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Introduzione al Metodo agli Elementi Finiti (FEM) Consideriamo come problema test l’equazione di Poisson 2 u ∂x 2 + 2 u ∂y 2 = f (x, y ) Δu = f definita su un dominio Ω R 2 avente come frontiera la curva Γ, con condizioni iniziali: u(x, y )= g (x, y ) (x, y ) Γ Tale formulazione viene detta Formulazione forte del problema. 1
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Feb 15, 2019

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Introduzione al Metodo agli Elementi Finiti (FEM)

Consideriamo come problema test l’equazione di Poisson

∂2u

∂x2+

∂2u

∂y2= −f(x, y) ⇔ ∆u = −f

definita su un dominio Ω ⊂ R2 avente come frontiera la curva Γ, con

condizioni iniziali:

u(x, y) = g(x, y) (x, y) ∈ Γ

Tale formulazione viene detta Formulazione forte del problema.

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La Formula di Green

Uno strumento essenziale per comprendere il metodo agli elementifiniti e la formula di Green. Considerate due funzioni u(x, y) e v(x, y)definite e di classe C2 su Ω allora

Ω∇Tu∇vdxdy = −

Ωv(x, y)∆u dxdy +

Γv(x, y)

∂u

∂nds

dove

∇u,∇v Gradiente delle funzioni u, v

∆u Laplaciano di u

∂u

∂nDerivata normale di u

xTy Prodotto scalare tra vettori.

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Formulazione debole-I

Per risolvere numericamente il problema (cioe approssimare la fun-

zione incognita u) e necessario tradurlo sotto forma di sistema cosic-

che possa essere risolto numericamente.

Obiettivo e determinare un’approssimazione che appartenga ad uno

spazio vettoriale di piccole dimensioni (per esempio trovare un’ap-

prossimazione di tipo polinomiale, o polinomiale a tratti).

Per ricavare tale sistema si usa la cosiddetta Formulazione debole del

problema.

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Formulazione debole-II

Moltiplichiamo l’equazione di Poisson per una funzione test v(x, y) ed

integriamola sul dominio Ω:

−∫

Ω∆u(x, y) v(x, y) dxdy =

Ωf(x, y) v(x, y) dxdy

Applicando la formula di Green

−∫

Ω∆u(x, y) v(x, y)dxdy =

Ω∇Tu∇v dxdy −

Γv(x, y)

∂u

∂nds.

Ω∇Tu∇v dxdy −

Γv(x, y)

∂u

∂nds =

Ωf(x, y) v(x, y) dxdy

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Formulazione debole-III

Se si sceglie la funzione v(x, y) in modo tale che soddisfi la condizione

di omogeneita su Γ

v(x, y) = 0, (x, y) ∈ Γ

allora l’equazione diventa∫

Ω∇Tu∇vdxdy =

Ωv(x, y)f(x, y) dxdy.

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Formulazione debole-IV

Definiamo

a(u, v) ≡∫

Ω∇Tu ∇vdxdy =

Ω

(

∂u

∂x

∂v

∂x+

∂u

∂y

∂v

∂y

)

dxdy

e

(f, v) ≡∫

Ωf(x, y)v(x, y) dxdy

risulta

a(u, v) = −(∆u, v).

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Formulazione debole-V

La formulazione debole del problema iniziale consiste nel selezionare

un sottospazio V e quindi definire il seguente problema:

Trovare u ∈ V tale che a(u, v) = (f, v), per ogni v ∈ V .

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Scelta dello spazio vettoriale V

Per capire quali possano essere le scelte dello spazio V e bene osser-

vare che la formulazione di problema debole richiede solo il prodotto

scalare tra i gradienti di u e v e quindi lo spazio V puo essere gius-

to l’insieme delle funzioni derivabili e con derivata prima continua.

Questo insieme e definito come H1(Ω). Considerando anche le con-

dizioni al contorno si deve considerare che le funzioni in V devono

essere nulle su Γ cosicche lo spazio viene indicato con H10(Ω).

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Il Metodo di Galerkin

Il metodo di Galerkin e alla base del metodo agli elementi finiti consiste

nell’approssimare numericamente la soluzione del problema debole at-

traverso una funzione uh appartenente ad un sottospazio Vh ⊂ V

dipendente da un parametro positivo h e avente dimensione finita.

La formulazione di Galerkin consiste nel definire il seguente problema:

Trovare uh ∈ Vh tale che a(uh, vh) = (f, vh), per ogni vh ∈ Vh.

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Formulazione discreta

La formulazione di Galerkin viene detta anche formulazione discreta.

Poiche lo spazio ha dimensione finita

dimVh = n

allora, indicata con

ϕ1, ϕ2, . . . , ϕn

una base di Vh, ovvero n funzioni linearmente indipendenti che gen-

erano lo spazio Vh, e sufficiente verificare la formulazione discreta

per

vh = ϕj, j = 1, . . . , n.

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Scrivendo u in funzione della base

uh =n∑

i=1

ξiϕi(x).

e sostituendo nel problema di Galerkin si ottiene il sistema lineare

n∑

j=1

αijξj = βi

dove

αij = a(ϕi, ϕj), βi = (f, ϕi)

A questo punto si deve risolvere il sistema

Ax = b.

La matrice A e simmetrica e definita positiva, infatti∫

Ω∇ϕi∇ϕjdxdy =

Ω∇ϕj∇ϕidxdy.

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Il Metodo agli Elementi Finiti (FEM)

Bisogna adesso introdurre una scelta specifica per lo spazio Vh. In-

nanzitutto si considera una partizione del dominio Ω in triangoli (detti

appunto elementi) K (vedremo che tale scelta e indipendente dalla

forma della curva che e la frontiera del dominio), non sovrapponen-

tisi, che definiscono appunto la triangolazione del dominio. Quindi il

dominio e approssimato dall’unione Ωh di m triangoli Ki:

Ωh =m⋃

i=1

Ki.

L’unica restrizione da porre e che nessun vertice di un triangolo

appartenga al lato di un altro triangolo, cioe i triangoli possono

condividere solo interi lati e i relativi vertici.

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Ω

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Ω

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Ωh

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Situazione non ammissibile

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Situazione ammissibile

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La dimensione della griglia h e definita come

h = maxi=1,...,m

diam(Ki)

dove diam(Ki), diametro del triangolo Ki, e la lunghezza del lato piu

lungo.

Lo spazio a dimensione finita Vh e definito come lo spazio di tutte

le funzioni che sono lineari a tratti e continui nella regione Ωh e che

sono zero sul contorno Γ. Quindi

Vh =

ϕ|ϕ|Ωhcontinua, ϕ|Γ = 0, ϕ|Kj

lineare per ogni j

.

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Se xj, j = 1, . . . , n, sono i nodi della triangolazione, allora una funzione

ϕj ∈ Vh puo essere associata ad ogni nodo, cosicche la famiglia di

funzioni ϕj soddisfa le seguenti condizioni:

ϕj(xi) = δij =

1 se xi = xj

0 se xi 6= xj.

Queste condizioni definiscono univocamente le funzioni ϕi e inoltre

queste formano una base dello spazio Vh.

Ogni funzione di Vh puo essere espressa nella forma

ϕ(x) =n∑

i=1

ξiϕi(x).

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Infatti le funzioni base possono avere le seguenti forme:

k

l m

np

k

l m

n

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Un’importante osservazione e che la matrice A e molto sparsa. Infatti

l’elemento αij e diverso da zero solo quando i supporti delle due

funzioni (cioe i domini dove esse sono definite) hanno un triangolo in

comune, o, equivalentemente, quando i nodi i e j sono vertici di uno

stesso triangolo.

Assegnato un nodo i il coefficiente αij e diverso da zero quando il

nodo j e uno dei vertici di un triangolo adiacente i.

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Ωh

j

i

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La matrice A viene costruita sommando i contributi di tutti i triangoli

applicando la formula

a(ϕi, ϕj) =∑

k

aK(ϕi, ϕj)

in cui la somma viene fatta su tutti i triangoli e

aK(ϕi, ϕj) =

K∇ϕi∇ϕjdx.

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Un triangolo contrinuisce con valori diversi da zero ai 3 vertici nella

suddetta forma. La matrice 3 × 3:

AK =

aK(ϕi, ϕi) aK(ϕi, ϕj) aK(ϕi, ϕk)

aK(ϕj, ϕi) aK(ϕj, ϕj) aK(ϕj, ϕk)

aK(ϕk, ϕi) aK(ϕk, ϕj) aK(ϕk, ϕk)

associata al triangolo K(i, j, k) con vertici i, j, k e detta matrice degli

elementi di stiffness.

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Per formare la matrice A e necessario sommare tutti i contributi

aK(ϕk, ϕm) in posizione k, m della matrice. Questo procedimento

viene detto processo di assemblaggio:

A =N∑

κ=1

A[κ]

in cui A[κ] e una matrice che ha solo 9 elementi diversi da zero pur

essendo di dimensione uguale al numero dei nodi.

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Esempio

Vediamo come esempio un dominio triangolare suddiviso in altri 4

triangoli piu piccoli.

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4 5

1 2 3

1

2

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A[1] =

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6

4 5

1 2 3

2

1

43

A[2] =

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4 5

1 2 3

1

43

2

A[3] =

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1 2 3

1

4

2

3

A[4] =

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4 5

1 2 3

A =

1

4

2

3

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Vantaggi

1. La tecnica puo essere applicata a qualsiasi dominio (sia in due

che in tre dimensioni) di qualsiasi forma (infatti se il dominio ha

una frontiera curva allora considerando triangoli particolarmente

piccoli anche i lati curvi possono essere considerati come fossero

segmenti);

2. La dimensione dei triangoli puo non essere la stessa quindi si pos-

sono utilizzare partizioni piu fitte dove la soluzione e piu difficile.

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14 15

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2

3 4

5

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A =

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