Jan 01, 2016
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Articolo - CHE COS'E' LA MUSICA -Riflessioni sulla musica di oggi -Metallized.itmetallized.it
La musica tra arte, religione, scienza evita quotidiana | Cos'è la musica? | Artee Salute di Rossella Sempliciriflessioni.it
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la musica
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Perchè i ragazzi amano così tanto lamusica??
Forse prima di tutto sarebbe benechiederci che cos’è la musica, non dalpunto di vista emotivo, ma tecnico:“composta da effetti sonori,avvienemediante il canto o strumenti musicali eattraverso i principi dell’acusticaprovoca la percezione uditiva”. Credoche nessun ragazzo sano di mente
risponderebbe cosi’ a qualcuno, maprocediamo col ragionamento. Com’èpossibile che un paio di accordiriescano a rattristare o rallegrare unapersona umana? Certo poteterispondermi che quella musica viricorda una certa persona o delleparticolari esperienze che vi hannocambiato la vita, ma come giustificateuna canzone che vi fa salire l’adrenalinafin dalla prima volta che l’ascoltate?Musica è musica, viene da risponderespontaneamente, ma fermiamoci unattimo, senza dare nulla per scontato,come se venisse un alieno (cheincredibilmente sa parlare l’italiano)sulla Terra e che non ha la più’ pallidaidea di che cosa siano le note musicali e
noi dovessimo spiegarglielo a parole.Se gli diamo la risposta scientifica,dubito che comprenderebbe qualcosa.L’unica soluzione è fargliene sentire unpo’ perché la possa capire sul serio...
E questo perché la musica è molto più’di qualcosa di uditivo, èmagica,speciale, acida,estroversa, ètutto quello che si nasconde nelle nostrevite, in una sola parola è irrazionalità.Qualcuno sostiene che “è un importantemezzo per sfogarsi, per rilassarsi e,soprattutto per gli adolescenti,unaragione di conforto, discussione e unmodo per conoscersi e divertirsi”. Bastipensare ai giovani gruppi musicali chesognano di diventare famose rock star,
ai dj, ai cantanti, ai ballerini osemplicemente a ragazzi a cui piaccionoparecchi cantanti anche se non sannoniente di note e assoli come me.Qualcun’ altro canta “la musica èfratellanza” e io, personalmente, cicredo davvero. La musica non fadistinzioni fra italiani o no, poveri oricchi, alti e bassi, accetta tutti.
Pop, rock, jazz, classica, rap, house….E chi più’ ne ha, più’ ne metta! Ormaiesistono cosi’ tanti generi! Ma prima diinventare questi, la musica, come noi, haavuto una lunga storia… e pensare che ècominciato tutto dall’Antica Grecia, poicanti gregoriani, musica dei menestrellimedievali, chanson, madrigali,
melodrammi…. Tante di quelle cose chenon interessano più a nessuno, mateniamo conto che se prima di quelli,non ci fosse stato niente, non ci sarebbeneanche la musica dei nostri giorni che ècompletamente diversa. Ha subito deidrastici cambiamenti man mano cheavanzavano i suoi anni, ma… perché?Noi siamo differenti rispetto ai nostriantenati ma i sentimenti emotivirimangono sempre gli stessi. Abbiamocambiato mentalità, modo di pensare,abbiamo mezzi molto avanzati…. Maquesto significherebbe che la musica si èadattata a noi, ma se è irrazionalità, nondovremmo essere noi che ci adattiamo alei, al suo dolce suono che risvegliaricordi o che ci fa volare con la fantasia
in un futuro perfetto (i cosiddetti filmatimentali)? Forse è un po’ tutti e due oforse non c’è proprio una risposta aquest’ultima domanda, ma quel che ècerto è che la maggior parte di noi, seposso osare, direi tutti, non riesce avivere senza musica e credo che saràuna delle poche cose della storiadell’umanità ad essere immortale.
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Il mondo è cambiato rispetto a 300 annifa. Viviamo in un'epoca in cui èfondamentale la velocità: tuttodev'essere terminato in tempi brevi, le24 ore della giornata ormai non bastanopiù.
Cinque anni fa la parola sulla bocca ditutti era postmodernità. Postmodernità èun termine che riassume una serie dicaratteristiche del modus operandi dellasocietà alle soglie del 2000: in termini
di mercato abbiamo assistito allaglobalizzazione diffusasi a macchiad'olio, alla sostituzione dell'emporio conil centro commerciale multifunzionale,all'era del fast-food. Questi tre fenomenicontengono 3 parole chiave adattabili aqualsiasi aspetto dell'attività umana, artecompresa. La globalizzazione ha portato adun'omogeneizzazione dei comportamenti,degli studi, dei pensieri, un po' in tutto ilmondo. La comparsa dei McDonaldnelle periferie del Brasile, o di Internetin Madagascar, sono solo alcune delleconseguenze di questo pensare globale.Il centro multifunzionale è natodall'esigenza di trovare tutto e subito,ovunque noi siamo. Capiterà così di
trovare un solarium a fianco di unsupermarket, oppure prodotti(para)medicinali all'interno delsupermercato stesso. Piccole cose a cuinessuno ormai pensa più, entrate nellaroutine.Il fast-food ha portato all'esigenza dellavelocità a tutti i costi: in 2 minuti ilpasto dev'essere pronto per essereconsumato, gustoso nutriente e dalprezzo contenuto.
La domanda che mi pongo è: si puòancora parlare di arte, davanti a tuttequeste inesorabili metamorfosicomportamentali? E' giusto denigrare laconcezione di musica classica(post)contemporanea, considerato tutto
questo? Un Giotto o un Mozartdedicavano l'intera giornata, l'interoanno, l'intera vita, ai propri lavori.Questo perchè? Perchè la società stessaglielo permetteva. Le commissioniesistono ancora oggi (qualsiasicompositore di colonne sonore scrive sucommissione del produttore del film, adesempio), quindi quello non può essereil bandolo della matassa. Il problemaoggigiorno sta nel tempo dedicabile adun'opera. Se avete letto le mieriflessioni su Hans Zimmer, non vi saràsfuggito che ho spiegato come le sueopere in realtà derivano dallacooperazione tra più arrangiatori ecompositori. Il motivo è da ricercarenella mancanza di idee? Assolutamente
no! Il motivo è da ricercare nellamancanza di tempo.
A questo punto si può passare alladomanda successiva. Se assumiamocome vero che persiste un ramo dimusica classica nell'albero della musica(post)contemporanea, viene dachiedersi: perchè essa appare quasisempre svenevolmente Pop, come moltiaffermano?Se il tempo dedicabile alla scritturadella musica è poco, rispondo io, èchiaro che anche il risultato finalearriverà al dunque molto piùvelocemente di quello di 300 anni fa. Lamusica d'oggi finisce insomma per nonpotersi permettere di sottintendere
valori filosofici, matematici opsicologici, se non in misura minima(vorrei dire infinitesimale) rispetto alpassato. Essa deve arrivare al temaprincipale in fretta e furia (fast-food),spesso con un sapore adatto a tutti ipalati (globalizzazione), e sicuramenteadatta ad essere ascoltata in piùcircostanze, non più solamente permeditare (multifunzionale). Consideratiquesti fattori inesorabili, il kitsch allabase di molta musica d'oggi vi appariràforse molto meno brutto. Se mai vi interessasse approfondirequest'ultimo fattore, ovvero quello delKitsch nella musica d'oggi, vi invito aleggere il saggio Che cos'è la Musica?,di Dahlhaus Carl e Eggebrecht Hans H.,
La musica tra arte, religione, scienzae vita quotidiana | Cos'è la musica? |Arte e Salute di Rossella Semplici
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La musica tra arte,religione, scienza evita quotidiana
La musicoterapia
Arte e Salute
L’arte ha un ruolo diprimo piano nella curadella salute, come haavuto modo diesprimere il filosofoMaritain che ne haindividuato lamissione: “È il poteredi guarigione e
l’agente dispiritualizzazione piùnaturale di cui abbiabisogno la comunitàumana” (1).Le arti vengonoconsiderategeneralmente realtàtroppo nobili e alte perentrare e plasmare lavita di persone
comuni, ma nellarealtà spesso accade ilcontrario; letestimonianzer i p o r t a t e nella IVparte del libro ne sonouna dimostrazione.Le implicazionidell’arte, come dellabellezza, delle formedella vita spirituale e
degli altri valori umaniappaiono più evidentiquando sono del tuttoassenti dalla vitaquotidiana oppurepresenti in modomarginale; è ciò cheaccade quando l’essereumano è asservitoall’utile, è incapace diprovare piaceri in sé,
di riposare ed oziarec o l corpo e conl’anima, dic o n t e m p l a r e , disottrarsi o combatterei fenomeni didisumanizzazione chesempre piùfrequentementecompromettono laqualità dei rapporti e
nuocciono ai varia m b i e n t i (nonsolamente quellosanitario). Così siesprimeva Kepes giànel 1944: “Nel centrofocale dell’eclissi diuna sana esistenzaumana sta l’individuo,lac e r at o dai minutiframmenti del suo
mondo informe” (2).L’arte può aiutarel’uomo a fermarsi perosservare, riflettere econtemplare, perarrestare quindi ilfluire e refluire delleazioni e delle passioni,per immobilizzare lav i t a spirituale eguardarla (3). In
questa condizione èpossibile capirsi piùprofondamente egiungere ad un pienaconsapevolezza di sé,fermarsi per cogliere ilsignificato della realtà,per fare scelteconsapevoli eprogettare la propriavita. Ma al contempo
la stessa opera d’arte èil riflesso di modipensare, vivere,sentire dell’artista checontinuamentecorregge, sostituisce,rifà.L’arte può essere vistaanche comeeducazione alla libertà,come scriveva
Cassirer: “L’arte èuna via alla libertà, èparte di quel processodi liberazione dellospirito umano che è ilfine autentico edultimo di ognieducazione” (4).Pertanto si dovrebbedare la possibilità albambino fin dai primi
anni di vita di indicareil suo linguaggioprivilegiato peresprimersi e la formad’arte che più glipiace. Quando ilbambino prima e ilragazzo poi avrannofatto propria unaforma d’arte, essapotrà accompagnare la
loro esistenza ediventare risorsainesauribile per lasalute e non solo:“Sulle strade e sullepiazze, nei templi, neipalazzi, sulle acropoli esui sepolcri, l’arte nonha mai cessato diproporsi come un beneimmortale di tutti e
per tutti e insiemepostulare, comeproprioimprescindibilecorrelato, unacomunità libera ecomunicante a tutti ilivelli, una societàritmata e soddisfattain tutti i suoi ordini”(5).
In sintesi, si può direche l’arte fa l’uomopiù uomo.Questa parte del libroè dedicata inparticolareall’influenza che lamusica ha esercitatoed esercita tutt’orasullo sviluppodell’umanità e del
singolo essere umano.Attraverso studi,r i c e r c h e etestimonianze si ècercato di evidenziaregli aspetti piùimportanti, conl’auspicio che vengautilizzatamaggiormente in tuttele fasi della vita, siano
esse segnate dalledifficoltà o dallaserenità, dalla malattiao dalla salute.
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Cos’è la musica?
“La musica è una cosam i s t e r i o s a . Quandol’ascoltiamo essa cisuggestiona, ci eleva,ci anima, ci culla, cirattrista, ci turba.
Rende più importantinoi e il mondo in cuirisuona, sia esso ilmondo di ogni giornoo quello fantastico diun film o di una pièceteatrale. Illuminaparticolari oggetti,avvenimenti,espressioni o gesti diper sé irrilevanti
dando loro un nuovosignificato” (6). Inquesta prospettiva lamusica ha il potere divalorizzare anche gliaspetti più semplici eminuscoli della vita, dievidenziare i motiemotivi e affettivi piùintimi, di rendere piùfamiliare e umano il
mondo esterno, cosìche niente vadadisperso e tutto siaasservito all’essereumano.La musica ètrascendimento,seppur momentaneo eincompleto, dellafinitezza umana.Secondo Dahlhaus “la
m u s i c a coglie[l’assoluto] senzamediazioni, ma allostesso tempo esso sioscura, così come unaluce troppo forteabbaglia e l’occhio nonpuò vedere quel che èinteramente visibile”(7). Pertanto la musicaci permette di
oltrepassare almenoper un po’ il confined e l nostro essere ecogliere l’Altro el’Assoluto,conservando però ilmistero e laconsapevolezza deinostri limiti.La musica giunge làdove la parola non
arriva, in quelleregioni dove il verbotace e lascia il postoall’inesprimibile,all’indicibile. Debussydiceva che la musica“esprimel’inesprimibileall’infinito” (8). La musica puòportarci lontano,
nell’immensità dellesensazioni, delleemozioni, degli affetti;con lei possiamoimmergerci nei misteriche avvolgono e sonoparte dell’essereumano, senza peròpoterli svelarecompletamente:dall’inesprimibile
mistero di Dio,all’inesauribilemistero dell’amore,all’incanto del misterodella vita.La musica porta aldivino, perché ha in sétracce dellatrascendenza comeafferma Plutarcodefinendola
“ i nv e nz i o ne divina”(9) o come scriveAddison nellac o m p o s i z i o n e Unacanzone per il giornodi Santa Cecilia:“Musica, il più grandebene che i mortaliconoscano. E tutto ciòche del paradiso noiabbiamo quaggiù”
(10). La musica porta alprincipio della vita,l’amore. Col potereevocativo di melodie eritmi ci ricorda cheamiamo non solamentecon il corpo e lamente, ma con tutto ilnostro essere; ènell’interezza la
profondità el’autenticitàdell’amore. Si nasce daun atto d’amore, sivive ricercandol’amore e si muorenella speranza diricongiungerciall’Amore Assoluto.Comunque sia, graziealla musica possiamo
viaggiare nell’infinitoe nell’eterno eritornando nellapiccolezza del nostroessere cisorprendiamorinnovati, rinvigoriti eaffinati, scopriamo chedi qualche frammentodi mistero siamoriusciti a cogliere la
pienezza di senso.La musica nonesprime significatiprecisi, non spiegaparola per parola,punto per punto, mapiuttosto suggerisce“cioè crea delle forzeimmaginative cheprovocano e orientanole associazioni verbali;
o, se si vuole, delledirezioni semantiche,che sotto forma diimpressioni vaghe efluttuanti simanifestano allacoscienza del soggettoche le cristallizza condelle parole insignificati precisi”(11).
La musica inoltre haun forte potereevocativo e, ancheindipendentementedalla nostra volontà, far i e m e r g e r e ricordi,abbozza riflessioni,sussurra idee, bisbiglianomi, tratteggialuoghi, grida la rabbia,urla il dolore, esalta la
gioia e noi sussultiamo,ans imiamo , gioiamo,ricordiamo, creiamo,amiamo… viviamo!È possibile anche ilp r o c e s s o inverso,quindi idee, immaginio eventi extramusicalipossono ispirare einfluire sulla creazionedi una musica, senza
però che diventinooggetto di una vera epropria descrizione. Èciò che è successo aSchumann nellacomposizione diKinderszenen (Scenei n f a n t i l i ) . In unalettera alla fidanzata,la giovane pianistaClara Wiech, a
proposito della suacomposizione così siesprime: “Era comeun’eco delle tueparole, allorché miscrivesti che a volte tisembro come unbambino – in breve, misembrava di essereproprio un bambino ecomposi allora circa
trenta brevi e graziosipezzi, ne ho poiselezionato unadozzina e li hoc h i a m a t i Sceneinfantili […]”.Schumann a seguito diuna recensione diRellstab, poco gradita,precisa: “Quello pensadi certo che io abbia
preso a modello unbambino che strillavae che abbia poi cercatole note. È vero inveceil contrario. Eppurenon posso negare chedurante lacomposizione mi sonpassate per la mentealcune figure infantili”(12).
Quindi l’essere cullato,sognare,addormentarsi,giocare, la delicatezzadi un’effusioneaffettiva, l’esplosionedi gioia lasciano inogni essere umano unatraccia ritrovabile oesprimibile in unbrano musicale di
qualsiasi genere.La musica “classica,c o l t a , leggera,commerciale” quandodi qualità si muove innoi e spazia dallamente al corpo eall’anima,permettendoci disentire l’unitàintegrale del nostro
e s s e r e e,indipendentementedalla competenzamusicali, di cogliere unpensiero non pensatoprima, dicommuoverci, diintensificarel’esperienza deldolore, dellaconfusione, della gioia,
dell’estasi.La musica è specchiod e l l a cultura di unpopolo, di un’epocaquando riesce adaccomunare chil’ascolta nellacondivisione diq u a l c o s a : emozione,affetto, pensiero,ricordo… e
nell’ascolto tutti sisentono uniti ediventano uno. È lostesso incanto delcoro: tante vocidifferenti chediventano una solavoce, quella appuntodel coro, unificateproprio dalla musica.La musica è
l’impalpabilecoincidenza degliopposti, in cui elementiantitetici perdono lal o ro inconciliabilità edivengono polarità chesi compenetrano, cioègli opposti trovanol’armonica sintesi. Èsimile a ciò che sentela persona innamorata
a cui è donato vivere ilpossibile el’impossibile;l ’ i m m a g i n a b i l e el’inimmaginabile,l’individuale el’universale. Questoa s p e t t o , peraltrocomune ad altreespressioni artistiche ealla spiritualità,
nell’esperienzamusicale si concretizzaattraverso l’intrecciotra: “sensibile es o p r a s e n s i b i l e […]rigore e sogno,moralità e magia,ragione e sentimento,giorno e notte (13).La musica è statariconosciuta come
valido strumentoeducativo; stimola edaffina ad esempiol’espressione,l’ immaginazione , larappresentazione e leabilità nello stabilire emantenere le relazionisociali. Lutero così siesprimeva in unalettera inviata al
musicista Senfl nel1530: “La musica è unpo’ come unadisciplina che rende gliuomini più pazienti epiù docili, più modestie più ragionevoli. [...]Grazie alla musica sidimentica la collera etutti gli altri vizi. [...]Chiunque è portato
per quest’arte non puònon essere un uomo dibuon carattere, prontoa tutto” (14).La musica può inoltreliberare dai pesantiattacchi dellaquotidianità,accendere lacreatività, placare ildolore, rafforzare il
coraggio, raffinare ilgusto, stimolarel’intelletto, proteggeregli affetti, rinvigorirela salute, ecc. Pertantola musica per la suapresenza in tutte leculture di tutti i tempie per la potenteinfluenza nei diversiaspetti della persona,
da quello fisico aquello sociale, ma inparticolare nelfunzionamentopsichico,nell’elaborazionedell’identitàindividuale e digruppo, può essereuna risorsa elettivap e r lo sviluppo
dell’essere umano e lacura della salute inogni fase della vita, dalconcepimento allamorte. Ne era certoMandel, per il quale“la musica è una forzapotente per ilbenessere e per unabuona salute” (15).
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NOTE
1) Bausola A.,Prolusione, in L’uomodi fronte all’arte.Valori estetici e valorietico-religiosi, Vita epensiero Pubblicazionidell’Università
Cattolica, Milano1986, p. 16.
2) Kepes G., Illinguaggio dellavisione, Dedalo Libri,Bari 1971, III ed., p.15.
3) Cfr. Pareyson L.,Teoria dell’arte. Saggi
di estetica, Marzorati,Milano 1965, p. 26.
4) Cassirer E.,Simbolo, mito ecultura, Laterza, Bari-Roma, 1985, p. 219.
5) Formaggio D, La >e l’Estetica, Il Mulino,Bologna 1983, p. 265.
6) Maróthy J., Musicae uomo, RicordiUnicopli, Milano 1987,p. 11.
7) Dahlhaus C., L’ideadi musica assoluta, LaNuova Italia, Firenze,1988, p. 124.
8) Siohan R.,
Possibilités et limitesde l’abstractionmusicale in > 1959, p.258.
9) Pseudo Plutarco, DeMusica, 15, (trad. sult e s t o stabilito da F.Lasserre), Graf VerlagOlten, Lausanne 1954.
10) Addison J., Paroleper chi ama la musica,E d i C a r t , Legnano1993.
11) Michel Imberty,S u o n i EmozioniSignificati, Clueb,Bologna 1986, p. 56.
12) Struck M.,
Libretto diaccompagnamentodi>, DeutscheGrammophon,Hamburg, 1994.
13) Mann T., DoctorFaustus, Mondandori,Milano 1969, p. 175.
14) Fubini E.,
L’estetica musicaledall’antichità alSettecento, Einaudi,Torino 1976, p. 140.
15) Mandel S. E.,M u s i c for wellness:music therapy forstress management ina rehabilitationprogram, in >, 1996, n.
14, p. 42.
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Introduzione al linguaggio musicale -Cos'è la musica
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Le origini della musica sono celate,come quelle del linguaggio, nel passatopiù remoto della storia dell’umanità. Aprescindere dal punto di partenza dellaspeculazione sulle origini (il ritmo come
battito interiore che si traduce in suono?la coscienza primitiva delle potenzialitàimitative ed espressive della voceumana?), la ricostruzionedell’evoluzione della musica dipendedalla definizione che se ne dà e,viceversa, la possibilità di definirla ècondizionata dalla conoscenza delle suemanifestazioni e dei suoi sviluppi.Fenomeno e attività, disciplinascientifica e diletto dei sensi, linguaggiosimbolico e codice cultura: da qualsiasipunto di vista la si guarda, la musicaoffre sempre una prospettiva ulteriore.Come la vita, il mito, la filosofia e lareligione, essa non si presta ad unadefinizione univoca e assoluta. Ciò chenoi occidentali chiamiamo “musica” si è
trasformato e continua a trasformarsi conil mutamento delle civiltà, assumendofunzioni diverse nelle diverse società epresso i singoli individui che lecompongono. Una risposta esaustiva alladomanda posta dal titolo di questasezione implicherebbe pertanto lo studiodella fenomenologia del suono e dellasua percezione; delle modalità con cui isuoni diventano veicoli di espressione;delle funzioni della musica nei diversicontesti culturali e dei vari aspetti dellasua prassi.
L’idea che la musica sia un “linguaggiouniversale” ha radici antiche eattraversa in maniera più o menoesplicita l’intera storia del pensiero
occidentale (musica e linguaggio). Lanostra scelta di circoscrivere gran partedella trattazione alla musica d’arte inoccidente è innanzitutto pragmatica:l’impossibilità di comprendere in ununico iperteso l’intero universo deilinguaggi e delle pratiche musicali, main essa è implicita la convinzione chesoltanto la conoscenza degli elementi edei processi costitutivi di questatradizione – nella piena consapevolezzache essa non sia l’unica – puòdemistificare l’idea astratta della suasuperiorità, e fornire strumenti concretie concettuali per lo studio di altretradizioni musicali. L’individuazione deitratti specifici di ogni tradizione, e ladistinzione tra questi e quelli comuni a
tutte le musiche, possono incrementarela comprensione della scena musicaleodierna che sembra allargare i confinidel concetto di musica, evolvendosiverso una visione sempre più aperta e“universale” dell’arte dei suoni.
Definizioni ed etimologie
I tentativi moderni di fornire unadefinizione sintetica e universale dellamusica rendono manifesta la complessageneralità del fenomeno e implicano ladensità concettuale che contraddistinguela riflessione sulla musica in occidente.
“Arte di combinare più suoni in base aregole definite, diverse a seconda deiluoghi e delle epoche” (Vocabolario
della lingua italiana di NicolaZingarelli, da 1967 in poi);
“La musica è tutto quello che ascoltiamocon l’intenzione di ascoltare musica …tutto può diventare musica” (LucianoBerio, 1993).
Come è stato ripetutamente ribaditodagli etnomusicologi, gran parte delleculture non occidentali “non hanno maiavuto nelle loro lingue un termine la cuiestensione semantica corrispondesse, intutto o in parte al concetto eruropeo dimusica, ma ciò non ha impedito cheproducessero e utilizzassero, nel corsodei secoli, forme e strutture sonoreanche estremamente elaborate”(Francesco Giannattasio). Presso queste
culture, la musica non è concepita come“cosa in sé” ma viene identificata nellesue manifestazioni concrete (la voce checanta, gli strumenti che producono suonidiversi) e in rapporto alle sue funzioninella vita della comunità (riti,celebrazioni, attività lavorative,ricorrenze familiari ecc.). Anchenell’antichità occidentale la musica nonera concepita come arte a sé bensì comela componente sonora di un insieme diattività intellettive e fisiche, creative edesecutive che partecipavano a tutte lemanifestazioni rituali e artistiche dellesocietà in questione. Il termine grecomousikè – da “musa” (etimo di originioscure e dibattute: potrebbe essere natoda una radice che indica “montagna” in
riferimento alle vette dell’Olimpo,oppure dal verbo “ideare” ) - erastrettamente legato a quello di “techné”(arte) sottolineando la complessasinergia tra le tre componenti dell’artedelle muse: la poesia, la danza e lamusica.
D’altra parte, l’origine mitologica delconcetto di musica traspare senzaun’analoga denominazione in altreciviltà antiche per le quali l’elementosonoro era considerato il principiofondante dell’universo: la risata del dioegiziano Thot, le cosmologie e lo studioastrologico dei pianeti in Mesopotamia,la parola creatrice del Dio della Genesibiblica ne sono gli esempi più noti.
L’idea di un’armonia delle sfere haattraversato l’oriente e l’occidente lungoi secoli dalla più remota antichità finoalle soglie dell’età moderna, attribuendoalla musica un potere e un’aura divina esublime. Oltre alla derivazioneetimologica del termine greco da“musa”, appare nel Medioevo anchel’ipotesi che rimanda al vocaboloegiziano “moys”, acqua (a sua voltalegato a Mosé che pertanto vieneindicato, senza nessuna appoggio nellescritture, come l’inventore della musica– ruolo che la Bibbia affida a Jubalfiglio di Lamech). Su questoaccostamento di musica e sorgentid’acqua (che trova ampia conferma nellaletteratura mesopotamica – sia nella
Bibbia ebraica sia nelle mitologieassiriche e babilonesi) i trattatimedievali edificano teorie sulmovimento e sul flusso della voce –canale e veicolo sonoro degli umoridell’essere umano. Nella voce siincontrano e si fondono le duecomponenti distinte ed essenziali dellavita, di cui la musica è la più fedele ecomplessa espressione: la materia e lospirito; l’umano e il divino; il corpo el’anima; i sensi e la ragione.
La storia della musica e del pensieromusicale occidentale è attraversata dauna dialettica tra un approccio razionale,che vede la musica come scienza dellacombinazione dei suoni secondo regole
oggettive che ne stabiliscono anche lemodalità espressive, e un approcciosoggettivo che parte dalla realtà sonoraed esplora le modalità espressive dellamusica e i suoi effetti sull’ascoltatore. Ilprimo, che ha le sue radici nellatradizione pitagorica, ha prevalso nellatrasmissione di un sapere musicale“oggettivo” basato sul numero, sulleproporzioni e su un sistema modale cheregola l’universo sonoro assumendo, nelpensiero scientifico-filosofico dellatarda antichità e del Medioevo, unavalenza cosmologica, teologica e quindireligiosa. La distinzione di SeverinoBoezio tra “musica mundana” (dellesfere), “musica humana” (della mente edell’anima) e “musica instrumentalis”
(la musica realmente cantata e suonata)(il testo è riportato negli aforismi eriflessioni) che ha avuto un pesodeterminante nelle scuole di pensierosuccessive, trae l’attenzione ad un’altraopposizione dialettica, strettamentelegata alla prima: quella fra teoria eprassi. Il sapere (“musica scientia”) –riservato nel Medioevo ai pochi e dottiteorici della musica (“musici”) – erarimasto a lungo distinto e separato dallaprassi musicale – campo d’azione di chila musica la “faceva” cantando esuonando (“cantores”). L’evoluzionedella notazione musicale e lacodificazione scritta del repertorioliturgico a partire dal VI secolo hannoincrementato da una parte la
l’invenzione compositiva e dall’altra lavocazione teorica relativa allo statutoscientifico della musica come parte delQuadrivium delle arti liberali (assiemeall’aritmetica, alla geometria eall’astronomia). Il concetto medievale diars musica riflette questa evoluzioneindicando l’insieme delle conoscenzetecniche e speculative relative ai suoni:la combinazione di parole e melodia, letecniche strumentali e la valutazionedelle opere prodotte, ma non cancella ladistanza reale tra la sfera della teoria edella tecnica compositiva e quella dellapratica artistica e la sua ricezioneeffettiva e affettiva.
Il sorgere nel Rinascimento dell’idea di
“musica poetica”, che proclama laqualità espressiva del suono musicale inquanto fenomeno assieme naturale eumano, segna una tappa fondamentalenel lungo processo di emancipazionedella musica, la quale tende a rinnovarsie a superare sia le griglie della teoriasia l’appellativo religioso, peraffermarsi come arte umana e autonoma,dotata di codici espressivi e capace dicomunicare stati d’animo e idee. Ladialettica tra vecchio e nuovo, che simanifesta puntualmente lungo la storiadella musica occidentale, talora convere e proprie polemiche tra oppostescuole di pensiero, è un’ulteriore indicedella natura intrinsecamente dualistica emovimentata del fenomeno e
dell’esperienza musicali.
Sul piano concreto dell’invenzione edella prassi, uno dei fattori principalinel processo di emancipazione dellacreatività musicale, è stata la gradualecristallizzazione della tonalità con ilrelativo compendio di principicompositivi che regolavano invenzione escrittura senza irrigidirne la libertàcreativa. La fioritura della musicastrumentale come veicolo espressivoricco di potenzialità quanto quello dellamusica vocale costituiva un importanteaspetto di questa nuova libertà. Già apartire dal XII secolo, con icomponimenti lirici dei trovatori e leprime composizioni polifoniche per la
chiesa, le creazioni musicali(successivamente definite come opere)recavano la firma e il marchio stilisticodi un autore, erano dotate di determinateForme e attribuibili a diversi generi (v.principi formali). Gli alberi di questamagnifica tradizione hanno nutrito esono stati nutriti da secoli e generazionidi compositori il cui statuto mutavadalla sottomissione alle autoritàecclesiastiche e alle corti adun’indipendenza artistica e materialeraggiunta pienamente soltanto all’iniziodell’Ottocento. Con l’emergenza dellaborghesia anche il pubblico dellamusica colta cambiava fisionomiaallargandosi rompendo i confini diclasse e promuovendo un’interazione
sempre maggiore tra vita musicale erealtà sociale.
Dalla seconda metà dell’Ottocento, laproduzione musicale del passato, fino adallora oggetto di ispirazione, studio edesercitazione per gli addetti ai lavori,diventava sempre più oggetto diconsumo passivo e di culto “museale”presso i teatri d’opera e le società diconcerti. Gli sconvolgimenti politici emorali della prima metà del Novecentoe la contemporanea rivoluzionetecnologica (v. tecnologie) conl’introduzione dei mezzi per lariproduzione della musica (v. i mezzi didiffusione), hanno cambiatoradicalmente la scena musicale in
Europa e nel mondo. La cosiddetta“crisi della tonalità” agli inizi del XXsecolo, e il superamento del vecchiosistema con la ricerca di nuovi principicompositivi (la dodecafonia, ilserialismo integrale) o nell’esplicitarinuncia ad ogni regola (aleatoria ecasualità), hanno coinciso con unprofondo ripensamento del concetto diopera e di musica in generale. Lamateria stessa della musica – il suono –è diventata oggetto di indagine e disperimentazione aprendosi a fenomeniche prima non erano considerati“musicali” (il rumore, i suoni registratinella strada e nella natura, i suoniprodotti sinteticamente) generandonuove visioni dei processi e dei
linguaggi compositivi, nonché delcontenuto e della funzione socio-culturale della musica.
La cultura musicale occidentale si èsviluppata e trasmessa attraverso lascrittura allontanandosi sempre più dalleforme spontanee della “musicaquotidiana” delle tradizioni orali –quella che accompagna il lavoro, lericorrenze, lo svago della gente comune.La musica d’arte europea ha inglobato insé gli idiomi popolari delle diversecomunità sublimandoli e inserendoli inun sistema complesso di tecniche, valoriestetici, costumi sociali e dinamicheeconomiche. Il sapere musicaleaccumulatosi nei secoli e
istituzionalizzato in un sistema diistruzione sempre più specializzato emirato, si è diffuso nei cinque continentirendendo fruibile il suo splendido“prodotto” (il grande repertorio dellamusica occidentale) ma – all’interno delprocesso di globalizzazione socio-economica – ha messo a repentaglio unenorme bagaglio di tradizioni locali che,grazie alla sensibilità e allalungimiranza di antropologi ed etnologi(v. etnomusicologia), che a volte sitrovavano tra i missionari e altre volteoperavano in conflitto con loro, sonostate salvate come documenti (v. oralitàe scrittura) ma non più come realtà.
La forza prorompente con la quale staavanzando, negli ultimi decenni, lamusica popolare (c’è chi preferiscel’inglese “popular music”, persottolineare la differenza con la “folkmusic”) in tutte le sue espressioni egeneri, potrebbe essere spiegata, tral’altro, come una rivendicazione di undiritto all’espressione musicalespontanea, comprensibile e, volendo,eseguibile da tutti, ovunque, con o senzaappellativi, con o senza istruzione.Musica della gente e per la gente.L’esame di questo fenomeno fa emergerealcuni punti in comune con altre culturemusicali, lontane nel tempo e nellospazio dal mainstream della tradizionecolta europea:
1) la natura essenzialmente orale delfenomeno; 2) lo stretto rapporto tra espressionepoetica ed espressione musicale; trasentimento, parola e canto;3) l’esigenza di novità; 4) la spinta della musica a farsi veicolodelle tendenze rituali di una società: imiti e i culti individuali e collettivihanno bisogno della componentedionisiaca della musica, della suarisposta a e del suo stimolo di unafusione di corpo e anima, che trovaespressione spontanea nel movimento,nel ritmo, nel canto e nel suono deglistrumenti che accompagnano canto edanza.
L’individuo, la comunità e la società chesi evolve nell’interazione tra individuo ecomunità, rispondono a questi stimolicon i mezzi che la musica del tempo edel luogo mette a loro disposizione. Nonè un caso che in un’epoca di sconfinata esaturante “comunicazione” come lanostra, in un pianeta sempre più piccolo(perché sempre più globalizzato)troviamo nell’ambito della musicapopolare un po’ di tutto: dai ritmiautenticamente indigeni ai recuperinostalgici di melodie dal sapore antico,dalle semplici canzoni d’amore allesofisticate costruzioni elettroacustiche,dal rituale di un ballo iberico all’estasidi un concerto rock, dalla musica“etnica” suonata con alle batterie
amplificate con potenti mezzitecnologici; dalla musica “classica” resajazz o rielaborata per tastiere midi a una“world music” che annega le proprieradici in un idioma uniforme e ibrido.Lo statuto stesso dell’ascolto si èmodificato radicalmente all’interno diquesta nuova cultura musicale, ed èemerso il fenomeno di unascoltatore/arrangiatore che assembla emanipola musiche altrui rivendicando lacompetenza e il diritto di costruirnecreativamente un proprio mélangepersonale da consumare o ascoltare apiacere, liberamente dalle normeestetiche formate nell’ambito dellamusica “seria”.
Uno dei compiti più importanti di chiinsegna e studia la storia della musicaoggi, è quello di analizzare questa realtàalla luce dell’esperienze del passato eall’interno dei contesti culturali, socialied economici del presente. Laprospettiva antropologica nella ricercaetnomusicolgica, i nuovi approcci allacultura musicale in epoche remote(dall’antichità al Medioevo), lacrescente diffusione di studi sullamusica “leggera” in quanto un fenomenocentrale anche dal punto di vistamusicale (e non soltanto da quellosociologico), e l’apertura sempremaggiore degli studi musicologici adun’impostazione interdisciplinare – tuttiquesti possono favorire una visione più
ampia e più realistica di una realtàmusicale in continua e profondatrasformazione. (TPB)
Carl Dahlhaus e Hans HeinrichEggebrecht, Che cos’è la musica?(1985), trad. it. di A. Bozzo, Bologna, IlMulino, 1988.
Francesco Giannattasio, Il concetto dimusica in una prospettiva culturale,Enciplodeia della Musica, diretta da J.-J. Nattiez, vol. III (Musica e culture),Torino, Einaudi, 2003, pp. 679-1004.
Jean Molino e Jean-Jacques Nattiez,Tipologie e universali, Enciplodeiadella Musica, diretta da J.-J. Nattiez,vol. V (L’unità della musica), Torino,
Einaudi, 2005, pp. 331-366.
www3.unisi.it
Lezione 1: che cos'è la Musica?
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Secondo la mitologia antica la musica èun dono del dio Apollo e delle Muse edè una delle massime espressioni
artistiche dell'uomo. Dal punto di vistapratico, si considera musica un insiemeordinato di suoni. Naturalmente i critericon cui si stabilisce tale "ordine" sonodi natura puramente convenzionale evariano a seconda delle culture.
Il suono è essenzialmente una vibrazionedell'aria, un'onda prodotta in svariatimodi che noi esseri umani percepiamoattraverso l'apparato uditivo edelaboriamo con la mente, grazie allaquale distinguiamo rumore, musica,parole e tutti gli altri suoni che giungonoalle nostre orecchie.
Come ogni vibrazione anche il suonopossiede tre caratteristiche principali:
- Forma dell'onda: dalla forma chel'onda assume dipende il timbro delsuono. La forma dell'onda varia aseconda dello strumento che la emette:un pianoforte produrrà un'onda di formadifferente rispetto ad un flauto o ad unavoce umana, e questo ci permette didistinguere il suono dei vari strumentimusicali, come pure il timbro dellevarie voci.
- Ampiezza d'onda: dall'estensionedell'onda dipende l'intensità del suono edi conseguenza il suo volume.
- Frequenza: la frequenza dell'onda,ovvero il numero delle sue ripetizioni inun certo intervallo di tempo è quel
parametro del suono che ne determinal'intonazione e che ci consente disuddividere il suono in basse frequenze(proprie delle note gravi) e altefrequenze (tipiche delle note acute).
Queste tre proprietà che permettono didistinguere un suono da qualsiasi altrosono espressione di quella che è lastruttura del suono: timbro, volume eintonazione.
Bisogna però fare una distinzioneimportantissima: il suono non èsinonimo di nota. La nota è un suono maun suono non deve essere per forza unanota. I suoni sono alla base delle note ele note stanno alla base della musica,questo significa che la musica è
composta da note, non da suoni. Ladifferenza sostanziale sta nel fatto cheuna nota è un suono di timbro e volumequalsivoglia, ma di frequenza stabilita.
L'orecchio umano è in grado dipercepire vibrazioni di frequenzaall'incirca dai 20 ai 15000 Hz. Sotto i20 Hz i suoni non sono udibili perchétroppo gravi, mentre sopra i 15000 sitrovano gli ultrasuoni, che non possonoessere uditi per il motivo contrario, cioèperchè sono troppo acuti.
Nella musica convenzionale la gamma difrequenze utilizzate coincide con gliestremi del pianoforte (o dell'organo),poichè questi sono gli unici strumenti in
grado di raggiungerecontemporaneamente i due limiti oppostidell'estensione musicale; ne consegueche tutte le note prodotte dagli altristrumenti, o dai vari tipi di voce umana,possono essere riprodotte col pianoforteo con l'organo.La frequenza più bassa che è possibilesuonare in un moderno pianoforte a 88tasti (il primo tasto a sinistra, un LA) èdi 27,5 Hz, mentre la più alta (l'ultimo adestra, un DO) è di 4186 Hz. All'internodi questa gamma sono presenti migliaiadi intonazioni differenti (56,57,58 ...,4184, 4185, 4186) e se ad ogni Hertz sifacesse corrispondere una nota diversa,la tastiera di un pianoforte sarebbe cosìlunga che per adoperarla servirebbero
un centinaio di pianisti.
Per questo noi occidentali usiamoscegliere le nostre note di riferimentodividendo tutta la gamma di frequenze inbrevi intervalli regolari chiamatisemitoni. Di tutti i semitoni in cui èsuddivisa la gamma di frequenze chestiamo considerando, solo dodici sonoeffettivamente differenti tra loro come"colore", dodici note (partendo da unDO: DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI, più5 tasti neri) che si ripetono insuccessione ogni volta che la frequenzaraddoppia, quindi di volta in volta piùacute:
DO1(261,5 Hz), #, RE1, #, MI1, FA1, #,
SOL1, #, LA1(440Hz), #, SI1, DO2(523 Hz),#, RE2, #, MI2 FA2, #, SOL2, #,LA2(880Hz), #, SI2, DO3(1046 Hz), # RE3ecc...
La distanza che separa note di frequenzadoppia (DO1,DO2; RE1,RE2; MI1,MI2;ecc...) si chiama ottava. L'ottavasuddivisa in 12 semitoni è il fondamentodel nostro sistema tonale. Lasuccessione temporale dei toni producela melodia, la compresenza di più vocidà vita all'armonia. Il ritmo (prodottodalle differenti durate dei toni), il metro(cioè l'ordinamento della battuta in unitàtemporali accentate e non accentate) e iltempo (la misura del decorso temporale)determinano l'andamento temporale e
danno forma al brano musicale.
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Storia della musica - Primalezione
Postato il 11.Settembre.2001 in Storiadella musica | condividi questa pagina | stampa la pagina
La musica come definizione
Viene definita MUSICA l'arte dicombinare in maniera organizzata i suoni
nel tempo e nello spazio. Componentefondamentale di ogni cultura, la musicasi caratterizza per la grande varietà diforme e tecniche che essa presenta aseconda delle aree geografiche e deiperiodi storici. Le varie culture hannoopinioni diverse in merito allamusicalità di uno stesso suono. Così, adesempio, una semplice cantilena tribale,uno stile di canto semiparlato o un branocomposto dal programma di un computerpossono essere o meno accettati comemusica dai membri di una data società odi uno specifico sottogruppo. Anche ilcontesto può determinare la definizionedi un suono come musica. I rumoriprodotti da una fabbrica, ad esempio,non sono considerati un'espressione
artistica, a meno che non facciano partedi una composizione controllatacreativamente.La musica costituisce unacomponente fondamentale delle funzionireligiose, dei riti civili e, in maniera piùgenerale, di alcune forme diintrattenimento (teatro, cinema ecc.). Lafunzione originaria della musica è quellalegata ai rituali religiosi. Il suo utilizzonelle cerimonie cristiane ed ebraichepotrebbe essere un residuodell'originario ruolo di comunicazionecon il soprannaturale che essa svolgevaall'interno delle società primitive. Inmolte culture, tuttavia, essa è ancheun'attività fine a se stessa. Nella societàoccidentale del XX secolo, ad esempio,uno degli usi più diffusi della musica è
rappresentato dal suo ascolto in una salada concerto, alla radio o attraversoregistrazioni discografiche. Un'altrafunzione della musica, meno evidente, èquella dell'integrazione sociale.Peralcune minoranze (ad esempio, inAmerica, i gruppi etnici neri o di origineeuropea) essa può fungere da legame diappartenenza e rafforzare l'identità digruppo. La musica può infine avere unafunzione simbolica: può rappresentareidee o eventi extramusicali osottolineare le idee presentate in formaverbale nelle opere liriche,cinematografiche e nelle canzoni.
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Cos'è la MUSICA | il Suono e laMente
mariodaletta.com
Cos'è la MUSICA - il Suono e la MenteE’ questa la definizione di musica, quasicomune a molti dizionari, che si leggenell’ultima edizione del VocabolarioZingarelli della lingua italiana. Ma se losi considera alla stregua di un qualsiasidocumento storico, anche un dizionariopuò costituire un attendibile indicedell'evoluzione del pensiero in relazionea un mutato quadro di esperienze econoscenze. Diviene così interessantenotare come tale definizione compaianel Vocabolario Zingarelli solo a partiredal 1967 (9 ̂edizione), mentre dallaprima (1922) all'ottava edizione (1959)alla voce “musica” si leggeva:“Arte di combinare i suoni in modo chenella forma di melodia, armonia,
polifonia, strumentazione, ecc., rendanogli affetti dell’animo o immagini evisioni ideali”.Il cambiamento intervenuto poco più ditrentacinque anni fa non è di poco conto.Rispetto alla precedente formulazione,che ampliava la celebre definizione di“arte di combinare i suoni in modogradevole all'orecchio” enunciata daRousseau nel suo Dictionnaire demusique (1767), si registrano, infatti, tresostanziali innovazioni:1) “i suoni” diventano “più suoni”,lasciando così intendere che le loroqualità acustiche, così come i criteri didiscrezione di un ideale continuumsonoro in intervalli pertinenti, possanoessere molteplici e fra loro differenti;
2) la scelta dei suoni e del loro modo dicombinarsi non è più vincolata a unassetto “di melodia, armonia, polifonia,strumentazione, ecc.”, ma “a regoledefinite” che, “a seconda dei luoghi edelle epoche”, possono stabilire diversemodalità di organizzazione formale (equindi non necessariamente melodiche,armoniche, ecc.);3) l’abbandono della specificazione “inmodo che (...) rendano gli affettidell’animo o immagini e visioni ideali”lascia aperta la possibilità di un ricorsoalla dimensione musicale per altri finioltre a quelli estetici o emotivi; inoltre,ridimensiona “i suoni gradevoliall’orecchio” di Rousseau a quelligradevoli “all’orecchio di Rousseau”,
secondo le convenzioni culturali dellasua epoca e del suo ambito sociale,senza per questo ipotecare il piacereauditivo o le “immagini e visioni ideali”che l’espressione musicale puòsuscitare, o aver suscitato, in altricontesti storico-culturali.L'aggiornamento della definizionesegnala dunque la transizione da unaconcezione sette - ottocentesca, in parteancora oggi vigente fra non pochimelomani europei, a un'accezione piùestesa e onnicomprensiva, anche seinevitabilmente più generica, deltermine musica. Considerato che ilnuovo millennio si apre in una fonosferacadenzata, pervasa e a volte persinoinvasa da suoni musicali di ogni genere,
epoca e luogo, non possono esservidubbi che tale cambiamento vadasoprattutto ascritto alla rivoluzioneantropologica realizzatasi nel XX secoloe, più in particolare, ai risultatidell'indagine etnomusicale. Glietnomusicologi hanno, infatti, accertatoche non vi sono società umane, perquanto ristrette e isolate possano essere,prive di una qualche produzionesimbolica attraverso il suono,dimostrando nei fatti che il ricorso a unadimensione espressiva musicale è uncomportamento umano universale, tantoquanto il linguaggio o l'organizzazionesociale. Naturalmente, così comeesistono società e lingue diverse, ancheil modo di organizzare il sonoro in
forme e comportamenti musicali puòvariare considerevolmente da unacultura all'altra, in base alle diversecondizioni storiche, economiche eculturali nelle quali i vari sistemimusicali si sono realizzati e stratificati.L'allargamento del “musicale” all’interouniverso umano è andato così acollidere con un'idea di musica cheinvece era il frutto di “una restrizione eduna specificazione del campo musicale”del tutto interni alla storia della culturaegemone dell’Europa. Fu, infatti, agliinizi del Medioevo che, collocata fra learti liberali del Quadrivio (Aritmetica,Geometria, Astronomia e Musica), lamusica assunse definitivamente lafisionomia di un'autonoma scienza dei
suoni, rompendo quei vincoli conl'espressività della parola e del gestoche erano impliciti sia nella mousikétekné dei Greci sia nell’ars musica deiRomani. La trattatistica medievale (daBoezio a Guido d'Arezzo) operò inoltre,con la distinzione tra musici (i teoricidella musica) e cantores (gli esecutorimateriali), una doppia cesura fra ars eartificium e fra teoria e pratica musicali,in seguito mai più ricomposta. Ladelimitazione dei fenomeni musicali auna specifica attività artistica permisedunque di circoscrivere e controllare untipo di comportamento che invece, nellanostra come in tutte le altre culture, ècomune a ogni individuo e grupposociale (basti pensare al canto),
riducendo la distinzione fra musicale enon-musicale a considerazioni dicarattere prevalentemente estetico.Il persistere fino a tempi recenti di unaconcezione così rigida e delimitativa hadeterminato un'ambiguità concettuale dicui è sintomo l’insieme di significati edi usi che il termine musica tuttoraassume tanto nel lessico comune quantoin quello degli specialisti. Ad esempio,nell'italiano corrente il termine musica ètutt'oggi impiegato:1) per designare un ambito di attività ecomportamenti (la musica comeparticolare forma di espressione);2) per definire i prodotti di tali attività(una musica o le musiche);3) per differenziare l'esecuzione
strumentale da quella vocale (si pensi aespressioni come “so cantare ma non sofare musica”);4) per distinguere la teoria e lanotazione scritta dalle diverse pratichevocali e strumentali (capita spesso diintendere affermazioni come “nonostantenon conosca la musica è un ottimosuonatore”, “non canto a musica ma aorecchio”, ecc.);5) in senso metaforico, in frasi da cui fral'altro emerge una coscienza diffusa dialcune prerogative attribuiteall'espressione musicale: sonore (“sentiche musica fanno gli uccelli!” o, insenso ironico, “che musica d’inferno!”),temporali (“cambia musica!”, “è semprela stessa musica!”) ed estetiche (“quel
che dici è musica per le mie orecchie!”);6) in espressioni idiomatiche come“ascoltare musica” (mentre nessunodirebbe “vedere danza” o “ascoltarelinguaggio”) e un “pezzo”, o un “brano”,di musica, che sembrano implicare ilriferimento a un unicum inscindibile;7) nella definizione “musica d'arte”, chedovrebbe risolvere, con un’incredibilecircolarità viziosa (arte dei suonid’arte), la contrapposizione traun’ipotetica musica-musica, quellacolta, e una musica-non musica, quella“extra-colta” (di tradizione orale, diconsumo, ecc.), di fatto invalidando lastessa enunciazione di “arte dei suoni”presente nei dizionari e nelle definizionienciclopediche.
Questo molteplice significato deltermine dimostra come la sfera deicomportamenti musicali appaia ai piùalla stregua di una nebulosa dai contorniincerti, carica di fascino e di misteriosesuggestioni per coloro che se neconsiderano dei profani (“beato te chet'intendi di musica, io sono del tuttonegato!”) e suscettibile di sottilidistinguo (“un’esecuzione impeccabile,ma priva della minima espressivitàmusicale!”) o di drastiche quantocontestabili delimitazioni (“questa non èmusica, ma una volgare accozzaglia disuoni!”) da parte di coloro che se neritengono, a vario titolo, esperti oiniziati. Così, ad esempio, alcuni cultoridella musica d'arte occidentale
considerano Beethoven o l'intera fasetonale da Bach a Ravel “la quintessenzadella musica”, mentre altri,indipendentemente dall'epoca, dal luogoo dal genere, si ritengono in grado distabilire quando si tratti di “buona” o“cattiva” musica; tutti sembranocomunque animati dall'implicitaconvinzione di cosa effettivamente lamusica debba essere.L'allusività sempre presente nelleoccorrenze del termine musica sembrafare perno su due motivi di ambiguità. Ilprimo riguarda il senso da attribuire allaparola “arte” da cui prendono avviotutte le definizioni dei dizionari: si trattadi stabilire se e quando interpretare“arte” nel senso più generale di attività
umana volta, con specifici mezzi, allaproduzione simbolica, se e quandoinvece intenderla come attività miranteal perseguimento di un fine estetico epertanto soggetta a reazioni di gusto,giudizi e discriminazioni di valore,“immagini ideali” e via dicendo. Ilsecondo motivo di ambiguità, in qualchemodo connesso al primo, risiedenell'impiego di un unico termine perdesignare sia il generale processo diindagine attraverso il suono, sia i suoispecifici prodotti e le loro intrinsechequalità. Giova inoltre ricordare che ilvocabolo si è presentato al nuovoconfronto interculturale con due ulterioridelimitazioni: non ha sinonimi; in varielingue europee - neologismi a parte - è
privo di plurale e di un corrispondenteverbo denominale (anche l’italiano“musicare” è in fondo circoscritto alsolo significato di “mettere in musica untesto verbale”).I primi a cogliere l'inadeguatezza disenso del termine rispetto ai nuoviscenari sono stati alcuni compositorioccidentali. In una conferenza tenuta aSeattle nel 1937, John Cage ad esempioosservava:
Se questo termine “musica” è sacro, se èriservato agli strumenti del Sette edell'Ottocento, possiamo sostituirlo conuno più significativo: organizzazione delsuono.
Analoghe considerazioni esprimeva, in
un articolo del 1940, Edgar Varèse:
Dal momento che il termine “musica”sembra essersi ridotto a significaremolto meno di quel che dovrebbe,preferisco servirmi dell’espressione“suono organizzato”, evitando così latediosa questione “Ma è musica?”.
Ciò non toglie che ancora oggi alcunimusicologi europei manifestino la loroinsofferenza per un'estensione deltermine musica ad ambiti extra-europei(ma anche a quelli folklorici e diconsumo), ritenendo che la sua genesi ele sue connotazioni, del tutto interne allastoria culturale dell'Occidente, neimpediscano una generalizzazione d'uso.
Illuminante a questo proposito è laposizione di Carl Dahlhaus, chedichiara:
Tanto le differenze sociali, quantoquelle etniche e storiche si dimostrano –da quando è andato perduto o, quantomeno, è diminuito il candore con cuiancora nell'Ottocento si liquidava ciòche era estraneo alla musica comesottosviluppato o ci se ne appropriavainconsciamente - così grandi eopprimenti da sentirsi obbligati adifferenziare il concetto di musica.
E, aggiunge:
Ci troviamo di fronte all’infaustaalternativa di dilatare e stravolgere il
concetto europeo di musica, fino astraniarlo dalla sua origine, oppureescludere da tale concetto la produzionemusicale di alcune culture extraeuropee.La prima opzione sarebbe poco fondatasotto l'aspetto della storia spirituale, laseconda sarebbe tacciata dieurocentrismo, poiché di norma gliafricani, anche se da un lato accentuanola negritudine delle loro culture,dall'altro non intendono rinunciare alprestigio della parola “musica”.
Al di là dei toni, la posizione espressada Dahlhaus sarebbe in parte fondata sela questione potesse essere ridotta a unmero problema di “proprietà” lessicale.Ma l'estensione di un termine è il
prodotto di un continuo processo dicontrattazione sociale che sancisce aquale insieme di cose “si puòcorrettamente applicare volendo poienunciare proposizioni vere” (Eco1997); nulla vieta, pertanto, che i suoireferenti possano nel tempo cambiare,ridursi o moltiplicarsi, qualora se nedeterminino le condizioni.Fra l'altro, va osservato che gran partedelle culture degli “africani” chiamate incausa da Dahlhaus non hanno mai avutonelle loro lingue un termine la cuiestensione semantica corrispondesse, intutto o in parte, al “concetto europeo dimusica”, ma ciò non ha impedito cheproducessero e utilizzassero, nel corsodei secoli, forme e strutture sonore
anche estremamente elaborate. Nél'eventuale adozione del vocaboloadoperato dai colonizzatori bianchisembra aver provocato particolaritrasformazioni. Ad esempio, nella linguasomala il neologismo muusika designaesclusivamente la canzone moderna,destinata a un consumo e a un ascolto dimassa ed eseguita con strumentid'importazione europea, araba e indiana,mentre la tradizionale produzione“musicale” continua a essere denominataricorrendo a tre distinte categoriefunzionali, poesia, canto e danza, chenon rinviano ad alcun termine generale.Il problema, dunque, non sembra tantoquello di stabilire in modo rigido eformale “Cos’è la Musica?”, quanto
piuttosto di individuare quali siano itratti comuni a quell'insieme eterogeneodi fenomeni, riscontrabili in tutte leculture del mondo, cui per generaleconsenso si riconosce una qualchenatura “musicale”. A questo fine ci sideve per il momento accontentare,realisticamente, di utilizzare terminiquali musica e musicale in un'accezione“debole” (nel senso caro al pensierofilosofico contemporaneo), consapevoliche la scelta è imposta da unalimitazione della lingua.Quanto al “concetto europeo di musica”,sembra più proficuo assumerlonell’aggregato di significati cheattualmente lo caratterizzano, se ciòconsente di comprendere meglio il ruolo
di “pre-concetto” che esso ha svolto, etuttora svolge, nella dinamicainterculturale instauratasi con larivoluzione antropologica. In questosenso, le attuali travagliate sorti dellaparola “musica” possono essereconsiderate un indice di quella“dialettica e della cognizione e dellaconoscenza” che Umberto Eco ha cosìdescritto:
Il primo tentativo di capire quello che sivede è di inquadrare l'esperienza in unsistema categoriale precedente. Ma leosservazioni mettono in crisi il quadrocategoriale, e allora si cerca diriadattare il quadro. E così si procede inparallelo, riaggiustando il quadro
categoriale a seconda di nuovi enunciatiosservativi e riconoscendo come verienunciati osservativi a seconda delquadro categoriale assunto. A mano amano che si categorizza, si attende ditrovare nuove proprietà (certamente informa di disordinata enciclopedia); amano a mano che si trovano proprietà sitenta un riassestamento dell'impiantocategoriale. Ma ogni ipotesi sul quadrocategoriale da assumere influenza ilmodo di fare e di riconoscere comevalidi gli enunciati osservativi.
In tale prospettiva, la storia di oltrecento anni di studi etnomusicologi puòessere anche letta come la cronaca delpassaggio da una definizione di musica
basata sull'esperienza e le categoriecognitive occidentali a una nuova grigliainterpretativa in grado di spiegare, aposteriori, le profonde e reciprochealterità musicali delle diverse culture.
Era inevitabile che l'impatto con leculture extraoccidentali e con la lorodiversità - prima intuita tramite iresoconti dei viaggiatori e degliesploratori e divenuta poiconsapevolezza quando ad essi, a partiredal XIX secolo, subentrarono glietnografi - facesse crollare le illusionicirca la naturalità, l'universalità el'immortalità di quell'arte delle Muse dicui la "cultura osservante" occidentale si
credesse depositaria e custode.Analoghe conseguenze derivarono dauno studio sempre più attento e rigorosodella musica folklorica europea: via viache allargavano il campo d'indagineall'intero complesso delle societàumane, le ricerche di etnografia efolklore musicale portavano alla lucefatti musicali così difformi e irriducibiligli uni agli altri da far dubitare dellanatura stessa dell'oggetto d'indagine.Eppure, nella convinzione di un'agevolericonoscibilità dei fenomeni musicali, iprimi studi comparati si erano sviluppaticome una naturale estensione dellamusicologia europea, rivendicando perquesto un'autonoma specificitànell'ambito delle scienze umane. Ed è
significativo che, nello stesso anno incui Guido Adler (1885) sancivanell'appena nata Musikwissenschaft unadivisione di campo fra studi storici esistematici, le osservazioni di AlexanderJohn Ellis (1885) sulle scale delle“varie nazioni” dessero vita a quelcensimento delle differenze divenuto poiil terreno di pertinenzadell’etnomusicologia. Si può quasicogliere un tono di sorpresa nellaconstatazione di Ellis che la scalamusicale non è unica, non è “naturale” eneppure si fonda sulle leggi dellacostituzione del suono musicalecomprese ed esposte in modo brillanteda Helmholtz, ma che “invece esistonoscale molto diversificate, artificiali e
soggette a variazioni capricciose”.Proprio in quello stesso periodo,Ferdinand de Saussure cominciava adefinire alcuni fondamentali termini econcetti-chiave delle moderne scienzedel linguaggio. Una contemporaneitàoggi indicativa dello scarto, sia storicosia concettuale, nell'approccio a duecampi contigui dell'espressività umana,quello linguistico e quello musicale,entrambi riconducibili alla produzionedi suono organizzato: la possibilità didare rigore e fondamenti scientifici aglistudi linguistici comparati poggiava giàallora su una chiara distinzione teoricafra linguaggio e lingua (Saussure 1922),mentre la distinzione fra universale erelativo in musica (si potrebbe anche
dire fra musica e musiche) non era cheai suoi primi e inconsapevoli passi.Per molti versi, il percorso evolutivodegli studi etnomusicali non è dissimileda quello di altri settori delle scienzeumane, anche se il feedback sulla culturaosservante è stato più immediato edirompente che in altri campi delconfronto antropologico. Una primaricaduta si è avuta nel cuore stesso dellamusica colta occidentale, fra icompositori. Essa è stata dapprimapercepibile nei “primitivismi” e nellesempre più consistenti fusioni di teoriemusicali e in seguito, soprattutto, nellacrisi d'identità del linguaggio musicale,di cui si ritrovano segni eloquenti: nellarivoluzione “atonale” e “dodecafonica”
di Schoenberg e in generale, in tutta laconseguente esperienza “seriale”, cometentativo di fondare un'espressionemusicale al di fuori di scale, forme estrutture “preconcette” (l'aggettivo è diBoulez); nella crescente utilizzazione divoce, linguaggio e corpo (dalloSprechgesang di Schoenberg alle operedi Berio) e in una generale ricerca difusione dell'evento sonoro col mimo, ilgesto e la danza nel crescente rifiuto distrette dipendenze dalla partitura scritta(musiche aleatorie, Cage, Varèse, ecc.).A poco a poco, la scoperta di culture,forme e condotte musicali irriducibili leune alle altre, il nuovo atteggiamento deicompositori colti e il progressivoingresso dell'etnomusicologia in ambiti
accademici hanno determinato inOccidente una sempre più diffusaconvinzione che l'universalità non vadaricercata nel “concetto di musica”, manel fatto che tutte le culture ricorrano auna forma d'espressione basata suspecifiche modalità di organizzazionedel suono. La differenza è sostanziale: auna forma espressiva non è richiesto diessere bella, brutta, buona, cattiva,gradevole o sgradevole all'orecchio, masolo di essere adeguata agli scopi che nedeterminano l'uso; per cui la finalitàestetica non è che una fra le possibilideterminanti dell'efficacia simbolica delfare musica.
LINK D' INTERESSE - il Suono e laMente
Organizzazione dei suoni e patterns
neuronali - il Suono e la Mente
da Debussy e Stravinskij - il Suono e laMenteLa musica del XX secolo subisce uncambiamento con Debussy, la suamusica esprime in un certo senso lacontinuazione del pensiero musicaleprecedente. Nelle sue opereun’attenzione particolare è riservata allasonorità, la quale diventa importanteallo stesso modo del ritmo, melodia earmonia. La forma si evolvecontinuamente e la sua percezione esigeattenzione costante. Il compositore noncrea più le sue opere per gliaristocratici e il clero, ma pone essostesso come attore principale nelcontesto storico, essendosi staccato daivincoli suddetti, è libero di comporre
ciò che ritiene più adeguato,esteticamente e tecnicamente. Indefinitiva chi compone non si preoccupadelle attese del fruitore. Contrariamentea quanto si può pensare non avviene neiprimi anni del XX secolo, una completarottura col passato, le nuove esperienzecoesistono e si avvicendano con gli stiliantecedenti. Si manifestano nel periodosuddetto, molteplici forme diricostituzione e nuovi percorsi musicali.Nel XX secolo, vivono assieme opere diSchoenberg e Rachmaninov, di RichardStrauss e Boulez, quindi rimembranzedell’esperienza tonale e processicreativi con nuove forme espressive(introduzione di rumori, e orchestretimbricamente più ricche, possibilità di
espansione del campo sonoro deglistrumenti, riconoscimento del ruolo di“strumento” anche alla voce umana, ilricorso all’elaborazione degli eventisonori, tramite il computer. Ecco, colXX secolo la Musica acquista il suovalore universale “tutti possonoesprimersi attraverso il suono”.Nell’ Ottocento, la musica - come delresto tutta l'arte - era ritenutapromulgatrice di verità, attraverso laquale l’artista, nei panni di apostolo,comunicava ciò che solo un’animasensibile e una mente rivelatrice sapevaafferrare nella guida alla trasformazionedi una società più giusta e illuminata,però nel corso del secolo si assiste aduna serie di eventi socio-politici che
man mano annichiliscono e minano lefondamenta dell’ideale artistico,disilluso il desiderio di miglioramentodella società, l’artista diventaconsapevole di ricoprire un ruolomarginale rispetto alla maggior parte diessa, all’epoca. Stravinskij sarà laprincipale incarnazione dell’artista chenon crede più all’arte come guida per unmondo migliore, rivelatrice di valori cuici si deve affidare. Lo scetticismo sulfatto che l’arte stessa possa riuscire acambiare la determinazione delleposizioni sociali e nientemenol’andamento della storia, diventaconvinzione. Stravinskij concretizzerà lasua visione dell’arte riprendendo moltilavori del passato alterandoli
beffardamente, indebolendo la lorostruttura, sottraendone il respiro, quindila missione dell’artista concepita primanon è più quella di guida per un mondoideale, l’artista diventa un fabbricante dicompiuti prodotti sonori, la sua arteassume un diverso ruolo nei confrontidel pubblico. La stessa via delcambiamento è esplorata in manieramoderatamente diversa dalla scuola diVienna, nell’Europa centrale latradizione romantica aveva radici troppoprofonde per subire un distacco netto dalpassato. L’espressionismo non rifiuta ené rinnega la fede nei valori e negliideali, continua ad esserci anche seprende forme e elementi distintividiversi.
mariodaletta.com
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