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Considerazioni sulla morte nella Divina Commedia Autor(en): Godenzi, Giuseppe Objekttyp: Article Zeitschrift: Quaderni grigionitaliani Band (Jahr): 55 (1986) Heft 2 Persistenter Link: http://doi.org/10.5169/seals-43166 PDF erstellt am: 30.09.2022 Nutzungsbedingungen Die ETH-Bibliothek ist Anbieterin der digitalisierten Zeitschriften. Sie besitzt keine Urheberrechte an den Inhalten der Zeitschriften. Die Rechte liegen in der Regel bei den Herausgebern. Die auf der Plattform e-periodica veröffentlichten Dokumente stehen für nicht-kommerzielle Zwecke in Lehre und Forschung sowie für die private Nutzung frei zur Verfügung. Einzelne Dateien oder Ausdrucke aus diesem Angebot können zusammen mit diesen Nutzungsbedingungen und den korrekten Herkunftsbezeichnungen weitergegeben werden. Das Veröffentlichen von Bildern in Print- und Online-Publikationen ist nur mit vorheriger Genehmigung der Rechteinhaber erlaubt. Die systematische Speicherung von Teilen des elektronischen Angebots auf anderen Servern bedarf ebenfalls des schriftlichen Einverständnisses der Rechteinhaber. Haftungsausschluss Alle Angaben erfolgen ohne Gewähr für Vollständigkeit oder Richtigkeit. Es wird keine Haftung übernommen für Schäden durch die Verwendung von Informationen aus diesem Online-Angebot oder durch das Fehlen von Informationen. Dies gilt auch für Inhalte Dritter, die über dieses Angebot zugänglich sind. Ein Dienst der ETH-Bibliothek ETH Zürich, Rämistrasse 101, 8092 Zürich, Schweiz, www.library.ethz.ch http://www.e-periodica.ch
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Considerazioni sulla morte nella Divina Commedia

May 12, 2023

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Page 1: Considerazioni sulla morte nella Divina Commedia

Considerazioni sulla morte nella DivinaCommedia

Autor(en): Godenzi, Giuseppe

Objekttyp: Article

Zeitschrift: Quaderni grigionitaliani

Band (Jahr): 55 (1986)

Heft 2

Persistenter Link: http://doi.org/10.5169/seals-43166

PDF erstellt am: 30.09.2022

NutzungsbedingungenDie ETH-Bibliothek ist Anbieterin der digitalisierten Zeitschriften. Sie besitzt keine Urheberrechte anden Inhalten der Zeitschriften. Die Rechte liegen in der Regel bei den Herausgebern.Die auf der Plattform e-periodica veröffentlichten Dokumente stehen für nicht-kommerzielle Zwecke inLehre und Forschung sowie für die private Nutzung frei zur Verfügung. Einzelne Dateien oderAusdrucke aus diesem Angebot können zusammen mit diesen Nutzungsbedingungen und denkorrekten Herkunftsbezeichnungen weitergegeben werden.Das Veröffentlichen von Bildern in Print- und Online-Publikationen ist nur mit vorheriger Genehmigungder Rechteinhaber erlaubt. Die systematische Speicherung von Teilen des elektronischen Angebotsauf anderen Servern bedarf ebenfalls des schriftlichen Einverständnisses der Rechteinhaber.

HaftungsausschlussAlle Angaben erfolgen ohne Gewähr für Vollständigkeit oder Richtigkeit. Es wird keine Haftungübernommen für Schäden durch die Verwendung von Informationen aus diesem Online-Angebot oderdurch das Fehlen von Informationen. Dies gilt auch für Inhalte Dritter, die über dieses Angebotzugänglich sind.

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GIUSEPPE GODENZI

Considerazioni sulla mortenella Divina Commedia

L'uomo medioevale aveva un concetto di-verso dell'influsso biografico sulla propriavita intellettuale. Per lui non si trattavadi vivere solo individualmente, ma di at-tuare un'esperienza valevole per tutti, ri-specchiando il piü possibile nella propriacoscienza il destino comune dell'uomo. Laframmentarietä e l'incoerenza del vivere diogni uomo sono inserite nell'esperienzauniversale. Per Dante la veritä e l'unica per-fezione, ma la veritä e queäla del'lo spiritoe s'identifiea con la certezza della fade. Lasorte dell'uomo e quindi l'itinerario dalpeccato alla virtü, dal terreno al divino,dalla contingenza del tempo all'eternitä.Per questo la Divina Commedia e una specie

di alternativa di bene e di male, di veroe di falso, di salvezza e di dannazione.Per l'uomo medioevale ogni cosa terrenae immagine, scrittura di Dio, che vi ha mes-so i suoi segni ben precisi; l'universo visi-bile contiene difetti in quanto essere creato,imperfetto, e perfezione. Tocca all'uomo,in quanto essere iragionevole e spirituale,discernere l'errore dal'la veritä. Tra Dio,che e la perfezione, e la realtä, che e lamateria informata, corre la stessa analogia chec'e tra l'artista e la sua opera.

Dice Dante nel «De Monarchia», II, 2:«Si deve sapere dunque che, come l'arte

si ritrova in tre gradi, cioe nella mentedell'artefice, nello strumento e nellamateria disposta per l'arte, cosl possiamodistinguere tre gradi anche nella natura.Infatti la natura e nella mente del pri-mo motore che e Dio, quindi nel cielocome strumento mediante il quale la so-miglianza della bontä eterna si spieganella materia fluttuante. Ed essendoci

un artefice perfetto, che dispone di unostrumento perfetto, se c'e un difettonella forma d'arte, esso si deve imputaresolo alia materia, cost, toecando Dio ilvertice della perfezione e il suostrumento, cioe il cielo, non comportandonessun difetto nella dovuta perfezione,come appare ohiaro da quelli che hannofilosofato intorno alle cose del cielo, ri-su'lta che, qualunque cosa e in difettonelle cose terrene, il difetto e dellamateria, al di fuori dell'intenzione di DioCreatore e del cielo, e che quanto c'edi buono nelle cose terrene, non poten-do esserlo per la materia medesima cheesisite solo come potenza, in primo luo-go e dell'artefice Dio e, in secondo luo-

go, del cielo, che e strumento dell'artedivina che comunemente si chiamanatura».

La vita terrena e dunque un pellegrinaggioverso la salvezza eterna, verso la «civitasDei»; e un cammino da percorrere («nelmezzo del cammin di nostra vita»). L'uomo

e cittadino in esilio che porta in sc

l'immagine di quella patria lontana.Scrive ancora Dante nel «Convivio», IV,XII, 14-20:

«Lo sommo desiderio di ciascuna cosa,e prima da la natura dato, e lo ritor-nare a lo suo principio. E perö che D'oe principio de le nostre anime e fattoredi quelle simili a se (si come e scritto:«Facciamo l'uomo ad immagine e si-

militudine nostra»), essa anima massi-mamente desidera di tornare a quello.E si come peregrino che va per una viaper la quale mai non fue, che ogni casa

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che da lungi vede crede sia l'albergo,e non trovando cid essere, dirizza lacredenza a l'altra, e cosl di casa in casa,tanto che a l'albergo v,iene; cosi l'ani-ma nostra, incontanente che nel nuovoe mai non fatto cammino di questa vita

entra, dirizza Ii occbi al termine delsuo sommo bene, e perö, qualunquecosa vede che paia in se avere alcunobene, crede che sia esso. E perche 1a

sua conoscenza prima e imperfetta, pernon essere esperta ne dottrinata, piocioiibeni le paiono grandi, e perö da queiiicomincia prima a desiderare. Onde ve-demo Ii parvuli desiderare massimamen-te un pomo; e poi, piü procedendo,desiderare uno augellino; e poi, piü oltre,desiderare ibel vestimento; e poi lo ca-val'lo; e poi una donna; e poi ricchezzanon grande, e poi grande, e poi piu.E questo incontra perche in nulla diqueste cose truova quella che va cer-cando, e oredela trovare piü oltre. Perche vedere si puö che l'uno desiderabilesta dinanzi a l'altro a Ii occhi de lanostra anima per modo quasi piramidale,che '1 minimo Ii euopre prima tutti, ed

e quasi punta de l'ultimo desiderabile,che e Dio, quasi base di tutti. Si che,

quanto da la punta per la base piü si

procede, maggiori appariscono Ii desi-derabili; e questa e la ragione per che,acquistando, Ii desiderii umani si fannopiü ampii, l'uno appresso de l'altro.Veramente cosi questo cammino si per-de per errore come le strade de la terra.Che si come d'una cittade a un'altra dinecessitade e una otitima e dirittiss-imavia, e un'altra che sempre se ne dilun-ga (cioe quella che va ne l'altra parte),e molte altre quale meno allungandosie quale meno appressandosi, cosi ne lavita umana sono diverisi cammini, de Iiquali uno e veracissimo e un altro efal'lacissimo, e certi meno fallaei e certimeno veraci. E si come vedemo chequello che dirittissimo vae a la cittade,e compie lo desiderio e da posa dopola fatica, e quello che va in contrario

mai nol compie e mai posa dare nonpuö, cosi ne la nostra vita awiene: lobuono camminatore giugne a termine e

a posa; lo erroneo mai non l'aggiugne,ma con molta fatica del suo animo sempre

con li occbi gulosi si mita innanzi».

La Divina Commedia vuole insomma signi-ficare la vita dell'uomo che aspira al divino.Dante considera la realtä umana in se stessa

senza che l'idea divina ne impedisca la fe-

nomenologia; l'umano si esplica con formeproprie e i'l divino ha il compito di illumi-nare la finalita. Cosi nel circolo della Prov-videnza si muovono il temporale e il tra-scendente, la proiezione dell'umano neldivino e la trasparenza di Dio nelle cose.Dante con la Divina Commedia crea il poe-ma della sua vita come pure il poema del-l'essere che tende all'Essere; che e poi ilpoema dell'universo dove tutto ciö che e,in quanto e, tende naturalmente a Dio, pre-sente in ogni cosa a titolo di causa finale.In qualehe modo aveva ragione Paul Claudel

affermando che «solo fra tutti i poeti,Dante ha dipinto 1'universo delle cose e

del'le anime ponendosi non dal punto divista dello spettatore, ma da quello del

creatore».La vita terrena dell'uomo, aocessibile alia

nostra esperienza diretta, si chiude col fattodella morte corporate. II corpo e dunquelo strumento necessario all'anima, percheessa viva la sua vita spirituale e soprat-tutto perche dopo la morte, essa viva lasua vita indipendente, liberata ormai dagliimpacci del corpo; un po' come la vita dcl-l'operaio che compie speditamente il suolavoro dopo il tirocinio o di colui che parlaliberamente una lingua senza grammatichee vocabolari (pur necessari in un primotempo).Questo esempio della vita del corpo e del-l'anima ci e dato da Dante stesso nella de-scrizione dei due stati di vita dell'insetto:come larva e come insetto perfetto.

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«non v'accorgete voi che noi siam verminati a formar l'angelica farfalla,che vola alia giustizia sanza schermi?Dl che l'animo vostro in alto galla,poi siete quasi entomata in difetto,si come vermo in cui formazion falla?».

(Purg.X, 124-129)

L'uomo e pellegrino sulla terra. Lo «statusvitae» cioe della vita presente trova il cor-rispondente nello «status termini» applicatoalia vita di separazione dell'anima dal corpo.Dopo questo «giudizio particolare» l'ani-ma vedrä la propria essenza; tutto l'odionon distrutto dall'amore, almeno sotto forma

di pentimento, e tutto l'amore nondistrutto dall'odio, sotto forma di peccato,sarä presente all'anima. E vedrä anche le

proprie accidentalitä, tra le quali la dispo-sizione della volontä che determinerä la fe-licitä o infelicitä definitiva. Ha quindi ilricordo e la conoscenza di tutte le cose co-nosciute in vita. Le anime di Dante, neitre regni, sono infatti continuamente ri-volte alla terra; l'aldilä e pieno di questomondo in quanto ricordo, in quanto figutadi quello che e la vera realtä, per Dante,cioe la vita definitiva dell'anima; e questomondo e pieno dsll'oltremondo, vistocome meta ultima dall'esistenza umana. IIdualismo corpo-anima, vita-morte, mondo-oltremondo, temporale-eterno, e costantenella Divina Commedia ed e uno dei prin-cipi essenziali della dottrina cristiana cat-tolica di cui Dante e portavoce.La vita e il periodo di sviluppo dell'essere

umano, cioe il tempo in cui l'uomo costrui-sce se stesso conoscendo la veritä ed ade-rendo al bene. La vita, -cioe questa v.ia da

percorrere si offre all'uomo una volta sola.Dante stesso afferma:

«pensa che questo di mai non raggiorna»(Purg. XII, 84).

La morte segna il momento in cui la matu-ritä dello spirito umano e raggiunta o do-vrebbe essere raggiunta. Questa prima morte

fisica non e, secondo la dottrina tomi-sta, un male; l'esampio di Dante ce lo pro-va:

«non v'accorgete voi che noi siam verminati a formar l'angelica farfalla,che vola alla giustizia sanza schermi?».

Non e certo una perdita per l'insetto l'ab-bandonare le forme larvali, come non e unaperdita per un apprendista o uno studenteil superare questo stato; cost l'anima, libe-rata dal corpo, ostacolo alla beatitudine,comincia la sua vita. Ecco perche in generale

questo giorno della morte si chiama«dies natalis»: e ill giorno di rinascita allaseconda vita, quel'la eterna dell'anima neHa

beatitudine celeste.Lo scopo del viaggio nei tre regni dell'ol-tretomba, reso possibile a Dante dalla gra-zia divina, e di far intendere agli uomini,mediante la rappresentazione viva del modo

in cui opera la giustizia divina, I'esi-

genza e l'urgenza del rinnovamento morale.Vita-morte (vivo-morto, vitale-mortale, vi-vere-mor.ire), corpo-anima (corpora'le,temporale-eterno, perpetuo), prima e seconda

vita-prima e seconda morte, peccato-grazia...sono i binomi, le vie parallele indispensabuial raggiungimento della felicitä; la primavia per la felicitä terrena, l'altra per quellaeterna. Ne Dante ne le anime dannate, pur-ganti e beate, dimenticano mai, nonostantel'asprezza dei tormenti o la dolcezza del1a

visione beatifica, la terra e i suoi problemi.Questo ci pare il senso della prima eseconda vita, della prima e seconda morte:la prima vita ossia la terrena, la secondacioe quella vera dell'anima dopo la mortefisica o «giudizio particolare»; la primamorte ossia la separazione dell'anima dal

corpo in questa vita e la seconda morte,la dannazione eterna dell'anima che nonpuö piü pentirsi e non e piü in grado ditornare indietro. E' la famosa tesi tomistadella separazione dell'anima dal corpo.L'anima separata dal corpo non puö piü va-riare la sua scelta circa il fine ultimo, madovrä amare come tale, per sempre, ciöche amava come tale al momento della

separazione.

Sono le solite domande: perche si dice che

il momento della morte decide l'eternitä?

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Perche l'anima peccatrioe non puö piü con-vertirsi? (non in questa vita s'intende).Perche 1'inferno e il paradiso sono eterni?II peccatore che muore in tale stato rimanefisso nel suo peccato e non gli serve a nullala conoscenza speoulativa di Dio come som-mo bene, perche essa non poträ mai tra-sformarsi nel igiudizio pratico che Dio ebene per lui in concreto, perche tale giudi-zio implicherebbe un mutamento della vo-lontä, ormai impossibile.Santa Caterina afferma: «naturalmentel'anima e tratta ad amare quello da cui sivede essere amata».L'amore di Francesca e Paolo pub esserneuna prova. Ma in questo caso l'Amore none piü mezzo di salvezza, scala a Dio, bensiAmore che conduce alia morte, turbandoil rapporto deli'armonia cosmica tra Creatore

e ereatura. La bufera infernale, il malperverso, la perennitä della miseria non ser-vono al loro ravvedimento; i due non mo-strano aleun pen'timento della loro colpa.«Amore condusse noi ad una morte»: l'A-more-sailvezza e diventato Amore-perdizio-ne. Tutta la vita affettiva (amore ed odio,gaudio e sofferenza) rimane per sempredeterminata al momento della morte. Dantemodifica ma non carnbia questo assioma;se Paolo e Francesca hanno un rimpiantodella vita, non e certo per un pentimento,ma solo perche essa e stata il loro temoofelice.Vita e morte s'intrecciano per spiegarsivicendevdlmente. Dopo la prima vita ter-rena, la morte attende 1'uomo, quasi chela meta della vita umana sia la morte; maessa e solo una giustificazione morale dellavita; al di la di essa si proietta la sacondavita, 1'eterna.L'unitä del poema dantesco e appunto datadallo «status animarum post mortem». Idannati, dopo il «giudizio particolare» o

morte, si trovano in una condizione immu-tabile e definitiva, l'unico cambiamento es-sendo il riaoquisto del corpo nel giorno delgiudizio; essi, nel1'idea di Dante, conser-vano perö il ricordo della vita terrena; peresso agiscono come viventi, quasi speti-

mentando sensibilmente le vicende della prima

vita.La Divina Commedia e un libro viventescritto da un artista sopra se stesso e l'u-manitä intera. Giä fin dall'inizio dellaDivina Commedia si affaccia imponente queldualismo mortejvita che sarä al centro del

poema e dell'uomo. Cosa fa i'l cristianoDante, e Dante e cristiano, sulla terra, inquesta vita, se non correre verso la morte,come dice il poeta: «Del viver ch'e un correre

alia morte» (Purg., XXIII, 54)?E i morti di Dante isono dei viventi: par-lano, piangono, istruiscono, si rieordano deltempo passato sulla terra e profetizzanol'avvenire. Sono anime che soffrono neicerchi dell'Inferno, che vivono di speranzanei gironi del Purgatorio e che esultanonei cieli del Parad'iso. Dante non vuole chei suoi morti incutano paura e ribrezzo.Per questo, dice bene Papini'), non c'e nelsacro poema «il dissodvimento pauroso della

carne, la putrefazione del corpo. Siamonel regno dei morti ma non v'e carnaio neossame ne d'isfacimento vermicoso ne sco-perchiamento di sepolcri. Non v'e puzzo dicadaveri ne biancore di scheletri. Tutti imorti di Dante hanno un corpo straziatoo luminoso ma, in apparenza, integro, ben-che non solido. Alcuni sono mutati in ster-pi, alltri in serpenti, altri in luci e fiammema in nessuna parte v'e lezzo di cimiteroo carcassa in dissoluzione».L'uomo, per Dante cristiano, non muoreo a'lmeno non muore interamente, poichecontinua a vivere su questa terra nellamemoria degli uomini e nell'aldila nelladannazione infernale o nella beatitudineceleste. Dante infatti nell'altro mondo in-contra persone care, rea'lmente morte al

momento in cui serive, ma la sua potentefantasia ii fa risuscitare, li richiama a vita,li fa parlare. Se il poema e rimasto cos)

vivo nella letteratura, e anche dovuto al

fatto che il Poeta ha popolato i tre regnidi viventi. Tutti i personaggi che s'incon-

') PAPINI G., Dante vivo, pp. 339-340.

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travano neH'äkiilä, sono vissuti nella storiao nella leggenda e vivono ancora piü in-tensamente nel'l'oltretomba che sulla terra.La Divina Commedia e veramente la storiadi un vivo tra i vivi, e tra di essi c'eancora un essere reale di grande importan-za: Beatrice. Dante ha conosciuto la suadonna e l'ha amata come tale; dopo lamorte del corpo, Beatrice, come ogni essere,doveva pur trovarsi in uno dei tre regnioltremondani. E Beatrice, incarnazione del-la rivelazione, l'inifallibile maestra e guida,che nella «Vita Nuova» muore per ascen-dere äl cielo, e forse perfino la figura diCristo che ascende ad cielo; ella e l'inter-mediaria tra Dante e Dio. La donna viventedella reale esperienza dantesca, che trovia-mo nella «Vita Nuova», e nella Commediauna persona umana beata il cui corpo ri-sorgerä il giorno del giudizio. Un viventedunque nel regno dei morti. E attraversoBeatrice, luce riflessa di Dio, Dante pelle-grino puö attuare il suo itinerario attra-verso il regno dei morti-viventi. Se nell'In-ferno poi lo sguardo e rivolto solo alia vitaterrena, quanto piü saliamo, tanto piü essoe rivolto verso l'alto; l'esistenza terrenasi ricollega alia sua meta celeste, poiche peri'l Poeta questa vita e l'ombra della veravita.«Das Jenseits ist die echte Wirklichkeit»come dice lo Auerbach, cioe la vera realtäper Dante e l'aldilä; questa vita e per Dante

«umbra futurorum», un'ombra della vitafutura. Virgjilio stesso con la sua influenzaterrena ha guidato Stazio alia salvezza; ipoeti l'hanno imitato e per questo fu guidain terra; e lo e ancora nell'a'ldila, come guida

a Dante ned suo viaggio di redenzione.Se e vero che l'unica vera vita dell'uomue qualla dell'aldila, dedl'oltretomba, e lo e

per Dante e per i poeti medioevali, quellacioe definitiva dello spirito, questa e soloun passaggio, un predudio, un anticipo, unaimmagine di quella; la felicitä terrena, sco-po di questo periodo di Vita sulla terra,e immagine della felicitä perpetua dell'ol-tremondo. Beatrice stessa indica a Dantela veritä delle figure terrene; ora gli mo-

stra quel paradiso vero di cui fu unapallida immagine lin terra.Nall'oltretomba dantesco e contenuto i!mondo terreno, secomdo la teoria aristote-lico-tomista. Dice Tommaso, S. Th., I, 118,2ad 2 : «Quando perfectior forma advenit,fit corruptio prioris: ita tarnen quod se-

quens forma habet quidquid habebatprima, et adhuc amplius», cioe: quando so-praggiunge una forma piü perfetta, la forma

precedente si corrompe, ma in modoche la nuova forma possegga qualcosa dellaprima e ancora di piü.Dante raffigura dunque gli uomini nell'aldilä,

nella loro attualitä ed immutabilitä:eoco il qualche cosa di piü e di vero, ag-giunto alia mutabilitä terrena. Le animedi Dante non sono quindi dei morti, mai veri viventi, che pur conservando i daticoncreti, 'il loro carattere personale, di gen-te della vita terrena, mostrano quegli stessicaratteri pienamente attuali, completi, qualinon si sono mai visti prima. La passione,che forse nell'esistenza terrena si nasoonde

per vergogna, qui si man'ifesta nella suatotalita, forse anche dalla consapevolezzache per loro e l'unica volta che potrannoesprimersi.Le anime sono condannate, o godono nelPurgatorio dell'attesa della prossima bea-

titudine, o ne sono giä partecipi. Nell'In-ferno ci sono peccati e vizi; il Paradisoe ordinato secondo le virtü; nel Purgatorioci sono entrambi: l'ordine esige la purifi-cazione degli impulsi cattivi; e questi nonsono propriamente peccalti come nell'Infer-no, poiche il giusto castigo divino colpiscel'azione accaduta e non rimpianta (Inferno);nel Purgatorio la purificazione riguarda in-vece la tendenza corrotta, rimasta dopo iipentimento o la confessione delle proprieazioni. Nell'Inferno e punita quindi la vo-lontä, poiche e essa che ha dato il consen-so definitivo al eompimenito dell'azione,mentre nel Purgatorio e punita l'inclina-zione al male. Per i dannati non accadrä

piü nulla, o se si vuole, tutto ciö che loroaccade, aocadra in etemo; se c'e un cam-biamento accidentale, questo avverra nel

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giorno del giudizio universale. La giustiziadivina colpisee l'uomo intero, totale, spi-rito e corpo; se dunque dopo la mortel'anima e separata dal corpo, per Dante c'e

sempre almeno una specie di forma delcorpo umano che e mantenuta nell'eternita,poiche il corpo e necessario, essenziale al-l'anima; e si noti bene, che secondo la dot-trina cattolica, l'anima, separata dal corpo,lo riprenderä tuttavia il giorno del giudizio

universale, perche se ha peccato colcorpo e giusto che con esso sia punita.Nell'Inferno i dannati hanno perdu to ognisperanza: «lasciate ogni speranza voi ch'en-trate». Essi conoscono il passato e il futurodella vita terrena, ma hanno perduto la

vista di Dio; nelle altre due cantiche, se

c'e l'esistenza terrena per i pentiti e i beati,e solo perche essa costituisce la base delgiudizio divino e quindi della condizioneeterna dell'anima. Condizionati eternamen-te, questi morti viventi rivedono tutto quel-lo che fu decisione nella loro vita; e cessata

per loro l'ansia e il desiderio del futuro,che sono propri solo della condizioneterrena. Giä Beatrice disse a Virgilio:

«Io son fatta da Dio, sua merce, tale,che la vostra miseria non mi tange,ne fiamma d'esto incendio nonm'assale».

(Inf. II, 91-931

doe in quanto beata, Beatrice, non puo sof-frire a!lla vista della miseria umana e delfuoco deil'inferno. Tanto e grande la visio-ne beatifica dei santi, quanto e grande lavisione miserifica dei dannati.Come la vita eterna e opposta alia danna-zione, cosi su questa terra, vita e morte siavvicendano in una battaglia senza tregua.La vita e sempre insidiata dalla morte e

l'apparente vittoria della morte richiama lavolontä prepotente di rivincita della vita.«Vita e morte sono le due grandi forze inconflitto che si contendono il dominio delmondo. Dal giorno del Golgota non c'ecristiano che non viva della consapevolezzadella vita che e nella morte e non c'e re-redento che non vegga nella morte l'arradella vita. Si e cristiani nella misura in cuiquesta consapevolezza e avvertita e con-fessata e le grandi creazioni del Cristiane-simo sono tutte sgorgate dal sentimentoineffabile di questa inscindibile solidarie^adella morte e della vita, che fa di ogni i-

stante dell'esistenza universale un drammae un rito. La teologia e la poesia del Cri-stianesimo sono tutte nella contemplazionedella vita, come una difesa da!lla morte,della morte, come un'occasione di vittoriaper la vita» ') Questo e il senso cristianodella morte e della vita e da questo puntodi visita Dante e il poeta cristiano per ec-cellenza.

') BUONAIUTI E., Dante come profeta, pp.96-97.