R icorda ancora Monet e gli impressionisti, il giovane Umberto Boccioni di Canal Grande che a Venezia, prima di contestare la cultura “passatista” in- sieme agli amici futuristi, osserva con occhio inquieto una città tutta nuo- va, non dimentica della lezione di Canaletto, eppure pervasa già di una di- sperata voglia di “movimento”, evidente nel dinamismo dei colori vibranti di luce. Una mostra, quella trevigiana, che aspira al ruolo di “compendio” della pittura ve- neziana del ‘900: un’impresa - recita la locandina della Casa dei Carraresi - mai ten- tata prima, con uno sforzo progettuale inedito che intende fornire ai visitatori un “punto di vista” completo sulle vicende storico-artistiche del XX secolo, in cui Vene- zia ha giocato un ruolo da protagonista, a partire dalla vetrina internazionale della mitica Biennale d’arte, con le mostre di Ca’Pesaro. Uno sguardo sulla pittura veneziana del ’900 VENEZIA ’900 da Boccioni a Vedova a cura di RCS Pubblicità SPECIALE Ma anche un progetto scientifico di “alto profilo”, a sup- portare un evento artistico di assoluto valore culturale. Nelle undici sezioni della Mostra, inaugurata l’altro ieri a Treviso, sfila infatti il meglio della produzione artistica di un secolo fondamentale per l’arte, con cui ancora dobbia- mo fare i conti oggi . 50 artisti, 150 dipinti, 20 sculture, 100 lettere autogra- fe: questi i numeri di una esposizione “chiave”, per aprire un periodo così ricco in fatto di arte. Un evento che ha visto il coinvolgimento di istituzioni pre- stigiose, come la Fondazione Peggy Guggenheim, la Fon- dazione di Venezia e la Fondazione Domus. Scorrendo a questo punto alcuni commenti autorevoli, per comprendere meglio la portata dell’evento. “La mostra riecheggia gli stimoli e le emozioni che hanno animato la fervente attività artistica e pittorica a Venezia nei primi dl Novecento fino agli anni ’60, un periodo che ha profondamente rinnovato il panorama artistico veneziano ed europeo” ha scritto Dino De Poli, presidente della Fon- dazione Cassamarca, nell’introduzione del bellissimo cata- logo edito da Marsilio. Inaugurata presso la Casa dei Carraresi, a Treviso, una mostra fondamentale per capire l’evoluzione della pittura italiana nella città lagunare. Dalla B di Boccioni alla V di Vedova i g p m t f p t c i t F 2 a Gli fa eco Gianfranco Ga- lan, presidente della Regio- ne Veneto: “Siamo partico- larmente soddisfatti del nuo- vo ciclo di mostre promosso dalla Fondazione Cassamarca in Casa dei Carraresi, incen- trato su importanti eventi ar- tistici che hanno siglato L’Ot- tocento e il Novecento a Ve- nezia e nel Veneto”. E ancora Massimo Cacciari: “La Città di Venezia e io per- sonalmente siamo grati alla Fondazione Cassamarca per l’allestimento della importan- te mostra sulla pittura vene- ziana del Novecento. Da tem- po sono convinto che questo rappresenti uno dei momenti più alti della straordinaria vi- cenda delle arti figurative ve- neziane”. Per finire con un parere del curatore, Andrea Brunello di Artematica: “ Ogni mostra evidenzia una sfida nella qua- le si misurano la validità scientifica di un progetto e la capacità di farlo comprende- re al pubblico: ‘Venezia ‘900 da Boccioni a Vedova’ è in questo senso una sfida parti- colarmente ardua, proprio perché si propone di presen- tare le vicende che hanno fatto di Venezia un centro fondamentale nello svolgersi dell’arte contemporanea”. E lasciamo a Giuseppe Pava- nello e Nico Stringa una sin- tesi conclusiva sull’evento: “La mostra si propone di do- cumentare i momenti salien- ti di un’epoca, attraverso gli artisti e i gruppi di artisti che hanno via via saputo e potuto rinnovare il linguag- gio espressivo del loro tem- po, dalle avanguardie dei pri- mi del ‘900 fino alle neoa- vanguardie degli anni ’50- ‘60”. L E S E Z I O N I Umberto Boccioni, Il Canal Grande a Venezia, 1907 (sopra) Asger Jorn, Ritratto di Carlo Cardazzo, 1958 (a fianco) Pittore e scultore, Umberto Boccioni è un protagonista del Futurismo italiano. Vissuto a lungo a Padova nei primi anni del ’900, quando la madre e la sorella si erano trasferite nella città del Santo, si iscrive all’Accademia veneziana. La sua prima personale, a Venezia, è dell’estate 1910, invitato da Nino Barbantini a Ca’ Pesaro. Fu un evento straordinario: Marinetti, Carrà e altri, in concomitanza con la mostra, lanciarono dalla Torre dell’Orologio il manifesto Contro Venezia passatista e si presentarono tutti alla serata futurista alla Fenice, amplificando al massimo la portata dell’evento espositivo di Ca’ Pesaro. Boccioni non aveva ancora realizzato dipinti “futuristi”, ma la carica espressiva delle tele esposte lasciò il segno e spronò molti giovani artisti sulla strada del rinnovamento. Di questo periodo è particolarmente rappresentativo Canal Grande, straordinaria e innovativa veduta di Venezia, insieme a opere come Ritratto dello scultore Brocchi e La nonna. La ricostruzione del periodo migliore della Fondazione Bevilacqua La Masa (l’istituzione veneziana rivolta alla valorizzazione dei giovani artisti), fra il 1908 e il 1920, si basa su alcune tele importanti di Felice Casorati, tra i protagonisti dell’arte italiana della prima metà del ‘900. Anche Casorati ha vissuto a lungo tra Padova, Verona e Venezia prima di trasferirsi a Torino. E’ stato tra i primi e i più inclini a recepire le novità della Secessione viennese. Il sogno del melograno e Tappeto rosso sono due prove sapienti di un pittore raffinatissimo, che ha saputo cogliere gli stimoli di una cultura in profondo cambiamento. Insieme a lui ricordiamo Umberto Moggioli, con alcune opere realizzate a Burano: Ponte verde, Cipresso gemello e Sera di primavera; Vittorio Zecchin, che ha saputo tradurre in veneziano il linguaggio fantasioso dei “secessionisti”, rielaborando in modo originale la lezione di Klimt, con una pittura a metà strada tra racconto e illustrazione; senza dimenticare Guido Cadorin, figlio di artisti, fra i protagonisti della scena veneziana, con il provocatorio trittico Carne, carne, sempre carne, fino alla più matura stagione del Realismo Magico. Se Boccioni rappresenta al meglio la stagione del lancio di un’arte tutta italiana che si vuole imporre in Europa, Gino Rossi incarna la figura del veneziano eroico che da solo e forse per l’ultima volta riesce a portare a Venezia il linguaggio europeo della pittura del suo tempo, quello caratterizzato dalla stagione complessa e ricchissima di suggestioni del postimpressionismo, in quella particolare variante che è stato il sintetismo di Gauguin e Serusier. A sessant’anni dalla sua scomparsa, Treviso, città adottiva del pittore, dedica all’artista un omaggio particolare, presentando alcuni suoi dipinti: La fanciulla del fiore, esposta a Venezia nel 1910 e salutata da Barbantini come una bandiera del rinnovamento; Il bevitore, appartenuto all’amico Felice Casorati; il Ritratto della moglie insieme ad alcune celebri tele dedicate all’isola di Burano e al paesaggio trevigiano; senza trascurare le opere degli anni ’20: Natura morta con brocca e Fanciulla che legge. Con il XX secolo la plurisecolare tradizione ritrattistica occidentale tende ad esaurirsi. Più che opportuna quindi, nell’ambito della mostra, una sezione dedicata al ritratto, con particolare riferimento all’ambiente artistico veneziano: pittori che ritraggono se stessi o eseguono il ritratto ad amici, collezionisti e critici d’arte. Ricordiamo qui quelli di Favai di Filippo De Pisis, Turcato di Afro, Cagnaccio di San Pietro di Luigi Tito, e gli Autoritratti di Gennaro Favai, Pio Semeghini, Felice Casorati, Cagnaccio di San Pietro, Emilio Vedova: una prova che, persino nel secolo delle avanguardie, la ritrattistica gioca ancora un ruolo importante. Infine i ritratti di critici d’arte e intellettuali che hanno caratterizzato un’epoca: Fabio Mauroner, immortalato da Amedeo Modigliani; Gino Damerini ritratto da Guido Cadorin, Giuseppe Marchiori di Renato Birilli; del gallerista Carlo Cardazzo è esposto lo straordinario ritratto di Asger Jorn, mentre del critico Benno Geiger, uno strepitoso ritratto di Emile Besnard. Non poteva mancare un ritratto del “Vate” Gabriele D’Annunzio, opera di Ercole Sibellato. Filippo de Pisis ha vissuto l’ultima stagione felice della sua esistenza nella Venezia degli anni ’40. Alla permanenza del pittore ferrarese nella città lagunare, fondamentale per la sua esperienza umana e artistica, è dedicata un’intera sala, per metterne in risalto attraverso le opere veneziane il legame affettivo nei sei anni di permanenza, dal 1943 al 1948. Inseritosi nella vita culturale di Venezia, De Pisis ha tenuto mostre, pubblicato libri, redatto recensioni e presentazioni critiche per amici artisti; riallacciava così i legami con l’ambiente artistico veneziano, frequentato dalla metà degli anni ’20, e in particolare con il gruppo di pittori veneziani di Palazzo Carminati, da Juti Ravenna a Eugenio Da Venezia. A cinquant’anni dalla scomparsa, un’antologica importante ed esauriente: per la prima volta la sua pittura viene collocata accanto a quella dei suoi contemporanei neocubisti, a lui estranei, e all’incipiente espressionismo astratto di Vedova. Omaggio a Umberto Boccioni Gli artisti di Ca’ Pesaro Omaggio a Gino Rossi Ritratti e Autoritratti Omaggio a Filippo de Pisis