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123 Riv Ital Med Lab (2011) 7:144–155 DOI 10.1007/s13631-011-0022-z RASSEGNA Raccomandazioni di consenso SIBioC-SIMeL per la rilevazione e gestione dei campioni emolizzati e utilizzo dell’indice di emolisi Consensus SIBioC-SIMeL recommendations for the identification and management of haemolysed specimens and implementation of the haemolysis index Giuseppe Lippi • Marco Caputo • Giuseppe Banfi • Massimo Daves • Alberto Dolci • Martina Montagnana • Valentino Miconi • Bruno Milanesi • Margherita Morandini • Elisa Piva • Gian Luca Salvagno • Teresa Troiano • Davide Giavarina per il Gruppo di Studio Intersocietario SIBioC-SIMeL-CISMEL sulla Variabilità Extra-Analitica del Dato di Laboratorio Ricevuto: 15 giugno 2011 / Accettato: 11 luglio 2011 © SIBioC-SIMeL M. Caputo Laboratorio di Patologia Clinica, Azienda Ospedaliera, Bussolengo (VR) G. Banfi Istituto Galeazzi, Università di Milano, Milano M. Daves Laboratorio di Biochimica Clinica, Azienda Sanitaria di Bolzano, Bolzano A. Dolci Laboratorio di Biochimica Clinica, Ospedale Universitario Luigi Sacco, Università di Milano, Milano M. Montagnana · G.L. Salvagno Sezione di Chimica Clinica, Dipartimento di Scienze della Vita e della Riproduzione, Università degli Studi di Verona, Verona V. Miconi Laboratorio di Patologia Clinica, Ospedale di Arzignano, Arzignano (VI) B. Milanesi Dipartimento di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera, Desenzano del Garda (BS) G. Lippi () U.O. di Diagnostica Ematochimica, Azienda Ospedaliero- Universitaria di Parma, Via Gramsci 14, 43126, Parma, Italy Tel.: 0039-0521-703050 0039-0521-703197 e-mail: [email protected], [email protected] Riassunto La presenza di emolisi in un campione biologi- co è causata principalmente da anemia emolitica o emoli- si in vitro. La seconda circostanza è conseguente ad attivi- tà inappropriate per la raccolta e il trattamento del campio- ne biologico che possono inficiare l’attendibilità dei risul- tati di molti esami di laboratorio. L’emolisi è valutabile mediante la determinazione dell’emoglobina libera, il cui limite è 20 mg/L nel plasma e 50 mg/L nel siero. L’emolisi si rende visivamente palese quando la concentrazione di emoglobina libera supera 300 mg/L. Poiché i campioni emolizzati sono la causa più frequente di non conformità dei campioni biologici nei laboratori clinici, con prevalen- za prossima al 3% di tutti i campioni ricevuti, queste rac- comandazioni di consenso sono state redatte specificata- mente per assistere i professionisti di laboratorio nella rile- vazione e gestione dei campioni emolitici. In sintesi, l’ap- proccio raccomandato si basa su: (i) rilevazione e quanti- ficazione sistematica dell’emolisi mediante ispezione visi- va e successiva determinazione dell’indice di emolisi in tutti i campioni con emolisi visibile; (ii) immediata notifi- ca al reparto della presenza di emolisi del campione secon- do modalità definite localmente; (iii) soppressione di tutti i test influenzati dalla presenza e/o grado di emolisi; (iv) richiesta tempestiva di un secondo campione sul quale ese- guire gli esami precedentemente soppressi.
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Consensus SIBioC-SIMeL recommendations for the identification and management of haemolysed specimens and implementation of the haemolysis index | Raccomandazioni di consenso SIBioC-SIMeL

Apr 24, 2023

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Riv Ital Med Lab (2011) 7:144–155DOI 10.1007/s13631-011-0022-z

R A S S E G N A

Raccomandazioni di consenso SIBioC-SIMeL per la rilevazione egestione dei campioni emolizzati e utilizzo dell’indice di emolisi

Consensus SIBioC-SIMeL recommendations for the identification and management ofhaemolysed specimens and implementation of the haemolysis index

Giuseppe Lippi • Marco Caputo • Giuseppe Banfi •Massimo Daves • Alberto Dolci • Martina Montagnana •Valentino Miconi • Bruno Milanesi • Margherita Morandini •Elisa Piva • Gian Luca Salvagno • Teresa Troiano •Davide Giavarinaper il Gruppo di Studio Intersocietario SIBioC-SIMeL-CISMEL sulla Variabilità Extra-Analiticadel Dato di Laboratorio

Ricevuto: 15 giugno 2011 / Accettato: 11 luglio 2011

© SIBioC-SIMeL

M. CaputoLaboratorio di Patologia Clinica, Azienda Ospedaliera, Bussolengo(VR)

G. BanfiIstituto Galeazzi, Università di Milano, Milano

M. DavesLaboratorio di Biochimica Clinica, Azienda Sanitaria di Bolzano,Bolzano

A. DolciLaboratorio di Biochimica Clinica, Ospedale Universitario LuigiSacco, Università di Milano, Milano

M. Montagnana · G.L. SalvagnoSezione di Chimica Clinica, Dipartimento di Scienze della Vita edella Riproduzione, Università degli Studi di Verona, Verona

V. MiconiLaboratorio di Patologia Clinica, Ospedale di Arzignano, Arzignano(VI)

B. MilanesiDipartimento di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera,Desenzano del Garda (BS)

G. Lippi (�)U.O. di Diagnostica Ematochimica, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Via Gramsci 14, 43126, Parma, ItalyTel.: 0039-0521-703050 0039-0521-703197e-mail: [email protected], [email protected]

Riassunto La presenza di emolisi in un campione biologi-co è causata principalmente da anemia emolitica o emoli-si in vitro. La seconda circostanza è conseguente ad attivi-tà inappropriate per la raccolta e il trattamento del campio-ne biologico che possono inficiare l’attendibilità dei risul-tati di molti esami di laboratorio. L’emolisi è valutabilemediante la determinazione dell’emoglobina libera, il cuilimite è 20 mg/L nel plasma e 50 mg/L nel siero. L’emolisisi rende visivamente palese quando la concentrazione diemoglobina libera supera 300 mg/L. Poiché i campioniemolizzati sono la causa più frequente di non conformitàdei campioni biologici nei laboratori clinici, con prevalen-za prossima al 3% di tutti i campioni ricevuti, queste rac-comandazioni di consenso sono state redatte specificata-mente per assistere i professionisti di laboratorio nella rile-vazione e gestione dei campioni emolitici. In sintesi, l’ap-proccio raccomandato si basa su: (i) rilevazione e quanti-ficazione sistematica dell’emolisi mediante ispezione visi-va e successiva determinazione dell’indice di emolisi intutti i campioni con emolisi visibile; (ii) immediata notifi-ca al reparto della presenza di emolisi del campione secon-do modalità definite localmente; (iii) soppressione di tuttii test influenzati dalla presenza e/o grado di emolisi; (iv)richiesta tempestiva di un secondo campione sul quale ese-guire gli esami precedentemente soppressi.

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Parole chiave Emolisi · Anemia emolitica · Campioninon idonei · Variabilità preanalitica · Indice di emolisi

Summary The presence of haemolysis in a biologicalblood sample is mainly a result of haemolytic anaemia orhaemolysis in vitro. Another cause may be inappropriatehandling at the time of collection and processing of thesample, and this may affect the reliability of the testresults. Haemolysis is assessed by quantification of freehaemoglobin, whose limit is 20 mg/l in plasma and50 mg/l in serum. Haemolysis can be observed visuallywhen the concentration of free haemoglobin exceeds300 mg/l. Since haemolysis is the most frequent reasonfor a biological sample to be considered unsuitable forprocessing in the clinical laboratory, with a prevalenceapproaching 3% of all samples received, these consensusrecommendations have been drafted specifically to assistlaboratory professionals in the detection and manage-ment of haemolysed specimens. The recommendedapproach can be summarized as follows: (1) systematicdetection and quantification of haemolysis by visualinspection and subsequent quantification of the haemoly-sis index in all samples with visually detectable haemol-ysis; (2) immediate notification to the referring depart-ment of the presence of haemolysis in the sample, aslocally determined; (3) suspension of all tests affected bythe presence and/or the degree of haemolysis detected;and (4) timely request for a second sample to allow thetests previously suspended to be performed.

Key words Hemolysis · Hemolytic anemia · Unsuitablesamples · Preanalytical variability · Hemolysis index

Generalità sui globuli rossi

I globuli rossi (GR) o eritrociti sono le cellule ematichepiù comuni e numerose nei vertebrati e hanno la funzioneessenziale di veicolare l’ossigeno ai tessuti attraverso il

flusso ematico. Il principale componente dei GR è l’emo-globina, molecola contenente ferro che lega l’ossigeno,responsabile del tipico colore rosso del sangue. Negliesseri umani i GR maturi hanno l’aspetto di dischi bicon-cavi, flessibili, privi di nucleo e con organelli intracellula-ri residui che scompaiono con la maturazione eritrocitaria[1]. La vita media dell’eritrocita in circolo è di circa 90-120 giorni prima di subire degradazione per fagocitosi aopera del sistema reticolo-endoteliale della milza, fegatoe midollo osseo. Questo processo si esplica in genere concinetica sovrapponibile a quella della sintesi midollare alfine di equilibrarne la produzione-distruzione e mantene-re così costante il numero di GR nel sangue [1].

I GR sono continuamente prodotti nel midollo osseorosso delle ossa lunghe a una velocità di circa 2 milioni alsecondo. Il processo che porta alla produzione e immis-sione in circolo di GR è denominato eritropoiesi e duraall’incirca 7 giorni. L’eritropoiesi è regolata finementemediante un processo a due fasi da parte dell’ormone eri-tropoietina (Epo) che è in grado di stimolare la produzio-ne delle cellule dai loro precursori (cellule staminali) nelmidollo osseo e prevenire l’apoptosi dei GR immaturi(reticolociti), fenomeno noto come neocitolisi. I reticolo-citi comprendono quasi l’1% dei GR circolanti [1].

Le dimensioni dei GR variano considerevolmentenelle diverse specie di vertebrati. Un eritrocita umanotipico ha un diametro di 6-8 µm e uno spessore di 2 µm.Le cellule hanno quindi un volume di circa 90 fL e unasuperficie di circa 136 µm2 ma possono “rigonfiarsi” finoad assumere forma sferica di 150 fL, senza distorsionedella membrana. Gli eritrociti dei mammiferi sono carat-terizzati dalla mancanza del nucleo e sono tipicamente aforma di disco biconcavo, appiattito e depresso al centro.Gli unici vertebrati privi di GR sono i coccodrilli dellafamiglia Channichthyidae che vivono in acque freddemolto ricche d’ossigeno (in questi animali l’ossigenoviene trasportato in forma liberamente dissolta nel san-gue). L’originale forma biconcava degli eritrociti è attri-buibile a caratteristiche di ottimizzazione delle proprietàreologiche del sangue nei vasi di grandi dimensioni qualila massimizzazione della superficie di scambio a parità divolume e la minimizzazione dei contatti con le piastrine(scatter piastrinico). Nella vita adulta l’uomo ha unnumero totale di GR pari a circa 2-3 × 1013 (4,2-6,2 ×1012/L nei maschi e 3,8-5,5 × 1012/L nelle donne) ed èconsiderevolmente superiore a quello delle altre celluledel sangue (per esempio il rapporto è di circa 1.000:1 coni leucociti) [2]. Come premesso, il principale costituentedei GR è l’emoglobina, una metalloproteina complessacontenente gruppi eme, i cui atomi di ferro sono in gradodi legare temporaneamente molecole di ossigeno (O2).Ogni eritrocita umano contiene quasi 270 milioni dimolecole di emoglobina, ciascuna con quattro gruppi

M. MorandiniLaboratorio di Patologia Clinica, Dipartimento di Medicina diLaboratorio, AOSMA, Pordenone

E. PivaServizio di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera-Universitàdi Padova, Padova

T. TroianoU.O. di Patologia Clinica 1, Policlinico di Bari, Bari

D. GiavarinaLaboratorio di Chimica Clinica ed Ematologia, Ospedale S. Bortolo,Vicenza

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non idonei. Il problema principale nell’approccio epide-miologico a questo problema (al quale, peraltro, questeraccomandazioni si prefiggono di ovviare, almeno par-zialmente) è la difficoltà, se non impossibilità, di produr-re stime reali sulla frequenza dei campioni emolizzati neilaboratori clinici per una serie di motivi che comprendo-no: (i) ignoranza o sottostima del problema, (ii) mancatasegnalazione, (iii) eterogeneità organizzativa tra i diversilaboratori e conseguente mancanza di un approccio con-diviso per l’identificazione, registrazione ed eventualesegnalazione di questi eventi. Nondimeno, alcuni datipossono essere dedotti dalla letteratura scientifica [3].

In un periodo osservazionale di 30 giorni, Carraro etal. hanno esaminato la prevalenza dei campioni emoliz-zati ricevuti nel settore urgenze di un grande policlinicouniversitario italiano (Padova). Su un totale di 27.540campioni biologici inviati per esami di chimica clinica,coagulazione e test tossicologici, 505 risultavano emoliz-zati (3,3%). Il 64% di essi erano gravati da un grado diemolisi modesto (< 50 mg/L di emoglobina libera), il31% da un grado intermedio e il 5% da un grado tale(>300 mg/L di emoglobina libera) oltre il quale alcuniesami potevano risultare inattendibili. La percentuale dicampioni emolizzati stratificata per i diversi reparti furiportata simile per reparti di medicina interna e chirurgia(3,1%), terapia intensiva (3,5%), pronto soccorso e medi-cina d’emergenza (3,3%). Ancora più significativo appa-re il dato secondo il quale i campioni emolizzati percause biologiche (emolisi in vivo) erano 16 su 505(3,2%), di cui 7 associati a circolazione extracorporeaprolungata durante interventi di cardiochirurgia, 3 a rea-zioni trasfusionali, 2 a tossicità acuta da etanolo, 1 a pan-creatite acuta necrotico-emorragica, 1 a rabdomiolisi daoverdose di stupefacenti e 2 a eziologia ignota. In 5 dei16 casi (31%) l’emolisi in vivo non è stata sospettata pre-ventivamente dai clinici e il dato di laboratorio è statoquindi essenziale per diagnosticare una situazione clinicacritica e migliorare contestualmente l’outcome [4].

In uno studio successivo Romero et al. hanno descrit-to la percentuale di campioni emolizzati nel settoreurgenze di un ospedale spagnolo (Malaga) identificandoun numero significativamente maggiore per campioniprovenienti dal reparto di medicina d’urgenza (1,6%)rispetto a quelli inviati da altri reparti ospedalieri (1,0%)e dalla terapia intensiva (0,2%) [5]. In analogia, Burns etal. hanno descritto una frequenza di campioni emolizzatinel laboratorio di un ospedale universitario americano(New York) significativamente maggiore per il prontosoccorso rispetto a quelli raccolti dall’ambulatorio pre-lievi sotto la giurisdizione del laboratorio (12,4% versus1,6%) [6].

Un ampio studio effettuato nel laboratorio di chimicaclinica di un altro policlinico universitario italiano

eme, cosicché l’emoglobina rappresenta circa un terzodel volume totale dei GR [1].

Definizione di emolisi

Il termine emolisi deriva dal greco haimo (sangue) e lysis(scioglimento) e definisce il processo patologico caratte-rizzato dalla distruzione (rottura) dei GR del sangue conconseguente liberazione di emoglobina e altri componen-ti intracellulari nel liquido che li contiene (il sangue, ingenere). L’emolisi è un fenomeno importante in medici-na per almeno due ragioni. In primo luogo, l’emolisi invivo, causata da una varietà di condizioni e patologie,può portare a diversi gradi di anemia (fino ad anemia conpericolo di vita quando la concentrazione di emoglobinadiminuisce molto rapidamente e/o scende al di sotto di 60g/L). In secondo luogo, l’emolisi in vitro, che è causatainvece da procedure inadeguate per la raccolta e il tratta-mento del campione biologico, può inficiare l’attendibi-lità dei risultati di molti esami di laboratorio e influirenegativamente sulla diagnosi e cura dei pazienti [3].

La presenza e quantificazione dell’emolisi è valutabi-le oggettivamente mediante la determinazione dell’emo-globina libera nel plasma. Piccole quantità di emoglobi-na sono sempre rilevabili nel plasma o nel siero e il limi-te superiore dell’intervallo di riferimento dell’emoglobi-na plasmatica e sierica è, rispettivamente, 20 e 50 mg/L(è più alta nel siero a seguito del fisiologico processo dicoagulazione del campione che determina la lisi di unpiccolo numero di emazie). In genere, l’emolisi si rendepalese (visivamente) quando la concentrazione di emo-globina libera supera 300 mg/L (18,8 mmol/L), valoriche riflettono una lisi approssimativa dello 0,5% dei GRe che conferisce quindi un colore rosato/rosa/rosso alcampione [3].

Prevalenza dei campioni emolizzati

I campioni emolizzati sono un evento piuttosto frequen-te, con una prevalenza che approssima il 3% di tutti icampioni ricevuti di routine e rappresenta il 40-70% ditutte le non conformità dei campioni (quasi cinque voltemaggiore della seconda causa di non idoneità). Comeampiamente descritto in letteratura, l’emolisi in vitro è laprincipale causa di non idoneità dei campioni per pazien-ti ambulatoriali e degenti, per campioni in routine e inurgenza [3].

Molti studi nel corso degli ultimi anni hanno valutatoretrospettivamente la prevalenza di campioni emolizzati ealcuni di questi hanno anche definito il rischio potenzialedi eventi clinici avversi associati all’analisi dei campioni

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(Verona), basato sull’analisi retrospettiva di 150.516 pro-vette primarie per test di routine e urgenze ricevuti nellasezione di chimica clinica (16.960 provenienti dal repar-to di medicina d’emergenza, 2.652 dalla dialisi, 10.116dall’unità operativa di terapia intensiva, 62.068 da repar-ti di medicina interna, 38.084 da reparti chirurgici,11.756 da reparti pediatrici e 8.880 da ambulatori per pre-lievo di pazienti esterni afferenti al laboratorio) ha con-sentito di stimare una frequenza di campioni emolizzatipari al 5,6%. Classificando i campioni emolizzati in basealla loro provenienza, la maggiore frequenza è stataosservata per campioni del reparto di medicina d’urgenza(8,8%) seguita da reparti pediatrici (8,5%), medicinainterna (6,2%), terapia intensiva (5,4%) e chirurgia(4,0%). La frequenza minore è stata registrata per cam-pioni provenienti dalla emodialisi (1,5%) e dagli ambula-tori per pazienti esterni (0,1%) [7]. In un recente sondag-gio collaborativo promosso da European PreanalyticalScientific Committee (EPSC) [8] e dall’IFCC WorkingGroup Laboratory Errors and Patient Safety (WG-LEPS), monitorando 388 laboratori in tutto il mondo (179negli Stati Uniti, 188 in Italia, 20 in Australia, 15 inTurchia, 10 nella Repubblica Ceca; 80% pubblici e 20%privati), la frequenza osservata di campioni emolizzatiera, in ordine decrescente: 39% da 1 a 3% dei campioni;28% minore dell’1% dei campioni, 21% da 3 a 5% deicampioni, 8% da 5 a 10% dei campioni, e 4% maggioredel 10% dei campioni. Si conferma in questo sondaggiola netta prevalenza relativa di campioni inviati da repartidi medicina d’urgenza (53%) seguita da reparti pediatrici(16%) e terapia intensiva (7%). Infine, in un recentissimostudio prospettico volto a valutare la prevalenza di emoli-si nei campioni inviati per emogas analisi arteriosa, laprevalenza è risultata pari a 1,5% di tutti i campioni [9].È, tuttavia, importante sottolineare che l’implementazio-ne di programmi di training specifici per la corretta ese-cuzione del prelievo venoso sono in grado di ridurre inmodo significativo l’incidenza di campioni emolitici [10].

L’anemia emolitica (emolisi in vivo)

Le anemie emolitiche rappresentano circa il 5% di tuttele anemie. Sono causate da ridotta sopravvivenza in cir-colo dei GR in numerose e differenti patologie la cuiclassificazione convenzionale comprende le cause eredi-tarie o acquisite descritte in tabella 1. L’anemia può esse-re più o meno grave in relazione alla capacità midollaredi compensare adeguatamente la prematura distruzionein circolo degli eritrociti. In genere, le patologie che pos-sono causare anemia emolitica sono imputabili a unaaumentata (accelerata) distruzione (per esempio le cellu-le falciformi sono caratterizzate da una sopravvivenza

breve per cui solo il 30% dei GR prodotti dal midollorimane in circolo dopo 6-16 giorni) che può essere extra-vascolare (prematura distruzione da parte dei macrofagi,in particolare quelli della milza e del fegato) o, menocomunemente, intravascolare (rottura della membranaeritrocitaria in circolo) [11, 12].

La presentazione clinica dell’anemia emolitica dipen-de da vari fattori tra i quali l’entità e la velocità di distru-zione dei globuli rossi in circolo. Malgrado i sintomisiano simili ad altre forme di anemia (per esempio stan-chezza, pallore, dispnea), nell’emolisi acuta il quadro cli-nico è importante, con tachicardia e ipotensione ortosta-tica e serio rischio per la vita del paziente. Nei pazienticon emolisi modesta l’anemia può essere invece comple-tamente asintomatica. La rottura dei GR in circolo deter-mina comunque segni caratteristici come ittero e, talora,emoglobinuria. Aumenta poi considerevolmente ilrischio di complicanze a lungo termine come la spleno-megalia, calcolosi biliare, ipertensione polmonare (ancheassociata a episodi sincopali, dolore toracico e dispneaprogressiva), edema. Sebbene la mortalità per anemiaemolitica sia generalmente bassa, pazienti anziani o conpatologie cardiovascolari hanno un rischio sostanzial-mente aumentato [11, 12].

La rottura della membrana eritrocitaria determina laliberazione di molti componenti intracellulari: in partico-

Tabella 1 Patologie responsabili o associate ad anemia emolitica.

Patologie ereditarie1. Difetti nella sintesi emoglobinica

• Talassemia• Anemia falciforme

2. Difetti della membrane eritrocitaria• Sferocitosi ed ellittocitosi ereditarie• Emoglobinuria parossistica notturan (PNH)

3. Difetti del metabolismo eritrocitario4. Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi e piruvato chinasi

Patologie acquisite1. Patologie immuno-mediate

• Mycoplasma pneumoniae• Anemia emolitica autoimmune• Patologie autoimmunitarie (es. LES, leucemia linfatica

cronica)2. Ipersplenismo3. Ustioni e traumi4. Infezioni

• Malaria• Clostridi

5. Danneggiamento “meccanico” in circolo• Coagulazione Intravascolare Disseminata (CID)• Sindrome emolitico-uremica• Porpora trombotica thrombocitopenica (TTP)• Valvole cardiache• Sindrome HELLP (hemolysis, elevated liver enzymes and

low platelets)6. Trasfusione incongrua7. Farmaci, tossine e altre cause meno frequenti.

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lare emoglobina, lattato deidrogenasi (LDH), aspartatoaminotransferasi (AST) e potassio. L’aumento dell’LDH(in genere degli isoenzimi LDH1 e LDH2) comparegeneralmente quando la conta dei reticolociti correttaarbitrariamente in base all’ematocrito (cosiddetto “indicereticolocitario”) risulta superiore al 10%, anche se, conlo sviluppo dell’analisi automatizzata dei reticolociti, ilconteggio assoluto dei reticolociti ha prodotto lo stessosignificato clinico rendendo di fatto questo calcolo obso-leto [13]. Nell’approccio diagnostico all’anemia emoliti-ca è importante la valutazione dei reticolociti, cheaumentano caratteristicamente 24-48 ore dopo l’episodioemolitico come pure la bilirubina indiretta e l’urobilino-geno. La valutazione dell’anemia emolitica deve essereguidata dall’esame morfologico dello striscio periferico,che diventa cruciale nella distinzione tra emolisi immunee non-immune. Sferociti e microsferociti rappresentanosegni caratteristici di anemia emolitica immune mentreglobuli rossi frammentati e/o schistociti rappresentanosegni distintivi di anemia emolitica non-immune, gene-ralmente da causa meccanica [12]. Nei pazienti con ane-mia emolitica autoimmune, la maggior parte degliautoanticorpi sono immunoglobuline di classe IgG, rile-vabili mediante test di Coombs diretto (prova diretta diantiglobulina, DAT) [11]. In presenza di emolisi intrava-scolare di grado elevato (es. anemia emolitiche da incom-patibilità trasfusionale, protesi valvolari cardiache) l’e-moglobina libera nel plasma può anche influenzare gliindici eritrocitari (es. MCHC falsamente elevato) [14].

L’emolisi in circolo determina la fuoriuscita dagli eri-trociti di emoglobina che si dissocia in dimeri, che conelevata affinità si legano simmetricamente a una moleco-la di aptoglobina, inibendone l’attività ossidativa.L’apoaptoglobina ha una emivita di 5 giorni, mentre icomplessi aptoglobina-emoglobina hanno una emivita di10-30 minuti. I complessi aptoglobina-emoglobina sonopoi rimossi dal circolo dal sistema reticolo-endoteliale,soprattutto nella milza. Il consumo di aptoglobina non sti-mola la produzione epatica e pertanto, in ambito clinico,la sua determinazione è utile per identificare e monitora-re l’emolisi intravascolare. Al contrario, in presenza diemolisi extravascolare, il sistema reticolo-endotelialerimuove direttamente gli eritrociti e la concentrazione diaptoglobina appare sostanzialmente normale o solo lieve-mente ridotta (il calo della concentrazione di aptoglobinarappresenta pertanto un criterio importante per la diagno-si di emolisi intravascolare da moderata a severa) [11, 12].

Emolisi in vitro

Nonostante i recenti progressi tecnologici e informaticiabbiano contribuito ad abbattere considerevolmente l’in-

certezza della fase analitica, la qualità globale degliesami di laboratorio risente ancora considerevolmente diproblemi che possono scaturire dalla fase extra-analiticae in particolare nella fase preanalitica. Gli errori preana-litici rappresentano oggi quasi il 70% degli errori riscon-trabili nell’ambito del processo diagnostico e possonofrequentemente tradursi in esami inattendibili che posso-no mettere a rischio la salute dei pazienti. I problemi piùcomuni sono imputabili a procedure inadeguate per laraccolta, gestione e conservazione del campione.Nell’ambito degli errori preanalitici, l’emolisi in vivorappresenta la causa di gran lunga preponderante di cam-pioni non idonei, con percentuali variabili dal 50 al 70%[15, 16]. Le cause che possono determinare emolisi invitro iniziano al letto del paziente e si estendono lungotutta la filiera che porta il campione all’analisi (Tab. 2).In genere, esse sono attribuibili: (i) a caratteristiche ana-tomiche del paziente (per esempio vene fragili o nonfacilmente localizzabili), (ii) all’abilità dell’operatoredeputato alla raccolta del campione biologico; (iii) al dis-positivo utilizzato per il prelievo; (iv) al trattamento delcampione immediatamente dopo il prelievo; (v) alle con-

Tabella 2 Cause principali di emolisi in vitro.

1. Dipendenti dal paziente• Vene fragili• Vene di difficile localizzazione• Prelievo in sede di ematoma

2. Dipendenti dall’operatore• Esperienza• Tentativi di prelievo non riusciti• Trapassamento della vena• Perdita della vena durante il prelievo

3. Dispositivo utilizzato per il prelievo• Uso di cateteri venosi o aghi a farfalla• Utilizzo di aghi di calibro ridotto (per esempio inferiori a 23

Gauge)• Imperfetta rimozione della soluzione antisettica dalla cute• Utilizzo prolungato del laccio emostatico• Raccolta in contenitori inadeguati• Inappropriato riempimento (insufficiente o eccessivo) della

provetta• Trasferimento del sangue da siringa a provetta

4. Trattamento del campione immediatamente dopo il prelievo• Agitazione eccessiva o inadeguata• Miscelazione inadeguata con l’anticoagulante

5. Trasporto del campione• Sistema di trasporto (sistemi pneumatici, corrieri)• Condizioni di trasporto (traumi meccanici, durata, temperatu-

ra e umidità)6. Trattamento del campione immediatamente prima dell’analisi

• Ritardo di centrifugazione• Condizioni di centrifugazione (velocità, tempo, temperatura)• Inefficiente separazione di plasma o siero dagli elementi cor-

puscolati• Risospensione del campione dopo centrifugazione

7. Conservazione del campione• Ricentrifugazione• Condizioni di conservazione (temperatura e durata)

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dizioni di trasporto del campione al laboratorio; (vi) altrattamento del campione prima dell’analisi; (vii) allaconservazione del campione [16-18].

Diagnosi differenziale tra patologia emolitica ed emo-lisi in vitro da errore preanalitico

L’aspetto più rilevante che il laboratorio deve affrontarein merito alla gestione dei campioni emolizzati è quellodi discriminare l’emolisi in vitro dall’anemia emoliticamediante una strategia che deve essere guidata da finali-tà cliniche piuttosto che da considerazioni analitiche. Ilpresupposto fondamentale è rappresentato dalla necessi-tà di centralizzare la gestione del paziente, come attesta-to da un caso recente in cui un paziente è deceduto perarresto cardiaco per la terapia di una iperpotassiemiaspuria in quanto il laboratorio non prevedeva una strate-gia di gestione dei campioni emolizzati [19]. Da questasfortunata circostanza appare evidente come una strettacollaborazione tra laboratorio e clinica rappresenti unpresupposto fondamentale per un’appropriata gestionedel rischio clinico e appare altresì ragionevole la segna-lazione tempestiva della presenza di emolisi nel campio-ne al reparto richiedente, secondo modalità definitelocalmente con la direzione e i reparti clinici.

L’emolisi in vivo si accompagna frequentemente aun’anemia normocromica e normocitica, accompagnatada un grado variabile di reticolocitosi ed emoglobinuria.La diminuzione di aptoglobina plasmatica è tradizional-mente considerata un indice affidabile nell’identificarel’accelerata distruzione in circolo dei GR. Al contrario dialtri potenziali marcatori, l’aptoglobina non è influenza-ta dall’emolisi in vitro, poiché i complessi aptoglobina-emoglobina generati dopo la lisi delle emazie in circolosono rapidamente metabolizzati dai monociti e macrofa-gi dei tessuti mediante il recettore CD163. La determina-zione dell’aptoglobina è oggi disponibile su molti stru-menti automatizzati di chimica clinica ed è quindi utiliz-zabile sia in routine che in urgenza, rappresentando unostrumento potenzialmente utile allorquando si renda cli-nicamente necessario distinguere tra anemia emolitica edemolisi in vitro.

Relativamente all’utilizzo di questo marcatore comeindice di emolisi intravascolare, esistono tuttavia alcuneconsiderazioni aggiuntive che ne potrebbero limitare l’u-tilizzo clinico. In primis, la diminuzione della sua con-centrazione plasmatica può essere mascherata da un con-temporaneo aumento di sintesi, sempre possibile secoesiste una situazione flogistica in atto (aptoglobina èproteina di fase acuta). Inoltre, considerando che l’emivi-ta dei complessi aptoglobina-emoglobina è molto breve,è possibile che tutta l’aptoglobina presente venga consu-

mata rapidamente in caso di emolisi intravascolare, sia inpresenza di crisi emolitica acuta sia in caso di emolisicronica, non essendo pertanto più quantificabile. In que-sta circostanza, potrebbe essere suggeribile l’utilizzodella emopessina. Infine, i complessi aptoglobina-emo-globina si generano anche in vitro. Pertanto, qualora sidebba misurare l’aptoglobina in un campione emolizza-to, deve essere valutata preliminarmente sui singoli siste-mi analitici l’eventuale interferenza (infatti i diversi anti-corpi commerciali non reagiscono in egual misura conaptoglobina libera e legata all’emoglobina).

Recentemente è stato anche sviluppato un nuovometodo basato sulla citometria di flusso per rilevare i GRdanneggiati e basato su anticorpi anti-emoglobina. Leperformance analitiche di questo test sono veramenteottimali per l’uso clinico ma l’introduzione nella prassiquotidiana di laboratorio per lo screening dei campioniemolizzati è ostacolata da ovvie ragioni tecniche, econo-miche e pratiche [20].

Interferenze dell’emolisi in vitro sugli esami di labora-torio

La presenza di emolisi nei campioni biologici riflettecaratteristicamente un processo più generale di danneg-giamento delle cellule ematiche e che coinvolge pertantoGR, globuli bianchi e piastrine. Il conseguente rilascio incircolo di molecole, proteine ed enzimi intracellulari puògenerare effetti importanti (e indesiderati) sull’attendibi-lità di alcuni esami di laboratorio. La FederazioneInternazionale di Chimica Clinica e Medicina diLaboratorio (IFCC) fornisce una chiara definizione diinterferenza analitica: “errore di misurazione sistematicocausato da un componente presente nel campione che diper sé non dovrebbe produrre un segnale nel sistema dimisura” [21]. Selby ha fornito però un’altra definizione,forse anche più idonea e razionale in questo specificocontesto, cioè: “effetto di una sostanza presente in unsistema analitico che causa la deviazione del valore misu-rato dal valore vero” [22]. Infine, il documento EP07-A2del Clinical and Laboratory Standards Institute (CLSI)riporta la definizione di interferenza in termini di “causadi errore sistematico, clinicamente significativo, nelladeterminazione della concentrazione di un analita, dovu-to all’effetto di un altro componente o di una proprietà(chimico-fisica) del campione”.

In linea generale, la presenza di emolisi nel campionepuò inficiare l’attendibilità delle determinazioni median-te tre meccanismi: (i) rilascio di elementi a elevata con-centrazione intracellulare che aumentano falsamente laconcentrazione dei medesimi nel siero o nel plasma (es.potassio, transaminasi e LDH); (ii) diluizione e relativa

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diminuzione spuria nel siero o nel plasma di alcuni ana-liti poco rappresentati all’interno del GR per fuoriuscitadell’acqua intracellulare (es. sodio); (iii) interferenzaspettrofotometrica nella determinazione a causa di unaumento dell’estinzione (o “assorbanza”), modificazionedel “valore di bianco” (“blank value”), soprattutto per itest basati su lettura spettrofotometrica a 415, 540 and570 nm, cioè le lunghezze d’onda in grado di misurarel’emoglobina libera (es. gamma-glutamil-transferasi,GGT); (iv) miscellanea di altre interferenze analitiche(es. diminuzione spuria della bilirubina nella reazione diJendrassik-Gróf a causa dell’attività pseudoperossidasicadell’emoglobina, aumentata attività della creatina china-si a seguito del rilascio di adenilato chinasi intraeritroci-taria); (v) rilascio di sostanza ad azione tromboplastinica[3, 23-26] (Tab. 3). Peculiare è invece il comportamentodel magnesio; infatti, pur essendo la concentrazioneintraeritrocitaria di questo analita quasi il doppio di quel-

la plasmatica, il suo aumentato rilascio dai GR è sovra-compensato da interferenza analitica nella sua determina-zione causata dalla presenza di emoglobina libera, percui l’effetto globale è solitamente quello di una sottosti-ma.

Un discorso a parte meritano le determinazioni immu-nochimiche, per le quali, malgrado sia provata un’inter-ferenza, non è possibile definire a priori la direzione delbias. Per esempio, due articoli di recente pubblicazionehanno dimostrato che l’emolisi può alterare significativa-mente alcune determinazioni di troponina, per lo piùmetodo-dipendenti. Nel primo studio è stato osservato uncalo fino al 50% della concentrazione di troponina T adalta sensibilità e, contestualmente, un aumento fino al576% di troponina I per valori di emolisi elevati, superio-re a 600 mg/L [27]. Nel secondo studio i risultati sonosovrapponibili, con variazioni significative della determi-nazione delle troponine per valori di emolisi superiori a

Tabella 3 Interferenza dell’emolisi sui test di laboratorio.

Per interferenza “>##” / “>$$” o calcolata localmente ed eccedente i limiti delle specificazioni desiderabili di qualità definite sulla base dellavariabilità biologica intra- e inter-individuale o della differenza critica, i risultati devono essere soppressi.

Grado di Emolisi*

Modesta Elevata Lieve

Aumento spurio in siero o plasma a causa di rilascio di analiti a elevataconcentrazione intraeritrocitaria

• Emoglobina (Hb) - - # o $• Potassio (K) # ## ###• Lattato Deidrogenasi (LDH) # ## ###• Aspartato Aminotransferasi (AST) # ## ###• Alanina Aminotransferasi (ALT) -/# # ##• Creatinina (Crea) - - #

Effetti di diluizione per analiti a bassa concentrazione intraeritrocitaria

• Albumina (Alb) - - $• Cloro (Cl) - - $• Glucosio (Glu) - $ $$• Sodio (Na) - - $

Interferenza chimica o spettrofotometrica

• Fosfatasi Alcalina (ALP) - - $• Bilirubina (Bil) - # o $ ## o $$• Creatina chinasi (CK) - # ##• Ferro - - #• γ-glutamil-transferasi (GGT) - - $• Lipasi - - $• Magnesio - - $• Fosforo - - $• Urea - - $

Determinazioni immunichimiche (es. troponina) - # o $ ## o $$

Rilascio di sostanze ad attività tromboplastinica

• Tempo di protrombina (PT) - # ##• D-dimero - # ##• Tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) - $ $$• Antitrombina - - $

Lieve: < 300 mg/L; modesta: 300-600 mg/L; elevata: > 600 mg/L

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1,9 g/L (28). Un ultimo studio non ancora pubblicato(Daves et al.) ha confermato che, per valori di emolisimodesti o lievi (cioè < 600 mg/L), i valori di troponina Ie T sono ancora attendibili.

Nel corso degli ultimi anni sono stati prodotti nume-rosi studi volti a definire l’interferenza dell’emolisi suitest di laboratorio. L’eterogeneità nel disegno degli studi,delle piattaforme analitiche e soprattutto delle diversetecniche analitiche non consente di produrre un quadrod’insieme univoco poiché i differenti metodi possonoessere più o meno sensibili all’interferenza. Dovrebbeanche essere compito specifico dei produttori definirecon precisione gli effetti dell’emolisi sulla determinazio-ne dei vari analiti e il personale di laboratorio dovrebbeverificare, successivamente, contro quale target è statavalutata l’accettabilità del bias. In tabella 3 sono sintetiz-zate le evidenze clinico/analitiche di riferimento. Comedetto, è tuttavia consigliabile che ogni laboratorio valutilocalmente, in funzione della piattaforma analitica e delmetodo utilizzato, il grado di emolisi oltre il quale i risul-tati del test devono essere definiti inattendibili. Un meto-do facilmente utilizzabile a questo scopo prevede l’ag-giunta di concentrazioni scalari di emolisato (ottenuto,per esempio, mediante congelamento per almeno 24 oredi sangue intero autologo) in aliquote di siero o plasma evalutazione del bias usando come riferimento i limitidelle specificazioni desiderabili di qualità definite sullabase della variabilità biologica intra- e inter-individuale[29] o della differenza critica.

Identificazione dei campioni emolizzati

L’emolisi in vitro rappresenta un problema significativoper il laboratorio clinico, anche perché è identificabilesolo dopo che il campione ha subito il processo di centri-fugazione, con separazione di siero o plasma dagli ele-menti corpuscolati del sangue. Ciò è ovviamente possibi-le in laboratori che dispongano di sistemi “aperti” (stru-mentazione preanalitica separata da quella analitica) ma èvirtualmente impossibile in laboratori che utilizzino siste-mi “chiusi” in cui la strumentazione di preanalitica è inserie (“in catena”) con quella analitica. Contestualmente,la rilevazione di emolisi è virtualmente impossibile neicampioni di sangue intero (per esempio campione peresame emocromocitometrico o velocità di eritrosedimen-tazione). In quest’ultima circostanza, l’unica possibilità diidentificazione del problema, rappresentata dalla centrifu-gazione sistematica di tutti i campioni dopo l’analisi, pre-senta considerevoli problemi di natura organizzativa esoprattutto di attendibilità clinica, qualora si rendessenecessario risospendere e rianalizzare il campione dopoche è stato centrifugato.

Sulla base delle premesse, l’identificazione dei cam-pioni emolizzati appare essenziale poiché: (i) l’emolisipotrebbe sottendere o riflettere patologie gravi responsa-bili o associate ad anemia emolitica che richiedono unaurgente notifica ai clinici; (ii) alcuni test su campioni emo-lizzati in vitro determinano risultati inattendibili, che nonriflettono la condizione in vivo e possono portare a conse-guenze potenzialmente negative sull’outcome del pazientea causa di decisioni diagnostico-terapeutiche inadeguate.Tradizionalmente, i campioni emolizzati sono stati identi-ficati arbitrariamente mediante ispezione visiva del cam-pione da parte del personale di laboratorio. Nonostante laquantificazione dell’emoglobina libera nel siero o plasmasia teoricamente possibile utilizzando saggi immunonefe-lometrici, l’utilizzo di questo approccio di routine su tuttii campioni è poco pratico (aumento del turnaround time,indisponibilità del test sulla strumentazione in urgenza) ecomunque gravato da costi proibitivi. Recenti sviluppi tec-nologici hanno consentito di progettare e implementare sumolte strumentazioni di laboratorio alcune tecniche inno-vative completamente automatizzate per la rilevazione delgrado di emolisi (indice di emolisi o HI) e di altre sostan-ze potenzialmente interferenti quali lipemia e bilirubina(complessivamente denominati “indici del siero”) [23,24]. Nella maggior parte dei casi, gli strumenti fornisconouna misura qualitativa o quantitativa dell’emoglobina libe-ra presente nel campione. Comprensibilmente, questamisura non ha finalità cliniche o diagnostiche, ma è utiliz-zata per dare un giudizio oggettivo sulla qualità globaledel campione in analisi. L’operatore può adottare le sogliedi indice d’emolisi prestabilite dal produttore o adattarlelocalmente per generare un avviso strumentale qualoral’indice ecceda i limiti, trasmettere il risultato dello stessoindice di emolisi sul referto e stabilire il grado di interfe-renza sulle analisi richieste onde aggiungere commenti osopprimere il risultato.

Pur con alcune differenze nell’approccio tecnologicoalla quantificazione degli indici del siero, i sistemi in com-mercio si basano essenzialmente sul monitoraggio dell’as-sorbanza del siero o del plasma a diverse lunghezze d’onda(tradizionalmente tra 340 e 670 nm). Mediante risoluzionedi una serie di equazioni predefinite, ogni indice viene cal-colato ed è direttamente proporzionale alla concentrazionedella sostanza interferente nel campione. È palese che que-sto approccio (valutazione dell’indice d’emolisi sui cam-pioni) determina numerosi benefici. In primo luogo, è unsistema oggettivo, facile, veloce e relativamente pococostoso per standardizzare la prassi di rilevazione dei cam-pioni emolizzati tra i vari laboratori, in accordo con quantodefinito dal Working Group dell’IFCC [30], superando cosìil limite del controllo visivo che è intrinsecamente sogget-tivo e arbitrario. Il rilevamento automatico consente poi diaumentare la probabilità di intercettare i campioni emoliz-

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zati prima che siano analizzati e velocizza le azioni daintraprendere sui medesimi. Per gli strumenti che fornisco-no risultati quantitativi, l’indice d’emolisi può essere utiliz-zato come misura attendibile del grado d’interferenza qua-lora si decidesse (prassi peraltro sconsigliata da queste rac-comandazioni) di correggere matematicamente alcuni para-metri sulla base della concentrazione di emoglobina liberapresente nel campione. Infine, la valutazione sistematicadell’indice d’emolisi può essere vantaggiosamente utilizza-ta per definire le qualità dei prelievi e del trasporto dei cam-pioni, soprattutto come indice delle performance del perso-nale sanitario deputato a questa operazione [31]. Rimanetuttora de definire con certezza il potenziale bias determi-nato dalla presenza di altri interferenti quali ittero e lipemianella determinazione dell’indice d’emolisi.

Il primo studio multicentrico [32], basato sull’invio dicampioni di siero a concentrazione nota di emoglobinalibera a diversi laboratori per la valutazione dell’indice diemolisi su sei differenti piattaforme analitiche di quattrodiversi produttori, ha evidenziato una sostanziale riprodu-cibilità (p=0,911 per risultati ottenuti su strumenti diffe-renti, mediante test di Kruskal Wallis), imprecisione (coef-ficiente di variazione compresi tra 0,1% e 2,7%) e omoge-neità di rilevazione dell’interferenza, espressa in terminiquantitativi o semiquantitativi. A dispetto della sostanzia-le confrontabilità dei risultati grezzi, è stata però eviden-ziata una discreta disomogeneità nei limiti decisionali sta-biliti dal produttore cosicché campioni caratterizzati daemolisi modesta (~0,5 g/L) venivano considerati idoneiall’analisi su alcune strumentazioni ma non su altre. Ciòevidenzia la necessità di una maggiore standardizzazioneod omogeneizzazione dei comportamenti e, a maggiorragione, la validità del concetto di definire localmente ilgrado di interferenza dell’emolisi sui singoli parametri el’aggiustamento contestuale delle soglie predefinite. Unsecondo aspetto critico, che deve essere ancora definitocon precisione, è relativo all’impatto dell’esecuzione del-l’indice d’emolisi sul Turnaround Time (TAT) dei risultati.

Gestione dei risultati ottenuti su campioni emolizzati

La procedura più idonea per la gestione dei risultati otte-nuti su campioni emolizzati è tuttora fonte di accesidibattiti. Un sondaggio recentemente effettuato inCroazia ha evidenziato come solo il 47% dei partecipantiabbia indicato una modalità di richiesta di altri campioniallorquando su quelli ricevuti in precedenza sia stato rile-vato un grado di emolisi elevato. Nel suddetto sondaggiocollaborativo EPSC/IFCC WG-LEPS [8], al quesito:“come sono gestiti i campioni emolizzati nella tua real-tà?”, il 44% degli intervistati ha espresso la risposta: “sieseguono tutte le analisi richieste con soppressione dei

risultati dei test inattendibili per la presenza di emolisi”,mentre il 56% degli intervistati ha espresso la risposta:“viene rigettato il campione e ne viene richiesto un altro”.Nessun laboratorio ha indicato strategie alternative (peresempio “si eseguono tutte le analisi richieste con sop-pressione dei risultati dei test inattendibili per la presen-za di emolisi e viene richiesto un altro campione”, “cor-rezione dei risultati per l’indice di emolisi” e produzionenel referto del commento: “esami eseguiti su campioniemolizzati” o refertazione del risultato e aggiunta di uncommento, del tipo: “sovrastima della concentrazione dipotassio: escludere emolisi in vivo o di ripetere il prelie-vo”). Alla luce di quanto prima riportato ed espressonelle raccomandazioni per l’identificazione e gestione deicampioni non idonei redatte in precedenza dal nostroGruppo di Studio [33, 34], l’approccio più consono sem-bra essere quello basato su: (i) immediata notifica alreparto della presenza di emolisi del campione secondomodalità definite localmente; (ii) soppressione di tutti itest influenzati dalla presenza e/o grado di emolisi defini-to localmente; (iii) richiesta tempestiva di un secondocampione sul quale eseguire gli esami precedentementesoppressi. Questa procedura, con l’eventuale consulenzada parte del laboratorio per la situazione specifica,dovrebbe consentire di confermare o confutare l’ipotesiche il paziente sia affetto da anemia emolitica [3, 35].

In merito alla soppressione degli esami, come giàdetto, questa prassi dovrebbe basarsi su considerazionirelative all’interferenza osservata con la strumentazionee il metodo in uso o, al più, utilizzando come riferimen-to generico i dati riportati in tabella 3. In linea generale,vale però il principio che un’emolisi lieve (emoglobinalibera < 50 mg/L) e appena visibile a occhio nudo nonaltera sostanzialmente i test di laboratorio, un’emolisimodesta (emoglobina libera > 50 e < 600 mg/L) alterasignificativamente pochi parametri (Tab. 3), mentre neicampioni con emolisi elevata (emoglobina libera > 600mg/L) molti parametri possono essere alterati. Infine, neicampioni con grado elevato d’emolisi (es. emoglobinalibera > 2 g/L), tutti i parametri di chimica clinica ecoagulazione sono potenzialmente alterati per cui sareb-be consigliabile non procedere con alcun test e richiede-re sempre un secondo campione. L’identificazione dicampioni emolizzati deve poi essere sempre registrata,secondo le modalità espresse dalle raccomandazioni perl’identificazione e gestione dei campioni non idonei pre-cedentemente redatte dal Gruppo di Studio [33, 34].

Ringraziamenti Si ringraziano Maria Stella Graziani, Anna Lucia

Caldini e Giuliano Deri per i validi suggerimenti nella stesura del

documento.

Conflitto di interesse Nessuno

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SINTESI DELLE RACCOMANDAZIONI

Queste raccomandazioni sono state prodotte con un siste-ma di grading per quanto riguarda la “forza delle racco-mandazioni” che da esse possono essere derivate (dall’in-glese “strength of recommendations”), espresso in lettere(da A a E) (Tab. 4).

Tabella 4 Definizione della forza delle raccomandazioni, in accordocon le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità.

Indice Spiegazione

A L’esecuzione di quella particolare procedura è fortementeraccomandata. Indica una particolare raccomandazionesostenuta da prove scientifiche di buona qualità, anche senon necessariamente di tipo I o II

B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare proce-dura o intervento debba sempre essere raccomandata, ma siritiene che la sua esecuzione debba essere attentamenteconsiderata.

C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la rac-comandazione di eseguire la procedura o l’intervento.

D L’esecuzione della procedura non è raccomandataE Si sconsiglia fortemente l’esecuzione della procedura

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a) Rilevazione sistematica dell’emolisi nei campioni

• È raccomandata la rilevazione sistematica dell’e-molisi nei campioni di siero o plasma. RACCOMAN -DAZIONE DI GRADO A.

• È raccomandata la rilevazione sistematica dell’e-molisi nei campioni di sangue intero (es. campio-ne per esame emocromocitometrico o emogasana-lisi). RACCOMANDAZIONE DI GRADO D.

• Per i sistemi aperti, in cui sia possibile visualizza-re la qualità del campione dopo centrifugazione, lavalutazione del grado di emolisi dei campioni sibasa su una prima ispezione visiva volta a identi-ficare la presenza di emolisi, seguita dalla deter-minazione dell’indice di emolisi in tutti i campio-ni in cui l’emolisi sia sospettata visivamente.RACCOMANDAZIONE DI GRADO B.

• Per i sistemi chiusi, in cui non sia possibile visua-lizzare la qualità del campione dopo centrifuga-zione (es. strumenti in catena, con connessioneseriale tra strumentazione preanalitica e analitica),la valutazione del grado di emolisi deve essereeseguita sistematicamente mediante determinazio-ne dell’indice di emolisi in tutti i campioni.RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

• Il metodo raccomandato per la quantificazione delgrado di emolisi è basato sulla determinazioneautomatizzata dell’indice di emolisi. RACCOMAN -DAZIONE DI GRADO A.

• Per i laboratori in cui non sia disponibile la deter-minazione dell’indice di emolisi automatizzata, èpossibile basarsi sull’ispezione visiva, medianteconfronto con una foto a colori che riporti chiara-mente campioni con limiti di emolisi scalari (Fig.1). RACCOMAN DAZIONE DI GRADO A.

• L’identificazione di campioni emolizzati deve esse-re sempre registrata, secondo le modalità espressedalle raccomandazioni per l’identificazione e

gestione dei campioni non idonei precedentementeredatte dal Gruppo di Studio [33]. RACCOMANDA -ZIONE DI GRADO A.

b) Rilevazione della natura dell’emolisi nel campione

• Segnalare tempestivamente al reparto richiedentela presenza di emolisi nel campione, secondomodalità definite localmente con la direzione e ireparti clinici. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

• La determinazione dell’aptoglobina su campionifrancamente emolizzati (es. emoglobina libera >600 mg/L) non si esegue di routine ma può essereeseguita nel sospetto di anemia emolitica, allor-quando altri parametri biochimici (es. anemia, piùfrequentemente normocromica e normocitica, pre-senza di reticolocitosi ed emoglobinuria) e lasituazione clinica lo consiglino (da valutare voltaper volta, mediante audit con i clinici). RACCO -MANDAZIONE DI GRADO A.

c) Definizione del grado d’interferenza dell’emolisisugli esami richiesti

• Valutare localmente, in funzione della piattaformaanalitica e del metodo utilizzato, il grado di emolisioltre il quale i risultati del test possono essere defi-niti inattendibili. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

• Per la valutazione dell’interferenza da emolisi,l’approccio raccomandato è la preparazione di unaserie di campioni di prova, mediante aggiunta diconcentrazioni scalari di emolisato (ottenuto, peresempio, mediante congelazione per almeno 24ore di sangue intero autologo) in aliquote di sieroo plasma e valutazione del bias usando come rife-rimento i limiti delle specificazioni desiderabili diqualità definite sulla base della variabilità biologi-ca intra- e inter-individuale o della differenza cri-tica. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

• Le soglie dell’indice di emolisi predefinite dalproduttore vanno verificate e aggiustate sulla basedella valutazione eseguita localmente come ai duepunti precedenti. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

• Qualora non sia possibile definire localmente ilgrado di interferenza sui vari parametri, la tabella3 può essere utilizzata come riferimento.RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

d) Gestione dei risultati ottenuti su campioni emoliz-zati

• Immediata notifica al reparto della presenza diemolisi del campione, secondo modalità definiteFig. 1 Scala di emolisi nei campioni biologici

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localmente. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.• Per interferenza “>##” / “>$$” (Tab. 3) o calcola-

ta localmente ed eccedente i limiti delle specifica-zioni desiderabili di qualità definite sulla basedella variabilità biologica intra- e inter-individua-le o della differenza critica, i risultati devono esse-re soppressi. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.

• Per interferenza “>##” / “>$$” (Tab. 3) o calcolatalocalmente ed eccedente i limiti delle specificazionidesiderabili di qualità definite sulla base della varia-bilità biologica intra- e inter-individuale o della dif-ferenza critica, deve essere richiesto un secondocampione sul quale eseguire gli esami precedente-mente soppressi. RACCOMANDAZIONE DI GRADO A.