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Contattologia Medica_modulo 02

Mar 29, 2016

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Contattologia medica Provider: Fabiano Group S.r.l. - Reg. San Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827827 - Fax 0141 033112 - [email protected] 22 23 25 25 25 26 26 26 27 Responsabile Scientifico: Prof. N. Pescosolido pag. Figura 2.Struttura del tessuto lacrimale. Figura 1.Unità funzionale della superficie oculare. 2
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Formazione a Distanza

Contattologia medica

Provider:

Fabiano Group S.r.l. - Reg. San Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT)Tel. 0141 827827 - Fax 0141 033112 - [email protected]

Numero di Accreditamento Provider: 77Data di Accreditamento Provvisorio: 22/04/10 (validità: 24 mesi)Questa attività ECM è stata predisposta in accordo con le regole indicate dalla Commissione Nazionale ECM dalla Fabiano Group.La Fabiano Group è accreditata dalla Commissione Nazionale a fornire programmi di formazio-ne continua per Oculisti e Ortottisti e si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di queste attività ECM.Iniziativa FAD rivolta a Medici Oculisti e Ortottisti.Obiettivo formativo: Contenuti tecnico/professionali (conoscenze e competenze) specifi ci di ciascuna professione, specializzazione e attività ultraspecialistica.Modulo didattico n. 2 del Percorso Formativo “Contattologia medica” (Rif. 77-5361), della durata complessiva di 12 ore.Numero di crediti assegnati al programma FAD una volta superato il test di apprendimento: 12

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• Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

− Tessuto lacrimale …………………………………………………………………….…............

− Palpebre ……………………………………………………………………………………........

− Congiuntiva …………………………………………………………………………….…..........

− Cornea …………………………………………………………………………………………....

− La sindrome da aumentata evaporazione lacrimale …………………...............................

− La sindrome della lente stretta …………………………………………………….................

− Depositi ………………………………………………………………………………………......

• Selezione del paziente e controllo del portatore di lenti a contatto

− Visita preliminare ……………………………………………………………………….............

− Esame oculistico completo …………………………………………………………..............

− Tempi richiesti per una adeguata applicazione ………………………….......................…

− Indicazioni ……………………………………………………………………………......………

− Controindicazioni ………………………………………………………………….............……

− Fattori che influenzano la scelta della lente ……………………………......................……

− Prescrizione della lente ………………………………………………………….............……

− Inserimento e rimozione ……………………………………………………………................

− Visite di controllo per i portatori di LAC …………………………………….....................…

Lente a contatto e superficie oculare.Interazioni, complicanze e indicazioni

per un porto corretto

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Responsabile Scientifico: Prof. N. Pescosolido

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La superficie oculare (figura 1) è costituita da pal-pebre, congiuntiva e cornea ed è rivestita da lacrime.Queste quattro strutture sono legate sia anatomica-mente, sia funzionalmente; infatti, le componentidella superficie oculare reagiscono sempre congiun-tamente per garantire la difesa dell’apparato visivo.Per queste ragioni la superficie oculare è considera-ta un’unica entità anatomo-funzionale.È indubbio che nel complesso della superficie ocula-re le lacrime, la cui struttura e composizione sonocosì complesse che ancora non siamo stati in gradodi definire del tutto, svolgono un ruolo strategico eciò è ancora più vero in contattologia.Le lacrime esercitano numerosissime funzioni, tuttealtamente specializzate (antimicrobica, antiossidan-te, lubrificante, nutritiva, ottica, protettiva, pulente,veicolante), e sono essenziali per la superficie ocula-re, basta pensare a cosa succede quando la lorostruttura o la loro composizione non è perfettamen-te equilibrata. Forse proprio grazie alla loro complessità le lacrimesono estremamente stabili: riescono a rimanere dis-tese sulla superficie oculare per almeno 15 secondinonostante le aggressioni che subiscono dall’ambien-te esterno.Contemporaneamente, e questa volta nonostante laloro complessità, le lacrime riescono ad essere dina-miche: lo strato mucoso, da una parte aderisce sal-damente alle cellule dell’epitelio corneocongiuntiva-le grazie alla sua componente idrofobica rendendolebagnabili, dall’altra con la sua frazione idrofila lega asé lo strato acquoso all’interno del quale si spingefino nella porzione più superficiale dove, riducendola tensione superficiale dell’interfaccia tra strato

acquoso e lipidico, consente una rapida ed uniformedistribuzione dello strato lipidico; lo strato lipidico,poi, nonostante sia costantemente sottoposto a ciclidi compressione ed espansione (ammiccamento)riesce a mantenere una perfetta integrità (dimostra-ta dal fatto che in condizioni di normalità non siriscontra mai emulsione di lipidi nello strato acquo-so) ed una incredibile flessibilità (si distende a 400cm/sec ricoprendo la superficie oculare in un cente-simo di secondo, tempo nettamente inferiore a quel-lo necessario per un ammiccamento). In realtà, gli studi di interferometria[1] e di microsco-pia angolare[2] devono farci riconsiderare la abitualestruttura a tre strati delle lacrime in quanto ci dico-no che non è identificabile un vero e proprio confinetra strato mucoso ed acquoso, ma solo una differen-te concentrazione di mucine tra gli strati più profon-di e quelli più superficiali di uno spesso strato muco-acquoso (40 micron) su cui si distende un sottilissi-mo strato lipidico (figura 2).

Su queste basi io credo che così come abbiamo impa-rato a pensare alla superficie oculare come ad un’u-nità funzionale, dobbiamo abituarci a pensare allelacrime come ad un tessuto liquido pluristratificato,dalle funzioni altamente specializzate che riveste lasuperficie oculare: il tessuto lacrimale (TL)[3]. Se accettiamo di considerare le lacrime un tessuto,quando introduciamo una lente a contatto, impian-

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Figura 1. Unità funzionale della superficie oculare.

Figura 2. Struttura del tessuto lacrimale.

Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

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tiamo un mezzo protesico in questo tessuto liquido.Sono le caratteristiche strutturali del tessuto lacri-male che rendono tollerabile la presenza di questaprotesi sulla superficie oculare: un tessuto lacrimalecon una composizione corretta avrà spessore e sta-bilità adeguate ad accogliere la lente a contatto; asua volta la lente a contatto sarà tanto più compati-bile quanto più le sue caratteristiche consentirannoun regolare ricambio del tessuto lacrimale permet-tendo alla superficie oculare di conservare le sueprerogative. Su queste basi dobbiamo ritenere che iltermine lenti a contatto sia un termine improprio enon scientifico; queste lenti vengono introdotte neltessuto lacrimale e pertanto devono essere definitelenti lacrimali (LeLa)[3].Le lenti lacrimali sono dispositivi medici invasiviclassificati di classe II b, così come di classe II b sonoclassificate tutte le sostanze per la loro manutenzio-ne[4]. I dispositivi medici sono classificati in tre fasceI, II a, II b, III in rapporto alla loro invasività; adesempio nella classe III sono collocate le protesi car-diache. Da ciò possiamo desumere che il legislatoreabbia una visione chiara della capacità di queste pro-tesi di alterare il normale equilibrio della superficieoculare. Come è impossibile separare anatomo-funzionalmen-te i componenti della superficie oculare, così risultadifficoltoso trattare separatamente per ognuno diessi, delle modificazioni che si verificano dopo l’im-pianto di una LeLa, senza ricadere in alcune ripeti-zioni.

� Tessuto lacrimaleLe prime e più evidenti modificazioni che vengonoindotte dall’impianto di una LeLa sono, ovviamente,a carico del tessuto lacrimale.Normalmente il tessuto lacrimale si distribuisce sulla

superficie oculare in modo da configurare un’areaprecorneale, un’area preoculare, il lago lacrimale edi menischi (figura 3).

I menischi lacrimali hanno uno spessore di 0,3-0,5mm ed hanno un ruolo importantissimo nel mante-nere ben disteso sulla superficie oculare il tessutolacrimale.Quando inseriamo una LeLa (soprattutto se rigida) lamodificazione più immediata che osserviamo è la for-mazione di un nuovo menisco lacrimale attorno allalente (figura 4). Questo nuovo menisco perilentico-lare è tanto più spesso quanto più spesso è il bordodella LeLa (come ad esempio nelle lenti con elevatopotere negativo) e sottrae tanto più tessuto lacrima-le alla superficie oculare quanto più grande è il dia-metro della lente. La formazione di questo nuovomenisco modifica le forze che pongono in tensione iltessuto lacrimale generando aree d’assottigliamento. Inoltre la sola presenza della LeLa interrompendo lacongruità del complesso palpebre-superficie ocularedetermina una così cattiva distribuzione del tessutolacrimale sulla superficie oculare da giustificare lacomparsa di colorabilità epiteliale alle ore 3 e 9 dicomune riscontro in portatori di LeLa a strutturarigida.L’impianto della LeLa nel tessuto lacrimale determi-na la separazione del TL precorneale in un film lacri-male postlente ed un film lacrimale prelente (figura

5). Recentemente, utilizzando ancora l’interferome-tria, è stato rilevato che lo spessore medio del filmlacrimale postlente (2,34 micron) è sostanzialmentesimile allo spessore medio del film prelente (2,31micron) e, quindi, significativamente più sottile diquanto sembrava dalle rilevazioni pachimetriche(11-12 micron)[5].Il film postlente sarà formato da muco ed acqua edessendo privo dello strato lipidico, tenderà ad eva-porare velocemente divenendo ipertonico.

34. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 3. Distribuzione del tessuto lacrimale. Figura 4. Notevole menisco perilenticolare in lente rigida dielevato potere negativo.

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Il film prelente, invece, risulterà formato da acquacon pochissima mucina per cui avrà una elevata ten-sione superficiale che non consentirà una correttadistribuzione del film lipidico e pertanto risulteràpoco stabile e tenderà ad evaporare rapidamente.Le modificazioni a carico della produzione di TL chepossono osservarsi in fase di adattamento alle LeLasono abbastanza ovvie e sono rappresentate dalnotevole aumento della produzione di fluido lacrima-le isotonico da parte delle ghiandole lacrimali conconseguente caduta dell’osmolarità del tessuto lacri-male da diluizione.Il processo di adattamento alle LeLa comporta lariduzione della sensibilità corneale e della sensibilitàdel bordo palpebrale, pertanto nei soggetti adattatiall’uso di LeLa, la tendenza all’evaporazione lacrima-le legata all’alterata architettura del tessuto lacrima-le viene sempre meno controbilanciata da un aumen-to della secrezione di fluido isotonico da parte delleghiandole lacrimali (che è un fenomeno prevalente-mente riflesso) e il tessuto lacrimale diviene rapida-mente molto ipertonico[6], se questa condizione nonviene corretta si può instaurare una sindrome seccada iperevaporazione che è una delle cause della ade-sione delle lenti lacrimali alla superficie oculare.Per garantire un normale stato di deturgescenza epi-teliale l’osmolarità del tessuto lacrimale dovrebbeessere di circa 310 mOsm/l, equivalenti ad una solu-zione appena superiore all’1% di NaCl. Questa con-dizione di lieve iperosmolarità è il risultato della nor-male evaporazione dell’acqua dal tessuto lacrimale

quando l’occhio è aperto; quando, invece, le palpe-bre rimangono chiuse a lungo, come durante ilsonno, l’osmolarità del tessuto lacrimale scende avalori inferiori a 290 mOsm/l. Una osmolarità inferio-re a 280 mOsm/l è in grado di indurre edema dell’e-pitelio corneale[7].Le lacrime svolgono anche un ruolo essenziale di dife-sa della superficie oculare dalla contaminazione daparte di microrganismi grazie al loro contenuto dicomplemento, glicoproteine, immunoglobuline A(IgA, sIgA), lattoferrina, leucociti, lisozima, mucine efosfolipasi A2 (PLA2). L’uso di lenti lacrimali mentrenon sembra in grado di modificare significativamentela concentrazione nel tessuto lacrimale di lattoferrinae lisozima[8], è invece in grado di ridurre la concen-trazione di IgA e PLA2[9]. Inoltre la concentrazione diquest’ultima si riduce con l’età in rapporto alla ridu-zione della secrezione lacrimale[10]. Un ulteriore ele-mento da segnalare è il riscontro nel tessuto lacrima-le dei portatori di lenti lacrimali contaminate, di unaconcentrazione significativamente più elevata difibronectina rispetto a quella rilevabile nei portatoridi lenti lacrimali non contaminate[11]. La conseguenzaclinica di queste informazioni è che l’uso delle lentilacrimali è in grado di ridurre le capacità del tessutolacrimale di difendere la superficie oculare.L’ipossia cronica indotta dall’uso di lenti lacrimalidetermina la riduzione della concentrazione nel tes-suto lacrimale del Decay Accelerating Factor, unaproteina di membrana che controlla l’attivazione delcomplemento. La mancanza di controllo sull’attiva-zione del complemento è responsabile della maggio-ranza delle risposte infiammatorie correlate all’utiliz-zo di lenti lacrimali, dall’occhio rosso acuto alla con-giuntivite a papille giganti. Ovviamente in questasituazione cresce la concentrazione nel tessuto lacri-male di tutti i mediatori dell’infiammazione: citochi-ne, Fattore Attivante le Piastrine, Fattore di crescitadell’Endotelio Vasale, interleuchine, plasminogenoed attivatori della plasmina, metaboliti dell’acido ara-chidonico (eicosanoidi). Gli eicosanoidi sono compo-sti biologicamente attivi in grado, tra l’altro, di sti-molare la formazione di nuovi vasi e di aumentare lapermeabilità vasale. La concentrazione di questimetaboliti nel tessuto lacrimale diviene particolar-mente alta in condizioni di grave ipossia[12].

� PalpebreLe palpebre ed in particolare la loro cinetica (ammic-camento) sono determinanti per la distensione e lastabilizzazione del tessuto lacrimale sulla superficie

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Figura 5. Struttura del tessuto lacrimale dopo impianto diLeLa.

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oculare e per il ricambio delle cellule epiteliali cor-neocongiuntivali. Inoltre, esse delimitano la rima pal-pebrale che è un altro parametro di estrema impor-tanza in contattologia (figure 6 e 7).

Il film lacrimale postlente gioca un ruolo determi-nante nel metabolismo della superficie oculare che sitrova sotto la lente e quindi deve essere ricambiatofrequentemente.Grazie all’ammiccamento durante la fase di discesa lapalpebra superiore con la sua pressione (fino a 200gr/cm2) allontana una certa quota di film postlente,che viene riformato durante la fase di risalita dellapalpebra superiore (effetto pompa) (figura 8).

L’entità del ricambio del film lacrimale postlente saràinfluenzato dall’escursione della palpebra superiore(maggiore nei soggetti con rima palpebrale piùlarga), dalla elasticità del polimero che costituisce lalente e dal tipo di applicazione.

L’elasticità è una proprietà meccanica del materialeche consente alla lente di tornare alla forma origina-ria dopo essere stata deformata dall’ammiccamentoe di mantenerla sino all’ammiccamento successivo.Questa caratteristica del materiale è condizionataanche dalla sua capacità di permettere un buonmovimento di fluidi attraverso la lente e deve essereestremamente equilibrata: se la lente riprende trop-po rapidamente la sua forma originaria dopo l’am-miccamento, si crea una rapida adesione della zonaaptica della lente alla superficie oculare, mentre siforma una depressione della zona ottica con pressio-ne negativa dietro la lente che impedisce a questaparte della lente di riposizionarsi correttamente; sicrea un effetto suzione che praticamente immobiliz-za la lente impedendo il ricambio del film postlente.

54. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 6. Rima palpebrale stretta: lʼarea della superficieoculare esposta è ridotta, pertanto sarà necessario minorevolume lacrimale e siccome anche lʼescursione della palpe-bra superiore sarà minore, risulterà ridotto anche il ricambiodel tessuto lacrimale.

Figura 7. Rima palpebrale larga: lʼarea della superficie ocu-lare esposta è aumentata, pertanto sarà necessario mag-giore volume lacrimale e siccome anche lʼescursione dellapalpebra superiore sarà maggiore, risulterà aumentatoanche il ricambio del tessuto lacrimale. Figura 8. Effetto pompa dellʼammiccamento.

Il tipo di applicazione può condizionare significativa-mente il ricambio del film lacrimale postlente nelsenso che un’applicazione più piatta, cioè con unappoggio prevalentemente apicale, consente unamaggiore deformabilità della lente e quindi un mag-giore ricambio. Se, però, l’applicazione diviene trop-po piatta i bordi della lente si sollevano ed aumentanotevolmente lo sfregamento tra bordo della lente econgiuntiva palpebrale con formazione di depositilungo il bordo della lente (figura 9), formazione dibolle d’aria nella porzione periferica della lente,aumento del rischio di comparsa di congiuntivitegigantopapillare e di epiteliopatia da sfregamentodella congiuntiva bulbare.Inoltre un contatto eccessivo e ripetuto tra bordodella lente e congiuntiva tarsale può indurre unostato infiammatorio localizzato dei dotti delle ghian-dole lacrimali palpebrali (soprattutto di quelle di

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Meibomio) che possono più facilmente andare incon-tro ad anomalie di funzionamento (drop-out ghian-dolare) ed occlusione (figure 10 e 11).

All’infiammazione si associa sempre un aumentolocalizzato della temperatura che, nel tempo, alterala composizione della secrezione lipidica (figura 12)

con l’innalzamento del punto di fusione del mebo edinevitabili conseguenze negative sulla formazionedello strato lipidico del tessuto lacrimale. In sostanza le proprietà del materiale della lente edil tipo di applicazione andranno selezionate anche inbase alle caratteristiche della rima palpebrale delportatore al fine di garantire ad ogni ammiccamento,un adeguato movimento della lente sulla superficieoculare che consenta all’effetto pompa di ricambiareil 10-20% del film lacrimale postlente rigida e l’1-2%del film postlente morbida.Le palpebre durante l’ammiccamento scaricano sulbulbo oculare una forza di compressione che puòraggiungere i 200 gr/cm2; questa energia, oltre adeterminare il movimento e la distribuzione del tes-suto lacrimale, stimola la desquamazione delle cellu-le epiteliali soprattutto nella porzione centrale della

cornea, favorendo così il regolare ricambio cellulare.Con l’introduzione di lenti lacrimali questo meccani-smo viene interrotto in quanto l’energia palpebrale siscaricherà sulle lenti e non sulla superficie oculare,contribuendo per un verso ai fenomeni di stagnazio-ne metabolica dell’epitelio corneale e per un altro aifenomeni di adesione delle lenti lacrimali alla super-ficie oculare. Infatti, la chiusura dell’occhio determina un note-vole assottigliamento del film postlente il cui spes-sore scende a poco più di 1 micron già dopo 15minuti di chiusura palpebrale e diviene non piùmisurabile (1 micron, è il limite di risoluzione dellametodica interferometrica) dopo 30 minuti di chiu-sura palpebrale[13]. Sia la statica sia la cinetica palpebrale sono influen-zate dalla presenza di LeLa. Le modificazioni della cinetica palpebrale durante lafase di adattamento sono ovvie: il ritmo dell’ammic-

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Figura 9. Depositi lungo il bordo di una LeLa applicata piatta. Figura 11. Cheratinizzazione dello sbocco di una ghiandola diMeibomio.

Figura 10. Ghiandola di Meibomio non funzionante.

Figura 12. La presenza di schiuma sul bordo palpebrale e lairregolarità del bordo palpebrale interno sono tra i segni tipicidi disfunzione meibomiana; la schiuma si accumula prevalen-temente al canto esterno in quanto galleggiando sulle lacrimeviene spinta dallʼammiccamento in direzione opposta a quel-la delle lacrime.

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camento aumenta notevolmente. Quando si raggiun-ge un buon adattamento alle LeLa persiste un lieveaumento del ritmo di ammiccamento. I soggetti conproblemi di tolleranza alle lenti ammiccano menofrequentemente e spesso in modo incompleto o soloaccennato, ciò determina un ridotto ricambio delfilm postlente ed un notevole aumento dell’evapora-zione lacrimale da esposizione che, periodicamente,fa scattare nel portatore la necessità di eseguire unaserie di ammiccamenti forzati.La statica palpebrale può subire modificazioni rile-vanti sia transitorie (pseudoptosi), sia permanenti(ptosi vera). La pseudoptosi è un fenomeno relativamente fre-quente ed è correlato alla presenza di uno statoinfiammatorio della palpebra superiore (come adesempio una importante congiuntivite gigantopapil-lare) con fenomeni trasudatizi nel tessuto connetti-

74. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 13. Grave ptosi in portatrice di una cattiva applicazio-ne di lente in PMMA per cheratocono in OD. La sospensionedellʼuso della lente rigida in OD ha rivelato, dopo alcuni mesi,un quadro di warpage corneale e non di cheratocono.

Figura 15. Neoformazione coinvolgente la porzione internadel bordo palpebrale inferiore. Una condizione di questo tipoè sufficiente ad interrompere la coerenza del rapporto tra pal-pebre e tessuto lacrimale.

Figura 14. Lo stesso soggetto dellʼimmagine precedentedopo instillazione di fenilefrina in OD: la palpebra superioresale evidentemente, senza però significativa modificazionedella piega palpebrale, in questo caso si può ipotizzare(essendo state escluse altre possibili cause) una ptosi mistasia da lesione aponeurotica che da denervazione.

vo che diviene più pesante. La risoluzione dello stato flogistico, si accompagnaalla risoluzione della ptosi. La ptosi vera può essere determinata o dalla disin-serzione dell’aponeurosi del muscolo elevatore dellapalpebra superiore dovuta ad una eccessiva manipo-lazione della palpebra durante le manovre di appli-cazione della lente oppure ad una parziale denerva-zione delle fibre inferiori del muscolo elevatore dellapalpebra superiore e dei muscoli di Muller dovuta adun’applicazione inadatta di una lente a struttura rigi-da (figura 13). La diagnosi differenziale tra queste due forme diptosi si basa sulla notevole sensibilità delle fibremuscolari denervate cosicchè la somministrazione diun collirio simpaticomimetico (fenilefrina) ne deter-mina la immediata contrazione con riduzione dellaptosi nel caso di ptosi da denervazione e nessuneffetto nel caso di lesione dell’aponeurosi. È possibi-le anche il riscontro di forme miste dove nella pato-genesi della ptosi si può individuare sia la lesioneaponeurotica che la denervazione (figura 14). In presenza di ptosi nel portatore di lenti a contattobisogna comunque escludere ogni altra possibilecausa. Il trattamento della ptosi vera è chirurgico.Infine va sempre ricordato che per ottenere una cor-retta distensione del tessuto lacrimale sulla superfi-cie oculare è indispensabile una perfetta integrità delbordo libero palpebrale. Quando il bordo libero delle palpebre non è unifor-me (figure 15 e 16) il rapporto tra palpebra e tes-suto lacrimale diviene incongruo, la formazione deimenischi non può avvenire regolarmente e già soloquesto può produrre una notevole instabilità del tes-suto lacrimale.

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� Congiuntiva

La mucosa congiuntivale risponde alla presenza dellalente lacrimale (microtraumatismi) ed alle modifica-zioni del tessuto lacrimale da essa indotte (iper-osmolarità) evolvendo lentamente verso la metapla-sia squamosa.Tutti i portatori di lenti lacrimali sono a rischio dimetaplasia squamosa della congiuntiva se non ade-guatamente trattati (vedi più avanti: La sindrome daaumentata evaporazione lacrimale).Tutte le volte che ci troviamo di fronte un portatoredi lenti lacrimali soprattutto idrofile che non fa usodi integratori lacrimali, dobbiamo sospettare la pre-senza di iperosmolarità lacrimale[14] e di un quadropiù o meno evoluto di metaplasia squamosa, anche intotale assenza di sintomatologia. La conferma alsospetto di metaplasia squamosa può essere rapida-mente ottenuta con una semplice citologia adimpressione.

La metaplasia squamosa inizia con la progressivariduzione della concentrazione di cellule mucipare,mentre le cellule epiteliali perdono i villi ed il glico-calice. Le cellule invecchiano precocemente, perdonosia la loro capacità secernente che la capacità di trat-tenere le lacrime (naturali e artificiali). Pertanto loscorrimento delle palpebre sulla congiuntiva divienedifficoltoso e tendono a formarsi pieghe più o menoevidenti della congiuntiva bulbare (figura 17).

Questo fenomeno, se non è molto evoluto, può esse-re facilmente arrestato restaurando le condizionifisiologiche della superficie oculare.Il continuo sfregamento della congiuntiva palpebralesuperiore con la lente, in particolare nei casi in cui ilfilm prelente è molto instabile, può determinare lacomparsa di una epiteliopatia congiuntivale da sfre-gamento della palpebra superiore (figura 18) (lid-

wiper epitheliopathy) ben evidenziabile con lacolorazione con fluoresceina o rosa bengala[15]. Nellamaggioranza dei casi questa manifestazione è asinto-

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Figura 16. Neoformazione coinvolgente la porzione internadel bordo palpebrale superiore. Una localizzazione di questotipo oltre ad alterare i rapporti tra palpebra e tessuto lacrima-le, rappresenta un ostacolo allʼadeguatezza dei rapporti trapalpebra e lente lacrimale.

Figura 18. Epiteliopatia congiuntivale da sfregamento dellapalpebra superiore in un portatore di lente a contatto rigida;risulta bene evidente lʼarea di colorazione localizzata nellaporzione della congiuntiva tarsale superiore corrispondentealla posizione della lente.

Figura 17. Piega grossolana della congiuntiva bulbare infe-riore in un quadro di metaplasia squamosa.

Figura 19. Cisti dermoide della congiuntiva bulbare temporalecon dellen corneale da cattiva distribuzione del tessuto lacrima-le per incongruità localizzata tra palpebre e superficie oculare.

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matica; quando diviene sintomatica i sintomi sonoquelli tipici dell’occhio secco da lenti lacrimali.Infine bisogna tenere presente che ogni cambiamen-to della normale architettura congiuntivale (figure

19, 20, 21) altera la normale distensione del tessutolacrimale da parte delle palpebre e non consente unacorretta relazione tra superficie oculare e lente lacri-male.

� CorneaLa cornea normale non è vascolarizzata e utilizzaenergia prodotta prevalentemente dal metabolismoaerobico del glucosio. La cornea, quindi, ha bisognodi rifornirsi di ossigeno (circa 5-6 µl/cm2/ora) e di eli-minare anidride carbonica. Quando gli occhi sonoaperti l’epitelio ed i due terzi anteriori dello stromacorneale prelevano ossigeno dall’aria attraverso iltessuto lacrimale, dove scaricano l’anidride carboni-ca. L’endotelio ed il terzo posteriore dello stroma,invece, ricevono ossigeno dall’acqueo e nell’acqueoscaricano l’anidride carbonica. Quando gli occhi sonochiusi la cornea riceve ossigeno essenzialmente daivasi sanguigni della congiuntiva tarsale superiore,con una modesta partecipazione dei vasi limbari edell’acqueo, mentre si libera dell’anidride carbonicasempre attraverso il tessuto lacrimale. In condizionidi normale respirazione corneale il pH dello stromacorneale è circa 7.55 ad occhi aperti ed ovviamentepiù acido (circa 7.37) ad occhi chiusi. Se la disponibilità di ossigeno nel tessuto lacrimale siriduce (ipossia), la cornea per far fronte alle neces-sità energetiche attinge alle sue riserve di glicogenoche trasforma in glucosio attraverso la via anaerobi-ca del metabolismo glucidico.

Uno dei prodotti del metabolismo anaerobico del glu-cosio è l’acido lattico.Quando impiantiamo una LeLa, il rifornimento diossigeno alla cornea e l’eliminazione dell’anidridecarbonica dalla cornea viene garantito dal ricambiodel film lacrimale postlente e dalla permeabilità aigas del polimero della lente. Nessuna lente lacrima-le può garantire una perfetta respirazione corneale,pertanto in tutti i portatori di LeLa si possono osser-vare manifestazioni più o meno evidenti legate allariduzione della concentrazione di ossigeno ed all’au-mento della concentrazione di anidride carbonica neltessuto lacrimale con conseguente attivazione delmetabolismo anaerobico del glucosio ed acidosi tes-sutale (pH 7.10) da ipercapnia ed accumulo di acidolattico.Gli effetti della scarsa disponibilità di ossigeno per ilmetabolismo corneale sono molteplici.La prima e più evidente manifestazione dell’ipossiacorneale è la riduzione della sensibilità. La riduzionedella sensibilità corneale è il primo passo verso l’a-dattamento alla presenza di lenti lacrimali. La sensi-bilità corneale ha un andamento circadiano: è piùbassa al mattino (dopo la prolungata chiusura palpe-brale del sonno) ed aumenta nel corso della giorna-ta. Sembra inoltre essere condizionata dal colore del-l’iride: maggiore nei soggetti con iride chiara. Lariduzione della sensibilità corneale incide negativa-mente sia sulla produzione delle lacrime che sull’at-tività metabolica delle cellule dell’epitelio corneale,quindi fa diminuire la capacità di riparazione cor-neale. L’ipoestesia infine riduce la soglia di attenzio-ne del portatore nei confronti delle manifestazioniiniziali di eventuali patologie oculari. Un soggetto incondizioni di buon adattamento, che riferisca di

94. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 20. La presenza di uno pterigio crea un ostacolo alcorretto posizionamento delle lenti morbide ed al correttomovimento delle lenti rigide che possono sollecitare notevol-mente lʼarea del cappuccio e della testa.

Figura 21. Una bozza filtrante di questo tipo altera significati-vamente la congruità della superficie oculare, rende impossi-bile lʼimpiego di lenti morbide e particolarmente difficoltosolʼimpiego di lenti rigide.

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stare benissimo con le lenti, di non sentirle mai, è unsoggetto con profonda ipoestesia corneale ipossica.Il numero delle mitosi delle cellule epiteliali superfi-ciali centrali si riduce e con esso si riduce il ricambiodelle cellule epiteliali. Nei portatori di LeLa le cellu-le epiteliali superficiali centrali sono più vecchie(vengono sostituite più lentamente) ed essendoinvecchiate più del normale sono anche più grandi.Alla riduzione del ricambio cellulare contribuisceanche la scomparsa dell’effetto dell’ammiccamentosulla desquamazione cellulare per la presenza stessadella lente lacrimale.L’epitelio corneale si adatta ad una ridotta concen-trazione d’ossigeno e le cellule imparano a consu-marne meno, come conseguenza anche la diffusioned’ossigeno all’interno della cornea si riduce.L’epitelio corneale diviene più fragile, questa condi-zione può essere agevolmente rilevata con l’estesio-metro di Cochet-Bonnet, misurando la lunghezza delfilo in grado di determinare una lesione colorabile.Nei portatori di LeLa si può produrre una lesioneepiteliale con una lunghezza del filo dal 30% al 50%maggiore che nei non portatori di lenti.È ben dimostrato[16] che ogni volta che la corneadeve essere riparata l’attività mitotica delle celluleepiteliali limbari è molto più elevata dell’attivitàmitotica delle cellule epiteliali centrali. Durante ilprocesso di riparazione, inoltre, possono comparireal limbus dei cunei di epitelio pigmentato (epithelial

pigment slide) che indicano l’accelerazione dellamigrazione delle nuove cellule dal limbus verso ilcentro della cornea. Recentemente è stato dimostra-to[17] che l’incidenza di cunei pigmentati limbari ènettamente maggiore nei portatori di lenti lacrimalirispetto ai controlli, e tra i portatori è risultata signi-ficativamente maggiore nei portatori di lenti morbi-de ad uso prolungato. Tutte le espressioni di stagna-zione metabolica che abbiamo visto nella cornea cen-trale hanno, quindi, un contrappasso nel riscontronel portatore di lenti lacrimali di un notevole aumen-to delle divisioni cellulari a livello del limbus sededelle cellule staminali. Sulla scorta di questi dati dobbiamo ritenere che lelenti lacrimali, stressando la cornea con un meccani-smo multifattoriale, rallentano il ricambio cellularenella cornea centrale e, contemporaneamente, sti-molano le cellule staminali a produrre nuove celluleepiteliali. Purtroppo, però, questa progenie di cellu-le epiteliali non sembra in grado di raggiungere ilcentro della cornea, probabilmente inibita dalla pre-senza delle cellule vecchie. La corrente teoria sullecellule staminali limbari ipotizza un ciclo riprodutti-

vo molto lento in quanto queste cellule sono unariserva limitata che deve durare tutta la vita pergarantire il normale ricambio cellulare e per riparareeventuali danni. Cosa può succedere all’epitelio cor-neale se questa esauribile capacità rigenerativa vienecostantemente sollecitata dall’uso di lenti lacrimali?Espressione del disordine della crescita cellularesono alcune manifestazioni cliniche come le microci-sti, le bolle ed i vacuoli epiteliali. Tra queste, lemicrocisti sono la manifestazione di più frequenteriscontro da quando si è diffuso l’uso prolungatodelle lenti lacrimali. Il quadro clinico è molto similealla cheratopatia bollosa solo che le formazioni tras-lucide sono molto più superficiali, sono irregolari performa e dimensione e sono raccolte in gruppo di 20-40 (a secondo del numero di notti consecutive pas-sate con le lenti lacrimali) nell’area centro-paracen-trale della cornea. Come nella cheratopatia bollosa,le microcisti possono aprirsi con formazione di areedi colorabilità epiteliale non sempre in grado di pro-vocare dolore a causa dell’ipoestesia corneale. Ilriscontro di più di 50 microcisti o di microcisti colo-rabili deve consigliare la sospensione dell’uso dellelenti[18].Nei portatori di LeLa morbide ad uso continuo èstata evidenziata la presenza nelle aree centropara-centrali della cornea di cellule di Langherans[19].Nella cornea queste cellule sono del tutto assenti oconfinate al limbus in piccolissima quantità.L’assenza delle Langherans dalla cornea contribuiscead estraniare questo tessuto dal sistema immunita-rio. La presenza di queste cellule rende la cornea piùprona a manifestazioni infiammatorie. L’ipossia sem-brerebbe promuovere una up-regulation di alcunecitochine (IL6, IL1β, TNFα) ad azione chemiotatticasulle cellule di Langherans.

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Figura 22. Tenue cheratopatia puntata; è sempre opportunoricercarla immediatamente dopo la rimozione della lente perchéuna manifestazione di questo tipo è scarsamente sintomatica epuò scomparire entro qualche ora.

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La condizione ipossica – ma anche una improvvisaipotonizzazione del tessuto lacrimale – accompagna-ta dalla ipoestesia, dalla secchezza oculare, daglieffetti citotossici di alcuni prodotti per la manuten-zione delle lenti e dall’azione meccanica delle lenti edelle manovre di inserzione e rimozione, compro-mettono la barriera epiteliale della cornea danneg-giando le giunzioni intercellulari (emidesmosomi,giunzioni strette). Le conseguenze della perdita della barriera epitelia-le si presentano dapprima in modo subclinico con lariduzione del potenziale elettrico transcorneale.Successivamente, compaiono vari gradi di colorabili-tà epiteliale che possono andare da una tenue che-ratopatia puntata (figura 22), molto superficiale eper questo non accompagnata da dolore ma da dis-comfort che dura per poco tempo dopo la rimozionedella lente, a quadri evidenti di cheratopatia puntata(figura 23) dove la sintomatologia è marcata, sino averi e propri quadri di erosione epiteliale (figura

24) o di epiteliolisi (figura 25) testimoni dell’inca-pacità dei sistemi di rigenerazione epiteliale di supe-

rare le difficoltà create dall’insufficiente apporto diossigeno. È evidente che queste condizioni sono una stradamaestra per l’adesione e la penetrazione batterica. Vasempre ricordato che le alterazioni delle cellule basa-li dell’epitelio corneale espongo i glicosfingolipidi chefanno da recettori per i batteri, come il ben noto asia-lo gm1 recettore specifico dello pseudomonas. Inoltre, come è stato ben evidenziato dagli studi sullachirurgia rifrattiva[20] un qualsiasi danno subito dal-l’epitelio corneale si traduce nella deplezione di che-ratociti stromali. Il danno epiteliale, infatti, innescaun processo apoptotico che è l’evento promotoredella risposta riparativa, ma che può essere recepitoanche da quei cheratociti stromali dotati di recettoreper l’IL1 che muoiono per essere sostituiti da nuovecellule simili a fibroblasti[21]. Nel portatore di lentilacrimali il danno epiteliale è frequente oltre che perl’ipossia anche per il traumatismo legato alle manovredi rimozione ed applicazione delle lenti e per gli effet-ti tossici dei prodotti per la manutenzione. A frontedi danno ripetuti dobbiamo attenderci una ripetutaattivazione del processo apoptotico-riparativo chedeterminerà la riduzione del numero di cheratocitipresenti nello stroma corneale e, quindi, un suoassottigliamento; infatti questo meccanismo è invoca-to anche nella patogenesi del cheratocono[22].Ritengo che questi dati ci possano spiegare anche lacomparsa del warpage corneale se potesse esseredimostrato nelle cornee dei soggetti che vanno incon-tro a questa patologia da lenti lacrimali, un aumentodel numero di cellule con recettori per l’IL1, cosìcome è stato dimostrato nel cheratocono[22]. Abbiamo già accennato al fatto che in condizioni diipossia la cornea ricorre al metabolismo anaerobicodel glucosio partendo dalle sue cospicue riserve diglicogeno e che questo percorso conduce alla produ-

114. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 23. Cheratopatia puntata.

Figura 24. Erosione corneale in portatore di lenti lacrimalimonouso.

Figura 25. Lisi epiteliale sterile in portatrice di lenti monouso.Oltre alla lisi dell̓ epitelio che appare accartocciato inferiormente,si nota, sempre inferiormente, l̓ infiltrazione di colorante.

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zione di acido lattico. L’acido lattico tende ad accu-mularsi nello stroma corneale e, addirittura, nell’ac-queo, in quanto abbandona la cornea molto lenta-mente. Sul piano clinico questa condizione determi-na: aumento dell’enzima latticodeidrogenasi nel tes-suto lacrimale, edema corneale con acidosi da iper-capnia ed accumulo di acido lattico.L’edema corneale è la conseguenza diretta dell’accu-mulo di acido lattico nello stroma corneale che divie-ne ipertonico ed attira acqua all’interno della cornea.Un certo grado di edema corneale è di frequenteriscontro nei portatori di lenti lacrimali. Più spesso lamanifestazione edematosa interessa il solo epitelio(figura 26) e si accompagna alla visione di aloniintorno alle luci ed a modesta riduzione della capa-cità visiva. L’edema stromale nella maggior parte deicasi è una manifestazione di lieve entità, spesso asin-tomatica come le strie dello stroma superficiale cheequivalgono ad un edema di circa il 6%[20]. In altricasi la manifestazione si accompagna a sintomi più omeno evidenti come nel caso delle pliche della stro-ma profondo (figura 27) che indicano un rigonfia-

mento stromale di circa il 15% o più[23] che si accom-pagna alla visione di aloni intorno alle fonti luminosee a significativa riduzione della capacità visiva. Altrevolte ancora si tratta di manifestazioni rilevanti, ingrado di ridurre notevolmente l’acuità visiva e cherichiedono la sospensione delle lenti anche pertempi prolungati (figura 28).

La valutazione dell’entità dell’edema corneale checompare nella fase di adattamento alle lenti lacrima-li può costituire un elemento utilissimo di valutazio-ne dell’aspirante portatore di lenti lacrimali[24]. Ipazienti possono essere suddivisi in tre gruppi: 1. soggetti con edema compreso entro il 4%, che

compare entro una o due ore di uso delle lenti escompare con l’uso della lente; in questo caso sideve supporre che l’edema sia dovuto alla notevo-le riduzione della tonicità lacrimale da diluizionelegata all’aumento della secrezione lacrimale;

2. soggetti con edema compreso tra 5% e 7% checompare dopo alcune ore di uso della lente rima-nendo stabile; in questo caso si deve ritenere chel’edema sia di origine ipossica e quindi per questi

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Figura 26. Iperemia congiuntivale ed edema epiteliale in porta-tore di lenti morbide.

Figura 28. Edema corneale da lente monouso tenuta durante ilsonno.

Figura 27. Pliche stromali profonde circondate da edema cor-neale in portatrice di lenti lacrimali ad uso continuo.

Figura 29. Opacità stromale in portatore di lenti lacrimali ad usopermanente.

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soggetti si deve prevedere un tempo di uso dellalente contenuto oppure devono essere scelte lentiad alta permeabilità ai gas;

3. soggetti con edema superiore al 7% che comparedopo alcune ore di uso della lente rimanendo sta-bile; anche in questo caso l’edema è di origineipossica e di entità considerevole, per questi sog-getti si deve prevedere un tempo di uso della lentepiuttosto limitato associato a lenti ad elevata per-meabilità ai gas.

In risposta a sollecitazioni meccaniche, infiammato-rie o tossiche è possibile rilevare nello stroma super-ficiale dei portatori di lenti lacrimali anche la pre-senza di aree opache (figura 29) o di infiltrati steri-li (figura 30). Gli infiltrati sterili sono dovuti allamigrazione di cellule infiammatorie dai vasi limbari,si localizzano prevalentemente nella periferia dellacornea ma, se la stimolazione continua, posso rag-giungere anche le aree centrali. Abbiamo già detto che l’ipercapnia e l’accumulo diacido lattico determinano acidosi del tessuto cor-neale. Gli effetti dello spostamento verso il basso deivalori del pH stromale vanno ricercati a livello del-l’endotelio corneale.L’endotelio corneale è di origine mesenchimale ed ècostituito da un singolo strato di cellule esagonaliconnesse da un sistema giunzionale che conferisceallo strato endoteliale le caratteristiche di una bar-riera tra acqueo e stroma che, grazie alle gap junc-tions, consente la penetrazione di piccole molecole edi elettroliti. Più accuratamente questo strato cellu-lare dovrebbe essere considerato un mesotelio siaperché non possiede le caratteristiche morfologichetipiche dell’endotelio vascolare, sia perché delimitauna cavità (la camera anteriore) così come il meso-telio delimita le cavità sierose (pleura, pericardio,peritoneo). Alla nascita lo strato endoteliale è costi-tuito da circa 500.000 cellule con una densità di4.000 – 4.500 cellule per millimetro quadrato, privedi attività mitotica in vivo, (ma capaci di proliferarein coltura) e quindi destinate a ridursi fisiologica-mente nel corso della vita con conseguente compar-sa fisiologica di polimorfismo e polimegatismo. Ilmosaico endoteliale oltre a garantire il mantenimen-to dell’idratazione corneale al 78%, sintetizza la suamembrana basale (Descemet). Le cellule endotelialidispongono di un notevole apparato energetico econdividono con le cellule ellissoidi dei fotorecettoriretinici la più alta concentrazione di mitocondri. Mala domanda da porsi è: la forma esagonale e ledimensioni del mosaico endoteliale sono rilevanti peril suo funzionamento?

L’esagono è sul piano geometrico la forma più stabi-le, da un punto di vista matematico la forma piùadatta a ricoprire una superficie riducendo al mini-mo il consumo di materiale, e da un punto di vistatermodinamico la forma più efficiente. Infatti innatura è una delle forme più utilizzate, basti pensa-re al favo costruito dalle api. Quindi, dobbiamo rite-nere che la forma delle cellule endoteliali è impor-tante per l’efficienza del sistema. Qualsiasi tipo diuso e di materiale per lenti a contatto produce sul-l’endotelio corneale modificazioni transitorie (bolleendoteliali) e permanenti (polimegatismo, polimorfi-smo, riduzione della densità cellulare).In biomicroscopia le bolle endoteliali si presentanocome aree scure in corrispondenza del bordo dellecellule endoteliali in quanto la cellula rigonfia divie-ne sporgente nell’acqueo deviando la luce in direzio-ne diversa dall’osservatore (figura 31).

Le bolle sono cellule endoteliali rigonfie che aumen-tano in numero e grandezza nella prima mezz’oradall’applicazione della lente, per diminuire nella

134. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 30. Infiltrati sterili stromali superficiali (più piccoli) e sot-toepiteliali (più grandi).

Figura 31. Bolle endoteliali in portatrice di lenti rigide gasper-meabili.

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seconda mezz’ora dall’applicazione della lente equindi stabilizzarsi dopo circa un’ora di uso dellelenti. Questo livello rimane costante finché dura l’ap-plicazione della lente. Il fenomeno scompare rapida-mente con la rimozione della lente e tende ad atte-nuarsi significativamente con l’adattamento allelenti. L’entità della manifestazione è inversamenteproporzionale al DK/t della lente e non compare conle lenti in gomma siliconica. Negli operati di chera-toplastica perforante la formazione di bolle è netta-mente inferiore. L’espressività inversamente propor-zionale all’indice di trasmissibilità ai gas del materia-le della lente e la rapidità di comparsa delle bolle ciorientano verso un’eziopatogenesi da acidosi ipercap-nica, in quanto la diffusione di anidride carbonicaall’interno della cornea è molto rapida. La manifesta-zione clinica di rigonfiamento cellulare osservata inbiomicroscopia, potrebbe essere dovuta al fatto chequesto ambiente acido o provoca edema delle celluleendoteliali, oppure induce un’espressione genica acarico dei nuclei coinvolti che divengono iper-riflet-tenti nei cheratociti ed ingranditi nelle cellule endo-teliali con dislocazione posteriore della membranacellulare e formazione della bolla. La conferma a que-sta ipotesi patogenetica viene dal riscontro di bolleanche in altre condizioni di ipossia come l’anossiaatmosferica sperimentale, l’esposizione ad anidridecarbonica e la chiusura prolungata delle palpebre. Le bolle endoteliali, sembrano più rilevanti sul pianodella fisiologia che sul piano clinico. In realtà la rile-vanza clinica di questa manifestazione è tutta dadefinire: il fatto che la manifestazione compaia intutti i portatori di lenti lacrimali e, quindi, sia preve-dibile ci può portare a sottostimarla.Contemporaneamente, sapere che la manifestazionepuò essere d’entità estremamente variabile ci devefar chiedere perché alcune cellule si gonfiano edaltre no e quali cellule sono più normali quelle che sigonfiano o quelle che non si gonfiano e, quindi, sulpiano clinico è meglio avere una cornea che rispon-de con molte bolle all’applicazione di lenti lacrimali oè meglio una cornea che risponda con poche bolle.La transitorietà della manifestazione ci può far rite-nere questo fenomeno davvero poco rilevante sulpiano clinico. Ma, d’altra parte, sappiamo che il feno-meno decresce con l’uso delle lenti e ciò vuol direche alcune cellule non si gonfiano più. Non si gon-fiano più perché si sono adattate a bassi livelli diossigeno, ad un ambiente acido ed ipercapnico oppu-re la persistenza di queste condizioni ne ha ridotto lavitalità e quindi non sono più in grado di reagire acondizioni di stress? Il comportamento della cornea

trapiantata che, come abbiamo detto, rispondepochissimo all’applicazione della lente a contatto,non ci viene in aiuto nel risolvere questi enigmi inquanto potrebbe essere dovuto al fatto che quell’en-dotelio, avendo superato prove ben più dure, è dive-nuto più resistente oppure è divenuto meno sensibi-le, meno vitale, meno reattivo. Possiamo avanzare l’ipotesi che queste modificazionidimensionali transitorie potrebbero essere la baseper la comparsa delle manifestazioni permanenti,potrebbe essere questa la fase in cui cominciano adinstaurarsi le condizioni che porteranno al polimega-tismo ed al polimorfismo: man mano che aumenta iltempo di uso delle lenti lacrimali si riduce la rispostaacuta, le cellule divengono meno vitali e compaionole manifestazioni permanenti. Ovviamente queste manifestazioni compariranno piùprecocemente quanto più il tipo di uso della lente ed

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Figura 32. Endotelio dell̓ occhio destro di un soggetto operato dicataratta con facoemulsificazione ed impianto di IOL da circa 5anni.

Figura 33. Endotelio dell̓ occhio sinistro dello stesso soggettodella figura 32, operato di cataratta con estrazione intracapsula-re da circa 30 anni, durante i quali ha sempre usato una lentelacrimale per afachia (figura 34).

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il materiale indurranno ipossia; desidero ancora sot-tolineare che queste modificazioni devono essereconsiderate permanenti sino a quando non vengadimostrata la loro totale remissione dopo un periododi sospensione dell’uso di lenti lacrimali.Per polimegatismo si intende l’aumento del numerodi cellule con area di dimensione diversa. Si misuracon il Coefficiente di Variazione (CV) il cui valoremedio normale è 0.307.Con il termine polimorfismo si indica l’aumento delnumero di cellule non esagonali. Si può misurare ocon il Coefficiente di Forma (CF) dove l’esagonoequivale a 0.907 e la circonferenza a 1; oppure sem-plicemente calcolando la percentuale di cellule esa-gonali (esagonalità) il cui valore minimo normaledeve essere 60%.Polimegatismo e polimorfismo sono strettamentecorrelati: non si osserva polimegatismo senza poli-morfismo e viceversa. Nella loro eziologia oltre al

fisiologico processo di invecchiamento con la ridu-zione della densità cellulare ed alle stesse cause cheproducono le bolle, dobbiamo ricordare anche il dia-bete di I tipo (figure 32, 33, 34).

Nell’occhio che ha usato lenti lacrimali è evidente laprofonda trasformazione subita dall’endotelio nelcorso degli anni e la notevole riduzione della densitàcellulare endoteliale, in parte dovuta anche alla tec-nica chirurgica di estrazione della cataratta in OS. Un ulteriore elemento che, a mio giudizio, possiamoutilizzare per sostenere la riduzione della densitàcellulare endoteliale da lenti lacrimali è proprio lacomparsa del polimegatismo e del polimorfismo.Perché la cellule endoteliali dovrebbero aumentaredi dimensione e cambiare forma se non per ricopriregli spazi lasciati vuoti dalle cellule morte? È lo stes-so fenomeno che osserviamo con l’invecchiamento:la densità cellulare endoteliale si riduce e compaio-no polimegatismo e polimorfismo. Le lenti lacrimalifanno la stessa cosa, solo più velocemente. Questeconsiderazioni trovano conferma nell’osservazionepiù attenta del mosaico endoteliale (figure 35 e 36).

L’endotelio del portatore di lenti lacrimali rischia,quindi, di divenire funzionalmente meno efficiente(si riduce la sua capacità di riportare lo spessore cor-neale a valori normali), la struttura endoteliale nonessendo più costituita da un mosaico esagonalediviene meno stabile, meno resistente allo stress e,quindi, aumentano in questi soggetti le probabilità diuno scompenso endoteliale da manovre chirurgichee la comparsa di intolleranza alle lenti a contatto daesaurimento corneale.Per impedire che le lenti lacrimali producano altera-zioni dell’endotelio corneale è indispensabile impedi-

154. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 34. Occhio sinistro del soggetto delle figure 32 e 33.

Figura 36. In questa immagine i segni colorati circoscrivono dueimmagini “floreali” dove la corolla è una cellula endoteliale chesta morendo ed i petali sono le cellule endoteliali circostanti chesi stanno preparando a sostituirla.

Figura 35. Stesso endotelio della figura 33: all̓ interno delle areecolorate è facile notare come le quattro cellule endoteliali deli-mitate abbiano assunto una forma triangolare con gli apici diret-ti tutti verso lo stesso punto centrale che è stato lasciato scopertodalla morte di una cellula endoteliale.

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re l’insorgenza di ipossia educando il nostro pazien-te ad un uso corretto delle lenti ed utilizzando lentilacrimali ad altissima permeabilità ai gas. Inoltre, inconsiderazione della dimostrata tossicità in vitro delcloruro di benzalconio sulle cellule endoteliali, indi-cheremo sistemi di manutenzione privi di questoconservante.Infine, la manifestazione clinica che più di tutte espri-me il tentativo della cornea di procurarsi l’ossigenonecessario alla sua sopravvivenza è rappresentatodalla neovascolarizzazione. La vera e propria neova-scolarizzazione corneale nei portatori di lenti lacrima-li non è un fenomeno frequente, molto più frequentiinvece sono i segni che la precedono come l’iperemialimbare e la vasodilatazione a palizzata (figura 37).

� La sindrome da aumentataevaporazione lacrimale

Come abbiamo visto, dopo l’impianto di LeLa lasuperficie oculare va incontro ad un progressivoadattamento alla presenza delle lenti riducendo lasensibilità corneale. Alla riduzione della sensibilità

corneale corrisponde una riduzione della produzionedi fluido lacrimale isotonico che in un contesto dielevata evaporazione lacrimale come quello che sicrea per la sola presenza della lente produce unanetta riduzione di volume del tessuto lacrimale chediviene più sottile, più denso, più viscoso ed iper-osmolare (tabella 1).

Se l’iperosmolarità del tessuto lacrimale non vienecorretta, la superficie oculare va incontro a tutta unaserie di modificazioni tipiche dell’occhio secco: • perdita di cellule caliciformi, il cui numero quindi

si riduce e con esso la produzione di mucina[25];• metaplasia degli epiteli tipica dell’occhio secco,

localizzata prevalentemente nell’area della super-ficie oculare corrispondente alla rima palpebrale aconferma del ruolo rilevante dell’evaporazioneacquosa nella patogenesi di queste alterazioni[25];

• stato infiammatorio della superficie oculare concomparsa nella cellule epiteliali della congiuntivabulbare di mediatori dell’infiammazione (CD54,ICAM1, HLA-DR, leucociti)[26].

Se il tessuto lacrimale è tanto sottile da far scende-re la distanza tra lente e superficie oculare a valoridi 0.4-0.3 nanometri, si assiste ad una inversionedelle forze di attrazione intermolecolare (forze divan der Waals) che, sostenuta dalla attrazione dipo-lo-dipolo tra le molecole d’acqua presenti nel tessu-to lacrimale, determina l’adesione delle lenti allasuperficie oculare. L’adesione delle lenti blocca ilricambio del film postlente, attiva la cascata del com-plemento e favorisce l’adesione dei microrganismialla cornea. Questa manifestazione clinica può com-parire sia negli utilizzatori di lenti morbide che negliutilizzatori di lenti a struttura rigida. Nei portatori dilenti morbide i segni clinici specifici sono poco evi-denti e spesso riferiti dal paziente come difficoltà dirimuovere la lente. Nei portatori di lenti rigide pos-sono comparire diverse forme di colorabilità epite-liale non spiegabili con le caratteristiche dell’appli-cazione, ma i segni più tipici sono l’accumulo didetriti cellulari dietro la lente (figura 38) e lo stam-po da decubito, colorabile, a volte localizzato al difuori dell’area coperta dalla lente (figura 39).

Come è stato già detto la chiusura anche non pro-lungata degli occhi determina un notevole assotti-gliamento del film lacrimale postlente e ciò potrebbespiegare la maggiore predisposizione a questo feno-meno dei portatori di lenti ad uso continuo e dei sog-getti con occhio secco.La comparsa della sindrome da aumentata evapora-zione lacrimale nei portatori di lenti a contatto deveessere considerata inevitabile e quindi deve essere

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Figura 37. Vasodilatazione a palizzata con una poco evidenteiperemia limbare in un portatore di lenti idrofile giornaliere; larimozione della lente rende più evidente l̓ iperemia limbare inquanto interrompe la compressione sui vasi congiuntivali eserci-tata dalla lente.

• riduzione della sensibilità corneale

• progressiva riduzione della produzione di fluidolacrimale isotonico

• riduzione del volume lacrimale

• iperosmolarità– perdita di cellule mucipare– metaplasia epiteliale– infiammazione della superficie oculare

Tabella 1. Sindrome da aumentata evaporazione lacri-male.

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sempre prevenuta sia per impedire i danni dell’ipe-rosmolarità cronica sia per evitare l’adesione dellalente alla superficie oculare. Il trattamento della sin-drome da aumentata evaporazione ha come obiettiviprincipali la ricostituzione del volume lacrimale, lariduzione della sua osmolarità e l’idratazione dellalente morbida. Per ottenere questi risultati bisognaevitare gli integratori lacrimali a base di sostanzemucomimetiche, ma utilizzare integratori lacrimalidiluenti a base di semplice soluzione salina isotonica(0,9% di cloruro di sodio). Questi integratori lacri-mali consentono anche un vero e proprio lavaggiodella superficie oculare allontanando inquinantiorganici ed inorganici. La frequenza della loro som-ministrazione non deve essere inferiore a 4 volte algiorno e deve essere aumentata in relazione allecaratteristiche dell’ambiente in cui vengono utilizza-te le lenti lacrimali. È sempre raccomandabile laidratazione delle lenti morbide immediatamenteprima della loro rimozione. Data la necessità di unasomministrazione così frequente è assolutamenteindispensabile che la soluzione idratante raggiunga

la superficie oculare priva di conservanti.Nei portatori di lenti rigide è possibile ridurre ilrischio di adesione della lente riducendo il diametroe utilizzando un’applicazione piatta.

� La sindrome della lente strettaTutti i materiali per la realizzazione di lenti lacrimalinascono allo stato secco in forma di catena polimeri-ca. Quelli a polimero idrofilo vengono idratati cioèlegano una grande quantità di molecole d’acqua conlegami idrogeno (che sono legami chimici forti), que-sta acqua viene denominata appunto “acqua legata”;il processo d’idratazione si completa con l’assorbi-mento per imbibizione di altre molecole di acqua cheandranno ad occupare gli spazi tra le maglie dellacatena polimerica senza contrarre legami chimici,questa viene denominata “acqua libera” (figura 40).

A differenza dell’acqua legata, l’acqua libera conser-va tutte le caratteristiche dell’acqua comune:aumenta di volume vicino al punto di congelamento,è un buon solvente per le sostanze idrosolubili e,soprattutto, evapora facilmente. Se la lente idrofilanon dispone di un adeguato rifornimento d’acqua sidisidrata, in pratica perde l’acqua libera, perciò glispazi tra le maglie del reticolo polimerico si svuota-no e la rete polimerica collassa (figura 41).

Abbiamo già visto che la presenza delle lenti lacri-mali determina inevitabilmente un quadro di occhiosecco da evaporazione e che la superficie anterioredelle lenti lacrimali è ricoperta da un film lacrimaleche tende ad evaporare molto rapidamente. Questedue condizioni determinano l’evaporazione di acquadagli strati superficiali della lente; ma nel momentoin cui la superficie della lente si disidrata, si assistead un movimento di acqua dagli strati più profondidella lente verso la superficie fino anche alla perva-

174. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

Figura 38. Detriti cellulari in portatore di lente rigida per cherato-cono con fibrosi sottoepiteliale e notevoli fenomeni di adesione.

Figura 39. Stampo da decubito in portatore di lenti rigide gasper-meabili.

Figura 40. Struttura di un polimero idrofilo con acqua legata(rosso) ed acqua libera (azzurro).

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porazione della quota acquosa del film postlente. Lelenti ad alta idratazione ed a maggior spessore per-dono una maggiore quantità di acqua, mentre le lentipiù sottili si disidratano più velocemente.Se la quantità d’acqua che evapora dalla superficiedella lente è maggiore di quella che dall’interno rag-giunge la superficie, il contenuto d’acqua all’internodella lente non è più uniforme e la lente si deforma.Una lente così asciutta e distorta viene facilmenteespulsa dall’occhio. Questo fenomeno accade piùfacilmente con le lenti ultrasottili come le lenti tera-peutiche in pazienti con occhio secco o quelle ad usoprolungato in pazienti che dormono con gli occhi noncompletamente chiusi.

La disidratazione delle lenti idrofile ed il conseguen-te aumento della pressione osmotica non si possonoimpedire e, se per un verso questo quadro si puòsfruttare in terapia come agente iperosmolare perdisidratare la cornea – come ad esempio nell’edemaepiteliale da scompenso endoteliale – esso è respon-sabile della sindrome della lente stretta (figura 42)

(tabella 2).

A causa del collasso del polimero la lente diviene piùsottile. Aumenta l’indice di rifrazione con conse-guente spostamento positivo del potere della lente(le lenti positive divengono più positive, le lentinegative meno negative) per cui di fronte ad unpaziente che dopo la fase di adattamento modificainspiegabilmente lo stato rifrattivo con le lenti lacri-mali applicate, bisogna sempre pensare ad una sin-drome da lente stretta. La lente va incontro ad unriassetto dimensionale divenendo complessivamentepiù piccola con conseguente riduzione del suo raggiodi curvatura e della sua mobilità, così che il giàmodesto ricambio di flusso lacrimale postlente siriduce ulteriormente. Si riduce drasticamente la per-meabilità ai gas del polimero sia a causa della ridot-ta disponibilità di acqua libera, che media gli scambigassosi, sia per la riduzione dello spazio nelle magliedel polimero.Come per la sindrome da aumentata evaporazionelacrimale di cui la sindrome della lente stretta è unaconseguenza, la prevenzione si esercita con la som-ministrazione regolare di soluzione isotonica nonconservata.

� Depositi Un ultimo aspetto che attiene ai rapporti che siinstaurano tra lenti lacrimali e superficie oculare èrappresentato dalla formazione dei depositi sullelenti. I depositi sulle lenti morbide sono i maggioriresponsabili dei problemi clinici legati all’uso di que-ste lenti. La tabella 3 esemplifica la cascata degli eventi cheporta alla formazione di depositi sulle lenti lacrimali.Fondamentalmente i depositi possono essere dinatura organica (proteici e lipidici) ed inorganica(calcio, ferro). I depositi a loro volta rappresentanola via per la contaminazione delle lenti da parte deimicrorganismi (batteri, virus, funghi).Qualsiasi materiale e, quindi anche le lenti lacrimali,venga a contatto con fluidi a contenuto proteico,come il tessuto lacrimale, viene rivestito da uno stra-to proteico.Dopo l’applicazione le lenti lacrimali vengono rapi-

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Figura 41. Struttura di un polimero idrofilo disidratato.

Figura 42. Lente disidratata e iperemia congiuntivale in un sog-getto con sindrome della lente stretta.

• diminuzione dello spessore della lente

• aumento dellʼindice di rifrazione

• riduzione del raggio di curvatura

• riduzione della mobilità

• riduzione del turnover del film postlente

• riduzione della permeabilità ai gas

Tabella 2. Sindrome della lente stretta.

Page 21: Contattologia Medica_modulo 02

damente (poche ore) rivestite da un sottile (circa 1micron) strato mucoproteico che viene denominatofilm condizionante in quanto, permettendo la bagna-bilità della superficie della lente, è essenziale pergarantire l’integrazione della lente con la superficieoculare. Questo film è destinato entro pochi giorni(da 2 a 5) a divenire molto più spesso, formando unvero e proprio rivestimento sulla lente, che vienedenominato biofilm. Il biofilm deve essere considera-to una vera e propria matrice formata dalle proteinelacrimali, da sostanze provenienti dall’ambienteesterno tra cui i microrganismi e dalla sostanza poli-merica extracellulare prodotta dai microrganismistessi. Per queste sue caratteristiche non è benaccetto per un utilizzo sicuro delle lenti a contatto e,quindi, bisogna tentare di impedirne la formazioneadottando adeguati sistemi di manutenzione associa-ti ad integratori lacrimali proteolitici o modificandola frequenza di ricambio delle lenti o il tipo di lenti.Se le lenti si disidratano, per ridotto volume lacrima-le o per notevole rallentamento della frequenza del-l’ammiccamento, richiamano acqua dal tessuto lacri-male che diviene ipertonico per l’aumento della suacomponente corpuscolata e, quindi, in grado di sedi-mentare sulla superficie delle lenti una maggiorequantità di proteine. Inoltre la disidratazione dellelenti espone il film condizionante all’ambiente ester-no che ne determina l’ossidazione e la denaturazio-ne. Le proteine denaturate si ancorano alla matricepolimerica della lente e vengono facilmente conta-minate dai lipidi del tessuto lacrimale che rendono lasuperficie della lente non più bagnabile ed un ottimosito di attacco per i depositi.I depositi possono formarsi sia sulla superficie dellalente per un processo di adsorbimento, sia nella

matrice polimerica per un processo di assorbimento.I depositi superficiali sono più facili da rimuoverecon le normali manovre di manutenzione (enzimi,detersione meccanica). Gli aspetti che possono condizionare la formazionedei depositi attengono sia alle caratteristiche dellelenti che alle peculiarità del portatore.Tra le caratteristiche fisico-chimiche della lente deveessere sempre ricordato che le lenti lacrimali tendo-no a formare tanti più depositi quanto maggiore è illoro contenuto di acqua e quanto maggiore è la lorocarica ionica. Pertanto ai fini della formazione deidepositi sarebbe sempre preferibile scegliere lentinon ioniche a bassa idrofilia. Nonostante questo,però, le lenti lacrimali ad alta idrofilia e ioniche risul-tano comunque più compatibili in quanto la miglioredinamica dei fluidi dell’alta idrofilia riduce il rischiodi denaturazione delle proteine e la carica ionica delpolimero permette una migliore distribuzione deltessuto lacrimale prelente che riesce addirittura aformare un buon strato lipidico. L’alternativa è rap-presentata dalle lenti ad altissima permeabilità ebasso contenuto di acqua come quelle in fluorosili-cone-idrogel che riescono a conservare un’elevatissi-ma permeabilità ai gas pur con una ridotta idrofilia.Ovviamente più una lente viene utilizzata (ore e gior-ni di uso) e più una lente è deteriorata (figura 43)

maggiore sarà la possibilità che si formino depositi. Infine, notevole importanza per la formazione deidepositi è rivestita dalla manutenzione. Una signifi-cativa quota delle proteine accumulate durante ilgiorno viene rilasciata nelle soluzioni di manutenzio-ne con pH neutro e con surfattante. L’assenza di sur-fattante ed un pH tendenzialmente acido, come adesempio si trova nei sistemi di manutenzione a base

194. Interazioni tra lenti lacrimali e superficie oculare

proteine lacrimali

film condizionante sulle lenti

biofilm sulle lenti

disidratazione delle lenti

essiccamento del film proteico

denaturazione delle proteine

PORTATORE

caratteristiche dellʼammiccamento

caratteristiche del tessuto lacrimale

ambiente di vita e di lavoro

LENTI

caratteristiche fisico-chimiche e geometriche

caratteristiche della manutenzione

tempo di utilizzo

frequenza di sostituzione

DEPOSITI

Tabella 3. Formazionedi depositi sulle lentilacrimali.

Page 22: Contattologia Medica_modulo 02

di perossido di idrogeno, non favoriscono il rilasciodelle proteine. Tra le caratteristiche attinenti al por-tatore, ancora una volta è opportuno richiamare l’e-strema importanza del sistema ammiccamento-dis-tribuzione lacrimale anche ai fini della formazionedei depositi. Inoltre, nella formazione dei depositiorganici gioca un ruolo rilevante anche la composi-zione del tessuto lacrimale. Mentre la formazionedei depositi mucoproteici (figure 44 e 45) è essen-zialmente correlata alle caratteristiche fisico-chimi-che della lente (contenuto d’acqua e ionicità), laformazione dei depositi lipidici (figura 46) è, inve-ce, condizionata anche dalle caratteristiche indivi-duali del portatore (composizione lipidica, caratteri-stiche dell’ammiccamento, caratteristiche dell’am-biente di vita e soprattutto di lavoro, condizionisistemiche).Tutti i tipi di deposito riducono la gaspermeabilità

del polimero, favoriscono l’ipossia con tutta la seque-la di fenomeni che abbiamo visto, aumentano note-volmente il rischio di fenomeni settici, e giocano unruolo fondamentale nella patogenesi della congiunti-vite gigantopapillare. Il nostro atteggiamento nei confronti di un portatoredi lenti lacrimali che tenda a formare depositi deveessere sempre molto deciso: se possibile bisogna cer-care di individuare e rimuovere la causa dei depositi(soprattutto se legata ad errori di manutenzionedelle lenti) ed associare l’uso di integratori lacrimaliin grado di rimuovere le proteine. Se questo non è sufficiente dobbiamo suggerire unapiù frequente sostituzione delle lenti o l’uso di lentiin silicone-idrogel.Se, nonostante tutti questi provvedimenti, non siriesce a risolvere questo problema, è opportuno sug-gerire l’interruzione dell’uso delle lenti lacrimali.

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Figura 43. Una lente deteriorata è il substrato ideale per la for-mazione di depositi.

Figura 45. Lente per afachia invasa da depositi mucoproteici.

Figura 44. Notevole biofilm proteico. Figura 46. Depositi mucolipidici

Page 23: Contattologia Medica_modulo 02

NOTE

Page 24: Contattologia Medica_modulo 02

La selezione del paziente rappresenta un fat-

tore chiave per il successo dell’applicazione

delle lenti a contatto (LAC).

Le ragioni che spingono i pazienti adulti all’uso diLAC sono varie. Alcuni le richiedono per motivi fun-zionali (migliorare la qualità e la quantità della visio-ne, eliminare una diplopia intrattabile), altri per esi-genze estetiche, altri ancora per necessità professio-nali o per esigenze sportive. Nei bambini, invece, l’u-tilizzazione di LAC ha sempre esigenze funzionali.Non tutti i pazienti sono idonei all’uso di LAC, quin-di il medico contattologo deve prima valutare se ilpaziente ha le caratteristiche necessarie perché l’ap-plicazione abbia successo; il passo successivo è lascelta della LAC più idonea al singolo paziente.Infine per un successo applicativo è indispensabileconoscere vantaggi e svantaggi delle LAC rispettoagli occhiali. Vantaggi: campo visivo più ampio, correzione dell’a-nisometropia, assenza di effetto prismatico indeside-rato con i movimenti oculari, minore necessità diconvergenza con lenti positive, migliore correzioneper le irregolarità della superficie corneale (cherato-cono, cicatrici), minori problemi legati a condizioniclimatiche esterne (pioggia, neve), esteticamentemigliori, più pratiche per attività sportive, usi pro-fessionali, usi terapeutici. Svantaggi: difficoltà pratiche e tempo richiesto perl’applicazione e l’adattamento, abilità manuale delpaziente, procedure igieniche e di disinfezione dellelenti, possibili limitazioni del tempo di utilizzo, scar-sa disponibilità di lenti prismatiche per correzione dieventuali strabismi, maggiore richiesta di accomoda-zione con lenti negative, perdite o rotture delle LAC,possibili complicanze con corpi estranei, deteriora-mento, costi di mantenimento e spese globali mag-giori.

� Visita preliminare

È importante valutare gli scopi, le aspettative ed idesideri del paziente che decide di far uso di LAC.Non sempre però le necessità del paziente si accor-dano con le sue aspettative ed i suoi desideri. Se leaspettative non vengono soddisfatte o se i risultatidell’uso delle LAC fossero differenti da quelli previ-sti, il paziente potrebbe rimanere deluso ed anche

rinunciare a portarle. Si andrà quindi incontro sicu-ramente ad un insuccesso applicativo. Bisogna stabilire se il paziente ha le caratteristichenecessarie perché l’applicazione abbia un esito favo-revole.Questo dipende da vari fattori.1) C’è un valido motivo per usare le LAC? 2) Gli obiettivi che vogliono essere raggiunti con

l’uso delle LAC possono in qualche modo andarecontro gli interessi del paziente?

3) Quali sono le caratteristiche dell’ambiente di lavo-ro del paziente? Ci sono sostanze chimiche dis-perse nell’aria dell’ambiente di lavoro o altre con-dizioni che possono controindicare l’uso di unaLAC?

4) Qual è l’età del paziente? Sta diventando presbi-te? (nei pazienti miopi la LAC aumenta le neces-sità accomodative, mentre negli ipermetropi leriduce).

5) Il paziente è disposto a seguire i consigli sull’uso,sulla manutenzione e sulla sostituzione delleLAC?

Nel corso della visita preliminare il medico contatto-logo deve illustrare al paziente: – le caratteristiche del suo difetto di refrazione– le caratteristiche essenziali delle LAC– le principali interazioni tra LAC ed occhio– i risultati raggiungibili con l’uso della LAC nel caso

specifico– le possibili complicanze oculari legate all’uso delle

LAC– i suggerimenti per prevenire le eventuali compli-

canze – le indicazioni d’uso, manutenzione e sostituzione

delle lenti nel caso specifico.Tali informazioni saranno raccolte in un documentodi consenso informato che verrà consegnato alpaziente prima di procedere all’applicazione delleLAC. Il paziente inoltre deve essere informato sultipo di LAC disponibili, sui tempi e sulle proceduredi adattamento ed applicazione, sulle visite di con-trollo richieste, sull’uso e sulla manutenzione delleLAC, sull’impegno economico per la manutenzionedelle LAC e sulla necessità di periodiche visite dicontrollo. Infine verranno consegnate al paziente leistruzioni per il corretto uso delle LAC come riporta-te nella tabella 1.

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Selezione del paziente e controllo del portatore di lenti a contatto

Page 25: Contattologia Medica_modulo 02

� Esame oculistico completo

Un esame oculistico completo ha inizio con l’anam-nesi del paziente. Il paziente deve essere quindi sot-toposto a visita oculistica completa per stabilire se èo meno adatto all’uso di LAC. I pazienti che mostra-no scarsa igiene e scarso senso di responsabilità sonodestinati all’insuccesso.

Anamnesi

Deve essere molto dettagliata. In particolare bisognaindagare sulle condizioni oculari del paziente com-prese le patologie in atto o pregresse (glaucoma,occhio secco), e sullo stato di salute generale (aller-gie, xerostomia, terapie sistemiche), in quanto unamalattia sistemica infatti potrebbe manifestarsianche a livello oculare o degli annessi in termini diriduzione della secrezione lacrimale o di aumentatasensibilità alle infezioni o di fenomeni allergici. Bisogna inoltre porre attenzione all’assunzione difarmaci da parte del paziente che possono agire sul-l’occhio o sugli annessi (cortisonici, estrogeni e con-traccettivi orali, antipertensivi, antidepressivi, anti-staminici). Bisogna indagare sul precedente uso diLAC per evitare errori già commessi e stabilire così ifattori predisponenti al successo dell’uso di LAC, sultipo di lavoro e sull’ambiente in cui viene svolto, seinfine il paziente esercita attività sportiva rischioseper l’uso di LAC

Visita oculistica

Si esegue quindi una visita oculistica completa senza

omettere alcun procedimento. Acutezza visiva, refrazione, cheratometria, corneoto-pografia devono essere effettuate accuratamente.Bisogna valutare il diametro corneale, la motilitàoculare, la motilità e posizione delle palpebre e l’am-piezza della rima palpebrale. L’esame biomicroscopi-co deve essere particolarmente accurato e riservareattenzione speciale alla cute, ai margini palpebrali edalla superficie oculare per evidenziare ogni minimairregolarità su ogni parte esaminata. L’esame delle palpebre deve rilevare posizioni edimensioni della rima palpebrale, eventuali irregolari-tà dei margini palpebrali, concrezioni, blefariti. Per lacongiuntiva si ricerca la presenza di iperemia, pin-guecole, congiuntiviti, tesaurismosi da cosmetici o dapolveri ambientali, bozze congiuntivali da pregressiinterventi filtranti. Sulla cornea è importante rilevarela presenza di neovasi limbari, colorabilità, cicatrici,assottigliamenti centrali o periferici, pterigio.Bisogna inoltre effettuare un attento esame dellasuperficie oculare cercando qualsiasi irregolaritàcongiuntivale o corneale (cicatrici, opacità, infiltrati,pterigio) e dei menischi lacrimali.Si esegue inoltre la tonometria, e l’esame del fondooculare. Per l’esame della secrezione lacrimale sonodisponibili vari tests eseguibili ambulatoriamente. Iprincipali sono i seguenti:

Break-Up Time (BUT) o tempo di rottura del filmlacrimale consiste nell’osservazione alla lampadadella superficie del film lacrimale precorneale dopoinstillazione di fluoresceina. Mantenendo le palpebreaperte, la comparsa di aree prive di fluoresceina (dry

235. Selezione del paziente e controllo del portatore di lenti a contatto

1. Lavarsi accuratamente le mani prima di maneggiare le LAC

2. Maneggiare le LAC su superficie liscia e piana

3. Le LAC sono fragili e possono rompersi; maneggiare con cura e delicatezza le LAC. Usare guanti di latex se leunghie sono lunghe

4. Nella pulizia delle LAC, pulirle con movimento di “avanti e indietro” piuttosto che circolare: si riduce così il rischiodi rompere i sottili margini delle LAC

5. Non usare mai acqua di rubinetto per la pulizia o il risciacquo delle LAC

6. Attenzione a non invertire le LAC (destra - sinistra)

7. Se la visione è annebbiata o si avverte fastidio una volta inserite le LAC controllare se:

A la LAC è nellʼocchio sbagliato

B è rovesciata

C la LAC non è sufficientemente pulita

D cʼè un corpo estraneo sotto la LAC

8. Togliere le lenti prima di nuotare o in ambienti con fumo

9. Dopo la sospensione dellʼuso delle LAC per un certo periodo, si ricomincia sempre in modo graduale

Tabella 1. Istruzioni scritte per il paziente.

Page 26: Contattologia Medica_modulo 02

spots) in meno di 10 sec indicano un deficit dellafunzione idrofilizzante della mucina sull’epitelio cor-neale. Può anche essere valutato senza l’uso di uncolorante (NIBUT: tempo di rottura del film lacrima-le non invasivo); indica però soltanto un assottiglia-mento del film lacrimale. La valutazione del NIBUTpuò avvalersi di:– cheratometro ad un mira: viene misurato il tempo

necessario perché compaia la prima distorsione inqualsiasi punto della mira. Poco affidabile perchéle 3 mire interessano solo la porzione centraledella cornea;

– Tearscope (figura 1): utilizza una sorgente lumi-nosa che proviene da un anello catodico freddo:l’osservazione della luce riflessa dà il BUT senzacolorante il cui valore normale è di circa 40secondi.

Il Tearscope Plus offre un sistema operativo sempli-ce e immediato, ma soprattutto dà la possibilità di: – osservare dal vivo spessore e qualità del film lacri-

male sfruttando un sistema non invasivo (noninterferendo su tessuti o film lacrimale);

– misurare con precisione il tempo di rottura delfilm lacrimale, grazie al cronometro integrato nellostrumento.

Inoltre, in dotazione allo strumento sono disponibilivari accessori (filtri, griglie, anelli) per effettuareanalisi più specifiche sulle caratteristiche del filmlacrimale e della superficie corneale. Il Tearscope Plus può essere utilizzato sulla lampadaa fessura oppure manualmente. Con questo strumento è estremamente semplicevalutare in un brevissimo spazio di tempo:qualità e quantità del film lacrimale, controllo fluo-rescinico delle lenti RGP, controllo del film lacrimaleprelente, controllo dello stato delle lenti (depositi,graffi, ecc.).

La classificazione dei quadri osservati con lo stru-mento avverrà tramite una piccola guida allegata alTearscope Plus. La possibilità di esaminare diretta-mente lo spessore del film lacrimale che si formasulla superficie della LAC rappresenta un importan-te vantaggio pratico: già nella fase di giudizio appli-cativo è possibile valutare l’idoneità del materialescelto per l’applicazione. Infatti, una buona bagnabi-lità superficiale della lente, accompagnata da unastabilità di spessore del film lacrimale sarà sicura-mente un’indicazione di buona riuscita dell’applica-zione ed ottima scelta del materiale.

Test di Schirmer 1: valuta la secrezione basale eriflessa. Utilizza una striscia di carta bibula di mate-riale e misura standard (35 mm di lunghezza e 5 mmdi larghezza) Si effettua piegando i 3 mm terminalied agganciandoli alla porzione nasale o temporaledel margine della palpebra inferiore. Si consideranormale un valore del test di 10 mm in 5 minuti.Pazienti con secrezione < 2 mm in 5 minuti sono ina-datti all’uso di LAC.

Test di Schirmer 2: si stimola la mucosa nasale convapori di ammoniaca o con un batuffolo di cotone alivello del turbinato medio e si valuta nel contempola secrezione lacrimale. Serve a differenziare unainsufficienza secretoria riflessa da irritazione con-giuntivale ma non da quella provocata da altre zone.

Test di Schirmer 3: valuta la secrezione basale.Simile al test 1 ma utilizza un anestetico locale. Siconsidera iposecrezione un valore del test < 10 mm.

Esame dei menischi lacrimali: lo spessore nor-male dei menischi lacrimali è compreso tra 0.2-0.5mm. Si può valutare riducendo l’altezza del fascio diluce della lampada a fessura. Un’altezza ridotta sug-gerisce una riduzione del volume. Un film lacrimaleschiumoso indica una disfunzione della ghiandola diMeibomio.

Test con fluoresceina: colora gli spazi intercellula-ri ed i fluidi. Evidenzia meglio i menischi lacrimali edi danni epiteliali corneali.

Corneotopografia: il cheratometro misura solo i 3mm centrali corneali, ma non fornisce alcuna infor-mazione riguardo l’apice e la periferia della cornea.L’interazione cornea-LAC dà origine a numerosipunti di contatto e di accumuli di fluoresceina chedevono avere una dinamica ed un’aderenza appro-priata per mantenere un’ottimale appoggio dellaLAC senza danneggiare l’occhio. Una periferia cor-neale più curva o più piana inoltre altera la forma del

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Figura 1. Tearscope Plus.

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film lacrimale e quindi il rapporto lente-cornea; que-sto a sua volta influisce sul potere della lente neces-saria al paziente. La corneotopografia permette la conoscenza del tipodi astigmatismo e dei valori cheratometrici della me -dia periferia lungo il meridiano orizzontale (astigma-tismo secondo regola o contro regola) e verticale(astigmatismo simmetrico o asimmetrico, figura 2),e la diagnosi precoce del cheratocono (figura 3); sipuò così selezionare il tipo lente idonea alle caratte-ristiche clinico-morfologiche della cornea del pazien-te. Inoltre i programmi utilizzati per l’applicazione diLAC permettono di effettuare il test della simulazio-ne con fluoresceina in cui viene visualizzato il pat-tern fluorescinico della prima LAC di prova selezio-nata; ciò oltre ad un notevole risparmio di tempopermette di ridurre i disagi per il paziente che nonviene così sottoposto a prove prolungate.Ciò si rivela particolarmente utile per i pazienti in etàpediatrica in cui spesso, per ovvi motivi di scarsa col-laborazione, la scelta della prima lente deve coinci-dere con la prima lente di prova.

� Tempi richiesti per unaadeguata applicazione

La fase di applicazione delle LAC dovrebbe essereriservata alla visita successiva a quella iniziale.Infatti, l’uso della fluoresceina, dei midriatici impie-gati per un esame oculistico completo creerebbeproblemi sia per stabilire l’acutezza visiva sia pervalutare la relazione esistente tra la zona ottica dellaLAC ed occhi con pupilla non dilatata. La conoscenza dei vantaggi e svantaggi connessiall’uso di LAC unitamente ad una attenta valutazio-

ne anamnestica e clinica del paziente ci permettonodi stabilire caso per caso le indicazioni e le controin-dicazioni all’uso di LAC.

� Indicazioni

Un paziente intelligente, motivato, in grado di spen-dere tempo e denaro per una manutenzione adegua-ta delle sue lenti possiede le caratteristiche per esse-re con successo un portatore di LAC.Tali requisiti associati alla correzione di difetti refrat-tivi (anisometropia, miopia elevata, afachia, astigma-tismo corneale irregolare), a motivazioni occupazio-nali (personaggi dello spettacolo, attività sportivaagonistica, forze armate), estetiche (rifiuto degliocchiali, variazione del colore degli occhi, lenti pro-tesiche) e terapeutiche (bendaggi, disturbi dellamotilità oculare) rappresentano le principali indica-zioni all’uso delle LAC.

� Controindicazioni

La controindicazione assoluta è la mancanza di moti-vazione del paziente. Svilupperà inoltre più facil-mente complicanze per la minore attenzione all’igie-ne delle lenti. Ulteriori controindicazioni sono: l’uti-lizzazione di prismi orizzontali o verticali >3 DP perla correzione di disturbi della motilità oculare, infe-zioni attive o patologie pregresse, secchezza oculare,ridotta sensibilità corneale, allergie, diabete (peraumento della fragilità epiteliale, predisposizione adinfezioni), esoftalmo da ipertiroidismo che causaeccessiva disidratazione, glaucoma per pregressiinterventi filtranti con bozze congiuntivali, distrofiecorneali, malformazioni e patologie palpebrali (blefa-

255. Selezione del paziente e controllo del portatore di lenti a contatto

Figura 2. Astigmatismo asimmetrico. Figura 3. Cheratocono iniziale.

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rite, orzaiolo, calazio, entropion, ectropion), pterigiocorneale, cause ambientali (polvere, fumo, secchez-za da ambienti climatizzati, vapori), altitudine (bassapressione parziale di O2) ed infine prolungato lavoroal videoterminale con riduzione dell’ammiccamento.Controindicazione relativa è invece una ridotta secre-zione lacrimale. Infatti tutti gli stati di insufficientesecrezione lacrimale producono danni di vari livellisulla superficie oculare e l’effetto sulla superficie ocu-lare è il punto di confine tra insufficienza lacrimalesintomatica ed asintomatica.Circa il 60% dei fenomeni di intolleranza alle LAC èdovuto a deficit lacrimale quantitativo o qualitativo.D’altra parte però le LAC per l’effetto protettivo e dirilascio di liquidi associate alla terapia sostitutivapossono essere utilizzate anche per il trattamentodella dry eye syndrome.

� Fattori che influenzano la sceltadella lente

Infine bisogna considerare i fattori che influenzano lascelta della LAC. Il primo fra tutti è il tipo di astig-matismo, infatti possiamo distinguere 5 tipi di refra-zione astigmatica:

a) refrazione astigmatica con cornea torica: astig-matismo corneale che rappresenta un’indicazioneper LAC RGP o morbida torica;

b) refrazione astigmatica con cornea sferica: astig-matismo posteriore (del cristallino): indicazioneper LAC morbida con superficie anteriore torica;

c) refrazione sferica con cornea torica: astigmati-smo corneale compensato dall’astigmatismo lenti-colare. Indicazione per LAC morbida;

d)refrazione astigmatica maggiore dell’astigma-

tismo corneale: astigmatismo corneale + lentico-lare. Indicazione per lente rigida torica anteriore;

e) astigmatismo irregolare da cheratocono: LACcomposita.

Anche una ridotta secrezione lacrimale è da consi-derare per la scelta della LAC idonea, in questo casoinfatti si possono usare LAC morbide con alto Dk/t ditipo diverso:a) bassa idrofilia, b) alta idrofilia con bassa disidratazione, c) biocompatibili. Tra le LAC a bassa idrofilia ricordiamo principal-mente le LAC ad uso continuo (Lotrafilcon A 26%,Balafilcon A 36%). Tra quelle a medio alta idrofiliaricordiamo quelle costituite da Netrafilcon A 65%,

Tetrafilcon A 42.5%, LAC alla glicerina con idrofiliavariabile dal 49% al 69%. Le LAC biocompatibili(Omafilcon A 62%) sono lenti alla fosforilcolina chenon provocano reazioni biologiche da corpo estra-neo. Infatti la fosforilcolina è un costituente natura-le delle membrane cellulari e ne permette sia la bio-compatibilità evitando il rigetto che l’idratazionetrattenendo acqua all’interno ed all’esterno del mate-riale della lente.

� Prescrizione della lente

Le lenti vengono prescritte dopo prova di adatta-mento con sovrarefrazione sferica e/o astigmaticaper la valutazione del potere delle LAC. Prima divalutare l’acuità visiva e l’adattamento è necessarioattendere almeno 15 minuti sia per permettere allaLAC di sistemarsi sulla superficie oculare che per lariduzione della lacrimazione che accompagna l’inse-rimento della lente.Si esegue quindi la valutazione dell’acutezza visivacon sovrarefrazione sferica e/o astigmatica senza tra-lasciare l’esame del visus binoculare e della motilitàoculare per evidenziare eventuali disturbi sensorio-motori.

� Inserimento e rimozione

Si procede quindi all’inserimento e rimozione dellaLAC. Meglio insegnare prima la rimozione che l’inse-rimento; infatti in caso di problemi che possonoinsorgere con la LAC il paziente deve essere in gradodi toglierla immediatamente. Le procedure di inser-zione sono uguali sia per LAC rigide che morbide. Larimozione è invece differente.Inserimento. Dopo aver pulita e lavata LAC con solu-zione salina, si invita il paziente a guardare allo spec-chio la propria immagine, le palpebre vengono tenuteaperte e la lente viene applicata sulla cornea con ilpollice o l’indice della mano dominante. Per la rimo-zione delle LAC rigide esistono vari metodi ed ognipaziente si sceglie quello a lui più congeniale. Il piùefficace sembra il seguente: due dita una di ogni manovengono posizionate verticalmente e spingono i mar-gini palpebrali uno contro l’altro con delicata pressio-ne sul globo oculare. La rimozione della LAC morbidaavviene pinzando i bordi della LAC con il pollice e l’in-dice preferibilmente dopo aver fatto scivolare la LACtemporalmente sulla sclera.Generalmente il tempo di utilizzo delle LAC sarebbeidealmente di 8-10 ore; per LAC morbide il tempo può

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essere esteso a tutto il giorno. Il tempo di applicazio-ne è comunque strettamente individuale e dovrebbeessere valutato considerando il tipo ed entità del difet-to refrattivo, le esigenze del paziente e le condizionicliniche oculari o generali del paziente.

� Visite di controllo per i portatoridi LAC

La prima visita di controllo viene programmata dopocirca 2 settimane dalla consegna delle lenti.Infatti tale periodo si ritiene sufficiente per l’adatta-mento alle LAC, se invece persistono sintomi e dis-turbi provocati dalle LAC si è ancora in tempo percercare di risolvere eventuali problemi.Sarebbe meglio visitare il paziente nel pomeriggiodopo che ha portato le LAC almeno 6 ore. I portato-ri di LAC ad uso continuo dovrebbero essere esami-nati al mattino per poter vedere gli effetti dell’appli-cazione durante il sonno per l’ipossia corneale pro-vocata dalla chiusura della rima palpebrale. Il collo-quio iniziale in tale visita riveste molta importanza,infatti bisogna chiedere se le lenti sono confortevoli,se le procedure di applicazione hanno comportatoparticolari problemi, quante ore al giorno riesce aportale, se si sono verificate perdite o fuoriuscitedelle LAC, se la manutenzione delle LAC è stata ese-guita correttamente, se sono stati rispettati i tempiprevisti di applicazione, se vi sono stati fenomeni diannebbiamento visivo dopo aver tolto le LAC. Unannebbiamento che dura meno di 30 minuti in por-tatori di LAC in PMMA non è significativo, tale feno-meno però non dovrebbe verificarsi affatto con lentirigide gas permeabili (RGP). Infine si deve chiedereal paziente se ha notato rossore, bruciore, abbaglia-mento o diplopia monoculare.Gli obiettivi di tale esame sono il controllo dell’adat-tamento, della visione, e della tolleranza soggettiva.L’esame dell’acuità visiva deve essere eseguito invisione monoculare e binoculare completato conretinoscopia e sovrarefrazione. Si procede quindi allavalutazione dell’adattamento con luce bianca perstudiare la centratura della LAC in posizione prima-ria, la posizione della lente nei movimenti verticali edorizzontali dell’occhio. L’esame biomicroscopicodeve essere eseguito con LAC e senza. Alla lampadaa fessura si dovrà osservare la LAC in posizione diriposo ed i movimenti provocati dall’ammiccamento,la presenza di edema corneale, le condizioni delleLAC, la presenza di eventuali detriti sotto le LAC. Iltest con fluoresceina ci fornisce informazioni sui

punti di contatto tra la lente e la cornea, eventualecolorabilità corneale ad ore 3 e ore 9, diffusa colora-zione corneale, il ristagno di liquido sotto la LAC.L’eversione palpebrale evidenzierà condizioni di iper-trofia papillare eventualmente insorte. Le LAC ven-gono quindi rimosse e viene eseguita la cheratome-tria ed eventualmente la corneotopografia confron-tando i valori ottenuti con quelli precedenti all’appli-cazione. L’esame biomicroscopico ricerca l’eventualepresenza di zone di colorazione corneale, segni diedema corneale, eventuale indentazione corneale daLAC rigide o sclerale da LAC morbide, eventualecongestione dei vasi limbari o congiuntivali.Effettuati tali esami il medico contattologo è ora ingrado di valutare se gli eventuali disturbi sono dinatura esclusivamente adattiva o invece richiedonovariazioni delle LAC prescritte precedentemente. Icambiamenti necessari possono essere di varia natu-ra: variazioni del potere delle LAC, cambiamenti deltipo di LAC (sostituire una LAC RGP con una a piùalto Dk; una LAC morbida con una a più alto conte-nuto acquoso), trovare soluzioni differenti come adesempio sostituire una LAC RGP con una morbida oviceversa, oppure una sferica con una torica, variarei tempi di utilizzo cercando di andare incontro alleesigenze del paziente, cambiare infine le soluzioni dilavaggio per eventuale insorgenza di allergie. Se non vi sono problemi o se i problemi sono statirisolti i controlli successivi saranno effettuati a 6, 12e 18 mesi dall’applicazione delle LAC. Vediamo infine i problemi che possono insorgere inpazienti ben adattati alle LAC rigide in PMMA o RGP.I sintomi più frequentemente osservati è il fenome-no dei cosiddetti “occhiali sporchi” cioè visioneannebbiata dopo che le lenti sono state rimosse esono stati indossati gli occhiali, iperemia, fastidio,visione limitata o abrasioni. L’edema epiteliale cor-neale è in genere la causa degli “occhiali sporchi” esi evidenzia dopo circa 2-6 ore di uso delle LAC.Inoltre per diffrazione causata dall’epitelio edemato-so si possono verificare ridotta tolleranza all’abba-gliamento e difficoltà nella visione notturna.Annebbiamenti visivi possono essere dovuti ad unaridotta bagnabilità della LAC provocata da una difet-tosa superficie della lente provocata ad esempio dagraffi che permettono ai residui epiteliali di rimane-re sulla superficie della LAC allargandone i puntiidrofobici. Più spesso è causata da da cambiamentidella qualità o quantità delle lacrime. Un problemaparticolare è rappresentato dal graduale sviluppo diun’intolleranza a LAC rigide o RGP portate senzaproblemi per vari anni. Tale evoluzione indica spes-

275. Selezione del paziente e controllo del portatore di lenti a contatto

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so un’intolleranza corneale che può insorgere dopovari anni di buona tolleranza. In molti casi, invece, laLAC è dislocata in alto, sembrerebbe infatti che latolleranza sia maggiore se la lente è mantenuta entroi confini della cornea, e che la congiuntiva perilim-bare superiore e palpebrale divengano più sensibiliall’irritazione meccanica provocata dal bordo dellalente. La comparsa di abrasioni richiede un’attentaanamnesi: se si sono manifestate dall’inizio dell’usodella lente, l’adattamento è sempre stato scarso o lalente è difettosa. Se la comparsa è recente può esse-re legata ad uso troppo prolungato. Infine nel caso diproblemi visivi un’altra eventualità spesso poco con-siderata è l’astigmatismo indotto da LAC rigide dilunga durata; meno comune con LAC RGP. Il primosegno è rappresentato da cambiamenti nella prescri-zione delle lenti confermato dai rilievi cheratometri-ci e corneotopografici. Ovviamente al minimo so -spetto di tale situazione bisogna sospendere l’usodel le lenti e prescrivere LAC di tipo diverso.Nel caso di LAC morbide la prima visita viene fissa-ta ad alcune settimane dall’inizio dell’uso della lentee dopo alcune ore di porto della LAC. Alle visite dicontrollo bisogna indagare sulla eventuale presenzadi tralci mucosi o di aumento della vascolarizzazioneperilimbare. Alla lampada a fessura è molto impor-tante l’esame del riflesso della LAC inserita nell’oc-chio. Un irregolarità di tale riflesso indica che lalente ha aderito troppo alla cornea o era stretta findall’inizio. L’esame può essere eseguito anche al che-ratometro, infatti la comparsa di distorsione dellemire è uno dei primi segni di edema corneale.All’esame della congiuntiva palpebrale è importantela ricerca di eventuale ipertrofia papillare. Problemidi visione possono essere causati da un’errata cen-tratura delle lenti, da una lente stretta, o da astig-matismo residuo o indotto dalla LAC. Infine unavisione inferiore a quella prevista potrebbe esserecausata da erosioni epiteliali fini meglio evidenziatedopo la rimozione della lente e la colorazione confluoresceina. Se l’uso delle LAC non è confortevole lepossibili cause sono da ricercare in un adattamento

non corretto o in una intolleranza ai liquidi di manu-tenzione. I problemi provocati dalle soluzioni insor-gono in genere entro poche ore, e variano da sensa-zione di bruciore o secchezza oculare fino a dolorecon iperemia pericheratica. In questi casi si osservauna colorazione punteggiata con fluoresceina in cor-rispondenza della congiuntiva perilimbare che neicasi più gravi può arrivare ad una diffusa colorazio-ne corneale. Occasionalmente una intolleranza ailiquidi può dare edema epiteliale. Il riscontro di iper-trofia papillare gigante ci può far prendere in consi-derazione principalmente 2 possibilità: 1) cambiarela lente con una dai bordi più sottili o con lenti bio-compatibili; 2)verificare la pulizia della lente; si puòinfatti avere un netto miglioramento rimuovendo idepositi dalla lente usando, ad esempio, i pulitorienzimatici, o sospendendo l’uso del Thimerosal o uti-lizzando le soluzioni sterilizzanti a freddo. Utile puòessere il cambio delle soluzioni con eventuale impie-go del perossido di idrogeno. Se queste misure falli-scono è necessario prima sospendere l’uso delle LACe successivamente cambiarle con nuovi tipi di lenti;in alternativa si può ridurre il tempo di utilizzazionedelle LAC. Infine durante le visite di controllo varicercata in particolare la presenza di dilatazione deivasi limbari o la crescita di neovasi a partenza lim-bare. In presenza di neovasi limbari il paziente vaesaminato ad intervalli più brevi. È utile raccoman-dare al paziente un ridotto tempo di uso delle LAC,in quanto i neovasi dipendono da ipossia cronica cor-neale, e rimuovere le lenti al minimo segno di irrita-zione oculare che ne stimola la crescita. Se tutto vabene la visita di controllo successiva può essere pro-grammata a 6 mesi e quindi annualmente.Ricordiamo infine le principali caratteristiche delpaziente per un buon successo applicativo:

� Intelligenza

� Motivazione

� Disponibilità di tempo e denaro per la manuten-zione delle sue lenti a contatto

� Sottoporsi a periodiche visite di controllo.

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