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5/31/2018 Croce Trattati d' Amore Del Cinquecento.
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SCRITTORI DEL PIENO E DEL T RDO RINASCIMENTOXIV.
TRATTATI ARIORE DEL CINQUECENTO.
I molti trattati dell arnore che si chiama (e per certo aspetto
a.buon titolo) platonico nei quali l Ita lia del Rinascimento
tieneil primato cosi della anteriorit coine del numero, sono, in
generale,nelle storie letterarie, oggetto di diffidenza, e
volentieri di satira ed ironia I ) . Vero che, a compenso, in
quelle filosofiche si discorredi essi con seriet come parti di un
alta concezione del mondo 2) ;ina a me vi101 parere che converrebbe
in certa guisa riunire i duediversi modi e scrutare alquanto p i ~a
fondo la loro duplice edibrida natura.
Anzi tutto, conviene ben chiarire il concetto dell amore
platonico,-che tal volta viene mescolato e confuso con l altro dell
amore d iin-maginazione, cio con le immagini e i desiderii e le
brame amoroseche piace intrattenere e godere di sopra della realt
da cui sono de-:sunte e a cui si riferiscono, nella quale non si
pu, nelle pratichecondizioni in cui ci si trova, e spesso non si
vuole, impegnarsi, co-sicch l affetto rimane chiuso in quella
cerchia che dell immagi-nazione e del suo vagare tra n~alinconico
dolce 3) . M a il concetto del-l amore platonico non ci, perch
questa forma di amore escludeaffatto e radicalmente il desiderio e
la brama del possesso, e vuol
x ) Si veda in modo spicc to questo superficiale discorrere in
una delle il -ti;ne esposizioni della vita letteraria i t a l i ~ n
a el Cinquecento, nel Cinqtrecento cliG. TOFFARINMilano, 1929)~pp.
137-4j.
(2) Le trattazioni pi recenti dell argomento si clebboilo allo
PPL.~U~II,i eIiIee dei- LieLte, Leo ne Eb reo (Tuhiiigen,1926); al
DE RUGGIERO,i tzascimentoe Ri fornza, (Bari, 1937)~ 146-58; a
NESCAA. ROB,VeoyIato~zisaz of the I t n -l ia n Renaissalzce
(London, 1935 ; e a ED. F. MEYLAN, L v o l ~ ~ i i o i l e l a n
o-tioiz d amozlr ylatoizique (in Hzrinanisnze et Xenaissartce, V
418-42).(3) Precipuamente come amore dliiiimagiiiaziotie lo
coiicepiva una nobilescrittrice italiana, Neera, iiel suo libretto,
L amore platonico (Napoli, iSg7 , chedel resto ricco, coine le
altre cose sue, di fine compreiisione e di delicata os-servazione
morale.
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3 4 SCRITTORI EL PI NO EL TARDO RIN SCIMENTOessere di un amore
senza alcuna cupiditas che si soddisfa nella con-templazione, nel
culto e nella pura gioia della bellezza.
E qui la contraddizione di questo concetto, perch la
bellezza.che vi si ha di mira non quella vera che ha un senso
proprio, l abellezza estetica, cio la gioia di un atto spirituale
di creazione poe-tica e di conoscenza contemplativa, che perci
priva di ct~piditas .praticamente disinteressata, non le si pu
assegnare nemmeno ilc puro desiderio di bellezza di cui quei
teorici parlavano (I), per-ch essa, per definizione, pura di
desiderio, e ogni desiderio, an-che quello di godere una poesia,
cade fuori della sua cerchia ed pratico e non estetico. Per
contrario, quell ainore iiient altro checupiditas desiderio,
braina, spinta al possesso, che coine tale si ri-veste sempre di
fantasmi e vive nei suoi fantasmi non la poesiadell amore, ma l
amore stesso in anima e corpo, fervente nella pro-pria proiezione
immaginosa. Purificare l amore in atto dall immagineche gli
risponde varrebbe quanto svuotarlo di s stesso, sopprimerel amore e
con l amore la bellezza nel senso amoroso, che pur sivorrebbe
fermare a contemplare gioiendone. Si potr bene sforzarsie
industriarsi, e fino a un certo segno riuscire, a restringere e
adattenuare la cupiditas; e, in effetto, i teorici dell ainor
platonico pre-scrivevano che solo alcuni sensi potessero aver parte
nella celebra-zione di quel mistero, la vista e l udito, o tutt al
pi, come alcunodi essi pi indulgente o pii ardito concedeva, un
lieve unirsi delielabbra, un casto bacio, efflorescenza dell aniina
piuttosto che fisico.contatto (distinguendo, come si fa nel
Cortegia?zoper bocca del Bembo,il bacio lecito dell amore razionale
da quello illecito del sensuale)ina pii1 rigorosi non permettevano
altro organo sensitivo che l oc-chio. Tuttavia, per quanto
comprimessero e torturassero la realt delprocesso amoroso, anche il
solo sguardo non perde inai, in quel rap--porto, l suo carattere di
uno sguardo di desiderio e di brama delpossesso. Nel concetto dell
amore platonico c , dunque, l irreale, i lcontradittorio, l
impossibile; e di reale c unicamente l attrazionesensuale coine in
ogni altro amore, e non solo non si riesce in esso.
convertire la cupiditns in teoresi, sia di estetica
conteinplazione esia di speculativa meditazione, ma neppure a
innalzarla alla sferamorale, perch la moralit azione giudizio che
cade sull azione,e non mai vagheggiamento o culto di un essere o di
una creatura,,
( I ) Oltre l commento ficiiiiatio al C o ~ z v i t oplatonico,
si tenga presente rDell amor celeste e divino, canzone di
GIROLAMOENIVIENI ol con~rneilto el.conte GIO.PICODELL MIRANDOLAed.
di Lucca, Marescandoli, 1731).
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la quale, per adorna che la si pensi di ogni v ir t ~morale, in
quantovagheggiata e abbracciata col desiderio, e in quanto oggetto
di
compiacimento, termine di un processo edonistico e non gi di
unprocesso morale.
Cos analizzato nella sua intrinseca contraddizione, l amor
pla-tonico si dimostra nien t altro che un caso particolare di un
pii1 com-prensivo ma similmente contradittorio concetto, che quello
dellafelicit pura e infinita, la quale anche essa vuole escludere l
ir re -quietezza, la finitezza del desiderio, la lotta per il
possesso che siacquista e si perde o sempre a rischio di perdersi,
e vuole essere,innaturalinente, sicurezza cli beatitc~dine,stato
paradisiaco. E, in co-testa innaturalezza, ben naturale che l id ea
di beatitudine abbiauna delle scie manifestazioni pi intense e p i
~spiccate nell amoredel l uoi~lo della donna, nella dualit e unit
sessuale, foildamei~talenella vita fisiologica, perch generatrice
propag-atrice di vita. ache, nondimeno, tale amore non sia se non
un caso particolare eche quella idea non si leghi di necessit alla
relazione dei due sessi,
gi comprovato dal fatto clie nel primo suo iilsigne
teorizzaineilto,nella filosofia platonica del oniiito (per non
parlare di taluni menosignificanti riflessi clie di ci si ebbero
nel Rinasciinento, in Mi-chelailgelo per es. , o nel Varclii), si
configur coine rapporto uni-sessuale e come amore senza cupidit
dell uomo per l uo il~o ,per i lbello efebo, che la ragione per la
quale alla forma clie prese neitempi i~ loderni stato spesso
contestato il diritto di valersi d i quel-i aggettivo, platonico In
verit, si amano non solo dagli uoniiilile donne e dalle donne g li
uomini o dagli uoiilini gli uonlini, ma stanti altri esseri e cose
; e per ciascuno di essi si costruisce o si pubcostruire una teoria
d i ainor platonico, onde il seiltitnento tenta disciogliersi dal
servaggio del patire e dell operare, e cerca di conse-guire un
inodo di essere non conturbato e non conturbabile, perchsottratto
ai motivi dei turbamenti. Anche nell unione inistica e reli-giosa
si osserva questo conato di ottenere una piena
beatitudine,annegando nella coiltemplazione, che poi non
contemplazione, glidfetti, che poi non si riesce mai acl annegare,
giaccl-i la creaturavivente solo in qiianto tutta affetto.
Tentativo, conato, lo abbiamo cl-iiamato, e non gi
attuazione,perch nel conato o tentativo, pensato nella sua real t,
non s i trovapoi altro che lo sforzo continuo di ogni nostro atto a
raggiungere ilproprio fine e riposare e godere in questo
raggiungiiiiento, e insiemecon ci l impossibilit di arrestarsi in
questo riposo e godimento, eil pungolo e la necessith di compiere
nuovi atti con nuovi affanni e
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36 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOdolori. La
felicit si tocca solo per ripassare da essa all'infelicit,
epercorrere in perpetuo questa via: n l'uomo vuole veramente
altro,perch, se altrimenti volesse, vorrebbe la morte e non la
vita. Eperci, se quel conato reso attuale e posto come un fatto,
taleescogitazione non appartiene alla realt vivente, ma
all'astrazione delmomento della felicit dal congiunto momento
dell'infelicit, dell 'amorecoine gioia dall'amore come spasimo di
cupiditas e di quella. astra-zione si compone la teoria dell'ainor
platonico, che una teoria enon una realt, una teoria
contradittoria, di cui sola realt la con-tradittoriet. Platone, e
in generale la filosofia greca, non si liberda questa idea di una
condizione di beatitudine da conseguire, nassurse inai al diverso
concetto, o, se cosi piace dire, alla sublimerassegnazione del
sempre desiderare, volere, soffrire e andare pi iiialto, che il
poeta moderno tent di effigiare nel carattere di Faust.In verit,
nessun uomo stato o sar mai beato (salvo che nel sensoschernitore
di uno stato d'istupidimento e d'imbecillit), e nessunoha mai
platonicamente amato. Si richiamino alla memoria tutti icanti
d'amore nei quali l'amore l-ia avuto la sua espressione cli ve-rit,
e non vi si trover mai altro che desiderio, affanno,
brama,godimento, speranza, malinconia, tristezza, e, nell'infinita
variet delsentire, altres il sospiro e l'invocazione della felicit
e della beati-tudine, nla come un momento labile e presto sommerso
o immersonella pienezza del sentimento.
Che l'atnore platonico sia una mera teoria e contradittoria,
allaquale non corrisponde, perch al coiltradittorio non pu
corrispon-dere, alcuna realt, confermato dall'osservare
I'atteggiainento pra-tico che consegue alla teoria, e che un volere
illudere e ingannares Y medesimi: ~oloilt 'illusione che pu
determinare certi esterioricomportamenti, ma non mai veramente
ingannare la coscienza, cheingannare non si lascia, e protesta e
mornlora contro l'altro s me-desiiiio clie s' infinge e mente.
Anche quando l'esteriore comporta-mento inganna altrui o diretto a
iilgannai-10, l cosi ingannatosempre tale che inganna s stesso,
asserendo possibile l'impossibile,e appagaildosi del suono di
questa asserzione o lasciaildosene incan-tare. I,a satira si sempre
esercitata sull'amor platonico nella stessae19 l l Rinascimento
fino gil giU al motto del Giusti s d giovaneromailticizzante, che
almaliacca sul serio un pudico adulterio Tal-volta, in effetto, si
scivolava addirittura nell'ipocrisia, giocando conle formole
filosofiche per coprire lascivia e mal costume. Della qualcosa
persisteva sempre il pericolo, ed essa fu sospettata perfino
nellaVenere celeste dell'amore platonico o socratico, nonostante la
netta
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XIV. TRATTATI D AMORE DEL CINQUECENTO 37esclusione della Venere
panclemia e la severa condanna che Socratepronunzi del vizio
immondo 1). Oltre la realt delle sue vuote eclequivoche
combinazioni di parole, l amor platonico di anche ori-gine a sforzi
sociali d i metterlo in pratica, conle nell
atteggiamentospiritilale delle prciezlses che il Molire satireggi e
di cui il Saint-vremond diceva :. Elles ont tir une gassion toute
sensible dii cceur l esprit et converti des mouvements en ides o
nella costumanzaclella servit d amore la cui estrema forma fu
veduta, tra cu-riosit e meraviglia e scandalo e risa dei
riguardanti non italiani, inItalia, nel famigerato cicisbeismo .
Tornava difficile persuaderequegli stranieri, nel gi molto diverso
mondo europeo settecentesco,che il cicisbeismo non era una
riconosciuta pratica dell adulterio,ma la sembianza decrepita dell
amor platonico, che trovava ancoracelebranti e devoti 2 ) .Quando,
dopo essersi reso ben cl-iiaro il concetto contradittoriodell amor
platonico nel suo contenuto e nella sua genesi e nella suairreale
realt, si passa a considerare i molti voluini composti nel
Ri-nascimento, che espongono e ragionano la relativa teoria, non ci
sar .pi luogo a irriderli e a ironizzai-li, perch la domanda che
sorgenon volge pii1 sulla saldezza filosofica che quella dotti-ina
serbi pernoi, ma sull ufficio che essa compi nello svolgimento del
pensierodella vita morale. Questo ufficio non dov esser nrillo o
trascurabile,se tanto fervore suscit negIi animi e tanto
interessamento mentale,quanto attestato dalla copia stessa delle
trattazioni dell argomento,e dalla diffusione largl~issin~ahe ebbe
l idea dell amore platonico,le cui impronte si scorgono un po
dappertiitto e che dett tanti so-netti e canzoni e poemi.C era,
nella contradittoriet di quel concetto, un elemento posi-tivo, che
rappresentava un progresso, non solo sull ascetismo me-dievale e
sul suo misoginismo, ma anche sulla correlativa reazionesensuale e,
per cos chiamarla, boccaccesca, che aveva rivendicatogl
incoercibili bisogni della natura e i diritti dell amore terreno.I,
elemento positivo era nell implicita affermazione che l amore
ter-reno e la vita morale non sono inconciliabili, che la
conciliazionenon sia da cercare nella soppressione dell uno dei
due, ma neil ele-
I) In difesa di Socrate scrisse nel secolo decimottavo un dotto
tedesco,I. M . GESSNER, l Socrates saizctzis pederasta
(G6ttiilget1, 1752), ristampato dalUonneau (Paris, Liseux, I
877).(2) Si vedano, a proposito della monografia del Valinaggi sui
Cicisbei, al-cune mie considerazioni i n Conversac;ioni critiche,
serie IV, 345 47.
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38 SCRITTORI DEL PIENO E DEI, TARDO RINASCIMENTOvamento
spirituale. Di questa esigenza si e ra avuto un precorrimentonell
ideale d amore della lirica trobadorica e nella scuola dello
stilnuovo; rna nei trovatori il problema morale non otteneva
rilievo ntrattazione razionale, e negli stilnovlsti la donna,
oggetto di amore, la-sciava trasparire una creatura angelica, alla
quale alfin cedeva il posto.
Certo, la via intrapresa dalla dottrina dell amor platonico
prestos intricava e avvolgeva entro s stessa senza venire a
soddisfarel esigenza iniziale con la risoluzione del problema,
ptrch, inveced indagare il processo della sensibilit e della
coscienza etica, del-l azione vitale e dell azione morale, e di
seguirne il contrasto e ditrovarne la mediazione, si perdeva nella
mitologia di un unione im-mediata. di un culto che fosse tutt
insieme edonistico senza sensua-lit, cz i~ id it as ine
czlpiditate, amore senza amore. Ben altrimentidrammatica, o, per
dir meglio, dialettica, la relazione tra amoree moralit, che
richiede l amore e i1 superamento dell amore, l at-taccamento e il
distacco, l ardore della passione e la forza della ri-nuncia e che,
attraverso questa vicenda incessante, attua I amplia-mento, e
insieme l innalzamento, dell animo umano, Santi, eroi,
poeti,pensatori hanno molto operato, creato cose di eterna
bellezza, ritro-vato supreme verith, perch hanno molto amato e
molto sognato emolto sofferto per amore.
Ci spiega anche perch la teoria dell arnore platonico fosse
ilnaturale complemento della concezioiie filosofica del
Rinascimento,del suo platonismo e neoplatonismo, e perch questa
concezione, asua volta, le porgesse il necessario fondamento 1 ) .
L ainor purodella bellezza corporeo-spirituale oltrepassava la
creatura, che ne era,piuttosto che l oggetto, il medio corporeo e
spirituale, il medio con-ducente, e guidava l anima alla somma
bont, bellezza e sapienza,alla divinit; cio, inovendo da un punto
particolare, compieva lastessa ascesa onde quella filosofia menava
dalla terra al cielo e chiu-deva il circolo dell essere che circolo
d amore. Mitologica l unaconcezione, si fondeva con l altra
similmente mitologica ma I unae l alt ra valevano aiizitutto per ci
che espressamente negavano, ildualis~noneclievale, e l una e l
altra avvicinavano la terra al cielodonde il dubbio che affior
talora negli spiriti cristiani sulla sua or-todossia 2). E l un a
come l altra non poterono mantenersi in questa
r ) Si veda nel cap. X del CASSIRER ~ z d i v i d z ~ o cosmo
nella filoso adel Rinascinzertto (trad. ital., Firenze, 1935 ~ pec.
pp. zog 16
2) I Benivieni, nell avvertenza premessa alla ricordata sua
canzone e a1comtnento del Pico, diceva: c Ma poich riel ritrattare
di poi essa Canzone e
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forma nel pensiero moderno, nel quale prima a perire fu la
dottrinadell amor platonico, e pi a lungo persistette l altra dell
ascesa a Dioe del riposo in Dio, perch, sebbene pi o meno corrosa
dal nuovoelemento critico e dialettico, ebbe parte pi o meno larga
nei grandisistemi dallo Spinoza allo Schelling, allo Hegel ed ai
loro epigoni.
Tale quale l abbiamo definito il significato della dottrina
del-l amore platonico e della Bellezza, da ricongiungersi al moto
antiasce--tic0 umanistico e intendersi in funzione di questo come
la ricercad i un etica nuova e pii alta e pi fine; epper non senza
ragione
stato detto che la ricerca dell amor puro ingentilisce gli
animi,ossia ha tra i suoi motivi, e in mezzo ai suoi stessi errori
, sentimentigentili. In altro riguardo, credo che convenga
anzitutto insistere adissociarla, come ho fatto, e a nettamente
distinguerla, dalle dottrinepropriamente estetiche, nella cui
storia stata mescolata, confon-dendo, come si di sopra notato, per
effetto di un vero e proprioequivoco verbale, la bellezza dell
arte, che la vera bellezza, conla bellezza che cos si dice per
metafora, e che invece la voluttdel l immagine amorosa. Si
pretendeva di ricercare e definire la bel-lezza che tale fosse
universalmente e che sia forza che piacciaa ognuno per adoprare le
parole del Firenzuola 1): la quale teoriafaceva il paio con l altra
dell amore puro, e , come in questo nonera dato superare la
cuyiditas cos in essa di attingere una bellezzapura fuori dei
compiacimenti personali, sicch il concetto di bellezzasi aggirava
in una tautologia, o scendeva ad arbitrarie determina-zioni dei
caratteri materiali delle cose belle (per es. della bellezzadel
corpo utnano e pii1 particolarmente di quello della donna, e
dellesingole parti del corpo a ciascuna delle quali si poneva un
partico-lare paradigma di bellezza). E nondimeno non da negare che
uiiindiretto e remoto legame con la fantasia e la contemplazione
este-tica sia in quell atteggiatnento, e pertanto nella correlativa
dottrina,in quanto, per l appunto, lo sforzo di contemplare una
bellezza am-
Comento, essetido gi maiicato quello spirito e fervore che aveva
condotto mea comporla e lui a interpetrarla, nacque negli animi
ilostri qualche ombra di du-bitazione, se era conveniente ad un
professore della legge di Cristo, voletldo eglitrattare di amore,
massime celeste e diviilo, trattarne come platoiiico e noil
comecristiano, pensaildo che fosse bene sospendere la
pubblicazioile di tale opera, al-meno fino a tanto che noi1
vedessiino se essa per qualche riformazioile potessed i platonica
diveilire cristiana
I ) Si veda L a belle ca de lle donlze. Su questa sorte di
trattazioni il lavoropiii recente che io conosca di W E R N E R M U
L ER T T Literarische FI-azlen-bi ldervor zlnd itz der
italierzisclzetz Renaissance (Hamburg, Gildenverlag, 1941 .
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240 SCRITTORI DEL PIENO E DEJ. TARDO RINASCIMENTOmirevole che
non sia oggetto di pratica spinta al possesso n di de-siderio,
posto che riesca davvero, o nei fuggevoli momenti in cuiriesce, si
risolve in una creazione e in uii estasi estetica, nel supe-ramento
che si compie nella nascita di una poesia.
Si vorr, dunque, continuare a tratta re con disdegno o con
coni-passione o beffardamente i trattati d amore del cinquecento,
le paginedel Bembo e del Castigl ione, del Betussi e di Tullia
d1Aragoi1a, ealtre della stessa qualit? 1). Sono di filosofia
divulgativa, senza dub-.bio, ma pur di fil.osofia, rivoli del
maggior fiume filosofico del Rinasc imento; e, quantunque non s
iano pagine di poesia perch i teo-rizzamenti non sono poesia, hanno
pregi letterarii, il che pur qual-cosa. Forse, liberate le menti
dallo stimolo polemico intorno all ir-reale amor platonico,
defiilitu la natura e l ufficio storico di questaescogitazione, sar
dato leggerli per il loro verso, cercandovi ci bsolo, poco che sia,
che vi si deve e vi si pu trovare.
xv.
L impresa f ~ i ipetute volte definita dai molti che
trattaronodi questa materia nel cinquecento, dal Giovio, dal
Ruscelli, dal Con-tile, dall ilmmirato, dal Capaccio, dal Tasso, da
Filippo Sassetti;ma, in verit, in tutte quelle scolastiche
definizioni si desidera pro-prio la definizione che assegni il
genere prossimo e la differenza spe-cifica. una significazione
della mente nostra sotto un nodo diparole e di cose ; una
figurazione simbolica che i grandi signorie i cavalieri portano
nelle sopravvesti, nelle bande e nelle bandiereper significare
parte dei loro generosi pensieri un compo-
( I ) Li spregiava, ma forse non aveva posto in essi attenzione,
il Gioberti, ilquale nell avvertenza premessa al trattato el zlono
(ed. di Firenze, Le Monnier,1857 p. 29) scriveva: Erran o a partito
coloro che pigliano questi socratici ra-gionamenti di amore (dai
dialoghi platonici) come scherzi rettorici, destituiti d ivalore
scientifico e consentono ai conlenti che ne facevano i nostri
eleganti, m afrivoli, prosatori e poeti del cinquecento; i qual i
cornenti sono di tanto nerbo,qua nto le frasche dei Pitagoristi
sulla sapienza e simbolica numerale dei primie sinceri Pitagorici.
L amore platonico la molla della vita pratica, come la ra-gione
della speculativa: per opera di esso l anima dell individuo esce
dalla sferadella pretta speculazione, entra negli ordini operativi,
partecipa alla vita univer-sale della Psiche cosmica, si congiunge
il Logo, e si re nde capace di coope rarecon esso all abbellimento
successivo delle cose create
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XV. IMPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 24nimento di .figura e di
motto rappresentante virtuoso e magnanimodisegno >I tin
esposizione di < concetti sotto simboli di cose na-turali una
unione di figure e di note onde si significano inostri concetti
intorno a le cose fatte o che abbiamo da fare 1 ) .11 Sassetti, che
da fervido studente di filosofia in Pisa e scolaro diLazzaro
Bonainico si accinse all opera armato di ferrei strumenti lo-gici,
procedendo, colile dice, nel suo discorso per le spezie
allacognizione del genere e quindi alla divisione di esso per le
sue dif-ferenze non seppe addurre coine genere se non la
significazione(lei concetti 2).
Definizione inesatta e impropria, che per altro non difficile
so-stituire con quella propria, che di una concisa forma retorica
ossiaoratoria, diretta a richiamare e a fermzre l attenzione e a
imprimerenella memoria un sentimento o un proposito o anche una
sentenza.in questa definizione trovano il loro fondatilento i
requisiti posti daitrattatisti come il Giovio, che li enumera in
cinque: giusta propor-zione di anima e di corpo, cio del motto e
della figura che nonsia oscura di sorta da aver mestiere della
Sibilla per interprete, iltanto chiara da essere intesa da ogni
plebeo che la sua figura sipresenti attraente e allegra alla vista
con stelle, soli, lune, fuoco,acqua, alberi verdeggianti ,
istrumenti meccanici, animali bizzarri euccelli fantastici, ed
escluda le figure uinaiie; e che l altro suo coni-ponente, il ~nott
o, ia coinunemente di una lingua diversa dall idiomadi colui che fa
l impresa, perch l sentimento sia alquanto pii1 co-perto e sia
breve, ma non tanto che si faccia dubbioso 3). Simil-mente il
Sassetti la diceva una ineravigliosa e celata significazionedel
concetto umailo, fatta per la qualit o azione consignificata diuna
immagine di cosa divina, naturale o fatta per arte, la qualeazione
o qualit sia similitudine dello espresso concetto, e con pa-role
scritte in poco numero significanti questa similitudine in
qua-lunque modo (4). Anche l Ammirato ammoniva a non farla
oscura
I ) Queste definizioni sono recate dal SALZA,a letterntzli-n
delle itizprese e l a forf t l iza d i esse nel Cinquecento, in
appendice alla sua monografias u Lrica Contile (Firenze, 1go3), pp.
229, 238
(2) Si vedano le sue lettere del 573 al Giacomini, a proposito
del discorsoche preparava sull argoinento, in Le t t e re ed i i e
e inedite (ed. Marcucci, Firenze,r8551, PP. 42-49.( 3 ) PAOLO
GIOVIO Ragionanzelzto sopra i mo tt i per disegn i d arm e td amo
re che comunemente clziamano Imprese con un discorso d i Girolnm
oKzrscelli intorno. all o stesso sog getto (in Venetia, appresso
Giordano Ziletti alsegno della Stella, 1560): v. p. 6.
(4) Op. cit., pp. 42 5.
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42 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOi n modo da
convertirla da impresa in enigma 1). Si trattava, insomma,d i
avvivare 1 immaginazione e di sorprendere 1 intendimento con
unainvenzione ingegnosa che velasse e svelasse insieme, si
sottraesse esi lasciasse prendere, giocando a nascondino; donde la
affinit che
stata notata dei procedimenti dell impresa con quelli del
concet-tisino e del barocchismo 2). Quanto poi l ravvicinamento da
alcuniproposto dell impresa alla poesia 3), chiaro che essa cosa di
altranatura da questa, sebbene debba ammettersi come ben naturale
clietalvolta vaghezza pittorica e poetica possano spirare nell
apparenzadi una figurazione di emblema o di un motto che l
accompagna.
Che Ie imprese e le loro variet e le forme a loro affini,
dettepi specificamente emblemi, divise, insegne, medaglie e simili
4,siano cose di ogni et e ancor oggi in uso, s intende da s. Ma
bensi pu domandare per qual inodo avessero tanto favore e cosi
Iargadifftisione quale parvero a un tratto acquistare in Italia sin
dai primidel Cinquecento. Senonch a questa domanda si trova la
risposta nelGiovio, che era storico sincrono assai buon osservatore
e bene in-formato, i1 quale ci attesta che a questi nostri tempi,
dopo la ve-nuta del re Carlo ottavo e di Lodovico XII in Italia,
ognuno cheseguitava la milizia, imitando i capitani francesi, cerc
di adornarsid i belle e pompose imprese, delle quali rilucevano i
cavalieri apparte-nenti a compagnie con diverse livree, perciocch
ricamavano d ar-gento, di martello dorato, i saioni e le
sopravvesti, e nel petto enella schiena stavano l imprese de
capitani, in modo che le mostredelle genti d arme facevano
pomposissimo e ricchissimo spettacoloe nelle battaglie si conosceva
l ardir e il portamento delle compa-gnie 5 ) . N solo oper l
esempio dei francesi, ma quello degli spa-gnuoli, che non meno
sfoggiavano in quelle dimostrazioni, come puvedersi, t ra l altro,
con particolare riferimento alla societ italo-spa-gnuola che s
accoglieva in Napoli, nel libro della Cuestion e amor-
i ) In SALZA,p. cit., p. 229.2)M. P R A Z Stzid i szil
concettismo (Milaiio, La Cultura, 19?4 , p. v111 e
y assinz.3) Riferimenti del PRAZ,op. cit., p. 39. I1 BARGAGLI
,Delle imprese (Ve-
nezia, 1591), pp. 38-9, poneva l affinit con la poesia in ci,
che l anima e laforma essenziale delle imprese la comparazione, o
similituditie , che tantodel poeta familiare, e di lui, se non pii1
propria, si ben da lui pi volentieri espesso usata che da qualunque
altro scrittore D
(4) Pi particolarmente di ogni altro, le viene distinguendo e
differenziandoi Ruscelli, nel cit. discorso, che tieti dietro al
agionamento del Giovio.5) Op. cit., p. 5
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XV. IMPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 4 3che del 1513 nel quale
tanta parte dat a alle descrizioni parti-colareggiate de 10s
diversos e ricos atavios con letras e invencio-nes di cui s i
abbigliavano e adornavano quei cavalieri 1 ) . Era 1111rifiorire in
Italia, e in ambiente d i cultura e d i umanismo, del
costumeiiledievale, che gll Ita lian i per altro presero ad
affinare con singolareingegnosit: un esercizio (come dice il
Giovio) solamente da gr ansignori e da begli ingegni di raro e
perfetto giudici0 >> 2). I1 qualeGiovio, nel mentovato su o
libretto che il pi piacevole e graziosoche si abbia sull argomento,
descrive e illustra, recandone le occasionie i significati, u na
ser ie delle pi belle imprese dell et sua, tra lequali no n lascia
di far la critica di quelle variamente difettive, ndi far ricordo
di talune che venivano fuori, in quel fervore dellamoda, strane o
ridicole.
Per dare esempio di quelle difettive, tale era al dir del
Gio-vio l bel suggetto senza motto che po rt il contestabile d
iBorbone, il quale pinse nella sopravesta della sua compagnia
uncervo con l ali
Ed io lo vidi nella giornata d i Ghiaradadda: volendo dire che,
nonbastando il correr siio velocissimo, sarebbe volato in ogni
difficile e gravepericolo senza freno; la quale ililpresa per la
bellezza del vago animaleriusc, ancorch pomposa, come cieca, non
avendo motto alcuilo che glidesse lume. Il che diede materia di
varia interpretazione, come acutissi-mamente interpret uii
gentiluomo francese, chiamato La Motta Angru-gno, che and in Roma
appresso il papa quando venne l acerba nuovadel Cristianissimo
sotto Pavia, e, ragionandosi della perfidia di Borbone,disse a papa
Clemente: Borbone, ancora che paia essere stato tradi-tore del suo
re e della patria, merita qualche scusa per aver detto moltoavanti
quel ch ei pensava di fare, perch portava nella sopraveste il
cervocon l ali, volendo chiaramente dire che aveva animo di fuggire
in Borgo-gna, al che fare non gli basterebbero le gambe se non
avesse avuto ancol ali; perci gli fu aggiunto il motto: ursum
intendinzzls nlis
( I ) CROCE, a Spngn a nella vita italiana dtrrante la
rinascen?a (terzaed., Bari, 19411, pp. r3j-49.
(2) Op. cit. Irene di Spilimbergo (v. la sua vita in Rime di
diversi nobi-liss. t eccell. signori n nzoiqte della s. Irene d i
Spilitnbergo Venezia, 1581 si dilettava molto di fare imprese
tiegli abiti che ella portava e nei lavori e inaltre cose che
spesso donava. Per le quali con ingegnosa invenzione ad
alcunoscopriva, ad alcuno nascondeva Ie sue intenzioni i suoi
pensieri, e sotto formadi animali o sotto la vaghezza di un fiore o
sotto la veste di vivaci colori o al-tra cosa trovata da lei,
aiutando quello che non poteano esprimere le cose soleco n poche e
brevi parolette, le quali o trovava da si: voleva che fossero
com-poste dai priini letterati della citt
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244 SCRITTORI DEL PIENO E EL T RDO RIN SCIMENTOAltres priva di
motto era una bellissima impre sa che f u portata dallasignora
Ippolita Fioramondo, marchesana di Scaldasole in Pavia, la quale
all et nostra avanz di gran lunga ogni altra donna d ibellezza,
leggiadria e creanza amorosa .
Ella spesso portava una gran veste di raso di color celeste,
seminataa farfalle, di ricamo d oro, ma senza motto, volendo dire
ed avvertire gliamanti che non si appressassero molto al suo fuoco,
acci che talora nonintervenisse loro quel che sempre interviene
alla farfalla, la quale per ap-pressarsi alla ardente fiamnia da s
stessa si abbrucia. Ed essendo dirnan-data da monsignore di Lesui,
bellissimo e valorosissimo cavaliero, il qualeera allora scolare,
che gli esponesse questo significato: - Mi convienediss ella - usar
la medesima cortesia con quei gentiluomini che tni ven-gono a
vedere, che solete usar voi con coloro che cavalcano in
vostracompagnia, percl-i solete mettere un sonaglio alla coda del
vostro cor-siero, che per morbidezza e fierezza trae di calci, come
avvertimento chenon si accostino per pericolo delle gambe. - Ma per
questo non si retirmonsignor di Lesui, perch molt anni persevero
nell amore suo, ed al fine,essendo ferito a morte nella giornata di
Pavia e riportato in casa dellasignora Marchesana, pass di questa
vita non poco consolato, perchlasci lo spirito estremo suo nelle
braccia della sua cara, come diceva,signora e padrona.
Tra le ridicole, ancorcli talvolta non difettive perch formate
edi figure e di motti, egli ricord a quella di un fiero soldato o
sche ranoo spadaccino che fosse, Bastiano del Mancino, che portava
sulla ber-retta una piccola suola di scarpa con n lettera T e una
grossa perlao margherita sulla punta d elia sliola, per significare
Margheri tat e sola d i cor amo; e di un aItro che, innamorato di
una madonnaBianca Paltriniera, portava una piccola candela di cera
bianca ne lsuo berrettino di scarlato, che sillabava: can de la
Bianca; e di uncavaliere spagnuolo di casa Porres che , innamorato
di una Anna,damigella della regina Isabella, e volendo esortarla a
non consen-tire a un altro cavaliere parimente aspirante alla mano
della bella,portava sul cimiero un anitroccolo, in ispagnuolo
anadino ail-labando Ana di o
Narra anche di qualche impresa ch e lui Giovio, richiesto,
compose
Fu x gran signore nostro padrone, innamorato di una dama, la
qualeper propria incontinenza non si contentava dei favori del
nobilissimoamante, e praticandole in casa un giovane di nazion
plebea ma per altroassai disposto della persona e non brutto di
viso, s fattamente di lui s in-vaghi ch ella, come si dice, ne
menava smanie, e per ultimo indegnamenteio riput degno deI suo
amore. Venne assai tosto la cosa alle orecchie
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XV. IAIPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 45di quel signore, forse
palesandosi per s stessa la donna per gl inconsi-derati e poco
onesti modi suoi, di che egli estremissimamente si scanda-lizz e
comandommi (ch ben comandarmi con assai sicurt poteva), ch iogli
facessi una impresa dell antescritto teiiore: he egli veramente
sitenea beato essendo nel possesso di tanto bene; ma, accortosi poi
d esserfatto compagno di persona si vile, li parve che da un sommo
bene fosseridotto in estrema miseria e dispiacere. o sopra questo
soggetto fecidipingere un carro trionfale, tirato da quattro
cavalli bianchi, e sopra viera -un imperator trionfante, con uiio
schiavo negro dietro, che sopra ilcapo gli tenea la laurea all
antica romana, essendo lor costume per am-morzar la superbia e la
vana gloria dellyimperatore di mettergli appressouno schiavo. Era
di sopra il motto, tolto da Giovenale, ci06 Servzis currirPortatur
eodenz; volendo dire: Bench io abbia il favore di questagenti1
donna, noil mi aggrada, per, essendomi comune con si ignobile
edinfimo servo. L impresa era bellissiina vista in pittura e a quel
geiiti-lissimo signore grandemente soddisfece: la feci poi scolpire
in una me-daglia d oro, e fu anco tolerata l effigie dell uonio da
chi scrupolosocompositor dell impresa, essendo in abito
straordinario.
I1 Gjovio era lodato per aver tentato il primo d i voler
ridti-,cere crive i1 Bargagli questa invero nobilissima materiae
ingegnosa dell in~ pre sesotto certi ordini e salde regole come
dipiofessioile o arte per certo ai suoi tempi nuova, si pu
quasidire, o non troppo o non quanto oggid usata, e nella maniera
che.or si vede da niuno degli antichi, se non forse da Eschilo e da
E u+ipide, mostrata e non mai prontamente esercitata > 1). Non
solo laormai si coltivava con abbondanza e facilit non mai veduta,
ma diessa si era per la prima volta scoperta la vera natura e tutte
leproprie sue degne qualit 2): onde se ne moltiplicaroilo i
trattatiin forma sia di ragionamenti sia di dialoghi.Alle imprese
di cavalieri e di guerrieri, che si dissero eroi-che >> e che
esprimevano affetti alti e gentili, fortezza d animo evirt di
amore, si aggiungevano le altre che pi propriamente sichiamarono
emblemi e che avevano contenuto pii particolar-mente didascalico e
parenetico, racchiudenti verit morali. Furono
I ) Op. cit., p. 15. I1 vanto gli fu contestato dall Ammirato
nel suo dialogoIl R o t a ovvero delle i;npi-ese, che Io attribuiva
invece al napoletano Epicuro:.si veda E. PRCOPO, . A Epictiro (in
Giorn stor d lett. it. X I I , pp. 37-47.Ma, poich,. sebbene 1
Epicuro fosse gran conoscitore di imprese, la sua precet-tistica
rimase inedita o non mai scritta, la contestazione
delIyAmrniratonoti avevabuon fondamento.
(2) BARGAGLI,OP. cit., ilella prefaz.
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46 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOesse opera
precipua degli umanisti; e questa seconda serie rappre-sentata
dagli Emblemata dell Alciato, divulgatissimi, e molte volte,per due
secoli, ristampati e riccamente commentati ( I ) . Innumeri sonoi
volumi di tal sorta che si composero nella seconda met del
cin-quecento e per gran parte del secolo seguente 2). Gradivano,
questeimprese morali e filosofiche, da una parte per i l loro
aspetto esote-rico ai pochi iniziati, e dall altra, miravano a
incuriosire e attiraregli ignoranti e i fanciulli per far loro
apprendere e ricordare veritetiche e religiose (3) due tendenze che
sono sembrate opposte inache erano fondate sull unica natura di
quel giocare ingegnoso. Igesuiti se ne valsero largamente 4, coine
del resto di molte altreforme di prodtizione barocca, non tanto per
intimit di legame chel i stringesse al barocco, quanto perch il
gesuitismo fiori proprio~lull etk del gusto barocco, e perci
prendeva il suo bene dove lotrovava tantocli, nell ottocento, si
fece volentieri purista e linguaiolo.
Pure non intendo per quale ragione sia sembrato severo o
in-giusto il giudizio che a me occorse dare (5) di cotesta
produzionesecentesca; e mi si sia voluto ammonire che anche quelle
che anoi paion oggi aberrazioni del gusto meritano spassionata
attenzionepiuttosto che l atteggiamento di chi guarda con disprezzo
e passaoltre 6). Appuilto l attenzione spassionata che si d a loro
menaa riconoscere che l itldustria mentale, che profusamente si
spendevanel configurare quelle imprese e nell osservarle con
curiosit e conammirazione, andava a scapito di pi titile lavoro,
della seria me-ditazioile e della seria esortazione (7). La riprova
di ci sta nel fattostorico che se nel seicento il culto delle
imprese cavalleresche f usoverchiato da quello dell emblematica
morale, questa a sua voltadecadde e fin coi1 l essere messa in
oblio per effetto dei razionalismo
I ) La priiila ediz. del r53r. Si vede intorno a questo libro H.
GXEEN,Alidl-ea Alciati and tlze book of e~itblerns London, 1872) ;
e D. DUIAXCHI nel-1'Arclz. sto .. Zonzb., X X , 1913; anche P.E.
VIARD,. n d r A l c i a t (Paris, 1926),PP. 315-3 *
2) I1 citato libro del PRAZ, he di un collezionista e di un
bibliofilo, ned larga inforn~azioiie.e ne ha ariclie una edizione
inglese, che contiene aggiunte ;Stzrdies n sevelzteelzth c en tu ry
im ag er-y , vol. I (Lotldon, Tl~eWarburg Insti-tute, 1939 : un
secondo volume promesso dovr dare una completa bibliografia .della
letteratura degli emblemi.
(3) PRAZ,OP. cit., p. 134.4)OP. it., P. 135 sgg(5) Nella Sto?-
ia del l 'e t barocca.6) PRAZ,OP.cit., p. 135 sgg.
(7) PRAZ, P.cit., p. 8, e di nuovo.n l suo volume inglese, p r
7.
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X V . IMPRESE TR TT TI DELLE IMPRESE 247e del libero pensiero
che scossero la pigrizia mentale coltivata da lgesuitisino e dal
tardo e degenere umanismo o accaclemismo che s ichiami 1). La nuova
classe socialmente operosa o borghese come si suo1 dirla, rese
antiquate le vesti e le divise e le impresecavalleresche di
tradizione medievale; e i nuovi divulgatori di filo-sofia e di
scienze e di riforme sociali e politiche adottarono modipi diretti
e pi spediti di comunicazione verso il pubblico da edu-care,
istruire e commuovere.
I -trattati delle imprese e degli emblemi del cinquecento
avevanocarattere pratico, indirizzati a dare precetti e
avvertimenti ed esempiiper la composizione di quelle figure e quei
motti, e, come si no-tato, anche quando procuravano di costruirne
una teoria filosofica.(il Ruscelli, tra gli altr i, prendeva il
discorso assai d a loi~tano,di-stinguendo le cose, che la nostra
mente pu capii-e, in corporee esenza corpo, visibili con gli occhi
del corpo o solo con gli occhidella mente e invisibili a quelli, e
deducendo dalle cose visibili,poste come prime, le operazioni, e
cos via), fallivano nel determi-nare il carattere proprio di quei
nessi di pittura e di scrittura.Quanto alla preistoria del genere,
che sembrava che allora venisse ridotto a perfezione come diceva il
Ruscelli, e pel quale Sci-pione Bargagli era lodato come un
Aristotele in materia di im-prese >> per averne trattato
scientificamente 2) , quei teorici ri-salivano addirittura al
principio del mondo, e nelle et rernotissimvne trovavano i
precedenti, segnatamente nei geroglifici degli Egizii,dei quali
avevano bens un idea attinta all antica tradizione ma noilpoco
fantasiosa o inesatta, e rispetto ai quali stiiziavano che, conl
aggiungere alle figure i motti, si fosse pervenuti appunto alla
mo-derna perfezione, di cui si menava vanto 3). Solo, forse pi
reali-
I ) I1 Volkmai~i~iiell op. che citiatno pi oltre) par che invece
consideri(p. 117 abbandono dell emblematica come effetto di una
decadenza della vivacesensibilit visiva, die alles i n Bildern
sieht und schopferiscli zu Bilderii gestaltet,wie dies die Icunst
dei- Renaissance und die Gelehrsamkeit des Humanismus ohne-Weiteres
auch bei de i Aufizahme und Ausdeutuilg aiitiker Eleineiite tat s
Male imprese e gli embletni non eratio priii~ariaiizenteed
essenzialmetite manifesta-zione di fantasia pittorica, si invece
uii ntodz~s ignificandi, che, abusato a mezzopedagogico e
divulgativo, fin col diventare un vuoto trastullo, clie in
ultimovenne a fastidio e a noia.
2) PRAZ, P. cit., p. 37.(3) Cos il Ruscelli ed altri. Per la
relazione coi geroglifici, v LUDWIG.
VOLKMANNilder-Scl~riften de r Renaissance, Hie~~oglyylzilcin
Enzblenzatikn ihrer Be~ielzzingenztnd Fortzvil-ktrngen (Leipzig,
Hierseinann, 1923 : che si
I-annoda a KARLGIEHLOW,Die Hieroglyplzenkunde des Hnm anism us
in del Al
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248 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOsticamente, il
Sannazaro ne poneva l'origine, non nell'anticl-iit manel medioevo,
e in una pratica necessit 1 ) .
Ma ecco, al termine della et barocca, Giainbattista Vico,
cheusciva dal pieno di quella letteratura e di essa era
espertissimo, in-vestire e superare le imprese con la genialit
della sua mente filo-sofica e penetrare di l dalla forma i~ioderna
scoprire nel fondo->,per la ignoranza della scrittura, e
nondimeno, nei casi come quellidella guerra, per la necessit a
spiegarsi e si esplicavano peratti o segni corporei senza scritture
e parole, e si, mutole, par-lavano : parlavano di per s, e i loro
significati erano naturali,laddove le moderne bisognava animarle
con motti perch avevano.significaziorii analoghe . Conformi alle
primitive erano ancora leinsegne militari o le bandiere, che sono
una certa lingua armata
-1egorie er Renaissance (Wien-Leip~ig,1915 . Ma che gli artisti
usassero figu-razioni e simboli che risalivano agli egizii, e che i
trattatisti ponessero gli emblemiin relazione coi geroglifici coine
uno scrivere per figure, non dimostra clie questisi legassero in
alcun modo a quella anticl~issima tradizione, perch, come s i
detto, l'essenziale era l'unione della figura col motto, e percl~
contemporaneierano consapevoli della loro vera e recente origine
storica. I1 lavoro del Volkmannmi sembra ben p i ~ tile per
conoscere quel che nel cinque e seicento si sapevao si fantasticava
dei geroglifici che non per la teoria e storia delle imprese e
de-.gli emblemi.
I ) In una sua poco nota ma importante lettera, indirizzata a
Camillo Ca-racciolo, sulle armi e insegne delle famiglie, nella
quale, distinguendole dalle di-vise e imprese iisate modernamente e
restringendole agli stemmi delle famiglie,.stimava (concordando in
ci con le opinioni di persone grandi da lui rac-colte) che fossero
di invenzione francese, come i francesi ne erano i maestri, antoche
in Napoli, nel quattrocento, il re Federico dlAragona e altri
possedevano librifrancesi dell'arte del blasonare - e come francese
era la successione feudale delprimogenito. L'origine di esse,
cio& la scaturigine prima, si soleva dagli iiomiilidi dottrina
e di ingegno > riportare alla grande adunata della prima
crociata, al.tempo di papa Urbano 11, col precipuo concorso dei
norinanni, per necessitdi quel19immenso et honorato esercito, per
potersi discernere l'uno soldato dal'altro : onde, essendo stata
l'insegna o arma usata in una milizia cos glo-riosa come quella,
per questo meritamente ciascuno la ritenne poi, non
solamente-durante la sua vita, ina i figliuoli e discendenti
appresso le pigliarono e conser-varono per dignit ed onore n Questa
lettera fu pubblicata dal Minieri Riccio.nel Giornale napoletano
della dovne~zica . I, n. 3, I j gennaio 1882.
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XV IMPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 24delle citt con le quali a
guisa di favella fansi intendere le nazionine maggior loro affari
del Diritto naturale delle genti, che sono leguerre, le alleanze e
i commerci >. Altro che le immaginarie origini-attribuite alle
imprese nobili o blasoni, colne ilscite dalla Germaniacol costume
dei tornei per meritare l amore delle nobili donzelle colvalore
dell armi 1) romanzerie affatto estranee ai tempi barbarinei quali
nacquero, ed a popoli feroci e crudi e teorie che non spiegano
tutte le apparenze e per ispiegarne alcune, bisognasforzare la
ragione 2). Pure, si direbbe che ai trattatisti cinquecentistie
secentisti delle iniprese, a tutti coloro che hanno delle
impreseingegnose ragionato, ignari affatto delle cose di questa
Scienzanuova la forza del vero avesse fatto loro cadere dalla penna
chele chiamarono e r o i cl1e ovvero che cos le chiamassero
indovi-nando 3) . Da eroi erano in effetto, ma non da quelli dei
romanzi,s invece da eroi > > nel senso vichiano, cio ignari
di lettere e barbari.Coli ci il Vico non solo gettava uno di quei
suoi raggi potentiche rischiaravano filosofia e storia insieme, ma
segnava la differenzaprofonda tra le imprese che ubbidivano a
urgenti necessit pra-.tiche, e quelle sfoggianti, galariti e
ingegnose, tra la seriet delleprime e la conilaturata frivolezza
delle altre.
i ) I1 RARGAGLI, OP. cit., p. 7, sosteneva l origine delle
imprese dalla Bre-tag na di Art e della Tavola rotonda, e per mezzo
degli oggetti che le donne do-mavano ai cavalieri e che essi
ponevano sopra gli elmi come stiinoli d onore neileloro imprese di
guerra, donde il costutiie di portare quei colori e figure nei
tor-neamenti e nelle giostre.(2) Si veda Scie12;a tztlova prima, 1
111, cap. 27-31, e Scienja nuozla se
conda I 11, sez. 11, cap. IV e VII. Cfr. in proposito CROCE,La
Jilosofa diG . B. Vico 3, pp. 51 2.Anche il rapporto che il Vico
pone tra queste scrittureanalfabeticlie e i geroglifici giusto,
riferendosi egli alla sola forma primitiva deigeroglifici colne
scritture per figure, e ignorando quella, di poi scoperta, i11
cuiessi erano diventati prevalenteinente fonici, s?gtii di lettere
o di gruppi di lettere.3) Scien;a nzlova prima, 111, C. 27; e
Scielqa nuova seconda, 1. C
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