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CONSIDERAZIONI MEDICO - LEGALI SU UN CASO DI PRESUNTA
RESPONSABILITA’
PROFESSIONALE PER OMESSA DIAGNOSI PRECOCE DI LINFOMA NON HODGKIN
AD ALTO GRADO DI
MALIGNITA’ CON INIZIALE LOCALIZZAZIONE MIDOLLARE SPINALE
MEDICAL LEGAL CONSIDERATIONS ON A CASE OF ALLEGED LIABILITY
'PROFESSIONAL FOR
FAILURE TO EARLY DIAGNOSIS OF NON-HODGKIN LYMPHOMA HIGH DEGREE
OF MALIGNANCY' INITIAL LOCATION WITH SPINAL MARROW
Angelo Porrone 1
1 Angelo Porrone - Coordinatore Medico Centrale – Responsabile
U.O.C. Area Studi, Ricerca e Procedure Medico Legali –
Coordinamento Generale Medico Legale INPS - Roma
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INTRODUZIONE La responsabilità professionale medica è legata
all’inadempimento di una
obbligazione contrattuale, che è obbligazione di mezzi e non di
risultato. Il caso che si va a descrivere, riportato a mero titolo
esemplificativo e
didattico, riguarda non tanto gli aspetti deontologici, pur
molto importanti, sul consenso informato in oncologia, o lo stato
di necessità o il consenso allargato, in corso di interventi
chirurgici esplorativi, o altre situazioni similari, ma piuttosto
il problema della conoscenza clinica e della competenza
specialistica.
A tal riguardo vale la pena di ricordare che la valutazione
della responsabilità professionale del sanitario incaricato della
cura, parte dalla considerazione delle cognizioni fondamentali
generali proprie del medico specialista nel proprio campo, non
facendo, quindi riferimento alle conoscenze fondamentali proprie
del medico generico, in base anche ad alcune sentenze specifiche
della Cassazione.
La presunta colpa professionale ipoteticamente ascrivibile, non
inerisce il comportamento degli oncologi, nella fattispecie, ma
piuttosto quelli di altri specialisti, chiamati non tanto a
prestare il trattamento specifico del caso, ma a fare diagnosi, in
modo circostanziato, nel più breve tempo possibile, onde inviare il
paziente presso centri di cura appropriati, per non pregiudicare il
buon esito e le possibilità terapeutiche del paziente, certamente
migliori negli stadi più iniziali rispetto a quelle assai meno
fauste degli stadi avanzati.
Trattandosi, quindi, di possibili errori di tipo omissivo, ove
l’errore consiste nella mancata diagnosi, circostanziata, bisogna
pure dimostrare che, nello specifico caso considerato, quella
determinata diagnosi era formulabile non come puro sospetto o
possibilità, ma piuttosto come ipotesi verificabile, con criterio
di elevata probabilità se non proprio di certezza assoluta, almeno
in ambito penale in base alla nota sentenza Franzese della
Cassazione del 2002.
Evitare ciò è possibile attraverso una raccolta anamnestica
scrupolosa, altrimenti si corre il serio rischio di incorrere in
carenze diagnostiche, etichettabili sotto il profilo della
responsabilità professionale, trattandosi di specialisti con
presumibile preparazione specifica superiore alla norma, nella
disciplina di competenza.
La diagnosi esatta è in effetti soprattutto ottenibile
attraverso una opportuna ed oculata scelta dei mezzi diagnostici
realmente appropriati alle necessità del caso e mediante la loro
corretta interpretazione.
Anche, quindi, una inadeguata classificazione diagnostica in
stadi e la scelta o
la mancata indicazione di successivi possibili rimedi
terapeutici efficaci e
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protocollari, rappresentano un’omissione rilevante che può
mettere a repentaglio la salute e le probabilità di sopravvivenza
globale del paziente, appesantendone, in molti casi, notevolmente
la prognosi.
Da ultimo, nel caso in specie, una menzione particolare merita
la possibile
eventuale responsabilità professionale dell’anatomopatologo,
riguardo, ad esempio, alla erronea distinzione fra tumori benigni e
maligni, o alla specifica individuazione del diverso grado di
malignità o del semplice accertamento della presenza di un tumore
maligno, non espressamente indicato, come necessario, con mancata
tipizzazione della neoplasia.
La scorretta descrizione del quadro microscopico istologico
ipoteticamente verificato, nel caso di un patologo, con eventuale
omessa classificazione e schematizzazione architetturale e
morfologica della lesione eventualmente indagata, limitandosi, ad.
es., lo stesso dunque, a riferire la semplice deduzione diagnostica
o, viceversa, l’assenza di refertazione e deduzione diagnostica in
rapporto alla più o meno puntuale e precisa descrizione delle
anomalie strutturali e morfologiche degli elementi cellulari
riscontrati, nel tessuto analizzato, sono altri frequenti errori
attinenti all’esecuzione di un corretto esame istopatologico, in
generale.
Identiche valutazioni possono riguardare anche gli altri
specialisti impegnati
in accertamenti diagnostici, onde la necessità oggettiva di
fornire, da parte di questi sanitari, riscontri diagnostici
possibilmente chiari e circostanziati, corredati, nel miglior modo
possibile, anche di sufficienti descrizioni morfo - funzionali.
CASO CLINICO Il presente caso viene riportato, in forma anonima,
a mero tipo
esemplificativo e didattico. ANAMNESI Il paziente, di anni 51
all’epoca, nel 1991, essendo nato nel 1940, viene
ricoverato in data 29.05.91 presso una divisione di Ortopedia e
Traumatologia, e di lì trasferito, appena dopo, presso al divisione
di Neurochirurgia di altro ospedale, per gli accertamenti e le cure
del caso, in data 30.05.91; rimasto colà degente fino alla data del
13.06.91, viene, quindi di nuovo trasferito, nella stessa data
della dimissione, presso il reparto di Medicina Generale del I°
ospedale e di lì dimesso ancora una volta, in data 16.06.1991, per
essere ancora trasferito, per l’ennesima volta, presso il reparto
di Urologia dello stesso nosocomio, nella stessa data, ove resta
degente fino al 27.07.91; tali ricoveri sono motivati dalla
presenza di una paraparesi spastica agli
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arti inferiori, a lenta insorgenza, con associata
lombosciatalgia bilaterale e parestesie agli arti inferiori e di
una concomitante orchiepididimite cronica dx, di ndd.
Volendo ricapitolare brevemente la successione dei ricoveri e le
diagnosi stilate nelle varie occasioni, si può così
sintetizzare:
1. ricoverato dal 29.05.91 al 30.05.91 presso un reparto di
Ortopedia e
Traumatologia: diagnosi di ingresso: paraparesi spastica acuta
ed ingravescente da compressione midollare di n.d.d.; diagnosi di
uscita: idem, trasferito presso reparto di Neurochirurgia di altro
ospedale;
2. ricoverato, dopo trasferimento dal I° ospedale, dal 30.05.91
al 13.06.91
presso il reparto di Neurochirurgia di un II° ospedale, con
identica diagnosi di ingresso e di uscita; in più, nella diagnosi
di uscita, alla voce interventi chirurgici, viene riferito:
laminectomia decompressiva D8-D10 con asportazione di tessuto
eteroplastico a manicotto. Viene anche riportata in diagnosi la
presenza di: ipostenia al Barrè agli arti inferiori più evidente a
dx;
3. ricoverato, dopo trasferimento dal reparto di Neurochirurgia
del II°
ospedale, dal 13.06.91 al 16.06.91 presso il reparto di Medicina
Generale del I° ospedale, con diagnosi di entrata identica a quella
formulata dal reparto di Neurochirurgia; diagnosi di uscita:
Paraparesi spastica da compressione D8-D10 in paziente con sospetto
K testicolare. Criptorchidismo sx.;
4. ricoverato, quindi, dopo trasferimento dal reparto di
Medicina Generale,
presso il reparto di Urologia del I° ospedale, dal 16.06.91 al
27.07.91; diagnosi di entrata: Orchiepididimite cronica dx.
Testicolo ritenuto sinistro in
paziente già operato di emilaminectomia decompressiva per
neoplasia extradurale D8-D10 di n.d.d.;
diagnosi di uscita: identica a quella di entrata. NB: il
paziente rifiuta ulteriori accertamenti e viene dimesso nonostante
i sanitari lo abbiano edotto dei rischi ai quali va incontro.
5. ricoverato presso la divisione di Chirurgia Generale del I°
ospedale dal
25.10.93 al 7.11.1993; diagnosi d’entrata: adenopatia ascellare
sinistra;
diagnosi d’uscita: adenopatia ascellare sinistra, con voluminoso
pacchetto linfonodale del cavo ascellare sx adeso alla parete
toracica, in soggetto già
trattato (chirurgicamente) per linfoma non Hodgkin (NB:
l’espressione “in
soggetto già trattato per linfoma non Hodgkin” compare in
aggiunta e con
scrittura diversa, indicando, comunque, una diagnosi a
posteriori,
evidentemente per la primitiva localizzazione midollare dorsale,
trattata, solo
chirurgicamente, con intervento di decompressione
midollare);
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6. ricoverato dal 16.11.94 al 23.12.94, ancora presso il I°
ospedale, divisione di
Chirurgia Generale; diagnosi d’entrata: versamento pleurico
sinistro; diagnosi d’uscita: metastasi pleuriche in paziente con
linfoma non Hodgkin;
miglioramento; 7. ricoverato ancora presso la stessa divisione e
lo stesso nosocomio dal 5.2 al
25.2 1995 e poi dal 23.3 al 26.04.95, per identici motivi;
ricoverato, infine, dal 7.5.95 al 10.5.95 per aggravamento e
successivo exitus, intervenuto, appunto in data 10.5.95.
Assai utile si rivela anche riportare i principali accertamenti
eseguiti e le
terapie specifiche effettuate nelle varie occasioni di ricovero:
1. visita generale; nessuna terapia specifica; 2. visita generale;
esami specialistici: T.C. della colonna vertebrale tratto
dorso-lombare (presenza di manicotto di tessuto neoformato
estrinseco comprimente il midollo a livello dei metameri D8-D10);
visita neurologica. Terapia: laminectomia decompressiva D8-D10 con
asportazione di tessuto eteroplastico a manicotto; esame istologico
di materiale da prelievo sito a livello del midollo spinale, spazio
intervertebrale-extradurale (con blocco midollare D10). Esame
istologico: “infiltrato linfoide costituito da cellule di media e
grande taglia (blasti). Quadro compatibile con processo
linfoproliferativo. Le cellule risultano positive per LEV (antigene
leucocitario comune)”;
3. visita generale; nessun esame specifico; nessuna terapia
specifica; 4. visita generale; biopsia testicolo dx; esame
istologico in estemporanea del
materiale biopsiato: “testicolo di tipo adulto con
spermatogenesi parzialmente conservata e moderata ialinosi
peritubulare; orchiectomia sinistra”; nessun altro esame
specifico;
5. visita generale; eseguita asportazione di massa linfonodale
ascellare
sinistra; esame istologico del materiale asportato, dopo
linfadenectomia: all’esame macroscopico, “pacchetto di cm 10x9x4
contornato da tessuto adiposo, al taglio di colore grigiastro, di
aspetto parzialmente nodulare e con aree di necrosi”; all’esame
microscopico: “Linfoma maligno non Hodgkin di derivazione B
linfocitaria, ad alto grado di malignità, a crescita diffusa,
immunoblastico a differenziazione plasmoblastica”; eseguiti, anche,
TC torace e addome: “presenza di vistosa
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linfoadenopatia situata in sede paravertebrale toracica e
lomboaortica, adesa e comprimente le strutture circostanti”;
6. visita generale; eseguiti Rx torace, esame citopatologico sul
sedimento
dell’essudato pleurico, TC torace; effettuata radioterapia
palliativa loco-regionale; prescritta polichemioterapia di
salvataggio (n. 3 cicli);
7. visite generali: eseguite Rx grafie di controllo, TC di
controllo, consulenze
oncologiche; prescritta polichemioterapia di salvataggio (altri
3 cicli). In sostanza e in definitiva le terapie specifiche attuate
nella circostanza,
nel corso del tempo, sono state, nell’ordine: laminectomia
decompressiva D8-D10 con asportazione di tessuto eteroplastico a
manicotto, in occasione del II° ricovero presso un reparto di
Neurochirurgia d’Urgenza;
orchiectomia sinistra in occasione del IV° ricovero;
asportazione, con linfoadenectomia, di voluminoso pacchetto
linfonodale del cavo ascellare sinistro, adeso alla parete
toracica, in occasione del V° ricovero;
n.ro 6 cicli di polichemioterapia, secondo schemi prestabiliti,
per via ambulatoriale, a partire da novembre 1993 fino a maggio
1994, ottenendo un breve periodo di remissione clinica completa,
perdurato fino a ottobre-novembre 1994;
n,ro 1 ciclo di radioterapia adiuvante locoregionale,
sull’ascella sinistra, dal 9.5.94 al 2.6.94 con dose totale di 3520
cGy (centigray o rad, nella vecchia nomenclatura);
n.ro 3 cicli di polichemioterapia di salvataggio dopo la
comparsa della ripetizione metastatica pleurica, con versamento
secondario all’emitorace di sinistra;
altri 3 cicli di polichemioterapia in occasione degli ultimi
ricoveri, nel 1995.
Gli allegati alla presente relazione sono, oltre alle cartelle
cliniche relative ai
vari ricoveri, anche:
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1. referto della consulenza neurologica compiuta in data
18.03.93 che accerta che l’EON è negativo, in assenza di segni
focali e che la mielopatia di cui aveva sofferto il paziente era
dovuta ad una compressione da linfoma, e che l’ultimo controllo RM,
del dicembre 1992 rilevava “ancora la presenza di un segnale
patologico a livello della parete toracica posteriore sinistra”,
onde la necessità di ripetere l’esame RM con mezzo di contrasto, e
di effettuare una nuova visita neurologica di controllo;
2. certificato specialistico, divisione di Medicina Interna, del
20.12.93, dove si
attesta, in particolare, che il paziente è affetto da “Linfoma
non Hodgkin, tipo immunoblastico, in I^ recidiva”;
3. certificato dello specialista ematologo del 2.6.94 indicante
la radioterapia
adiuvante effettuata, come indicato in precedenza; 4.
certificato medico del 5.6.94, attestante la diagnosi del L.N.H. in
atto:
“Linfoma non Hodgkin in sede ascellare sinistra, già trattato
con chemio e radioterapia. Esiti di laminectomia D8-D10.
Obesità”.
LINFOMI PRIMITIVI E SECONDARI DEL MIDOLLO SPINALE I LNH
primitivi di sedi extralinfonodali rappresentano una quota
parte
importante di tutti i LNH, costituendo il 22 % circa dei casi
diagnosticati. Interessanti considerazioni al riguardo si possono
trarre da un articolo
dal titolo “ Primary Extra Nodal Non Hodgkin Lymphoma: A 5 Year
Retrospective Analysis” di S. Padhi et al., Asian Pacific J Cancer
Prev, 13 (10), 4889-4895, anno 2012.
In effetti, come si ricava da questo recente lavoro scientifico,
l’incidenza
dei LNH extralinfonodali è in aumento. Lo studio riguarda però
un gruppo relativamente limitato come è ad una parte
della popolazione dell’India. Detto che circa il 22 % delle
presentazioni primitive sono di tale tipo, si può
dire che l’età media di presentazione va da 43 anni a 58 anni di
età, con un rapporto 2/1 fra M e F.
Il SNC costituisce la sede extralinfonodale più frequente con
circa il 29 % dei casi, seguito dal tratto gastroenterico, con il
25 % e dai linfomi naso – faringei che rappresentano circa il 12
%.
L’istotipo più frequente è il linfoma a grandi cellule B,
seguito dai MALT e da altri linfomi delle cellule B.
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Nella gran parte dei casi i pazienti sono immunocompetenti,
circa il 60 %, rispetto ai casi di immunodeficienza, mentre nel 55
% dei casi si trattava di stadi I – II.
Un altro articolo che si occupa, in generale, dei linfomi
primitivi del SNC, sotto
il profilo degli accertamenti strumentali è quello dal titolo
“Central Nervous System Lymphoma: Characteristic Findings on
Traditional andAdvanced Imaging” di IS Haldorsen et. al., tratto
dal Am J Neuroradiol 32:984 –92, Jun-Jul 2011.
I linfomi primitivi del SNC sono fondamentalmente di due tipi:
derivanti da coinvolgimento secondario del SNC da linfomi di altra
sede; linfomi primitivi del SNC.
Il metodo di scelta per l’individuazione e la descrizione dei
linfomi primitivi
cerebrali è la RMN. Il linfoma della leptomeninge è di solito un
linfoma secondario con
localizzazione cerebrale. Singole o multiple lesioni
periventricolari sono tipiche del LNH primitivo
cerebrale. Nuove tecniche di immagine sia con TC che con RM sono
in grado di
differenziare le caratteristiche peculiari dei linfomi primitivi
cerebrali rispetto alle altre lesioni cerebrali.
Sono i linfomi più aggressivi quelli con localizzazione primaria
cerebrale, con possibilità o meno di infezione HIV concomitante,
ciò che distingue una prognosi più sfavorevole per gli HIV positivi
da una prognosi meno sfavorevole per i soggetti affetti HIV
negativi.
Più incentrato sull’argomento dei linfomi primitivi spinali
midollari pare un
articolo dal titolo “Isolated Primary Non-Hodgkin's Lymphoma of
the Thoracic Spine: A Case Report with a Review of the Literature”
di JS Zheng et al., Journal of International Medical Research 2010
38: 1553.
Viene qui presentato un caso di un linfoma primitivo midollare
spinale, con
una review dei casi precedentemente riportati in letteratura. Un
soggetto immunocompetente di 80 anni di età presentava un
progressivo intorpidimento assieme a debolezza ad entrambe le
estremità inferiori, con
una sintomatologia che durava da 2 settimane. Tali sintomi di
parestesie e ipostenia agli arti inferiori portavano
all’effettuazione, su prescrizione specialistica, di una RM
cervicale e toracica spinali
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che deponeva per la presenza di una massa extradurale spinale a
livello di T1 – T3, con invasione anche del corpo vertebrale di
T3.
In prima battuta la lesione veniva etichettata come una
metastasi tumorale.
A causa dei sintomi di compressione midollare il paziente veniva
sottoposto ad una laminectomia e decompressione posteriore.
L’esame istopatologico rivelava la presenza di un LNH a grandi
cellule B. Le altre indagini, quali una TC total body, una
scintigrafia ossea, i markers
tumorali e gli esami ematochimici, risultavano negative per la
presenza di un tumore occulto in altre sedi.
Il caso descritto dimostra la necessità di una diagnosi
differenziale accurata fra tumore primitivo e secondario spinale
midollare e la possibilità non del tutto remota di un LNH primitivo
midollare, fra le ipotesi diagnostiche, in caso di sintomatologia
compressiva.
I LNH primitivi del SN si possono verificare a livello
cerebrale, spinale
midollare, leptomeningeo e a livello degli occhi, con una
percentuale variabile da 0,8 a 1,5 % del totale del 6,6 % di tutti
i tumori primitivi del SNC.
In circa il 95 % dei casi si tratta di un linfoma B cellulare a
grandi cellule. Il tumore primitivo midollare spinale tipo linfoma
è particolarmente raro e la
compressione del midollo rappresenta la prima manifestazione in
meno del 5 % dei casi.
La localizzazione è in genere extradurale, nella gran parte dei
casi. In letteratura sono riportati, in totale, 37 casi di LNH
primitivo spinale
midollare, con un’età variabile fra 37 e 81 anni e una mediana
di 61,4 anni. I casi sono equamente distribuiti fra maschi e
femmine. La regione toracica è la sede più comune, specialmente la
zona intermedia. I sintomi di presentazione sono dati dalla
compressione midollare spinale, con
dolore e impotenza funzionale. All’indagine immunoistochimica
prevalgono i LNH a grandi cellule B, con una
minoranza di linfomi follicolari e di altri istotipi.
Ipoestesia, paralisi o ipostenia agli arti inferiori sono i sintomi
più frequenti. Una localizzazione toracica alta è rara. La RM o la
TC non danno certezze diagnostiche, potendo la lesione
midollare
essere confusa con altri tipi di tumore. Nel caso riportato il
linfoma primitivo presentava un assetto recettoriale dei
linfociti con positività CD20 e CD79a, una parziale positività
CD43, ma una negatività per i recettori CD2, CD3, CD5 e altri,
oltre alle citocheratine.
Morfologicamente si trattava di gradi cellule B.
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La prognosi di tali LNH primitivi midollari extradurali non è
favorevole. In effetti la prognosi dei LNH a grandi cellule B non
è, di per se,
particolarmente benevola, dipendendo dall’età, dallo stadio e
dal coinvolgimento di altri organi extralinfonodali, dai livelli
ematici di LDH, ecc..
Un protocollo ottimale di trattamento per tali LNH non è ben
definito. La RT si è dimostrata efficace ma da effetti
neurotossici, specie nei pazienti di
età > 60 anni. La chemioterapia a base di methotrexate viene
oggi reputata il trattamento di
scelta. L’utilizzo della chirurgia appare controverso. In
effetti la resezione chirurgica della massa non pare apportare
benefici ai fini
della sopravvivenza globale. L’atto chirurgico pare più utile ai
soli fini della diagnosi istologica della massa
asportata. Utile soprattutto a scopo di diagnostica
differenziale appare un articolo dal
titolo “Neoplasms of the Spinal Cord and Filum Terminale:
Radiologic-Pathologic Correlation” di KK Koeller et al.,
RadioGraphics 2000; 20:1721–1749.
Le neoplasie intramidollari spinali sono da considerarsi rare,
costituendo, in
totale, il 4 – 10 % dei tumori totali del SNC. La RM rappresenta
la metodica di elezione ai fini diagnostici. La siringomielia e le
lesioni cistiche sono spesso associate con tumori
intramidollari. Gli ependimomi spinali sono i tumori midollari
più frequenti fra gli adulti, gli
astrocitomi i più frequenti fra i bambini. Entrambe tali entità
costituiscono in totale oltre il 70 % dei tumori
intramidollari. Gli emangioblastomi rappresentano il 3° più
comune tipo di tumori
intramidollari. Gli astrocitomi sono più eccentrici rispetto
agli altri tipi di tumori. I gangliogliomi si estendono oltre i
segmenti vertebrali, i paragangliomi e i
tumori neuroectodermici hanno predilezione per il tratto
terminale vertebrale e la cauda.
Gli altri tumori comprendono quelli metastatici, con la presenza
di una caratteristica prominenza ed edema consensuale.
Da ultimo, come ordine di frequenza, si considerano i LNH
primitivi midollari, prevalentemente extradurali, comunque
rari.
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Di solito i tumori primitivi intramidollari si associano ad una
neurofibromatosi.
I linfomi coinvolgono di solito il compartimento extradurale e
il corpo vertebrale, ma possono anche essere confinati al midollo
spinale.
I LNH intramidollari spinali costituiscono circa il 3,3 % dei
linfomi del SNC e solo 1 % del totale di tutti i LNH del corpo.
La presentazione clinica è data da parestesie e ipostenia agli
arti inferiori, con una progressiva difficoltà nella
deambulazione.
Dei 15 casi riferiti in letteratura, stando al lavoro
scientifico in questione, la gran parte coinvolgono la regione
toracica e quella lombare.
La maggior parte dei linfomi sono primitivi solitari, con una
riferita lieve predominanza femminile e un’età media di 47
anni.
La prognosi dei LNH primitivi midollari spinali è reputata
migliore di quella dei LNH primitivi cerebrali.
Si tratta nella gran parte dei casi di LNH della linea B,
raramente della linea T. Le immagini T2 pesate RM della lesione
midollare appaiono ipertense, mentre
quelle T1 pesate sono di solito ipotense. Altrettanto specifico
rispetto all’argomento in parola appare ancora un
articolo dal titolo “Primary Dumbbell-Shaped Lymphoma of the
Thoracic Spine: ACase Report” di A. Meola et al., Case Reports in
Neurological Medicine, Volume 2012, Article ID 647682, 4 pages,
accettato 08.11.2012.
Si sottolinea nel lavoro scientifico che il LNH primitivo
midollare è
estremamente raro, e il verificarsi di un linfoma midollare a
manicotto (come nel caso descritto) è eccezionale.
Nel caso in specie si trattava di un soggetto di sesso maschile
di 45 anni di età che presentava sintomi sensoriali da circa 8
mesi.
La RM dimostrava la presenza di una lesione a manicotto, a forma
di manubrio, a livello di D4 – D6 con compressione del midollo
spinale ed estensione a livello foraminale destro, a livello di D4
– D5.
Il paziente veniva sottoposto ad intervento di laminectomia D4 –
D6, con una resezione subtotale della massa.
Veniva diagnosticato dopo esame istologico della lesione
asportata un linfoma non Hodgkin a grandi cellule B.
Venivano successivamente eseguite una radio e una chemioterapia
adiuvanti. Il follow up eseguito a distanza di 1 anno deduceva
l’assenza di ricaduta del
tumore. Trattandosi di un linfoma altamente inusuale, la
diagnosi differenziale va
operata nei confronti degli altri tumori a manicotto, a forma di
manubrio, spinali midollari.
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In effetti un LNH spinale midollare con associata compressione
viene descritto in letteratura come occorrente dallo 0,1 al 10,2 %
dei casi.
In realtà il coinvolgimento spinale si può verificare in caso di
diffusione sistemica di un linfoma, quale manifestazione
secondaria.
Un linfoma primitivo epidurale spinale è veramente non comune e
riguarda solo il 6,6 % di tutti i linfomi midollari spinali,
In base alle conoscenze, sono stati descritti in letteratura
solo 3 casi di LNH primitivo midollare spinale, con presentazione a
manicotto peri – spinale vertebrale.
Nel caso in specie di tratta, quindi, di un tumore con
estensione a manicotto di tipo intraspinale e paravertebrale.
Il coinvolgimento, in tali tipi di linfomi, può riguardare due o
più strutture anatomiche separate, come gli spazi intradurali,
extradurali e paravertebrali.
Tali tipi di tumori, in generale, con coinvolgimento
contemporaneo di varie strutture anatomiche vertebrali e midollari,
a forma di manubrio, possono essere di vario genere, non solo
linfomi, con un’incidenza complessiva riportata in letteratura
variabile fra il 13,7 e il 17,5 % di tutte le neoplasie
spinali.
Come già detto, il linfoma primitivo spinale a forma di manubrio
e coinvolgente varie strutture anatomiche è estremamente raro, con
soli tre casi descritti in letteratura, due con localizzazione
toracica e uno con localizzazione cervicale e lombare.
La diagnosi preoperatoria di tale particolare linfoma spinale
appare estremamente difficoltosa e incerta, salvo le
caratteristiche della lesione alla RM, ipertensa alle immagini T2
pesate e ipotensa a quelle T1 pesate.
Queste caratteristiche sono, peraltro, comuni, ad altri tipi di
tumori come gli schwannomi e i meningiomi.
Al contrario l’infiltrazione paraspinale e delle fasce muscolari
suggerisce quasi sicuramente la presenza di un linfoma.
Peraltro questi linfomi sono estremamente radio e
chemiosensibili e l’obiettivo della chirurgia appare solo quello
della decompressione midollare spinale e della diagnosi istologica,
poco quello terapeutico in senso stretto.
Tutto ciò suggerisce una strategia di trattamento chirurgico che
considera solo l’effettuazione della decompressione del midollo
spinale e non una resezione aggressiva e totalizzante, con una
asportazione anche a livello paraspinale, soccorrendo ottimamente
per la remissione completa della neoplasia la radio e la
chemioterapia adiuvanti.
Il coinvolgimento, quindi, dei tessuti molli paraspinali
necessita, perciò, di una diagnosi preoperatoria, onde evitare
resezioni radicali inutili e dannose.
Su identiche motivazioni e osservazioni si basa un altro
articolo specifico
dal titolo “Primary Lumbo-sacral Spinal Epidural Non-Hodgkin’s
Lymphoma: A Case Report and Review of Literature” di Rahul Mally et
al., Asian Spine Journal Vol. 5, No. 3, pp 192~195, 2011.
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Il caso descritto riguarda un soggetto di sesso maschile di 24
anni di età con sintomatologia caratterizzata da mal di schiena che
si irradiava all'arto
inferiore sinistro, con associate parestesie, tipo formicolio e
intorpidimento, e ipostenia della durata di 6 mesi.
La risonanza magnetica con mezzo di contrasto rivelava una massa
extradurale a livello della regione lombosacrale.
Il paziente veniva operato con laminectomia e completa
asportazione della lesione.
Il dolore radicolare del paziente veniva alleviato dopo
l'intervento chirurgico e migliorava anche l’ipostenia.
L’esame istopatologico successivo rivelava la presenza di un
LNH. Il paziente veniva trattato con radio e chemioterapia
adiuvanti. Il LNH primitivo midollare spinale lombo – sacrale è un
tumore raro. I LNH del SNC rappresentano il 5 – 11 % dei tumori
primitivi o secondari
dell’apparato. Il coinvolgimento primario epidurale spinale
riguarda da 0,1 a 3,3 % dei casi di
compressione midollare spinale. L’asportazione della lesione
primaria seguita da radio e chemioterapia
adiuvanti viene considerata la terapia più adeguata. Il LNH
primitivo midollare rappresenta quindi una lesione non comune
che
coinvolge lo spazio epidurale spinale. Come anticipato solo
nello 0,1 – 3,3 % dei LNHsi tratta di lesioni primitive
epidurali spinali, mentre nel caso del linfoma di Hodgkin tali
lesioni primitive epidurali costituiscono lo 0,2% dei casi.
Esiste una prevalenza epidemiologica nel sesso maschile, con
percentuali
variabili fra il 66 % e il 70 % dei casi. Si tratta di tumori
che in genere colpiscono la 4^ - 5^ decade di vita. Nel caso
riferito non si evidenziavano manifestazioni sistemiche della
malattia. Controversa appare l’origine del LNH primitivo spinale
epidurale, se
paraspinale, vertebrale o retroperitoneale. Secondo gli autori
dell’articolo le lesioni appaiono ipo – isotense alle immagini
T1 – T2 pesate, con un enhancement omogeneo dopo mezzo di
contrasto. L’indagine immunoistochimica verifica la positività nel
caso descritto dei
recettori CD20 e la negatività per quelli CD138, CD30 e CD3, per
la tipizzazione linfocitaria.
I paziento con sintomi di compressione midollare necessitano
dell’intervento chirurgico a fini di decompressione e per la
diagnosi istologica della lesione extradurale midollare.
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174
L’uso della sola radioterapia può presentare il grave effetto
collaterale della paraplegia dopo trattamento radiante.
Il regine di chemioterapia CHOP rimane il protocollo standard di
elezione, mentre per la radioterapia la dose totale varia fra 3.500
e 4.000 cGy, distribuita in 20 – 25 frazionamenti.
Nel caso del LNH primitivo epidurale spinale la prognosi rimane
severa per soggetti di età > 50 anni, con tipo istologico
aggressivo, paraplegia e coinvolgimento vescicale e
intestinale.
La prognosi è invece favorevole nei soggetti giovani che hanno
subito un trattamento chirurgico decompressivo seguito da radio e
chemioterapia adiuvanti.
Ad ogni buon conto, nel caso di un LNH primitivo spinale
epidurale appare
fondamentale la diagnosi differenziale con altre possibili
lesioni neoplastiche, in caso di sintomatologia sovrapponibile da
compressione midollare.
In alcuni casi la RM è in grado di stabilire la diagnosi con un
certo grado di probabilità.
La biopsia escissionale chirurgica della lesione può permettere
una tipizzazione oncologica della massa e le terapie adiuvanti di
tipo radio e chemioterapico consentiranno un notevole miglioramento
della sintomatologia neurologica.
Ancora squisitamente incentrato sui LNH primitivi epidurali
spinali è un
contributo scientifico dal titolo “Primary spinal epidural
lymphomas” di G. Cugati et al., J Craniovertebr Junction Spine.
2011 Jan-Jun; 2(1): 3–11.
Un LNH con localizzazione epidurale, secondo gli autori, si
verifica nello 0,1 – 6,5 % dei casi.
Nel caso di localizzazione spinale occorre sempre verificare la
presenza di altre sedi eventualmente coinvolte del corpo e l’epoca
esatta della diagnosi.
L’incidenza di questo tipo di linfoma primitivo è comunque molto
bassa. Nel tempo si sono affinate le tecniche diagnostiche
strumentali. La compressione metastatica del midollo spinale si
verifica con un’incidenza
del 5 – 10 %. Le localizzazioni più frequenti sono date dai
carcinomi polmonari e della
mammella. Possono anche dipendere da un linfoma, da un
plasmocitoma, da un mieloma
multiplo o da un tumore della prostata. I linfomi epidurali
costituiscono il 9 % di tutti i tumori spinali epidurali. La
localizzazione epidurale di un linfoma viene osservata nello 0,1 –
6,5 % dei
casi di tutti i linfomi. L’incidenza del linfoma primitivo
epidurale è veramente molto bassa.
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175
La definizione di linfoma primitivo epidurale è legata ad una
esclusiva localizzazione negli spazi epidurali spinali, quindi con
associata mancanza di ulteriori localizzazioni del linfoma in altre
sedi.
Il linfoma di Hodgkin si caratterizza per una localizzazione
linfonodale nel 90 % dei casi e una extralinfonodale nel restante
10 % dei casi.
Solo nello 0,25 % dei casi si verifica una localizzazione
primaria epidurale. Parestesie e ipostenia agli arti inferiori,
fino alla paraparesi, si associano, in
genere, ai linfomi epidurali, come anche un dolore radicolare
mono o bilaterale. I sintomi dipendono dalla localizzazione e
dall’estensione del tumore. Le lesioni del cono midollare si
associano a disturbi sfinterici. In una fase prodromica i sintomi
sono costituiti da un occasionale dolore
radicolare. Tale fase può durare da alcuni mesi ad un anno. In
una seconda fase si assiste ad un rapido deterioramento
funzionale
neurologico, con parestesie e ipostenia agli arti inferiori, per
una durata di 2 – 8 settimane.
Ciò è dovuto alla compressione del midollo spinale. Nel caso di
linfomi, prevalgono i non Hodgkin a grandi cellule B o della linea
B
cellulare, in ogni caso. Le regioni maggiormente coinvolte sono
le vertebre toraciche, seguite dalle
lombari e dalle cervicali. Una RM o una TC sono in grado di
identificare la lesione compressiva spinale
midollare. La RM è la metodica diagnostica strumentale
maggiormente raccomandata. La lesione appare ipo – isotensa alle
immagini RM T1 pesate e ipertensa a
quelle T2 pesate, con enhancement marcato al mezzo di contrasto.
Il segnale appare omogeneo in tutte le sequenze. Per valutare la
primitività o meno della lesione dopo diagnosi istologica
occorre effettuare una TC total body o una RM. Più esattamente
gli esami da eseguire sono nell’ordine:
una TC total body;
una RM cranio – spinale con mezzo di contrasto;
una biopsia del midollo osseo;
una scintigrafia ossea;
un esame del liquido cerebro – spinale.
La TC è in grado di verificare il coinvolgimento parenchimale
polmonare e
pleurico, con possibile incremento anche del diametro del timo.
La RM con uso di gadolinio come mezzo di contrasto appare assai
utile in
caso di localizzazione al SNC del linfoma.
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176
Poco è noto sull’eziologia e sulla patogenesi del linfoma
epidurale spinale. La presenza di tessuto linfoide nei plessi
venosi epidurali potrebbe giustificare
ipoteticamente un linfoma primitivo. Le altre possibili sedi in
caso di linfoma epidurale possono essere il corpo
vertebrale, le stazioni linfonodali o sedi lontane, per
colonizzazione per contiguità o anche per via ematogena.
Istologicamente si tratta, in genere di LNH a intermedio o alto
grado di malignità della linea B, o anche ma meno della linea T
cellulare, trattandosi assai di rado di linfomi B a basso grado di
malignità.
Ancora una volta vengono raccomandate la radio e la
chemioterapia adiuvanti associate alla chirurgia decompressiva e
diagnostica, ovvero alla semplice biopsia.
La rimozione della massa e/o la laminectomia decompressiva sono
i trattamenti chirurgici raccomandati.
Sono raccomandati vari protocolli di chemioterapia a base di
ciclofosfamide, vincristina e prednisone, CVP, in diversa
combinazione.
Nel caso di un LNH di tipo follicolare diffuso viene
raccomandata l’aggiunta di Rituximab, farmaco a base di anticorpi
monclonali, al trattamento convenzionale CVP.
Il trattamento combinato con RT garantisce, secondo gli autori,
un controllo locale nel 88 % dei casi e una sopravvivenza a 5 anni
del 69 %.
Il trattamento con la sola radioterapia otterrebbe, secondo
alcuni autori citati nella pubblicazione, risultati nettamente
inferiori, pari al 33 % di sopravvivenza globale, rispetto alla
terapia combinata in grado di garantire una sopravvivenza del 86 %
dei casi.
Una diffusione sistemica del LNH si osserva, secondo alcuni
autori, in circa il 42 % dei casi, con localizzazioni linfonodali,
nel 17 % dei casi, polmonari, addominali, midollari ossee e a
livello del SNC.
Secondo altri autori la maggioranza dei pazienti è affetta da un
LNH disseminato.
Fra i fattori prognostici un’età < 63 anni incide in maniera
significativa, in senso favorevole, sulla sopravvivenza globale e
sulla durata dell’intervallo libero da malattia.
Peraltro i pazienti più giovani possono essere trattati in modo
più aggressivo con terapia combinata radio e chemio.
In conclusione il LNH primitivo midollare è una malattia
potenzialmente curabile e con una prognosi favorevole quando viene
trattata, in modo appropriato con chirurgia e terapia combinata
multimodale.
Riguardo al problema della metastasi di un LNH a livello spinale
vertebrale
interessante appare un articolo dal titolo “Metastatic
non-Hodgkin lymphoma presenting as low back pain and radiculopathy:
a case report” di Inger K. Roug et al., Journal of Chiropractic
Medicine (2012) 11, 202–206.
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177
Il lavoro descrive un caso di un uomo di 46 anni con
sintomatologia caratterizzata da parestesie e dolore radicolare
irradiato all’arto inferiore destro.
Il paziente si era rivolto ad un medico chiropratico. Veniva
prescritta una RM, allo scopo di evidenziare un’eventuale ernia
discale,
che rivelava invece la presenza di 2 fratture patologiche
lombari da compressione, con compromissione della cauda equina.,
con un elevato segnale alla rM da T12 a S2.
La diagnosi posta era di presenza di lesione metastatica o
primaria ossea vertebrale, ad eziologia sconosciuta.
Tramite un ulteriore approfondimento con biopsia della lesione,
TC e PET
veniva posta diagnosi di LNH a piccole cellule. Dopo trattamento
combinato con chemio e radioterapia veniva ottenuta la
remissione clinica completa del linfoma. Il caso appare
interessante sia sotto il profilo della diagnosi differenziale
che
per le peculiarità della localizzazione secondaria di un LNH. La
metastasi spinale di un LNH quale manifestazione di esordio della
malattia
appare una condizione rara che si verifica nel 5 % dei casi. Le
metastasi epidurali spinali sono piuttosto infrequenti in pazienti
con LNH. In caso di localizzazione nella sede della cauda equina si
tratta di una massa
isolata, primaria o secondaria sita nel canale spinale, ovvero
dell’estensione di una massa nodulare adiacente che collassa una
vertebra.
In caso di metastasi epidurale spinale si tratta, in genere, di
manifestazioni di un carcinoma polmonare, di un mieloma multiplo,
di un carcinoma a sede primaria sconosciuta ovvero di un LNH con
altra sede primaria.
La colonna vertebrale è la sede più comune di metastasi
scheletriche. Il LNH è la più comune neoplasia ematologica negli
USA. Esistono 30 sottotipi dai più aggressivi agli intermedi. La
sintomatologia di esordio può essere molto varia con presenza
di
linfoadenopatie del collo, delle ascelle o dell’inguine, febbre,
astenia, calo ponderale, dolore addominale, dispnea, ecc..
Si tratta, quindi, spesso, di sintomi aspecifici. In conclusione
una metastasi di un LNH può determinare, fra le varie cause,
una radiculopatia lombare, che una comune manifestazione
sintomatologica muscolo – scheletrica.
Esiste, quindi, in tal senso, un problema di diagnosi
differenziale che deve sempre essere considerato per non cadere in
errore e ritardo diagnostico conseguente.
Significativo poi ai fini del trattamento appare un articolo dal
titolo
“Spinal Cord Cancer (Lymphoma of the Spinal Cord)” tratto da
Internet,
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178
www.virtualmedicalcentre.com, ultimo aggiornamento 30.03.2013,
che riassume gli aspetti essenziali dell’argomento.
Il midollo spinale fa parte del SNC ed è una continuazione del
tronco cerebrale che va dal foro occipitale, posto alla base del
cranio, fino a livello della vertebra L2.
Il contenuto al di sotto di tale vertebra si chiama cauda
equina. A seconda della posizione anatomica della massa i tumori
midollari
possono essere distinti in 3 gruppi, cioè cervicali, toracici e
lombari. La stragrande maggioranza dei tumori midollari è di natura
metastatica,
proveniente da un’altra sede primitiva di una neoplasia. In base
al rapporto con le meningi i tumori midollari possono essere
distinti in
intradurali ed extradurali. A loro volta i tumori intradurali
possono ulteriormente distinguersi in
intramidollari, ossia originati dalla sostanza del midollo
spinale stesso, ovvero subaracnoidei o extramidollari.
I tumori extradurali sono i più frequenti e sono di origine
metastatica; si trovano, di solito all’interno dei corpi
vertebrali.
Di solito questi causano una compressione del midollo spinale
tramite effetto
di massa estrinseca, ma talvolta possono farlo anche attraverso
un’invasione infiltrativa intradurale.
In base alla crescita i sintomi di tali tumori sono lentamente
progressivi con indiziale deficit prevalentemente motorio, seguito
da una disfunzione sfinterica crescente fino ad un’ulteriore
perdita sensoriale.
I tumori extradurali rappresentano, quindi, la stragrande
maggioranza dei tumori spinali extramidollari.
Neurofibromi e meningiomi rappresentano tumori intradurali. Il
linfoma midollare spinale è una forma rara. Si tratta in larga
prevalenza di linfomi metastatici, raramente di linfomi
primari che costituiscono solo 1 % dei tumori del SNC. Fattori
predisponenti sono le forme di immunodeficienza. La progressione
avviene, in genere, attraverso il liquido cerebrospinale nel
SNC. La forma primaria è aggressiva e fatale, prevalentemente,
in tempi brevi. Con terapie adeguate la sopravvivenza a 5 anni può
arrivare al 30 – 40 % dei
casi. La malattia tende purtroppo a recidivare e la prognosi è
infausta. Il trattamento iniziale dei pazienti con compressione
midollare spinale avviene
con corticosteroidi sistemici, ciò che, però va evitato con i
linfomi primari per la possibilità della scomparsa momentanea della
lesione con ritardo o confusione diagnostica.
http://www.virtualmedicalcentre.com/
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TAGETE - ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
179
Il trattamento si avvale, in definitiva, di radioterapia,
corticosteroidi e chemioterapici.
I sintomi neurologici vanno seguiti da team di specialisti, nei
casi gravi. I regimi chemioterapici più usati in questa malattia
sono: ICE (ifosfamide, carboplatino, etoposide); IMVP16
(ifosfamide, metotrexate, etoposide) IVE (ifosfamide, vincristina,
etoposide); metotrexate ad alte dosi; R – IME (rituximab,
ifosfamide, mitroxantone, etoposide).
La prognosi dei LNH dipende, in generale, nelle forme
sistemiche, dallo stadio,
dalla presenza o meno di localizzazioni extralinfonodali, dal
grado di malignità istologica, alta o intermedia, dall’età e dalle
condizioni generali, dalla rispondenza ai protocolli di
trattamento.
In questa particolare rassegna merita anche menzione un articolo
dal
titolo “Metastatic spinal cord compression as an oncology
emergency—getting our act together” di Khai Lee et al.,
International Journal for Quality in Health Care; Volume 19, Number
6: pp. 377–381, anno 2007.
Le metastasi da tumore primario ad origine sconosciuta con
compressione midollare sintomatica colpiscono il 5 – 10 % dei
pazienti che necessitano di trattamenti d’urgenza.
Lo studio rileva, nel risultati, che un trattamento precoce con
corticosteroidi per via sistemica può ridurre mediamente i tempi di
ospedalizzazione da 8,4 a 2,6 giorni, mentre la radioterapia
definitiva lo può ridurre in media da 9,9 a 3,9 giorni.
La terapia combinata può quindi ridurre i tempi di
ospedalizzazione mediamente da 23,8 giorni a 14,7 giorni con un
netto risparmio di spesa sanitaria e una migliore qualità della
cura.
Si conferma nello studio che la migliore diagnosi di
compressione da metastasi midollare spinale è fornita dalla RM,
ottimizzando la gestione dell’emergenza clinica in atto.
La terapia preferibile è data dal trattamento con steroidi per
via generale e radioterapia e/o chirurgia decompressiva e
diagnostica associate.
L’approccio necessario del trattamento è comunque
multidisciplinare. In genere viene utilizzata la terapia
cortisonica precoce e quella radiante o
chirurgica definitiva, con soddisfacenti esiti della
sintomatologia neurologica e maggiore efficacia delle cure
prestate.
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180
DISCUSSIONE Nel caso in specie descritto si è verificato,
verosimilmente, un LNH
presumibilmente a grandi cellule B e ad alto grado di malignità,
ovvero immunoblastico, esordito sintomatologicamente,
presumibilmente, con una metastasi extradurale midollare spinale,
come accade nella stragrande maggioranza di questi casi, ossia con
una lesione a manicotto infiltrata fra i corpi vertebrali D8 – D10,
o più esattamente a livello dello spazio intervertebrale
–extradurale di tali vertebre, con consensuale blocco midollare
all’altezza di D10, onde la sintomatologia compressiva.
Che si sia trattato di una lesione metastatica di LNH e non di
un linfoma primitivo appare pressoché certo, anche per l’evoluzione
successiva della malattia e per l’epidemiologia di tali
manifestazioni che propende nettamente per l’assoluta prevalenza di
localizzazioni metastatiche extradurali metastatiche di LNH
rispetto alle molto rare forme primitive.
Il paziente, affetto da improvvisa paraparesi spastica agli arti
inferiori, veniva,
quindi sottoposto immediatamente ad intervento chirurgico,
presso un reparto di Neurochirurgia d’Urgenza, per sindrome
compressiva midollare D8-D10, ab estrinseco, e veniva trattato,
nella circostanza, con laminectomia decompressiva sempre D8-D10 e
asportazione conseguente di tessuto eteroplastico a manicotto sito
in sede extradurale perimidollare, ottenendo la remissione clinica,
prima parziale e poi completa della sintomatologia paraparetica
accusata.
Tale tessuto eteroplastico si dimostrava essere, all’esame
istologico, “un infiltrato linfoide costituito da cellule di
piccola e media taglia”, con le caratteristiche di “blasti”.
Una volta dimesso il paziente con diagnosi di “papaparesi
spastica agli arti inferiori”, da parte dei sanitari neurochirurghi
che lo avevano tenuto in cura, non veniva formulata alcuna
prescrizione o indicazione circa la necessità di effettuare
ulteriori trattamenti ed approfondimenti diagnostici, volti a
dirimere l’eziologia del caso in specie, attraverso l’eventuale
esecuzione di appropriate indagini strumentali, per accertare
l’eventuale esistenza di una possibile malattia localizzata o, più
probabilmente, sistemica alla base della pur grave fenomenologia
clinica manifestata nell’occasione.
Forse nella fattispecie i sanitari reputarono anche che si
trattasse di una non meglio precisata forma linfomatosa, ma non la
riportarono nella diagnosi in cartella clinica, neppure in modo
dubitativo né si attivarono per ulteriori indagini, visite
specialistiche ed accertamenti strumentali come TC total body e RM
che avrebbero potuto meglio individuare le sedi di partenza del
LNH.
In effetti la diagnosi di un L.N.H. ad alto grado di malignità,
e in generale, di un linfoma maligno deve essere fortemente
sospettata, secondo moltissimi autori, nell’ambito di numerose
condizioni cliniche, quali:
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TAGETE - ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
181
sindromi mediastiniche da compressione della vena cava
superiore; compressioni acute del midollo spinale; noduli tumorali
isolati nella cute (es., granulomatosi linfomatoide, che è un
linfoma maligno) neoplasie ossee linfoproliferative; anemie da
causa inspiegata (leucemie e linfomi, ma anche malattie del
collageno). Inoltre, il 7% delle tumefazioni testicolari che si
sviluppano in soggetti
adulti riconosce un’origine linfomatosa ed è di solito in
rapporto con un linfoma diffuso aggressivo, non raramente in
associazione con altre localizzazioni, come nel caso in specie.
L’esatto riconoscimento della natura di queste localizzazioni
testicolari è di estrema importanza, giacché sono, in genere molto
sensibili al trattamento, ovviamente secondo schemi diversi da
quelli usati nei carcinomi testicolari (De Vita-Rosemberg, Edizione
Italiana, anno 1987).
Pertanto, a brevissima distanza dal primo ricovero, e dietro la
ventilata
ipotesi di un K testicolare, formulata in prima istanza dai
neurochirurghi e dagli internisti, il paziente si ricoverava presso
il reparto di Urologia per una sospetta orchiepididimite cronica dx
di n.d.d., con presenza di versamento della vaginale del testicolo
di discreta-media entità, regredito parzialmente in pochi giorni in
seguito all’effettuazione di idonea terapia sintomatica di tipo
antinfiammatorio -antiedemigeno, dopo effettuazione di biopsia
testicolare, risultata peraltro negativa per neoplasia primitiva, e
di orchiectomia sinistra in criptorchide omolaterale, senza che,
comunque, fossero effettuati accertamenti clinico-strumentali utili
a dirimere l’iniziale quesito diagnostico inerente la specifica
natura del quadro morboso presumibilmente ancora in atto, apparso,
in base alla sintomatologia afebbrile manifestata e alle analisi di
laboratorio effettuate sicuramente non di carattere infettivo -
infiammatorio.
Il paziente veniva, quindi, dimesso, dietro suo rifiuto di
proseguire gli ulteriori accertamenti diagnostici del caso, con
diagnosi di orchiepididimite cronica dx di n.d.d.; lo stesso poi
godeva di relativa buona salute, per la presenza di una modesta ma
persistente modesta sintomatologia astenica e di una più facile
fatigabilità, di incostanti poliartralgie e di un lieve calo
ponderale, intorno ai 5 kg circa, per circa 2 anni, salvo
manifestare, nel maggio 1993, ad un esame RMI di controllo,
prescritto da uno specialista neurologo un segnale positivo T1-T2
pesato, evocatore della presenza di una massa linfonodale
paravertebrale medio - toracica, della grandezza di alcuni cm.
Da notare che lo specialista neurologo è stato il primo a
parlare di un linfoma manifestatosi in prima istanza a livello
midollare, ma si è limitato
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TAGETE - ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
182
semplicemente a sottolineare la necessità di ulteriori controlli
RMI, senza indirizzare il paziente verso un attrezzato centro
oncologico o ematologico.
Di lì a poco, nell’ottobre 1993 si manifestava, pertanto, una
voluminosa linfoadenopatia ascellare sn, di consistenza duro
elastica, con pacchetti linfonodali indolori, molto adesi e
conglobati in toto, che venivano subito dopo asportati, presso un
reparto di Chirurgia Generale, e sottoposti ad indagine istologica
che rivelava finalmente la presenza, dopo tutte le ulteriori
opportune supplementari analisi immunochimiche, verosimilmente con
kit di anticorpi monoclonali, di un “linfoma non Hodgkin di tipo
immunoblastico” di tipo B ad alto grado di malignità.
Inviato presso un centro oncologico, il paziente veniva quindi
sottoposto a a successivi trattamenti di polichemioterapia
adiuvante, n. 6 cicli, secondo protocolli convenzionali indicati
per tali forme di neoplasie linfatiche.
A seguito di tali terapie, a distanza di circa 6 mesi dal I°
intervento di
linfadenectomia ascellare sinistra, si otteneva la Remissione
Clinica Completa del quadro clinico - sintomatologico e il paziente
entrava, anche se per poco tempo, nella fase di intervallo libero
da malattia e di follow-up a 5 anni.
La classificazione adottata in stadi dei L.N.H. è la stessa dei
linfomi di
Hodgkin, quella, appunto di Ann Arbor, laddove:
1. lo Stadio I° sottintende l’interessamento limitato ad una
singola regione linfonodale o ad un singolo organo o sito
extralinfatico (I°E);
2. lo Stadio II° indica l’interessamento di due o più regioni
linfonodali dallo stesso lato del diaframma o l’interessamento
localizzato ad un organo o sito extralinfatico (II°E);
3. lo Stadio III° qualifica l’interessamento di più regioni
linfonodali di ambedue i lati del diaframma o l’interessamento
localizzato di singoli organi o tessuti (siti) extralinfatici o
della milza, o di milza ed organi o siti extralinfatici;
4. lo Stadio IV° considera, infine, l’interessamento diffuso e
disseminato di uno o più organi o siti extralinfatici, associato o
meno ad interessamento linfonodale.
Più specificatamente, per i linfomi non Hodgkin si adottano
altre classificazioni e Stadiazioni, associate alla prima, tipo
quella modificata per il National Cancer Institute, valida,
proprio, per i L.N.H. di grado intermedio-alto di malignità:
Stadio I°, per malattia linfonodale o extralinfonodale,
corrispondente allo
stadio I°-I°E di Ann Arbor; Stadio II°, per localizzazione della
malattia in due o più siti linfonodali o
localizzazione in sito od organo extralinfonodale più la
localizzazione nei
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TAGETE - ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
183
linfonodi di drenaggio degli stessi, in assenza di alcuna delle
seguenti condizioni: - performance status < o uguale a 70; -
sintomi soggettivi tipo B, febbricola, astenia, calo ponderale; -
masse neoplastiche > cm 10 di diametro (specie
gastrointestinali); - LDH > 500 U.I.; - tre o più sedi
linfonodali di malattia;
Stadio III°, per le localizzazioni uguali a quelle dello Stadio
II° + presenza di
uno qualsiasi dei predetti fattori prognostici predetti al punto
precedente. Un criterio molto semplice che è attualmente il più
seguito si limita a
distinguere i LNH, per le caratteristiche istologiche e cliniche
in: LNH ad alto e intermedio grado di malignità, ad istologia
sfavorevole; LNH a basso grado di malignità o indolenti, ad
istologia favorevole.
I primi hanno un comportamento più aggressivo ma rispondono
meglio alla
chemioterapia, mentre i secondi sono meno aggressivi ma anche
meno chemiosensibili, con difficoltosa remissione clinica completa
dopo chemioterapia e tendenza alla recidiva.
Il predetto sistema di classificazione vale, particolarmente,
per le forme con
cosiddetta istologia sfavorevole, tali anche il L.N.H.
immunoblastico diffuso di tipo B. In base a questo sistema di
classificazione il caso in specie di L.N.H.
immunoblastico diffuso, nell’ambito delle cosiddette istologie
sfavorevoli era inizialmente stadiabile, con molta verosimiglianza,
come:
L.N.H. a grado intermedio, intermedio - alto di malignità,
nell’ambito
delle cosiddette istologie sfavorevoli; Stadio clinico ed
anatomopatologico I - II°, per la presenza di una
malattia localizzata linfonodale od extralinfonodale, per la
presumibile unica localizzazione linfatica extralinfonodale
epidurale midollare toracica compressiva, non essendo la
coesistente localizzazione testicolare classificabile in stadi più
evoluti per la mancanza di localizzazione nei linfonodi di
drenaggio.
Viceversa, nelle fasi avanzate, verificatesi in epoche
successive, in
assenza di trattamento, più esattamente in occasione della
comparsa della massiva linfoadenopatia ascellare sinistra, la
neoplasia aveva senz’altro raggiunto gli Stadi III° e IV° di Ann
Arbor, e, quindi lo Stadio III° della stadiazione in maggior
uso
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TAGETE - ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
184
per i L.N.H. diffusi, a grado intermedio - alto di malignità,
con notevole pregiudizio prognostico.
Tornando alla storia naturale della neoplasia, lo stato di
apparente
intervallo libero da malattia, dopo il primo trattamento di
chemioterapia, perdurava per un periodo di circa 1 anno, fino a
quando, in data 16.11.94, a seguito della comparsa di una
improvvisa sintomatologia dispnoica il paziente veniva sottoposto,
dopo ricovero ospedaliero, ad esame radiografico del torace che
metteva in evidenza la presenza di un grossolano versamento
pleurico all’emitorace di sin., come da probabile recidiva pleurica
di linfoma non Hodgkin; questo sospetto diagnostico veniva poi
confermato dall’esame citopatologico eseguito sul sedimento
dell’essudato pleurico agoaspirato, per la presenza di cellule
linfomatose immunoblastiche, con carattere, quindi, di
malignità.
A seguito di tali accertamenti e preso atto della recidiva
metastatica
pleurica secondaria, veniva effettuata, presso il centro
oncologico del reparto di Medicina Generale che teneva il paziente
in cura, una polichemioterapia di salvataggio, secondo schemi
prestabiliti, in questi casi, e radioterapia di supporto, con
modesta remissione clinica della sintomatologia, e successiva e
inarrestabile progressione della malattia neoplastica ed exitus
intervenuto nel maggio 1995.
CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI. LA CONSULENZA DELLA PARTE
ATTRICE.
Si tratta nella fattispecie di un Linfoma non Hodgkin (LNH) ad
alto grado di
malignità, verosimilmente già esordito nel primo semestre del
1991, con una localizzazione a partenza primitiva o verosimilmente
secondaria extradurale midollare e, sintomatologicamente, con una
paraparesi spastica da compressione midollare D8-D10.
Per quanto tale localizzazione iniziale sia relativamente rara,
un esordio clinico come quello manifestato all’occorrenza, può
realmente ritenersi abbastanza tipico nel LNH metastatico
extradurale spinale, in relazione all’evenienza verificatasi della
suddetta compressione midollare.
Tale compressione riconosce, in genere, in caso di presenza di
massa estrinseca, quale principale agente causale, nello specifico,
proprio l’esistenza primitiva o secondaria di neoplasie spinali,
particolarmente del tipo estrinseco extradurale, essendo, comunque,
proprio caratteristica la localizzazione extramidollare estrinseca
e non quella primitivamente endomidollare, forma estremamente rara
dovuta prevalentemente a schwannomi o meningiomi.
Nell’occasione, i sanitari, in assenza di altri elementi
anamnestici di tipo traumatico - fratturativo e/o vascolare,
avrebbero già in prima istanza potuto avanzare l’ipotesi della
verosimile presenza di una massa neoplastica compressiva
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midollare, la cui individuazione e natura potevano già essere
riconosciute attraverso la preventiva effettuazione di un esame TC
o RM o perfino ecografico della sede e del livello presumibilmente
affetti.
In pratica, i sanitari del reparto di Neurochirurgia dopo aver
correttamente
effettuato una disamina del caso sulla base delle notizie
anamnestiche, deponenti comunque per un abbastanza lento
instaurarsi della paraparesi spastica agli atri inferiori, e sulla
base dell’esame obiettivo neurologico, indicativo di una lesione
midollare a livello toracico, avrebbero già potuto preventivamente,
in primissima istanza, avanzare una fondata ipotesi diagnostica
volta a negare o confermare la possibile natura neoformativa
compressiva della mielopatia ingravescente e paralizzante in
atto.
Si sarebbe così potuto facilmente discriminare la possibile
esistenza o meno di mieliti a carattere infiammatorio-infettivo,
per la assoluta negatività di sintomi soggettivi specifici, ad
esempio a carattere iperpiretico o di altro genere, associati alla
mancanza di linfocitosi e alla negatività in tal senso delle
analisi di laboratorio e dell’esame del liquor (assenza di
glicorrachia, di linfociti etc.), tutte indagini che sarebbero
altrimenti dovute risultare anche parzialmente positive perfino in
caso di mieliti aspecifiche idiopatiche, invero molto rare, oppure
della più nota sclerosi multipla.
Identicamente si sarebbero potute scartare sia l’ipotesi tossico
- metabolica, in assenza di elementi di tipo anamnestico e
tossicologico positivi in tal senso, che altri sospetti
diagnostici, sulla base di elementi clinici e laboratoristici
affatto deponenti, ad esempio, per una eventuale anemia perniciosa
o diabete o malattie epatiche o quant’altro.
Non esisteva, peraltro, alcun parametro, sempre di tipo
anamnestico oppure obiettivo, in grado di suffragare la pur
frequente evenienza traumatica del tipo, ad es., fratture mieliche
spinali, con dislocazione, ernie discali post-traumatiche a
carattere compressivo, ecc.
Per identici motivi, come detto, andavano preventivamente
abbandonate ardite ipotesi inerenti la possibile insorgenza di
mielopatie secondarie eventualmente legate a disordini vascolari,
immunologici o a lesività di tipo fisico-chimico di vario
genere.
In effetti sarebbe bastata la semplice esecuzione di esami
radiodiagnostici, peraltro opportunamente eseguiti, tipo TC o RM
per dirimere sufficientemente il quesito diagnostico, confermando o
meno l’ipotesi più verosimile e attendibile, rivelatasi, poi,
reale, nel tempo, ossia quella della natura realmente compressiva
della mielopatia paraparetica in atto, a genesi certamente
estrinseca, del tipo prevalentemente secondario o quale ipotetica
localizzazione primitiva di una malattia neoplastica a carattere
ingravescente e diffusivo, quale i linfomi non Hodgkin ad alto
grado di malignità.
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Potendo, teoricamente, le lesioni mieliche di tipo compressivo
essere fondamentalmente collocabili nei due grossi capitoli delle
lesioni intramidollari ed extramidollari, nel secondo caso
prevalentemente neoplastiche metastatiche extradurali, essendo le
stesse essenzialmente dovute alla pressione esercitata da una massa
epidurale estrinseca neoformativa, non sarebbe stato poi così
difficile inquadrare l’esatta caratterizzazione nosografica e
clinica del caso in specie e dirimere correttamente il quesito
diagnostico inerente.
Si sarebbero caso mai potuti ipotizzare tumori primitivi
polmonari o epatici o di altro genere, potendo ciò essere comunque
chiarito dalla TC e dalla RM.
In effetti la compressione subacuta del midollo spinale, come
quella verificatasi nell’occorrenza, riconosce, il più delle volte
un’eziologia legata alla presenza di una lesione neoplastica
primitiva o secondaria, ab estrinseco, del midollo spinale; a sua
volta, questa riconosce come causa principale la presenza di
neoplasie epidurali spinali per lo più metastatiche e raramente
primitive.
Le neoplasie metastatiche di tipo secondario ed estrinseco
rappresentano, in
base alle conoscenze attuali e ai dati di letteratura, oltre il
90% dei tumori spinali, in generale, e sono facilmente
identificabili, in relazione alla presenza di processi neoformativi
espansivi estrinseci, attraverso l’esecuzione di esami
radiodiagnostici quali TC ed RMI.
Tali indagini diagnostiche, peraltro, consentono di scartare a
priori, con notevole verosimiglianza, l’eventuale esistenza di
compressioni di natura non tumorale conseguenti, ad es., alla
eventuale presenza di ematomi epidurali o di ascessi intra, peri o
paravertebrali.
In ogni caso, l’iniziale presentazione neurologica nell’ambito
dei L.N.H., quale sintomo di partenza e di presentazione della
malattia, per quanto apparentemente abbastanza raro, rappresenta,
pur sempre, circa il 9% dei casi, secondo alcuni autori, fino al
30% dei casi, secondo molti altri.
Oltre la metà delle localizzazioni neurologiche mieliche dei
L.N.H. ad alto
grado di malignità sono attribuibili alla presenza di lesioni
neoplastiche metastatiche epidurali midollari.
In genere un L.N.H. extradurale spinale midollare si esprime
neurologicamente
attraverso: 1. sintomi compressivi ab estrinseco; 2. sintomi
infiltrativi diretti per coinvolgimento primitivo o secondario
del
parenchima nervoso o localizzazione infiltrativa meningea; 3.
altri sintomi aspecifici, di carattere generale, associati alla
presenza di
eventuale deficit immunologico, anemizzazione e decadimento
generale o per interessamento dei nervi periferici.
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Nel caso in specie si era anche verificata un’infiltrazione
secondaria radicolare
con sintomatologia dolorosa e parestesica conseguente. Una volta
diagnosticata istologicamente soprattutto la presenza di una
malattia neoplastica linfoproliferativa maligna come il L.N.H.,
i trattamenti di scelta protocollari sono quelli rappresentati,
nell’ordine dall’irradiazione diretta della/e sede/i affetta/e e
dalla chemioterapia, secondo scemi prestabiliti, oltre ché dalla
chirurgia decompressiva e diagnostica, in prima istanza.
Si sottolinea, ancora una volta, al riguardo, che i tumori
maligni primitivi intraspinali sono di gran lunga i più rari e sono
principalmente diagnosticabili come gliomi.
In definitiva, nella circostanza, il corretto comportamento dei
sanitari
sarebbe stato quello di: 1. riconoscere la presenza di una
paraparesi spastica ingravescente midollare
in rapporto alla compressione dei fasci cordonali spinitalamici
laterali e delle vie principali cortico-spinali, con conseguenti
segni neurologici tipo, iperreflessia osteotendinea, segni di
interessamento piramidale agli arti inferiori,ecc.;
2. riconoscere, pertanto, la natura verosimilmente compressiva
della
mielopatia in atto, dovuta alla presenza di tessuto neoplastico
secondario extradurale estrinseco, con possibile associazione anche
di eventuale linfoadenopatia consensuale sita a livello della
catena dei linfonodi toracici, all’altezza delle ultime vertebre
toraciche, tramite idonei accertamenti strumentali;
3. sottoporre opportunamente la massa evidenziabile, dopo
l’espletamento di
indagini radiodiagnostiche quali TC e RM vertebrali, a
successiva verifica, con esame istologico mediante prelievo
bioptico e ulteriori eventuali indagini immunoistochimiche; qualora
si fosse reso necessario, in modo prioritario, effettuare
immediatamente un intervento decompressivo midollare, come si è poi
esattamente verificato, e compiere lo stesso tipo di indagini
microscopiche sul reperto asportato di tessuto neoformato
comprimente a tal livello per il riconoscimento istologico del LNH
B cellulare, con indagine immunoistochimica;
4. una volta eseguiti tali accertamenti propedeutici, procedere
alla
trasmissione delle risultanze degli stessi ad un centro
specialistico oncologico per l’effettuazione di eventuali ulteriori
indagini diagnostiche, utili alla esatta stadiazione e
localizzazione della neoplasia linfatica in atto, in modo tale da
permettere l’esecuzione della eventuale irradiazione loco -
regionale e della chemioterapia all’uopo utilizzabili, secondo
schemi e specifici protocolli terapeutici adottabili in
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caso di riscontro di L.N.H. ad alto grado di malignità con buone
o discrete possibilità di sopravvivenza globale, con idoneo
trattamento.
Nell’occasione, invece, i sanitari hanno proceduto nel modo
seguente: 1. hanno individuato e riconosciuto la succitata
paraparesi spastica senza,
però, realmente interrogarsi sulla specifica natura della stessa
patologia, se tumorale o di altro genere, già peraltro
individuabile mediante esame TC o RM della colonna toracica, che,
pur eseguito, non ha consentito di formulare l’esatta diagnosi;
2. dietro l’urgenza del caso e per la gravità dello stesso, si
sono
presumibilmente resi conto della natura compressiva e
neoformativa della mielopatia in atto, ritenendo, comunque, solo
opportuno, conformandosi alla necessità del caso, procedere alla
decompressione chirurgica d’urgenza;
3. una volta localizzata, all’atto dell’intervento, la massa
linfonodale
comprimente il midollo, si sono limitati all’esecuzione della
sua asportazione chirurgica, ritenendo che fosse unicamente questo
il loro specifico dovere, provvedendo, comunque, ad inviare il
reperto all’anatomopatologo per gli accertamenti istologici del
caso;
4. presi atto del responso dell’indagine istopatologica all’uopo
eseguita, nel cui
referto si parlava, semplicemente, di “tessuto
linfoproliferativo”, di aspetto linfoide non meglio precisato, con
cellule costituenti a carattere di blasti, che, con maggiore
accortezza, si sarebbe, da subito, potute catalogare come
indicativo della presenza di un linfoma maligno non Hodgkin, di
tipo immunoblastico, non hanno sviluppato un adeguato ragionamento
clinico, volto a dirimere, in modo definito, il quesito
diagnostico, né si sono resi conto della illogicità della
possibilità di un tumore benigno o di una semplice reazione benigna
linfoide, assai poco plausibile, invero, sulla base dell’arcinoto
presupposto clinico-istologico che solo le neoplasie maligne sono
in grado oltre che di infiltrare, anche di comprimere in modo così
serrato, a manicotto, per la reazione fibrosa secondaria e per la
mancanza di una capsula delimitante, in grado di rispettare
realmente le strutture circostanti, come quella costituita da
un’architettura di contenimento, così ben protetta e solida come
quella del tessuto osseo vertebrale di supporto della colonna
vertebrale, a difesa del delicatissimo midollo spinale;
5. al contrario, hanno considerato l’ipotesi, nel caso degli
urologi,
apparentemente avvalorata dalla coesistente presenza di un
versamento orchitico dx, di una sospetta neoplasia testicolare, ciò
che rappresentava un autentico assurdo teorico, per l’assoluta
assenza di cellule carcinomatose o specificatamente
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appartenenti ad un seminoma (cellule solo morfologicamente simil
linfatiche), mentre non esistevano dubbi sulla natura almeno
linfoproliferativa della lesione incriminata; del resto non esiste
traccia in letteratura di una compressione ab estrinseco midollare
sintomatica secondaria a metastatizzazione linfatica toracica,
sostenuta da eventuale carcinoma embrionale testicolare, mentre è
noto che lo stesso tumore da ripetizioni a distanza più di
frequente nella catena dei linfatici lomboaortici;
6. sulla base di queste mancate e doverose osservazioni ed
argomentazioni, si
sono, in ogni caso astenuti dall’eseguire o indicare qualsiasi
altro tipo di esame clinico -diagnostico e strumentale atto alla
corretta stadiazione e possibile diffusione della malattia
neoplastica incognita, non formulata, come linfoma maligno, neppure
a titolo dubitativo, conformandosi e attestandosi, acriticamente,
alle risultanze assai incerte dell’indagine microscopica
istologica.
In ultima analisi l’errore apparente commesso dai sanitari
nella
circostanza è stato soprattutto quello rappresentato dalla
scarsa rilevanza data, proprio alle risultanze dell’esame
istologico, già, comunque estremamente evocativo, se non
esattamente indicativo, per la presenza di un L.N.H. diffusivo a
blasti e verosimilmente molto aggressivo ed invasivo, in rapporto
alle manifestazioni cliniche del caso, in virtù del tipo di
localizzazione di esordio verificatasi e per tutte le
considerazioni fin qui svolte.
Poteva e doveva già esattamente essere formulata, anche se non
comunque con criterio di assoluta certezza, siffatta diagnosi ed
inviato fin dal primo momento il paziente presso un attrezzato
centro oncologico per le cure del caso.
Quantomeno doveva essere messo il paziente al corrente
dell’incertezza diagnostica esistente o spiegata razionalmente, al
curante, la possibile natura del grave disturbo accusato,
meritevole, in ogni caso, di una fondata spiegazione fenomenica a
livello eziopatogenetico.
La confusione diagnostica principale parrebbe non solo e non
tanto quella
legata al fatto di non aver osservato il protocollo diagnostico
previsto in casi di tal genere, ma in particolare parrebbero
mancati, nella fattispecie, ulteriori approfondimenti ed
accertamenti strumentali indispensabili alla soluzione del caso
clinico presentato, magari avvalendosi di consulenze specialistiche
adeguate ed appropriate, di tipo oncologico.
Una volta dimesso dal reparto Neurochirurgico il paziente,
già
verosimilmente portatore di una neoplasia linfomatosa grave e
diffusiva, a grado intermedio - alto di malignità, della linea B
cellulare, nonostante l’apparente mancanza circostanziale di
ulteriori localizzazioni a supporto della diagnosi veniva appena
dopo trasferito presso un reparto di Urologia per la presenza di
un
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190
versamento orchitico a dx, di discreta entità, che aveva
lasciato sospettare la presenza di un tumore testicolare o di una
imprecisata orchiepididimite cronica dx.
La comparsa o la coesistenza di questo secondo sintomo, unita
alle manifestazioni cliniche e agli accertamenti diagnostici
eseguiti, oltreché alle terapie praticate in I^ istanza, avrebbero
ancora una volta dovuto illuminare i sanitari urologi sulla
possibilità dell’esistenza di una malattia sistemica, di tipo
neoplastico, inducendoli a sospettare l’esistenza di un reale
collegamento fra le due presentazioni fenomenologiche morbose; a
posteriori è possibile confermare, in effetti, la nota coesistenza
e/o la successione di una orchiepididimite aspecifica dx, con
versamento vaginale testicolare omolaterale, al primitivo quadro
morboso mielopatico in sede epidurale midollare toracica, quali
verosimili evenienze che si possono facilmente verificare
nell’ambito di un L.N.H. di tipo diffusivo e aggressivo, in assenza
di altri sintomi soggettivi di esordio.
Infatti i L.N.H. a medio-alto grado di malignità si
caratterizzano tanto per la varietà di sede delle prime
localizzazioni che per la loro tipica diffusione prevalentemente
assiale e centrifuga, rispetto alla diffusione periferica e
centripeta dei linfomi di Hodgkin.
La mancanza della conoscenza della storia clinica naturale e del
quadro
sintomatologico clinico in alcune delle sue più frequenti forme
iniziali, per quanto questo appaia assai variegato nelle malattie
neoplastiche linfoproliferative e, in particolare, nei L.N.H.,
rappresenta un segno abbastanza tangibile di scarsezza di
conoscenza di malattie neoplastiche internistiche, come i linfomi
extralinfonodali, di sempre crescente interesse e dominanza.
Non può comunque, peraltro, mediamente far difetto, in
particolare a specialisti ortopedici e anche urologi, la conoscenza
clinica ed eziopatogenetica del fenomeno compressivo midollare od
orchitico secondario, in generale, dovendo ciò essere patrimonio
delle loro conoscenze.
Neppure può mancare, in qualsiasi esercente la professione
sanitaria, ancor più se specialista, quel senso e ragionamento
critico che avrebbe permesso, nella fattispecie ai sanitari che
hanno tenuto nelle due occasioni in cura il paziente, di
interrogarsi approfonditamente sulla veritiera natura soprattutto
del sintomo paraparetico di tipo spastico manifestatosi, al punto
da omettere di indagare adeguatamente sui caratteri e sulle
modalità espressive del processo morboso in atto e in fieri.
Anche gli urologi avrebbero dovuto riflettere in modo ponderato
sull’esistenza di un versamento della vaginale del testicolo dx,
non altrimenti ascrivibile, nella circostanza, ad es., a malattia
tubercolare, per epididimite concomitante, nè ad infiltrazione
metastatica secondaria concomitante, localizzata sempre in sede
pachivaginale testicolare, né a processo neoformativo primitivo
testicolare, come rivelato in modo categorico dalle risultanza
dell’esame istologico sulla biopsia compiuta, né a traumi
localizzati o ad altre malattie infettive o di altro
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genere, di carattere infiammatorio, assolutamente non
riscontrabili né rintracciabili nella fattispecie, in base alle
risultanze clinico - sintomatologiche e laboristico -strumentali
evidenziabili dall’analisi della cartella clinica relativa al
ricovero presso il reparto di urologia.
Vero è che il paziente, stanco delle infruttuose indagini
compiute ha firmato la propria dimissione dal reparto, ciò che vale
a riabilitare solo parzialmente il comportamento tenuto anche dagli
urologi nella circostanza, che magari, dopo avergli maldestramente
biopsiato il testicolo dx e asportato quello criptorchide sinistro,
non si sa a quali altri procedimenti invasivi avrebbero potuto
sottoporre lo stesso paziente, il cui comportamento non appare del
tutto immotivato ed illogico nella circostanza.
La rapida ma parziale remissione clinica intervenuta
successivamente al
ricovero presso il reparto urologico, a seguito dell’uso di FANS
e di altre terapie sintomatiche all’occorrenza praticate, non
autorizzava, comunque, i sanitari urologi a sottovalutare
l’importanza clinica del sintomo orchitico, già anch’esso
deponente, unito al precedente anamnestico della recente comparsa
della paraparesi spastica agli arti inferiori di tipo compressivo
midollare estrinseco, da tessuto eteroplastico linfoproliferativo,
per la presenza di un versamento di natura aspecifica, dovuto alla
probabile esistenza di un’infiltrazione secondaria vaginale
testicolare di presumibile origine neoplastica, e per l’altrettanto
assai probabile ipotesi di un linfoma diffusivo ed aggressivo, con
abbastanza frequente localizzazione testicolare, ciò che, al
contrario, li ha indotti a non approfondire correttamente ed
adeguatamente il caso, non in modo invasivo dietro un sospetto
molto teorico, ma con ulteriori indagini diagnostiche molto più
mirate e specifiche, e, in definitiva, a non soppesare
adeguatamente la verosimile eziopatogenesi del quadro morboso,
comportandosi, per certi versi, in modo assolutamente speculare
rispetto ai sanitari neurochirurghi; per essi, pertanto valgono,
identicamente, le stesse accuse e gli stessi appunti mossi per i
primi.
Anche l’anatomopatologo non è immune da valutazioni critiche,
laddove
avrebbe dovuto compiere o far compiere, magari da laboratori
diagnostici più attrezzati, ulteriori approfondimenti per meglio
comprendere la vera natura istologica della malattia in atto,
attraverso una migliore qualificazione immunofenotipica del tessuto
linfoproliferativo, ottenibile mediante la specifica tipizzazione
cellulare del materialebiologico in esame, o, in ogni caso, fornire
precisi ragguagli sulla specifica natura, maligna o benigna, della
neoformazione analizzata, formulando, comunque, sia pure a livello
di semplice sospetto, una più mirata deduzione diagnostica di
linfoma maligno immunoblastico, o, tutt’al più, pretendere, nel
pieno rispetto della reciproca collaborazione e competenza, che
fossero predisposte ulteriori indagini accertative da parte dei
sanitari neurochirurghi, viste le necessità del caso.
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Riguardo all’apparente tardiva comparsa della linfoadenopatia
ascellare rispetto alle iniziali manifestazioni neoplastiche
midollari e testicolari, ciò che potrebbe erroneamente indurre a
credere che le stesse siano da ritenersi indipendenti rispetto a
quest’ultima, fino a negare l’esistenza iniziale della neoplasia,
occorre precisare che i L.N.H., anche ad alto - intermedio grado di
malignità, si caratterizzano nella loro storia naturale, oltre che
per la estrema varietà e molteplicità dei sintomi di esordio, anche
per l’incostanza dei tempi di progressione della malattia,
variabili da alcuni mesi a qualche anno, il ché quindi non nega la
veridicità delle osservazioni critiche mosse e delle contestazioni
fatte in ossequio ad una presunta illogicità e mancanza di
plausibilità biologica fenomenica, di collegamento fra le prime
localizzazioni e le successive, ciò che farebbe scricchiolare
ingiustamente l’impianto delle critiche mosse, fermo restando che
in ogni caso si assiste ad una lenta e progressiva ingravescenza
della malattia, in mancanza di cure adeguate, ciò che comporta, nel
tempo una sempre maggiore diffusione e coinvolgimento delle
stazioni linfatiche assiali e periferiche, con il graduale
passaggio da stadi clinici iniziali a stadi clinici avanzati, e con
notevoli ripercussioni negative e variazioni dal punto di vista
prognostico.
Del resto questa circostanza è confermata dalla stessa
documentazione allegata laddove, tanto nel ricovero presso il
reparto di chirurgia generale che nel certificato dello specialista
neurologo si fa dichiaratamente menzione di tali manifestazioni
come dovute agli esordi del L.N.H. ad alto grado di malignità, o
comunque di un linfoma maligno.
Anzi si ha la sensazione che quasi, per il ricovero in
Chirurgia, i sanitari abbiano, in qualche modo voluto sottolineare
le iniziali manifestazioni cliniche neurologiche di presentazione
della malattia neoplastica, associandole alla diagnosi di LNH,
proprio per cautelarsi da ulteriori responsabilità, dando per
scontato che il paziente fosse stato già trattato per
l’eliminazione di un L.N.H., essendo, poi all’atto del ricovero del
1993, a loro dire, in fase di I^ recidiva, anche se così non è, in
senso stretto, dal punto di vista oncologico, non essendo stato
ancora effettuato, in precedenza e fino ad allora, alcun adeguato
protocollo diagnostico - terapeutico, atto all’eradicazione del
linfoma maligno, segnatamente la chemioterapia secondo schemi
convenzionali, ciò che appariva indispensabile alle necessità del
caso, fin dai suoi esordi (alla prima pagina della cartella clinica
relativa al ricovero del 1993 la voce “in soggetto già trattato per
linfoma non Hodgkin”, appare aggiunta con altra penna e va
considerata come indicativa solo dell’intervento decompressivo
midollare; andrebbe riscritta, a rigor di logica “già parzialmente
trattato...”).
E’ opportuno sottolineare che in oncologia il termine recidiva
viene utilizzato solo quando, trattandosi di neoplasie linfatiche o
leucemiche soggette ad essere eradicate esclusivamente con
protocolli di chemioterapia (o, tutt’al più, in caso di neoplasie
solide che si sono giovate anche di una chemioterapia adiuvante
specifica per ottenere la fase di intervallo libero da malattia),
dopo aver ottenuto la remissione clinica completa del quadro, con
azzeramento delle manifestazioni
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cliniche ed obiettive della malattia neoplastica, a distanza di
un certo lasso di tempo, essendo la prognosi, in positivo,
direttamente proporzionale alla lunghezza della durata della fase
di intervallo libero da malattia, si assiste ad una ricomparsa ex
novo di manifestazioni tumorali linfatiche e non, come prospettato
in precedenza, nella circostanza della progressione verosimile
della malattia linfomatosa, persistente e non sufficientemente
trattata, dopo esecuzione di una iniziale terapia chirurgica, con
effetto unicamente decompressivo palliativo; è lecito, pertanto
parlare di I^ recidiva esclusivamente, è il caso di ribadire, dopo
aver primitivamente ottenuto la remissione completa dopo radio o
chemioterapia specifica.
Nel caso in specie, in prima istanza non è stato praticato, al
contrario, alcun
protocollo di chemioterapia, di tipo primitivo o adiuvante, in
questo caso, dopo l’intervento, ma solo, come riferito, un
trattamento chirurgico decompressivo e citoriduttivo a livello
della sede midollare affetta, non ottenendosi, quindi la remissione
clinica completa del quadro morboso, e non potendosi perciò parlare
di recidiva, al momento delle manifestazioni neopastiche tardive,
ma più semplicemente di lenta e inarrestabile progressione della
patologia linfoproliferativa maligna in atto, essendo, in
particolare la manifestazione iniziale midollare quasi certamente
di natura metastatica.
E’ assai facile prevedere la circostanza che al momento dei
primi sintomi, quelli di esordio midollari e anche testicolari, la
neoplasia fosse stadiabile sicuramente negli stadi I° e II°, per il
numero assai limitato di sedi affette, mentre all’atto della
comparsa della linfadenopatia ascellare sin. e della successiva e
conseguente progressione metastatica pleurica, con carattere di
recidiva dopo una preventiva temporanea remissione ottenuta grazie
alle terapie attuate, il linfoma fosse già evoluto, purtroppo,
nelle forme più avanzate, stadi III° e IV°, avendo peraltro, la
neoplasia presentato, poi, scarsa attitudine alla sua eradicazione
e, quindi, una farmaco - resistenza sviluppatasi nel tempo alla
chemioterapia di salvataggio attuata, per la stessa comparsa,
reale, questa volta, di una vera recidiva.
Pertanto, la lunghezza della latenza clinica fra le prime e le
ultime manifestazioni morbose, nell’ambito della eterogeneità dei
sintomi che corredano e caratterizzano la storia naturale e i tempi
di raddoppiamento dei L.N.H., unita alla mancata tipizzazione
oncologica iniziale e alla mancata indicazione del grado di
indifferenziazione, grading, della neoplasia, lasciano, comunque,
facilmente supporre, non potendo accadere diversamente, viste le
condizioni iniziali e finali del quadro clinico, che oltre ad un
lento e graduale accrescimento e diffusione della malattia
neoplastica linfomatosa, si sia verificato anche un viraggio da
forme di linfoma a grado intermedio di malignità a forme man mano
sempre più aggressive, ad alto grado di malignità istologica, che
hanno altresì comportato la sopravvenienza di ceppi cellulari molto
più resistenti ai trattamenti polichemioterapici attuabili
nell’occasione.
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Poiché in base alle conoscenze attuali, la prognosi dei L.N.H: è
figlia della: precocità degli interventi terapeutici; stadio
clinico ed anatomopatologico, nettamente migliore per i primi
stadi; numero di stazioni linfatiche coinvolte; massa neoplastica
in toto; grading; n.ro di sedi extralinfonodali interessate;
oltreché della correttezza dei protocolli diagnostici e
terapeutici all’uopo
instaurati, si arguisce facilmente che nelle fasi iniziali
il