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Boris Kustodiev, Bol’ ševik, 1920
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Cultura russa 2 MED - Lezione venerdì 10 dicembre

Jul 13, 2015

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Boris Kustodiev, Bol’ ševik, 1920

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Nel 1922, quando sono tornato a Mosca, l’ho trovata semidistrutta, deserta. Così era uscita dalle prove dei primi anni della rivoluzione e così è rimasta tutt’oggi. La popolazione si è diradata, non si costruiscono nuove case e non si riparano le vecchie. Ma, anche sotto questo aspetto, rimane una grande città moderna, l’unica ispiratrice di una nuova arte veramente attuale. L’enumerazione caotica di oggetti e concetti, in apparenza incompatibili, accostati in modo che sembra arbitrario, così come è nei simbolisti, in Blok, Verharen e Whitman, è tutt’altro che un capriccio stilistico. È un nuovo ordine di impressioni, ricalcato sulla vita e sulla natura. Come nei loro versi, si librano lunghe file di immagini rozze, i suoi landò, l’affaccendata strada cittadina del diciannovesimo secolo, e, all’inizio del successivo, le vetture dei suoi tram elettrici e delle sue metropolitane. La semplicità pastorale non può sussistere nelle condizioni odierne. La sua falsa naturalezza è una mistificazione letteraria, un artificiale manierismo, un fenomeno libresco: non nasce dalla campagna, ma dagli scaffali delle biblioteche accademiche. Il linguaggio vivo, nato sul vivo e che corrisponde allo spirito d’oggi, è il linguaggio dell’urbanesimo. Io abito in un popoloso crocevia della città. Mosca estiva abbagliata dal sole, arroventata dagli asfalti dei nuovi cortili, che getta riflessi dalle finestre dei piani superiori e respira la fioritura delle nuvole e dei viali, rotea intorno a me e mi fa girare la testa, e vuole che a sua gloria io faccia girare la testa agli altri. A questo scopo essa mi ha educato e mi ha messo l’arte tra le mani.

Boris Pasternak, Doktor Živago, 1955

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Il’ja Golosov, Dom kul’tury im. Zueva, 1928

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Konstantin Mel’nikov, Dom kul’tury im. Rusakova, 1929

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Дом Мельникова, 1927-1929

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Всероссийская сельскохозяйственная и кустарно-промышленная выставка, 1923

Konstantin Mel’nikov, padiglione Machorka

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Vladimir Šuchov, Šuchovskaja bašnja, 1922

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Ivan Rerberg e Mojsej Ginzburg, edificio del Telegrafo (Tverskaja ulica), 1927

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Grigorij Barchin, edificio per la redazione del quotidiano Izvestija (Puškinskaja ploščad’), 1927

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Vladimir Tatlin, modello per il monumento alla Terza Internazionale, 1919

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In quest'aria lastricata è nata la spirale di ferro del progetto di un monumento alto quanto due cattedrali di Sant'Isacco, la spirale cade su un fianco ed è sostenuta da una robusta forma inclinata. Tale è la struttura basilare del monumento alla Terza Internazionale. Le volute della spirale sono tenute insieme da una rete di supporti inclinati; nella loro anima trasparente ruotano tre corpi geometrici. In basso un cilindro si muove lentamente compiendo una rotazione completa all'anno; la piramide sopra questo ne compie una al mese, la sfera in alto gira su se stessa nelle ventiquattro ore. Le onde di una stazione radioemittente situata alla sommità prolungano il monumento nell'etere. Per la prima volta, il ferro si è impennato e cerca una propria formula artistica [...]. Queste opere hanno una semantica propria. Il monumento è fatto di ferro, di vetro, di rivoluzione.

Viktor Šklovskij

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Aleksej Ščusev , mausoleo di Lenin temporaneo in legno, 1924

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Aleksej Ščusev, Mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa, 1929

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Bezprizorniki negli anni Venti a Mosca

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Boris Iofan, progetto per Dvorec Sovetov, 1932

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ВДНХ (Выставка Достижений Народного Хозяйства), 1939

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Vera Muchina, Rabočij i cholkoznica, 1939

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ВВЦ (Всероссийский Выставочный Центр), oggi

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Chram Christa Spasitelja, prima dell’abbattimento

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Nuove fondamenta per Dvorec Sovetov

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Piscina Moskva

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Chram Christa Spasitelja, 2000

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