Corso di Laurea Magistrale in
Lavoro, Organizzazioni e Sistemi Informativi
Elaborato Finale
Dalla frammentazione alla rete, il caso studio
della Rete dei Redattori Precari
Relatrice: Laureando:
dott. Annalisa Murgia Luca Zambelli
Correlatori:
dott. Maurizio Teli
dott. Barbara Poggio
Anno Accademico 2011-2012
ii
Indice
Introduzione iii
1 Nuove gure Lavorative nella societ postfordista 1
1.1 Oltre il fordismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit . . . . . . . 10
1.2.1 Manuel Castells e la societ in rete . . . . . . . . . . . . . 11
1.2.2 lrich Beck, la societ del rischio e la seconda modernit . 16
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro . . . . . . . . . . . . . 23
2 La rappresentanza nella societ fordista e in quella postfordista 35
2.1 La crisi del sindacato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.2 Altre forme di rappresentanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.2.1 I movimenti in Italia: un inizio, la MayDay . . . . . . . . . 48
2.2.2 Oltre la rappresentazione: auto-organizzazione e
auto-rappresentanza precaria . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3 Contesto della ricerca e metodologia 63
3.1 Il contesto della ricerca: lavorare in una redazione in Italia . . . . 63
3.2 Re. Re. Pre., una rete di lavoratori
della conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.3 Note dal campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
3.4 Approccio metodologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
3.4.1 Sviluppare la ricerca come case study . . . . . . . . . . . . 78
3.4.2 Accedere e sostare sul campo: l'osservazione partecipante . 80
3.4.3 Farsi raccontare la rete: le interviste in profondit . . . . . 82
3.4.4 Esplorare i testi prodotti dalla rete: l'analisi documentale . 84
3.4.5 Studiare la rete attraverso il web:
la cyberethnography . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4 Lavorare nella conoscenza, il racconto dei redattori 103
4.1 Percorso di formazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
i
Indice
4.1.1 Itinerari di inserimento lavorativo nell'editoria . . . . . . . 103
4.1.2 Per sperare di esser pagati si deve lavorare gratis . . . . . 111
4.2 Vita da redattrice, condizioni e contratti di lavoro . . . . . . . . . 114
4.2.1 Tipologie contrattuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
4.2.2 Dinamiche di contrattazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
4.2.3 La giusta e adeguata retribuzione . . . . . . . . . . . . . . 129
4.2.4 Nello stesso settore, in un altro mondo . . . . . . . . . . . 134
4.3 La redattrice, una persona che lavora con la conoscenza . . . . . . 143
4.3.1 Lo spazio e il tempo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . 143
4.3.2 Autonomia dell'ingranaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . 150
4.3.3 La passione al/nel lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
4.4 Dall'insicurezza lavorativa alla precariet . . . . . . . . . . . . . . 158
5 Auto-organizzare la rappresentanza 167
5.1 Storie di incontri, tessere la rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
5.1.1 Percorsi di avvicinamento alla rete . . . . . . . . . . . . . 168
5.1.2 Spinte alla partecipazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
5.1.3 Chi siamo? Come si presenta una rete informale . . . . . . 174
5.1.4 Obiettivi non avulsi dalla realt: narrazioni pubbliche e
private della rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
5.1.5 Processi di costruzione dell'auto-rappresentazione . . . . . 190
5.2 Orizzontalit e autorganizzazione in una rete informale . . . . . . 202
5.2.1 L'organizzazione della Rerepre presentata nel sito . . . . . 202
5.2.2 Pratiche di orizzontalit nella rete, il contributo delle mail-
ing list . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
5.2.3 L'importanza di essere autorganizzati per dei lavoratori
della conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
5.3 Una rete nella rete, strategie di auto-rappresentanza della Rerepre 231
5.3.1 L'uso del web, il sito internet come strumento di relazioni . 233
5.3.2 Pianicare strategie di rappresentanza, le mailing list come
spazio di confronto e progettazione . . . . . . . . . . . . . 244
5.3.3 Sindacato o movimento? Storie di auto-rappresentanza . . 254
Conclusioni 263
Appendice 1 279
Appendice 2 283
ii
Introduzione
La crisi dei sistemi di rappresentanza uno dei temi attuali all'interno della so-
ciet contemporanea, che pone in discussione uno dei meccanismi fondamentali
su cui si basa la democrazia rappresentativa. In un mondo del lavoro in cui le
occupazioni sono sempre pi caratterizzate dalla temporaneit dei contratti e
dalla frammentazione delle attivit svolte, la concezione della propria condizione
lavorativa come realt unica, isolata e particolare costituisce un deterrente al-
la partecipazione ad agenzie di rappresentanza preesistenti o a movimenti di
rivendicazione centrati sul lavoro. L'individualismo e il particolarismo sembrano
essere elementi caratterizzanti la societ contemporanea, pi fortemente radicati
nei contesti dove la dinamica contrattuale si vistosamente spostata verso la
contrattazione individuale.
La drastica riduzione dei settori nei quali i termini dei contratti vengono
stabiliti tramite la contrattazione collettiva nazionale ha comportato anche una
riduzione dell'area di inuenza dei sindacati tradizionali (Piore and Saord 2006),
tenuti in considerazione non pi per la loro capacit rappresentativa ma per la
qualit dei servizi da essi oerti ai loro iscritti (Gallino and D'Agati 2008). Di-
verse ricerche hanno messo in luce come in questi anni siano nati dei movimenti
auto-organizzati di lavoratori e lavoratrici, che tramite delle azioni collettive han-
no cercato risposte ed elaborato un linguaggio e delle strategie adeguate a descri-
iii
Introduzione
vere la loro condizione e comunicarla all'esterno (Bruni and Murgia 2007, Murgia
and Selmi 2011, Mattoni 2012). In Italia queste realt hanno concentrato la loro
attivit su una rielaborazione simbolica e rivendicativa connessa ai cambiamen-
ti delle condizioni lavorative nei termini di maggiore incertezza e mancanza di
tutele, recuperando un concetto oggi usato diusamente: la precariet. Questo
termine viene proposto per evidenziare la condizione di vulnerabilit lavorati-
va ed esistenziale che deriva dalla trasformazione del mercato del lavoro e del
sistema produttivo, in cui risulta sempre pi complicato costruire una carriera
professionale coerente e ottenere una continuit di reddito.
Questa ricerca si propone di comprendere le dinamiche che hanno portato
dei lavoratori occupati in un settore molto frammentato, come i redattori e le
redattrici del mondo dell'editoria, a mobilitarsi e mettersi in rete. La ricerca si
caratterizza come uno studio di caso centrato sulla Rete dei redattori precari e si
declina in due passaggi: il primo costituito da un'analisi delle condizioni lavo-
rative dei redattori e delle redattrici appartenenti alla rete, aspetto fondamentale
per comprendere la base comune delle persone che ne fanno parte. Nel secondo
passaggio propongo invece un'analisi di questa realt da un punto di vista orga-
nizzativo e dei processi di costruzione dei signicati, cercando di mettere in luce
quali siano le possibilit e le prospettive di queste forme di auto-rappresentanza.
Nel delineare le condizioni lavorative dei redattori e delle redattrici lo stru-
mento che mi sembrato pi adeguato stata l'intervista in profondit, in grado
di raccogliere questi racconti e dare spazio alle parole usate da queste persone nel
narrare le loro storie professionali. Le potenzialit degli strumenti narrativi per
comprendere le condizioni all'interno di contesti lavorativi, dando centralit alle
soggettivit in essi coinvolte, (Armano 2010, Murgia 2010) mi hanno permesso di
iv
valorizzare le interpretazioni che i soggetti coinvolti nella ricerca danno ai diversi
aspetti della loro vita lavorativa.
Lo studio di una rete auto-organizzata ha richiesto una particolare riessione
metodologica che culminata nella proposta di un nuovo strumento di ricerca
per l'analisi delle interazioni all'interno delle mailing list, ampiamente utilizzate
dai membri del soggetto collettivo al centro del mio lavoro di tesi. Visto l'obi-
ettivo di prestare particolare attenzione ai processi di costruzione di signicato
interni alla rete e al contempo alle dinamiche organizzative, ho ritenuto neces-
sario riconoscere ai contenuti raccolti online e oine pari rilevanza come materiale
empirico, andando quindi ad aancare ad alcuni strumenti classici della ricerca
organizzativa e lavoristica, quali le interviste in profondit e l'osservazione parte-
cipante, altri strumenti non tradizionali, in grado di valorizzare i contenuti online.
All'interno di questo lavoro di ricerca ha avuto quindi una grossa rilevanza l'anal-
isi dei contenuti presenti all'interno del sito della rete, l'osservazione partecipante
dell'attivit all'interno delle mailing list, ma anche l'utilizzo di strumenti nativi
digitali in grado di valorizzare la peculiarit dei contenuti online.
L'analisi dei materiali empirici non sulla base della loro provenienza online o
oine, ma dei contenuti in essi presenti, attraverso un approccio di cyberethnog-
raphy (Teli et al. 2007), ha permesso di fare emergere tre livelli di analisi: la
narrazioni pubblica rivolta all'esterno della rete, la narrazione co-costruita tra
membri della rete e la narrazione individuale. Nello specico, la ricerca si artico-
la in tre parti: un inquadramento teorico del fenomeno nei primi due capitoli, una
ricognizione del contesto della ricerca e l'illustrazione delle scelte metodologiche
sottostanti alla ricerca empirica nel terzo capitolo, un'ampia illustrazione dei
risultati empirici della ricerca nel quarto e quinto capitolo.
v
Introduzione
Pi nel dettaglio ho dedicato il primo capitolo ad una problematizzazione
della transizione dal modello socio-economico fordista al modello post-fordista,
riprendendo gli stimoli interpretativi proposti da Beck Beck (2000) e Castells
Castells (2002) come chiavi di lettura. In particolare ho rivolto l'attenzione alle
gure emergenti nell'attuale sistema socio-economico: i lavoratori della conoscen-
za, ripercorrendo la principale letteratura al riguardo per delinearne un prolo.
Al centro del secondo capitolo si trova invece una riessione sulla crisi del
sistema di rappresentanza dei lavoratori in Italia e sulle nuove forme di auto-
organizzazione dei precari. Vengono dunque oerte da un lato le principali analisi
proposte in letteratura intorno alle dicolt delle organizzazioni sindacali nel
raccogliere consensi e adesioni, soprattutto da parte dei lavoratori e lavoratrici
con forme contrattuali dierenti dal contratto dipendente a tempo indeterminato;
dall'altro gli studi centrati sulle realt auto-organizzate che hanno posto in luce
peculiari modalit d'azione.
Il terzo capitolo costituisce lo snodo di passaggio dalla sezione maggiormente
teorica di questa ricerca, rappresentata dal primo e secondo capitolo, a quel-
la eminentemente empirica, costituita dai capitoli quarto e quinto. In questo
capitolo presento quindi il contesto nel quale si va ad inserire questa ricerca,
ed illustro dettagliatamente le scelte metodologiche accennate in precedenza: la
scelta di condurre uno studio di caso, e la selezione e costruzione degli strumenti
di ricerca.
Nel quarto capitolo illustro i risultati empirici di questo studio di caso, focal-
izzando l'attenzione sulle caratteristiche del lavoro redattoriale per le persone che
non sono assunte a tempo indeterminato dall'azienda. In questa sezione presento
le narrazioni delle condizioni lavorative che ho raccolto attraverso le interviste,
vi
costruendo attraverso il racconto dei redattori e delle redattrici il quadro della
condizione lavorativa da essi percepita. Ho quindi sottolineato le caratteristiche
che permettono di far rientrare queste gure lavorative nella categoria aperta dei
lavoratori della conoscenza.
Nel quinto capitolo ho composto i materiali empirici raccolti sia tramite le
interviste che attraverso gli altri strumenti adottati, ed ho proposto un'anal-
isi dettagliata del funzionamento della Rete dei redattori precari. Ho spiegato
il funzionamento della rete utilizzando i tre livelli di analisi precedentemente
presentati, e sono emersi tre aspetti dell'attivit di questa rete di particolare ril-
evanza: l'auto-rappresentazione, l'auto-organizzazione e l'auto-rappresentanza.
Queste tre componenti dell'azione della Re.Re.Pre. si sono quindi rivelati tra
loro strettamente connesse ma distinguibili sul piano analitico, e sono quindi
divenute i tre ricchi paragra che compongono questo capitolo
Le conclusioni, inne, sono lo spazio in cui ho espresso le riessioni mat-
urate lungo il processo di ricerca, sia sui temi teorici toccati, sia sulle scelte
metodologiche fatte.
Concludo questa presentazione ringraziando le persone della Rete dei Redat-
tori Precari, che ho in varie forme e tempi incontrato, per la disponibilit e la
simpatia che mi hanno sempre accordato. Senza la loro apertura e voglia di
confrontarsi questa ricerca non avrebbe dato frutti. Grazie.
vii
Introduzione
viii
Capitolo 1
Nuove gure Lavorative nella
societ postfordista
In questo primo capitolo cercher di delineare i punti salienti del passaggio dal-
la societ fordista alla societ postfordista. Il progressivo passaggio dalla pro-
duzione di beni materiali a beni immateriali, la diusione e lo sviluppo di tec-
nologie della comunicazione, delle reti, le nuove forme di divisione dei ruoli tra
uomini e donne e la consapevolezza della limitatezza delle risorse hanno portato
ad un cambiamento forte della struttura economica e sociale dominante nell'arco
del ventesimo secolo. In particolare vedremo come il cambiamento della struttura
socio-economica abbia portato ad un parallelo mutamento del ruolo del lavoro
nella societ e all'emergere di nuove gure di lavoratori e lavoratrici posizionati
in modo dierente rispetto al modello dominante nella societ fordista.
1.1 Oltre il fordismo
Il modello socio-produttivo sviluppatosi a partire dall'inizio del ventesimo secolo,
assurto a modello dominante per gran parte del secolo breve, il fordismo, dato
per nito da molte e autorevoli voci. Le fondamenta su cui questo modello
poggiava si sono rivelate strutture troppo rigide per far fronte al cambiamento
1
Capitolo 1
dei mercati e della societ di cui erano arteci. Quello a cui si assistito nell'arco
dell'ultimo quarantennio un cambiamento progressivo, ma strutturale.
Il modello taylor-fordista si fondava su una standardizzazione del processo
produttivo, dei lavoratori e dei prodotti. Questo modo di organizzare la forza la-
voro, denito Scientic Management da Taylor (1911) ha consentito un notevole
aumento della produttivit dei lavoratori manuali e del settore industriale. Come
messo in luce da Drucker (1999) con l'organizzazione scientica del lavoro la pro-
duzione andata crescendo ad un tasso composto del 3,5 annuo, il che signica
che dai tempi di Taylor aumentata di circa 50 volte. Risulta dicile negare il
ruolo del modello fordista nel miglioramento economico dei paesi occidentali e le
conseguenze positive che questo aumento di ricchezza ha avuto sulla qualit della
vita in queste societ, sebbene abbia comportato anche notevoli costi interni ed
esterni.
Il rapporto tra imprese, mercato e lavoro nel modello fordista era caratteriz-
zato da una forte rigidit. La struttura organizzativa del lavoro si basava sulla
catena di montaggio, nella quale agli operai e alle operaie era richiesto di svolgere
una attivit standardizzata e ripetitiva, rispetto alla quale l'apporto individuale
non era contemplato o era addirittura disincentivato. La fabbrica era senz'altro
lo spazio rappresentante il mondo del lavoro, ma queste dinamiche organizzative
erano presenti anche in altri contesti, come ad esempio all'interno dell'apparato
burocratico dello Stato. Come compensazione per la piena subordinazione veni-
va oerta una piena tutela (Accornero 2001) e queste tutele venivano stabilite
attraverso pratiche di concertazione tra le parti sociali e mediate dallo Stato.
Credo sia signicativo come lo Statuto dei lavoratori, divenuto legge nel 1970,
rappresenti l'apice di questo modello di relazioni industriali in Italia (CGIL 2012)
2
1.1 Oltre il fordismo
e anticipi solo di pochi anni lo shock petrolifero del 1973, considerato segno della
crisi radicale del modello fordista.
Quali erano dunque le fondamenta su cui poggiava questo modello, quali
elementi sono divenuti troppo rigidi nell'economia fordista? Per rispondere a
queste domande cerchiamo di comprendere innanzitutto in qual modo possibile
concettualizzare il sistema fordista.
Per fordismo si intende essenzialmente un sistema socioproduttivo caratteriz-
zato da una produzione serializzata di massa potenzialmente illimitata, con una
produttivit industriale relativamente elevata e crescente. Esso non solo seg-
nato dalla centralit del lavoro salariato a tempo pieno e indeterminato, dalla
rigidit del processo di produzione e dalla struttura gerarchica del comando sulla
produzione, n soltanto dalle forme della rappresentanza del lavoro e dai con-
tenuti del conitto industriale generati sul terreno, quanto dalla regolazione dei
rapporti sociali da parte dello stato come luogo di mediazione e di aggiustamento
istituzionale keynesiano delle forze sociali (Armano et al. 2011; p. 21).
Una caratteristica fondamentale del sistema fordista quindi la produzione
in serie dei beni. La capacit di produrre grandi quantit ad un basso costo
marginale e la possibilit di stoccaggio di questi beni rappresentano due dei cardi-
ni di questo modello industriale. Uno degli elementi che ha consentito l'aermarsi
della Ford come industria automobilistica stato infatti l'orire un'automobile
funzionante e ad un prezzo abbordabile agli stessi operai che la producevano.
Il prodotto oerto rispondeva sia alla necessit di avere un auto ad un prez-
zo accessibile sia all'esigenza di far diventare gli operai i principali consumatori
all'interno di un modello di produzione di massa (de Medeiros 2000).
Con il miglioramento della qualit della vita si assiste ad una evoluzione delle
3
Capitolo 1
richieste del mercato, il sistema ottimizzato per la produzione di un prodotto ora
deve rispondere alle esigenze di un mercato che vuole scegliere tra prodotti dier-
enti e con caratteristiche sempre nuove, vi una domanda in continua evoluzione.
Questo cambiamento centrale per capire il mutamento del settore industriale
e del modello produttivo, infatti produrre sulla base delle richieste impone una
trasformazione del sistema di produzione. in questo contesto che si aerma un
modello di produzione alternativo al fordismo, che ne riprende alcuni princpi,
elaborandoli in maniera nuova e proponendo una diversa organizzazione del la-
voro e divisione dei ruoli: il toyotismo (Drucker 1999). I due pilastri, individuati
da Ohno (1988), su cui questo sistema si fonda sono:
Just-in-time ovvero l'organizzazione del lavoro strutturata in modo tale cheogni componente arrivi alla linea di montaggio nel preciso momento in cui
ce n' bisogno, e nella quantit necessaria.
Auto-attivazionedel lavoratore: viene data al lavoratore la possibilit difermare la catena di produzione, attraverso dispositivi d'arresto automatico
presenti nei macchinari, nel caso in cui rilevino delle anomalie (Negrelli
2007).
Tralasciamo per il momento l'elemento dell'auto-attivazione del lavoratore, che
riprenderemo pi avanti parlando del rapporto tra lavoratore e impresa, e cerchi-
amo di focalizzare l'attenzione sulle implicazioni di un modello produttivo che
viene denito snello, organizzato attorno al principio del just in time. Marazzi
(1999) evidenzia come con la produzione snella non vi sia un mero cambiamento
dell'organizzazione interna alle imprese, ma il usso di comunicazioni provenienti
dal mercato entra direttamente nel processo produttivo. Lo sviluppo dei sistemi
informativi e delle tecnologie informatiche applicate alla sfera della distribuzione
4
1.1 Oltre il fordismo
sposta il potere dalle grandi imprese produttrici alle catene di distribuzione. Il
quanto e il cosa produrre, dunque, non viene pi deciso in modo indipendente
dalle imprese, ma legato in misura sempre maggiore ai risultati di vendita.
La produzione snella ha conseguenze anche sugli altri meccanismi alla base
del sistema fordista. Anzitutto il punto critico non pi la capacit produttiva,
ma essere in grado di rispondere alle esigenze di mercato. Perde rilevanza la pro-
duzione a regime costante, il sistema dell'economia di scala cambia e acquisisce
rilevanza la capacit di cambiare produzione in modo essibile nell'arco del tem-
po, il che richiede una ristrutturazione dell'impresa stessa. A livello dei mezzi di
produzione acquisisce maggior importanza la versatilit dei macchinari, oltre che
la loro elevata specicit, a scapito della loro durata. Per rispondere a queste es-
igenze di essibilit della produzione si dionde la pratica di esternalizzare parti
del processo produttivo ad imprese terze, spesso specializzate nella produzione
di una determinata componente. Il processo d'integrazione, che per oltre un
secolo era stato realizzato dentro l'impresa, ha invertito la direzione di marcia:
l'integrazione si sta ora realizzando tra le imprese (Accornero 2001). I vantaggi
di questa pratica sono molteplici: l'impresa principale non si deve pi occupare
dell'organizzazione della produzione, della gestione e manutenzione dei macchi-
nari, della ricerca e sviluppo in un dato ambito, ma si concentra sulla selezione
del prodotto nale che risponde alle sue esigenze. Questo fornisce un maggior
range di scelta, tra le oerte di diverse imprese fornitrici. L'esternalizzazione
della produzione comporta una riduzione del personale impiegato nell'impresa,
ma acquisisce nuova rilevanza la capacit di fare rete tra le imprese, infatti Ac-
cornero (2001) rileva come vi sia una tendenza da parte delle imprese maggiori
a strutturarsi come fossero tante piccole imprese e un corrispettivo orientamen-
5
Capitolo 1
to da parte delle imprese minori ad organizzarsi sul territorio come una unica
grande impresa.
Cambia anche il rapporto tra lavoratore e impresa. Il lavoro salariato a tem-
po indeterminato perde progressivamente la sua centralit. In un contesto in
cui la velocit di adeguamento al cambiamento lo snodo critico, garantire un
salario stabile per tutta la durata della fase lavorativa della vita viene visto come
un elemento di rigidit che bisogna cercare di ridurre, eliminare quando possi-
bile. L'utilizzo di manodopera indiretta fornita da ditte terze vantaggioso in un
contesto di produzione variabile e in una prospettiva di versatilit dell'impresa
stessa, perch consente di ottenere la forza di lavoro di cui si ha bisogno senza
doversi far carico delle garanzie imposte dalla legge per i lavoratori dipendenti.
Ai lavoratori permanenti (core- workers) si aanca cos una nuova componente,
che sta acquisendo sempre maggior rilevanza, i cosiddetti contingent-workers,
chiamati a rispondere alle esigenze di produzione dettate dal mercato, una parte
del personale che pu essere espansa o ridotta senza grosse dicolt da parte del-
l'azienda (Accornero 2001). Inoltre si assiste al contempo ad una evoluzione che
vede ridimensionarsi la forte divisione gerarchica interna alle imprese. L'espe-
rienza toyotista mette in luce come la possibilit di auto-attivazione comporti un
cambiamento radicale del ruolo dei lavoratori all'interno delle imprese. Il lavoro
diviene pi interessante ma anche pi produttivo e stressante, poich la respons-
abilit viene decentrata no ai livelli pi bassi dell'organizzazione (Negrelli 2005).
Dal motto tipico del Novecento non siete pagati per pensare si passa allo slogan
la qualit dipende da voi (Accornero 2001). La divisione gerarchica rigida tra
management e lavoratori evidenzia tuttavia i suoi limiti impedendo di cogliere i
suggerimenti e le indicazioni riguardanti il miglioramento del processo produttivo
6
1.1 Oltre il fordismo
provenienti da parte dei lavoratori/trici dell'impresa.
L'ultimo elemento alla base del sistema fordista su cui vorrei focalizzare l'at-
tenzione riguarda il ruolo regolatore svolto dallo Stato. Nella denizione ripor-
tata sopra viene sottolineato come questo sia uno degli aspetti pi rilevanti del
cambiamento occorso in questi anni. Mi pare che ci possa aiutare a compren-
dere questo punto la lettura che Marazzi d delle conseguenze dell'entrata della
comunicazione nella produzione.
Nella sua ricostruzione dell'epoca fordista Marazzi (1999) individua una sepa-
razione netta tra potere imprenditoriale e agire politico. L'approccio pragmatico
della produzione era chiaramente distinto dalle strategie comunicative del mon-
do politico. Il principio sotteso al calcolo economico si basava su una netta
separazione tra i giudizi di valore, relegati alla sfera della comunicazione e della
mediazione discorsiva, e l'agire strumentale. Questa divisione contribuiva a dis-
tinguere tra soggetti che operano nel mondo dell'economia e coloro che fanno
politica. Con il superamento del modello fordista questa distinzione tra sfera
dell'agire strumentale e sfera dell'agire comunicativo viene meno. Nel momento
in cui all'interno delle imprese la comunicazione diviene elemento imprescindibile
per i prodotti da cui l'impresa trae protto, la capacit di generalizzazione e di
astrazione propria del linguaggio entra e si sedimenta nel processo produttivo.
La trasformazione delle dinamiche linguistiche all'interno del contesto produttivo
ha un impatto sulla costruzione di un discorso attorno alla propria condizione.
Con l'entrata della comunicazione nell'organizzazione produttiva si dionde la
tendenza all'auto- rappresentanza, l'apprendimento delle tecniche comunicative
all'interno del processo lavorativo-produttivo sembra bastare per salvaguardare i
propri interessi (Marazzi 1999; p. 32). In questo modo il passaggio istituzionale
7
Capitolo 1
dagli interessi individuali agli interessi collettivi diventa pi complesso. Nel con-
testo dell'agire strumentale il legame tra mezzi e ni lineare, l'esecuzione del
progetto univoca e unilaterale (Marazzi 1999; p. 33), e questo elemento facili-
ta lo sviluppo di una visione comune, una coesione sociale, che porta quindi ad
individuare dei portavoce che rappresentino la posizione di pi persone. L'aer-
marsi di un agire comunicativo ha come intrinseca conseguenza un ampliamento
dell'orizzonte delle possibili interpretazioni della realt circostante, vi quindi
una pluralit di mondi teoricamente corrispondente alla pluralit di soggetti che
questi mondi inventano (Marazzi 1999; p. 34); il sistema di rappresentanza
quindi si indebolisce, andando a minare il consenso e il rapporto duciario tra
cittadini e Stato, riducendo anche la capacit, sua e delle strutture al suo interno,
di mediazione.
A questa dinamica che va ad indebolire il sistema della rappresentanza degli
Stati occidentali si vanno a sommare altri fattori, che mettono ulteriormente in
crisi il ruolo mediatore avuto dallo Stato in passato. Lo sviluppo dell'economia
nanziaria, i processi di delocalizzazione amplicati dallo sviluppo di sistemi di
comunicazione e trasmissione dati sempre pi ecienti hanno ridotto la rilevan-
za dei singoli Stati sull'andamento dell'economia. I processi di delocalizzazione,
spostando parti della produzione in paesi con un costo della manodopera inferi-
ore, hanno favorito lo sviluppo di una rete di aziende sovranazionali. In questo
contesto aumenta sempre pi la rilevanza delle reti di comunicazione, e la fun-
zione di circolazione della conoscenza diviene diusa e integrata (Armano 2010,
pag. 23).
Proprio la conoscenza divenuto un concetto fondamentale che ha orientato il
dibattito attorno alle caratteristiche della societ moderna e al suo sviluppo, ne
8
1.1 Oltre il fordismo
un chiaro segnale la stesura del Libro bianco Teaching and Learning, Towards the
Learning Society da parte della Commissione delle Comunit Europee (1995); li-
bro che nella versione italiana tradotto: Insegnare e apprendere, verso la societ
conoscitiva. Diversi autori hanno posto l'accento sul ruolo della conoscenza nella
societ contemporanea, D'Auria sostiene che: il valore aggiunto passa sempre
meno attraverso la produzione di oggetti identici e a basso contenuto informa-
tivo e sempre pi, invece, attraverso l'innovazione di prodotti, processi, simboli
e immagini; attraverso, quindi, la produzione e l'accumulazione di conoscenze,
riguardino esse materiali, tecniche, prodotti, metodi, comportamenti o mercati
(D'Auria 1998; p. 88). Questa interpretazione si trova perfettamente in linea con
le caratteristiche del cambiamento del modello socio-economico viste nell'arco di
questo paragrafo. Il ruolo della conoscenza come fattore produttivo determi-
nante nell'economia contemporanea viene presentato da Rullani sottolineando
come: in quello che stato chiamato capitalismo cognitivo, il valore economi-
co viene generato dall'uso della conoscenza come forza produttiva (Rullani 1998;
p. 121). Parlando di uso della conoscenza Rullani si riferisce specicamente [al-
l']uso di informazioni, intendendo con questo termine sia le conoscenze soggettive
(tacite o esplicite), possedute dagli attori, sia le relazioni utili che sono oggetti-
vamente iscritte in un contesto o in un codice (Rullani 1998; p. 121). Risulta
dunque evidente come la conoscenza non sia intesa come un fattore totalmente
nuovo nel contesto della societ moderna; l'elemento di novit piuttosto il ruo-
lo che essa assume e la centralit all'interno dei processi di produzione e della
societ nel suo complesso. Nella prima modernit [...], dopo i primi furori in-
iziali, la ricerca di senso passata in second'ordine e si cominciato a fare, nei
vari campi, un uso puramente strumentale della conoscenza, che ben presto
9
Capitolo 1
diventata tecnica, ottimizzazione, prezzo di mercato, [...] andare avanti verso la
conoscenza riessiva della seconda modernit non signica guardare ad un futuro
radicalmente nuovo, ma tornare allo spirito originario della modernit, ossia alla
tensione illuministica verso un mondo rischiarato dalla ragione, contro l'oscuran-
tismo della tradizione e dell'autorit (religiosa o politica) (Rullani 2004; p. 385).
La conoscenza diviene quindi un elemento che pone in discussione le conoscenze
e le strutture della societ, non accettando l'illusione deterministica (Rullani
2004; p. 386).Osservando il cambiamento in atto molti autori hanno cercato di
delineare le caratteristiche fondamentali del nuovo paradigma dominante nella
nostra societ. Nel prossimo paragrafo vedremo alcune letture che sono state
date degli attuali trend di cambiamento. Per approfondire la rilevanza della cir-
colazione delle informazioni all'interno della societ contemporanea riprender
l'analisi della societ in rete proposta da Castells, mentre utilizzer la teoria del-
la societ del rischio di Beck per focalizzare l'attenzione sulle caratteristiche della
seconda modernit e della conoscenza riessiva a cui fa riferimento Rullani nel
brano sopra riportato.
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda
modernit
In questo paragrafo mi pongo l'obiettivo di descrivere due suggestive letture delle
conseguenze del superamento del modello fordista, proposte da Castells e Beck.
Non ho l'intento di presentare qui l'intero e complesso pensiero di questi autori su
queste tematiche, non essendo lo scopo di questa tesi. Il tentativo di riprendere
alcune linee di pensiero che credo possano essere utili per interpretare il contesto
nel quale si inserisce il mio lavoro di ricerca. Penso sia rilevante anticipare n
10
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit
da ora il fatto che entrambe queste prospettive pongano al centro della societ
contemporanea la comunicazione e la conoscenza.
1.2.1 Manuel Castells e la societ in rete
La prospettiva di una societ in rete stata elaborata da Manuel Castells e
presentata in maniera organica nel suo libro La nascita della societ in rete del
2002. L'autore spagnolo muove la sua analisi a partire dalla crisi seguente lo
shock petrolifero del 1973. Nelle crisi del 1974 e del 1979 gli Stati occidentali
hanno dovuto attuare delle strategie per cercare di ridurre gli eetti dell'in-
azione all'interno delle economie nazionali. La riduzione delle materie prime
disponibili ha messo in crisi le economie fordiste. Esse infatti erano basate su
dei meccanismi keynesiani, che associavano un alto livello di produttivit ad un
alto livello di occupazione grazie al sostegno dello Stato. Per far fronte a ques-
ta emergenza stato avviato un processo di ristrutturazione che ha proseguito
per tentativi no agli anni novanta. L'innovazione tecnologica e il cambiamento
organizzativo hanno svolto un ruolo fondamentale nel garantire velocit ed e-
cienza alla ristrutturazione del sistema economico sociale. Questi due elementi
hanno raorzato il grado di essibilit e adattabilit dell'impresa, consentendo
una miglior risposta alle richieste del mercato e Castells sottolinea infatti il forte
ruolo che l'infrastruttura tecnologica ha avuto nel consentire questi cambiamen-
ti. Egli denisce una trappola la diatriba sul determinismo tecnologico, poich
esso a suo parere un falso problema. La tecnologia la societ e non dato
spiegare o comprendere quest'ultima senza i suoi strumenti tecnologici, n per
contro provare a spiegare la prima senza tenere in considerazione il contesto orga-
nizzativo nella quale inserita. La diusione della tecnologia dell'informazione in
tutti i campi dell'attivit umana la ragione alla base della decisione di Castells
11
Capitolo 1
di fondare la sua riessione su di essa.
Le riforme e i cambiamenti nella gestione delle imprese che sono stati messi in
atto negli ultimi trent'anni hanno cercato di perseguire quattro obiettivi princi-
pali: maggiore penetrazione della logica capitalista di ricerca del protto nei rap-
porti capitale-lavoro; incremento della produttivit di lavoro e capitale; globaliz-
zazione della produzione, della circolazione e dei mercati alla ricerca, in ogni luo-
go, delle condizioni pi vantaggiose per la realizzazione dei protti; ricerca di un
sostegno dello Stato per aumentare produttivit e competitivit delle economie
nazionali, spesso a scapito della protezione sociale e delle regolamentazioni di
interesse pubblico.
Il ruolo dell'infrastruttura tecnologica nel perseguimento di questi quattro
obiettivi sicuramente centrale. Lo sviluppo di sistemi di circolazione delle
informazioni a costo ridotto stato uno degli elementi che ha profondamente
trasformato l'organizzazione dei processi lavorativi. Lo sviluppo di un sistema di
integrazione nanziaria globale non era pensabile senza un apparato tecnologico
e informazionale sviluppato, ed un elemento che ha implicato il superamen-
to di politiche monetarie nazionali autonome, che si uniformarono pertanto ai
parametri economici di base del processo di ristrutturazione.
La societ informazionale si struttura, secondo Castells, in una forma retico-
lare, l'elemento forte che la caratterizza infatti quello di una struttura aperta
in grado di espandersi senza limiti, attraverso l'integrazione di nuovi nodi all'in-
terno di essa e di nuove connessioni tra i nodi gi appartenenti alla rete. L'unico
vincolo per la riuscita della comunicazione la condivisione dei medesimi codici
comunicativi. La gestione dei codici comunicativi diventa quindi un elemento
importante e centrale in una societ caratterizzata da una massiccia presenza
12
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit
delle reti. Se la presenza di codici condivisi necessaria al funzionamento della
rete lo sviluppo di strutture e codici chiusi altrettanto rilevante. Riducendosi
i limiti sici per l'accesso alle informazioni, essendo queste prevalentemente im-
magazzinate in formato elettronico, quindi salvate su computer o principalmente
server di dati, ed essendo l'informazione uno strumento di potere, lo sviluppo di
sistemi per ridurre l'accesso a questi le diventa fondamentale anch queste
reti siano usate. Contemporaneamente all'adozione di standard condivisi (www,
https, ftp) si sono diuse pratiche e strumenti atti a limitare la diusione di certe
informazioni, quale lo sviluppo di codici per crittografare i dati, e assicurarsi che
viaggino sulla rete senza essere rubati da soggetti terzi.
La struttura reticolare non riguarda solo la diusione e circolazione di infor-
mazioni ma - come accennato nel paragrafo precedente - le imprese basano il loro
funzionamento sulla esternalizzazione di parte della produzione: [le] imprese e,
in misura sempre maggiore, organizzazioni e istituzioni sono costituite in reti a
geometria variabile il cui intreccio rende irrilevante la distinzione tradizionale tra
grandi imprese e piccole aziende, rimescola i settori e si estende a diversi raggrup-
pamenti geograci di unit economiche (Castells 2002; p. 537). Non si assiste
alla scomparsa delle regioni, delle realt locali, ma alla loro integrazione in reti di
cooperazione tra istituzioni e tra aziende a carattere regionale. Sono un esempio
in questo senso la realt dei distretti industriali italiani o lo sviluppo dell'area di
Madrid in seguito all'adesione della Spagna alla Comunit Europea nel 1986. La
possibilit di interazione, di scambio e di sviluppo di idee innovative, legata alla
condivisione di uno spazio, lo spazio dei ussi di cui parla Castells, amplica-
ta dalla rete. La rete fornisce al medesimo tempo l'opportunit di ridenire la
strutturazione delle organizzazioni, mettendosi in contatto pi facilmente con al-
13
Capitolo 1
tre imprese o istituzioni, decidendo in maniera pi precisa quali elementi portare
avanti in prima persona, e per quali rivolgersi a terzi. L'organizzazione retico-
lare , secondo l'autore spagnolo, la struttura che risponde meglio alle esigenze
della societ postfordista. La struttura dinamica della rete in grado di fornire
risposte pi adeguate ad una industria capitalista basata sull'innovazione, glob-
alizzazione e sulla concentrazione decentrata; ad un lavoro essibile e veloce in
grado di adattarsi al cambiamento; ad una cultura aperta, con una continua
decostruzione dei valori e nuova ridenizione delle basi di convivenza; per un'or-
ganizzazione (o delle organizzazioni) che travalicano le dimensioni tradizionali di
tempo e spazio. I vantaggi di questa forma di organizzazione per queste realt
chiamate ad adattarsi a contesti in continuo mutamento nel tempo forte, ma
richiede una competenza del funzionamento della rete stessa. Un aspetto che
quindi sembra assumere un ruolo assai rilevante per la produttivit e la com-
petitivit delle reti globali di capitale, per il management e per l'informazione,
il possesso di un know how tecnologico che consenta di muoversi all'interno
di queste reti massimizzandone i beneci. Il capitale nella sua essenza glob-
ale, l'economia nanziaria mette bene in luce questo suo aspetto, ma il lavoro
tradizionalmente un elemento legato al luogo dove viene svolto. L'eetto del-
l'informazionalismo, dell'aermarsi delle reti globali, porta alla globalizzazione
del capitale. La struttura reticolare comporta peraltro una progressiva individ-
ualizzazione del lavoro. L'organizzazione all'interno della rete non lineare, ma
si basa sulla assegnazione di mansioni interconnesse in luoghi diversi, in modo
da scomporre e disaggregare l'input individuale per reintegrarlo con il resto nel
suo output nale, andando a dar forma ad una divisione del lavoro basata sulle
peculiarit degli individui facenti parte dell'organizzazione, piuttosto che sulla
14
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit
base dei ruoli formali assegnati a questi. Diminuisce la centralit della mansione
e si focalizza l'attenzione sulle particolarit e le capacit del singolo.
Con la riduzione della rilevanza della mansione all'interno del contesto di lavoro
si indebolisce un elemento di identit collettiva. Risulta infatti molto pi dicile
portare avanti delle rivendicazioni senza avere un gruppo di persone di riferi-
mento che si sta cercando di rappresentare. Come abbiamo visto nel precedente
paragrafo, l'opportunit di auto-rappresentazione e contrattazione individuale
va a minare alla base le strutture di rappresentanza su cui si sono fondate le
democrazie occidentali a partire dal secondo dopoguerra. l'informazione e la co-
municazione circolano principalmente attraverso un sistema dei media diversi-
cato quanto integrato, la politica si svolge in misura sempre maggiore nello spazio
dei media (Castells 2002). Cambiano quindi le forme e le modalit attraverso
cui si esercita la leadership, la quale sviluppa aspetti legati alla personicazione
del/la leader, e crea potere attraverso la creazione di immagini. La nascita della
societ in rete porta ad una separazione di capitale e lavoro, i quali tendono a
vivere sempre pi in spazi e tempi diversi: lo spazio dei ussi e lo spazio dei
luoghi, il tempo istantaneo delle reti computerizzate contro il tempo della vita
quotidiana scandita dall'orologio (Castells 2002).
Questa suddivisione tra spazio e tempo, tra lavoro e capitale, una situazione
nuova, carica di conseguenze, che cambia sia il modo di relazionarsi con capitale
e lavoro, andando a modicare il signicato ad essi attribuito; rappresenta quin-
di un cambiamento qualitativo nell'esperienza umana. La societ in rete una
realt in cui la cultura, per millenni dominata dalla natura, e in et moderna
dominatrice di quest'ultima, ora rimanda a se stessa. Lo sviluppo tecnologico e
il consumo delle risorse hanno infatti sussunto la natura come un elemento della
15
Capitolo 1
cultura stessa. Oggi ci troviamo quindi ad arontare problematiche totalmente
inedite, che vedono la conoscenza svolgere un ruolo fondamentale nel funziona-
mento stesso della societ, per come si sta conformando. Nel prossimo paragrafo
vedremo come Beck sviluppa la sua proposta teorica a partire dal ruolo che queste
problematiche svolgono nella societ.
1.2.2 lrich Beck, la societ del rischio e la seconda moder-
nit
Nella modernit avanzata la produzione sociale di ricchezza va sistematicamente
di pari passo con la produzione sociale di rischi Beck (2003; p. 25) questa con-
nessione sistematica tra ricchezza e rischi prodotti socialmente rappresenta un
cambiamento delle dinamiche della societ, non pi minacciata da rischi esterni,
ma produttrice dei rischi a cui deve far fronte. La socialit all'origine dei princi-
pali rischi che le societ devono arontare porta allo sviluppo di un nuovo tipo di
conittualit: si passa dai conitti distributivi della ricchezza caratterizzanti le
societ della penuria della prima modernit, ai conitti per la distribuzione dei
rischi prodotti dalla scienza e dalla tecnica, quali il rischio di disastri nucleari, o
chimici. L'autore tedesco individua due condizioni necessarie per questo passag-
gio dalla societ della distribuzione della ricchezza alla societ della distribuzione
del rischio. Primo: una riduzione delle situazioni di vero bisogno materiale, lega-
ta da un lato al raggiungimento di un elevato livello di produttivit umana e
tecnologica e dall'altro allo sviluppo di un sistema di regolazione giuridica e
sociale che garantisca un certo livello di sicurezza. Secondo: nel processo di
modernizzazione con la crescita esponenziale delle forze produttive, si liberano
rischi e potenziali autodistruttivi in dimensioni no ad oggi sconosciute (Beck
2003; p. 25). Lo sviluppo tecnologico e organizzativo ha portato ad una capac-
16
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit
it produttiva tale, nelle societ capitaliste occidentali, da ridurre la rilevanza
sociale della scarsit delle risorse facendo passare questo bisogno in secondo pi-
ano. Beck distingue due generi di rischio a cui le societ si sono trovate a far
fronte. Il rischio esterno, derivante da fenomeni naturali, o problematiche legate
alle tradizioni (carestie, inondazioni, ma anche migrazioni di altre popolazioni o
invasioni) e il rischio costruito riconducibile all'impatto della nostra conoscenza
manipolatoria sul mondo (Armano 2010; p. 28).
La conoscenza e la scienza hanno svolto nella storia dell'umanit un rilevante
ruolo nell'arontare i rischi esterni a cui la societ ha dovuto far fronte ma, ora,
non sono pi in grado di controllare o arginare ecacemente i rischi generati
dai processi produttivi. La conseguenza essenziale e pi importante che nella
denizione del rischio il monopolio di razionalit della scienza viene infranto. Ci
sono sempre pretese in competizione e in conitto, interessi e punti di vista dei
diversi agenti della modernizzazione e dei gruppi in essa coinvolti (Beck 2000; p.
38). A questo elemento si somma il fatto che la divisione altamente specializzata
del lavoro implica un elevato livello di complicit, e quindi a determinare le dif-
ferenti situazioni concorrono diversi attori con diversi fattori, i quali isolati non
sono sucienti a determinare un dato esito nefasto, ma contribuiscono colletti-
vamente al suo sviluppo. Ne consegue una forma di complicit ed una generale
irresponsabilit che si mostra in questo: possibile fare delle cose e continuare
a farle, senza doversene assumere la responsabilit. Si agisce, per cos dire, in
propria assenza. Si agisce sicamente senza agire moralmente e politicamente
(Beck 2003; p. 43).
Un altro aspetto sottolineato da Beck che la domanda creata dal rischio non
costituisce un semplice eetto collaterale del capitalismo avanzato, ma un vero
17
Capitolo 1
e proprio big business, una botte senza fondo autoproducente. Se la fame pu
essere saziata, e i bisogni soddisfatti, la domanda indotta dai rischi della civilt
ha una natura diversa, non esauribile. Questo dovuto anche fortemente alla
natura potenziale dei rischi: i rischi, naturalmente, non si esauriscono in eetti
e danni gi vericatisi. Occorre distinguere tra le conseguenze distruttive gi in
atto e l'elemento potenziale del rischio. [...] A dierenza della tangibile evidenza
delle ricchezze, i rischi hanno in s qualcosa di irreale. In un certo senso sono
nel contempo sia reali che irreali (Beck 2003; p. 44). Un mercato sviluppato
attorno alle situazioni potenziali di rischio non pu arrivare a saturazione, perch
i suoi prodotti non possono mai pienamente soddisfare la domanda. Mentre nel
contesto della penuria di beni si potevano dare delle risposte materiali ai bisogni
espressi, non possibile soddisfare a pieno la domanda che si sviluppa attorno al
rischio poich si sempre nella condizione potenziale di trovarsi in quella data
situazione.
Oggi la societ la principale minaccia alla sua stessa esistenza e ci d
forma ad un processo di modernizzazione riessivo. Questa riessivit della
societ attuale viene problematizzata da Beck e distinta in un processo a due
fasi: una fase del riesso e una fase della riessione. La prima fase consiste nel
processo di transizione automatica dalla societ industriale a quella del rischio,
nella fase della riessione la societ diventa consapevole dei rischi di cui causa.
Diventa quindi centrale non pi lo sviluppo e l'impiego di tecnologie, ma aorano
problemi di gestione politica e scientica dei rischi di tecnologie da utilizzare
oggi o in futuro rispetto ad orizzonti di rilevanza ancora da denire. In questo
senso quello a cui stiamo assistendo una forma di seconda razionalizzazione che
agisce sul funzionamento stesso della societ. Oggi alle soglie del XXI secolo, la
18
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit
modernizzazione ha consumato e perduto il suo opposto, e si ritrova confrontata
con se stessa, con le premesse e con i princpi funzionali della societ industriale.
[...] demisticati i privilegi di ceto e le immagini del mondo religiose, oggi il
disincanto investe la comprensione della scienza e della tecnica caratteristiche
della societ industriale classica, le modalit della vita familiare e lavorativa, i
ruoli maschili e femminili. Alla modernizzazione nel solco della societ industriale
si sostituisce una modernizzazione delle premesse della societ industriale (Beck
2003; p. 15). questa continuit e coerenza del processo di modernizzazione
che Beck vuole sottolineare chiamando la situazione contemporanea seconda
modernit, ovvero un secondo processo di modernizzazione.
Nelle prossime pagine cercher di presentare i cambiamenti apportati da
questo processo di seconda modernizzazione nel mondo del lavoro. Per farlo
seguiremo il percorso proposto da Beck (2000) in Il lavoro nell'epoca della ne
del lavoro. Questo testo si muove a partire dall'analisi delle criticit connesse al
passaggio dalla democrazia del lavoro alla seconda modernit, ovvero il passaggio
dal secondo al terzo modello di rapporto tra lavoro e libert. Il primo modello,
di cui non ci occuperemo, il modello della polis greca, in cui il lavoro inteso
come schiavit. La gerarchia tra attivit superiori e attivit inferiori venne
radicalmente cambiata con l'avvento della modernit. Da questo momento in
poi la persona si caratterizz sulla base del lavoro che svolgeva per il proprio sos-
tentamento. Il concetto di democrazia del lavoro fa riferimento ad una precisa
forma di relazione tra lavoro e libert che ha trovato la sua piena espressione
nell'Europa e negli Stati Uniti del secondo dopoguerra. In questo periodo, in-
fatti, il lavoro viene proposto ancora pi fortemente come strumento di libert.
L'American dream, il grande sogno americano, consiste proprio nella possibilit
19
Capitolo 1
data a chiunque di realizzarsi attraverso il proprio lavoro, il proprio impegno.
Il lavoro svolge un ruolo fondamentale e caratterizzante la struttura politica di
questi paesi, si ritiene infatti che una democrazia viva sia una democrazia che
presuppone un'attiva partecipazione alla produzione del reddito da parte del cit-
tadino, inteso come cittadino-lavoratore; il lavoro, in quanto fonte di reddito,
divenne fondamento non solo dell'esistenza privata, ma anche dell'esistenza pub-
blica degli individui (Beck 2000). Le ragioni per cui in Occidente vi un'unione
dei diritti politici, sociali ed economici non , secondo Beck, una pia opera so-
ciale, ma un elemento imprescindibile per il funzionamento di quei sistemi
politici. Lo sviluppo di questo complesso di tutele e le garanzie di sicurezza che
ne derivano nella condizione soggettiva di esistenza sono un fondamento impre-
scindibile per la democrazia. Soltanto le persone che possiedono una casa e un
posto di lavoro sicuro, e quindi un futuro garantito dal punto di vista materiale,
sono o diventano cittadini che riescono a fare progetti per il loro futuro, soggetti
con una prospettiva di medio-lungo termine, che sentono propria e rendono, o
contribuiscono a rendere, viva la democrazia. Senza sicurezza materiale non c'
libert politica, non c' democrazia e su tutti incombe la minaccia di nuovi e
vecchi totalitarismi (Beck 2000). Il modello che si sta prospettando ora si fonda
sulla constatazione del raggiungimento da parte della societ del lavoro dei suoi
limiti tecnologici ed ecologici. Il lavoro, visto il suo ruolo di riferimento all'in-
terno della societ, stato posto al centro di una attenta analisi. Le energie che
sono state convogliate in questo ambito hanno portato a innovazioni tecniche ed
organizzative nalizzate alla riduzione dei costi di produzione, cambiando sicu-
ramente i prodotti inseriti nel mercato, ma anche fortemente il modo di produrli.
Ottimizzare la produttivit ha signicato sempre anche eliminare, o ridurre, il
20
1.2 Due visioni, la societ in rete e la seconda modernit
lavoro umano arrivando in questo modo ad un paradosso per il quale in una
societ fondata sul lavoro l'ottimizzazione dei processi lavorativi ha ridotto il nu-
mero di posti di lavoro disponibili. Proprio l'ecienza nell'organizzazione riduce
la quantit di lavoro disponibile, mettendo in crisi il sistema stesso, creando aree
di forza lavoro non occupata, cambiando quindi il valore del lavoro nel mercato
dell'occupazione. Per queste ragioni la riessione di Beck sulla situazione attuale
caratterizzata dall'interrogarsi su quali forme potranno assumere la libert e la
politica al di l della societ del lavoro. Beck parla, come abbiamo visto, di pro-
cesso di modernizzazione riessiva, intendendo con questo termine sottolineare
il processo di auto-trasformazione non pi nella societ ma della societ intera,
o meglio dei fondamenti di intere moderne societ. La caratteristica di questa
nuova epoca, la seconda modernit, che essa non frutto di rivoluzioni, come
accaduto in precedenza quando vi era un cambiamento del sistema produttivo
(ad esempio durante la prima e seconda rivoluzione industriale), ma risultato di
un processo di rivolgimento dovuto all'accelerazione e alla radicalizzazione del-
la modernizzazione. Mancano quindi le caratteristiche sociali delle rivoluzioni,
ovvero l'aermazione di nuove lite; lo scontro tra nuove ideologie e dottrine so-
ciali con gli attori che difendevano il vecchio ordine; lo sviluppo di alternative
politiche sostenute da una pressione dal basso; ed inne lo sviluppo di fronti ben
delineati accompagnati dall'inasprimento del confronto politico, ma vi una crisi
delle strutture precedenti. Beck individua tre cambiamenti che segnano il pas-
saggio tra la prima e la seconda modernit: l'interpretazione della societ come
entit eternamente provvisoria, visione raorzata dalla razionalit delle scienze
sociali; il cambiamento nella percezione ed elaborazione delle questioni della glob-
alizzazione, individualizzazione, rivoluzione dei ruoli sessuali, del lavoro precario
21
Capitolo 1
e delle crisi ecologiche; la percezione che le idee guida e le relative risposte di fondo
istituzionalizzate non siano pi cos ovvie e convincenti, non siano pi in grado di
far fronte realmente alle sde che si presentano. Queste idee erano la territorial-
it nella dimensione della globalizzazione, la piena occupazione nella dimensione
della societ del lavoro, una comunit e una gerarchia prestabilite nella dimen-
sione dell'individualizzazione, la tradizionale divisione tra uomini e donne nella
dimensione del rapporto tra i sessi, lo sfruttamento della natura come fondamen-
to della crescita illimitata nella dimensione della crisi ecologica. Globalizzazione,
societ del lavoro, individualizzazione, rapporto tra i sessi, crisi ecologica, sono
cinque vecchie sde che le societ nella seconda modernit arontano con questa
nuova prospettiva di maggior complessit e assenza di certezze predeterminate
(Beck 2000). Prima di spostare la nostra attenzione sull'analisi delle nuove gure
emergenti nella societ postfordista voglio sottolineare tre aspetti che credo di-
ano un importante contributo all'analisi della societ contemporanea. Anzitutto
i cambiamenti a cui stiamo assistendo nella societ del rischio sono frutto di un
coerente processo di modernizzazione, ovvero dell'estensione alla societ intera
dei princpi di razionalizzazione applicati al contesto produttivo. Questo rende
pi complesso rilevare la novit apportata nella societ dalla seconda modernit.
In secondo luogo la consapevolezza dei limiti della razionalit e la possibilit che
ne deriva di prendere decisioni diverse aventi comunque legittimit di esistere,
ricca di conseguenze per le societ che devono far fronte alle sde sopra descritte.
Inne, la perdita delle tutele materiali conquistate nell'et industriale mina forte-
mente non solo il sistema politico che si era sviluppato in quel contesto, ma la
capacit di fare progetti, di avere una prospettiva, e la capacit di attivarsi per
il raggiungimento di obiettivi politici, in altri termini la capacit di attivazione
22
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
e di rappresentazione delle persone che vivono questa situazione.
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
La crisi della societ della piena occupazione un elemento che oggi pone radical-
mente in discussione l'organizzazione sociale delle societ europee e nord ameri-
cane. Con la forte disoccupazione strutturale si pone il problema del cambiamen-
to del mondo del lavoro, risulta infatti dicilmente ipotizzabile che le pratiche
di denizione del valore del lavoro, dei beni o servizi, che si erano strutturate in
un contesto di piena occupazione, possano essere adeguate al panorama che si
presenta ora. Nell'analisi di Castells abbiamo visto il ruolo fondamentale assunto
della conoscenza, non solo come strumento per muoversi in maniera competente,
massimizzando la procuit delle relazioni all'interno delle reti di cui si fa parte,
ma anche come strumento per far fronte alle nuove sde della nostra societ.
In questo paragrafo cercher di delineare la gura dei/lle lavoratori/trici del-
la conoscenza, cercando di cogliere in qual modo si inseriscano nel panorama
tratteggiato nora. Diversi autori hanno cercato di individuare gli elementi pe-
culiari delle gure che stanno emergendo nel contesto della societ postfordista, e
i cosiddetti knowledge workers sono divenuti una categoria concettuale in grado
di focalizzare il dibattito in materia, venendo ritenuti da molti le gure nuove,
fortemente caratterizzate e caratterizzanti il nuovo modello socio-economico. La
gestione della conoscenza diventata un elemento centrale e critico del processo
produttivo, dal momento in cui il valore della pura forza lavoro si ridotto. Un
tentativo di denire quali siano i lavoratori pi strettamente coinvolti in questo
processo di gestione e sviluppo della conoscenza viene fatto da Peter F. Druck-
er (1999) nel suo testo dal signicativo titolo Le sde del management nel XXI
23
Capitolo 1
secolo. Nella sua opera sottolinea alcuni elementi caratterizzanti questo tipo di
lavoratori/trici: il loro coinvolgimento non riguarda solo l'esecuzione di compiti
per i quali possiedono delle conoscenze, ma caratterizzato da un elevato grado
di autonomia nello svolgere il compito; nel loro lavoro implicata un'elevata com-
ponente di innovazione e di responsabilit del singolo; l'attivit lavorativa deve
prevedere un processo di apprendimento continuo, ma anche di insegnamento,
quindi una pratica di acquisizione e di trasmissione continua della conoscenza; il
criterio per valutare il lavoro svolto la qualit del lavoro stesso, pi che la quan-
tit; inne risulta fondamentale un cambiamento, da parte delle organizzazioni
datrici di lavoro, della considerazione del/la lavoratore/trice, inteso/a ora come
bene produttivo per il quale la scelta di lavorare per l'organizzazione deve es-
sere una scelta ideale, non di convenienza. Il punto cardine che caratterizza i
knowledge workers nella concezione di Drucker un elevato grado di riessivit
critica sulle caratteristiche del loro lavoro e delle loro mansioni. Per Drucker
il loro lavoro caratterizzato anche dalla messa in discussione di un orizzonte
certo e predenito su quella che la loro funzione, e si fonda su un processo di
ridenizione della propria attivit e compiti che, pur richiedendo tempo e fatica,
consente di raddoppiare o anche triplicare la produttivit di questi soggetti. Di
conseguenza, sebbene sia necessaria fatica e tempo per attuare questo cambia-
mento, l'interesse delle organizzazioni diventa favorire la ristrutturazione interna
in modo da valorizzare tutte le risorse intellettuali. Si aprono quindi due inter-
rogativi, il primo riguarda l'eettiva disponibilit delle organizzazioni al cambia-
mento, il secondo riguarda il carattere permanente o transitorio della denizione
del compito. Se adottiamo la prospettiva di Beck di crisi delle certezze prede-
terminate, e quindi assumiamo questi compiti come concetti in evoluzione, ne
24
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
conseguirebbe una necessit di continua riorganizzazione dell'ambiente di lavoro,
un'ipotesi che implica costi elevati. Secondo Drucker il principale contributo dato
dal management nell'arco del ventesimo secolo stato l'incremento della produt-
tivit dei lavori manuali e il contributo che il management chiamato a dare nel
ventunesimo secolo l'incremento della produttivit del lavoro intellettuale e dei
knowledge worker. L'impresa del futuro tender sempre pi ad assomigliare ad
un'orchestra, ad un ospedale o ad un'universit, dove le persone saranno l'unit
produttiva fondamentale dell'organizzazione. Sar la qualit del lavoro di ogni
singolo individuo a determinare la qualit del prodotto del collettivo. I lavoratori
della conoscenza tenderanno ad operare sempre pi come veri e propri liberi pro-
fessionisti, anche se, proprio come un orchestrale necessita degli altri musicisti
per svolgere la sua attivit, essi avranno bisogno dell'organizzazione per svolgere
il loro lavoro. Questa riessione viene ripresa e sviluppata da Butera il quale
appoggiandosi sui dati elaborati da Barley e forniti dal Bureau of Census degli
Stati Uniti, sottolinea come la percentuale di lavoratori ascrivibili alla categoria
dei knowledge workers abbia superato, verso la met dell'ultimo decennio del
`900, il 58% della popolazione attiva negli USA (Butera 2008).
Butera propone una denizione di knowledge workers come soggetti che pro-
ducono conoscenza a mezzo di conoscenza, accrescendone il valore sociale (orire
un servizio), il valore economico (creare reddito e patrimonio) e il valore intrin-
seco e diusivo (che non appropriabile perch non una merce). Denendo
questa tipologia di lavoratori Butera si pressa l'obiettivo di distinguere i lavo-
ratori della conoscenza dalla working knowledge ovvero la conoscenza necessaria
per lavorare. Un elemento fortemente problematico l'individuazione dei cri-
teri per limitare il numero degli aventi le caratteristiche per rientrare in questa
25
Capitolo 1
categoria.
I lavoratori individuati da Butera come parte di questa categoria sono:
i sapienti (scienziati, ricercatori, insegnanti, ecc.);
i demiurghi ovvero i membri delle professioni riconosciute (esperti chelavorano per i clienti, come medici, avvocati e notai);
coloro che svolgono funzioni di governance;
gli imprenditori in quanto leader che gestiscono processi innovativi;
le gure manageriali intermedie che svolgono sempre meno ruoli di coman-do e sempre pi di immissione di conoscenze ed esperienze nelle strutture
operative e di coordinamento;
i professional che non fanno parte di professioni riconosciute a cui mancaun sistema di licenze, albi, riconoscimenti formali, ecc.;
i tecnici o esperti pratici;
i venditori qualicati, gli artigiani, gli operativi qualicati rientrano nellacategoria qualora fossero in possesso di conoscenze ed esperienze idonee e
sucienti a controllare e regolare processi di produzione di beni e servizi
risolvendo problemi poco deniti e con molte varianze (Butera 2008; pp.
13-14).
Come si pu vedere da questo elenco questa categoria molto ampia ed
caratterizzata in larga misura dalla capacit di esercitare un controllo sul proprio
lavoro, sulla materialit o immaterialit dei suoi input e output; infatti, vengono
incluse gure per le quali il grado di immaterialit del lavoro quanto meno
26
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
controverso, quali gli esperti pratici o gli artigiani e gli operativi qualicati. Con
questa denizione si considera il gruppo dei lavoratori della conoscenza come
composto da posizioni lavorative non da attori (Armano et al. 2011). In
altri termini se questo approccio pu essere procuo per individuare i soggetti
appartenenti alla categoria dei knowledge workers al ne di ottenere dei dati
statistici, ci d poche informazioni riguardo le soggettivit coinvolte in questi
processi, non dice molto riguardo a come sia cambiato il lavoro per le persone
inserite in questi processi produttivi.
Una ulteriore criticit che, come abbiamo visto nei paragra precedenti, la
conoscenza insita in ogni pratica lavorativa e risulta quindi dicile individuare
dei lavoratori per i quali le loro conoscenze non abbiano un ruolo fondamentale.
Per cercare di scongiurare l'uso della categoria lavoratori della conoscenza come
categoria omnicomprensiva Butera pone l'accento sull'immaterialit del loro la-
voro, come elemento di distinzione rispetto agli altri lavoratori/trici. I lavoratori
della conoscenza sono quelli che operano su processi immateriali e per i quali la
conoscenza il principale input e output di processi di lavori che impiegano di-
versi tipi di conoscenza per svolgere il lavoro. Il processo di lavoro dei lavoratori
della conoscenza non riguarda materiali e puri dati, ma conoscenze. Sono quelli
la cui personale conoscenza professionale trasforma input conoscitivi in output
di conoscenza di maggior valore (Butera 2008; p. 71). L'utilizzo del termine
immateriale fa riferimento al concetto di lavoro immateriale, proposto da Laz-
zarato e ripreso da Negri e Hardt e altri. Lazzarato denisce il lavoro immateriale
come labour that produces the informational and cultural content of the com-
modity (Lazzarato 1996; p. 133). Negri e Hardt in Impero sottolineano come
tutti i lavori per i quali non sia possibile distinguerne l'output come un oggetto
27
Capitolo 1
discreto debbano essere considerati immateriali (Hardt and Negri 2003). Es-
sendo slegato dagli oggetti materiali concreti, l'attivit lavorativa acquisisce dei
caratteri di intangibilit che rendono pi complessa la valutazione del suo val-
ore. Come argomentato da Gandio That is the power of immaterial labor the
intangibility of the communicative exchange is able to turn water into wine, and
people buy it (Gandio 2011; p. 123)
Il carattere immateriale degli scambi comunicativi che caratterizzano la soci-
et contemporanea cambia fortemente il processo di costruzione del valore, sotto-
lineando ulteriormente come la svolta linguistica che abbiamo visto con Marazzi
svolga un forte ruolo di cambiamento nella societ contemporanea. Butera
denisce i lavoratori della conoscenza come soggetti che hanno responsabilit
su processi immateriali di conoscenza. Il fatto che si tratti di processi immateri-
ali, che riguardano la conoscenza, ne cambia radicalmente la natura economica,
essendo la conoscenza un bene dai caratteri molto particolari che non segue le
regole dell'economia classica.
Le caratteristiche della conoscenza come bene economico sono state a mio
avviso descritte in maniera ecace in Global public goods and the global health
agenda: problems, priorities and potential (Stiglitz 2007) e in Innovation and
Productivity: Using Bright Ideas to Work Smarter (Lewis 2008)sottolineando
due caratteristiche di questo particolare bene: la non-rivalit e la non- escludi-
bilit. Sinteticamente la non-rivalit signica: [that] there is no marginal cost
to sharing its benet (Stiglitz 2007; p. 309). Il fatto di condividere la conoscen-
za non implica dei costi marginali, al limite possono esserci dei costi legati alla
trasmissione della conoscenza. Lo sviluppo dei sistemi informativi e della rete ha
per reso estremamente limitati questi costi. Il secondo elemento, la non escludi-
28
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
bilit sottolinea come una volta sia stato creato un bene impossibile impedire
che altre persone abbiano accesso a quel bene (Lewis 2008). Queste caratter-
istiche della conoscenza come bene economico hanno portato allo sviluppo di
numerose riessioni riguardo le conseguenze non solo sul piano economico, ma
sul funzionamento della societ contemporanea. Lessig ha trattato la rilevanza
dell'attivit di Remix (Lessig 2009) e Ciborra ha adattato il concetto di bricolage
(Ciborra 1992) proprio per sottolineare come ogni processo di creazione e di in-
venzione si basi sulla rielaborazione di altre idee. Lo sviluppo dell'Open Source
un esempio delle conseguenze della conoscenza come bene pubblico, riutando
quindi l'idea dell'esclusione (Weber 2004); anche i fenomeni wiki, basati sulla
condivisione, suggeriscono un diverso modo di interpretare il valore del lavoro
basato sulla conoscenza (Tapscott, Don and Williams 2006).
Stando quindi alla denizione di Butera, il prodotto del lavoro dei knowledge
workers un'elaborazione simbolica delle loro conoscenze applicate per rispon-
dere a speciche esigenze; il valore quindi non risiede nel supporto materiale uti-
lizzato per trasmettere questa elaborazione, ma nella specica composizione dei
simboli che viene creata dal/la lavoratore/trice. Il prodotto del lavoro ha quindi
una sua esistenza autonoma dall'oggetto materiale utilizzato per trasmetterlo.
Inoltre, come abbiamo visto, il costo marginale di riproducibilit e diusione di
questo prodotto quasi irrisorio e ci implica un cambiamento del valore del
lavoro stesso. Il ridursi del costo di riproducibilit carico di conseguenze sul
funzionamento dell'intero sistema produttivo ed quindi un elemento molto ril-
evante per inquadrare le condizioni lavorative dei knowledge workers. La visione
post-operaista proposta da Lazzarato, Hardt e Negri, a cui pare far riferimento
Butera parlando di lavoro immateriale, stata fortemente criticata in letteratu-
29
Capitolo 1
ra. Si infatti rilevato come venga ignorato il fatto che la maggior parte delle
persone continui a lavorare e faticare con le loro mani e con il corpo, piuttosto
che con la mente e le informazioni, durante la loro attivit lavorativa (Wright
2005), oltre al fatto che la distinzione tra lavori immateriali e lavori materiali,
come sostenuto da Nick Dyer-Witheford (2005) troppo riduttiva, dal momento
che raggruppa diversi lavori la cui appartenenza ad una categoria piuttosto che
all'altra quanto meno controversa (Gandio 2011). Nel suo testo Gandio evi-
denzia come un/a barista, un/a cameriere/a di un ristorante, un/a sex worker
e un/a programmatore/trice di computer non svolgano lo stesso lavoro, eppure
agiscono tutti/e su dei processi immateriali, nei quali il valore non determi-
nato dall'oggetto materiale, ma dalla costruzione sociale del loro valore, o forse
si potrebbe sostenere che agiscono tutti in processi ibridi, con degli elementi di
materialit e di immaterialit dicilmente distinguibili anche in sede di analisi
perch indissolubilmente connessi tra loro. Il lavoro quindi materiale e imma-
teriale, e la distinzione tra questi due aspetti non sembra essere un discrimine
ecace per distinguere delle categorie di lavoratori/trici.
Credo che sia quindi utile cercare di interpretare il lavoro della conoscenza at-
traverso dei criteri non dicotomici, ma pi sfaccettati e articolati che ci permet-
tano di descrivere la complessit della societ postfordista e siano in grado di darci
pi informazioni riguardo a come il lavoro cambi gli atteggiamenti e i proli di
comportamento dei/lle lavoratori/trici. Anche la distinzione tra lavoro autonomo
e lavoro dipendente sembra perdere ecacia. Il criterio giuslavoristico che in
Italia distingue queste due condizioni sulla base della natura contrattuale pare
non essere in grado di descrivere la molteplicit di situazioni nelle quali i soggetti
sono inseriti all'interno del mondo del lavoro. Come sostenuto da Armano (2010)
30
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
i nuovi professionisti della conoscenza vivono una realt che non corrisponde
n al lavoro dipendente, n al lavoro professionale o imprenditoriale. Questa
loro alterit dalla dicotomia lavoro dipendente/autonomo viene letta come una
anomalia, la loro condizione viene interpretata come una soggettivit dolente di
chi deve subire una condizione inappellabile, come se non esistessero alternative
all'essere lavoratori autonomi o dipendenti. La peculiare condizione lavorativa
di questi nuovi professionisti non viene attualmente analizzata come una re-
alt nuova, ma piuttosto come una particolare declinazione dell'apprendistato
tradizionale, quindi come identit in transizione verso una dimensione lavorativa
tipica. Per iniziare a caratterizzarli diviene quindi utile osservare le condizioni
lavorative a cui questi professionisti si trovano a far fronte. Al ne di compren-
dere il posizionamento lungo il continuum che porta dal lavoro dipendente al
lavoro autonomo utile tenere in considerazione i tre elementi individuati da
Bologna (1997) come caratteristici del lavoro autonomo stesso: il grado di non-
prescrittivit delle operazioni da svolgere, la domestication del luogo di lavoro
e una diversa organizzazione del tempo di lavoro. Bologna ed Armano rilevano
come vi sia una disposizione al venir meno di modelli prestabiliti e pre-progettati
e il bisogno di autodenire soggettivamente le possibili traiettorie (Bologna 1997,
Armano 2010). Il rapporto tra tempi e luoghi del lavoro e tempi e luoghi del non
lavoro quindi cambiato e diviene un aspetto su cui porr attenzione all'interno
dei capitoli empirici di questo lavoro di ricerca.
Credo che sia inoltre necessario, per delineare la gura di questi lavoratori della
conoscenza, focalizzare l'attenzione sulle soggettivit coinvolte nei contesti lavo-
rativi, cercando di evidenziare come vengano coinvolti nella loro attivit i saperi
da loro posseduti e che ruolo abbia la capacit di usarli in maniera essibile
31
Capitolo 1
e innovativa. Il concetto di lavoratori/trici della conoscenza si riferisce quin-
di a quei lavoratori e lavoratrici, anche inquadrati entro il rapporto di lavoro
dipendente, che investono sulla propria professionalit e costruiscono nel tempo
un proprio percorso di promozione professionale (Bonomi and Rullani 2005; p.
239). Questa prospettiva quindi non adotta una denizione a priori dei soggetti
categorizzabili tra i lavoratori della conoscenza, ma pone al centro l'individuo
inserito nel contesto lavorativo e i saperi da esso attivati. L'insieme delle attitu-
dini, delle capacit e dei saperi posseduti dal personale viene generalmente iden-
ticato come conoscenza (Grz 2008), vediamo quindi quali sono i saperi che in
letteratura vengono individuati come caratterizzanti il lavoro dei knowledge work-
ers. Ferraresi e Michelsons (Ferraresi and Michelsons 2006) propongono quattro
aggettivi per caratterizzare i saperi dei knowledge workers : saperi combinabili,
taciti, unici e inestimabili. Il fatto che si possiedano dei saperi combinabili
un requisito necessario a renderli spendibili nel mercato, essi infatti vanno ad
articolarsi con le competenze, avendo quindi un'utilit ed un impiego economi-
co. Questi saperi sono per al contempo taciti, non possibile per l'impresa
appropriarsene acquisendoli o acquistandoli direttamente escludendo i portatori
di queste conoscenze. Essi sono taciti per due ragioni: perch risultato di un
processo originale di loro formazione e perch la loro applicazione a progetti cos-
tituisce un modo per il loro sviluppo e per la trasformazione in altro sapere
(Armano 2010; p. 43). Proprio a causa della peculiarit del processo di for-
mazione di questi saperi essi sono indubbiamente unici, nella misura in cui il
sapere utilizzato nell'ambito lavorativo costituito dall'insieme dei saperi accu-
mulati dal soggetto e dal suo modo di valorizzarli intrecciandoli ad altri saperi,
l'elemento che sta acquisendo importanza la capacit di contestualizzare le
32
1.3 I nuovi protagonisti del mercato del lavoro
conoscenze, attraverso un processo che Rullani denisce di contestualizzazione
cognitiva (Rullani 1998; p. 144). Questi saperi sono inestimabili nella misura in
cui risulta dicile calcolare e valutare correttamente il loro valore; sono infat-
ti solo parzialmente standardizzabili ed possibile stimarne il valore solo dopo
averli impiegati. Articolandosi con altri tipi di conoscenza ed altri mezzi di pro-
duzione risulta dicile isolare il valore aggiunto dato da questi saperi. Il fatto
di essere in possesso di saperi che si caratterizzano in maniera unica non im-
plica una posizione di forza contrattuale sul mercato del lavoro (Armano 2010).
Rullani sostiene a tal proposito che per tornare agli attori adottando il loro pun-
to di vista e la loro specicit contestuale sia necessario domandarsi di quanto
potere essi dispongano per far valere i loro interessi e valori. Altrettanto impor-
tante porre l'attenzione sulle contraddizioni della societ postfordista poich
le contraddizioni fanno evolvere il potere, introducendovi non solo fessurazioni
e punti deboli, ma soprattutto princpi aggregazione e di costruzione basati su
ci che progettabile e comunicabile (Rullani 1998; p. 145). Una di queste
contraddizioni quella tra la maggior qualit e la minor tutela del lavoro e, di
conseguenza, fra la maggior implicazione interna e la minore copertura esterna
del lavoratore (Accornero 2001; p. 11).
Il lavoro ha cessato di perdere importanza e svolge un ruolo centrale nella
denizione identitaria, al contrario di quanto teorizzato alla ne del novecento.
La rilevanza identitaria del lavoro si coniuga con i cambiamenti caratteristici
del postfordismo visti nel primo paragrafo, delineando un quadro complesso e
problematico. Gorz sottolinea come il capitale delle conoscenze posseduto dai
prestatari di lavoro sia generalmente considerato dalle aziende come il capitale
umano di cui esse dispongono. Il capitale umano un elemento preponderante
33
Capitolo 1
nel loro capitale complessivo e non viene valutato sulla base delle ore dedicate al
lavoro, quanto sulla base dei risultati ottenuti e della qualit complessiva. In altre
parole le imprese si relazionano ai/lle lavoratori/trici come se fossero degli/delle
imprenditori/trici. Questo cambiamento nel modo di relazionarsi all'individuo
da parte dell'organizzazione presso cui lavora ricco di conseguenze, andando a
caricare i soggetti della responsabilit della loro qualicazione, della salute, della
loro mobilit, in breve della loro impiegabilit (Grz 2008). A anco del lavoro
tradizionale emerge il lavoro di auto-rappresentazione, rilevante quanto le altre
attivit lavorative, e richiedente tempo ed energie. I lavoratori stessi diventano
manager di se stessi, dovendo curare l'auto-promozione e relazionandosi con gli
altri lavoratori/imprese in termini di competitivit (Ivi). La tendenza ad una
individualizzazione del rapporto lavorativo trasforma radicalmente la denizione
della propria identit e riduce o osteggia l'interpretazione delle condizioni vissute
individualmente come simili alle condizioni di altri soggetti inseriti nel mercato
del lavoro. Per i lavoratori in una economia della conoscenza gli elementi che
favoriscono lo sviluppo di azioni coordinate sono limitati proprio a causa delle
caratteristiche del loro lavoro: il passaggio dal lavoro ai lavori e l'individualiz-
zazione della dimensione lavorativa, nella quale i knowledge workers si presentano
come gure simili ai lavoratori autonomi (Bologna 1997), imprenditori di se stessi
(Grz 2008), agendo o essendo costretti ad agire come freelance (Bologna and
Ban 2011). Nel prossimo capitolo cercher di mettere in luce i tratti salienti
della crisi della rappresentanza nel mondo del lavoro, con particolare attenzione
al mondo del lavoro della conoscenza, e le nuove tendenze che paiono aacciarsi
in questo campo.
34
Capitolo 2
La rappresentanza nella societ
fordista e in quella postfordista
2.1 La crisi del sindacato
Il ruolo del sindacato nelle relazioni industriali cambiato fortemente nell'arco
dell'ultimo secolo. I dati riguardanti il tasso di sindacalizzazione dei lavoratori
attivi mostrano oggi un chiaro ridimensionamento del ruolo dei sindacati nelle
societ occidentali. Se nel 1980 quasi la met (il 49,6%) dei lavoratori dipendenti
italiani erano iscritti ad un sindacato, poco pi di 20 anni dopo erano scesi ad un
terzo (34% nel 2002) (Regini 2008; p. 1). Come si pu vedere nella tabella 1, che
presenta i dati dal 1970 al 2007, il numero di lavoratori dipendenti cresce, mentre
il tasso di sindacalizzazione tocca l'apice nel 1980 (48% degli/delle occupati/e)
Tabella 2.1: 1970-2007: iscritti attivi a Cgil Cisl e Uil, numero dei lavoratori dipendenti, tassi
di sindacalizzazione
Anno Iscritti attivi Lavoratori Tasso di sindacalizzazione
Cgil Cisl Uil dipendenti Cgil Cisl Uil Cgil, Cisl, Uil
1970 2.355.587 1.615.634 675.000 12.918.000 18,23% 12,51% 5,23% 36%
1980 3.495.537 2.508.263 1.145.910 14.808.000 23,61% 16,94% 7,74% 48%
1990 2.585.573 2.007.015 1.125.376 15.222.000 16,99% 13,18% 7,39% 38%
2000 2.448.074 1.993.271 1.146.879 15.130.000 16,18% 13,17% 7,58% 37%
2005 2.467.164 2.081.370 1.166.879 16.533.000 14,92% 12,59% 7,06% 35%
2006 2.553.580 2.126.146 1.180.662 16.916.000 15,10% 12,57% 6,98% 35%
2007 2.595.816 2.191.245 1.211.898 17.167.000 15,12% 12,76% 7,06% 35%
35
Capitolo 2
Figura 2.1: Iscritti attivi e pensionati, (in valori assoluti) nei tre sindacati confederali tra il
1986 e il 2007. Fonte (Feltrin 2009).
per poi calare no ad assestarsi attorno al 35% nel 2007. Questi dati sono in
linea con la perdita di centralit, riscontrata in tutti i paesi occidentali, del
ruolo dei sindacati (Stewart 2002), che oggi rappresentano una quota limitata
della popolazione attiva. In Italia il tasso di sindacalizzazione in linea con la
Germania, attorno al 30%, inferiore al Belgio e ai paesi scandinavi, dove presenta
quote abbondantemente superiori al 50%, ma molto superiore ad altri paesi quali
Inghilterra (20%), Stati Uniti (12%) e Francia (10%) (Musso 2008). Anche se
la riduzione a cui si assiste del tasso di sindacalizzazione in Italia consistente
la si pu ritenere sensibile ma non drammatica (Musso 2008; p. 3). Infatti,
nel caso italiano vi una riduzione del tasso di sindacalizzazione, ma non del
numero complessivo di membri iscritti, essi sono anzi continuamente aumentati
(Feltrin 2009). Ponendo l'accento sul numero di iscritti totali, piuttosto che sul
36
2.1 La crisi del sindacato
Figura 2.2: Composizione iscritti ai sindacati. Fonte (Feltrin 2009; p. 165).
rapporto tra lavoratori iscritti al sindacato e il totale dei lavoratori, ovvero il
tasso di sindacalizzazione, si passa da 8.914.391 nel 1986 a 11.719.703 nel 2007
[...] Il principale contributo alla crescita sindacale nel periodo stato fornito dai
pensionati, che sono cresciuti costantemente sino al 2004, quando hanno subto
una battuta d'arresto. A ne periodo sono quasi il doppio rispetto a quelli rilevati
verso la met degli anni ottanta (Feltrin 2009; p. 160). Al consistente contributo
numerico dei pensionati, che sono divenuti componente maggioritaria in CGIL
(dal 1993) e in CISL (dal 1998), ma rimasti minoritari in UIL, bisogna aggiungere
la sindacalizzazione degli/lle immigrati/e. La componente migrante all'interno
del sindacato era pressoch inesistente all'inizio del periodo analizzato mentre
acquisisce ora una grande rilevanza: nel 2007 il numero complessivo di stranieri
iscritti ai tre p