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343 GIULIANA CALCANI DALLA PRATICA AUGURALE ALLA SIMBOLOGIA DELLA NUOVA FEDE: CONTRIBUTO ALLA STORIA ICONOGRAFICA DEL CHRISMÒN A distanza di più di dieci anni ho l’occasione di tornare su un argomento che avevo già affrontato per il convegno su “La Croce. Iconografia e interpretazione”, organizzato a Napoli nel 1999 1 . Ma il lungo tempo intercorso tra quel convegno e la pubblicazione dei relativi atti non ne ha consentito, comunque, l’aggiornamento bibliografico. Inoltre, la scarsissima circolazione degli stessi atti, ha tenuto fuori dal dibattito quel primo con- tributo. Insomma ci sono buoni motivi per ripensare e riproporre un tema cruciale nella cosiddetta “svolta” costantiniana 2 , cioè l’origine e la forma del simbolo dietro al quale marciarono vittoriose le legioni di Costantino alla conquista dell’impero romano. Il mio tema d’indagine si legava, allora, alla partecipazione al gruppo di lavoro sull’Arco di Costantino diretto da Alessandra Melucco Vaccaro 3 . L’iscrizione monumentale posta sui due lati dell’attico era l’elemento di partenza di un’analisi che confermava l’adesione alla prassi cerimoniale imperiale, da parte di Costantino, nelle fasi propedeutiche allo scontro con Massenzio 4 . Il primo riferimento che abbiamo di quell’iscrizione è forse il passo della Vita di Costantino che ricorda le iniziative prese a Roma per rendere “ noto all’umanità intera il segno salvifico5 . Nell’iscrizione, così come nell’intero apparato fi- gurativo cui era affidato il messaggio propagandistico dell’Arco nella Valle del Colosseo, evidenziavo il senso della continuità con i riferimenti, culturali e visivi, normali per tutti i cittadini romani dei primi anni del IV secolo a.C. Quegli stessi riferimenti potevano esse- re, però, letti anche in senso cristiano da parte degli iniziati alla nuova fede. L’immagine di Costantino che proponevo era quella dell’uomo politico abile, e perciò prudente, nel traghettare un sistema complesso quale era quello dell’impero romano, verso un nuovo assetto. Tale prospettiva storica non era certo una novità e in quest’ultimo decennio gli 1 CALCANI 1999 (2007), pp 223-230. 2 Ringrazio Fabrizio Bisconti e Matteo Braconi per avermi offerto questa preziosa opportunità. Sulla que- stione della “svolta costantiniana” si rimanda a CALDERONE 1962 (2004); DODDS 1973; DE GIOVANNI 1977 (1989); SORDI 1983 (2004); BONAMENTE, NESTORI 1987; BONAMENTE, FUSCO 1990; FRASCHETTI, 1999; MAR- CONE 2000; MARCONE 2002; DE GIOVANNI 2003. 3 Per le ricerche sull’Arco di Costantino: AA.VV., 2001. 4 Sulla figura di Massenzio si veda ora DONCIU 2012 con ampia bibl. prec. 5 EUSEBIO DI CESAREA, Vita di Costantino, I, XL,1.
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Dalla pratica augurale alla simbologia della nuova fede: contributo alla storia iconografica del chrismòn

Mar 18, 2023

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Giuliana CalCani

Dalla pratica augurale alla simbologiaDella nuova feDe:

contributo alla storia iconografica Del chrismòn

a distanza di più di dieci anni ho l’occasione di tornare su un argomento che avevo già affrontato per il convegno su “La Croce. Iconografia e interpretazione”, organizzato a napoli nel 19991. ma il lungo tempo intercorso tra quel convegno e la pubblicazione dei relativi atti non ne ha consentito, comunque, l’aggiornamento bibliografico. Inoltre, la scarsissima circolazione degli stessi atti, ha tenuto fuori dal dibattito quel primo con-tributo. insomma ci sono buoni motivi per ripensare e riproporre un tema cruciale nella cosiddetta “svolta” costantiniana2, cioè l’origine e la forma del simbolo dietro al quale marciarono vittoriose le legioni di costantino alla conquista dell’impero romano. il mio tema d’indagine si legava, allora, alla partecipazione al gruppo di lavoro sull’arco di costantino diretto da alessandra melucco vaccaro3. l’iscrizione monumentale posta sui due lati dell’attico era l’elemento di partenza di un’analisi che confermava l’adesione alla prassi cerimoniale imperiale, da parte di costantino, nelle fasi propedeutiche allo scontro con massenzio4. il primo riferimento che abbiamo di quell’iscrizione è forse il passo della Vita di Costantino che ricorda le iniziative prese a roma per rendere “ noto all’umanità intera il segno salvifico” 5. Nell’iscrizione, così come nell’intero apparato fi-gurativo cui era affidato il messaggio propagandistico dell’Arco nella Valle del Colosseo, evidenziavo il senso della continuità con i riferimenti, culturali e visivi, normali per tutti i cittadini romani dei primi anni del iv secolo a.c. Quegli stessi riferimenti potevano esse-re, però, letti anche in senso cristiano da parte degli iniziati alla nuova fede. l’immagine di costantino che proponevo era quella dell’uomo politico abile, e perciò prudente, nel traghettare un sistema complesso quale era quello dell’impero romano, verso un nuovo assetto. tale prospettiva storica non era certo una novità e in quest’ultimo decennio gli

1 CalCani 1999 (2007), pp 223-230.2 ringrazio fabrizio bisconti e matteo braconi per avermi offerto questa preziosa opportunità. sulla que-

stione della “svolta costantiniana” si rimanda a Calderone 1962 (2004); dodds 1973; de Giovanni 1977 (1989); sordi 1983 (2004); Bonamente, nestori 1987; Bonamente, FusCo 1990; FrasChetti, 1999; mar-Cone 2000; marCone 2002; de Giovanni 2003.

3 per le ricerche sull’arco di costantino: aa.vv., 2001.4 Sulla figura di Massenzio si veda ora donCiu 2012 con ampia bibl. prec.5 euseBio di Cesarea, Vita di Costantino, i, Xl,1.

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studi su costantino il grande si sono consolidati proprio nella direzione del superamento della dicotomia tra il suo essere pagano e, nello stesso tempo, cristiano, valorizzando l’aspetto politico del suo agire6. e proprio in questa direzione si poneva il mio intervento al succitato convegno di napoli che ampliava, rispetto a quanto già evidenziato nelle ricerche edite in quella data, ma anche ad oggi, la casistica sulla voluta coesistenza di ele-menti pagani e cristiani nell’operato di costantino, in funzione della ricerca di consenso e, quindi, del massimo potere.

l’ipotesi che proponevo allora e che cercherò di ribadire meglio in questa occasione, è di vedere nella continuità con il rito augurale romano la base interpretativa per le vi-sioni e il sogno attributi dalle fonti a costantino prima del 28 ottobre del 312. lasciamo pure da parte il “fantasma dell’ambiguità”7, ma anche ammettendo l’adesione convinta di costantino al cristianesimo, già negli anni d’esordio sulla scena politica internazionale, non possiamo trascurare quei fatti, in apparenza contraddittori per un cristiano, che sono il segno della gradualità e della determinazione da parte di costantino non certo di prati-care un distacco, semmai di ri-semantizzare il cerimoniale della corte imperiale e i suoi simboli8, dando anche in questo caso un contenuto cristiano alle forme tradizionali che avevano accompagnato per secoli l’esercizio del potere9. la questione è, una volta di più, di non banalizzare la densità simbolica che è conseguenza di modifiche, non di fratture, in un processo che è stato definito, in maniera efficace, di deculturazione – come perdita progressiva di quei saperi e di quei significati che non avevano più senso nella società tardoantica – e di acculturazione – come acquisizione dalla tradizione di quegli elementi sentiti come basilari per le trasformazioni in atto10.

facendo ricorso alla carica di pontifex maximus, assunta con la nomina ad augu-sto11, costantino poteva avvalersi della prerogativa di trarre auspici in prima persona, da qui l’interpretazione di segni celesti e di sogni, utilizzati per convincere le truppe che un dio, più efficace degli altri, fosse dalla sua parte contro Massenzio. Ricorrendo alla ritualità dell’augurium e ponendo sulle insegne il simbolo da lui deciso insieme “a sacerdoti amici”12, costantino seguiva di fatto la prassi: aggiungendo un nuovo dio alle altre immagini venerate dall’esercito non in maniera casuale, ma associando sul labaro il simbolo visto in cielo con i ritratti imperiali. il simbolo divino era veicolato da un’in-segna militare, da un elemento cioè, che era oggetto di culto da parte dei legionari. alle

6 vedi nota 2 con particolare riferimento agli studi di dodds; de Giovanni; sordi; FrasChetti; marCone.7 cfr. bonamente 1990, p. 171.8 Bonamente, lizzi testa 2010.9 La bibliografia sulla continuità delle forme e l’innovazione dei significati in ambito cristiano è sterminata,

rimando a GreenhalG 1984, pp. 115-167 e a BisConti 1996, pp. 71-93; BisConti 1998, pp. 33-53.10 della Corte 1982, pp. 575-585.11 il titolo di augusto venne attribuito a costantino subito dopo la morte del padre, per acclamazione dell’eser-

cito a York nel 306 anche se poi costantino accettò di retrocedere a cesare accogliendo per opportunità la decisione di galerio, ribadita da Diocleziano nell’incontro di carnuntum del 308 che vide la nomina di licinio come augusto. il 310 fu l’anno di svolta anche in questo senso: vedi marCone 2000, in part. pp. 16-25.

12 euseBio, Vita di Costantino, i, 30.

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insegne militari erano offerti sacrifici, in occasione dei riti religiosi il vessillo era unto con olio e decorato con ghirlande, mentre per le battaglie era ornato da corone di alloro13. il santuario delle insegne aveva un posto centrale nel castrum ed era il luogo dove veniva praticato il culto delle insegne in associazione al culto del genio, del numen, dell’augusto e il rito di fedeltà tra imperator e legioni si suggellava proprio attraverso il culto delle insegne14. tertulliano15 ricorda che “religio romanorum tota castrensis signa veneratur, signa iurat”. e questo spiega molto del modo di procedere di costantino alla vigilia della battaglia di ponte milvio. i fatti sono ben noti, mi limiterò quindi a riprendere pochi punti del percorso “politico-spirituale” di Costantino, rimandando all’ampia bibliografia dispo-nibile per tutti gli approfondimenti del caso16.

le fonti letterarie riferiscono, come è noto, che la campagna d’italia fu iniziata nono-stante il responso contrario degli aruspici, da un costantino sempre più in contatto diretto con la divinità, in contrasto con l’antagonista massenzio, circondato a roma da aruspici che facevano sacrifici per ingraziargli il favore degli dei e che venivano continuamente da lui consultati17. in seguito a visioni che avvengono poco prima che l’esercito si accampas-se alle porte di roma e poi ad un sogno fatto durante la notte che precedette la battaglia fatidica, costantino avrebbe fatto apporre sugli scudi un nuovo simbolo, ovvero avrebbe fatto creare un’insegna militare, il labaro appunto, recante il nuovo segno ispirato diret-tamente da Dio18. grazie alla protezione di quel simbolo (croce, monogramma di cristo o croce monogrammatica), costantino avrebbe vinto massenzio e le sue truppe. a ciò farebbe riferimento la formula “instinctu divinitatis” contenuta nell’iscrizione monumen-tale posta sui due lati dell’attico nell’arco della valle del colosseo. simboli riconducibili al cristianesimo si trovano anche su documenti iconografici coevi. Ma abbiamo anche, nelle stesse fonti letterarie, la notizia del culto tributato da costantino ad apollo/Helios. e le testimonianze iconografiche confermano anche questa tendenza e, sia sulle monete che sullo stesso Arco monumentale di Roma, troviamo la presenza significativa di divinità dell’olimpo, tra le quali prevale proprio quella di apollo assimilato anche ad Helios/Sol Invictus. il dio dei cristiani si inserisce, insomma, in una sorta di “contesa” tra divinità alle quali si chiede di dimostrare la propria efficacia a discapito delle altre. Ed è una contesa che va ben oltre gli anni dello scontro con massenzio. nel discorso pronunciato da licinio subito prima della battaglia di adrianopoli (e che eusebio dichiarava di aver sentito da testimoni diretti) emerge che è ancora in atto la guerra tra le divinità, oltre che tra gli uomini. sono più forti gli antichi déi pagani o il dio dei cristiani? la domanda non aveva risvolti teologici, ma concreti, nel senso di trasmettere fiducia alle truppe “[…] Se

13 herodian., iv, 4, 5; Plin., Nat. Hist., Xiii, 3, 23. cfr. CalCani 1999, p. 230.14 CalCani 1999, p. 230, nota 24.15 Apologeticum, 18, 8.16 vedi nota 2.17 per la discussione sulle fonti si rimanda a CalCani 1999, pp.223-230. per l’analisi dei panegirici latini:

CavalCanti 2005, pp. 45-55 (con bil. prec.).18 per un’analisi puntuale del vessillo e la discussione sulle fonti si rimanda a marCone 2002, pp. 70 – 76 e

92-97.

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il Dio straniero, che ora irridiamo, si rivelasse più forte di noi, che nulla ci impedisca di riconoscerlo e di venerarlo e di lasciar perdere questi dei ai quali accendiamo ceri inutilmente, ma se prevalessero i nostri, cosa di cui non c’è da dubitare, dopo la vittoria in questo luogo che ci si muova a battaglia contro gli empi”19. e ancora “mentre stava accadendo questo si dice che nelle città soggette al tiranno apparve una visione che dif-ficilmente si può descrivere a parole; infatti alcuni credettero di vedere diverse schiere di soldati al servizio di Costantino, in pieno giorno, attraversare le città come se avessero vinto la battaglia […]20. insomma, il messaggio del vescovo di cesarea è chiaro: il segno salvifico protegge dalla morte in battaglia e assicura la vittoria21. Dopo massenzio anche Licinio era caduto nell’errore di non saper scegliere a quale entità soprannaturale affi-dare il proprio destino e quello delle sue legioni. ma al di là delle deduzioni di carattere propagandistico a favore di costantino, è illuminante la testimonianza sul piano concreto di valutazione della fede. licinio dichiara che sarebbe stato meglio abbandonare gli déi pagani se si fossero mostrati inefficaci. E’ questo, dunque, il nodo sensibile anche della “svolta” costantiniana: l’aver individuato nel pantheon celeste chi era effettivamente in grado di agire nella vita degli uomini22. il tema della battaglia tra le divinità che le fonti costantiniane riflettono è riconoscibile come un antico topos letterario che ritroviamo già nell’epica: dall’iliade all’eneide il leit motiv era sempre stato quello della lotta tra gli déi che si contendevano il destino degli uomini per dimostrare, in realtà, la loro forza. Con Costantino entra ufficialmente in gara un’altra divinità, oltre a quelle olimpiche, oltre a quelle misteriche e del monoteismo solare, niente affatto nuova né per roma né per i suoi centri di potere. ma ancora in cerca di una legittimazione. eutropia, madre di massenzio e sposa di massimiano, un augusto quindi, era cristiana23. ma questo non era evidentemente sentito come un ostacolo per una augusta. per creare scalpore ci voleva altro e, dopo la morte di Massenzio, la madre fu costretta a giurare che non fosse figlio di massimiano, bensì frutto di un adulterio, forse consumato in una comunità cristiana della siria24. oltre all’essere dichiarato, di fatto, un bastardo, che non aveva nessuna legittima aspirazione a coprire cariche imperiali, massenzio riceveva una ulteriore denigrazione dal fatto di avere anche un padre cristiano. costantino stesso sembra aver avuto la nonna paterna, oltre che la madre, di religione cristiana e potrebbe aver conosciuto e frequentato lattanzio a nicomedia25. ma c’era già stato addirittura un cristiano, il siriaco filippo

19 eusebio, Vita di Costantino, ii, v, 4.20 eusebio, Vita di Costantino, ii, vi, 1.21 eusebio, Vita di Costantino, ii, vii-iX.22 la questione, come è noto, aveva ampio spazio negli scritti teologici. per una sintesi del legame instaurato

tra la capacità di azione degli déi e la vita degli uomini come base per l’esaltazione o, al contrario, il rifiuto della religione nel mondo greco-romano si rimanda a CalCani 1993, pp. 33, 44-45 e note 46-47 (con bibl. prec.).

23 donCiu 2012, pp. 39-40.24 donCiu 2012, p. 39 e nota 2 con le relative fonti letterarie.25 per l’analisi delle relazioni del principe con gli intellettuali pagani si rimanda a de Giovanni 1977 (1989),

pp. 151-210,e a PriCoCo 1982.

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l’arabo, a coprire la carica più alta dell’impero romano26. il sincretismo orientale favorito dalla corte di settimio severo e il potere crescente delle principesse siriache erano state, come è noto, le premesse per l’ascesa di un arabo cristiano al potere imperiale. non a caso gli scrittori greci del iii secolo, come Dione ed erodiano, opponevano agli imbelli Syroi, le stirpi vigorose degli illirici (massimino il trace), dei pannoni (Decio), del dal-mata Diocleziano e del dacio galerio. alla forza di questi difensori degli antichi déi del culto capitolino è opposta la debolezza degli orientali monoteisti-sincretisti27. ma se da un lato il processo di legalizzazione del monoteismo solare operato da aureliano28 era irreversibile – e proprio su questo poteva fare leva Costantino29 – dall’altro non possiamo dimenticare che il clima politico e religioso alla vigilia dello scontro con massenzio era tale da non consentire nessuno strappo all’intangibilità della tradizione romana. come è stato da tempo rilevato30, l’adesione alle tradizioni pagane, alle sue feste, ai suoi riti, defi-niva l’appartenenza alla comunità a prescindere dalla religione seguita. abbiamo esempi di appartenenza a molteplici fedi che non sono sentite contrastanti tra loro, come nel noto caso di vettio agorio pretestato che, ancora nella seconda metà del iv secolo, nonostante fosse ierofante di ecate, sottoposto al lavacro di sangue come si conveniva ai seguaci della Grande Madre Cibele che aspiravano alla resurrezione, era anche augure, pontefice di Vesta, pontefice del Sole e quindecemviro31. lo spirito che si viveva a roma era quello, cioè, ben espresso dalla dedica del portico monumentale ai piedi del campidoglio agli “déi consenti”, ovvero a tutte le divinità favorevoli all’impero, di cui era meglio non fare il nome, nel superstizioso timore di dimenticarne qualcuno 32.

come leggere, dunque, in questo delicato e particolare equilibrio tra “paganesimi” e cristianesimo, tra tradizione e innovazione, il segno ispirato a costantino da Dio, e che nome possiamo dare a questo Dio?

Dagli anni trenta del novecento, come è noto, la questione della “svolta costantiniana” è stata impostata sul riconoscimento di una valenza solare al misterioso simbolo adottato da costantino in quel fatidico scontro del 312, ma oggi si contendono il campo i fautori di una

26 sordi 1983 (2004), pp. 135-139 e 202-203.27 sordi 1983 (2004), p. 203-204.28 nel 274 aureliano, come è noto dagli scrittori della Historia Augusta, aveva proclamato Sol Invictus divini-

tà ufficiale dell’impero, costruito un tempio in suo onore a Roma e creato un apposito collegio sacerdotale: i Pontifices Dei Solis. cfr de Giovanni, 1977 (1989), pp. 116 ss. e nota 41. vedi anche limc, iv, i, pp. 592-625; musso, 2000; marCone 2002, p. 93.

29 oltre alla bibl. cit. a nota 2, si veda anche amerise 2005, p. 73-77.30 de Giovanni, 1977 (1989), pp. 180-183; FrasChetti 2000, pp. 263-266; marCone, 2002, pp. 87-92.31 l’esempio è ricordato in FrasChetti 1999, pp. 66-68, 70-74 e id. 2000, p. 265. 32 l’iscrizione (CIL, vi, 102) posta sull’architrave del portico ricorda proprio il restauro della struttura e dei

simulacri degli déi consenti ad opera di vettio agorio pretestato, prefectus urbi nel 367. All’edificio, come è noto, è stata riferita fin dai primi del Novecento la testimonianza di Varrone (De agr. i, 1, 4) che ricorda le statue di dodici divinità: sei statue dorate di divinità maschili e a sei di divinità femminili di cui non riferisce il nome e associate al dodekàheon greco o alle dodici divinità etrusche di cui non si poteva fare il nome. vedi Bayet 1992 , p. 125 ss.; nieddu, 1985, pp. 24-28; Coarelli 2001, P. 78. sul complesso clima religioso della tarda antichità vedi anche lizzi, Consolino, 1993, pp. 895- 974.

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piena conversione di costantino al cristianesimo già in quella data33 e di coloro che eviden-ziano invece la complessa situazione religiosa dell’impero romano di cui costantino non poteva non tenere conto, se non ne era addirittura partecipe34. Quale che fosse la sua per-sonale predisposizione, la scelta di “aggiornare” il repertorio di segni ufficiali dell’impero romano, dopo le visioni e il sogno, non era né semplice, né scontata. Sol Invictus e Victoria erano gli dei militares dell’esercito di costantino, oltre a Hercules Invictus, marte e mitra35.

a questo variegato sostrato religioso, è da aggiungere che, nonostante l’alternanza di opinioni, appare ormai chiaro da recenti studi di sintesi36 che i due tipi noti per il mo-nogramma di cristo, ovvero il cristogramma o chrismon e la croce monogrammatica o staurogramma, sono attestati ben prima dell’affermazione del cristianesimo. per entrambi i segni è noto l’uso come abbreviazioni pagane: il monogramma decussato, per esempio, era utilizzato come una sospensione di cronos, o posto in relazione al culto solare, mentre nomi come Crestos (attestato a Dura Europos), davano luogo ad abbreviazioni confondi-bili con il nome di Cristo, ma che non avevano alcun significato cristiano37.

Ma anche se il segno più emblematico del cristianesimo ha una storia iconografica più antica, molto più antica dell’annuncio evangelico: basti pensare all’ankh egizio, è indubbio però che il suo uso in una più complessa chiave interpretativa si ha solo dopo la visione e il sogno di costantino alla vigilia del 28 ottobre del 31238. un’immagine che restituisce al meglio il contesto cristiano del segno costantiniano è quella scolpita al cen-tro del ben noto sarcofago “della passione” o “dell’anástasis”39, riflessa anche da altre incisioni su marmo e supporti di altro materiale e di diversa destinazione40. il processo di sintesi che portò ad eleggere questo tra altri emblemi fu il risultato di un’operazione attenta e cauta. per leggere il monogramma costantiniano come abbreviazione del nome di cristo bisognava conoscere il greco ed essere cristiani. e’ già stato rilevato il fatto che a oriente, dove si parlava greco appunto, l’immagine della croce si diffuse molto più del monogramma che è, al contrario, attestato maggiormente in occidente dove si parlava latino41. la comprensione di quel simbolo non doveva essere poi così immediata se non nel senso di un generico segno salvifico e di buon augurio42. e’ evidente che oltre al riferi-mento alle iniziali del nome di cristo, comprensibile per i battezzati, dovevano emergere,

33 per una sintesi della storia degli studi sulla cosiddetta “questione costantiniana” si rimanda a sordi 1983 (2004), pp. 171-183, in part. pp. 171-172 e note 1-2; marCone 2002, pp. 179-194. vedi anche donCiu 2012, pp. 198-199.

34 marCone 2002; de Giovanni 2003.35 GaBBa, 1974, in part. pp. 98 ss.36 mazzoleni 1997, pp. 173-179, in part. pp. 173-175.37 cfr. Bruun, 1991, p. 74 e nota 30.38 la conclusione, del tutto condivisibile, a cui giunge mazzoleni 1997 è proprio nel sottolineare il contesto

d’uso di tali iconografie, distinguendo tra segno (pre-cristiano) e significato (pagano o cristiano).39 sPinola 2000, pp. 604-605, n. 306 (con bibl. prec.).40 per una buona campionatura di materiali, presentati in maniera eccellente, si rimanda a donati, Gentile

2005, pp. 232-233, n. 44, pp. 240-241, n. 61, pp. 244-248, nn. 66-78, pp. 255-258, nn. 86-87.41 il problema, sollevato dagli anni ’60 da Bruun soprattutto per le monete, è stato ripreso da travaini 1999

(2007) pp. 8-9 e note 4-11.42 per una sintesi su tali problemi si rimanda a travaini 1999 (2007), pp. 7-12.

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dunque, altri significati comunque coerenti con quell’iconografia e il suo contesto d’uso. Quel che si intende ribadire in queste pagine è proprio il significato più ampio che doveva essere riassunto dal chrismon come simbolo universale, a prescindere dal credo religioso dei singoli. Questo significato universalmente comprensibile va cercato, a mio avviso e come ho già anticipato, nei segni e nei rituali della pratica augurale romana nella sua ac-cezione più densa, vale a dire nel rapporto tra auspicium e imperium secondo la ricostru-zione di theodor mommsen per il quale l’auspicium non era altro che l’aspetto religioso dell’imperium43. e’ grazie a questa ambiguità che il monogramma di cristo poté, a mano a mano, diventare la nuova insegna dell’impero su una vasta serie di manufatti, compreso il valore circolante delle monete44.

Costantino, da vero uomo politico, aveva come fine ultimo la conquista e la conserva-zione del potere attraverso il più ampio consenso popolare45. attento alle strategie di co-municazione e di immagine, il suo modo di comportarsi di fronte all’esercito, al senato e al popolo di roma, nella fase più delicata della sua ascesa al potere, appare perfettamente in bilico tra tutte le variabili presenti sullo scacchiere. costantino aveva esempi di imperatori che prima di lui si erano trovati, per così dire, in posizione dissonante rispetto al dettato protocollare di corte e ne erano rimasti vittime: elagabalo per fare un nome esemplare46. inoltre poteva confondersi con quella corrente pagana che aveva ricondotto il politeismo al monoteismo attraverso il culto solare. che la religione monoteista fosse più confacente ad accompagnare il disegno politico di un unico sovrano per un unico impero era un dato di fatto che potrà, però, essere dichiarato solo negli ultimi anni del potere costantiniano47.

la questione non è, dunque, cosa costantino volesse, ma cosa dovesse fare per rag-giungere il suo obiettivo prioritario che, come è stato già dimostrato, fin dal 310 almeno era quello di presentare sé stesso come l’uomo del destino, erede di una dinastia di impe-ratori, in grado di riunificare l’impero48.

religione monoteista e potere monocratico andavano di pari passo nell’elaborazione del nuovo equilibrio politico, oltre la tetrarchia e le sue vecchie divinità olimpiche49. un aspetto era funzionale all’altro e tutto lascia intravedere un disegno preciso da parte di

43 mommsen 1887, p. 90. per la discussione su tale proposta si rimanda a tassi sCandone 2001.44 Bruun 1991 e 1997, pp. 41-59; travaini 1999 (2007). e’ singolare ricordare che dal 324 d.c. per la mo-

netazione veniva utilizzato in gran parte l’oro e l’argento proveniente dalla confisca di arredi e ornamenti preziosi fatti togliere dai templi pagani proprio da costantino: Bonamente 1990, pp. 171-201. Dall’età di Costantino fino alla fine del Medioevo e oltre, la presenza della croce greca diventa un elemento così tipico della monetazione dell’europa cristiana da dare origine al rituale ancora oggi in uso del “testa o croce” per decidere qualcosa affidandosi alla sorte: cfr. travaini 1999, p. 7.

45 si rimanda, in particolare, a sordi 1983 (2004), pp. 172-173.46 de Giovanni 2003, pp 123 ss.; sordi 1983 (2004), pp. 126-127. e’ stato osservato (sordi 1983 (2004), p.

127) che il monoteismo solare di elagabalo forse era assimilato alla fede dei cristiani dal popolo romano, tanto che le modalità dell’uccisione e dell’infierimento sul cadavere dell’imperatore nel 212 e di papa Cal-listo, nello stesso anno, sono le stesse.

47 vedi nota 18 e amerise 2005, p. 90 (introduzione a eus., Discorso regale).48 marCone 2000, p. 22 ss.; id. 2002, p. 42 ss.49 Farina 1966, pp. 107-127, 206-235; de Giovanni, 1982, p. 23 ss.; marCone 2002. pp. 96-97, 104 , 120,

123, 129-131; amerise, 2005, pp. 16-25, 68-91; FranCo 2010, p. 11 e note 4-6.

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Costantino fin dagli anni della vittoria su Massenzio. In questo clima di consapevolezza su quale fosse la posta in gioco, tutto possiamo pensare tranne che costantino si lascias-se andare a comportamenti avventati proprio alla vigilia del confronto più importante: quello con massenzio alle porte di roma. il 28 ottobre 312 era una data particolarmente significativa che i posteri ricorderanno come data della vittoria di Costantino, ma quel giorno doveva essere la celebrazione del sesto giubileo della proclamazione imperiale di massenzio che era stato acclamato a roma il 28 ottobre del 306, grazie al sostegno delle coorti urbane e della plebe, riuscendo in seguito ad estendere il suo controllo sull’italia e l’africa50. la differenza tra costantino e massenzio è sottolineata dalle fonti letterarie proprio in relazione alla capacità di controllo della situazione da parte del vincitore, men-tre lo sconfitto, “l’usurpatore”, il destabilizzatore dell’ordinamento politico dato, è vitti-ma della sua irrazionalità. invece di restare al sicuro dentro le mura di roma, massenzio decide di dare battaglia in campo aperto, rinunciando alla strategia che gli aveva già con-sentito di resistere e di respingere l’assedio di severo e di galerio nel 30751. massenzio è destinato ad essere sconfitto, è la forza della divinità che lo trascina fuori dalle mura e ciò dimostrava il suo errore nell’aver affidato il destino di Roma alle false divinità e nell’aver dato credito al responso dei suoi aruspici52.

l’alternativa tra il dux che mantiene la mente salda e decide al meglio, secondo ra-gione, in opposizione all’avversario irrazionale che sbaglia in preda al panico è proprio quanto emerge nella propaganda successiva ai fatti del 312, ma anche grazie al riferi-mento ad apollo/Sol. su una moneta coniata pochi mesi dopo la battaglia ai Saxa Rubra, all’inizio del 313 Costantino, come è noto, è ritratto di profilo insieme ad Apollo53. oltre all’interpretazione consueta di tale iconografia come passo verso il monoteismo, non pos-siamo trascurare le prerogative del messaggio nel senso più ampio, cioè quello pagano54. apollo, come dio della ragione, era stato opposto a Dioniso, non a caso, nella lotta tra ottaviano e marco antonio per la successione a giulio cesare55. il riferimento ad apollo che appare anche nel panegirico del 310 a proposito di una visione di costantino in gal-lia, sicuramente riveste anche altre implicazioni, come la volontà di esaltare il ruolo del santuario locale di apollo da parte del panegirista, il distacco dalle divinità tetrarchiche: giove ed ercole, un omaggio all’aristocrazia gallica56. D’altro canto è un fatto ormai acquisito che le scelte di continuità con la tradizione pagana erano dettate dalla classe di appartenenza e che l’adesione alla fede cristiana non portava necessariamente all’abban-dono delle tradizioni del passato vissute come perpetuazione di uno status symbol, come è stato ben circostanziato anche a proposito dell’assimilazione culturale tra mondo classico

50 marCone 2002, p. 67; donCiu 2012, pp. 59-91.51 marCone 2002, p. 68. sulla battaglia del ponte milvio donCiu 2012, pp. 176-186, con la ricostruzione dello

schema di combattimento a p. 183, fig. 10.52 Pan. Lat., 9, 4, 4. de Giovanni 1977 (1989), p. 41; sordi 1983 (2004), p. 174 ss.53 la roCCa 2000, p. 18, fig. 14; donati, Gentili 2005, p. 237, n. 54 (con bibl. prec.).54 simon, BauChhenss 1984, pp. 183-464.55 zanker, 1989, pp. 58-70.56 marCone 2002, p. 45.

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e mondo cristiano57. Da non sottovalutare, però, è anche l’aspetto oracolare di apollo e la considerazione di cui godevano i santuari più grandi del mediterraneo, come quello di Di-dyma58, nel senso della legittimazione di previsioni e responsi anche nella tarda antichità. le fonti e gli strumenti della sapienza pagana continuavano ad essere riferimento e meto-do, i grandi santuari oracolari non avevano perso il loro prestigio internazionale, proprio quando erano legati al culto di apollo. lattanzio, come altri scrittori cristiani prima di lui, aveva raccolto e utilizzato addirittura testi oracolari pagani e, come è noto, ancora ago-stino considerava gli oracoli sibillini come fonti di annuncio delle verità cristiane tanto da attribuire alla sibilla eritrea chiare profezie sul cristo e da riportare la traduzione latina di un carme greco con l’acrostico del salvatore59.

come dio solare apollo era invincibile e tra gli epiteti di costantino c’è proprio quello di invictus che, come è noto, era legato sia alla sfera militare, sia a quella religiosa proprio attraverso Sol60. non è da escludere che anche in questo caso il legame tra costantino e apollo/Sol avesse chiavi di accesso anche per i cristiani61, tanto che il colosso del sole a roma continuava a ricevere la devozione popolare, come attesta il calendario di filoca-lo62. Il colosso di Roma, com’è noto, era in origine un’immagine di Nerone, modificata dai flavi63 e il fatto che anche costantino, della dinastia dei secondi flavi, fosse rappre-sentato come Helios nella statua posta sulla colonna porfirea a Costantinopoli, era leg-gibile nel solco della tradizione della più alta onorificenza concessa ad un sovrano64, ma poteva favorire anche il nesso negativo con il malvagio nerone65. il modello per la statua del costantino/Helios, che conosciamo grazie alla rappresentazione su monete66, si lega alla tradizione remota, ma ancora viva e qualificante, delle rappresentazioni di Alessan-dro/Helios, del colosso del sole di carete di lindos per i rodii, del colosso di nerone/Helios a roma, ma anche all’immagine di traiano posta sulla colonna coclide istoriata, eretta nell’omonimo foro e nota anche in questo caso da tipi monetali67.

ma non dobbiamo dimenticare altre rappresentazioni di apollo/Sol, raffigurato con

57 CraCCo ruGGini, 1982, pp. 133-152. 58 PriCoCo 1982, p. 518.59 PriCoCo 1982, in part. p.517 e note 34-35. cfr. sardella 1982, pp. 545-573.60 letta 1988, pp. 592-625; musso 2000, pp. 374-387. sull’assimilazione di costantino a Sol Invictus de

Giovanni 1977 (1989), pp. 105-149, vedi anche amerise, 2005, pp. 242-244; FranCo 2010, pp. 29-30.61 secondo Cameron 1999, p. 45, il sole poteva anche simboleggiare il Dio dei cristiani.62 si rimanda a ensoli 2000, p. 88, nota 126.63 ensoli 2000, pp. 66-90 propone di identificare i resti della statua colossale in bronzo modificata con il volto

di costantino, ai musei capitolini, proprio con il colosso del sole. 64 si rimanda a eusoli 2000, in part. p. 78 e nota 61 (con ampia bibl. prec.).65 il parallelo nerone-costantino si trova, in eutropio: cfr. marcone 2002, p. 141.66 per il costantino/Helios di costantinopoli fu utilizzata, come è noto, una statua più antica che rappresenta-

va il sole radiato e proveniva forse da ilio: ensoli 2000, p. 78 e figg. 23-24 con ampia bibl. prec.; marCone 2002, p. 181.

67 Per l’adesione iconografica all’Alessandro/Helios la roCCa 2000, pp. 16-18, fig. 14 (medaglione di Co-stantino accompagnato dal sole) con bibl. prec. per le statue colossali e la loro fortuna ensoli 2000, in part. pp. 84-85, figg. 35-39 Per il riferimento di Costantino a Traiano ensoli 2000, pp. 84-85. a giove doveva essere invece assimilata l’immagine di costantino rilavorata sulla colossale statua in marmo proveniente dalla basilica di massenzio: la roCCa 2000, pp. 24-26.

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la lunga veste dell’auriga mentre conduce la quadriga, presente su monete costantiniane, come l’esemplare dal tesoro di misurata del 312-31368 direttamente confrontabile con l’apollo/Sol scolpito nel tondo del lato est dell’arco nella valle del colosseo, posto al di sopra del fregio con la scena dell’adventus di costantino a roma69.

fino al 326 costantino poteva essere rappresentato con la corona radiata, sicuro di diffondere un messaggio universalmente accettabile, mentre il monogramma cristiano è limitato a emissioni con circolazione molto ristretta, come è il caso del ben noto meda-glione d’argento battuto dalla zecca di Ticinum, databile al 31570. generalmente si guarda solo alla faccia principale del medaglione, dove il volto di costantino è rappresentato non di profilo come di consueto, ma di tre quarti, evidentemente proprio per rendere visibile il segno inciso sulla fronte dell’elmo71. il verso dello stesso medaglione è estremamente inte-ressante perché reca una tipica scena di adlocutio, del tutto simile alle iconografie visibili, ad esempio, nei pannelli di marco aurelio reimpiegati nell’attico dell’arco di costantino. Ma anche sulla faccia principale il messaggio è più stratificato di quanto generalmente si nota poiché il monogramma di cristo condivide il campo monetale con la lupa che allatta i gemelli, rappresentata sullo scudo, secondo un’iconografia tra le più tradizionali di Roma e cara alla propaganda di massenzio72. la protezione al sovrano è, quantomeno, bilaterale ed è espressa, non a caso, sui due elementi di difesa dell’armatura: l’elmo e lo scudo.

In questo clima di commistione tra iconografie vecchie e significati nuovi ci riportano anche le visioni, da quella di apollo in gallia alle altre che sarebbero avvenute alle porte di roma, come pure il sogno di costantino. sono eventi da porre in relazione, infatti, ad analoghe visioni e prodigi noti da fonti relative alle vite di imperatori precedenti, come ottaviano augusto in primo luogo73 o, per fare riferimenti più tardi, aureliano74. il pre-supposto è sempre lo stesso: attraverso prodigi che interpreta in prima persona, il principe dimostra che dio è dalla sua parte, contro i nemici.

augusto assunse la carica di pontifex maximus dal 12 a.c. in una chiara strategia di accentramento di poteri che, come sappiamo, non annullava nessuna delle cariche repub-blicane, ma che di fatto trasformava la repubblica in sistema imperiale. e tra le cariche imperiali mai abbandonate anche da costantino c’era, appunto, quella particolarmente

68 santanGelo 2012. la quadriga del sole portava in cielo costantino, come è noto, sulle monete di consacra-zione: vedi Bonamente 1987, pp. 107-142, in part. p. 113.

69 per le caratteristiche del cerimoniale dell’ingresso di costantino a roma nel 312: FrasChetti, 1999, pp. 9-63.

70 RIC, vii, s. 36; donati, Gentile 2005, p. 235, n. 48. cfr. Bruun 1991, p. 55, fig. 5, e p. 74, con diversa datazione.

71 la prima interpretazione della siliqua d’argento di costantino è l’articolo di alFöldi 1932. Da notare che Costanzo II verrà rappresentato con un’iconografia simile, ma semplificata nel segno della croce al posto del chrismon: solidus aureo della bibliothèque nationale de france 1775a, RIC, viii, p. 455, n. 96.

72 come ricorda anche marCone 2002, p. 89. sui tipi monetali coniati durante il regno di massenzio vedi donCiu 2012, pp. 232-233.

73 il parallelo con augusto poteva essere fatto, a posteriori, anche per il fatto che nessuno aveva regnato più così a lungo fino a Costantino: marCone 2002, p. 166. su augusto si rimanda invece a FrasChetti 1998.

74 l’episodio è riferito nella Vita Aureliani, 25, 4 prima della battaglia con Zenobia, cfr. marCone 2002, pp. 73-74.

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strategica di pontifex maximus che conferendo la massima autorità religiosa toglieva dal controllo dei sacerdoti la gestione degli affari di stato75.

mecenate aveva consigliato ad augusto di scegliere e di nominare direttamente aru-spici e auguri alla cui consultazione potevano ricorrere tutti76. tale era il timore sul rischio di instabilità sociale che poteva essere indotto da vaticini non controllati che, secondo la testimonianza di cassio Dione, augusto aveva proibito che si facessero pronostici sulla sua morte, anche in presenza di testimoni77.

sempre augusto, seguito da tiberio, aveva inoltre proibito agli auguri di offrire con-sultazioni private su questioni che potevano essere nocive a terzi78. costantino, come è noto, riprese e accentuò il controllo giuridico sulle attività degli indovini, adottando però un atteggiamento diverso verso l’aruspicina privata, temuta perché potenziale elemento di cospirazione, rispetto a quella pubblica. subito dopo il provvedimento emanato nel 319 contro l’aruspicina privata e la magia nera, come è ben noto, ne aveva promulgato un altro per precisare che era consentito esercitare l’aruspicina pubblica nei templi79. Il difficile rapporto tra costantino e gli aruspici è messo in evidenza dalle fonti già al momento della preparazione della spedizione in italia. come abbiamo già ricordato, secondo Zosimo80 gli aruspici erano dalla parte di Massenzio e offrivano sacrifici per propiziare la sua vit-toria. Costantino, invece, aveva dovuto rifiutare gli haruspicium monita che gli erano sfavorevoli81 e provvedere in modo diretto al rapporto con le divinità.

la statua di augusto dalla via labicana, al palazzo massimo alle terme, sancisce l’immagine del potere assoluto, secondo un’iconografia che troviamo adattata anche al volto di costantino sui rilievi adrianei dell’arco nella valle del colosseo82. e’ utile ricor-dare che non solo costantino mantenne la carica di pontifex maximus, ma che anche i suoi eredi continuarono ad incarnare le due più alte cariche della vita pubblica: quella militare e quella religiosa83.

75 sul rapporto tra il potere politico e quello religioso si rimanda a de Giovanni 1977 (1989), pp. 28-36 che, sulla scorta di dodds 1973, ricorda anche l’avversione nel mondo greco e da parte degli imperatori romani prima di costantino. per l’analisi sull’aruspicina e altre arti magiche nel mondo romano vedi anche pp. 22-76.

76 suet., Aug., 29; Cass. dio, lii, 36, cfr de Giovanni 1977 (1989), p. 35. prima di augusto la strategia di controllo era stata diversa: Giulio Cesare, ad esempio, aveva un aruspice di fiducia, Spurinna, che riuscì a far nominare senatore come atto di ringraziamento per i servigi resi, secondo la testimonianza di cicerone (ad. fam., vi, 18, 1), cfr. de Giovanni 1977 (1989), p. 28 e nota 29.

77 Cass. dio, lvi, 25, 5; cfr de Giovanni 1977 (1989), pp. 32-33.78 de Giovanni 1977 (1989), p. 36.79 Codex Theodosianus, iX, 16, 1-3; marCone 2002, p. 89-90. secondo sordi 1983 (2004), p. 163 e nota 6,

l’etrusca disciplina come fonte dell’ultima grande persecuzione contro i cristiani da parte di Diocleziano (come ricorda lattanzio), sarebbe stata invisa ai cristiani che opponevano la preghiera ai riti cruenti dei pagani. ma non possiamo confondere il comportamento di un cittadino privato con quello di chi aveva la massima aspirazione al potere come costantino. cfr i. ramelli, Cultura e religione etrusca nel mondo romano, alessandria 2003.

80 ii, 16, 1. cfr. de Giovanni 1977 (1989), p. 31.81 come testimonia il panegirico del 313 (Pan. Lat., 9, 2, 4), CalCani 1999 (2007), pp. 223-224.82 CalCani, in aa.vv., 2001, pp. 78-102.83 l’ultima attestazione dell’uso del titolo si ha nel 379 in oriente e nel 382 in occidente con l’imperatore

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ottaviano augusto cominciò ad avere visioni subito dopo la morte di cesare84 e non rinunciò mai a trarre auspici in prima persona, prima di eventi particolarmente delicati, arrivando a ripetere il sacrificio fino ad ottenere il responso a lui favorevole: […] Sotto Perugia, quando il sacrificio non aveva dato un responso favorevole, ed egli aveva già comandato di portare altre vittime […]85.

Quanto fosse importante la carica di pontefice massimo nella nuova propaganda del sovrano è reso evidente anche dai segni che accompagnavano l’immagine di ottaviano nella monetazione celebrativa di eventi fondamentali quali la conquista dell’egitto. su un denario del 28 a.c. si vede l’immagine del coccodrillo e la legenda Aegypto capta nel rovescio, mentre sul dritto il volto del vincitore di marco antonio e cleopatra è ritratto di profilo con un lituo posto, in bella evidenza, dietro il collo, come si vede anche in un denario del 13 a.c.86. il lituo, il bastone sacro con la parte superiore ricurva non aveva mutato la sua forma dall’epoca arcaica, come si vede dal confronto con un bronzetto di aruspice proveniente dallo scavo del Lapis Niger, nell’Antiquarium del foro romano87. Da quando servì a tracciare il templum celeste per trarre gli auspici per la fondazione di roma88, la forma del lituus restò invariata e tra i simboli più sacri dell’impero romano c’era proprio quello che veniva indicato come il bastone usato da romolo per dividere il cielo in quattro settori, tracciando i due assi incrociati nel cielo che definivano lo spazio inaugurato, cioè quello all’interno del quale osservare i prodigi, la cui forma coincideva con quella di una croce. lo stesso rito, come è noto, si ripeté per la fondazione di costan-tinopoli89.

la conquista dell’egitto è legata, nella propaganda per immagini costruita nella corte di ottaviano augusto90, al presagio divino sull’evento bellico, di cui ottaviano stesso era stato il doppio interprete in quanto strumento della volontà divina, della quale aveva compreso i segni, e capo militare.

l’esaltazione dell’intervento divino nel decidere la sorte della battaglia del ponte mil-vio non è solo nelle fonti cristiane, ma si trova anche nel panegirico del 313. “Dio lo vuole” era un concetto che, evidentemente, univa pagani e cristiani.

Dalla gallia alla discesa in italia, le fonti ci presentano un costantino inizialmente devoto ad apollo/Helios, ma sempre più tormentato nella ricerca del vero Dio a cui ap-

graziano: Palanque 1963, pp. 41 ss. cfr. de Giovanni 1977 (1989), p. 145; marCone 2002, p. 79. 84 suet., Aug., Xcv: Post necem Caesaris reverso ab Apollonia et ingrediente eo urbem, repente liquido ac

puro sereno circulus ad speciem caelestis arcus orben solis ambiit ac subinde Iuliae Caesaris filiae moni-mentum fulmine ictum est. Primo autem consulatu et augurium capienti duodecim se vultures ut Romulo ostenderut et immolanti omnium victimarum iocinera replicata intrinsecus ab ima fibra parverunt, nemine peritorum aliter coiectante quam laeta per haec et magna portendi.

85 suet., Aug. Xcvi.86 zanker 1989, p. 128 ss e p. 133 ss., per la funzione particolare che il lituus assume nella propaganda augu-

stea, come evidenziato dalle immagini stesse di Augusto ritratto in veste di pontefice massimo, con il lituo stretto nella mano destra sollevata, come nell’altare dedicato ai Lari (Firenze, Galleria degli Uffizi).

87 meniChetti 2008, p. 245, fig. 5.88 Coarelli 1983, pp. 97-107, 194-196.89 la roCCa 1990, pp.553-583, in part. p. 576 e nota 107.90 zanker, 1989, p. 91 ss.

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pellarsi, a mano a mano che si avvicinava a roma91. “[…] pensava dunque a quale dio dovesse scegliersi come protettore, e mentre rifletteva su questo problema gli venne in mente il seguente pensiero: dei molti che nel passato avevano rivestito la suprema carica dello Stato, tutti avevano riposto le loro speranze in una pluralità di divinità…avevano trovato poi una fine tutt’altro che felice, senza che nessuna di quelle divinità fosse inter-venuta in loro favore […]”92.

mentre l’esercito era in marcia lungo la via flaminia, cresce la preoccupazione di costantino “per le malefiche arti magiche messe in opera dal tiranno…e pensa a quale dio si deve rivolgere per avere protezione…nell’ora in cui il sole comincia appena a de-clinare…in pieno cielo e al di sopra del sole, il segno luminoso di una croce, unita alla quale c’era un’iscrizione che diceva: con questo vinci! A causa di tale visione un grande sbigottimento si impadronì di lui e di tutto l’esercito che lo seguiva e che fu spettatore del miracolo[…]”93. la forma del segno apparso in cielo, come è noto, è descritta anche come “transversa chi littera summo capite circumflexo”94.

conosciamo bene le fasi dell’auspicio grazie all’annalistica, analizzata criticamente da una lunga storia degli studi sulla religione romana95 e le sue interconnessioni con le norme del diritto civile.

gli auspici potevano essere fortuiti (oblativa) o espressamente richiesti (impetrativa). ma la durata dell’auspicio era comunque limitata ad un solo giorno, dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva.

Costantino operava seguendo un processo codificato da Numa che consentiva all’au-spicante di “creare” ciò che gli conveniva ed infatti costantino si assicura tramite l’enun-ciato del sogno (nuntiatio) la prosecuzione e la conferma finale sull’osservazione del prodigio celeste che aveva avuto il giorno prima (spectatio). in più sono presagi presi all’esterno del pomerium dell’urbe e in questo caso il rituale prevedeva che ci si trovasse all’ingresso di una tenda (tabernaculum) posta al centro di uno spiazzo sacro rettangolare (templum), nel punto in cui si incrociavano i due assi, orientati, di questo spiazzo. e gli assi, così come i limiti del templum terrestre erano tracciati sempre tramite il bastone sa-cro, il lituus, ricurvo come un pastorale. Non è difficile leggere su questo sfondo la preci-sazione del sogno fatto da costantino nella sua tenda. l’arco di malborghetto, nella zona dei Saxa Rubra, come è noto è il monumento che segnò, dopo la vittoria, il luogo dove era sorto l’accampamento di costantino e dove doveva aver trovato posto proprio la tenda del prodigio96. Qui, nella notte tra il 27 ed il 28 ottobre 312, costantino sognò“…Cristo, figlio di Dio, con il segno che era apparso nel cielo, che gli ingiunge di costruire un’immagine simile a quella del segno osservato in cielo e di servirsene come difesa nella battaglie

91 il panegirico del 310 ricorda la venerazione di costantino per il dio apollo in gallia. nel panegirico del 313 lascia gli dei minori per rivolgersi al summus deus del padre ercole o Sol: calcani 1999.

92 euseBio di Cesarea, Vita di Costantino, i, 27,2.93 euseBio di Cesarea, Vita di Costantino, i,28,1-2.94 lattanzio, De mortibus persecutorum, Xliv, 4s.95 resta fondamentale lo studio di BloCh, 1953. cfr. Bayet, 1992; sCheid, 2001; rüPke, 2004.96 messineo 1989; id. 1991.

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contro i nemici […]”97. l’arco di malborghetto è una struttura quadrifronte che, come è noto, sorge sull’incrocio di due assi viari: la via flaminia e la via che conduceva a veio98.

le fasi della visione e del sogno di costantino, anche nella versione necessariamente di “divulgazione letteraria” trasmessa dalle fonti, sono riconoscibili e riconducibili al preciso schema della pratica augurale romana:

• rifiuta il responso negativo dato all’inizio della campagna d’Italia dagli aruspici (obnuntiatio)

• rivolge direttamente una preghiera al dio (auspicia impetrativa)• la croce nel cielo corrisponde alla delimitazione dello spazio inaugurato (templum

concipere)• osserva nel cielo il segno favorevole inviato dal dio (spectatio)• nel sogno sente la voce del dio che conferma e prolunga la validità delle visioni

osservate prima che scendesse la notte (nuntiatio)Interpreta, infine, gli eventi con l’aiuto di sacerdoti amici.“Con questo segno di sal-

vezza ho liberato e salvato la vostra città dal giogo del tiranno; con la libertà ho inoltre restituito sia al Senato sia al popolo romano lo splendore e la fama antica” 99.

ma che forma aveva questo segno? le fonti ci trasmettono sia la notizia relativa ad una croce, ovvero della rappresentazione dell’incrocio tra i due assi, fatto idealmente con il lituo nel cielo; sia la descrizione del monogramma di cristo che poteva materializzarsi nella rappresentazione dell’incrocio tra i due assi del templum (celeste o terrestre) con l’aggiunta della forma del lituo inserita nel centro. l’incrocio che delimitava lo spazio inaugurato poteva coincidere anche con la forma del lituo nell’asse verticale, dando così luogo ad una croce monogrammatica. in ognuna di queste rappresentazioni simboliche il pagano più tradizionalista poteva scorgere i riferimenti alla ritualità dell’augurium. a questa base per così dire, neutra, che si riferiva all’auspicio propedeutico alla vittoria militare, potevano sovrapporsi significati religiosi legati sia al culto solare sia a quello cristiano.

lattanzio non fa riferimento al labaro e si limita al riferimento al segno che costantino fece mettere sugli scudi dei soldati. eusebio invece descrive puntualmente le caratteri-stiche che sarebbero state dettate nel sogno a costantino per la creazione del labaro100.

E’ però evidente che nel racconto del vescovo di Cesarea i fatti si comprimono fino a far coincidere scelte successive con quanto accadde in occasione dello scontro con mas-

97 euseBio di Cesarea, Vita di Costantino, i, 29.98 il percorso che da veio portava a roma divenne, come ben sappiamo, il primo tratto della Via Triumphalis:

Coarelli 1995, 118-135 (con bibl.); LTUR, sv.99 euseBio di Cesarea, Storia ecclesiastica, 9.100 euseBio di Cesarea, Vita di Costantino, i, 31, 1-2. “In un’alta asta ricoperta d’oro s’innestava un brac-

cio trasversale in modo da formare una croce; in cima a tutto era fissata una corona intessuta di pietre preziose ed oro; su questa corona due segni, indicanti il nome di Cristo, mostravano, per mezzo delle prime lettere (con il rho che si incrociava giusto nel mezzo), il simbolo della formula salvifica…al braccio trasversale che era infisso all’asta, si trovava sospesa una tela di gran pregio…lungo l’orlo superiore del (variopinto) drappo, recava disegnato in oro il busto dell’imperatore caro a Dio, insieme con quello dei suoi figli: marCone 2002, p. 75.

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senzio. I figli di Costantino, per esempio, nel 312 non erano ancora stati elevati al rango di cesari e i loro busti non potevano essere rappresentati ai lati di quello del padre sul labaro. Se l’iconografia del vessillo già dal 312 prevedeva altre immagini oltre a quella di Costantino dobbiamo ritenere quindi che fossero diverse da quelle dei figli. Quando si trattava di mettere da parte “l’usurpatore” Massenzio chi sarà stato raffigurato insieme a costantino? le immagini di costanzo cloro e di massimiano avrebbero doppiamente legittimato Costantino in chiave dinastica, come figlio e genero di due Augusti101. Sia Costantino che suo padre dovevano il loro potere proprio alla controversa figura del padre di Massenzio, la cui figlia, Fausta, era diventata la moglie di Costantino dopo la morte di Minervina per parto. Vista la fine violenta di Massimiano, istigato dallo stesso Costantino al suicidio, sembrerebbe difficile che la sua immagine potesse essere utiliz-zata a fini pubblici, ma poichè il suo ritratto appare, oltre a quelli di Costanzo Cloro e di claudio il gotico, nelle emissioni monetali tese a sottolineare il ruolo di costantino come erede di una dinastia di augusti, non possiamo escluderne la presenza anche sulle insegne del 312 . l’immagine di licinio sarebbe stata strategica come allusione non tanto al rispetto della ripartizione dei poteri prevista dal sistema tetrarchico, quanto come ri-conoscimento ad un alleato ancora utile in quella data102. e’ ormai assodato dagli storici che il sistema tetrarchico era fallito nonostante il tentativo di rinsaldarlo con l’incontro a Carnuntum nel novembre del 308 e che costantino forse già dal 310 pensasse alla co-struzione di una nuova dinastia, propagandando se stesso come il predestinato all’impe-ro103. l’ipotesi più probabile è che i ritratti imperiali presenti sulle insegne militari (così come sui monumenti, come l’arco della valle del colosseo) fossero aggiornati, di volta in volta, agli eventi e al luogo di circolazione delle immagini stesse. Dobbiamo aspetta-re forse il 327, l’anno cioè di fondazione della nuova capitale dell’impero che sarà poi consacrata, come è noto, nel 330, per avere un’immagine molto suggestiva del labaro. si tratta del ben noto follis in bronzo104, emissione rarissima, di costantinopoli dove si vede il labarum con tre medaglioni recanti l’immagine di Costantino e dei due figli reggen-ti. il serpente posto alla base del labaro è stato interpretato come un’allusione al male, ovvero alla figura di Massenzio, la cui sconfitta sarebbe ribadita dall’asta che lo infilza. Ovviamente è possibile che alcuni leggessero così l’iconografia monetale, ma è da esclu-dere decisamente che tale fosse l’intento primario della comunicazione visiva. in primo luogo l’asta si appoggia al serpente ma non ne oltrepassa il corpo che costituisce, perciò, la base, l’appoggio addirittura, del labaro. In secondo luogo l’iconografia del serpente rievoca direttamente quella dell’insegna (una manica a vento) che accompagna l’adven-tus di costantino a roma, nella rappresentazione del fregio est dell’arco nella valle del colosseo. anche nel caso della moneta del 327 ci troviamo di fronte ad un’immagine che

101 Il matrimonio con Fausta, figlia di Massimiano e sorella di Massenzio era stato celebrato, nel 307: mar-Cone 2002, p. 35.

102 licinio era non solo un alleato strategico, ma anche l’augusto che era stato espressamente nominato in funzione della lotta all’usurpatore massenzio: marCone 2000, p. 20.

103 marCone 2000, pp. 20-22. cfr. anche Calderone 1982, pp. 1-26.104 Bruun, 1991, p. 61, fig. 10 a (con bibl.); travaini 1999 (2007), pp. 10-11.

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deve essere letta come sintesi dell’iconografia più importante del sistema imperiale, cioè quella che ribadisce l’unione tra la famiglia imperiale e l’esercito. ancora una volta è il labaro che incarna l’autorità imperiale e che veicola l’iconografia con cui è decorato nel rapporto di fedeltà con le truppe. In questo caso specifico è una legione in particolare ad essere celebrata attraverso la sua insegna.

l’introduzione del dracon, del serpente, tra gli stendardi dell’esercito romano si ri-tiene dipendente dal rapporto con i parti o, in alternativa, con i Daco-sarmato-iagizzi105. Quale che ne fosse l’origine, è chiaro che il dragone contrassegna, sul monumento car-dine nella campagna di celebrazione della vittoria su massenzio, la legione più vicina al vincitore, che entra a roma precedendo il carro ornato d’edera su cui siede costantino il Grande, come un novello Dioniso trionfante sulla scorta dell’iconografia già adottata da alessandro il grande106.

non fu una scelta di rottura, ma di continuità, quella che portò a mettere il mono-gramma di cristo sugli scudi dei soldati e a costruire una nuova insegna militare prima dello scontro con massenzio. nella sua doppia veste di imperator e di pontifex maximus, costantino aveva aggiornato i simboli dei vessilli militari e i legionari erano invitati a venerare il nuovo simbolo divino, quello che porta alla vittoria, attraverso il culto delle insegne107. Solo dopo la sconfitta di Licinio, quando era ormai signore unico dell’impero romano, preoccupato più dei danni che potevano derivare al suo potere dalle lotte intesti-ne alla chiesa che non dall’opposizione pagana108, Costantino “…sulle armi stesse fece imprimere il simbolo del trofeo salvifico e non fece più scortare l’esercito in armi dai si-mulacri aurei degli dei, come si usava in passato, ma unicamente dal trofeo salvifico”109. ma anche in questa fase matura della sua esperienza di governo non rinuncia alle prero-gative che gli derivano dall’essere pontifex maximus, ovvero la massima carica religiosa dell’impero romano e “…in persona, come un sacerdote addetto ai sacri misteri, si rin-chiudeva ogni giorno, in orari stabiliti, nei recessi più appartati del palazzo imperiale, si accostava a Dio da solo a solo e lo invocava in ginocchio con supplici preghiere implo-rando di ottenere ciò di cui aveva bisogno…”110.

Abbiamo già ricordato il fatto che Costantino avesse in mente la riunificazione dell’impero fin dagli anni dell’opposizione a Massenzio e che l’adesione al cristiane-simo come riconoscimento dell’unico dio, fosse propedeutica e funzionale alla legit-timazione di un solo imperatore111. il Dio dei cristiani si presentava, insomma, come

105 tudor 1976, p. 238, nota 2, con bibl. prec. 106 sull’imitazione di alessandro-Dioniso nel rituale del trionfo romano a partire da quello di pompeo magno

nel 61 a.c.: Plut., Pompeo, 38, 4, 6. Da ricordare l’attualizzazione della figura di Alessandro Magno com-piuta nell’età di severo alessandro con la produzione dei medaglioni di abukir in cui il macedone compare armato di lancia e scudo: la roCCa 2000, p. 7.

107 Paradossalmente le uniche insegne imperiali che si sono conservate sono state attribuite allo sconfitto Mas-senzio: Panella 2011, pp. 25-76; donCiu 2012, pp. 222-223.

108 marCone 2002, pp. 115-123.109 euseBio, Vita di Costantino, iv, XXi.110 euseBio, Vita di Costantino, iv, XXii, 1.111 la base per questa interpretazione è data, dal Discorso regale di euseBio di Cesarea che porta a compimen-

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il migliore alleato per superare il sistema politico tetrarchico e la molteplice valenza dell’iconografia del chrismon (segno di buon auspicio, simbolo solare, monogramma di Cristo), perfezionata come simbolo ufficiale e adottato sulle insegne militari è un ulte-riore tassello che depone a favore di tale quadro d’insieme.

Quanto fosse autentica o strumentale la sua adesione al cristianesimo non è questione che si potrà mai risolvere, ma è evidente che non possiamo comunque pensare ad una conversione istantanea e irreversibile, bensì ad una sorta di cammino politico-spirituale, segnato da una lunga fase di sincretismo religioso112. ma non è neppure il caso di pensare ad una cinica strumentalizzazione della religione. l’attenzione e, in qualche caso, l’adat-tamento di costantino “al comune sentire” vanno immaginate in coerenza con l’educa-zione ricevuta e con l’ambiente in cui era cresciuto. le fonti sottolineano la sua “affabi-lità”, la sua civilitas verso il senato anche dopo la vittoria del 312113 . costantino aveva rinnovato le cariche di governo, come la prefettura urbana, ed era conciliante in tutti i suoi comportamenti anche se, rispetto al senato, organo ufficiale “di consiglio” degli impera-tori in carica, mostrerà sempre più di preferire i suggerimenti dei “sacerdoti amici”che lo avevano sostenuto fin dal 312114.

L’essere figlio di Costanzo Cloro lo poneva non tanto in una dimensione di attenzio-ne alla spiritualità come “fatto privato”, quanto in quella di essere stato educato nelle corti della tetrarchia e quindi come futuro “uomo di stato”, diremmo oggi, cioè nella consapevolezza di quali strumenti mettere in atto per il controllo e la gestione della “res publica”115. “Sappiate che la religione e la regalità sono gemelle: nessuna di loro può mantenersi senza l’altra, poiché la religione è il fondamento della regalità e la regalità è la custode della religione. La regalità ha assoluto bisogno del suo fondamento, così come la religione ha assoluto bisogno del suo custode”116. Dal regno di persia, antagonista storico degli imperi occidentali, ma che aveva dato i criteri della regalità all’occidente, in virtù dell’imitazione della figura di Alessandro il Grande, deriva una testimonianza illu-minante. Sul confronto con la vita e le gesta del Macedone Eusebio scriverà la biografia di costantino il grande. ed è riduttivo pensare che costantino si proponesse solo come erede della tradizione romana: il confronto con le grandi figure bibliche, come Mosè, ma anche con il grande re dei persiani, ciro, e poi con alessandro magno, testimonia la propaganda più ampia messa in atto dalla biografia di Eusebio di Cesarea117 che presenta costantino come degno erede della storia millenaria del mediterraneo, nella prospettiva dell’unificazione, anche religiosa, dell’Occidente e dell’Oriente “….tutti i territori che

to la celebrazione di costantino come monarca perfetto, perché cristiano, già espressa nel Discorso per il trentennale:si rimanda all’edizione curata da amerise 2005.

112 per la storia degli studi su questa proposta di salvatorelli, 1928, si rimanda a marCone 2002, pp. 190-194.113 marCone 2002, pp. 77-79.114 marCone 2002, p. 125 ss.115 Come è noto fu la consuetudine con la corte di Diocleziano, in particolare, ad influire sulla formazione del

giovane costantino: cfr. marCone,. 2002, pp. 17-20.116 Dal testamento di Ardashir, fondatore della dinastia sasanide, cfr. marCone 2002, p. 176.117 Vita di Costantino i, vii-viii, cfr FranCo 2010, pp. 25-26; cfr marCone 2002, p . 123. nei panegirici

costantino viene invece equiparato ad achille e ad alessandro magno: cfr. marCone 2002, p. 181.

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si trovavano sottoposti a Roma vennero riuniti: i popoli dell’Oriente divennero una sola cosa con quelli della parte occidentale e, sotto un’unica autorità comune a tutti, l’intero corpo dello Stato fu regolato dal potere monarchico, che giungeva ovunque come da una testa; i raggi splendidi della luce della fede dispensavano giorni luminosi a coloro che prima giacevano nella tenebra e nell’ombra della morte. Non c’era più neppure il ricordo delle disgrazie di un tempo, mentre ovunque tutti inneggiavano al vincitore e affermavano di riconoscere come unico dio quello che gli aveva portato soccorso” 118.

secondo il retore pagano libanio, Diocleziano aveva compreso meglio degli altri imperatori come “far governare il mondo dagli dei”119. E la sacralizzazione della figura politica appare come la risposta al venir meno delle certezze “laiche” in tutte le epoche storiche. a roma tale processo era iniziato con il divus giulio cesare e proseguito poi da augusto per superare il traumatico momento delle guerre civili che chiusero l’età repub-blicana120. il processo di sacralizzazione sarà portato alle estreme conseguenze proprio su costantino che dopo la sua morte, come è ben noto, ricevette un doppio processo di consacrazione a roma e a costantinopoli. Divus in occidente e santo in oriente121.

la svolta costantiniana nei confronti del cristianesimo si attuò con modalità simili a quelle che già avevano garantito quarant’anni di pacifica coesistenza e integrazione nel sistema sociale e giuridico di uno Stato ufficialmente politeista, ai cittadini romani convertiti al cristianesimo. sono gli anni che intercorrono tra l’editto di gallieno e le persecuzioni di Diocleziano e a quella situazione giuridica si rifarà, anche galerio nel 311 per superare le lacerazioni sociali122. l’impostazione dei rapporti su base giuridica con la chiesa, poteva basarsi sull’idea di un summus deus “che volle avere tanti nomi quante sono le lingue dei popoli e di cui non possiamo sapere come egli stesso voglia essere chiamato”123, nel quale molti potessero riconoscersi. ma una volta che il Dio dei cristia-ni aveva dimostrato, attraverso le vittorie di costantino, di essere il migliore alleato di roma e il garante del sistema imperiale, si poteva aspirare all’unità religiosa di un impero che era da sempre stato pluralistico, e spostare la polemica dal piano politico a quello squisitamente culturale. continuava così la vocazione universalistica della cultura e della società romana che aveva da tempo teorizzato l’integrazione nella propria tradizione di usi e costumi stranieri, liberamente assunti a condizione che fossero utili a roma124. il mutamento fu accettato perché Costantino aveva dimostrato che significava ad meliora

118 euseBio, Vita di Costantino, ii, XiX, 1.119 Orazione, iv, 61, 5 cfr marCone 2002, pp. 174-176 per l’importanza dell’assimilazione del sovrano alla

divinità dopo la crisi del iii secolo, per offrire al popolo certezze più forti. la base per questa visione resta, comunque, dodds 1973.

120 marCone 2002, p. 174.121 de Giovanni 1977 (1989), p. 132 ss.; Bonamente 1987, pp. 107-142; amerise 2005, pp. 233-236; Bonamen-

te 2006, pp. 735-769.122 sordi, 1982 (2004), pp. 156-159. 123 sordi 1983 (2004), p. 175. sui rapporti giuridici con la chiesa: Grosso, 1965, pp. 432-435, 476-480. vedi

anche CriFò, 1987, pp. 75-106.124 sall., Cat. 51,37 ss. cit. in sordi 1983 (2004), p. 205.

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transire125. la gara per il primato tra le divinità era ormai uscita dall’olimpo per ap-prodare sul monte degli Ulivi e il segno pagano legato a messaggi salvifici, solari, alle pratiche divinatorie per le vittorie militari, poteva diventare a pieno titolo il segno della salvezza eterna, nel nome di cristo. e’ solo al termine di un processo lungo, preordinato o determinato che fosse da una consapevolezza progressiva da parte di costantino, che quel summus deus dai molti nomi acquista un’identità dichiarabile, così come il chrismon e gli altri segni che lo evocavano. non sarà più una “qualsiasi divinità ci sia nella sede del cielo”126 a proteggere le sorti dell’impero. l’auspicium era stato tratto, per allora e per sempre: “in hoc signo vinces”.

Giuliana CalCani

125 già tra la media età repubblicana e il principato di claudio abbiamo le testimonianze letterarie del fatto che i romani erano capaci di mutare costumi, di imitare e di integrare nella società usanze, etnie che potessero migliorare roma e i suoi cittadini sordi 1983 (2004), pp. 206-297. Questo pensiero è portato alle estreme conseguenze in BraGue 2005, pp. 34-48.

126 lattanzio, De mort. pers., 48, 2.

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365Dalla pratica augurale alla simbologia Della nuova feDe

tassi sCandone 2001 = e. tassi sCandone, ‘auspicium’ o ‘augurium romuli’? Sul problema del rapporto tra ‘auspicium’ e ‘imperium’, in ‘iuris vincula’. Studi in onore di Mario Talamanca, napoli 2001, pp.153-196.

travaini 1999 (2007) = l. travaini, La croce sulle monete di Costantino alla fine del Medioevo, in b. ulianiCh (ed.), La Croce. Iconografia e interpretazione (secoli I – XVI), Atti del convegno internazionale di studi (Napoli, 6 – 11 dicembre 1999), napoli 2007, pp. 7-40.

tudor 1976 = d. tudor, Corpus Monumentorum Religionis Equitum Danuvinorum (CMRED): The analyses and interpretation of the monuments, leiden 1976.

zanker 1989 = P. zanker, Augusto e il potere delle immagini (trad. it.), torino 1989 (münchen 1987).

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