons («ha–rik ar-arı –h», tradotto«mons venti»); rabwah
(elevazione, collina)che diventa altera («ila ‘r-rabwah» nel rolloè
«usque ad alteram»); s ÿaraf (sega, cimadentata) tradotto con
altera, crista, serra;kudyah (colline), in latino
monticellus,monticulus e più raramente altera; eancora mins§a –r
(catena di monti) reso conserra; walg ÿah (campo) riportato come
pla-num, planus campus e planicies. Interes-santi gli esiti della
traduzione degli stessitermini di confinazione: hadd
(limite,frontiera), che sembra seguire la stessaevoluzione
semantica del latino finis e deltardo latino divisa, indicando così
insiemesia i confini, sia il territorio compresoentro gli stessi e
quindi il tenimentum ehawz, tradotto ora con tenimentum ora,con una
sfumatura amministrativa, perti-nenza (e infatti «rahl bahrı — f ı—
hawz Ga—tu—» èreso nel documento «Rahalbahari, quodest in
pertinentiis Iati») ma anche comeluogo circondato da un recinto
(«ilà ha—’ithawz (al-maba—nı— )» è tradotto «usque admurum Parci»)
(cfr. A. De Simone, Sualcune corrispondenze lessicali nei
diplomiarabo-latini della Sicilia medievale, in L.Serra (a cura
di), Gli interscambi culturalie socio-economici fra l’Africa
Settentrionalee l’Europa Mediterranea. Atti del Con-gresso
Internazionale di Amalfi (5-8dicembre 1983), 2 voll., Istituto
universi-tario orientale, Napoli, 1986, I, pp. 469-484:477, cui si
rimanda anche per altrecorrispondenze). Sull’indeterminatezzadella
parola tenimentum, che appare neicartulari toscani del secolo XI
per indicareun fondo rustico e, al tempo stesso, unadeterminata
forma di possesso, cfr. P.Jones, Le terre del capitolo della
cattedraledi Lucca (900-1200), in Id., Economia esocietà
nell’Italia medievale, Einaudi,Torino, 1980 pp. 275-294:283.
-
carica definitoria della terminologia geografica utilizzata
manifestal’assoluta prevalenza della matrice araba, cui fa da
contraltare unalimitata cristianizzazione della toponomastica,
rilevabile nella quasitotale assenza di toponimi legati al culto
dei santi: numerosissimisono quindi i kalat, i rahal e mensil,
tutti utilizzati per indicare ilcasale – la forma di insediamento
più tipica della regione – ma anchetoponimi e termini geografici di
evidente derivazione arabofona, comebalata (ar. balat, pietra
piana, lastra o lastrone)31, margio (ar. marg ÿ,luogo basso dove
stagna l’acqua, palude)32, favaria (ar. fawwar, sor-gente
d’acqua)33. Il caso linguistico più interessante del documento
ètuttavia l’utilizzo di un particolare tipo sintattico che,
attraverso laduplicazione di sostantivi quasi sempre connessi a un
verbo comeandare o camminare, esprime un moto per luogo o più
esattamente un“moto rasente luogo”34. Il sintagma si rileva proprio
nella descrizionedei confini, dando luogo a frasi così articolate:
«ascendit per cristamcristam», «vertitur divisa ad occidentem per
viam viam», «descenditdivisa per flumen flumen», «vadit per serram
serram»35. Se forme bisil-labiche risultanti da duplicazione sono
abbondatemente attestate neldialetto siciliano senza che il loro
processo costitutivo sia consideratopeculiare dell’isola o
dell’area mediterranea in genere, per il tipo cam-minare riva riva
è stata invece proposta una formazione monogeneticanel Mezzogiorno,
non tanto per la sua struttura formale36 quanto per
43n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
31 Il prestito è rimasto nel sicilianoodierno, ed è attestato
anche in funzionetoponomastica (cfr. M. Pasqualino, Voca-bolario
siciliano etimologico, italiano elatino, 5 voll., Epos, Palermo,
1785, p.180; F. Giuffrida, I termini geografici dia-lettali della
Sicilia, «Archivio Storico per laSicilia Orientale», s. 4, X
(1957), pp. 5-108:42).32 Da cui nel siciliano margiu (cfr.
M.Pasqualino, Vocabolario etimologico cit., p.111; F. Giuffrida, I
termini geografici dia-lettali della Sicilia cit., p. 71; G.
Caracausi,Arabismi medievali di Sicilia cit., p. 282).L’analisi di
voci simili può forse essereconsiderata l’esempio più
rappresentativodell’ausilio che la toponomastica
fornisceall’indagine geografica. Un termine comemargio infatti è
spesso l’unico testimone diun paesaggio completamente
trasformatodall’azione umana: le aree acquitrinosenella quasi
totalità dei casi sono state pro-sciugate o bonificate, mentre i
cordonilitoranei sono stati spianati e tagliati perconsentire la
valorizzazione turistica dellespiagge.
33 Da cui il siciliano favara. Il terminesopravvive in parecchi
toponimi siciliani(cfr. M. Pasqualino, Vocabolario etimolo-gico
cit., p. 113; G. Caracausi, Arabismimedievali di Sicilia cit., p.
224).34 B. Migliorini, Il tipo sintattico «cammi-nare riva riva»,
in C. Segre (a cura di) Lin-guistica e Filologia. Omaggio a
BenvenutoTerracini, Il Saggiatore, Milano, 1968, pp.183-190:186.35
«Voce molto diffusa in tutta la Sicilia,con cui si indicano non
solo le cresteseghettate o margini interrotti di burronirocciosi,
ma anche molti che non presen-tano la regione culminante con
caratteridi sega» (G. Caracausi, Arabismi medievalidi Sicilia cit.,
p. 55). È però probabile chetermini come serra o cresta
indichino,nella documentazione analizzata, intericomplessi
montuosi.36 «In Sicilia e nell’Italia meridionale que-sto tipo di
raddoppiamento esprime, conla frequenza e la varietà spiccata
dellerepliche di senso proprio e traslato, la suamassima vitalità
quantunque altrove sipresenti (…) in una serie di forme che ne
-
la frequenza con cui compare nella documentazione siciliana
d’etànormanna e sveva37. L’uso ridondante di questa forma di
duplicazione– che sembrerebbe indicare uno sforzo di adeguamento
alle normesintattiche della lingua latina a un costrutto estraneo a
essa – unito aun’analisi delle abitudini ortografiche del
traduttore potrebbero for-nire ulteriori elementi per
l’identificazione del copista, da alcuni rite-nuto di origine
francese38.
Al di là dei casi linguistici, la ricognizione del diploma è un
ottimopunto di partenza per analizzare la descrizione del dominio
monrea-lese. Scomposta in un numero elevato di distretti rurali
presieduti daun casale di grandi o medie dimensioni,
l’organizzazione del territoriosembrerebbe ricalcare un sistema di
matrice araba – secondo ilmodello dell’hisn verificato per la
Spagna – basata su strutture micro-territoriali composte da spazi
aperti costruiti intorno a un sito emi-nente, centro ideale della
tenuta. In sostanza, una struttura polinu-cleare formata da
circoscrizioni più o meno ampie, ciascuna dellequali gravitante
attorno a un casale di dimensioni variabili e difficil-mente
conoscibili, perché generalmente indicate da unità miste
–superficie coltivabile ponderata alla produttività – segnalate nel
docu-mento da frasi quali «recipit predicta divisa seminaturam
centumviginti salmarum» o «sunt ad quattuor parricla scilicet ad
seminatu-ram». I problemi di lettura e interpretazione che la fonte
scritta poneper quel che riguarda il rapporto tra luoghi e confini
reali o percepitisi presenta comunque con evidenza già nella
semplice lettura deldocumento, e nonostante – o forse proprio in
ragione – del bassolivello di astrazione della rappresentazione
spaziale: lo sguardo di chiha condotto la ricognizione topografica
appare infatti attento al detta-
44
S. FALLETTA
dimostrano la fortuna nel toscano e nellalingua stessa» (G.
Caracausi, Ancora sultipo “camminare riva riva”, «BollettinoCentro
Studi Filologici e Linguistici Sici-liani», XIII (1977), pp.
383-396:287).37 Sulla base della segnalazione di attesta-zioni
similari rintracciate da Rohlfs indiplomi siciliani di età sveva
scritti in latinoe in carte dell’Italia meridionale ancora
piùantiche di lingua greca (cfr. G. Rohlfs, Ita-lienish navigare
riva riva, «Zeitschrift fürRom. Philol.», XLV (1925), pp.
292-296).Caracausi ha confutato l’ipotesi di unaderivazione dalla
lingua araba, dove nonrisulterebbe traccia di questo costrutto
–almeno in tale specifica funzione – , pro-spettando invece
un’origine dal greco doveil sintagma, sempre col senso di
attraverso,lungo, trova ancora oggi una certa vitalità,(cfr. G.
Caracausi, Ancora sul tipo “cammi-
nare riva riva” cit., p. 393).38 «Il traduttore del documento
doveva es-sere un francese. Nella sua linguamaterna il suono s era
ed è rappresentatoora dalla lettera s (come in sien), ora
dallalettera c (come in ciel); per cui una voltatrascrisse divisa
Hendulcini, altra volta“casale quod dicitur Hendulcini”». Eancora:
«Davanti ad un toponimo, peresempio, che interprete
pronunciavaGiàlsu, se la cavò con un divisa terrarumIalcii (i = j
francese) ora con un per Ialcium,poi con Calat-Ialci» (B. Rocco,
Andalusi inSicilia, «Archivio Storico Siciliano», s. 3,XIX (1969),
pp. 267-276:271). L’ipotesitroverebbe una conferma nel costrutto
dialcuni vocaboli, prima tradotti in francesee poi latinizzati,
come il termine arabo percollina (harik) riportato in lat.
terterum, dalfr. terte.
-
glio, sia esso un’emergenza rocciosa resa riconoscibile dal
colore odalla forma, edifici ormai abbandonati e in rovina, recinti
per animalio grotte. È un’analisi che non lascia vuoti e che si
articola in un pae-saggio antropizzato ricco di sfumature,
raccontato attraverso l’ampiacasistica fornita dall’orografia e
idrografia siciliane ma anche dai trac-ciati stradali, dalle
coltivazioni incontrate lungo il percorso, dallediverse forme
insediative. Il testo materializza quindi una realtàespressiva
composta da segni a carattere tipicamente terminale,facenti capo a
elementi naturali che si polarizzano attorno ai duesistemi
territoriali già privilegiati nella pratica confinaria
romana,quello idrico e quello viario, attingendo però
contemporaneamente aglielementi naturali o artificiali incontrabili
lungo il percorso.
In questa grande operazione di formazione del territorio, al di
làdell’immediata percezione dei contributi umani, sembra possibile
rin-tracciare anche una trama di regole giuridiche che hanno in
qualchemodo modellato le forme in cui la stessa scrittura è stata
compiuta.Nei testi giuridici medievali, ampia accoglienza viene
infatti riservataalla dettagliata ricognizione delle tipologie
confinarie più comuni: inquesto senso, l’estrema minuzia,
l’accuratezza nelle descrizioni deiconfini fornite dal documento –
la continua menzione di strade, vie,croci, fontane, toponimi –
risolvendosi in una ricchezza di particolarigeografici che attesta
la palese volontà di rappresentare immaginispaziali definite, non
può essere considerato fatto casuale. Alberi, fos-sati o pietre
conficcate nel terreno – le cosìdette lapides terminales –vengono
indicate dai doctores medievali come le forme più comuniattraverso
cui materializzare una linea di confine: «un confine natu-rale,
scrivono i giuristi, non si differenzia dagli altri confini
tracciatidall’uomo se non per il fatto di essere più visibile e più
stabile, e perquesto più sicuro»39. Secondo Giovanni d’Andrea, il
limes potevaquindi essere segnato da pietre di confine, ma allo
stesso modo «perflumina et rivos aquarum, per castella et per
villas, puta castrum velvilla sit unios diocesis, citra vero sit
alterius, quandoque etiam distin-guuntur per montes, ut totus mons
sit unius diocesis, reliquus alte-rius, quandoque per cacumina
montium, ut scilicet illa sint limina vellimitationes»40: la
stabilità e l’evidenza di questi elementi fisici del pae-saggio li
rendevano infatti particolarmente adatti per demarcare unalinea di
confine.
E il rollum sembra confermare le prescrizioni del giurista,
segna-lando una serie di dati assai eloquenti e rievocando un fitto
reticolato
45n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
39 P. Marchetti, Spazio politico e confininella scienza
giuridica del tardo medioevo,in P. Guglielmotti (a cura di),
Distinguere,separare, condividere cit.
40 G. d’Andrea, In tertium Decretaliumlibrum novella
commentaria, Venetiis,1612, c. Super eo, tit. De Parochiis et
alie-nis parochianis, 2.
-
confinario in cui corsi d’acqua si mescolavano alle vie
campestri, pas-sando di fossa in fossato, di monte in collina e
trovando un sicuroorientamento nella posizione di una pietra o di
una croce41. La letturarestituisce un tracciato che si attua di
segno in segno, lungo linee teo-riche che connotano una profonda
volontà di strutturazione dello spa-zio: i confini descritti, pur
incontrando numerosi elementi di discon-tinuità, procedono lungo
assi ideali che tagliano o attraversanostrade, montagne, valli e
corsi d’aqua, seguendo linee di appartenenzache non sempre
assecondano un disegno topografico coerente. La pre-ferenza per un
cammino quanto più possibile ininterrotto – anche sesolo nella
traduzione scritta del paesaggio – sembra ambire a unaridefinizione
geometrica dei luoghi misurati: «si tenta cioè di
spostarel’attenzione materiale, oltre che giuridica, dall’uso alla
proprietà»42
preferendo allo spazio aperto la struttura rigorosa imposta da
unosfruttamento prevalentemente agricolo.
Il dato che sembra emergere è la volontà di legittimare il
confineattraverso la rielaborazione concettuale di segni che
traevano comun-que origine dal contesto rurale, rendendo
contemporaneamente ope-rativa una suddivisione dello spazio in
funzione della sua amministra-zione e gestione: come ha giustamente
sottolineato Lagazzi, «l’impera-tività dell’istanza produttiva è
talmente ovvia che è pressocchè scon-tato rilevarne l’importanza a
livello terminale: un territorio delimitatoè certo anche un
territorio considerato, di fatto o potenzialmente, pro-duttivo»43.
Le considerazioni sviluppate dai giuristi, che non manca-vano di
indicare i termini apparentes capaci di segnare aree di
confine,codificando quelle caratteristiche che ne permettevano la
differenzia-zione da un insieme generico altrimenti insignificante,
trovano dun-que una puntuale applicazione nel brano citato: la cui
analisi eviden-
46
S. FALLETTA
41 Si legga, a titolo esemplificativo, unadelle numerose
descrizioni confinarie pre-senti nel testo (consultabile
all’indirizzointernet: http://vatlat3880.altervista.org/,alla
sezione Schede Descrittive – Divise),relativa alla divisa Ducki,
oggi identificatanella zona di Masseria Ducco e CaseDucotto, a
circa tredici chilometri da Cor-leone (IGM, s. 25/V, Piana degli
Albanesi,f. 258, sez. I-NO). Quello della divisa Duckidoveva essere
un territorio collinare – loconfermano i frequenti riferimenti a
mon-ticelli e valli – dove anzitempo si era mani-festato il
fenomeno di desertificazione espopolamento dei casali, come
testimo-niano i numerosi accenni ad edifici diruti,come quelli
chiamati Helcasar, alle rovinetra gli alberi di sambuco o della
sorgenteHassen, nonché a un edificio diruto ubi-
cato nei pressi del pozzo Elseref. Nono-stante ciò, la presenza
di un monticulumfossarum e di una «menaka, ubi mollifica-tur lini»
sita in prossimità del vallone delfiglio di Lahacsen, lasciano
intuire unadinamica attività agricola.42 L. Lagazzi, I segni sulla
terra. Sistemi diconfinazione e di misurazione dei boschinell’alto
Medioevo, in Il bosco nel Medioevo,a cura di B. Andreolli, M.
Montanari,Clueb, Bologna, 1988, pp. 17-34:21.43 Ivi, p. 26; lo
studioso ricorda inoltre chenel Medioevo «il confine non
rappresentaancora, solo ed esclusivamente, un limitedi proprietà:
più spesso, vista anche latipica ambiguità giuridica
dell’epoca,regola semplicemente lo sfruttamento el’uso del
territorio delimitato».
-
zia chiaramente come la dimensione di alcune pietre o la loro
dispo-sizione, così come la tipologia delle essenze arboree o dei
corsi fluviali,siano elementi capaci di indicare in maniera
dirimente il tracciato diun confine44. La relativa stabilità e la
consistente dimensione di que-sti elementi del paesaggio terrestre
attribuivano infatti ai confini daessi segnati una caratteristica
di durevolezza, che gli stessi giuristiritenevano imprescindibile,
nonostante poi si dimostrassero consape-voli dell’azione di una
natura spesso turbolenta e capace di ridefinirela topografia dei
luoghi, così come della complessità intrinseca dialcuni elementi di
separazione45.
La scrittura di questi termini confinari si imponeva
comunque,anche nel caso citato, come una sorta di operazione
preliminare legataall’oculorum inspectio, perché – evidentemente –
poteva mostrarsi riso-lutiva della vertenza di confine qualora se
ne fosse presentata la neces-sità. Ciò non significa che questo
tentativo di razionalizzazione, diricerca di linee preferenziali,
spesso non finisse col perdersi – e il docu-mento analizzato ne è
una prova – nella complessità dei singoli ele-menti descritti,
lasciando intuire una visione dello spazio sommersadalla varietà
del contesto territoriale. Nel lungo diploma monrealese latensione
conoscitiva si esplica infatti in una microtoponimia a
volteesasperata, che definisce ogni singola realtà produttiva ma
anche i per-sonaggi a essa legata. Se rintracciare veri e propri
confini apparivaun’operazione complicata, li si cercava andando a
scavare nei ricordidegli anziani – fatto questo, che rappresentava
una prassi normale del-l’epoca in questione – creando una forte
compenetrazione umana, ter-ritoriale ed economica nelle zone di
frontiera che sembra incrociareuna dimensione
geografico-territoriale e una dimensione personale,intrinseca alla
giurisdizione sugli uomini. La preferenza accordata alsupporto di
un “catasto vivente”, di una realtà che attraverso la scrit-tura si
rende conosciuta e riconoscibile, potrebbe indicare quasi unrifiuto
dello spazio astratto e razionale in favore di un’umanità varia
econcreta, che agisce, frequenta e gestisce il territorio.
47n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
44 Cfr. C. Milani, Il confine: note linguisti-che, in
«Contributi dell’Istituto di StoriaAntica dell’Università
Cattolica», XIII(1987), pp. 3-12. Il fiume posto al confinedi due
territori è la materializzazione piùeclatante di un confine
naturale e sul suoaspetto definitorio i doctores medievali
siprodigarono nell’individuazione di uncomplesso di regole
distintive; analoga-mente, anche i rilievi montuosi hanno,
dasempre, rappresentato un elemento visi-bile di separazione tra
territori confinantima, a differenza dei fiumi – irrequieti per
vocazione – appaiono nella memoriaumana come elementi geografici
immuta-bili. Tuttavia anche in questo casol’aspetto definitorio non
è privo di inte-resse: l’indicazione dei tratti capaci di
dif-ferenziare un monte da un colle «permet-teva infatti di
attribuire un’identità speci-fica ad alcuni elementi del paesaggio
ter-restre sui quali potevano scontrarsi pre-tese contrastanti» (P.
Marchetti, De iurefinium cit., p. 201).45 Cfr. P. Marchetti, De
iure finium cit., pp.183 e 184-185.
-
4. Limen e litis: la risoluzione giuridicadelle controversie
confinarie
Come non mancano di ricordare numerosi giuristi, tra la
parolalimen e la parola litis sembra esistere un legame piuttosto
stretto:Girolamo Del Monte, riprendendo un’espressione di Virgilio,
scriveinfatti che «limen erat positus litem ut discerneret agri»46.
Non stu-pisce dunque il fatto che una tematica ricorrente in gran
parte delladocumentazione relativa ai confini sia quella
conflittuale: e lenumerose descrizioni di contenziosi presenti
negli archivi sono itesti che, proprio questo periodo, sembrano
offrire in maniera piùdiretta la rappresentazione dello spazio e
del paesaggio di unadeterminata popolazione, prova evidente di come
la società perce-pisca assai precocemente l’esistenza di linee di
separazione tra dif-ferenti comunità47.
Lo stesso segnalamento dei confini attraverso pratiche
pubbli-che che ne fissino il tracciato nel ricordo degli uomini è
una prassifrequente, che rinvia a una delle testimonianze più
valide – per lascienza giuridica medievale – del passaggio di un
tracciato di sepa-razione territoriale: la memoria degli abitanti
del luogo. La geografia“popolare” viene innalzata a mezzo
probatorio per eccellenza dallascientia iuris che, in materia
confinaria, indica un complesso diregole capaci di comporre e
stemperare gli attriti e le frizioni cheimmancabilmente si generano
sul territorio48. In un’epoca in cuinessuna autorità politica era
capace di riprodurre tracciati di con-fine sicuri, il ricorso alla
prova orale, elaborato dal diritto comune,appare l’elemento in
grado di legittimare i limiti zonali delle circo-scrizioni presenti
sul territorio.
Gli esempi prospettati dalla documentazione monrealese si
pre-sentano, nell’ambito di questa dinamica conflittuale, caso
emblema-tico. I conflitti scoppiati lungo le zone di confine e che
avevano perprotagoniste le comunità locali si consumavano lontano
dal duomo, in
48
S. FALLETTA
46 G. Del Monte, Tractatus de finibusregendis, Venetiis, 1574,
II, 10.47 Per un’ampia casistica si rimanda alfondamentale
contributo di F. De Dain-ville, Cartes et Contestations au Xve
siècle.Maps and litigations in the 15th century,«Imago Mundi», XXIV
(1970), pp. 99-121:l’autore, attraverso il materiale
d’archivioreperito, documenta numerose conteseterritoriali e di
confine, tutte all’incirca delXV sec., sollevando più di un dubbio
sul-l’idea, assai condivisa in ambito storiogra-fico,
dell’indeterminatezza dei confini
medievali legata all’assenza di carte.48 «Le zone di confine, in
quanto zone adalta entropia sociale, sembrano reclamareda questo
punto di vista l’intervento dipeace specialist» (P. Marchetti, De
iurefinium cit., p. 4); sulla nozione di peacespecialist e la sua
eventuale funzione inmateria di confini si vedano Confini eregioni.
Il potenziale di sviluppo e di pacedelle periferie. Atti del
convegno Problemi eprospettive delle regioni di frontiera
(23-27marzo 1972), Lint, Trieste, 1973.
-
uno stillicidio di episodi minimi, ma riscontrabili in tutti i
territorieuropei di antico regime49.
Sul territorio amministrato da Santa Maria Nuova le
vertenzegenerate dai conflitti territoriali, proprio perché legate
alla vita eall’azione su spazi ben definiti, si svolgono secondo un
approcciotopografico diretto che diventa non solo un termine
concreto dellagestione del patrimonio50 ma anche un ulteriore
elemento per l’appro-fondimento dello studio sulla “scrittura” del
territorio già affrontatonei paragrafi precedenti.
La territorialità sottesa al governo dell’arcivescovato era
caratte-rizzata – come si è visto – da una trama assai complessa di
confiniinterni, spesso ricadenti simultaneamente in più
circoscrizioni, sullequali il tema dello ius confinandi non
infrequentemente veniva sosti-tuito da mutevoli rapporti di
supremazia innescati da soggetti, indi-viduali o collettivi, in
grado di vantare particolari prerogative su diuno spazio dato e
quindi, di disporne secondo il proprio volere. Nonè in effetti
insolito incontrare, nelle lunghe descrizioni delle divisefornite
dal rollo del 1182, contese tra circoscrizioni differenti inmerito
al possesso di casali – come avviene a Summino («Et contine-tur
infra eam divisam, de qua controversia est, casale que
diciturCuctaie») – o, più comunemente, liti confinarie risolte da
una com-missione composta da boni homines e veterani i quali, pur
risiedendoall’interno dei distretti oggetto della discordia ed
essendo parimentisottoposti alla giurisdizione della signoria,
erano chiamati a testimo-niare o a dirimere le controversie.
L’arbitrium boni viri era dunqueinteso come il criterio decisivo
per determinare l’estensione o la col-locazione di ciò che doveva
essere considerato un confine, perché ingrado di attribuire un
significato particolare ai signa. In altre parole,nell’incertezza
dei rapporti d’appartenenza, il ricorso alla generalisopinio
radicata nella memoria degli anziani e dei maggiorenti
venivaconsiderato un elemento di prova per fondare la liceità delle
preteseavanzate dalle parti in conflitto.
Non è inutile forse attirare l’attenzione sul significato che
l’espres-sione boni homines assume in simili contesti, in relazione
al tradizio-nale valore attribuitole nelle comuni notitiae, in cui
i notai erano solitidichiarare che un determinato procedimento
giuridico era stato com-piuto in presentia di boni homines
nominativamente indicati. Neidocumenti di questo tipo infatti,
l’impiego del termine fa leva essen-
49n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
49 Validi esempi posteriori sono forniti da E.Grendi, in La
pratica dei confini: Miogliacontro Sassello, 1715-1745, «Quaderni
Sto-rici», LXIII (1986), pp. 811-845, e O. Raggio,Costruzione delle
fonti di prova: testimoniali,possesso e giurisdizione, in «Quaderni
Sto-
rici», XCI (1996), pp. 135-156.50 Cfr. B. Palmero, Regole e
registrazionedel possesso in età moderna. Modalità dicostruzione
del territorio in alta Val Tanaro,in «Quaderni Storici», CIII
(2000) 1, pp.49-86:50.
-
zialmente sull’idoneità delle persone così designate – avuto
riguardoalla loro estimazione sociale, che le rende fededegne – a
fungere datestimoni e sottoscrivere i documenti; nei casi
analizzati invece, il ter-mine boni homines assume un connotato
sociale, indicando gruppieminenti non tanto dal punto di vista
economico, quanto piuttosto daquello dell’amministrazione locale:
in sostanza, una sorta di èlite con-tadina, esclusa
dall’aristocrazia militare ma con capacità di azionepolitica su
base regionale51. Un esempio: nella descrizione della MagnaDivisa
Iati viene riportata tra gli elementi di confine una strada
«queducit de Kalatafimo ad viam Permenin» evidentemente causa di
lite, senel documento subito dopo si legge che «ad hanc autem
divisam con-venerunt veterani Trapani, et veterani Jati».
L’espressione è singolare:sembra infatti che gli anziani di Trapani
e di Iato siano giunti in locoproprio nel momento in cui l’addetto
agli accertamenti topografici stavaeffettuando i propri rilevamenti
sul campo. Nel caso citato, la risolu-zione pacifica della
controversia si ottiene appunto attraverso la visionevaloriale
attribuita ai tracciati di limitazione tramandata dalla memo-ria
dei boni homines: è cioè il tempo – un tempo fatto di abitudini,
com-portamenti consolidati, spostamenti – a determinare il reale
tracciatodelle linee di confine e l’identità geografica dei
luoghi52.
Più spesso però i disaccordi non erano ancora stati risolti, per
cuinella giarida vengono riportate le varie posizioni degli
anziani: a Mal-vito a esempio «dixerunt veterani Corilionis quoniam
redit ad orientemcum via quousque pervenit ad divisam terre
Ianuensis» e in contrap-posizione «dixerunt homines Malviti quod
divisa secat et ascendit admeridiem usque ad capud terteri».
Discordie sorgevano anche sulleparcelle coltivate53 fino ad
arrivare a vere e proprie invasioni di grosseestensioni di terreno,
come avveniva ancora a Malvito, il cui dominusnon solo aveva invaso
il distretto confinante ma addirittura vi avevacostruito un mulino.
Gli episodi menzionati, nella loro dimensionestorica, non sembrano
essere dotati di caratteri eccezionali: fannoparte degli
innumerevoli esempi di contestazione di confini che carat-
50
S. FALLETTA
51 Su questa differenza di significato cfr. P.Brancoli
Busdraghi, Masnada e bonihomines come strumento di dominio
dellesignorie rurali in Toscana (secoli XI-XIII), inG. Dilcher, C.
Violante (a cura di), Strut-ture e trasformazioni della signoria
ruralenei secoli X-XIII, Il Mulino, Bologna, 1996,pp. 287-342:326 e
L. Provero, L’Italia deipoteri locali. Secoli X-XII cit., pp.
188-189.52 In questo senso è spiegabile, ad esem-pio, perchè il
principio dell'imprescrittibi-lità dei fines pubblici affermato con
forzadai doctores del diritto comune, possa
venire meno solo nel caso in cui nellamemoria delle comunità
confinanti non visia più traccia del momento in cui lo spo-stamento
dei confini sia stato effettuato(cfr. G. Del Monte, Tractatus de
finibusregendis cit., c. LXXVII, vv. 15-20).53 Nella divisa
Maganuge: «cultura quamdixerunt homines Iati esse
quatragintasalmarum de terris Cumeyt»; a Malvito:«in quadraginta
salmarum seminatura estdiscordia inter homines Corilionis ethomines
Malviti».
-
terizzavano la vita delle comunità rurali, non solo in epoca
medievale.Il loro rilievo sta quindi nella dimensione locale della
narrazione sto-rica, dove la varietà dei casi evidenzia come la
legittimità della pretesanon fosse sempre connessa al fatto che i
suoi titolari si inserissero inuna gerarchia di potere, quanto
piuttosto a una condizione di superio-ritas de facto, non
riconosciuta giuridicamente ma comunque implici-tamente
operante.
Dagli accenni alle dispute confinarie emerge inoltre una
dimen-sione delle tensioni locali che si realizzava in rapporti tra
casali limi-trofi: nella “pratica dei confini” cioè, trovavano una
composizionedinamica i diversi aspetti della conflittualità locale
e delle sue prati-che di attivazione e ricomposizione. Attraverso
la memoria dei finestramandata dagli anziani, la categoria
giuridica del possesso si rista-biliva nel termine “usurpazione”,
condiviso a ogni livello della società,che permetteva agli attori
di rendere pubblico un conflitto, mobili-tando la protezione delle
autorità.
La denuncia orale dell’usurpazione preconizzava, in qualchemodo,
il mantenimento di diritti attestato dal documento di reintegrodel
possesso, dando origine a una tipologia sociologica delle
manife-stazioni espressive di ostilità in grado di risolvere,
talvolta, le tensioniin atto.
La tipologia delle modalità di scontro e di ricomposizione
sem-bra disporsi, nei casi esaminati, lungo un continuum ai cui
estremistanno, da un lato, le liti confinarie risolte o sopite e
dall’altro, leliti assolute, senza argini né vie di composizione,
che richiedonoun’ingerenza esterna e quasi sempre il diretto
intervento dell’auto-rità sovrana. In generale, questa tipologia si
attesta in territori sog-getti alla giurisdizione di due diverse
autorità giudiziarie, dove l’in-tervento del potere politico
superiore per il mantenimento del pos-sesso investe un ruolo
fondamentale sia per registrare ed autenti-care quanto eseguito
dagli ufficiali, sia per reintegrare l’autoritàdella parte in causa
lesa. In questo senso, la pratica dell’interces-sione regia, venne
richiesta costantemente dagli arcivescovi diMonreale dall’epoca
sveva in poi, quando numerosi territori deldominio ecclesiastico
furono oggetto di illecite usurpazioni. Nelgennaio del 119554 a
esempio, ricevendo la chiesa di Santa MariaNuova sotto la sua
speciale protezione e confermandole i privilegi
51n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
54 Documento I.13 del cartulario (Paler-mo, 2 gennaio 1195 (XIII
ind.): «Tenor pri-vilegii Henrici VIti imperatoris bullatibulla
aurea qui una cum Constanciaimperatrice uxore sua approbat,
conceditet confirmat ac sub speciali protectione etcustodia sua
recipit ecclesiam Montis
Regalis cum universis pertinenciis etbonis suis tam stabilibus
quam mobili-bus cum observatione privilegiorum perregem Guillelmum
Secundum eidemecclesie indultorum, videlicet cum libera-litatibus,
consuetudinibus, dignitatibus,immunitatibus et aliis omnibus
iuribus
-
precedentemente concessi, Enrico VI interveniva sulla
questionedei territori pugliesi. La causa è comprensibile alla luce
di undiploma successivo, col quale la regina Costanza dirimeva in
favoredi Monreale la contesa sorta tra l’arcivescovo Caro e Corrado
diMonte Fusculo, signore di Grumo, relativa alla tenuta di
Bitetto:un’area di confine tra le città di Bitonto e Binetto
particolarmenteambita dai signori locali55.
La narratio del documento restituisce gli estremi del
mandatoregio col quale, nel giugno del 1195, i giustizieri della
Terra di Bariavevano ricevuto l’incarico di curare la presa del
possesso da partedella chiesa di Monreale del gruppo di terre
usurpate56. Nella tramadello scritto – un’istantanea globale delle
forze in campo – emerge ilsenso di una disputa dinamica, cui
partecipano attivamente la grandeabbazia siciliana, il signore
locale, i tecnici del diritto e i numerosiboni homines chiamati a
testimoniare. Per inciso, i territori pugliesiche la regina
Costanza consegnava a Monreale, verranno definitiva-mente perduti
dopo il 1378, a causa della separazione della Sicilia dalRegno di
Napoli57.
52
S. FALLETTA
quibus dicta ecclesia utebatur temporedicti regis et cum omnibus
aliis bonis queusque ad tempus dicti imperatoris dictaecclesia
acquisivit et que poterit acqui-rere in futurum».55 Doc. I.24
(Palermo 1196, dicembre, XIVind.): «Tenor privilegii Constancie
impera-tricis et regine Sicilie super questione queolim fuit inter
archiepiscopum MontisRegalis et Conradum de Monte Fusculotunc
dominum Grumi, super quodamtenimento Bitecti quod dicitur
Visciliequod adiudicatum fuit eidem ecclesie eteidem Conrado fuit
impositum perpetuumsilencium super ipso». Sulla questione diGrumo,
cfr. M. Caravale, Le istituzioni delRegno di Sicilia fra l’età
normanna e l’etàsveva («Clio», XXIII (1987), pp. 373-423:387).56
«Tunc venientes boni senes hominesBitecti quorum nomina hec sunt:
SymonGrippus, Nicolaus Senioris et Crisenciuset Bisancius,
Guirdillus et Mellismirate etLeo Conflatus et Iohannes Lardus et
Con-stantinus et Mellisbundus et IohannesPotus et Leo Maionis et
Grusus, quiomnes quasi uno ore et uno corpore unusante alium
ceperunt designare tam ipsasdivisas Viscilie quam et alterius
tenimentiquod erat iuxta ipsum tenimentum Visci-
lie, quod bitectenses in pace tenebant etnulla questio eis
inferebatur a supradictodomino comite et hominibus Grumi».
Nelmandato, non trascritto nel cartulario edemanato a Bitonto il 15
luglio del 1195(ind. XIII) si legge: «Giovanni di
Montefortegiustiziere della terra di Bari, con l’assi-stenza di
alcuni giudici di Bitonto eBitetto, per ordine
dell’ImperatriceCostanza, sentiti i testimoni ed esaminatii
documenti, rimette la chiesa di Monrealein possesso dei beni
usurpatile nel territo-rio di Grumo» (cfr. C.A. Garufi,
Catalogoillustrato del Tabulario di S. Maria laNuova cit., doc. 66,
p. 33). Sulla cancelle-ria di Costanza d’Altavilla, sulla
qualeancora manca un’elaborazione critica, cfr.T. Kölzer, La
reggenza di Costanza nellospecchio dei suoi diplomi, «Atti
dell’Accade-mia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo»,s. 5, VI
(1981-82), Parte Seconda: Lettere,pp. 85-107.57 Dopo lo scisma,
«Urbano VI mantennela Sicilia nella propria obbedienza permezzo di
un rapporto privilegiato con iquattro vicari e del riconoscimento
delleloro funzioni e dei loro poteri. [...] Fu puredeposto, perché
scismatico, l’arcivescovodi Monreale – un catalano – e sostituito
daUrbano con il francescano romano Paolo
-
5. Conclusioni
Dalla documentazione analizzata emerge una vera e
propriaproduzione storica dei confini, che si articola in una
molteplicità disoggetti e punti di vista e contemporaneamente
registra un pro-cesso di riconoscimento reciproco, di
legittimazione incrociata trapotere istituzionale e popolazione
soggetta. Processi che si tradu-cono nella trascrizione
documentaria in un’applicazione concreta,mirata e consapevole dei
termini legati al territorio e al suo sistematerminale, seguendo
l’istanza della confinazione come ermeneutica,conoscenza ed
interpretazione dello spazio. Sia pure in modoancora “primitivo”,
documenti come il rollum bullarum attestanochiaramente la volontà
di esprimere un’identità spaziale, che siesplica nella precisione
classificatoria e in un’accuratezza deri-vante, senza dubbio, da
una maggiore capacità di intervento direttosul contesto
territoriale.
Simili testimonianze, intreccio di segni sulla carta e segni
sullaterra fondato su permanenze e continue trasformazioni, danno
la per-cezione concreta della lettura del territorio medievale come
spazio fit-tamente intessuto di azioni, pertinenze, diritti,
pretese ma sopratuttodi confini, da intendere non come semplici
linee che separino in modototale ed esclusivo ma come zone liminali
complesse e ambigue, causadi conflitto e ragione di pace, elementi
di inclusione ed esclusione,ordine e disordine, definizione e
divisione58.
Questo carattere indefinito che il medioevo consegna
all’epocamoderna, si tramanda anche nelle fonti giuridiche come un
nucleosemantico che ingloba paesaggio e memoria: una memoria
specifica,legata al tempo – quello dei ricordi dei boni homines – e
allo spazio. Aquesta pratica fanno riferimento i doctores
medievali, la cui analisispeculativa, seppur difficoltosa e mediata
da concetti carichi di com-ponenti soggettivistiche, percettive e
simboliche, trova poi una tangi-
53n.18
SCRITTURA E MEMORIA DEL CONFINE
Lapi. A lui non andarono i redditi pugliesidella diocesi (150
fiorini l’anno, la città diBitetto e i possedimenti a Brindisi,
Mono-poli e Bitonto) che l’arcivescovo Guglielmoaveva ceduto
temporaneamente al cancel-liere del Regno di Napoli Nicolò Spinelli
eche Clemente VII confermò allo stesso inenfiteusi perpetua ed
ereditaria, in consi-derazione della parte avuta dallo
Spinellinella propria elezione» (S. Fodale, I vescoviin Sicilia
durante lo scisma d’Occidente,inG. De Sandre Gasparini, A. Rigon,
F. Tro-lese, G.M. Varanini (a cura di), Vescovi e
diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVIsecolo. Atti del VII
Convegno di studi dellaChiesa in Italia (Brescia, 21-25
settembre1987), 2 voll., Herder, Roma, 1990, pp.1061-1097:1063).58
La definizione – difficile dire meglio! – èripresa da R. McCor,
studioso di dirittointernazionale attento al problema
dellaconfinazione (cfr. R. McCor, Pushing Backthe Limitations of
Territorial boundaries,«European Journal of International Law»,XII
(2009), pp. 867-888).
-
bile applicazione nelle situazioni di frizione o di scrittura
del confineproposte dalla documentazione analizzata. In questo
senso, il datoche emerge con maggiore evidenza dalla fonte
esaminata resta lavolontà di legittimare il confine attraverso una
rielaborazione concet-tuale, anche laddove il segno terminale
tragga la propria origine dalcontesto rurale, riversandola in una
scrittura pianificata e trasferendoidealmente i segni terminali su
un piano modellizzante che produceuna nuova definizione
geografica.
54
S. FALLETTA