Top Banner
Università degli Studi di Genova Scuola di Scienze Umanistiche Laurea triennale in filosofia Creatività e immaginazione Laureanda: Caterina Piserà Relatore: Prof. Luisa Montecucco Correlatore: Prof. Carlo Penco Anno accademico 2012/2013
63

Creatività ed immaginazione

Mar 02, 2023

Download

Documents

Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: Creatività ed immaginazione

Università degli Studi di Genova

Scuola di Scienze Umanistiche

Laurea triennale in filosofia

Creatività e immaginazione

Laureanda: Caterina Piserà

Relatore: Prof. Luisa Montecucco

Correlatore: Prof. Carlo Penco

Anno accademico 2012/2013

Page 2: Creatività ed immaginazione

2

Indice

Introduzione

Parte I: Creatività 1. Introduzione

1.1 Definizioni base

1.2 La visione “standard” dell'associazionismo

2. Il punto di vista di Margaret Boden

2.1 La creatività psicologica e la creatività storica

2.2 La teoria della creatività e lo spazio concettuale

2.3 Dal metaforico al sistematico: la psicologia computazionale.

3. Il punto di vista di David Novitz

3.1 Umani, Computer e spazi concettuali

3.2 La creatività della “ricombinazione”

3.3 Aggiornamento e critiche a Novitz

Parte II: Immaginazione

1. Introduzione

1.1 Immaginazione: definizioni di base

1.2 Creatività ed immaginazione: definizioni di Berys Gaut

2. La visione di Gaut

2.1 Il modello visualizzazione e il modello ricerca

2.2 l'immaginazione come veicolo della creatività attiva

2.3 Creatività e metafora

3. La teoria di Michael Beaney

3.1 il modello connessione

Conclusioni generali

Bibliografia

Ringraziamenti

Page 3: Creatività ed immaginazione

3

Introduzione

Il primo scopo di questa tesi è quello di approfondire e analizzare le

tematiche della creatività e dell'immaginazione all'interno del contesto della

filosofia della mente, presentando diverse teorie che hanno provato a

spiegare l'atto creativo e prima di tutto cercando di far chiarezza concettuale

intorno a questi due termini, impresa già di per se non semplice.

Il secondo obiettivo è quello di analizzare la relazione che, almeno in

una concezione comune (se non altro determinata da un diffuso e

confusionario affiancamento terminologico), si presuppone esista tra

immaginazione e creatività.

Ma creatività e immaginazione hanno necessariamente un legame? Perchè?

E se questo legame esiste, di che tipo è?

Questo lavoro si articola in due parti: nella prima saranno presentate,

dopo un breve excursus dedicato all'associazionismo empirista due delle

principali teorie contemporanee sulla creatività, quelle di Margaret Boden,

la quale si serve del riferimento alla psicologia computazionale, e quella di

David Novitz che, dopo aver avanzato le sue critiche alla Boden, presenta la

sua teoria.

Nella seconda parte invece affronterò il tema dell'immaginazione e

della sua relazione con la creatività. Verrà qua principalmente preso in

considerazione Berys Gaut, con necessari riferimenti a Kant, il quale ci ha

consegnato una delle più raffinate e ampie spiegazioni della creatività in

ambito filosofico a partire dalla sua distinzione tra immaginazione

produttiva e riproduttiva.

Una prima difficoltà metodologica nell'accostarmi a tali argomenti è

stata quella di riuscire a districarmi nella notevole quantità di materiale

esistente e poi quella di scegliere che cosa potesse essere rilevante per il

contesto all'interno del quale la mia tesi voleva muoversi ovvero quello della

filosofia della mente. La scelta del contesto filosofico è stata dettata dal mio

interesse nei confronti dell'approccio multidisciplinare con il quale la

Page 4: Creatività ed immaginazione

4

filosofia della mente indaga le tematiche che rientrano nel suo campo di

studi.

Per quanto riguarda più specificamente l'argomento, tra alcuni dei

problemi filosofici che vengono sollevati, uno dei principali è che

l'immaginazione e la creatività, nonostante non siano temi assenti nella

storia della filosofia (l'immaginazione è stata trattata in quasi tutta la storia

della filosofia a partire da Aristotele) continuano ad avere uno status poco

chiaro ed è difficile mettersi d'accordo sul loro significato. Essendo poi

tematiche strettamente collegate alla mente umana, è anche in base alle

teorie della mente esistenti che esse prendono una forma concettuale

piuttosto che un'altra; un primo limite è dunque derivato dalla mancanza di

un accordo terminologico.

Ripercorrendo rapidamente alcune delle tappe della storia della

filosofia sul tema dell'immaginazione, seguendo le tracce dell'autore che in

questo lavoro mi è stato fondamentale ovvero Michael Beaney, possiamo

ricordare che dal diciassettesimo al diciannovesimo secolo si è ritenuto che

l'immaginazione avesse un ruolo centrale nell’attività cognitiva umana al

fianco della percezione e del pensiero. La corrente filosofica che l’ha

principalmente affrontata è stata quella del romanticismo , che le ha

attribuito enormi poteri, ritenendola implicita ad ogni forma di creatività. Da

quel momento in poi fino al ventesimo secolo l’immaginazione è stata

notevolmente trascurata dalla filosofia, probabilmente a causa della

mistificazione con la quale era stata affrontata in quel periodo. Tuttavia vi

sono eccezioni: il tema dell’immagine mentale è stato costante nella

filosofia della mente, al pari della creatività artistica nell’estetica; entrambe

poi (immagine mentale e creatività artistica) sono state dibattute

ampiamente nella psicologia e nelle scienze cognitive.

La fonte di cui ho beneficiato maggiormente per affrontare questa

ricerca è stato il manuale di Michael Beaney, pubblicato nel 2005 ed

intitolato "Imagination and Creativity". Gli altri testi principali utilizzati

sono i lavori di Margaret Boden, e alcuni articoli di David Novitz, Berys

Gaut, oltre ad altri testi citati in bibliografica.

Page 5: Creatività ed immaginazione

5

Quanto al mio interesse riguardo l’atto creativo, esso ha molteplici

motivazioni. Primo tra tutti un grande interrogativo che mi ero posta e di cui

darò conto nelle conclusioni di questo lavoro; in secondo luogo la mia

passione per l'arte e per la filosofia che mi ha portato a cercare un connubio

tra queste, identificato nell'atto creativo. Ancora, il voler porre questa ricerca

come un tentativo di rivalutare l’importanza dell'arte nella nostra società,

facendo un lavoro approfondito su quello che è alla base di tutte le opere

artistiche e non solo di queste: la creatività. Ho pensato che questa

rivalutazione potesse avvenire attraverso l’analisi accurata della stessa e

tentando di dimostrare quanta rilevanza abbia nella vita di un essere umano,

sia esso artista, filosofo, scienziato o semplicemente un uomo comune.

Benchè questi fossero gli obiettivi e le speranze iniziali della mia ricerca,

quello che più realisticamente sono riuscita a fare - e sicuramente ancora

solo in minima parte - è un'introduzione alle tematiche da me prescelte e ad

alcune delle sue teorie contemporanee.

Concludo infine con la speranza di suscitare nel lettore l’interesse

per questo argomento, che ritengo avere un profondo fascino e infinte

implicazioni.

Page 6: Creatività ed immaginazione

6

Parte I

Creatività

Page 7: Creatività ed immaginazione

7

Capitolo 1

1. Introduzione

Creare-creazione-immaginazione-immaginare-immagine.

In quale relazione sono questi termini? E prima ancora, che cosa

sappiamo del significato di queste parole? Può una teoria filosofica

spiegarle e definirle in modo adeguato all’interno di un contesto analitico,

psicologico e filosofico?

Comincerò presentando ed analizzando la definizione di creatività,

attraverso le accezioni del termine che sono state date nel tempo, attraverso

definizioni comunemente usate e quelle che possiamo trovare aprendo

un’enciclopedia filosofica, per giungere a definizioni contemporanee della

creatività proposte da studiosi che ben possiamo collocare all’interno della

filosofia e più particolarmente della filosofia della mente.

1.1 Definizioni intuitive di creatività

Iniziamo con alcune definizioni “base” di creatività, riportate in

dizionari ed enciclopedie di diverso livello. La creatività, secondo

l’Enciclopedia filosofica Bompiani1 è la “capacità di produrre il nuovo, di

formare nuove combinazioni di idee, di affrontare i problemi in modi

efficacemente diversi da quelli usuali, cambiando eventualmente il contesto

dal quale essi emergono.”

Un'altra definizione è la seguente: “la creatività è la capacità individuale,

potenzialmente presente nei campi più diversi (dalla produzione artistica e

scientifica alla vita quotidiana), che consiste nel cogliere i rapporti fra le

cose o le idee in modo nuovo o nel formulare intuizioni non previste dagli

schemi di pensiero abituali o tradizionali. “ 2

1 Enciclopedia filosofica Bompiani (2006).

2 Le Garzantine filosofia (2004) a cura di G. Vattimo.

Page 8: Creatività ed immaginazione

8

Ancora, scegliendo la definizione che ne viene data da uno dei punti di

riferimento enciclopedico on Online, Wikipedia ci dice: “Creatività è un

termine che indica genericamente l'arte o la capacità cognitiva della mente

di creare e inventare il verbo italiano creare al quale il sostantivo creatività

rimanda, deriva dal creare latino, che condivide con crescere la radice KAR.

In sanscrito, KAR-TR è colui che fa (dal niente), il creatore”.

Una delle più famose “citazioni” sulla creatività, ripresa anche da

Wikipedia, è quella di Henri Poincaré nel 1908: "Creatività è unire elementi

esistenti con connessioni nuove, che siano utili".

“Le categorie di nuovo e utile radicano l'attività creativa nella società e

nella storia. Il nuovo è relativo al periodo storico in cui viene concepito;

l'utile è connesso con la comprensione e il riconoscimento sociale. Nuovo e

utile illustrano adeguatamente l'essenza dell'atto creativo: un superamento

delle regole esistenti (il nuovo) che istituisca una ulteriore regola condivisa

(perché rivelatasi utile)”3.

Passiamo poi a quello che ci offre il Concise Oxford Dictionary (6 th

edn): “Creatività” indica la capacità di creare, laddove creare, secondo il

Concise Oxford Dictionary (sesta edizione), significa "mettere in esistenza,

causare, originare". "Creazione" a volte è intesa come produrre qualcosa dal

nulla, come quando i teologi parlano della creazione ad opera di Dio. Ma nel

suo utilizzo comune indica semplicemente la produzione di qualcosa di

nuovo od originale partendo da materiale esistente”4.

Tutte le definizioni che finora ho riportato sostengono che la creatività

comporti la produzione di qualcosa di nuovo (laddove tuttavia non è ben

chiaro cosa si intenda per “nuovo”), attraverso connessioni insolite su

materiale già esistente. È stato utilizzato anche il termine “dal nulla” (che

non è approfondito così come il concetto di nuovo). Tralasciando queste

carenze di approfondimento terminologico, che tuttavia influiscono sul

modo di intendere la creatività, sarebbe opportuno chiedersi se quindi

qualsiasi cosa venga in qualche modo prodotta, dalla semplice ricetta

3 Wikipedia, “creatività”.

4 Concise Oxford Dictionary (6 th), citato in Beaney (2005), pag. 171, traduzione mia.

Page 9: Creatività ed immaginazione

9

originale in cucina o dall’accostamento inusuale di due oggetti/elementi, sia

creativo o se una produzione, in qualsiasi campo essa si situi, debba

richiedere qualcosa di più per essere definita creativa. Non vi è una risposta

unidirezionale, in conseguenza della difficoltà di trovare una definizione

univoca di creatività.

In base a punti di vista diversi seguono teorie differenti sulla modalità in

cui la creatività si verifica. Eppure, nonostante la varietà d'approcci siamo

tuttavia concordi nell’osservare che nella storia dell’umanità vi sono state

determinate “creazioni” che hanno portato rivoluzioni all'interno di

determinati ambiti: in quello medico, scientifico, fisico, artistico, filosofico

solo per citarne alcuni. Di conseguenza non casualmente alcune personalità

sono state definite con l’appellativo di “genio”. Di questo modo di

concepire la creatività parlerò più avanti. Nel prossimo paragrafo presento

in breve la visione standard della creatività, che sembra essere alla base

delle definizioni sopra riportate.

1.2 La visione “standard” dell'associazionismo empirico:

la creatività come nuova combinazione

Sulla base delle definizioni di creatività sopra riportate, il modello che

spiega come la creatività possa avvenire, è quello dell’associazionismo

empirico: “nuove idee sarebbero semplicemente il risultato della

riorganizzazione e della combinazione di idee esistenti”5.

L’associazionismo empirico6 propone una teoria per la quale la

combinazione di due elementi (idee), anche apparentemente distanti e con

nessuna correlazione a prima vista, possa portare ad una nuova idea.

Un esempio classico riportato anche da Beaney, è quello dell’idea di un

cavallo alato. “Immaginare un cavallo alato è creativo perché combino

l’idea di un cavallo con l’idea delle ali”. Se l'unione di questi due elementi

non esisteva prima, allora viene definita un'idea creativa.

5 Beaney (2005), pag. 171.

6 Ad esempio Hume, Locke, D.Hartley, e J.S.Mill.

Page 10: Creatività ed immaginazione

10

Sorge subito una prima questione: è sufficiente la

combinazione/associazione in modo insolito di due o più idee per dare

origine a qualcosa di creativo, o è richiesto anche qualcos’altro? Qualcuno

sostiene che siano rilevanti per il concetto di creatività (come peraltro già

visto nella definizione di Poincarè) il ruolo che un’idea nuova ha nel

contesto in cui viene prodotta e il valore ed il significato che essa assume in

questo contesto.

Se le cose stanno così, allora è necessario fare una prima distinzione tra

combinazioni che possono avere un valore ed un significato e quelle che, al

contrario, sono arbitrarie e senza significato. Considerando l’idea del

cavallo alato dopo questa distinzione, si può dire che tale idea ha valore se

ha significato in un contesto più ampio.

Sorge poi un altra questione: tutti i casi di creatività coinvolgono

sempre la combinazione?

A partire da questa domanda, Beaney trova il modo di discutere alcune

posizioni contemporanee che non si possono ridurre alla visione

dell'associazionismo. Ovviamente anche altre teorie si sono storicamente

distaccate dall'associazionismo per spiegare la creatività, prima tra tutte la

teoria kantiana dell'immaginazione. Vedremo nel seguito come anche Kant

verrà preso in considerazione, in particolare nel lavoro di Berys Gaut The

Creation of Art (2003) . In questo capitolo mi limiterò però a presentare un

confronto tra le posizioni di due autori contemporanei: Margaret Boden e

David Novitz.

2. Il punto di vista di Margaret Boden

La prima autrice su cui si basa il presente lavoro è Margaret Boden, che

nel 1990 nel suo libro The creative mind7 ha tentato di rispondere a due

domande principali sull’argomento – che cos’è la creatività e come può

essere spiegata – ricorrendo ad un'indagine in ambito psicologico. Più

7 Boden (1990).

Page 11: Creatività ed immaginazione

11

precisamente nel suo articolo successivo “What is creativity?”8 espone il

suo punto di vista, presentando inizialmente l’argomento con queste parole:

“la creatività è un enigma, un paradosso, in un certo senso un mistero. Gli

inventori, gli scienziati e gli artisti, raramente sanno come le loro idee

originali sorgono”9. Se vi è una prima difficoltà nella spiegazione della

creatività, dettata dal fatto che gli stessi soggetti creativi non riescono a

spiegare che cosa accada in loro quando quest’ultima sopraggiunge, una

seconda difficoltà sorge dal fatto che sarebbe impossibile formulare una

teoria scientifica di un fenomeno che ha come sua essenza la novità e

l’imprevedibilità. A tal proposito Michael Beaney richiama una definizione

originale di Carl Rogers: “la vera essenza della creatività è la sua novità, e

quindi non abbiamo norme con cui giudicarla”10

.

Il fatto di non aver “norme” per giudicare la creatività la rende

“elusiva” e misteriosa. Perché la creatività sembra essere così misteriosa?

Ciò che la rende così misteriosa è il fatto che le idee sorgono nella mente di

chi le ha con poca o nessuna consapevolezza e per di più inaspettatamente.

Ci fa notare tuttavia la stessa Margaret Boden che anche per altri processi

quali il linguaggio, la visione ed il ragionamento di senso comune, accade

qualcosa di simile. La psicologia, nel tentativo di spiegare tali fenomeni, fa

ricorso alle teorie dei processi inconsci, “ma la creatività è misteriosa anche

per un'altra ragione: il concetto stesso di creatività è apparentemente

paradossale”11

. Tra le definizioni riportate precedentemente, vi è quella che

definisce la creatività come “portare in essere o formare dal nulla”. Se le

cose stanno così, allora una teoria scientifica non potrebbe spiegare il

fenomeno e per di più, sempre a detta della Boden, non dovrebbe

sorprendere se in passato la spiegazione della creatività fece ricorso

all’ispirazione divina o all’intuizione romantica. Ma una teoria della

creatività non deve limitarsi ad evidenziare come l’intuitività/intuizione

8 Boden (1994).

9 Beaney (2005).

10 Rogers (1961), cit. in Beaney (2005) pag. 170.

11 Boden (1994), citata in Beaney (2005) pag.242.

Page 12: Creatività ed immaginazione

12

possa essere elemento fondamentale della creatività. Deve spingersi ancora

più in la, chiedendosi: come lavora l’intuizione nella mente?

Come abbiamo visto all’inizio, alcuni studiosi quali anche gli

associazionisti, o più in generale i teorici della combinazione, spiegano la

creatività nei termini di nuove combinazioni di idee già esistenti. Quello che

non spiegano, tuttavia, è il modo in cui avverrebbe questa associazione di

idee simili ed il riconoscimento di analogie più distanti, nonché la

formazione della nuova combinazione. Definendo “pensiero analogico”12

quello che ci permette di arrivare al risultato creativo, la Boden avanza

l’idea che una teoria psicologica della creatività debba spiegare come il

pensiero analogico funzioni. Inoltre ci fa notare, come quella branca della

psicologia che misura la creatività attraverso test psicometrici ometta il

valore dal termine “creativo”, come se tutte le nuove combinazioni

dovessero essere interessanti per la sola ragione di essere nuove

combinazioni.

Le due principali osservazioni critiche della Boden alla teoria

associazionista possono così riassumersi: da una parte ella osserva che

manca una spiegazione sul modo in cui avverrebbero le nuove

combinazioni; dall'altra osserva che manca un criterio per giudicare il valore

di una nuova combinazione creativa. A queste due critiche ne aggiunge però

anche una terza, che passiamo ora a vedere. Vi sono idee creative che sono

sorprendenti in un modo più profondo di una combinazione di idee e che

sono tali che “non solo non si sono mai verificate prima, ma che non

sarebbero potute accadere prima”13

.

È qui che la Boden introduce una distinzione importante di due sensi di

creatività, uno psicologico ed uno storico, che ella chiamerà rispettivamente

“P-creativity” e “H-creativity” , e che sarà il punto di partenza della sua

teoria.

12

Boden (1994), cit. in Beaney (2005) pag. 243. 13

Ibidem

Page 13: Creatività ed immaginazione

13

2.2 La creatività psicologica e la creatività storica

La distinzione tra creatività psicologia (P-creatività) e creatività storica

(H-Creatività) può essere così precisata: un’idea che ha valore è P-creativa,

se la persona nella cui mente nasce tale non avrebbe potuta averla prima;

non importa quante volte altre persone hanno già avuto la stessa idea.

Un’idea è H-creativa (e contiene la P-creatività) se nessun altro in tutta la

storia umana l’ha mai avuta fino a quel momento. La nostra conoscenza

delle idee H-creative, come ci è stato dimostrato da storici di vari ambiti, è

alquanto accidentale, in quanto la sopravvivenza di un idea, la sua perdita ed

il suo riemergere ad esempio, dipendono largamente da quanto gli storici

specializzati si accorgano e ad un certo punto abbiano evidenza di essa.

Interviene anche una grande varietà di fattori contestuali, quali moda,

modelli commerciali, economici, politici e tutto ciò che fa parte della

costituzione di un contesto sociale.

In base a quanto scritto, quindi, non vi può essere sistematica

spiegazione della H-creatività, ma si può avere una spiegazione delle idee P-

creative, che sono contenute in quelle H-creative. Boden discute anche

l’elemento dell’utilità come strettamente collegato alla P-creatività; infatti i

giudizi sul valore di un prodotto creativo sono relativi alla cultura di

riferimento, dal momento che a dare questi giudizi di valutazione sono

persone o gruppi sociali appartenenti al contesto storico all’interno del quale

il prodotto nasce. Tuttavia la Boden sottolinea come ciò che è importante e

ciò a cui noi dobbiamo essere interessati è l’origine delle idee creative e non

la loro valutazione; di conseguenza è il contesto della scoperta piuttosto che

quello della giustificazione quello su cui dobbiamo soffermarci e che

dobbiamo approfondire.

Prima però di addentrarci nella teoria della creatività della Boden, è

importante introdurre la distinzione che ella fa tra idea “originale” ed idea

“radicalmente creativa”. La Boden parte dalla terminologia standard in

Page 14: Creatività ed immaginazione

14

linguistica sul concetto di “creatività linguistica” come definito da Noam

Chomsky. Chomsky ha sottolineato come la capacità dei parlanti sia quella

di poter generare nuove frasi all’infinito ed ha definito per questa ragione il

linguaggio dei parlanti “creativo”. La teoria di Chomsky sostiene che la

creatività linguistica dei parlanti consistente nella produzione continua di

nuove frasi (potenzialmente infinita) sia governata da un insieme di regole

(grammatica generativa) che generano determinano e specificano le formule

linguistiche correttamente formate. Quindi alla base della creatività

linguistica ci sono delle regole specifiche.

Secondo Margaret Boden invece, elaborare una nuova frase non è in

generale, fare qualcosa di P-creativo. Perché?

L'elaborazione di nuove frasi può essere descritta e/o prodotta dallo

stesso insieme di regole generative o spazio concettuale (concetto che verrà

chiarito nel prossimo capitolo) che in questo caso sarebbero l'insieme delle

regole di una determinata lingua; frasi differenti (e potenzialmente infinite

ed indefinite) hanno uno stesso spazio concettuale che le genera; questo

fattore allora, pur determinando la differenza tra una frase e l'altra, non

renderebbe la produzione di una frase (per quanto comunque originale), un

atto creativo. Quello che invece la Boden sostiene essere determinante

perché un prodotto possa essere radicalmente creativo, è l'unicità dello

spazio concettuale per quel prodotto/idea radicalmente creativo. Un idea

radicalmente creativa quindi, non è generabile da uno stesso sistema

generativo che contribuisce alla generazione anche di altre idee.

Da questo segue inoltre che il sorgere della creatività coinvolge sempre

tacito o esplicito riferimento a specifici sistemi generativi e che i vincoli

delle regole generative, lungi dall’essere un ostacolo della creatività, sono

coloro che la rendono possibile.

2.2 La teoria della creatività e lo “spazio concettuale”

Page 15: Creatività ed immaginazione

15

Gli associazionisti empirici, con la loro teoria della combinazione, non

hanno spiegato fino in fondo come funzionasse l’associazione di idee.

Un'alternativa potrebbe essere un'analisi dell'intuizione, ripresa

recentemente da Berys Gaut14

, di cui parleremo discutendo il tema

dell'immaginazione. Secondo la Boden, benché Gaut abbia visto giusto nel

considerare l'intuizione come centrale per la creatività ella trova che ciò che

manca è una teoria psicologica della creatività che spieghi come avvenga

l'intuizione.

Ciononostante, ella stessa non si sofferma sul modo in cui l’intuizione

avviene, ma ci propone la sua teoria della creatività, che dovrebbe alla fine

aiutare a cogliere un concetto chiaro di intuizione.

Il concetto centrale di tale teoria è il concetto di spazio concettuale, che

Inizialmente viene spiegato solo in termini metaforici, ma con

l’approfondimento della teoria viene analizzato in termini sempre più

specifici e rigorosi.

La definizione generale di spazio concettuale è data nel modo seguente:

DEF: “uno spazio concettuale è il sistema generativo che sottostà a un

dato dominio di pensiero e definisce una certa gamma di possibilità: le mosse

degli scacchi, o le strutture molecolari, o le melodie jazz. Uno spazio

concettuale in altre parole, è un sistema governato da regole le cui regole e

principi determinano cosa può e cosa non può essere fatto al suo interno”15

.

Tale definizione viene analizzata con le categorie chomskyane, parlando di

principi del “sistema generativo” connesso ad un dominio concettuale che

definisce una gamma di possibilità, cioè le azioni possibili di quel dominio,

siano esse le mosse degli scacchi, le strutture molecolari o le melodie jazz.

Per la Boden le strutture di uno spazio concettuale possono corrispondere

anche a una serie di rappresentazioni mentali, o “mappe mentali”. A questo

punto la Boden vede nelle mappe mentali o nell'insieme di rappresentazioni

mentali legate a un dominio, degli strumenti sia per esplorare sia per

14

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005). 15

Boden (1994), cit. in Beaney (2005), traduzione mia.

Page 16: Creatività ed immaginazione

16

cambiare tali domini o spazi concettuali: “Tali mappe mentali possono

essere usate (non necessariamente in modo conscio) per esplorare e per

cambiare gli spazi interessati. Gli spazi concettuali possono essere esplorati

in vari modi. Alcune esplorazioni semplicemente ci mostrano qualcosa circa

la natura dello spazio concettuale rilevante che non abbiamo esplicitamente

notato prima”16

.

Un esempio di esplorazione di uno spazio concettuale può essere

trovato in Charles Dickens, che in un capitolo del suo “Canto di Natale”,

descrive il protagonista del suo romanzo ( Scrooge ) , utilizzando numerosi

aggettivi prima del sostantivo, “..a sqeezeng, wrenching, grasping, scraping,

clutching, covetous old sinner,.. ”17

. Qui la Boden ci fa notare come Dickens

ci stesse facendo vedere come le regole della grammatica ci permettono di

usare numerosi aggettivi prima del sostantivo, sebbene ne usiamo

solitamente solo due o tre, e nessuno ne avesse mai utilizzati di più.

2.4 Creatività come esplorazione-modificazione e trasformazione di

uno spazio concettuale

Dopo la definizione di cosa intende per spazio concettuale, la Boden

inizia a ragionare su diversi tipi di esplorazione degli spazi concettuali che

aiutano a capire dove sono i punti in cui si possono effettuare modifiche:

"Per superare una limitazione all'interno di uno spazio concettuale, è

necessario modificarlo in qualche modo. Certo, lo si potrebbe anche

modificare senza essersi ancora scontrati con i suoi limiti. Un piccolo

cambiamento (un "aggiustamento") in una dimensione abbastanza

superficiale di uno spazio concettuale è come aprire la porta di una stanza

mai visitata in una casa esistente. Un grande cambiamento (una

16

Ibidem. 17

“Ah! Ma con che pugno di ferro Scrooge teneva il timone, e come sapeva spremere,

torcere, afferrare, grattare, ammassare strappare, da quel vecchio e avido peccatore che era.

“Canto di Natale”, Charles Dickens, Traduzione di Maria Luisa Fehr.

Page 17: Creatività ed immaginazione

17

"trasformazione"), in particolare in una dimensione discretamente

fondamentale, è piuttosto come l'immediata costruzione di una nuova casa,

di un tipo fondamentalmente differente dalla prima (sebbene ad essa

collegata)”18

.

Uno spazio concettuale dunque, può essere esplorato, modificato o

trasformato. La Boden riporta alcuni esempi che possono aiutarci a capire

tali differenze. Prendiamo l’esplorazione di uno spazio concettuale relativo a

“Dmitri Mendeleyev e la tavola periodica”:

“Un altro esempio di esplorazione estesa, questa volta con una mappa

esplicita a guidarla, fu l'attività scientifica generata dalla tavola periodica di

Mendeleyev. Questa tavola, prodotta nel 1860 per un libro introduttivo di

chimica, organizzava gli elementi in righe e in colonne secondo le loro

proprietà osservabili e il loro comportamento. Tutti gli elementi all'interno

di una data colonna erano in questo senso simili. Tuttavia Mendeleyev lasciò

spazi vuoti nella tabella prevedendo che elementi sconosciuti potessero

essere eventualmente trovati con le proprietà appropriate per questi spazi

(nessun elemento conosciuto era appropriato). E infatti, nel 1879 fu scoperto

un nuovo elemento (lo Scandio), le cui proprietà erano quelle predette da

Mendeleyev. Successivamente, furono scoperti ulteriori elementi collocabili

in altri spazi nella tabella. E più tardi ancora, la tabella fu collegata alla

classificazione in termini di numero atomico, che chiarì perché gli elementi

classificati hanno le proprietà osservate da Mendeleyev”19

.

L' esplorazione delle diverse possibilità dello spazio concettuale

esemplificato dalla tavola periodica degli elementi è – per la Boden – una

forma di creatività perché sollecita a nuove ricerche e scoperte. Ella è

tuttavia interessata a una forma di creatività più profonda e ci tiene a

rimarcare la distinzione tra esplorazione e trasformazione di uno spazio

18

Boden (1990), cit. in Beaney (2005), pag. 248.

Carl Gustav Jung per spiegare cosa accadeva nel momento del sorgere di un idea, utilizzava

una metafora simile a quella utilizzata da Margaret Boden: “esplorare una stanza della

casa che si sentiva che c'era ma che non avevamo mai visto” (fonte Edoardo Boncinelli,

Festival della mente, Sarzana edizione 2004). 19

Boden (1994), cit. in Beaney (2005), pag. 249.

Page 18: Creatività ed immaginazione

18

concettuale: un tipo di creatività più profonda è generata non solo

dall'esplorazione di uno spazio concettuale, ma principalmente dalla sua

trasformazione.

La trasformazione di uno spazio concettuale, può avvenire in due modi

differenti: attraverso la “caduta” di un vincolo o attraverso la “negazione”

di un vincolo di uno spazio concettuale.

“La caduta di un vincolo è un euristico generale, o metodo, per

trasformare gli spazi concettuali. Più profondo è il ruolo generativo del

vincolo nel sistema in questione, maggiore è la trasformazione dello spazio”

20. Un buon esempio di trasformazione attraverso la caduta di un vincolo è

la geometria non Euclidea generata dalla caduta del quinto assioma di

Euclide; uno dei matematici responsabili fu Lobachevsky.

La trasformazione avvenne in modo “giocoso”, come preludio per

esplorare uno spazio geometrico diverso da quello di Euclide. Solo più tardi

venne rilevata la sua importanza per la fisica.

Un altro modo di trasformare uno spazio concettuale, è “considerare il

negativo”21

ossia negare un vincolo, operazione diversa dal farlo cadere.

L’esempio riportato dalla Boden per renderci chiara la distinzione è questo :

“supponiamo che qualcuno sia stanco di mangiare solo caramelle rosse:

scegliere una caramella che non sia rossa è differente dallo scegliere una

caramella qualunque sia il suo colore”22

.

Una scoperta creativa, che ci mostra come funzioni la trasformazione di

uno spazio concettuale attraverso la negazione di un vincolo, è quella di

Kekulè riguardo l’anello di benzene.

20

Boden (1994), Beaney (2005), pag. 250. 21

Ibidem. 22

Ibidem.

Page 19: Creatività ed immaginazione

19

Friedrich August Kekulé, chimico tedesco, fu responsabile della

scoperta dell'anello di benzene ( le molecole prima di tale scoperta erano

concepite come stringhe di atomi di carbonio, benché la molecola di

Benzene non riuscisse a rientrare in tali parametri) ; tale scoperta, raccontò

lui stesso, fu ispirata da un immagine avuta in sogno, immagine di un

serpente che si mordeva la coda.

Secondo la Boden, tre fasi ci mostrerebbero come fu possibile per

Kekulè tale scoperta: “Per prima cosa, i serpenti e le molecole erano già

associati nel suo pensiero. Secondo, la distinzione topologica tra curve

aperte e chiuse era presente nella sua mente. E terzo, (che) l'euristico

considerare il negativo era anch'esso presente”23

. La Boden ipotizza

situazioni nelle quali Kekulè si sarebbe potuto trovare e lo fa per sostenere

le fasi da lei proposte. Dopo gli esempi riportati al fine di ottimizzare la

nostra comprensione, la Boden ammette che fino a questo momento la sua

teoria degli spazi concettuali è stata solo spiegata a livello metaforico.

Occorre che ad essa venga dato un supporto più scientifico e questo viene

trovato nella teoria computazionale della mente.

2.3 Dal metaforico al sistematico: la psicologia computazionale

Margaret Boden trova nella psicologia computazionale lo strumento che

può dare una spiegazione scientifica del funzionamento degli spazi

concettuali. La psicologia computazionale è una disciplina che trae molti

dei suoi concetti teorici dall’intelligenza artificiale; quest’ultima ha come

23

Ibidem

Page 20: Creatività ed immaginazione

20

oggetto di ricerca la natura dell’intelligenza in generale con intenti

applicativi, “ed il suo metodo è tentare di rendere i computer in grado di fare

cose che le menti possono fare: vedere, parlare, raccontare storie ed il

pensiero logico ed analogico”24

.

Ne segue la domanda: possono i computer avere a che fare con la

creatività umana, e se si, in che modo?

A partire dalla prima denuncia di tale impossibilità, espressa da Ada

lady Lovelace, quando Charles Babbage nel 1837 ideò un progetto (The

Analytical Engine) che prevedeva la possibilità per un computer digitale di

“comporre pezzi elaborati e scientifici di musica di qualsiasi grado di

complessità o estensione”25

, Margaret Boden ci conduce nelle “quattro

questioni Lovelace”26

, per affrontare le critiche sollevate ed i possibili

collegamenti interessanti tra computer e creatività.

Le quattro questioni Lovelace sono le seguenti:

1) Possono i concetti computazionali aiutarci nel comprendere come la

creatività avviene?

2) Ora o in un futuro, potranno mai i computer produrre cose che

almeno apparentemente possano sembrare creative?

3) Potrebbe mai un computer riconoscere la creatività di un prodotto

umano, quale un poema, un teorema matematico o una teoria scientifica per

esempio?

4) Potranno mai i computer essere davvero creativi, e non solo esserlo

apparentemente come conseguenza della programmazione di un essere

umano?

A queste quattro questioni, Margaret Boden dà risposte articolate che

qui mi limito a riassumere: alla prima domanda risponde che senza dubbio è

possibile che i concetti computazionali possano aiutarci nella comprensione

dell’emergere della creatività. Alla seconda questione risponde che sarà

possibile fino ad un certo punto, e alla terza, che sì, potrà essere in grado di

farlo. La quarta domanda viene ignorata perché ritenuta non essere una

24

Boden(1994), citata in Beaney (2005), pag. 252. 25

Ibidem. 26

Ibidem.

Page 21: Creatività ed immaginazione

21

questione scientifica, “ma in parte una preoccupazione filosofica riguardo il

significato ed in parte una richiesta dissimulata per una decisione politica-

morale”27

.

In sintesi Margaret Boden trova nell'IA una fonte fondamentale per la

comprensione della creatività.

La tesi della Boden è che per definire “creativa” un'idea occorre sempre

specificare l'insieme dei principi generativi del campo concettuale in cui si

situa, per vedere se tali principi sono negati o cambiati o altro; in questo

senso allora i computer possono aiutarci nella specificazione di questi

principi, in quanto possono simulare il relativo sistema generativo ed

evidenziare solo ciò che può e non può essere fatto.

3. David Novitz: critica alla teoria di Margaret Boden.

Nel 1999 David Novitz nel suo articolo dedicato alla creatività

“Creativity and constraint” analizza la teoria degli spazi concettuali di

Margaret Boden, sollevando alcune critiche al suo resoconto e proponendo

una sua teoria della creatività: la teoria della ricombinazione. Il punto di

partenza di David Novitz, nell’analisi della teoria degli spazi concettuali, è

l’osservazione della differenza sostanziale che intercorre tra un essere

umano ed un computer: tale differenza renderebbe poco applicabile la teoria

degli spazi concettuali agli esseri umani, rimanendo invece molto adeguata

per un computer. Perché? Vediamo prima di tutto questo aspetto della critica

di Novitz alla Boden, prima di addentraci nella sua teoria della

ricombinazione.

3.1 Umani, computer, e spazi concettuali

27

Boden, cit. in Beaney (2005), pag. 253.

Page 22: Creatività ed immaginazione

22

Novitz scrive: “Appropriatamente programmati i computer son ben

piazzati per esplorare spazi concettuali, scoprire i loro limiti relativi a certi

obiettivi e compiti, e trasformare i principi generativi prevalenti nei modi

che consentirà loro di raggiungere specifici obiettivi ed eseguire i compiti

richiesti”28

. Questa teoria può ben applicarsi anche ad un essere umano?

Continua Novitz: “Le persone sono meno capaci dei computer di rispettare

il vincolo della Boden, non ultimo a causa della difficoltà che sentono

nell'assorbire ed integrare flussi infiniti di informazioni, ma anche perché il

talento ed il genio che associamo alla creatività umana sembra essere

svuotato dal requisito della Boden che gli umani hanno bisogno di venire a

conoscenza di tutte le possibilità e le limitazioni nell'ambito del pensiero

relativamente al quale sono creativi. Questo farebbe della creatività umana

la meticolosa, faticosa ed enormemente tediosa questione che evidentemente

non è”29

.

Secondo Novitz occorre considerare che un essere umano è un animale

sociale e questo comporta una notevole differenza nel modo di esplorare

spazi concettuali rispetto ad un computer. Spesso il confronto con uno

spazio concettuale, per un essere umano, comporta anche l'implicazione con

uno spazio sociale associato e di conseguenza i vincoli per la creatività

umana sono vincoli speciali, vincoli che non sussistono per un programma

computazionale: “Gli esseri umani dipendono da altri esseri umani per il

loro benessere ed hanno un forte interesse a mantenere le loro reti di

supporto”30

.

La componente sociale, dunque, sarebbe uno dei principali motivi di

una serie di difficoltà in cui si troverebbe un essere umano P-creativo.

Proprio la necessità di mantenere le reti sociali, ed il fatto di appartenere ad

una comunità nella quale esistono anche una serie di doveri/obblighi, specie

magari nel caso di collaboratori ed insegnanti, costituirebbe un disincentivo

alla creatività umana secondo Novitz.

28

Novitz (1999) , cit. in Beaney (2005), pag. 255. 29

Ibidem. 30

Ibidem.

Page 23: Creatività ed immaginazione

23

Un altro elemento che contrasta lo sviluppo della creatività è dato dal

fatto che le persone sono molto attaccate alle conoscenze che hanno

acquisito, magari con fatica; queste conoscenze permettono loro

l'appartenenza a una determinata comunità/società, e, a causa di ciò, le

persone tendono a essere riluttanti ad abbandonare tali conoscenze o a

palesare quanto siano insufficienti.

A mio parere questa osservazione, se per molti aspetti corretta, non è

del tutto generalizzabile: se, da una parte, ci sono casi in cui la creatività

può essere motivo di crisi per una comunità e minare l’equilibrio di un

determinato sistema, d'altra parte mi sembra esagerato ed immotivato

considerare la creatività qualcosa che mette a repentaglio la buona socialità

di un individuo; ne deriverebbe che l’essere un animale sociale

costituirebbe per gli esseri umani un disincentivo alla creatività. Se questa è

la tesi dell'autore, vi sono certamente controesempi ove aspetti di creatività

aiutano addirittura la coesione sociale, specialmente in momenti di crisi o

difficoltà. La tesi dell'autore va dunque vista principalmente nell'ambito del

confronto umani/computer.

Dopo questo primo punto, basato sulla differenza sostanziale tra un

essere umano ed un programma computazionale, Novitz passa a criticare

un'altra parte della tesi della Boden. Quest’ultima sostiene che un essere

umano radicalmente creativo, per essere giunto ad un idea radicalmente

creativa, deve aver esplorato interamente uno spazio concettuale, in un dato

dominio di conoscenza. Novitz è in disaccordo con questa affermazione e ci

fa notare come in realtà basti spesso semplicemente un “cambiamento di

osservazione, un'immagine, una forma, un sogno” per incoraggiare un

nuovo modo di fare o di concepire, dapprima sconosciuti. Inoltre nuovi

modi di pensare sono talvolta ostacolati proprio dal peso dell’ortodossia,

ossia dalla padronanza completa dei domini stessi di quel campo di

conoscenze; contro la Boden si può sostenere dunque che “una stretta

conoscenza di uno spazio concettuale può effettivamente inibire la P-

creatività”31

.

31

Novitz (1999), cit. in Beaney (2005), pag. 256.

Page 24: Creatività ed immaginazione

24

Novitz sviluppa un terzo punto critico della teoria della Boden

ponendoci davanti ad alcuni atti profondamente creativi nella storia

dell’umanità, i cui protagonisti radicalmente creativi non sono stati mossi

dall’intenzione di trasformare spazi concettuali.

Un primo esempio proposto è quello di Henri Matisse, il quale

rivoluzionò il modo di utilizzare il colore nella pittura: manifesto di questo

fu la sua opera Woman with the hat:

Tuttavia Matisse stesso, nel suo saggio Note di un pittore (1908)

racconta che cosa guidò il suo nuovo modo di utilizzare la pittura e dalle sue

parole non risulta che sia stato quello di trasformare un certo stile prevalente

del tempo. Ciò che invece lo guidò nel suo nuovo modo di dipingere furono

le sue inclinazioni personali e gli stati d’animo presenti in quel determinato

momento. Benché considerato profondamente creativo, la sua creatività si è

manifestata in qualche cosa che è più vicina al gioco, che non alla

risoluzione di un problema.

Stessa osservazione, vale per Pablo Picasso, che con il suo “Les

Demoiselles d’Avignon” (1907) trasformò “un insieme di pittoriche

convenzioni”32

e si può ben dire che trasformò uno spazio concettuale dando

poi origine al Cubismo.

32

Ibidem.

Page 25: Creatività ed immaginazione

25

Tuttavia, anche in questo caso, ciò che fu guida espressiva del pittore

non fu l’intenzione di trasformare uno spazio concettuale, bensì “il suo

essere affascinato dalle sculture tribali, specialmente quelle di origine

africana”33

.

Ancor più a discapito della teoria della Boden, sono per Novitz i casi

che non richiedono nemmeno l’esistenza di uno spazio concettuale, ancor

meno dunque l’esplorazione e la trasformazione. Uno di questi casi, è la

scoperta della vaccinazione contro il Vaiolo, effettuata da Edward Jenner34

.

Per Novitz non c’era nessun “corpo di conoscenze o credenze ben strutturate

ed unificate”35

riguardanti le vaccinazioni e l’immunità, prima che Jenner

facesse tale scoperta; vi erano si, medici che stavano tentando una

risoluzione alla malattia del vaiolo, si sapeva che il vaiolo poteva essere

preso una sola volta, e vi erano persone che stavano provando ad iniettarsi

forme lievi della malattia al fine di proteggere il corpo da quest’ultima. Era

inoltre accaduto che Jenner avesse sentito da una giovane ragazza di

campagna che ella stessa non poteva prendere il Vaiolo poiché già una volta

aveva avuto il vaiolo bovino. Fu questo l’insieme di sapere che Jenner aveva

a disposizione e dalla cui sperimentazione e riflessione risultarono idee e

procedure mediche sorprendentemente innovative, di iniziazione ed

incoraggiamento per coloro i quali si appassionarono alla ricerca intorno

all’immunità e all’infezione. Così, indirettamente Robert Koch arrivò a

capire che la malattia era causata da microbi e Louis Pasteur a sua volta

sviluppò vaccini per altre malattie.

Quello che abbiamo di fronte, nel caso di Jenner, è l’esempio di

qualcuno “che è riuscito a sviluppare uno spazio concettuale dalle

fondamenta, piuttosto che qualcuno che ha trasformato uno spazio

concettuale esistente”36

.

33

Novitz (1999), citato in Beaney (2005), pag. 257 34

Edward Anthony Jenner, nato a Berkeley nel 1749, fu medico pioniere

dell'immunizzazione grazie alla sua scoperta di un vaccino contro il Vaiolo. Il caso di

Jenner è qui utilizzato da Novitz come esempio di idea creativa che si discosta dai

parametri che la Boden aveva definito perchè un'idea potesse essere definita creativa. 35

Ibidem. 36

David Novitz (1999), cit. in Beaney (2005), pag. 258.

Page 26: Creatività ed immaginazione

26

Poste poi queste critiche, Novitz stesso ipotizza una risposta della

Boden in difesa della sua teoria a questa sua ultima osservazione. Secondo

Novitz la Boden potrebbe difendersi dicendo che le conoscenze sulle quali

Jenner si basò possono essere considerate spazi concettuali, a Jenner noti.

Questa però non sarebbe una difesa valida in quanto Novitz non nega, nelle

sue osservazioni alla teoria della Boden, che la sua scoperta non fu basata su

precedenti idee, ma queste non possono essere considerate spazi concettuali;

perché? Perché secondo la Boden uno spazio concettuale richiede “principi

organizzativi che unificano e danno struttura ad un dato dominio di

pensiero”37

per “definire una certa gamma di possibilità.” Novitz però

critica duramente la Boden su questa sua visione generale, sostenendo che

di fatto quello che sostiene la porta ad una specie di contraddizione: “Ella

non ci dice quanto unificati tali principi ed idee debbano essere per

costituire uno spazio concettuale, ma anche così è chiaro che se ella lascia

che ammassi di idee disorganizzati e vagamente connessi contino come

spazi concettuali, scoprirà che tali spazi non possono essere trasformati

sistematicamente in un modo che permetta alle idee computazionali di

illuminare la creatività-P umana. Se d’altra parte , gli spazi concettuali sono

sempre insiemi strutturati di idee che si verificano e dipendono da certi

principi di base o regole generali, allora Jenner non stava operando

all'interno di, e non ha trasformato, uno spazio concettuale, anche se la sua

scoperta fu radicalmente creativa”38

.

A questo punto la Boden potrebbe sostenere che quella di Jenner non fu

una scoperta radicalmente creativa (p-creativa) poiché non coinvolse

l’esplorazione e la trasformazione di uno spazio concettuale. In tal caso a

parere di Novitz, la sua teoria sarebbe troppo esclusiva perché “Jenner fu

responsabile dello sviluppo di uno spazio concettuale relativo ai sistemi

immunitari che prima non esisteva”39

e appare altamente contro-intuitivo

sostenere che non fu un esempio di pensiero radicalmente creativo. Lo

37

Boden (1994), cit. in Beaney (2005), pag. 243. 38

Novitz (1999), citato in Beaney (2005), pag. 258. 39

Ibidem.

Page 27: Creatività ed immaginazione

27

stesso discorso può essere fatto per Edison, inventore del fonografo nel

1876.

Un ultimo controesempio proposto da Novitz per confutare la teoria

della Boden è il caso della scoperta della vulcanizzazione della gomma da

parte di Charles Goodyear. Tale scoperta fu del tutto accidentale, sorta dal

tentativo di Goodyear di rendere la gomma tale da non essere né del tutto

friabile (con temperature basse) né del tutto viscosa (con temperature alte).

Goodyear tentò inizialmente di mescolare la gomma con amamelide, crema

di formaggio ed inchiostro nero, ma fu solo quando, mescolando la gomma

allo zolfo, il miscuglio gli cadde accidentalmente su una superficie calda,

che fu scoperto il processo di vulcanizzazione della gomma, nel 1839.

In questo caso, le conoscenze di base riguardanti alcune delle

caratteristiche della gomma, ossia le sue reazioni al caldo, al freddo, unite

ad altre, costituiscono uno spazio concettuale, e dunque Goodyear poteva

ben aver trasformato uno spazio concettuale secondo la teoria della Boden.

Novitz nota la paradossale differenza tra considerare questo caso come

un caso paradigmatico di creatività, come deriverebbe dalla teoria della

creatività della Boden, e quello che intuitivamente crediamo sia una vera

“creazione”: “Tuttavia questo è bizzarro. L’invenzione di Goodyear, se

invenzione fu, fu piuttosto fiacca, e richiese molto poco nei termini di

immaginazione, intelligenza, o sforzo”40

. Sicuramente paragonare la

scoperta di Goodyear alla scoperta della fisica newtoniana, attribuendo lo

stesso marchio di creatività radicale, o magari sostenere che fu più creativa

della scoperta del vaccino contro il vaiolo di Jenner, è “troppo generoso per

Goodyear”41

.

Con questo, Novitz ci ha esposto attraverso esempi tutti i punti deboli

della teoria della creatività della Boden, che in ultimo sarebbe al contempo,

troppo esclusiva come ci mostra il caso di Jenner, o troppo inclusiva come

ci mostra quello di Goodyear.

40

Novitz (1999), cit. in Beaney (2005), pag. 260. 41

Ibidem.

Page 28: Creatività ed immaginazione

28

A questo punto, dopo aver passato in rassegna le critiche alla teoria

della Boden mostrandone la limitatezza, passiamo ad analizzare la teoria di

David Novitz, vale a dire “la teoria della ricombinazione della creatività”.

3.2 La creatività della “ricombinazione”

Il punto di partenza della teoria della ricombinazione di David Novitz, è

la tesi che la base della creatività umana sia sempre “un gruppo/grappolo

esistente di idee o tecniche”; Novitz però insiste nel sostenere che tali

gruppi non costituiscano né formino “parte di spazi concettuali”.

Secondo la teoria di Novitz tutti gli atti creativi richiedono:

“(1) la ricombinazione intenzionale o casuale di tali idee, tecniche, o

oggetti - laddove questa ricombinazione sia in seguito usata o dispiegata

ponderatamente.

(2) In modalità che risultano in qualcosa che sia (o avrebbe potuto

essere) sorprendente per –e quindi non prevista da – una certa comunità, e

(3) in modalità che sono destinate ad essere, e sono potenzialmente,

di reale valore per alcune persone.

(il termine oggetto è qui utilizzato con un ampia accezione che va dalle

sensazioni e dalle qualità agli oggetti fisici)”42

.

Queste tre condizioni sono “congiuntamente necessarie e sufficienti per

la creatività”43

. L’obiettivo di Novitz è anzitutto scoprire il contesto intorno

a cui questa ricerca debba essere condotta, anche, non meno importante,

cercare di escludere l’idea della Boden che ritiene che il processo di

trasformazione di uno spazio concettuale possa spiegare in modo esauriente

il concetto di creatività radicale.

La caratteristica della teoria della ricombinazione è che essa concede ad

un ampio numero di atti creativi di essere considerati tali e allo stesso tempo

42

Novitz (1999), cit. in Beaney (2005) pag. 261. 43

Ibidem.

Page 29: Creatività ed immaginazione

29

valuta il grado di creatività in base al grado di soddisfazione di ciascuna

delle tre condizioni (in misura maggiore o in misura minore) in modo da

caratterizzare con maggiore precisione che cosa si possa intendere per atto

radicalmente creativo. Un atto creativo non è assicurato dal solo fatto di

soddisfare congiuntamente queste tre condizioni, ma avviene dal momento

in cui determinate ricombinazioni “trasformano le regole di base che

definiscono gli spazi concettuali”44

. Di conseguenza, rientrano nel concetto

di atto creativo, non soltanto gli atti radicalmente creativi, ma una ampia

gamma di atti che non sono tali, ma non per questo devono essere esclusi

dagli atti creativi, tra questi “la ricombinazione di parole o frasi secondo le

regole grammaticali e semantiche esistenti, in modo che tuttavia si rivelano

preziose e sorprendentemente penetranti”45

. Lo stesso può avvenire con frasi

musicali, oppure il risultato di serendipità può essere un atto creativo, e non

di esplorazione dettagliata, o ancora il risultato di un semplice gioco.

La ricombinazione espressa nella teoria di Novitz non sempre coinvolge

frasi, parole, frasi musicali ed oggetti fisici, ma può anche essere solo

“ideativa”. Un esempio di mera ricombinazione ideativa è ben mostrata

nella percezione di aspetti o punti di vista (“Aspect Perception”), tema

ampiamente e brillantemente trattato da L. Wittgenstein, nella sua ormai

celeberrima analisi delle figure con doppia interpretazione, come la famosa

figura anatra/coniglio in cui la figura di un’anatra viene inter-scambiata, nel

modo di percepirla, con quella di un coniglio. Qui il becco dell’anatra può

essere visto a tratti come le orecchie del coniglio e per questo scambio di

visione tutto il resto della testa dell’anatra viene visto come la testa del

coniglio (e si può pensare che anche il corpo che non è disegnato si adatti

all'immaginazione).

44

Ibidem. 45

Novitz (1999) , cit. in Beaney (2005), pag. 261.

Page 30: Creatività ed immaginazione

30

Novitz scrive “tutto il resto si adatta”46

, per spiegare cosa sussegue ad

un cambiamento di visione. Questo affascinante fenomeno avviene poiché si

può guardare la figura sotto diverse descrizioni o con diverse credenze, ed in

un senso più ampio coinvolge il guardare in modo differente. Novitz

sostiene inoltre che questo tipo di cambiamento di “visione” possa essere il

tipo di cambiamento sotteso alle teorie di Copernico con la sua rivoluzione

copernicana.

Nella seconda condizione della sua teoria Novitz mette in luce

l’importanza della sorpresa che viene destata per una data popolazione, a

conoscenza di precedenti idee, ma tali da rendere questa nuova

ricombinazione nuova e difficilmente prevedibile.

La terza condizione richiede invece che un atto creativo sia di “reale

valore” per le persone. Per “reale valore” si intende qui, il portare un

potenziale beneficio, qualsiasi esso sia, nella vita dell’essere umano.

Al contrario, tutto ciò che arreca danno, non può essere considerato un

atto creativo, nemmeno se apparentemente lo sembra. Quest'affermazione di

Novitz rimane ingiustificata e poco approfondita e verrà infatti criticata e

ripresa da Michael Beaney.

3.3 Aggiornamento e critiche a Novitz

Quattro anni dopo, nel 2003, in un articolo intitolato “Explanations of

creativity”, Novitz apporta alcune modifiche alla sua teoria, poiché si

46

Ibidem.

Page 31: Creatività ed immaginazione

31

accorge che, così scritta, non escludeva abbastanza il caso Goodyear dal

marchio di atto creativo, e quindi aggiunge alcuni dettagli all’atto stesso

della ricombinazione: “è la capacità intrinseca, la genialità, la piacevolezza,

o la bellezza, che è il valore intrinseco dell’atto, che è mancante in un caso

del genere e che ci induce a pensare alla ricombinazione come ordinaria o

banale, quindi come meno creativa”47

.

La teoria viene modificata e così viene modificata la definizione di atto

creativo usata precedentemente, con alcune precisazioni:

“Un atto è creativo se e solo se comporta:

1. La ricombinazione intenzionale o casuale, ma in ogni caso

intrinsecamente preziosa di gruppi di idee, tecniche o oggetti,

laddove questa ricombinazione sia in seguito usata o dispiegata

ponderatamente.

2. In modalità che risultano in qualcosa che sia (o avrebbe potuto

essere) sorprendente per – e quindi non prevista da – una certa

comunità; ed inoltre

3. in modalità che sono destinate ad essere, ed effettivamente o

potenzialmente sono, di valore strumentale per alcuni”48

.

È questa riformulazione sufficiente a rendere la teoria di Novitz esente

da critiche? Forse si può evidenziare un problema che Novitz sembra non

essere in grado di affrontare, e cioè l'aspetto morale. Un punto critico della

teoria di Novitz, che è stato evidenziato da Michael Beaney, è il giudizio

morale legato all’atto creativo. Novitz infatti sostiene che “Ci sono robusti

vincoli morali che pendono sulla creatività, perché un atto immorale

intenzionale – uno che sia pensato per ferire e nuocere – non può esser

anche un atto creativo”49

.

In questo modo tuttavia, scrive Michael Beaney “la sua teoria implica

che i giudizi sulla creatività siano dipendenti dalle valutazioni morali.

Tuttavia questa sembra una posizione troppo forte da adottare, dal momento

47

Novitz (2003), Beaney (2005), pag 190. 48

Ibidem. 49

Novitz (2003), cit. in Beaney (2005), pag 191.

Page 32: Creatività ed immaginazione

32

che due di noi possono sicuramente essere d’accordo sulla creatività di un

atto, mentre essere in disaccordo sulle sue implicazioni morali”50

.

Possiamo esser d’accordo sulla richiesta che un atto creativo abbia

valore strumentale similmente a quanto Kant sosteneva parlando di

“esemplarità”, ma i giudizi sulla creatività devono rimanere scevri da quelli

morali.

Vi possono essere esempi di creatività che hanno aspetti immorali, ma

ai quali non si può negare l'originalità e la rottura di schemi tradizionali. Se

si accetta dunque la critica di Beaney, e a me pare ragionevole, la teoria di

Novitz, per quanto capace di mostrare alcuni limiti della teoria di Margaret

Boden, non riesce a presentarsi come teoria sufficientemente robusta da

comprendere tutti i tipi di creatività. Un aspetto particolare (che dovrebbe

essere maggiormente approfondito) è forse quello del ruolo

dell'immaginazione, che dovrebbe essere considerata indipendentemente da

aspetti morali. A questo tema dedichiamo la seconda parte del lavoro.

50

Beaney (2005), pag. 191.

Page 33: Creatività ed immaginazione

33

Parte II

Immaginazione

Page 34: Creatività ed immaginazione

34

Capitolo 2

1 Introduzione

Il primo capitolo è stato dedicato alla creatività, in particolare a sue

possibili definizioni e alle teorie degli autori che hanno provato a spiegarla.

Resterebbe incompleto il discorso se non si affrontasse anche un altra

tematica strettamente collegata alla creatività e a volte - a livello di senso

comune- erroneamente scambiata per questa, ossia l'immaginazione.

La questione centrale di questo secondo capitolo riguarderà il rapporto tra

immaginazione e creatività: di quale tipo di rapporto si può parlare? In che

modo l'immaginazione gioca un ruolo nella creatività?

Per poter cominciare ad accostarci a tale analisi, occorre prima di tutto

definire i campi concettuali qui interessati, in particolare quello

dell'immaginazione e successivamente andare ad approfondire i resoconti di

due autori che hanno tentato di rispondere alle domande prima poste e

hanno avanzato le loro tesi: Berys Gaut e Michael Beaney.

1.1 Immaginazione: definizioni di base

Come nel capitolo per la creatività, introdurrò l'argomento tramite alcune

definizioni tratte da diverse fonti, che esprimono il concetto di

immaginazione in questi termini: “Facoltà di immaginare, di elaborare

liberamente e con fantasia i dati dell'esperienza sensibile e i pensieri”51

.

“In generale, la possibilità di evocare o produrre immagini

indipendentemente dalla presenza dell'oggetto cui si riferiscono”52

.

“… si tende a distinguere l'immaginazione, prerogativa tipicamente umana,

51

Lo Zingarelli 2013. Vocabolario della lingua italiana. 52

Dizionario di filosofia a cura di N. Abbagnano, 2° edizione, 2006.

Page 35: Creatività ed immaginazione

35

in imitativa e creativa, anche se spesso le due manifestazioni si

sovrappongono. L'immaginazione imitativa elabora i dati sensoriali che

coordina, servendosi dei meccanismi associativi e dissociativi per

trasformarli in complessi che vengono poi ulteriormente perfezionati

dall'immaginazione creativa. Questa, considerata dalla gran parte degli

studiosi dell'intelligenza come una sua importante componente, consente al

soggetto di elaborare i dati rappresentativi sino a realizzare strutturazioni

nuove, come ad esempio un'invenzione, una scoperta, un opera d'arte”53

.

“La facoltà di rappresentarsi cose non date attualmente alla sensazione.

La filosofia si è posta fin dalla sua origine il problema dell'immaginazione o

fantasia ( i due termini sono per lo più sinonimi, e si usano in modo distinto

solo nei secoli recenti), oscillando in genere tra un atteggiamento che la

vede come momento positivamente legato all'attività conoscitiva, e un

atteggiamento che la considera inutile o addirittura dannosa alla conoscenza

del vero”54

.

“Termine costantemente associato, nella storia del pensiero, a quello di

fantasia nel significato di facoltà o attività mentale che produce, conserva,

riproduce, combina e crea immagini, anche in assenza degli oggetti

percepiti”55

.

Queste definizioni iniziali mettono in risalto alcuni aspetti comunemente

attribuiti all'immaginazione, principalmente quello di produrre mentalmente

rappresentazioni di cose non direttamente date alla sensazione o non

presenti al momento dell'atto immaginativo. Altro aspetto messo in luce, è

legato all'uso di quest'ultima come contributiva alla conoscenza umana o in

alternativa come facoltà pressoché inutile.

53

Dizionario di filosofia Bur- 1999, pag. 216. 54

Le Garzantine Filosofia, Enciclopedia filosofica, edizione 2004. 55

Enciclopedia filosofica Bompiani, volume sesto, nuova edizione 2006.

Page 36: Creatività ed immaginazione

36

Passiamo ora ad un'indagine più approfondita, che nasce all'interno

dell'ambito filosofico contemporaneo con tentativi di teorizzazioni più

accurate e sistematiche.

Volgiamo quindi lo sguardo ad uno degli autori che prenderemo in

considerazione, avendo egli analizzato il rapporto tra immaginazione e

creatività accuratamente, non senza prima presentare le definizioni

concettuali che ha dato di entrambi i termini in gioco.

1.2 Creatività ed immaginazione: definizioni di Berys Gaut

Berys Gaut nel suo The Creation of Art56

, offre gran parte delle

riflessioni da cui trarremo diversi spunti nella discussione che intendiamo

affrontare.

"La creatività potrebbe essere vista come un tipo o modo di fare qualcosa"

scrive Gaut, tuttavia, Joseph Shumpeter57

ad esempio mette in luce come

anche la distruzione possa essere creativa.

Benché effettivamente possiamo riconoscere una verità nella frase di

Shumpeter, la direzione in cui Gaut ci porta arriva a focalizzare la creatività

come"un tipo particolare di fare"58

, precisamente un tipo di fare che sia

"produzione di cose che siano originali, ovvero, in modo saliente nuove"59

.

Addentrandosi nell'argomento, ci porta poi verso una definizione più

dettagliata, domandandosi se l'originalità e la novità possano bastare a

rendere giustizia alla creatività che il genere umano attribuisce a personalità

che hanno fatto qualche cosa di più che la semplice produzione di qualcosa

di originale.

56

Gaut (2003). 57

Joseph Shumpeter (1883-1950) fu un economista austriaco tra i più importanti del

ventesimo secolo che si soffermò particolarmente sulla concezione di sviluppo in ambito

economico. 58

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005), pag. 268. 59

Ibidem.

Page 37: Creatività ed immaginazione

37

Kant, nella sua trattazione sul Genio, mette in luce come anche il non

senso possa essere originale, e di conseguenza se l'originalità è un prodotto

del non senso, essa non ha alcun valore; per riprendere le parole di Kant : "i

prodotti del genio devono anche essere modelli, ovvero, devono essere

esemplari"60

.

Alla luce di ciò che finora si è detto, "si potrebbe ritenere che la

creatività è il tipo di fare che produce qualcosa di originale e che ha un

valore considerevole. L'oggetto ha questo valore, in parte a causa della sua

originalità, ma principalmente a causa delle sue altre caratteristiche di

valore."61

Gaut ci propone come esempi due artisti noti: Picasso e Georges

Braque. Questi sono stati riconosciuti ovviamente per la loro originalità, ma

qualcos'altro ha fatto si che passassero alla storia: il valore intrinseco62

delle

loro opere, che considerato separatamente dalla loro originalità, rimane.

Fino a questo punto, le caratteristiche evidenziate da Gaut, sono

dunque l'originalità ed il valore. Tuttavia egli non si ferma a queste due.

Una terza caratteristica essenziale va ricercata nella modalità con la

quale si produce qualcosa.

Gaut esclude i prodotti dettati da casualità e ci motiva la scelta in una

serie di argomenti che vedremo rappresentati nell'esempio che segue.

Consideriamo un soggetto bendato, a cui vengono legate le mani, il cui

corpo è stato intinto di vernice dalla testa ai piedi e che viene segregato in

una stanza buia. Egli, muovendosi a caso nel tentativo ipotetico di trovare

una via d'uscita, si scontrerebbe con le pareti, che sono state appositamente

ricoperte da tele per dipinti, e lascerebbe su queste delle tracce di colore qua

e là, determinate dal suo movimento assolutamente casuale. Questo è un

buon esempio di un prodotto che può anche risultare di un' originalità senza

precedenti nella storia dell'arte, ma che non può essere considerato creativo.

Il soggetto che produce, infatti è totalmente inconsapevole di ciò che

casualmente sta facendo.

60

Ibidem. 61

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005), pag. 270. 62

Gaut utilizzando il termine “valore” si riferisce al significato in cui lo intende Kant.

Page 38: Creatività ed immaginazione

38

Oltre alla casualità, Gaut esclude anche la modalità meccanica di

produzione, giungendo a sostenere che la terza caratteristica essenziale della

creatività è l'intuizione (flair) che un soggetto creativo ha nel lavoro di

produzione. In conclusione, l’autore afferma che “l'originalità, il valore e

l'intuizione, sono gli ingredienti vitali del fare creativo”63

.

Lasciamo momentaneamente da parte il concetto di creatività già

approfondito nel cap. 1, e passiamo ora al concetto di immaginazione

delineato in modo assai interessante nelle riflessioni di Gaut.

Il concetto di immaginazione è generalmente più confuso e occorre

districarsi dalla matassa delle accezioni che solitamente vengono attribuite,

al fine di far luce sul suo senso centrale.

Tale concetto, egli spiega, ha una vasta varietà di usi. Un primo uso è

quello che vede l'immaginazione come la percezione errata di qualcosa: un

esempio è quello di un oggetto percepito come qualcos'altro rispetto a quello

che realmente è. Se io nel buio della mia stanza, scambiassi un cappotto

appeso al muro per una persona, io starei interpretando il cappotto come una

persona, percependo quindi in maniera errata l'oggetto che vedo.

Se invece qualcuno mi domandasse di immaginare che il tronco di un

albero fosse di colore blu anziché marrone, io potrei impegnarmi in questo

compito, e il senso di “immaginazione” sarebbe differente dal primo.

In questo caso infatti non è necessario il coinvolgimento della credenza:

mentre nel primo caso credevo che il cappotto fosse una persona, nel

secondo caso io mi impegno nell'immaginazione e, pur sapendo che il

tronco di un albero è in realtà di colore marrone , posso immaginarlo come

blu senza crederlo realmente.

Un altro senso ancora è quello secondo il quale l'immaginazione è un

sinonimo di pensiero creativo, benché se fosse così scontato e chiaro non vi

sarebbe necessità di portare avanti questa trattazione. E' alquanto evidente

che così non è, e dunque, questo senso rimane un sinonimo tra altri.

63

Gaut (2003) cit. in Beaney (2005), pag. 271.

Page 39: Creatività ed immaginazione

39

Vi è poi un senso in cui immaginare significa formare un immagine. A

questo caso è necessario dedicare una maggiore attenzione. Berys Gaut ci fa

notare come si possano avere delle immagini senza che si stia immaginando:

pensiamo ad esempio ad un immagine richiamata alla mente dalla nostra

memoria, o alle immagini che ci appaiono in sogno, o ancora a quelle che

derivano dalla nostra percezione; in tutti questi casi noi stiamo avendo delle

immagini, ma non stiamo “immaginando”.

È possibile poi immaginare uno stato di cose senza che se ne abbia una

immagine, oppure ancora ci sono determinate cose che sono impossibili da

immaginare: una sequenza di elementi di un insieme infinito, ad esempio.

Sebbene alcune immagini possano essere casi di immaginazione, non si può

tuttavia, come dimostrano gli esempi appena elencati, identificare

l'immaginazione con la produzione di immagini.

Ma se l'immaginazione non è tutto quello che abbiamo appena escluso,

allora che cos'è?

"Una proposta avanzata da diversi filosofi e che io ritengo sia

fondamentalmente corretto" scrive Gaut, "è che immaginare la situazione tal

dei tali, immaginare che P sia una questione di intrattenere la proposizione

che P. Intrattenere una proposizione è questione di averla in mente, laddove

averla in mente è questione di pensarla in una maniera tale che non si è

vincolati alla verità della proposizione o addirittura sulla sua falsità. Al

contrario, l'attitudine proposizionale del credere che P implica il pensare

alla proposizione che P in modo da essere impegnati nei confronti della

verità della proposizione"64

.

Si può anche mettere la questione nei termini di pensare allo stato di

cose che P, senza impegno sull'esistenza reale di tale stato di cose, oppure si

può parlare di "pensiero non asserito"65

ovvero pensare a P senza

"affermare" che P.

"dal momento che l'asserzione è in senso stretto un atto linguistico, non

un atteggiamento proposizionale, asserzione, penso, dovrebbe essere qui

64

Gaut (2003),Beaney 2005,pag. 272. 65

Ibidem.

Page 40: Creatività ed immaginazione

40

inteso nei termini di impegno alla verità o falsità di una proposizione

(impegno aletico) nel modo appena descritto"66

.

La definizione appena riportata si riferisce all'immaginare

proposizionale come per esempio “immaginare che ci sia il sole”; tuttavia

l'immaginare non è solo proposizionale e può essere anche di altri due tipi:

oggettuale ed esperienziale.

L'immaginare oggettuale, come richiama la definizione stessa, riguarda

l'immaginazione di un oggetto, e la stessa definizione di immaginare

proposizionale può essere estesa anche a questo tipo, nel seguente modo:

"Immaginare un oggetto x è una questione di intrattenere il concetto di x,

laddove intrattenere il concetto di x è una questione di pensare ad x senza

impegno all'esistenza (o alla non esistenza) di x"67

. Un esempio fatto da

Gaut può essere immaginare un gatto bagnato.

L'immaginare esperienziale invece, è "il tipo di caso dove l'immaginare

ha un aspetto esperienziale distintivo"68

; questo tipo di immaginare

comprende al suo interno due ulteriori tipologie: l'immaginare sensoriale e

quello fenomenale.

Il primo si ha quando immagino visivamente il gatto bagnato, mentre il

secondo, quando si immagina cosa si può provare a sentirsi bagnato.

"Ciò che rende l'immaginare sensoriale o fenomenale, è il modo di

presentazione del pensiero. Il pensiero del gatto può essere asserito o non

asserito, nel senso indicato prima: nel primo caso l'immagine può essere una

memoria, un sogno, o un'immagine percettiva; nel secondo caso, l'immagine

è un tipo di immaginare. Quindi l'immaginare esperienziale è una questione

di modi fenomenale o sensoriali di presentazione di pensieri non asseriti"69

.

Vi è poi un ultimo tipo di immaginare, ovvero quello drammatico:

immaginare cosa si prova ad essere una persona o cosa si prova ad essere

nella posizione di una persona. Quest'ultimo è un composto strutturato di

altri tipi di immaginare; per potermi impegnare in tale tipo di immaginare

66

Ibidem. 67

Gaut (2003) , cit. in Beaney (2005), pag. 273. 68

Ibidem. 69

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005), pag. 273.

Page 41: Creatività ed immaginazione

41

devo intrattenere varie proposizioni circa la situazione nella quale si trova la

persona e intrattenere concetti di vari oggetti, quindi sia l'immaginare

sensoriale che fenomenale. Tale compito è spesso particolarmente

complesso e richiede notevoli capacità; si può riscontrare nella capacità di

un romanziere ad esempio.

Dato l'approfondimento dei concetti di creatività ed immaginazione da

parte di Gaut, possiamo ora, sempre seguendo il suo filo conduttore,

cominciare ad analizzare le relazioni tra di essi.

2 La visione di Gaut

2.1 Modello visualizzazione (Display Model) e Modello ricerca

(Search Model)

Che collegamento esiste tra l'immaginazione e la creatività? Ma prima

ancora, esiste necessariamente una relazione tra loro? Un atto creativo

necessita sempre di un atto immaginativo?

Consideriamo due menti creative quali possono essere state quelle di

Bertrand Russell e di Friedrich Von Kekulè, i quali rispettivamente diedero

alla luce il primo l'opera Principia Mathematica ed il secondo la scoperta

della struttura ad anello della molecola di benzene.

Bertrand Russell raccontò che spesso la sera andava a letto senza esser

giunto alla soluzione di un problema difficile sul quale stava lavorando, ma

poi si svegliava la mattina con la soluzione del problema tra le mani. Lo

stesso accadde a Kekulè, il quale come è già stato descritto nel capitolo

precedente, ebbe un'immagine in sogno che ispirò la sua nuova scoperta:

l'immagine di un serpente che si mordeva la coda avrebbe dato origine

all'idea che la molecola di benzene poteva avere (differentemente dalle altre

molecole studiate in precedenza) una forma circolare. Questi esempi

coinvolgono l'immagine; trattandosi tuttavia di immagini apparse in sogno,

potrebbero non aver coinvolto l'immaginazione. Quindi, la risposta a questa

Page 42: Creatività ed immaginazione

42

prima domanda è negativa: non sempre un atto creativo coinvolge

l'immaginazione.

Ribaltiamo la domanda precedente: un atto immaginativo coinvolge

sempre un atto creativo?

Ogni volta che si immagina si va al di là delle proprie esperienze e

credenze, ma nonostante ciò non sempre si giunge ad un atto creativo.

Questo perché la definizione (data da Gaut) di atto creativo richiede tra i

suoi requisiti la novità ed il valore e non sempre quest'ultimi ci sono quando

immagino (anche perché le stesse immaginazioni possono essere fatte da un

numero elevato di persone e quindi essere molto comuni). La risposta alla

domanda sopra posta allora è negativa poiché è molto raro che immaginare

sia anche creativo.

A livello più generale, non sembrano sussistere necessariamente

relazioni tra le due, ma vi sono anche casi differenti da questi appena

riportati; esaminando più nel dettaglio la relazione ipotetica, possiamo

appellarci a due modelli ideati da Berys Gaut per entrare nei sottili meandri

della modalità con cui l'immaginazione potrebbe lavorare all'interno della

creatività.

2.1.1 Il modello visualizzazione (Display Model)

Secondo tale modello, la creatività stessa avviene in un dominio

mentale quale (forse) potrebbe essere l'inconscio e l'immaginazione

opererebbe come un modo di visualizzare i risultati da esso prodotto. Questo

modello è in linea con la visione tradizionale della creatività, che ritiene che

colui che crea sia alquanto inconsapevole di ciò che sta facendo e riceve il

risultato creativo come una rivelazione, qualcosa che non è in grado di

spiegare: Platone nel dialogo dello Ione esprime bene questa visione della

creatività.

Tale modello, tuttavia lascia l'immaginazione fuori dall'atto creativo,

dandole un ruolo abbastanza periferico, poiché il processo avverrebbe

Page 43: Creatività ed immaginazione

43

principalmente in qualche altra facoltà mentale. Il suo ruolo sarebbe

piuttosto quello di "scrivano" o quello di "registratore" del materiale non da

essa prodotto. Lo stesso ruolo, peraltro, può anche essere svolto da

immagini che- come gli esempi di Kekulè e Russell ci mostrano-possono

appartenere al processo del sogno e non a quello dell'immaginazione.

Quello che a noi premeva inizialmente ricercare era una connessione

rilevante tra immaginazione e creatività, ma questo modello non rende

abbastanza giustizia al ruolo dell'immaginazione. Poeti e scrittori in passato,

come Shakespeare in Sogno di una notte di mezza estate hanno ritenuto che

l'immaginazione avesse un ruolo essenziale nel dare corpo a cose

sconosciute. Fu un’attribuzione erronea?

Alla luce di pensieri differenti su che cosa l'immaginazione sia e

prendendo in considerazione coloro che, oltre a Shakespeare hanno

attribuito un ruolo estremamente importante ad essa, è necessario non

fermarsi a ciò che il “modello visualizzazione” delinea e continuare a

ricercare con Gaut alternative al modello visualizzazione.

Egli ritiene necessario allora distinguere tra due tipi (o aspetti) della

creatività : quella passiva e quella attiva.

Nel caso della creatività passiva il soggetto sarebbe incosciente del

processo creativo: la soluzione di un problema, o un'idea, sorgerebbe nella

mente di una persona improvvisamente e inaspettatamente.

Nel caso della creatività attiva, invece, il soggetto creativo ricerca

attivamente le soluzioni ad un problema e lo fa in modo conscio, provando

differenti approcci; nel corso di questo processo poi può imbattersi in una

soluzione.

Questo tipo di creatività è più comune nelle arti, ad esempio è molto

probabile che un pittore consideri nella sua mente varie immagini per

decidere come fare un dipinto. L'immaginazione, non sarebbe qui un mero

"registratore" di qualcosa che non dipende consciamente dal soggetto che

crea, ma sarebbe parte importante del suo processo creativo. Quest'ultimo

sarà spiegato da Gaut attraverso il modello ricerca (The Search Model).

Page 44: Creatività ed immaginazione

44

2.1.2 Il modello ricerca (Search Model)

Come ho già premesso, questo modello si propone di dare

all'immaginazione un ruolo di maggiore importanza nel processo creativo.

Scrive Gaut: "Secondo tale modello, quando uno se ne viene fuori con una

nuova idea, o inventa un nuovo oggetto, si può pensare abbia lavorato

attraverso varie possibilità ordinate in uno spazio logico"70

.

Il ruolo dell'immaginazione sarebbe quello di "cogliere una serie di

possibilità rilevanti e di selezionare da esse quella più adatta alle

circostanze. Quindi, il processo del provare vari approcci, che abbiamo visto

essere il marchio di garanzia della creatività attiva, si deve intendere nei

termini di considerare o misurare la porzione rilevante di spazio logico, ed il

processo di invenzione è quello di scegliere una delle possibilità

esaminate"71

.

Si potrebbe esser tentati di pensare che un'ampia immaginazione si

manifesti quindi in una quanto più vasta possibile capacità di indagare varie

possibilità in uno spazio logico.

E' necessario allora ricorrere ad un esempio che può aiutarci a capire

perché l'immaginazione non consisterebbe in questo.

Prendiamo l'esempio del campione di scacchi Garri Kimovič Kasparov,

la cui creatività espressa nel suo modo di giocare a scacchi si pensava fosse

dovuta al fatto che egli, a differenza di chiunque altro, fosse capace di

esaminare una più ampia gamma possibile di mosse da fare.

Prendiamo poi Deep Blue, computer programmato dall'IBM per giocare

a scacchi, che sconfisse nel 1977 Kasparov; Deep Blue, aveva davvero (in

questo senso) una capacità di immaginazione più potente di chiunque altro,

e fu capace di analizzare una gamma di gran lunga maggiore di mosse

possibili da fare e di selezionare poi la mossa vincente.

Tuttavia Deep Blue, in quanto ricerca meccanicamente le mosse

possibili, è espressione e sintesi di un modo non creativo di giocare a

70

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005), pag. 277. 71

Ibidem.

Page 45: Creatività ed immaginazione

45

scacchi (abbiamo precedentemente visto che un atto creativo per essere

considerato tale non può essere il risultato di un processo meccanico).

Al contrario, il modo di giocare a scacchi di Kasparov è creativo,

benché egli non abbia a livello quantitativo le stesse capacità di Deep Blue;

scrive infatti Gaut: "la creatività non è propriamente una questione di

potente immaginazione, nel senso di una capacità di ricerca attraverso

grandi numeri di possibilità"72

.

Si potrebbe sostenere che Deep Blue non possieda un'immaginazione,

perché l'immaginazione richiede a sua volta il possesso di coscienza e

capacità di ragionare, e Deep Blue non possiede nessuna delle due cose.

Allora qui Gaut pone l'esempio del tutto inventato di Shallow Pink,un

autistico, che potenzialmente ha capacità di indagare a livello quantitativo le

stesse mosse di scacchi di Deep Blue.

Shallow Pink, in quanto essere umano, possiede coscienza e capacità di

ragionamento, ma anch'egli gioca a scacchi in modo meccanico e non

creativo (Gaut non ci dice che cosa intenda con il termine “meccanico” e

perché un autistico giocherebbe in maniera meccanica rispetto a Kasparov.

Potremo forse supporre che la modalità meccanica consista nel seguire delle

regole in modo rigoroso passo dopo passo senza deviare da queste. Per

quanto riguarda Kasparov invece possiamo supporre che la sua modalità di

gioco faccia ricorso ad euristiche, ovvero modalità di risoluzione ai

problemi che non è guidata da un percorso specifico e delineato ma che si

serve dell'intuito derivante da un ampio numero di fattori per giungere alla

soluzione di un problema).

Tornando a Kasparov, egli sicuramente sa ricercare poche mosse

rispetto a Deep Blue e Shallow Pink; tuttavia, la sua immaginazione viene

spesa nella selezione della porzione di spazio per lui rilevante dalla quale

poi potrà trarre una mossa che potrà essere decisiva (o no) per la sua partita.

La differenza tra Shallow Pink e Kasparov non sta nel fatto che uno non

utilizzi l'immaginazione e l'altro si: entrambi la utilizzano, ma la vera

72

Ibidem.

Page 46: Creatività ed immaginazione

46

differenza sta nella modalità con la quale la utilizzano poichè Kasparov la

usa creativamente, mentre Shallow Pink no.

Perché Kasparov la usa creativamente? Perché le basi della sua

immaginazione, sono fattori quali "la sua vasta esperienza, la sua

considerevole conoscenza della storia degli scacchi, la tecnica praticata, ed

il suo talento nativo puro". 73

Sarebbe interessante, benché in questa

trattazione Gaut non ci si soffermi, capire quali sono le caratteristiche

decisive a livello creativo che distinguono un essere umano da Shallow

Pink. Sarebbe allora necessaria anche una teoria della mente di un autistico

per avere un'idea più chiara riguardo ciò che rende l'immaginazione

definibile come creativa, dal momento che si avrebbe più evidenza a

disposizione.

Proseguendo Gaut distingue tra due tipi di immaginazione: l'immaginazione

come una fonte della creatività e l'immaginazione come un veicolo della

creatività.

Kasparov utilizza la sua immaginazione come un veicolo, ovvero come

uno strumento per giungere all'atto creativo della mossa.

Dal momento che l'immaginazione può essere anche usata in modo

meccanico, non può essere considerata la fonte della creatività, come sia

Shelley che i poeti romantici avevano sostenuto, mitizzandola, forse proprio

per averla considerata una fonte.

2.2 L'immaginazione come veicolo della creatività attiva

Abbiamo appena distinto tra immaginazione come fonte ed

immaginazione come veicolo della creatività attiva, e fatto luce

sull'impossibilità di considerare l'immaginazione come una fonte per i

motivi specificati in precedenza. Il ruolo dell'immaginazione sarebbe allora

quello di veicolo nel processo creativo attivo.

73

Gaut (2003), cit. in Beaney 2005, pag. 278.

Page 47: Creatività ed immaginazione

47

Perché l'immaginazione si presterebbe bene ad essere un veicolo della

creatività attiva?

Scrive Gaut: "L'immaginazione è particolarmente adatta per essere il

veicolo della creatività attiva. Cioè, è adatta per sua natura a servire come

tale veicolo, per il suo tipo di stato che è intenzionale. In questo differisce da

altri stati mentali come le credenze e le intenzioni, che non sono adatte per

loro natura ad essere tali veicoli"74

. Quello che distingue l'immaginazione da

altri stati mentali, è il fine intrinseco interno all'immaginazione. La credenza

è un'attitudine proposizionale, cui fine intrinseco è la verità; credere dunque

ha come scopo intrinseco la verità della proposizione a cui si crede ed

impegna il soggetto alla verità o non verità della proposizione. É infatti

considerato irrazionale, come ci mostra il paradosso di Moore, sostenere

questo tipo di proposizione: "Credo che stia piovendo, ma non sta

piovendo"75

.

Stesso tipo di discorso si può fare per lo stato mentale dell'intenzione,

che ha come fine ultimo l'azione: lo scopo intrinseco dell'intenzione è

l'azione, ossia essa contiene come fine ultimo l'impegno ad agire. Appare

altrettanto irrazionale e paradossale sostenere di avere intenzione di fare

qualcosa, ma allo stesso tempo affermare che non la si farà quando si potrà.

Come abbiamo già visto nella parte dedicata alla chiarificazione

concettuale, l'immaginazione è scevra da impegni alla verità, falsità, azione

o non azione.

"L'immaginazione, è slegata da impegni qualunque sia la questione e

rispetto a qualunque azione specifica. In realtà l'immaginazione sembra

manchi di qualsivoglia fine intrinseco- cioè qualunque fine che gli

attribuisca lo stato che ha. Perciò essa presenta un tipo di libertà a tale

riguardo. Come tale, è particolarmente adatta- per sua natura- ad essere il

veicolo della creatività attiva, dal momento che si possono provare differenti

approcci e visioni immaginandoli, senza essere né legati alla verità delle

affermazioni né vincolati ad agire sulla base delle proprie immaginazioni".

74

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005) , pag. 279. 75

Ibidem.

Page 48: Creatività ed immaginazione

48

Inoltre, "dal momento che l'immaginazione manca di un fine intrinseco,

i fini dell'immaginazione sono estrinseci ad essa: quindi si può usare

l'immaginazione per molti scopi diparati, senza essere irrazionali"76

.

Nonostante Gaut abbia dimostrato che l'immaginazione sia adatta per

sua natura ad essere un veicolo della creatività attiva, può non essere essa

l'unico veicolo.

Anche la credenza può talvolta esser tale; consideriamo questa

proposizione: "supponiamo che invece di credere che l'opzione successiva

cercata sarà la posizione corretta, la persona creativa crede che sia possibile

che l'opzione successiva cercata sarà la soluzione corretta"77

.

Il contenuto della credenza qui, non comporta un impegno alla verità o

alla falsità, bensì lascia uno spazio alla possibilità che possa essere o meno

vero che l'opzione successiva cercata sarà corretta.

Cosa accade in questa situazione? Quello che accade è che il contenuto

della credenza imita la modalità essenziale dell'immaginazione, la quale

(ripetiamo ancora una volta) è scevra da impegni alla verità o alla falsità. La

natura della credenza infatti è un'altra, come abbiamo già visto.

Concludiamo con una frase riassuntiva di Gaut: "correttamente inteso

come un punto circa la natura dell'immaginazione come opposta ad altri stati

intenzionali, la pretesa che l'immaginazione sia peculiarmente adatta ad

essere il veicolo della creatività attiva è corretta. Essa stabilisce una

connessione costitutiva tra l'immaginazione e la creatività, che è il nocciolo

di verità nel tradizionale collegamento dei due domini"78

.

76

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005), pag. 280. 77

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005) pag. 281. 78

Ibidem.

Page 49: Creatività ed immaginazione

49

2.3 Creatività e metafora

È d'obbligo nel parlare di immaginazione dedicare uno spazio ( benché

limitato rispetto alla sua vasta produzione) ad uno dei maggiori filosofi

moderni che si è interessato enormemente al tema dell'immaginazione:

Kant.

Kant verrà preso qui in considerazione all'interno di un'ultima parte del

lavoro di Berys Gaut, quello dedicato alla metafora come paradigma

dell'immaginazione creativa.

Facendo un breve punto della situazione, abbiamo trovato, in risposta

alla domanda posta all'inizio di questo secondo capitolo, due modi in cui

l'immaginazione può lavorare all'interno della creatività. Il primo vede nel

ruolo dell'immaginazione quello di rendere noto al suo creatore il prodotto

creativo, il secondo invece vede l'immaginazione un veicolo della creatività

attiva. Tuttavia quest'ultima a differenza della prima è un'affermazione a

priori che presuppone che vi sia un collegamento basilare tra

immaginazione e creatività attiva. Gaut a questo punto si chiede se sia

possibile parlare del modo in cui funziona l'immaginazione creativa e dopo

aver confermato tale possibilità, comincia l'argomento introducendo Kant e

la sua trattazione sul genio, oramai celebre nella storia della filosofia.

Scrive Gaut: “Nelle sezioni 46-50 della Critica del Giudizio Kant indaga la

relazione dell'arte al genio, e del genio all'immaginazione. Le belle arti, egli

dice, sono le arti del genio, la prima proprietà del genio deve essere

l'originalità (175), ed anche i prodotti del genio devono risultare esemplari.

Caratteristico del genio è lo spirito, “il principio vitalizzante della mente”,

che non è altro che la capacità di manifestare idee estetiche; per “idea

estetica” intendo una rappresentazione dell'immaginazione che induce una

profonda riflessione ma alla quale nessun determinato pensiero, ovvero

nessun concetto (determinato), può conformarsi tanto che nessun linguaggio

può esprimerla completamente e ci permette di afferrarla. (313-14). In

generale l'immaginazione, dice, è “un potere che si avverte anche quando

Page 50: Creatività ed immaginazione

50

non è presente l'oggetto”79

. L'immaginazione riproduttiva sembra questione

di avere una memoria figurativa; l'immaginazione produttiva, di avere

un'immaginazione sensoriale. Ed è l'immaginazione produttiva quella che

Kant ha in mente nel passaggio sulle idee estetiche. Ma non tutti gli esercizi

di immaginazione produttiva sono creativi; infatti, Kant nota che utilizziamo

questo genere di immaginazione anche per fantasticare quando “la vita ci

colpisce come eccessiva routine”. Ma laddove le idee estetiche, una sorta di

rappresentazione dell'immaginazione, sono coinvolte, allora c'è creatività

(315)”80

. Gaut sostiene che sebbene buona parte di questi passaggi sia

oscuro, sia chiaro tuttavia che Kant colleghi l'originalità esemplare ad un

tipo di immaginazione, senza per questo ritenere che tutti gli utilizzi

dell'immaginazione produttiva (immaginazione esperienziale nella

terminologia finora utilizzata) siano creativi. Ci sono quindi alcuni punti di

accordo tra la spiegazione di Kant e la posizione fin qui sviluppata. Ma c'è

anche qualcosa di nuovo: Kant esamina in quali circostanze

l'immaginazione è creativa e la sua risposta è in termini di quando essa

manifesta idee estetiche. Che cosa sono queste cose che inducono una

profonda riflessione ma alla quale nessun determinato concetto può

conformarsi?

Una risposta secondo Gaut può essere dedotta da alcuni degli esempi che

Kant utilizza per spiegare le idee estetiche e che suggeriscono che ciò che

Kant intende per idea estetica è la metafora. Le metafore (quelle efficaci)

inducono una profonda riflessione ma allo stesso tempo quello che dicono

non può essere completamente parafrasato da nessun linguaggio preciso e

determinato; esse coinvolgono l'utilizzo dell'immaginazione e l'originalità è

un merito della metafora nello stesso modo in cui è una virtù del genio.

Inoltre Kant ritiene che è nell'arte della poesia che il potere delle idee

estetiche può manifestarsi nel modo più pieno possibile (314) e certamente le

metafore sono presenti più esplicitamente nella poesia sebbene esistano

anche metafore visive e sensoriali.

79

Kant (1987), cit. in Gaut (2003). 80

Gaut (2003), cit. in Beaney (2005), pag 282.

Page 51: Creatività ed immaginazione

51

Il collegamento kantiano tra creatività ed immaginazione nel suo

impiego nella creazione delle metafore, oltre ad essere estremamente

affascinante, fissa un'intuizione importante ovvero che la costruzione della

metafora è un paradigma dell'immaginazione creativa. Per paradigma Gaut

qui intende “qualcosa al quale possiamo fare appello per capire un

fenomeno preso in esame o un aspetto di tale fenomeno. Un paradigma in

questo senso è una nozione di tipo euristico dal momento che la sua

applicazione ci aiuta a capire meglio il fenomeno pertinente; anche la

costruzione delle metafore è un caso di immaginazione creativa"81

.

“Una metafora è un'espressione dell'immaginazione dal momento che,

quando dico metaforicamente che x è y, invito chi mi ascolta a pensare e ad

immaginare x come y. Se dico che gli uomini sono lupi invito chi mi sta a

sentire a pensare agli uomini come lupi ed il pensare a in questo caso non è

una questione di credere che gli uomini siano lupi quanto piuttosto di

immaginare gli uomini come lupi. Per porre la stessa questione in maniera

leggermente diversa, impiegando la metafora, invito il mio uditorio ad

accogliere una prospettiva lupesca sugli uomini”82

.

Oltre ad essere un esercizio di immaginazione, inventare una buona

metafora manifesta creatività poiché da origine ad un nuovo modo di

guardare o pensare. Tuttavia non sempre le metafore risultano efficaci; una

buona metafora per essere tale deve essere appropriata cioè deve sembrare

adatta al suo oggetto. Riguardo a ciò il contenuto cognitivo della metafora è

importante: se ci sono proprietà veramente possedute in comune fra due

oggetti collegati da una metafora allora la metafora si rivelerà appropriata.

La costruzione di una buona metafora dunque è segno di creatività poiché

mostra stile ed originalità e manifesta il valore dell'adeguatezza, che a sua

volta spesso si poggia su un'intuizione cognitiva. “Inoltre la prospettiva che

siamo invitati ad accogliere – dobbiamo immaginare gli uomini come lupi –

e la generazione di questa prospettiva è un caso di creatività. Poiché in una

buona metafora concetti e domini del pensiero altrimenti lontani fra loro

81

Gaut (2003), cit. il Beaney (2005), pag. 284. 82

Ibidem.

Page 52: Creatività ed immaginazione

52

sono portati in intimo contatto reimpostando il familiare terreno concettuale

in un luogo apparentemente strano eppure curiosamente adeguato”83

.

La costruzione delle metafore, nell'analisi di Gaut, può essere allora

considerata un paradigma dell'immaginazione creativa poiché nelle buone

metafore un atto immaginativo accosta due domini (altrimenti diversi e

distanti) e così facendo ci invita a guardare ad un certo oggetto in una

maniera originale eppure appropriata. Come tale esso mostra in maniera

molto chiara un modo fondamentale nel quale opera la creatività attiva.

È importante sottolineare che questa asserzione è avanzata da Gaut non

come un'affermazione istitutiva che pone le basi di un collegamento

universale a priori tra la creazione di metafore e l'immaginazione creativa,

piuttosto come un'affermazione euristica su come l'immaginazione creativa-

in uno dei suoi utilizzi- possa essere fruttuosamente compresa, illuminando

così il modo in cui funziona.

Oltre ad essere un paradigma di creatività attiva, le metafore sono anche

sorprendentemente comuni in molti ambiti del pensiero creativo; è evidente

nel caso della letteratura e specialmente della poesia per esempio, tuttavia

anche in molti altri campi dell'arte. Utilizzare metafore è anche una

caratteristica significativa del nostro parlare a proposito delle opere d'arte. Il

linguaggio della critica dell'arte è fortemente metaforico; in realtà anche i

termini basilari della critica musicale, come per esempio quando si parla di

tensione e risoluzione, note alte e note basse, spazio musicale e così via,

sono metaforici. Infine le metafore sono anche di considerevole importanza

nella scienza. Molte teorie filosofiche e scientifiche sono sviluppi pratici di

metafore. La mente umana è stata concepita in modo vario nella storia:

come una specie di meccanismo idraulico (da cui alcune delle teorie

psicologiche ricavate da Cartesio e Hume), come un centralino telefonico e

più recentemente come un sistema computazionale. Talvolta questi modelli

sono stati presi alla lettera, ma spesso son stati trattati come metafore che

aiutavano a mettere a fuoco intuizioni e dal quale poteva emergere una più

83

Ibidem.

Page 53: Creatività ed immaginazione

53

precisa comprensione dei fenomeni. Infine anche la scienza spesso tesse le

sue teorie da una fonte metaforica.

Sebbene Gaut ci abbia fatto notare la sorprendente frequenza delle

metafore nelle nostre pratiche creative, quello che a lui interessa dire è che

l'arte della metafora è un paradigma dell'uso creativo dell'immaginazione e

che questo non si basa sul palesarci la notevole quantità del loro utilizzo.

L'affermazione che avanza pretende di essere solo una risposta parziale alla

domanda sul modo in cui opera l'immaginazione creativa.

Gaut sostiene infine che valga la pena tornare un momento alla

discussione iniziale di Kant, che fa ricorso alle metafore quando parla delle

idee estetiche. Egli trova infatti che la sua caratterizzazione dell'idea estetica

come “una rappresentazione dell'immaginazione che induce una profonda

riflessione ma alla quale nessun determinato pensiero, sarebbe a dire, nessun

concetto (determinato), può conformarsi...”84

abbia un difetto rilevante: Il

parlare causale di Kant di induzione qui è inadeguato per caratterizzare una

buona metafora( o anzi una buona idea in generale), dal momento che anche

le cattive idee e le brutte metafore possono indurre una gran riflessione.

L'idea causale dell'induzione ed il test quantitativo della “profonda

riflessione” sono standard inadeguati al successo della creazione delle

metafore e delle buone idee in generale. Una buona metafora non tanto

induce una gran riflessione, quanto piuttosto la guida, chiedendoci di

pensare ad un oggetto in termini di qualcos'altro; ed il suo standard di

successo non è il volume di pensiero che scatena in noi, ma la qualità di

quella riflessione.”

84 Kant (1987), citato in Gaut (2003)

Page 54: Creatività ed immaginazione

54

3 La teoria di Michael Beaney

3.1 Il modello connessione

Gaut giunge attraverso il suo lavoro ad alcune distinzioni fondamentali

attraverso i modelli che propone per il ruolo dell'immaginazione nella

creatività, che lo porta a sostenere, come abbiamo visto, che

l'immaginazione sia il veicolo della creatività attiva.

Tuttavia Beaney (ed io mi trovo in accordo con lui per quanto riguarda

tale osservazione), ci fa notare che in fin dei conti il ruolo che Gaut alla fine

attribuisce all'immaginazione, ossia quello di veicolo, assomiglia molto a

quello che lui ha sostenuto per l'immaginazione nella creatività passiva,

attraverso il modello visualizzazione. Il presupposto iniziale di trovare

all'immaginazione un ruolo più centrale nella creatività non verrebbe allora

raggiunto, ma anzi il ruolo di veicolo non renderebbe alla fine quella

giustizia che Gaut voleva rendere all'immaginazione. Se l'immaginazione

non è nemmeno in questo secondo modello una fonte per la creatività, allora

i due modelli si somiglierebbero molto per il ruolo che attribuiscono

all'immaginazione.

Traendo esempio dalla risoluzione dei problemi all'interno della

geometria Euclidea, Beaney ci presenta un terzo modello possibile, che si

prefiggerebbe di dare una rilevanza maggiore all'immaginazione rispetto a

quella che Gaut ha dato attraverso l'ideazione dei suoi due modelli. Ci

presenta allora un terzo modello: il modello connessione.

Scrive Beaney: "l'immaginazione potrebbe essere coinvolta nel

ricercare e nel visualizzare nuove idee, ma quello che è spesso decisivo è il

collegamento di un'idea ad un'altra"85

.

Per rendere chiaro ciò che intende sostenere, Beaney fa riferimento al

procedimento del teorema di Pitagora, nei cui passaggi nota che

85

Beaney (2005) pag. 201.

Page 55: Creatività ed immaginazione

55

l'immaginazione avrebbe un ruolo nella connessione di alcuni dati,

connessione che permette di giungere ai “tre momenti d'ispirazione” che

portano alla buona riuscita del teorema di Pitagora.; “... è l'uso fatto dei

precedenti risultati che permette di trovare la soluzione”86

.

"In tutti i tre momenti d'ispirazione, ciò che è coinvolta è la

connessione. La ricerca e la visualizzazione svolgono un certo ruolo, ma la

vera creatività sembrerebbe risiedere nel fare connessioni produttive"87

.

Apparentemente potrebbe sembrare ancora un ruolo marginale quello

connettivo dell'immaginazione, tuttavia, forse proprio la connessione

potrebbe essere considerata una fonte della creatività: l'unione di determinati

elementi sarebbe ciò che conduce alla soluzione, e l'immaginazione avrebbe

qui il ruolo di unione. Questo esempio, sostiene Beaney, potrebbe mostrare

quella che era la visione di Kant, che distingueva tra due tipi di

immaginazioni: quella produttiva e quella riproduttiva.

"L'immaginazione può avere sia un ruolo riproduttivo nel richiamare e

mostrare precedenti idee o risultati, ed un ruolo produttivo o creativo, nel

selezionare e connettere alcune di queste idee o risultati"88

.

Sempre a detta di Beaney, proprio l'inadeguatezza del modello ricerca

proposto da Gaut metterebbe in luce la necessità del modello connessione.

Questo, perché l'immaginazione nel modello ricerca avrebbe il ruolo, ad

esempio nel gioco degli scacchi, di pre-selezionare un range di possibilità

dalla quale poi si può scegliere la migliore.

Questa pre-selezione, richiede allora connessione, tra tutto il bagaglio

esperienziale del giocatore (Kasparov) e la nuova situazione di gioco.

La memoria di partite e mosse passate, in tutto ciò contribuirebbe dando

l'ispirazione, ma non determinerebbe la scelta della mossa, che per essere

funzionale e creativa deve aver valore ed originalità (se fosse solo memoria,

non avrebbe l'originalità tra le sue caratteristiche).

Il modello connessione, comparato alle teorie della creatività viste nel

primo capitolo, sarebbe in linea con la teoria della ricombinazione di David

86

Ibidem. 87

Ibidem. 88

Ibidem.

Page 56: Creatività ed immaginazione

56

Novitz che prevede necessariamente connessione, mentre lo sarebbe meno

con la visione di Margaret Boden che non parla di connessioni all'interno

della sua teoria degli spazi concettuali.

Page 57: Creatività ed immaginazione

57

Conclusioni generali

Quando parliamo di creatività i concetti che ricorrono in quasi tutte le

definizioni riportate in questa tesi hanno a che fare con il "nuovo", "l'utile",

"le connessioni ed i rapporti tra le cose" e "le combinazioni o associazioni".

Le categorie di "nuovo" e di "utile" peraltro mettono in evidenza

soprattutto un aspetto che collega il concetto di creatività troppo

strettamente al giudizio di un determinato contesto sociale che decide cosa

sia da considerarsi creativo e cosa no.

Come abbiamo visto ad esempio nella teoria della ricombinazione di

David Novitz, a determinare ciò che viene riconosciuto come creativo è

soprattutto l'utilità o il beneficio che una determinata popolazione trae da

un'idea, da un'invenzione, o più generalmente da un prodotto creativo. Di

fronte a questa visione, che a me è sembrata appunto troppo riduttiva, si

dovrebbe provare a capire se al di là di questa dimensione connessa al

"nuovo" e all'"utile", fosse possibile trovare una base "filosofica-scientifica"

o ad ogni modo più sistematica per definire ciò che all'interno della mente

umana può essere definito atto creativo. Sono queste le motivazioni che mi

hanno spinta ad approfondire la teoria degli spazi concettuali di Margaret

Boden, della quale mi sono state particolarmente utili le distinzioni tra

creatività storica e creatività psicologica, e tra contesto della scoperta e

contesto della giustificazione, una distinzione quest'ultima che risale alla

tradizione filosofica e che da lei viene sfruttata per individuare con maggior

chiarezza lo scopo di una riflessione sulla creatività:

"ciò a cui noi dobbiamo essere interessati è l’origine delle idee creative e

non la loro valutazione; di conseguenza è il contesto della scoperta piuttosto

che quello della giustificazione quello su cui dobbiamo soffermarci e che

dobbiamo approfondire."1

1 Boden (1994), citata in Beaney (2005), pag. 243

Page 58: Creatività ed immaginazione

58

Certamente una teoria filosofica oggi dovrebbe cercare di approfondire

in maniera dettagliata e specifica cosa avviene nella mente, piuttosto che

concentrarsi esclusivamente sul contesto della giustificazione e sul modo in

cui si decide a posteriori cosa giudicare come creativo e cosa no, come

appunto pare essere la strategia di Novitz. Ma, ovviamente, ci si trova di

fronte a un'enorme difficoltà tuttavia: riguardo al funzionamento della mente

umana non possediamo ancora conoscenze complete ed adeguate a trattare

un argomento di questa portata in modo dettagliato; e al contempo

l'interdipendenza tra la definizione del concetto e le teorie cui si fa

riferimento impedisce di giungere ad una definizione univoca di creatività.

Se da una parte Margaret Boden ha utilizzato il supporto della psicologia

computazionale per spiegarci la sua teoria degli spazi concettuali, dall'altro,

come Novitz ci fa notare nella parte dedicata alle sue critiche, la sua

teorizzazione è finita con l'essere, da una parte, troppo esclusiva e, dall'altra,

troppo inclusiva, al punto da non definire una visione della creatività "a

misura d'essere umano", quanto piuttosto soggetta alle ipotesi della visione

computazionale dei processi psicologici. La critica di Novitz trova riscontro

nella perplessità con cui Michael Beaney si domanda se in fin dei conti

l'interesse della Boden non fosse quello di sostenere la sua visione della

psicologia computazionale piuttosto che analizzare di per sé l'atto creativo.

Un altro limite che sembra comune ai diversi autori oggetto della mia

analisi riguarda la definizione del concetto di intuizione, a cui gli autori

trattati (Gaut, Margaret Boden e lo stesso Novitz) fanno appello nel definire

l'atto creativo. Gaut ad esempio esclude da un atto creativo tutto ciò che è

prodotto in modo meccanico e casuale, e trova nell'intuizione una delle tre

caratteristiche principali del fare creativo: ma cos'è l'intuizione? E come

viene spiegata all'interno di una teoria filosofica?

Quando poi parliamo di casualità nel contesto creativo, il discorso di fa

più complesso, perché vi sono casi che rispecchiano chiaramente l'aspetto

del tutto casuale della scoperta creativa e altri meno. Abbiamo visto ad

esempio che Charles Goodyear fece la sua scoperta in modo del tutto

Page 59: Creatività ed immaginazione

59

casuale: la caduta accidentale di parte del composto con cui stava lavorando,

sopra una superficie calda, diede origine alla sua scoperta della

vulcanizzazione della gomma. Tuttavia vi sono anche casi più difficili da

definire come "casuali", e questo porta a un interrogativo più generale

rispetto ai processi mentali: all'interno dei processi della mente, cosa può

essere definito casuale e cosa invece intenzionale? E questo solleva un altro

dubbio, ovvero: la creatività è solo contenuta nel prodotto creato o può

essere interna alla mente di chi osserva il prodotto e ne riconosce

determinati significati (magari anche laddove non appartengano al prodotto

creato)?

Queste domande portano a ricollegarmi all'osservazione fatta sopra sui

limiti della nostra conoscenza del funzionamento della mente umana. E'

certamente questa scarsa conoscenza ciò da cui dipende la difficoltà di

trovare una visione filosofico-scientifica adeguata della creatività, con la

conseguenza di una certa soggettività e fugacità/labilità intorno al problema

stesso.

Quanto alla ricerca di una relazione tra immaginazione e creatività,

abbiamo visto con Gaut che benché non tutti i casi di creatività abbiano a

che fare con l'immaginazione, il loro collegamento tradizionale è corretto.

Il resoconto di Gaut è a mio parere esaustivo e non ritengo di aver

osservazioni a tale riguardo oltre a quelle espresse affiancandomi a Beaney

per quanto riguarda la somiglianza dei due modelli (Search Model e Display

model).Comunque la relazione è molto più complessa di quanto

inizialmente possa apparire e rimane ancora molto da approfondire ed

imparare.

Torno ora all'introduzione di questa tesi ricordando che avevo lasciato

in sospeso la ragione fondamentale che ha mosso questa mia ricerca.

Durante questi tre anni di studi filosofici sono sorte in me numerose

domande, in particolare ho cominciato a chiedermi se esistesse una facoltà

mentale specifica alla base del pensiero filosofico ed artistico.

Page 60: Creatività ed immaginazione

60

Dopo una lunga riflessione sono giunta a pensare o meglio a supporre,

che questa potesse essere la facoltà creativa. Oltre alla necessità di trovare

conferma a questa mia supposizione, con la mia ricerca avrei voluto trovare

argomenti per dimostrare che la creatività può essere considerata elemento

fondante della mente umana, così come sostenuto ad esempio da Chomsky

che parla di "creatività" per riferirsi alla capacità della mente di produrre

infinte frasi diverse a partire da un numero finito di elementi. Questa visione

è peraltro limitata a una definizione di "creatività" molto restrittiva, e il mio

scopo era verificare se fosse possibile dare una definizione ben più ampia

del concetto di creatività. Come già premesso nell'introduzione, l'obiettivo

di questa tesi è stato poi ridimensionato.

Ma la domanda rimane aperta: potrà mai la creatività essere studiata in

quanto elemento fondante della mente umana?

Page 61: Creatività ed immaginazione

Bibliografia

Beaney Michael, (2005 ), Imagination and Creativity, the Open university,

Walton Hall, Milton Keynes.

Boden Margaret A., (1991), The creative Mind: Myths and Mechanism,

basic books, New York.

Boncinelli Edoardo, (2004), “Come nascono le idee” , conferenza tenutasi

durante il Festival della Mente di Sarzana (2004)

Enciclopedia Filosofica, (1957-58 ) , Volume sesto (HAU- LAM),

Bompiani, Milano.

Khoestler Arthur, (1969), The Act Of Creation, Hutchinson and Co.,

London; tr. It. (1975), L'atto della Creazione, Astrolabio Ubaldinio editore,

Roma.

Laird Johnson Philip N. , (1993), Human and Machine Thinking, Hillsdale,

NJ, Erlbaum; Tr. It. (1994), Deduzione Induzione Creatività (pensiero

umano e pensiero meccanico), Il Mulino, Bologna

Mullis Kary, (1998), Dancing Naked in the Mind Field, Vintage Books,

New York; tr. It. (2007 ), Ballando nudi nel campo della mente (le idee e le

avventure del più eccentrico tra gli scienziati moderni), Dalai Editore,

Milano

Page 62: Creatività ed immaginazione

62

Kant Immanuel, (1781) Kritik der reinen Vernunft; tr. It. (1998 ), Critica

della ragione pura (a cura di Anna Maria Marietti), Biblioteca universale

Rizzoli, Milano.

Kant Immanuel, (1987), Critque of Judgment, trans. Werner S. Pluhar,

Hackett, Indianopolis.

Platone, (2000), Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Bompiani,

Milano.

Rapaport Kris Neubauer Blum Noy, (1999) Preconscio e creatività ( a

cura di Pier Francesco Galli ), Piccola Biblioteca Einaudi, Torino.

Sitografia

http://www.blackwellreference.com/public/tocnode

http://www.oxfordreference.com

http://plato.stanford.edu

https://it.wikipedia.org

Data dell’ultimo accesso alle URL citate: 20/06/2013

Page 63: Creatività ed immaginazione

63

Ringraziamenti

Desidero ringraziare in primo luogo la professoressa Maria Luisa

Montecucco, relatrice di questa tesi, che mi ha sostenuto e seguito con

molta disponibilità nelle diverse difficoltà incontrate durante la

preparazione di questo piccolo lavoro. Un ringraziamento va poi al

professor Carlo Penco che si è reso estremamente disponibile ogni momento

in cui ho avuto perplessità ed ho richiesto il suo supporto. Mi ha inoltre

aiutato nell’orientamento alla scelta del materiale con il quale ho avviato

questa tesi.

Un ringraziamento particolare va inoltre ai miei genitori senza i quali

probabilmente non sarebbe stato possibile il mio percorso universitario.

Ringrazio infine tutti coloro che hanno contribuito con la loro preziosa

presenza alla stesura di questo lavoro e che mi sono stati vicini.