52 Le Scienze Sudafrica, ben conosciuto fra gli esperti e non esattamente im- mune dai rischi. Incaricato dalle due aziende a cui è stato affidato il recupero – Titan Salvage, con sede negli Stati Uniti, in Florida, e l’italiana Micoperi – Sloane ha già lavorato ad alcuni dei più importanti incidenti marittimi del mondo. Sul suo iPhone c’è una cartella di fotografie con tutte le navi che ha fatto esplodere nella sua lunga carriera. Questa volta, però, niente esplosivi. Sloane e la sua squadra useranno una procedura chiamata parbuckling. Una serie di cavi e verricelli solleveranno lentamente la colossale imbarcazione dagli scogli fino a portarla in posizione verticale (si veda l’illustrazio- ne nelle due pagine successive). A questo punto la nave andrà ad appoggiarsi su sei massicce piattaforme sottomarine di acciaio; per costruirle è stato necessario più acciaio che per la Torre Eiffel. Secondo Sloane, la procedura richiederà otto ore, e la sua squa- dra potrà controllarla solo fino a un certo punto. «Poi la forza di gravità prenderà il controllo», dice. «Se faremo bene, la nave si raddrizzerà e si poggerà sulle piattaforme». Se non faranno bene, le piattaforme potrebbero spez- zarsi, e la nave scivolerebbe lungo il pendio som- merso, frantumando e devastando coralli e al- ghe nella sua corsa verso il fondo. L’altro ri- schio è che la nave, con le sue 114.000 tonnellate, possa spezzarsi sotto il suo stesso peso durante il sollevamento, riversando il suo contenuto tossico nel fragile ecosistema marino, che ha già soffer- to enormemente per il rumore e l’inquinamento dovuto all’ope- razione di recupero stessa. «L’esterno della nave non è stato fatto per poter essere sollevato in questo modo», dice Sloane. «Quando la solleveremo si sentirà il rumore delle torsioni e delle rotture delle sezioni interne, ma speriamo che il guscio esterno rimanga intatto.» La sua squadra ha lavorato per mesi a rinforzarlo. «Non è mai stato tentato nulla del genere», confessa Sloane a «Scientific American» in una visita in esclusiva al relitto e alle strutture di recupero. «Ma prepararsi e pianificare aiuta la fortuna.» Anche se Sloane avrà successo, il lavoro non sarà terminato. Il contratto stipulato richiede infatti che l’ambiente sia riportato allo stato originario. Le grandi piattaforme di acciaio dovranno essere rimosse, e ciascuno dei fori praticati nel fondo sabbioso per installarvi i pilastri che sostengono la piattaforma dovrà essere riempito. Sloane avrebbe voluto lasciare le strutture sul posto e usare il sito per una scuola dedicata al recupero dei relitti. Ma gli abitanti del Giglio non vogliono che restino tracce dell’inciden- te a ricordare il giorno in cui è stata deturpata la loro isola idilliaca. n Laura Lezza/Getty Images Il recupero del relitto INGEGNERIA Al minimo errore, il tentativo di riportare a galla il relitto della Costa Concordia lo farà affondare, provocando un disastro ambientale di Barbie Latza Nadeau Barbie Latza Nadeau, giornalista, dirige l’ufficio romano di «Newsweek» e «The Daily Beast». Lavora a un romanzo basato sul disastro della Costa Concordia. IN BREVE Il relitto della nave da crociera Costa Concordia dovrebbe venire disincagliato dagli scogli dell’Isola del Giglio e trasportato via seguendo una procedura difficile e delicata chiamata parbuckling. In caso di successo, sarà il più grande recupero in mare di tutti i tempi. Ma se anche una sola cosa andrà storta, l’enorme relitto si spezzerà o affonderà, schiacciando i coralli del fondo e riversando le sostanze tossiche delle quali è piena nelle acque del circostante santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo. Imbarcazioni addette alle operazioni di recupero estraggono il carburante per i motori diesel dai serbatoi semisommersi del relitto della Costa Concordia, schiantatasi contro l’Isola del Giglio. D iciotto mesi fa la nave da crociera Costa Concor- dia naufragava all’Isola del Giglio, a 12 miglia dalla costa della Toscana. Nel giro di qualche mi- nuto la nave, lunga 290 metri, si è inclinata su un lato, sbalzando in mare alcuni passeggeri. In tutto 32 persone sono morte e 64 sono state ferite gravemente. Nel prossimo futuro i tecnici tenteranno di raddrizzare il relitto, per poi rimorchiarlo. Lo scafo è incastrato in 18 metri d’acqua, e scricchiola e oscilla precariamente a ogni onda, proprio sull’or- lo di un ripido pendio sottomarino che scende per circa 61 metri fino al fondo marino. Se l’operazione riuscirà, sarà il più grande successo della storia dei recuperi in mare. Ma se una sola cosa an- drà storta la nave si spezzerà o affonderà tutta intera, inquinando gravemente il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo – il più grande parco marino del genere in Europa – che circonda l’Isola del Giglio. Queste acque sono un rifugio per delfini, focene, cuccioli di balena e altri organismi marini. Splendidi banchi co- rallini, inoltre, coprono il fondo marino subito sotto la nave inca- gliata e in balia della ruggine. Anche se nel corso delle operazioni di recupero i serbatoi di carburante della Costa Concordia sono stati svuotati, i suoi sei gi- ganteschi motori Wärtsilä e la sala macchine contengono ancora grandi volumi di carburante e oli lubrificanti, che sarebbero rila- sciati in quelle acque incontaminate se la nave dovesse affondare. Lo stesso vale per migliaia di litri di sostanze varie, dai prodotti per la pulizia alle vernici, i cui contenitori scoppierebbero sotto la pressione dell’acqua. Nel lasciare il porto, inoltre, appena tre ore prima di incagliarsi, la nave aveva imbarcato provviste per nutrire 4229 persone per dieci giorni, in gran parte contenute nei conge- latori, che si decomporrebbero. Tonnellate di metallo della nave verrebbero liberate e corrose. In genere relitti così grandi vengono fatti saltare in aria o af- fondati. Il Ministero dell’ambiente ha però appoggiato la popola- zione del Giglio nel fare pressione sulla Costa Crociere affinché la nave sia raddrizzata e rimorchiata fino alla terraferma, per pre- servare le coste e le acque incontaminate dell’isola. Inoltre, una volta recuperato il relitto la polizia potrà esaminarne l’interno oggi sommerso, una scena del crimine che potrebbe contenere prove a carico del capitano Francesco Schettino, accusato tra l’altro di omicidio colposo plurimo e abbandono della nave. Due corpi, poi, non sono ancora stati recuperati. Chiuse le indagini, lo scafo sarà smantellato. A capo delle operazioni di recupero c’è uno dei massimi esperti del settore, Nick Sloane, carismatico cinquantunenne venuto dal