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- Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse
Agroforestali, Università di Torino
- Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche,
Università di Torino.
- Department of Chemistry and Chemical Engineering, University
of Paisley, Glasgow.
Tesi di Dottorato di Ricerca in Chimica Agraria, XI
Ciclo
"Comportamento chimico e mobilità di
alcuni metalli pesanti in un'area
circostante una fonderia"
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Candidato: Luigi Gallini
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RingraziamentiRileggendo la tesi che presento mi accorgo che di lei tutto si
può osservare eccetto che sia un prodotto finito. Pare piuttosto
un percorso intorno ai problemi posti dall'inquinamento del suolo
di metalli pesanti. Se qualche risultato conclusivo è stato
raggiunto, lo devo alle molte persone che mi hanno aiutato,
incoraggiato, indirizzato, ed allietato nell'attività di ricerca
bibliografica, di raccolta dei dati e della loro valutazione
critica.
Innanzi tutto vorrei ringraziare Aurelio Facchinelli, più un
amico che un tutore, sia per quando mi ha, che per quando non mi
ha tollerato nei momenti di sconforto. Quindi Marinella Franchini
Angela, Emiliano Bruno, Piera Benna, Bruno Alessandria, Vittoria
Pischedda, Franco Rolfo ed Elisa Sacchi. Non per ultimi ringrazio
Franco Roberto e Fabrizio Negri, del DSMP, e Gianmaria Zuppi del
dipartimento di Scienze della Terra.
Ringrazio inoltre il personale del Dipartimento di
Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali - Sezione
Chimica Agraria. La signora Enza Arduino, innanzi a tutti, che pur
essendo andata in pensione ha continuato a prodigarmi delle sue
graditissime osservazioni, come peraltro la gentilissima, e colta,
signora Elisabetta Barberis. Un ringraziamento particolare va a
Eleonora Bonifacio, con la quale ho avuto il piacere di
collaborare a lungo e solidalmente, e a Riccardo Scalenghe,
Luisella Celi e Maria Martin, con i quali ho divagato a piacere
nel magico mondo che orbita attorno alla scienza del suolo.
Ringrazio Giovanni Deluca, Bruno Biasiol e il dottor Cignetti
senza il cui aiuto non saprei reggere un matraccio misurare un pH
o interpretare una misura spettrofotometrica. Un ringraziamento
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particolare infine al prof. Ermanno Zanini, per avermi gentilmente
coinvolto nei suoi interessanti studi sull’erosione. Desidero
inoltre ringraziare il numeroso "staff" dell'Università di
Paisley, che mi ha generosamente ospitato dieci mesi nonostante le
tremende gaffe di cui, come in Italia, sono stato capace. Andrew
Hursthouse, che come Aurelio Facchinelli è stato più un amico che
un tutore, ma anche Peter, Luise, Bob, Adrian, Jeff, Margaret,
Ruth, Steve, Pamela. A Guy Wilthshire rivolgo un ringraziamento
particolare per aver messo a punto la determinazione simultanea di
As, Bi ed Sb per generazione degli idruri. Un ringraziamento
particolarissimo a Mr. David Sterling, per le bellissime
digressioni nel campo dello scibile mi ha concesso nel corso delle
lunghe misurazioni all'ICP.
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Indice
1. Metalli pesanti e suoli .………………………………............................................... 1
1.1. Considerazioni generali..............................................
…………………………............ 1
1.1.1. Osservazioni sul concetto di vulnerabilità associato ai
suoli ..........…………………...... 2
1.2 I metalli pesanti..........................................................
……………………………............ 4
1.2.1 Metalli pesanti e suoli
agrari .......................................................
…………………………... 5
1.2.2. Assimilazione nel vegetale dei metalli
pesanti ....................………………………............. 9
1.3. Sorgenti dei metalli pesanti nei suoli......................………………………….......... 10
1.3.1. Sorgenti naturali, il substrato
roccioso ..........................………………………................. 10
1.3.2. Sorgenti antropiche: attività civili, industriali ed
agricole .............…………………...... 13
1.3.3. I cicli petrogenici, il comportamento nel suolo e le
principali fonti inquinanti di As, Bi, Sb, Pb,
Cd, Zn, Cu, Co, Ni e Cr .............………………………........ 16
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1.3.3.1. Arsenico (As)
.........................................................
……………………...................... 18
1.3.3.2. Bismuto (Bi)
..................................................................
.....…………………….......... 26
1.3.3.3. Antimonio (Sb)
..................................................................
…………………….......... 38
1.3.3.4. Piombo (Pb)
...............................................................
……………………….............. 42
1.3.3.5. Cadmio (Cd)
..................................................................
....………………………....... 59
1.3.3.6. Zinco (Zn)
..................................................................
.........………………………...... 68
1.3.3.7. Rame (Cu)
..................................................................
.......…………………………... 70
1.3.3.8. Nichel (Ni)
..................................................................
...........…………………..….... 71
1.3.3.9. Cobalto (Co)
..................................................................
.......……………………….... 71
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1.3.3.10. Cromo (Cr) .............................
……………………................................................... 72
2. Obiettivi......……………………..........................................................
.................. 73
3. Materiali e metodi .......…………………….................................................... 74
3.1. Inquadramento geologico, pedologico e climatico
della Contea di Cliland e del Comune di
Villadossola……………………………..…………………………….. 74
3.1.1. La contea di Cliland, Glasgow, Scozia ..
…………………………....................................... 74
3.1.2. Il comune di Villadossola, Verbania, Italia
………………………….................................. 77
3.2. Campionamento ...…………………………….......................................................
...... 84
3.3. Preparazione dei campioni ..…………………....................................................... 86
3.4. Determinazione dei parametri fisici e
chimici dei suoli. ……………. 86
Page 9
3.5. Trattamento statistico dei
dati ....................………………...............................
90
3.6. Determinazione della concentrazione
litogenica dell'elemento .......
…………………………........................................................
........... 91
3.7. Determinazione della concentrazione
antropica dell'elemento..............................
…………………………............................................ 95
3.8. Determinazione della velocità di
lisciviazione degli inquinanti............................
…………………………….................................................. 96
3.8.1. Scelta del modello .................
……………………………......................................................
96
3.8.2. Sviluppo del modello .............
…………………………......................................................
101
3.8.3 Il significato matematico, chimico e fisico del modello a
serbatoi e flussi ………….. 104
3.8.3.1. La costante Kn ................
………………………........................................................
104
Page 10
3.8.3.2. La velocità di lisciviazione Vn ...........
……………………....................................... 104
3.8.3.3. Il tempo di semisvuotamento t(1/2)n ...
…………………........................................... 105
3.8.3.4 Il tempo di residenza Trn .........
……………….................................................. 105
4. Risultati .............
……………………..........................................................
....... 106
4.1. I suoli ............................
………………………………......................................................
106
4.1.1. I profili pedologici ..........
…………………………........................................................
..... 106
4.1.2. I fattori di formazione del suolo .............
………………………….................................... 115
4.1.3. Influenza della geomorfologia e dell'uso del suolo sulle
proprietà chimiche e fisiche dei suoli di
Villadossola .……………………….................................. 117
4.1.3.1. Tessitura ................................
……………………................................................... 117
4.1.3.2. Sostanza organica ...........
…………………….........................................................
123
Page 11
4.1.3.3. Capacità di scambio cationico ...
…………………................................................. 125
4.1.3.4. Il pH ..........................................
………………………............................................. 133
4.1.4. Analisi micromorfologiche ...................
…………………………..................................... 134
4.1.5 Composizione mineralogica dei suoli di Villadossola .....
……………………............... 139
4.2. Metalli pesanti estratti dall’acquaregia.....…………………................... 142
4.2.1. Stima delle concentrazioni litogenica ed antropica ....
…………………….................... 142
4.2.2. Stima dell'arricchimento antropico dei metalli pesanti ..
……………………................ 145
4.3. La lisciviazione degli inquinanti ....
…………………….................................. 148
4.3.1. La velocità di lisciviazione ......................
………………………….................................... 148
4.3.2. Il tempo di residenza dell'inquinante nel
suolo ....................……………………........... 154
4.3.3. Stima del tempo di autodepurazione dei
suoli ........……………........................ 158
4.4. Biodisponibilità di Co, Ni, Cu, Zn, Cd, e
Pb nei suoli di Villadossola .....
…………………………........................................................
.............. 160
Page 12
4.6. Distribuzione areale dei metalli pesanti nel
comune di Villadossola ....…………………………….......................................................
................ 165
4.7. Raffronto della concentrazione totale e
biodisponibile con i limiti di legge della Regione
Piemonte ....……………………....…………………………………... 165
5. Conclusioni .............
…………………...........................................................
166
6. Appendici ...........
…………………...........................................................
...... 167
6.1. A1. Caratteristiche della stazioni di
campionamento ..…………….. 168
6.2. A2.Principali caratteristiche chimiche e
fisiche dei suoli ………. 70
6.3. A3. Metalli pesanti in traccia estratti
dall'acquaregia .………….... 173
6.4. A4. Elementi maggiori estratti
dall'acquaregia ....…..……………...... 176
Page 13
6.5. A5. Elemento estratto dal reagente di
Lakanen .....…………….......... 178
6.6. A6. Principali proprietà chimiche e
fisiche dei suoli su cui si è studiata la
lisciviazione ......................
……………............................ 179
6.7. A7. La costante cinetica del rilascio, la
velocità di lisciviazione ed il
tempo di residenza ......…………………..........................
181
7. Bibliografia ...................
…………………..................................................... 183
Page 14
1.
METALLI PESANTI E SUOLI
1.1. Considerazioni generali
Per lungo tempo si è ritenuto che il suolo avesse la capacità
di trattenere le sostanze inquinanti tamponandone gli effetti
evidenti entro poco tempo. Si è quindi sempre prestata più
attenzione a quei comparti ambientali, come l’aria o le risorse
idriche superficiali che, invece, reagiscono all’inquinamento
antropico ripercuotendosi sull’ambiente con maggiore immediatezza.
La capacità del suolo d’accumulare le sostanze inquinanti può
effettivamente impedire l’immediata contaminazione d’altri
comparti ambientali ma può anche, determinare un improvviso
rilascio degli inquinanti una volta raggiunto il limite di
ritenzione. Per questo motivo si è recentemente rivalutato il
problema dell’inquinamento del suolo, un argomento di cui si
dispongono di relativamente poche informazioni, come può evincersi
d’altronde dalle gravi lacune di cui soffre la legislazione
ambientale inerente alla tutela dei suoli.
I potenziali rilasci sono direttamente collegati alla
solubilità e alla mobilità dei composti inquinanti poiché, da
queste proprietà, dipendono eventuali assorbimenti da parte delle
colture agricole, i “flussi” verso le acque superficiali,
sotterranee ed oceaniche, e, quindi, pericolose conseguenze per la
fauna e la flora del suolo e gli ecosistemi ad esso collegati.
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Tra i potenziali inquinanti, particolarmente temuti sono i
cosiddetti metalli pesanti i quali, poiché elementi, non sono
soggetti ad alcun processo di decomposizione qual è la
metabolizzazione microbica che decompone i composti inorganici, e
permangono quindi nel suolo fino a che non siano trasportati da
qualche meccanismo chimico, fisico o biologico in un altro
comparto ambientale.
La presenza di metalli, se in concentrazione superiore a
determinate soglie, perturba gli equilibri microbiologici del
suolo, condizionandone negativamente la fertilità. I metalli
pesanti alterano anche il processo d’assorbimento radicale da
parte dei vegetali, con il rischio che una loro eccessiva
concentrazione nei suoli adibiti a colture agricole comprometta
sia la resa quantitativa del prodotto, che quella qualitativa,
determinata dall’ingresso degli inquinanti nella catena
alimentare. Anche per i metalli pesanti, come per i composti
organici, esiste inoltre il rischio di una discesa verticale
attraverso il suolo fino a provocare l’inquinamento delle acque
sotterranee.
La determinazione di soglie di nocività per i vari metalli
presenti nei suoli rappresenta un problema piuttosto complesso,
poiché, oltre a manifestarsi una risposta molto diversa da parte
di differenti specie vegetali, anche i comportamenti chimici di
tali elementi possono variare molto da suolo a suolo. Questa
diversità di comportamenti è presa in considerazione nel concetto
di vulnerabilità dei suoli.
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1.1.1. Osservazioni sul concetto di vulnerabilità applicato
ai suoli
Il concetto di vulnerabilità dei suoli è direttamente
collegato a quello d’impatto ambientale, inteso come risultante
del prodotto di due fattori, la probabilità che occorra un evento
indesiderato (rischio) e la gravità delle conseguenze di tal
evento (danno). La gravità degli effetti dipende, a sua volta, da
due fattori distinti: l’intensità dell’evento stesso (magnitudine)
e la risposta dei comparti ambientali coinvolti (vulnerabilità).
Storicamente il concetto di vulnerabilità è stato applicato
alle acque sotterranee. Per le acque sotterranee la vulnerabilità
è stata quantificata nei termini della minore o maggiore
protezione della falda offerta dalla capacità tampone del suolo e
della zona non satura soprastanti, ovvero alla capacità del suolo
di trattenere gli inquinanti ed impedirne la traslocazione nella
falda idrica.
L’applicazione del concetto di vulnerabilità al suolo
rappresenta un problema certamente più complesso poiché questo
oltre a proteggere le falde idriche dall’inquinamento, svolge
molteplici altre funzioni utili (biologiche, ecologiche,
agronomiche, ricreative, economiche, geologiche, urbanistiche etc.
etc.) ed ognuna di queste funzioni in linea di principio generale
viene ad essere compromessa o diminuita in misura diversa da ogni
singolo fenomeno o processo che costituisce un rischio per ogni
singola funzione utile che esso esercitata. I fattori di
vulnerabilità del suolo sono quindi tanto numerosi quante sono le
sue funzioni a cui si attribuisce un’utilità.
Ci si può ulteriormente rendere conto della complessità
dell’argomento volendo anche solo considerare la vulnerabilità del
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suolo nei confronti dell’impatto ambientale conseguente
l’inquinamento chimico. Un suolo contaminato può, infatti, dare
luogo due tipi fondamentali d’impatto ambientale, quello
determinato dall’assimilazione dell’inquinante da parte dei
vegetali e il conseguente ingresso della sostanza tossica nella
catena alimentare, e quello determinato della migrazione della
sostanza tossica nelle acque sotterranee. I parametri relativi ai
due tipi di vulnerabilità non necessariamente coincidono; infatti,
un suolo che, permetta una rapida discesa dell’inquinante verso la
falda idrica può essere considerato poco vulnerabile in termini di
contaminazione della biomassa vegetale e molto vulnerabile in
termini di potenziale contaminazione delle acque.
Le complicazioni aumentano qualora si approfondisca l’analisi
della vulnerabilità del suolo nei confronti dei singoli possibili
contaminanti e le loro diverse interazioni nei confronti delle
diverse fasi che costituiscono il “sistema” suolo; le sostanze
organiche presentano, ad esempio, comportamenti differenti da
quelli assunti dai composti inorganici ed entrambe le classi di
composti al loro interno mostrano ulteriori importanti differenze,
quali, per esempio, quelle esistenti fra ioni positivi e negativi
o fra molecole polari e non.
Infine, nel caso fosse possibile definire bassa la
vulnerabilità di un suolo nei confronti di una determinata
sostanza inquinante, sulla base della capacità del suolo a
tamponare la sostanza tossica in forme chimiche non assimilate e
non lisciviate, va ricordato che tale suolo potrebbe comunque
essere considerato vulnerabile rispetto all’improvviso rilascio di
inquinante che succede al superamento della capacità tampone o al
mutamento delle condizioni pedoambientali (uso del suolo,
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composizione dell’acqua piovana e di irrigazione, cambiamento
climatico etc. etc.).
L’improvviso ed indesiderato rilascio dell’inquinante in forme
solubili e biodisponibili è stato definito da Stigliani (1992)
come “bomba ad orologeria chimica” (B.O.C.), e, da tempi recenti, è
stato ed è oggetto di intensi studi. E’ possibile quindi affermare
che un suolo, convenzionalmente definito a bassa vulnerabilità
perché dotato della capacità di tamponare elevate quantità di
inquinanti in forme non tossiche, presenta un’elevata
vulnerabilità in termini di improvvisi ed indesiderati rilasci di
sostanze tossiche in forme solubili. L’improvviso rilascio di un
metallo pesante si verifica quando:
- l’immissione del metallo pesante supera la capacità di ritenzione del suolo;
- la capacità d’immagazzinamento di un suolo diminuisce in seguito alla
variazione delle condizioni ambientali.
I parametri fondamentali che regalano la capacità del suolo di
immagazzinare i metalli pesanti sono: il pH, il potenziale redox,
il contenuto di sostanza organica e la capacità di scambio
cationico. Le attività umane che possono alterare tali proprietà
del suolo sono numerose.
Tra le più rilevanti rientrano le emissioni in atmosfera di
sostanze, come ad esempio l’anidride solforosa (SO2) prodotta
durante la combustione del carbone e del petrolio, che acidificano
le piogge e provocano di conseguenza, l’abbassamento del pH del
suolo. I valori del pH del suolo possono subire variazioni anche a
causa di pratiche agricole come la calcitazione, che ne provoca
l’aumento, o l’uso di fertilizzanti.
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Anche il potenziale redox può mutare a seguito dell’intervento
antropico, per via del drenaggio di suoli sommersi o a causa
dell’irrigazione praticata in quelli aridi al fine di un loro
possibile impiego agricolo.
Il contenuto in sostanza organica può essere incrementato dal
riciclo dei residui dei raccolti e dall’aggiunta di concime
biologico, mentre un inappropriato riciclo della sostanza
organica, in pratiche agricole intensive e depauperanti, può
causarne un deficit.
La capacità di scambio cationico viene indirettamente alterata
dalle attività che modificano il pH, il contenuto in sostanza
organica e la salinità della soluzione circolante; quest’ultima,
ad esempio, è provocata dall’uso di acque irrigue salmastre,
tipico delle aree costiere dove le riserve idriche sotterranee
sono sovrasfruttate. La salinizzazione del suolo può causare
l’alterazione degli equilibri di scambio ionico (Sequi P., 1989) a
favore della solubilizzazione dei metalli pesanti.
Da quanto detto si deduce chiaramente l’importanza che riveste
lo studio del comportamento chimico e della mobilità dei metalli
pesanti nell’ambito delle indagini ambientali.
1.2. I metalli pesanti.
Con la definizione di “metalli pesanti “ vengono identificati
quegli elementi che presentano le seguenti caratteristiche comuni:
- hanno una densità superiore ai 5,0 g/cm3;
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- si comportano in genere come cationi;
- presentano una bassa solubilità dei loro idrati;
- hanno una spiccata attitudine a formare complessi;
- hanno una grande affinità per i solfuri, nei quali tendono a concentrarsi;
- hanno diversi stati di ossidazione a seconda delle condizioni di pH ed Eh;
I metalli pesanti, con l’eccezione del Fe e dell’Al,
appartengono ai cosiddetti “elementi in traccia”, presenti nei più
comuni suoli e rocce della crosta terrestre in concentrazioni
inferiori allo 0,1%. Le loro concentrazioni nei suoli, nei
sedimenti e nelle rocce sono solitamente di parti per milione o
per miliardo. Gli elementi in traccia sono così definiti in
contrapposizione agli otto elementi maggiori, O, Si, Al, Fe, Ca,
Na, K e Mg che sono presenti nella crosta terrestre in
concentrazioni superiori all’1% (Faure, 1992).
Generalmente vengono considerati metalli pesanti l’Ag, il Ba, il
Cd, il Co, il Cr, il Mn, il Hg, il Mo, il Ni, il Pb, il Cu, lo Sn,
il Tl, il Ti, il V, lo Zn, alcuni metalloidi, con proprietà simili
a quelle dei metalli pesanti, quali l’As, l’Sb, il Bi ed il Se
(Adriano, 1986. Alloway, 1995. Salomon e Förstner, 1984).
Tra questi, gli elementi che determinano più spesso fenomeni
d’inquinamento sono: Cd, Co, Cr, Cu, Mn, Mo, Ni, Pb, Sn e Zn Se
(Adriano, 1986. Alloway, 1995. Salomon e Förstner, 1984). Nella
sua classificazione geochimica Goldschmidt (Faure, 1992) distingue
gli elementi, compresi i metalli pesanti, in (Tabella T12-1):
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Tabella T12-1. Classificazione geochimica degli elementi secondo Goldschmidt.
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- siderofili: aventi affinità per i legami metallici tipici delle leghe;
- calcofili: aventi spiccata affinità per i legami semimetallici tipici dei solfuri;
- litofili: caratterizzati dall’affinità per i legami ionici tipici dei silicatici e degli
ossidi;
- atmofili: aventi bassa affinità per i precedenti legami e pertanto accumulati
nell’atmosfera.
La maggior parte dei metalli pesanti cade nella categoria dei
calcofili, fornendo una prima generica indicazione circa il loro
comportamento chimico.
Negli ultimi decenni i flussi litosfera-biosfera, litosfera-
atmosfera, atmosfera-biosfera relativi a diversi metalli pesanti
quali Pb, Hg, Cd, è cresciuto superando abbondantemente quello
naturale (Adriano, 1986. Alloway, 1995. Salomon e Förstner,
1984. Mckanzie et al., 1979). In questo contesto si intende con il
termine biosfera quel comparto ambientale che contiene il suolo,
le acque superficiali e sotterranee, l’atmosfera e la biomassa ed
ha solitamente il suolo come “accumulatore” finale dei flussi
inquinanti.
Le cause principali dell’alterazione di questi flussi bio-
geochimici sono imputabili alla crescente domanda di prodotti
contenenti metalli pesanti utilizzati nelle attività industriali
e nelle moderne tecniche agrarie ad al conseguente incremento
dell’attività mineraria, siderurgica e della produzione e dello
stoccaggio dei relativi rifiuti.
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1.2.1. Metalli pesanti e suoli agrari.
Il contenuto totale in metalli pesanti nei suoli agrari è il
risultato degli input provenienti da sorgenti diverse (figura
F121-1) e può essere rappresentato dalla seguente formula:
Mtotale = (Mr + Md + Mf + Mpc + Mro + Mia) – (Ma + Mv
+ Me + Ml)
dove:
M = metalli pesanti; r = roccia madre; d = deposizione
atmosferica, f = fertilizzanti; pc = prodotti chimici di varia
natura utilizzati in agricoltura; ro = rifiuti organici, ia =
immissioni accidentali di varia origine; a = assimilazione nei
raccolti; l = lisciviazione; v = volatilizzazione; e = erosione.
La somma (Mp + Ma + Mf + Mac + Mow + Mip) rappresenta gli
apporti complessivi al “sistema” suolo, mentre la somma (Mcr + Mv +
Me + Ml) costituisce le perdite che tale “sistema” può subire.
Dal contenuto di elemento nel suolo (in moli × ettaro-1)
dividendo per la velocità delle perdite (moli × anno-1 × ha-1) è
possibile stimare il periodo di residenza media (in anni) di
ciascun elemento nel suolo. Si stima per il Cd un tempo di
residenza nel suolo compreso tra 75 e 380 anni e, per elementi più
fortemente adsorbiti, quali l’As, il Cu, il Ni, il Pb, il Se e lo
Zn tempi di residenza compresi tra 1000 e 3000 anni. Vengono
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considerati degli intervalli di tempo così ampi poiché si è tenuto
conto di tutte le differenti condizioni in cui possono trovarsi i
suoli. Il lungo tempo di residenza indica che un suolo soggetto ad
un flusso inquinante tende ad accumulare la sostanza tossica e
raggiungere elevate concentrazioni di equilibrio con le perdite.
Un lungo tempo di residenza indica inoltre che, una volta cessato
il flusso inquinante è necessario un tempo assai lungo affinché la
concentrazione dell’inquinante nel suolo ed i relativi flussi
verso i comparti ambientali ad esso associati (figura F121-2)
ritornino ai valori iniziali.
Fino ad oggi si ritiene che alcuni metalli pesanti non
abbiano relazioni dirette con lo sviluppo della biomassa, anzi si
considerano potenzialmente tossici, mentre altri risultano
essenziali per la nutrizione e la crescita di piante ed animali,
manifestandosi però nocivi nel caso in cui le loro concentrazioni
superino delle soglie che sono variabili da elemento ad elemento e
da organismo ad organismo (Tabella T121-1).
Per quegli elementi in traccia necessari allo sviluppo degli
esseri viventi vengono utilizzati anche i sinonimi
“microelementi”, “micronutrienti” ed il termine anglosassone
“trace inorganics”. La concentrazione di metallo pesante nel suolo
alla quale non si osservano effetti negativi indesiderati,
ovvero “sicura”, è comunque difficile da stabilire in quanto la
tossicità può dipendere da fattori che si sommano alla
concentrazione dell’elemento.
Nella Tabella T121-2 sono riportati gli intervalli entro i
quali si situano le concentrazioni dei metalli pesanti osservate
nei suoli e, nella seconda colonna, gli intervalli che contengono
la maggioranza dei dati osservati. Particolarmente interessante è
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la terza colonna, in cui sono riportati gli intervalli di valori
entro i quali si ritiene possibile la tossicità in qualche forma.
Anche questi valori sono dati come intervallo, talvolta anche
ampio, in dipendenza della grande incertezza che tuttora permane
circa gli effetti di alte concentrazioni. Si può osservare che per
molti elementi gli intervalli di concentrazione più frequentemente
osservati nei suoli sono prossimi o si sovrappongono alle soglie
di concentrazione critiche, giustificando l’attenzione che questi
inquinanti ricevono.
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Figura F121-1. Bilancio dei guadagni e delle perdite di
metalli pesanti dal suolo.
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Figura F121-2. Flusso di materia tra il suolo ed i comparti
ambientali ad esso associati.
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Tabella T121-1. Importanza ed effetti degli elementi pesanti in traccia sulla nutrizione di
piante ed animali (elaborato da Adriano D.C. (1986) e Alloway (1995).
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Tabella T121-2. Intervalli e moda delle concentrazioni dei
metalli pesanti misurate nei suoli agrari in varie parti
del mondo e soglie di concentrazione critiche.
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1.2.2. Assimilazione nel vegetale degli elementi in
traccia.
Il processo di assimilazione degli elementi in traccia da
parte dei vegetali può avvenire per trasporto attivo o passivo.
Nel processo di trasporto passivo l’elemento viene assimilato
senza dispendio di energia da parte del vegetale, mentre nel
trasporto attivo l’assimilazione avviene attraverso processi
biologici che comportano il consumo di energia. Il trasporto
passivo si esplica principalmente attraverso l’assimilazione
osmotica. L’assimilazione attiva viene principalmente esplicata
dalla pompa protonica ed dal trasporto attraverso specifiche
strutture della membrana cellulare dei peli radicali dette
cromofori.
Recenti ricerche hanno evidenziato (Gessa C., “Scuola di
dottorato in Chimica Agraria” Torino 7-9 maggio 1997,
Comunicazione orale) come gli essudati radicali hanno un ruolo di
rilievo nell’assimilazione degli elementi di transizione. Gli
essudati radicali sono escreti dall’apparato radicale e sono
composti da polimeri dell’acido galatturonico. Gli essudati
radicali reagiscono con gli ossidi di ferro e di manganese
riducendoli. Gli elementi di transizione occlusi negli ossidi di
Fe e Mn liberati dal processo riduttivo migrano per osmosi
attraverso l’essudato radicale fino a raggiungere la parete
cellulare del pelo radicale. Qui possono essere quindi assimilati
passivamente per osmosi od attivamente attraverso i gruppi
cromofori.
L’assimilabilità dell’elemento è condizionata in modo critico
dalle forme in cui esso è presente nel suolo (Page A.L., Miller
Page 32
R.H., e Keney D.R. Eds, 1982). La biodisponibilità degli elementi
di transizione decresce progressivamente in dipendenza
dell’energia che lega l’elemento alle diverse componenti del
suolo. La biodisponibilità è massima per lo ione “libero”, ovvero
non complessato e decresce progressivamente dai complessi
solubili, alle forme adsorbite aspecificatamente e
specificatamente sui colloidi per raggiungere i valori di
biodisponibilità minimi nelle forme occluse all’interno dei nei
minerali pedogenetici e primari. L’insieme delle forme solubili,
adsorbite ed occluse negli ossidi amorfi di Fe Al e Mn prende il
nome di frazione labile. Essa assume un particolare rilievo in
quanto indagini agronomiche (Page et al., 1982) indicano che la
quantità di metallo assimilata dal vegetale è direttamente
proporzionale a questa frazione.
Nella modellistica che descrivere i cicli biogeochimici degli
elementi mediante modelli a serbatoi e flussi (Lasaga A. C., 1980.
Whitfield M, 1981. Lerman A. e Mackenzie F.T., 1975) e nella
valutazione dell’impatto sanitario determinato dalla
contaminazione dei suoli da metalli pesanti (Sheppard S.C., 1995.
Zach R. e Sheppard S. C., 1991) si assume empiricamente che la
concentrazione dell’elemento nel vegetale sia direttamente
proporzionale alla concentrazione nel suolo, si assume cioè che il
rapporto tra la concentrazione dell’elemento nella biomassa
vegetale e quella del suolo, detto “fattore di trasferimento suolo-pianta”
sia approssimativamente costante (tabella T122-1).
Page 33
Tabella T122-1. Fattori di trasferimento suolo-pianta.
Page 34
Nella tabella sono distinti i fattori di trasferimento suolo-
pianta degli organi vegetali vegetativi e quiescenti. Tali fattori
sono soltanto indicativi dell’ordine di grandezza del fattore di
trasferimento suolo-pianta in quanto, come evidenziato da prove
di terreno effettuate in campi minerari (Sheppard S.C. and Eveden
W.G., 1990) i fattori di trasferimento risentono fortemente delle
forme in cui il metallo è presente nel suolo.
Per una stima più accurata del fattore di trasferimmento
suolo-pianta Sillampää M. (1982) impiega due soluzioni estraenti
(il reagente di Lakanen e il DTPA). I due reagenti impiegati da
Sillampää M. (1982), permettono, tenendo conto della
concentrazione volumica del metallo pesante estratto dal suolo e
di alcune proprietà chimiche e fisiche del suolo quali il pH, il
contenuto in sostanza organica e la CSC, di stimare la
concentrazione di Fe, Mn, Cu e Zn nel vegetale con un’incertezza
che, pur variando da elemento ad elemento, è in media prossima al
30%.
Un elemento oltre che dall’apparato radicale può essere
assimilato dall’apparato fogliare. Considerata l’elevata entità
della deposizione al suolo di alcuni metalli pesanti presenti nel
particellato atmosferico quali Pb, Cd, Zn, Cu segnalata nelle aree
urbane, industrializzate, ed anche molto lontane dai centri
industriali (Alloway, 1990. Bertelsen B.O. et al., 1995. Carignan
R. e Nriagu J.O., 1985. Shirahata H. et al., 1980) Sheppard S.C.
et al. (1992) suggeriscono che nel valutare la biodisponibilità di
un elemento e la concentrazione nel vegetale oltre che
all’assimilazione radicale si consideri anche l’assorbimento
fogliare. Sfortunatamente su questo processo biologico, come
osservano gli autori, si dispongono di poche informazioni.
Page 35
1.3. Sorgenti di metalli pesanti nei suoli
Le possibili sorgenti di contaminazione da metalli pesanti,
nell’ambiente in generale e nella pedosfera in particolare, hanno
due origini: naturale o antropica. La principale fonte naturale è
il substrato geologico mentre tra le sorgenti d’origine antropica
le più rilevanti sono dovute alle attività civili ed industriali,
responsabili di “input accidentali” legati essenzialmente a sorgenti
puntiformi o lineari, ed alle pratiche agricole che rappresentano,
invece, “input deliberati”, areali, determinati dalle metodologie
utilizzate normalmente in agricoltura.
1.3.1. Sorgenti naturali: il substrato roccioso.
Nel corso del processo di alterazione delle rocce il reticolo
cristallino dei minerali primari è distrutto dai processi
pedogenetici, ed i metalli pesanti presenti nei reticoli
cristallini primari sono trasferiti nella soluzione circolante del
suolo (tabella T131-1). Una volta raggiunta la soluzione
circolante essi possono essere lisciviati verso la falda idrica od
essere occlusi nei reticoli cristallini dei minerali pedogenetici.
Come regola generale (Violante P., 1986 a. Violante P., 1989
b.) gli elementi aventi un elevato rapporto tra carica e raggio
ionico, aventi in altri termini un elevato “potenziale ionico”, come
Fe+3, Al+3, Mn+4, Cr+3 precipitano in forma di idrossidi ed ossidi
insolubili. I metalli in traccia a elevato potenziale ionico come
Co, Ni, Cu, Zn, As, Se, possono vicariare Fe, Al e Mn nei relativi
minerali. I metalli in traccia aventi basso potenziale ionico come
Pb e Cd, simili al Ca ed al K, hanno un raggio ionico troppo
elevato per poter essere ospitati nel reticolo cristallino degli
ossidi ed idrossidi di Fe Al e Mn, ma possono essere adsorbiti in
Page 36
forma scambiabile negli interstrati di Smectiti, Vermiculiti e
Illiti. Gli elementi più facilmente lisciviati e con i tempi di
residenza nel suolo minori sono quelli a basso potenziale ionico
simili ai metalli alcalini ed alcalino terrosi, quali gli elementi
delle terre rare. Tra i processi che trattengono gli elementi in
traccia negli orizzonti superficiali del suolo vi è l’assorbimento
nella biomassa vegetale, che imprigiona l’elemento negli
orizzonti organici del suolo attraverso il ciclo suolo-vegetale-
suolo. Tra i processi che favoriscono la lisciviazione dei metalli
pesanti vi è la complessazione con ligandi anionici e la
formazione di specie complesse cariche negativamente poco
trattenute dal complesso di scambio del suolo. Tra i ligandi che
formano i complessi più stabili con i metalli pesanti vi sono il
Cl ed i gruppi carbossilici, fosforici e tiolici della sostanza
organica.
Talvolta nei suoli si osservano elevate concentrazioni di
metalli pesanti che possono essere attribuite alla presenza di
anomalie geochimiche della roccia madre, come ad esempio capita
con il Cr ed il Ni nel caso nei suoli che derivano da un
substrato costituito da rocce ultrabasiche e basiche, frequenti in
tutti gli orogeni (Negretti G., Sabatino B., 1983). In generale si
può osservare che, più un suolo è evoluto, meno è riscontrabile
l’influenza della roccia madre nel contenuto di metalli pesanti
che presenta il suolo a cui è altrimenti paragonabile (Whedepohl
K.H. Ed, 1969).
Per mettere in luce il diverso comportamento dell’elemento nel
corso della pedogenesi , di alcuni elementi sono stati riportati i
rapporti tra la concentrazione nel suolo rispetto a quella della
Page 37
roccia madre, detto “fattore di arricchimento nel suolo” (Sposito G.,
1989. Vinogradov A.P., 1959., Faure G., 1992). Nella tabella
T131-2 sono riportati i fattori di arricchimento osservati nel
Nord America negli anni ‘80. Si osserva che alcuni elementi hanno
fattori di arricchimento inferiori all’unità, mentre altri come Co
e Ni hanno fattori di arricchimento prossimi ad 1. Altri ancora,
come Cd, Pb ed As hanno fattori di arricchimento superiori
all’unità.
La concentrazione dei metalli pesanti nelle rocce
sedimentarie, oltre che dalla composizione mineralogica dei
costituenti terrigeni, dipende anche dalla capacità adsorbente del
sedimento nonché
dalla concentrazione dell’elemento in traccia presente nelle acque
in cui i sedimenti si sono deposti o
sono successivamente venuti a contatto (Bodek I. et al, 1988.
Bolth G.H., 1979. Salomons W. e Förstner U., 1984).
Page 38
Tabella T131-1. Resistenza all’alterazione dei più comuni costituenti minerali delle rocce e
gli elementi in traccia che possono essere ospitati nel reticolo cristallino.
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Tabella T131-2. Intervallo della concentrazione degli elementi in traccia (mg/Kg) e loro
tenori medi nelle principali rocce della crosta terrestre e nel suolo degli USA.
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La presenza o meno di un determinato metallo pesante in un
minerale primario di una roccia ignea o metamorfica dipende dalla
sostituzione isomorfa di uno o due degli elementi maggiori con uno
o due degli elementi in traccia nella struttura cristallina del
minerale. Affinché la sostituzione possa avvenire gli elementi
vicarianti devono avere raggio ionico e carica simili. Quando il
potenziale ionico dei due elementi differisce meno del 15% i due
elementi hanno approssimativamente la stessa probabilità di essere
ospitati nel reticolo cristallino. Quando la differenza tra i
potenziali ionici supera il 36% la vicarianza tra i due elementi è
completa solo alle alte temperature. (Faure G., 1992. Andrew J.E.
et al., 1996. Negretti G., Sabatino B., 1983. Wedehpol, 1969). Il
potenziale ionico fornisce quindi un’indicazione sulla
probabilità che l’elemento in traccia sostituisca l’elemento
maggiore e che quindi nel corso della fusione parziale di una
roccia, nel coso della cristallizzazione frazionata di un magma o
nel processo metamorfico tenda a concentrarsi nella fase liquida
piuttosto che in quella solida.
Il comportamento degli elementi in tracce nel processo di
differenziazione magmatica e nel processo metamorfico dipende
infatti dalla fase mineralogica che cristallizza. Nella formazione
di magma basaltico (basico) che ha luogo in corrispondenza delle
dorsali medio-oceaniche dalla fusione parziale dai minerali della
peridotite del mantello vengono preferenzialmente solubilizzati
quelli che hanno un potenziale ionico sensibilmente diverso da
quello degli elementi che compongono i minerali principali della
peridotite (Plagioclasi, Pirosseni, Spinelli) ovvero quegli
elementi che hanno un basso potenziale ionico. Nel corso della
cristallizzazione frazionata del magma basaltico vengono rimossi
Page 42
dalla fase fluida quegli elementi che come il Co, il Ni e il Cr
vicariano il Fe e il Mg, nei relativi minerali ferro-magnesiaci,
caratterizzati da elevata densità e alto punto di fusione. Le
rocce acide sono quindi arricchite nei metalli pesanti a basso
potenziale ionico quali il Ba ed il Pb che vicariano il Na ed il
K nei feldspati alcalini. Distribuzioni più uniformi rispetto al
contenuto in silice della roccia hanno il Cu, il Mn, l’As, il B,
il Mo ed il Se (Faure G., 1992. Andrew J.E. et al., 1996. Negretti
G., Sabatino B., 1983. Wedehpol, 1969). Il comportamento di questi
elementi nell’evoluzione magmatica è spiegato da diversi fenomeni,
qual è la precipitazione della pirite nei magmi basaltici per il
Cu o la capacità di vicariare l’Al, come per l’As. Nella Tabella
T131-2 sono indicate le concentrazioni medie di alcuni metalli
pesanti nelle rocce più comuni costituenti la crosta terrestre.
1.3.2. Sorgenti antropiche: attività civili, industriali edagricole.
Una delle sorgenti principali di emissioni gassose di metalli
pesanti è rappresentata dai fumi prodotti dal consumo di
combustibili per il riscaldamento (Tabella T132-1); circa l’84%
delle ceneri prodotte dalla combustione dei carboni sono volatili
ed il loro contenuto in elementi in traccia è piuttosto variabile,
dipendendo sia dal tipo di carbone sia dalle condizioni di
combustione (Tabella T132-2). Altre importanti fonti di emissioni
in atmosfera contenenti elementi in traccia sono rappresentate
dagli inceneritori di rifiuti e dal traffico veicolare.
Anche durante il processo estrattivo dei metalli, nonché
durante le successive operazioni di fusione e lavorazione, possono
disperdersi nell’ambiente rilevanti quantitativi di elementi
Page 43
inquinanti attraverso i fumi e le polveri, immessi dalle ciminiere
nell’atmosfera, ed i rifiuti liquidi rappresentati dalle acque
utilizzate durante il ciclo produttivo.
Durante la combustione dei carburanti e dei lubrificanti
necessari ai mezzi di trasporto si libera Pb, mentre l’usura dei
pneumatici diffonde Zn: in entrambi i casi vi è associata una
liberazione di Cd.
Di particolare interesse e rilevanza è il riutilizzo
nell’agricoltura di quei fanghi, ricchi in sostanze organiche e
minerali, prodotti dalla depurazione delle acque di scarico urbane
(reflue), la cui principale limitazione d’uso dipende dai loro
contenuti in metalli pesanti (Adriano D.C., 1986. Alloway B.J.,
1997) (tabella T132-3). Anche per i compost, risultato finale di
un processo di trattamento dei rifiuti solidi urbani, la
limitazione d’uso, come additivo per terreni agrari, è
rappresentata dalla quantità di metalli pesanti presente (tabella
T132-4). L’applicazione ai suoli di fanghi di depurazione e/o
compost con un eccessivo contenuto in Cd, Cu, Ni, Pb e Zn in
particolare, riduce la resa delle colture o, comunque, peggiora la
qualità dei prodotti; il Cu, il Ni e lo Zn sono risultati i più
fitotossici (vedi anche tabella T121-2). Tra le fonti
d’inquinamento ambientale vanno infine considerati i possibili
rilasci di sostanze tossiche da parte delle discariche costruite
prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 915/82.
Per quanto riguarda gli apporti dovuti alle pratiche agricole,
la maggior parte sono dovuti all’utilizzo dei fertilizzanti sia
per il fatto che la concimazione viene ripetuta stagionalmente sia
perché vengono ottenuti dalla lavorazione di rocce fosfatiche (le
Fosforiti) che contengono quantità variabili di As, Cd, Pb, Bi e
Page 44
Zn (Whedepohl K.H., 1969). Il Co, il Cu e lo Zn sono contenuti,
anche in notevoli quantità, nelle deiezioni degli animali, che,
assimilandone soltanto percentuali molto basse (circa il 5%),
fanno sì che le loro feci e le loro urine ne risultano molto
arricchite. I problemi ambientali legati all’impiego delle
deiezioni animali nascono, poiché, soprattutto nelle aziende ad
indirizzo zootecnico e cerealicolo-zootecnico, vengono
ridistribuiti su aree limitate o limitatissime per lunghi periodi
di tempo. Stagionali apporti in Cu, Hg, Mn, Pb, As, Sn e Zn sono
causati inoltre dall’uso di pesticidi di varia natura (Adriano
D.C., 1986).
Vista la complessità e la varietà delle possibili fonti
d’inquinamento, specie nei paesi più industrializzati (tabella
T132-5), il monitoraggio e la valutazione delle situazioni a
rischio diventa di primaria importanza per il miglioramento della
qualità della vita ed il rispetto dell’ambiente.
Page 45
Tabella T132-1. Principali emissioni di metalli pesanti in
atmosfera dell’Europa.
Tabella T132-1.
Principali em issioni in atm osfera in Europa, t/a (*)Sorgente t/a Cd Cr Cu M n Ni Pb ZnCarburanti 31 *** *** 92 1330 74300 ***Produzione di leghe non ferrose 2156 *** 8471 *** 140 28022 54920Produzione di leghe ferrose 58 15400 1710 10770 340 14660 10250Im pianti di riscaldam ento 155 1580 2038 1378 7467 1652 1824Centrali elettriche 101 1196 1377 1011 4580 1138 1316M iniere 1 *** 192 275 1640 1090 460Inceneritori di rifiuti 84 53 260 114 10 804 5880Cem entifici 15 663 *** *** *** 746 ***Fertilizzanti fosfatici 27 *** 77 *** 77 6 230Totale 2628 18892 14125 13640 15584 122418 74880(*) Tratta da Levi-M inzi R., 1989.
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Tabella T132-2. Concentrazioni medie dei metalli pesanti delle
ceneri di alcuni combustibili fossili.
Page 47
Tabella T132-3. Concentrazione limite dei metalli pesanti nei
fanghi di depurazione utilizzabili come fertilizzanti.
Tabella T132-4. Concentrazione limite dei metalli pesanti
presenti nei compost utilizzabili nella Regione Piemonte.
Page 48
1.3.3. I cicli petrogenici e il comportamento nel suolo di
As Bi, Sb, Cr, Pb, Cd, Zn, Cu, Co e Ni.
Il suolo è definito come “quel sistema: in equilibrio tra litosfera,
biosfera, idrosfera e atmosfera” (Sequi P., 1986). La concentrazione
degli elementi pesenti nei suoli, nelle rocce crostali e negli
oceani è infatti il risultato di equilibri biogeochimici tra
l’attività della biosfera e i processi petrotettonici associati
alla tettonica delle placche (figura F133-1). Gli equilibri bio-
geo-chimici riportati nella figura F133-1 sono descrivibili da
modelli a serbatoi e flussi. Questi modelli, a loro volta sono
descritti da sistemi di equazioni differenziali, risolvibili
analiticamente nel caso che tutti i flussi del sistema siano
governati da cinetiche del primo ordine (Lasaga, 1980), oppure
numericamente, nel caso siano controllati da cinetiche di ordine
superiore. La sussistenza di un equilibrio tra il suolo, la
litosfera e l’idrosfera è particolarmente evidente se si considera
il coefficiente di ripartizione dell’elemento tra l’acqua marina
e il particellato oceanico è linearmente correlato sia al
coefficiente di ripartizione dell’elemento tra l’acqua marina e la
crosta continentale, che al tempo di residenza dell’elemento
nell’oceano (figura F133-2), (Salomon W. e Förstner U., 1984). La
summenzionata correlazione fornisce indicazioni di massima sui
meccanismi di rimozione dell’elemento dall’acqua oceanica.
Ulteriori informazioni possono essere tratte dalla sua
distribuzione attraverso la colonna d’acqua oceanica (Figura F133-
3).
Per alcuni dei metalli presi in considerazione nel presente
lavoro si cercherà nei successivi paragrafi di riassumerne i cicli
petrogenici, il comportamento dell’elemento nel peodoambiente,
Page 49
nelle acque oceaniche e le principali fonti di inquinamento. In
particolare Lo studio dei cicli petrogenici fornisce indicazioni
utili a comprendere quei meccanismi di quei processi che nel corso
delle ere geologiche hanno mantenuto in equilibrio la
concentrazione dei metalli pesanti in traccia nelle rocce, nei
suoli, nelle acque oceaniche e nella biomassa (Salomon W. e
Förstner U., 1984. Whitfield M., 1981. Withfield M. e Turner D.R.,
1992).I meccanismi e i processi che nel corso delle ere geologiche
hanno mantenuto in equilibrio chimico la pedosfera, la biosfera,
la litosfera, l’atmosfera e l’idrosfera, potrebbero permettere
infine, mediante un appropriato modello a serbatoi e flussi, di
valutare gli effetti sull’ecosistema planetario dell’inquinamento
del suolo, ed in ultima analisi, di valutare la sostenibilità
delle pratiche agricole ed industriali adottate nei paesi
industrializzati (Lasaga A.C., 1980. Mackenzie et al., 1979.
Lerman A., e Mackenzie F.T., 1975. Lantzy R.J., and Mckenzie F.T.,
1979. Schwarzman D.W. e Walk T., 1989).
Nelle pagine che seguono particolare attenzione è data all’As,
Bi, Sb, Cd e Pb. I primi due elementi si caratterizzano per un
marcato carattere semimetallico, e sono presenti nei suoli in
forma di complessi anionici. Il Sb, il Pb ed il Cd hanno
carattere metallico marcato, e sono presenti nella soluzione
circolante dei suoli in forma di complessi cationici.
Figura F133-1. Il ciclo biogeochimico di riferimento
(G.E.R.M.) proposto per unificare la modellistica bio-
geochimica (*).
Page 51
Figura 133-2. Correlazione tra costante di ripartizione
dell’elemento tra l’acqua oceanica e il particellato oceanico
(log Ky) ed il tempo di residenza nell’oceano (ty) (Whitfield
M, 1981).
Page 52
Figura 133-3. Distribuzione degli elementi nel pacifico settentrionale.
Page 53
1.3.3.1. Arsenico (As).
La determinazione dell’As presente in matrici complesse quali
rocce suoli e sedimenti è problematica, e le misure effettuate su
suoli e rocce standard con metodi differenti concordano a meno di
una deviazione standard del 51% (n=5) Pirite (Buaur W.H. e Onishi
H., 1972. Nonostante le incertezze analitiche insite nella ardua
determinazione dell’As in matrici complesse Buaur W.H. e Onishi H.
(1972) compendiano una ricca raccolta di dati petrografici e
cristallochimici che permette di tratteggiare il ciclo
petrogenico dell’As a seguito riassunto.
La concentrazione media dell’As è di 3 mg/Kg nelle rocce
ultrafemiche e di 2 mg/Kg nelle rocce basiche ed ignee, mentre
raggiunge concentrazioni medie di 487 mg/l nell’acqua di
condensazione delle emissioni fumaroliche (Buaur W.H. e Onishi H.,
1972). In corrispondenza delle sorgenti idrotermali delle dorsali
medio-oceaniche si osserva la precipitazione di solfuri ricchi in
As (Andrews J.E., et al., 1996). Nelle peridotiti che compongono
il mantello l’As è contenuto nella magnetite (2,7-41 mg/Kg), nei
pirosseni (0,5 mg/Kg), nel plagioclasio (0.14 mg/Kg), nelle
Olivine (0,11 mg/Kg) (Buaur W.H. e Onishi H., 1972). In queste
rocce, come indicano le regole cristallografiche del Pauling
(Faure G., 1992), l’As+3 vicaria l’Al+3 il Fe+3 e il Ti+4. La
sostituzione isomorfa dell’Al+3 del Fe+3 e del Ti+4 con l’As+3, a
causa dell’elevato raggio ionico dell’As+3, comporta una
distorsione dei reticoli cristallini in cui l'As è ospitato e non
è quindi favorita. Nel corso della fusione parziale del mantello
l’As è quindi espulso dai reticoli cristallini dei minerali
primari della peridotite ed è concentrato nella fase fluida. Nel
Page 54
corso della cristallizzazione frazionata del magma basaltico l’As
non è efficacemente rimosso dalla precipitazione della Pirite, non
essendo questa presente in quantità sufficienti a legare tutto
l’As presente nel magma. Essendo l’As+3 uno ione vicariante l’Al+3
il Fe+3 e il Ti+4 esso non è concentrato nei magmi basici più che
in quelli acidi. La cristallizzazione dei minerali di Fe, Al e Ti
non rimuove completamente l'As dal fuso silicatico. L’As
pertanto, si concentra nei fluidi ultracritici espulsi dalla
cristallizzazione dei magmi granitici e nei fluidi idrotermali
associati ai plutoni e all’attività vulcanica. L’As raggiunge nei
fluidi idrotermali di alto grado espulsi dalla cristallizzazione
frazionata del magma granitico concentrazioni sufficientemente
elevate da precipitare l’Arsenopirite, il principale minerale
dell’As, nei filoni tardivi dei corpi granitici e nell’aureola
metamorfica ad essi associata (Mastrangelo F., Natale P. e
Zucchetti S., 1983). E’ così relativamente frequente osservare
negli gneiss che avvolgono i plutoni granitici tenori elevati di
As. L’As può essere ospitato in tenori elevati nei solfuri di
grado termale più basso, quali Galena, Niccolite, Sfalerite e
Pirite. L’intervallo di concentrazioni dell’As che si può
osservare in questi solfuri idrotermali è di 50-1000 mg/Kg nella
Sfalerite, di 80-1000 mg/Kg, nella Calcopirite, di 80-5000 mg/Kg
di 80-20000 mg/Kg e nella Pirite (Buaur W.H. e Onishi H.,
1972).Nelle rocce acide, come in quelle basiche, il contenuto di
Solfuri ed Arseniati non è sufficiente a sequestrare tutto l’As
presente nella roccia e notevoli quantità dell’As presente nel
corpo roccioso sono occluse nei silicati primari Pirite (Buaur
W.H. e Onishi H., 1972) .
Page 55
Nell’ambiente pedologico la solubilità dell’As liberato
dall’alterazione dei minerali primari essere controllata dalla
precipitazioni di fasi insolubili (figura F1331-1). In ambienti
riducenti la solubilità dell’As nei suoli è controllata dalla
precipitazione dei solfuri, ed in un ristretto campo di valori di
Eh, dall’ossido arsenioso As2O3. Nelle condizioni ossidanti le
forme prevalenti nei suoli ben aerati sono l’acido arsenico ed
arsenioso. L’acido arsenico ed arsenioso a pH superiori a due ed
inferiori a 12 sono prevalentemente dissociati nelle forme
anioniche H2AsO4-1 ed HAsO4
-1. Nonostante l’elevata solubilità
dell’As in ambiente ossidante la concentrazione dell’As nella
soluzione circolante del suolo è solitamente bassa, 1*10^-2 mg/l
(O’Neill, 1997).La concentrazione dell’arseniato e l’arsenito è
ovviamente limitata dall’adsorbimento dal complesso di scambio
anionico del suolo (Gessa C. e Testini C., 1989. Stumm W., and
Morgan J.J., 1996. New Zeland Society of Soil Science, 1980),
principalmente determinato da ossidi ed idrossidi di Fe, Al e Mn
nonché dalla sostanza organica, dal pH e dalla forza ionica della
soluzione circolante (op. cit.). Gli ioni arsenico ed arsenito si
combinano con le superfici degli ossidi di ferro attraverso
complessi bidentati simili a quelli formati dallo ione fosforico
HPO4-2 (O’Neill, 1996). Lo ione fosforico ha una costante di
dissociazione simile a quella degli acidi arsenico ed arsinico e
pertanto nel pedoambiente compete con l’As nell’adsorbimento sugli
ossidi di Fe. Siccome lo ione fosforico ha dimensioni inferiori a
quelle dello ione arsenico ed arsinico, forma sulle superfici
degli ossidi complessi bidentati più stabili. L’arsenato e
l’arsenito adsorbiti sugli ossidi di ferro amorfi eccedono la
Page 56
capacità di scambio anionico del minerale (op. cit.), suggerendo
che l’As diffonda all’interno dell’idrossido andando a vicariare
il Fe+3 nel solido amorfo. L’adsorbimento dell’As sugli idrossidi
di Al cristallini è ben descritto dall’isoterma di (op. cit.) e
permette pertanto di escludere la possibilità che l’As migri
all’interno di questi minerali cristallini. Studi condotti sui
sospensioni di sedimento lacustri indicano che passando da un
potenziale ossidativo di +500mV a -200mV e da un pH di 4,0 ad un
pH di 7,5 l’As solubile aumenta di 25 volte, in stretta relazione
lineare (P<0,01) alla quantità di ferro solubilizzato. Siccome,
nel processo di riduzione del sedimento non si ha produzione di
composti metilati, l’esperienza prova che alla solubilizzazione
degli ossidi di ferro si accompagna il rilascio dell’As adsorbito
(op. cit.).
L’acido arsenico ed arsenioso è metabolizzato da funghi e
batteri con produzioni di composti metilati volatili e tossici
quali l’acido monometilarsonico CH3AsO(OH)2, l’acido
dimetilarsinico (CH3)2AsO(OH), l’ossido trimetilarsenico (CH3)3AsO e
la trimetilarsina (CH3)2AsH. Le specie metilate prodotte dipendono
dalle popolazioni fungine e batteriche (op. cit). Il contenuto di
As estraibile in acido fluoridrico attraverso il profilo dei suoli
Russi è stato studiato da Vinogradov A.P. (1959). La
concentrazione dell’As è risultata compresa nell’intervallo 1 e 10
mg/Kg, con una media di
Figura F1331-1. Diagramma Eh-pH del sistema As-S-O-H.
(Tratto da Brookis D.G., 1987).
Page 57
3,6 mg/Kg, valori poco diversi dal valore di 5mg/Kg, risultato
della media di 500 suoli raccolti da Vinogradov A.P. (1959) in
località provenienti da tutto il mondo. I dati raccolti da
Vinogradov A.P. (1959) nella prima metà del secolo indicano che la
concentrazione dell’As nel profilo del suolo è principalmente
determinata dall’accumulo di sostanza organica e dalla
precipitazione degli ossidi di ferro, e che il fattore di
arricchimento dell’As nel suolo rispetto alla roccia madre medio
nella prima metà del secolo era compreso tra 2,4 e 3,3. I dati
raccolti da Schacklette H.T. e Boergen J.B. (1984) indicano che la
concentrazione dell’As nel suolo Nord Americano è di 7,2 mg/Kg e
il fattore di arricchimento dell’As nel suolo risulta così circa
il doppio rispetto a quello misurato da Vinodograv A.P. (1959)
nella prima metà del secolo. O’Neill (1997) riporta risultati di
recenti rilevi sulla concentrazione di As nei suoli di diversi
paesi. La media geometrica della concentrazione dell’As è di 6.7
mg/Kg in Alaska (1988), 40 mg/Kg nel Regno Unito Meridionale
(1984), 9,2 mg/Kg in Cina (1991), 2,63 mg/Kg in Polonia (1992),
valori per lo più sensibilmente superiori da quelli stimati da
Vinogradov (1959).
La biodisponibilità dell’As dipende dalle forme che esso
assume nel suolo, ed è maggiore per le specie presenti in
soluzione. La frazione di As legata alla sostanza organica è
ovviamente facilmente assimilata dai vegetali. Come per il P, la
biodisponibilità dell’As è controllata dagli ossidi di ferro
(Tamaki S. and Frankenberg W.T. Jr., 1992). Essendo come noto i
suoli agrari frequentemente sovrassaturati in P, un efficiente
competitore dell’As nell’adsorbimento sugli ossidi di Fe, è
ragionevole ritenere che la capacità tampone del suolo nei
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confronti dell’As sia superata in vaste aree agricole con rischi
di rilascio dell’elemento nella catena alimentare e nella falda
idrica. Secondo le stime di Baes C. F. et al. (1984) la
concentrazione dell’As antropico negli organi vegetativi delle
piante si può in prima approssimazione stimare come il 4% dell’As
presente nel suolo mentre quella degli organi quiescenti è del
0,6%. Per i suoli Nord Americani, dove il contenuto di As è
mediamente di 7,2 mg/Kg, (Shacklette H.T. and Boerngen J.B., 1984)
il contenuto nella biomassa vegetale si può stimare di 0,3 mg/Kg.
Alla quota assimilata attraverso l’attività radicale, come
osservano Sheppard S.C. et al. (1992) la concentrazione dell’As
nella biomassa vegetale andrebbe integrata dalla quota determinata
dalla deposizione atmosferica sulle piante e dall’assimilazione
fogliare, ma, come osservano gli autori, poco è noto
sull’assimilazione fogliare degli elementi di transizione in
traccia. La quantità di As pedologico inalata può essere stimata
se si considera che in media la concentrazione di un elemento nei
primi metri a livello del suolo è circa 10^-6 volte la
concentrazione dell’elemento nel suolo (Facchinelli et al., 1997).
La quantità di As pedologico inalata quotidianamente dalla
popolazione Nord Americana può essere stimata quindi in ragione di
0,05 mg/g.
Come indicano Sheppard S.C. et al. (1992) l’ingestione
volontaria od involontaria di suolo è una voce importante nel
determinare la quantità di elemento in traccia assimilato
giornalmente dalla popolazione. Il suolo ingerito accidentalmente
dalla popolazione è principalmente costituito dalla frazione
argillosa e la quantità ingerita è fortemente correlata all’età
(tabella T1331-1). I minerali del suolo hanno scarso effetto nel
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limitare l’assimilazione dei metalli pesanti (Sheppard S.C., et
al., 1994). La quota di As legata al suolo assimilata
accidentalmente dalla popolazione dipende quindi criticamente dal
contenuto di argilla del suolo, dove l’As, come molti inquinanti,
tende a concentrarsi.
La concentrazione dell’As nelle acque dolci continentali è
compresa nell’intervallo tra 1*10^-3 e 1*10^-2 mg/Kg e mediamente ha
il valore di 2*10^-3 mg/Kg (Tamaki S. and Frankenberg Jr, 1992).
Negli ambienti ossidanti tipici delle acque superficiali e delle
falde idriche l’As è presente in forme anioniche solubili (figura
F1331-1). Le specie prevalenti, in funzione del pH e del Eh, sono
H3AsO40, H2AsO4
-1, HAsO4-1 ed AsO4
-1. La solubilità dell’As nelle acque
dolci continentali ben ossigenate è pertanto presumibilmente
controllata dalla complesso di scambio anionico e dalla
concentrazione delle specie anioniche che competono
nell’adsorbimento, le cui principali sono PO4-3, SO4
-2, CO3-2
(Schnor J.L., 1996. Stumm W. e Morgan J.J., 1996). Nelle acque
oceaniche la concentrazione media dell’As è compresa tra 1,5*10^-3
e 5*10^-3 mg/l ed ha il valore medio di 1,7*10^-3 mg/l (Tamaki S.
and Frankenberg W.T. Jr., 1992). La distribuzione della
concentrazione dell’As attraverso la colonna d’acqua dell’oceano
Pacifico Settentrionale (Nozaky I., 1996) è costante, indicando
secondo principi generali dell’oceanografia (Andrews J.E. et al.,
1996. Salomon W., and Förstner 1984) che la concentrazione dell’As
nell’oceano non è controllata dall’accumulo nel plancton o dalla
sedimentazione del particellato oceanico. Nelle rocce sedimentarie
la concentrazione dell’As è in ordine decrescente di 15 mg/Kg nel
carbone, 10 mg/Kg nelle Argilliti di piattaforma continentale, 1,7
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mg/Kg nei carbonati e 13 mg/Kg nelle argille di piana abissale.
Nei sedimenti delle piane oceaniche abissali, come è stato
evidenziato dall’analisi della varianza (Yuan-Hui Li, 1982) e
confermato dall’elevato coefficiente di ripartizione tra solido e
liquido dell’As osservato nella cristallizzazione dell’idrossido
di ferro a pH 9 (Plotnikow V. I. and Usatova L. P., 1964), l’As è
principalmente occluso nelle concrezioni di ossidi ed idrossidi di
ferro. La distribuzione dell’As nelle principali rocce
sedimentarie suggerisce che il principale meccanismo di rimozione
dell’As dalle acque oceaniche sia il seppellimento della sostanza
organica e l’occlusione dell’As+3 nei reticoli cristallini degli
ossidi di ferro. Dal rapporto della concentrazione dell’As
nell’acqua marina e nella crosta continentale il tempo di
residenza dell’As nell’oceano può essere stimato in ragione di 10^4
anni (Withfield M., 1975).
Le conoscenze sulla tossicità dell’As sono state riassunte da
Tamaki S. and Frankenberg W.T. Jr., (1992). La tossicità dell’As
dipende dalla sua forma chimica dell’elemento. L’acido arsenico
interagisce con il metabolismo cellulare inibendo la formazione di
ATP. L’acido arsenico può inoltre sostituire lo ione fosforico nei
fosfoglucidi. L’acido arsinico forma legami stabili con i gruppi
reattivi degli enzimi della pelle e dei reni, denaturandoli.
L’acido arsinico è più tossico dell’acido arsenico, ed ha un tempo
di residenza negli animali maggiore dell’acido arsinico. La dose
letale media sui ratti del
Tabella T1331-1. Ingestione volontaria ed involontaria di
suolo.
(Elaborato da Sheppard S.C. et al., 1992).
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Figura F1331-2. Ciclo biogeochimico dell’As, dati in 10^8 g.
(Tratto da Mackenzie et al., 1979).
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potassio arsenito di 14 mg/Kg e del calcio arsenato di 20 mg/Kg. I
composti metilati sono sensibilmente meno tossici. La dose letale
media dell’acido dimetilarsinico è di 700-2600 mg/Kg, quella
dell’acido metanarsonico è di 700-1800 mg/Kg. L’As è un composto
cancerogeno associato ai tumori della pelle.
Le fonti primarie di As sono i giacimenti di Calcopirite e
Galena e l’As è un sottoprodotto della raffinazione di Pb e Cu
(Alloway D.C., 1986). La forma commerciale grezza dell’As è il
triossido arsinico. La produzione mondiale annua di triossido
arsinico è stata negli anni ‘70 di circa 47.000 tonnellate. Negli
stati Uniti negli stessi anni l’80% dell’As è stato impiegato come
defoliante e insetticida a fini agricoli, e l’8% nell’industria
ceramica, il rimanente nella concia del cotone (op. cit.). Le
principali fonti di inquinamento del suolo dell’As sono quindi lo
spargimento dei presidi fitosanitari e le emissioni in atmosfera
delle fonderie. Le emissioni in atmosfera di origine antropica
sono infatti di 78000 t contro 24000 t di emissioni naturali
(Salomons W., Forstner U., 1984). Il ciclo biogeochimico dell’As
risulta così fortemente perturbato dalle attività antropiche
(figura F1331-2).
1.3.3.2. Bismuto (Bi).
La tecniche analitiche disponibili per la determinazione del
contenuto di Bi nelle matrici complesse quali sono le rocce e i
sedimenti, nonostante le ricerche condotte da numerosi chimici
analitici (Morrow A., et al. 1997. Whedepol K.H., 1969) sono
affette da errori metodologici del superiori al 50%. A causa
delle difficoltà poste dalla determinazione della concentrazione
del Bi, che richiede attrezzature costose e procedure di analisi
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complesse, si dispongono di poche ed imprecise misure sulla
concentrazione del Bi nelle principali matrici ambientali. Kupcik
V. et al.(1978) compendiano un numero numeroso di indagini
petrografiche, geochimiche e cristallochimiche sul Bi dalle quali
è possibile tratteggiare il ciclo petrogenico a seguito riassunto.
La concentrazione del Bi ha un massimo relativo nelle rocce
ultrabasiche (0,62 mg/Kg), un valore minimo in corrispondenza
delle rocce basiche (0,19 mg/Kg) ed un valore massimo nelle rocce
acide (1,4 mg/Kg) (tabella T131-2). La distribuzione del Bi in
funzione del contenuto di silice delle rocce permette di
concludere (Negretti G., Di Sabatino B., 1983) che nella fusione
parziale delle peridotiti del mantello che genera il magma
basaltico il Bi si concentra nel fuso parziale, che di norma
costituisce il 2-3% della roccia. Nelle rocce basiche frutto della
fusione parziale del mantello il Bi è ospitato nella Pirite, che
ha un contenuto medio in Bi di 2 mg/Kg (tabelle T1332-1 e T1332-
2), ed nei principali minerali silicatici, dove vicaria il Ca
(tabella T1332-4). Nel corso della evoluzione del magma basico il
Bi non è efficientemente rimosso dalla cristallizzazione dei Ca-
Feldsapati dei Pirosseni, degli Anfiboli e della Pirite,
concentrandosi nel fuso silicatico acido. Le concentrazioni
massime di Bi vengono così raggiunte nelle rocce acide, nei
graniti ed in particolare nei filoni
Tabella T1332-1. Il contenuto di Bi (mg/Kg) nei solfuri.
(Elaborato da Kupcik V. et al., 1978).
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Tabella T1332-2. Distribuzione di frequenza del Bi (mg/Kg) nei
solfuri.
(Elaborato da Kupcik V. et al., 1978).
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Tabella T1332-3. La concentrazione del Bi (mg/Kg) nei minerali delle terre rare. (Elaborato da
Kupcik V. et al., 1978).
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Tabella T1332-4. La concentrazione del Bi (mg/Kg) nei minerali silicatici. (Elaborato da
Kupcik V. et al., 1978).
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Figura F1332-1. Diagramma Eh-pH del sistema Bi-O-H-S.
(Tratto da Brookis D.G., 1988).
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pegmatitici, dove il Bi vicaria il Ca nei feldspati potassici,
nelle Apatiti e l’Y nei minerali delle terre rare (tabella T1332-
3). Nonostante il Bi abbia un potenziale ionico simile al Ca e lo
vicari nei minerali silicatici, nelle serie petromagmatiche non si
osserva comunque alcuna correlazione tra la concentrazione del Ca
e quella del Bi. Il Bi è invece fortemente correlato a quello
dell’Y, un elemento delle terre rare (Kupcik V. et al., 1978). Il
Bi ha concentrazioni elevate nei solfuri idrotermali, in
particolare nella Galena (1041 mg/Kg), nella Calcopirite
(11mg/Kg), nella Sfalerite (5 mg/Kg) e nella Pirite (2 mg/Kg)
(tabella T1331-2). Il principale solfuro di Bi, la Bismutina Bi2S3è un minerale relativamente raro, e cristallizza ad un grado
idrotermale inferiore a quello caratteristico dei summenzionati
solfuri.
Non si dispongono di misure sulla concentrazione del Bi nelle
acque dolci superficiali (Salomons W. and Forstner U., 1984. Faure
G., 1992. Schnoor J., 1996. Wedepohl K.H., 1969). I dati
termodinamici disponibili (figura F1332-1) indicano che nelle
condizioni di Eh-pH caratteristiche delle acque superficiali e
delle falde idriche la solubilità del Bi è controllata dalla
precipitazione dell’ossido Bi2O3 a pH superiore a 6. A pH inferiori
il Bi è solubile e la specie prevalente è il Bi6O6+6. Nelle acque
oceaniche il Bi ha una concentrazione compresa tra 0,015 e 0,20
mg/l, con un valore medio di 0,026+/-37% mg/l (Kupcik V. et al.,
1978). Le forme chimiche che il Bi assume nell’acqua marina sono
BiCl-2, BiOCl+0, BiO+1 (Goldberg E.D., 1965). Attraverso la colonna
d’acqua del Pacifico Settentrionale la concentrazione del Bi ha
un minimo relativo nei primi 200 m ricchi di vita planctonica, un
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massimo a cuspide in corrispondenza del limite tra lo strato
oceanico superficiale caldo, ossigenato, illuminato, e un
decremento esponenziale attraverso lo strato oceanico sottostante
freddo, ricco di elementi nutritivi e povero di vita (Yuan-Hui Li,
1982). La distribuzione del Bi attraverso la colonna d’acqua
oceanica indica secondo i principi generali dell’oceanografia
(Salomon W., and Förstner U., 1984. Andrew J.E., et al., 1996) che
questo elemento si comporta come fattore limitante della crescita
planctonica nello strato oceanico superficiale, ma che una volta
raggiunto il sottostante strato oceanico privo di vita è
rapidamente rimesso in soluzione dalla degradazione delle spoglie
organiche, adsorbito sul particellato e sedimentato sulle piane
abissali. Dal rapporto tra la concentrazione del Bi nella crosta
continentale e nell’acqua il tempo di residenza del Bi
nell’oceano, a meno della perturbazione antropica degli equilibri
naturali, può essere stimato dell’ordine di grandezza di 10^3 anni
(Whitfield M., and Turner D.R., 1982. Whitfield M., 1981). Secondo
stime più precise (Goldberg E.D., 1965) il tempo di residenza del
Bi nell’oceano sarebbe di 45000 anni.
La concentrazione del Bi nelle Argilliti di piattaforma
continentale è di circa 1 mg/Kg, un valore di poco superiore a
quello della concentrazione media della crosta terrestre, 1,4
mg/Kg. La concentrazione del Bi raggiunge valori nettamente
superiori a quelli della crosta terrestre, 2,1 mg/Kg, nelle
Argilliti di piana abissale. In questi sedimenti il Bi risulta
prevalentemente associato con l’Y presente nei minerali delle
terre rare presenti nei noduli di manganese (Yuan-Hui Li, 1982).
Tra le concentrazioni massime di Bi si misurano nel carbone e
nell'antracite (5,5 mg/Kg), indicando un forte accumulo di questo
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elemento nella biomassa vegetale dei continenti. Non si dispongono
di analisi sul contenuto di Bi nelle rocce carbonatiche (Heinrichs
H., Sculz-Dobrick and Wedepohl K.H., 1980. Faure G., 1992.
Whedepol K.H., 1969). I dati disponibili sulla distribuzione del
Bi nelle rocce sedimentarie indicano che questo elemento è rimosso
dall'oceano principalmente dal seppellimento della sostanza
organica e dall'intrappolamento nei minerali delle terre rare.
Nelle rocce metamorfiche (tabella T1331-6) la concentrazione
del Bi è massima nelle rocce di basso grado metamorfico (Scisti e
Filladi) ed è minima nelle rocce metamorfiche di alto grado
(gneiss). Nell'alea dei pochi dati disponibili si può concludere
che il processo metamorfico ha come effetto la mobilizzazione del
Bi. Va osservato che nelle rocce metamorfiche di basso grado il
contenuto di Bi aumenta con quello della sostanza organica in
perfetto accordo con quanto osservato nelle rocce sedimentarie.
Il Bi può essere presente allo stato metallico in natura solo
a pH superiori a 8 ed in ambienti fortemente riducenti
eccezionalmente rari nella crosta terrestre (figura F1332-1). In
ambiente anossico la sua concentrazione in soluzione è controllata
dalla Bismutina Bi2S3, mentre in condizioni ossidanti è limitata
dalla precipitazione dell’ossido Bi2O3 a pH superiori a 6. A pH
inferiori a 6 la concentrazione del Bi supera le 10^-6 M e non è
controllata dalla precipitazioni di minerali insolubili. A pH
superiore a 6 la specie chimica prevalente è il Bi6O6+6. Non si
conoscono le costanti di stabilità del Bi con i principali ligandi
presenti nelle soluzioni circolanti nei suoli o con i principali
componenti della sostanza organica così come non si dispongono di
informazioni sui meccanismi con cui il Bi è adsorbito dai
Page 72
principali costituenti del suolo (Bolth G. H., 1979. Callahan M.
et al., 1979. Yatsimirskii K. B. and Vasil’Ov V.P., 1960.
Schwarzen G. and Sillen G. L., 1958). Alloway B.J. (1995), Adriano
D.C. (1986), Itamar et. al (1988) ed Alloway B.J. (1997) non
riportano informazioni raccolte da indagini condotte sul
comportamento del Bi nel suolo. Negli ultimi 10 anni non sono
state pubblicate ricerche sul comportamento del Bi nei suoli sulle
principali riviste di scienza del suolo: Soil Science Society of
America Journal, Canadian Journal of Soil Science e Soil Science.
Al riguardo del comportamento del Bi nel suolo si possono avanzare
solo ipotesi. Avendo il Bi un potenziale ionico simile al Ca esso
potrebbe essere adsorbito in forma idrata nell’interstrato dei
minerali argillosi. Secondo le regole cristallochimiche del
Pauling, il Bi+3 potrebbe vicariare il Mn nei relativi ossidi. La
struttura elettronica esterna del Bi+3, uguale quella del Pb+2,
suggerisce che il Bi possa formare complessi organo-metallici
molto stabili. La forte somiglianza tra il comportamento
geochimico del Bi con quello delle terre rare, in particolare a
quello dell’Y (Kupcik V. et al.,1978), suggerisce che il Bi è
rapidamente allontanato dal suolo dai processi pedogenetici.
Tabella T1332-5. La concentrazione del Bi (mg/Kg) nelle rocce
sedimentarie.
(Elaborato da Kupcik V. et al., 1978).
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Tabella T1331-6. Concentrazione del Bi (mg/Kg) nelle rocce
metamorfiche.
(Elaborato da Kupcik V. et al., 1978).
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Tabella T1331-7. Stima della concentrazione del Bi (mg/Kg)
nella crosta terrestre.
(Elaborato da Kupcik V. et al., 1978).
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Poche sono le ricerche condotte sulla biodisponibilità del Bi.
Adriano D.C. (1989), Alloway B.J. (1995), Coughtrey P.J. et al.
(1985), Salomon W. e Förstenr U. (1984) non riportano i risultati
di indagini condotte sulla biodisponibilità del Bi. Baes C. F. et
al. (1984) compendiano le ricerche condotte sulla biodisponibilità
del Bi condotte nel corso delle ricerche sul radioinquinamento. La
concentrazione nella biomassa vegetale del Bi immesso
artificialmente nel suolo in forme solubili risulta linearmente
correlato alla concentrazione dell'elemento nel suolo. Negli
organi vegetativi la concentrazione del Bi è mediamente il 3,5%
della concentrazione del Bi nel suolo mentre negli organi
quiescenti è solo il 0,6% della concentrazione nel suolo. Nel
computo della concentrazione nella biomassa vegetale del Bi, come
osservano Sheppard S.C. et al. 1992 andrebbe considerata la quota
di Bi assimilata dalle piogge e dal particellato atmosferico su
esso deposto.
Non si dispongono di dati sulla tossicità del Bi (Adriano
D.C., 1989. Alloway B.J. 1995. Coughtrey P.J. et al., 1985.
Salomon W. e Förstenr U., 1984). Nel corso degli ultimi dieci anni
le riviste “Environmental Geochemistry and Health” e “Rewiew of
Environmental Contamination and Toxicology” non hanno pubblicato
ricerche sulla tossicità del Bi. Secondo i criteri proposti da
Stumm W. e Morgan J.J., (1996) per valutare la tossicità degli
elementi, il Bi dovrebbe essere un elemento potenzialmente tossico
sia in quanto capace di formare stabili complessi con i radicali
carbossilici dei
composti organici sia in quanto i potenziali di ionizzazione del
Bi rientrano nell’intervallo proprio delle reazioni di interesse
Page 77
biochimico. Il Bi non rientra nella lista degli 126 inquinanti a
cui l’USEPA da la priorità (Shnorr J. L., 1996).
I minerali del Bi, il cui più diffuso è la Bismutina, sono
rari, ed il Bi è estratto principalmente dalla Galena e dalla
Calcopirite. Concentrazioni elevate di Bi si trovano anche nei
solfuri ed negli Arsenati da cui sono estratti Pb, Cu, Au, Ag e Zn
nonché nelle Apatiti. (Wedepohl, 1969). Il Bi è impiegato
nella produzione di leghe facilmente fusibili e, in piccole
quantità, per indurire i profilati di Pb (Sienko M.J. and Plane
R.A., 1980). E’ ragionevole ritenere i suoli possano contenere
apprezzabili quantità di Bi provenienti dai fumi emessi dalle
fonderie di Pb e Zn e dai fosfati minerali impiegati come
fertilizzanti come rilevato per Zn, Cd, Pb ed As (Alloway B.J.,
1992., 1984. Adriano D.C., 1986.).
1.3.3.3. Antimonio (Sb).
Come per As e Bi, le tecniche analitiche non permettono di
determinare la concentrazione del Sb con grande accuratezza
(Morrow A., et al. 1997. Whedepol K.H., 1969). Il contenuto medio
del Sb nelle rocce ignee ultrabasiche, basiche ed acide (tabella
T131-2) è di 0,1, 0,6, e 0,2 mg/Kg. Nel corso della fusione
parziale delle rocce peridotitiche del mantello esso tende a
concentrarsi nel fuso basaltico. Nel corso della cristallizzazione
frazionata del magma basaltico esso viene rimosso dalla
cristallizzazione dei solfuri, così le che rocce acide hanno una
concentrazione di Sb mediamente tre volte inferiore a quella dei
basalti. Il Sb che non è rimosso dalla cristallizzazione dei
solfuri del magma basaltico può essere ospitato come elemento in
traccia nei minerali delle rocce acide, nelle Apatiti o nella
Page 78
Pirite (Wedepohl K. H., 1969). Il Sb vicaria con difficoltà gli
elementi maggiori dei minerali delle rocce acide, e nel corso
della cristallizzazione frazionata dei plutoni acidi si concentra
nei fluidi residuali. Le concentrazioni più elevate di Sb si
rinvengono infatti nelle vene idrotermali ad Arsenati o Galena e
Calcopirite. I principali minerali del Sb sono l’antimonio nativo
Sb, la Stimbnite (Sb2S3), la Kermesite (Sb2S2O), la Senarmonite
(Sb2O3), la Jamesonite (2PbS*Sb2O3) e la Boulangerite (5PbS*2Sb2S3)
(Wedepohl, 1969). Si dispongono di pochi dati sulla concentrazione
del Sb nelle rocce sedimentarie (T131-2), dalle quali risulta che
le concentrazioni maggiori di Bi si raggiungono nelle Argilliti di
piattaforma continentale. Indagini condotte sulle argille e noduli
ferro-manganesiferi delle piane abissali indicano che il Sb, una
volta sedimentato sul fondo oceanico, si concentra nelle
concrezioni di ossidi di Fe (Yuan-Hui Li, 1982). La concentrazione
media del Sb nella crosta continentale è di 0,2 mg/Kg (Shacklette
H.T. and Boerngen J.B., 1984. Bowen H. J.. M., 1979).
La concentrazione media del Sb nelle acque continentali dolci
è mediamente di 7*10^-5 mg/l mentre nelle acque marine è di
1,5*10^-4 mg/Kg (Faure G., 1992). L’elevato rapporto tra la
concentrazione del Sb nelle acque oceaniche e nelle acque dolci
superficiali indica che il Sb ha un lungo tempo di residenza nelle
acque marine, stimabile in ragione di 10^3¸10^4 anni (Salomons W.
and Forstner U., 1984). La concentrazione del Sb attraverso il
profilo della colonna d’acqua oceanica (Nozaki Y., 1996) presenta
un minimo nei primi 100 m, indice che negli strati superficiali
dell’oceano, ricchi di biomassa planctonica, è fortemente
bioaccumulato. La concentrazione del Sb attraverso gli strati più
Page 79
profondi si mantiene costante indicando che questo elemento non è
efficacemente rimosso dalle acque marine a causa della
sedimentazione del particellato sul fondo oceanico o dalla
precipitazione di fasi insolubili.
In dipendenza delle condizioni di Eh-pH il Sb può assumere gli
stati di ossidazione +3 o +5 (figura F1333-1). La sua solubilità
del Sb è controllata dalla precipitazione dei solfuri in ambiente
riducenti ed è controllata da ossidi ed idrossidi in ambienti
ossidanti. Il Sb può raggiungere concentrazioni in soluzione
superiori a 10^-6 M solo a valori di pH inferiori a 2 o superiori a
11 in un ristretto intervallo di potenziali ossidativi alquanto
rari nei suoli. Poco si sa sulle forme chimiche che lo Sb può
assumere in soluzione (Baes C.F. Jr, and Mesmer R.E., 1976.
Callahan M. et al., 1979). I dati disponibili (Bodec I. et al.,
1989) indicano nelle soluzioni le specie prevalenti del Sb allo
stato di ossidazione +3 sono lo Sb(OH)2+, Sb(OH)3
0 ed Sb(OH)4-,
mentre quelle del stato di ossidazione +5 sono Sb(OH)50 ed Sb(OH)6.
Non si conoscono le costanti di stabilità dei complessi che il Sb
forma con i principali componenti della materia vivente e della
sostanza organica del suolo (Yatsimirskii K. B.
Figura 1333-1. Diagramma Eh-pH del sistema Sb-S-O-H.
(Tratto da Brookis D.G., 1988).
Page 80
and Vasil’Ov V.P., 1960. Schwarzen G. and Sillen G. L., 1958). Non
sono note ricerche condotte sull’adsorbimento del Sb sui minerali
del suolo o sulla sostanza organica, ne’ sembra essere stato
indagato l’adsorbimento sul complesso di scambio del suolo e dei
suoi componenti (Bolth G. H. Ed., 1979. Bodec I. et al., 1988).
Secondo Callahan et al. (1979) l’Sb può essere adsorbito sulle
argille, coprecipitare ed essere occluso nei sesquiossidi ma
avrebbe scarsa reattività con i composti umici. Adriano D.C.
(1986) osserva che avendo l’Sb proprietà chimiche e fisiche simili
a quelle del P e dell’As esso dovrebbe essere adsorbito dalle
superfici degli ossidi Fe, Al e Mn. Infatti da indagini riportate
da Adriano D.C. (1986) sulla forma del Sb in sedimenti lacustri
inquinati risulta che il 50% del Sb e dell’As sono legati agli
ossidi di ferro. Come l’As e l’Hg (Tamaki S. and Frankenberger
W.T. Jr, 1992. Bodec I. et al., 1988), l’Sb può essere soggetto a
processi biochimici fungini e batterici che determinano la
formazione di composti metilici quali Sb(CH3)3 volatili e tossici.
Come riportato da Adriano D.C. (1986) l’Sb trova impiego nella
produzione di vernici, ceramiche, vetri e leghe per la confezione
di batterie, tubi e laminati. Le principali fonti del Bi sono i
giacimenti di Calcopirite, Galena ed Arsenopirite. Elevate
concentrazioni di Sb ed As si osservano in
prossimità di fonderie di Cu, Zn e Pb (Adriano D.C., 1986).
L’entità del rilascio di Sb nell’ambiente di una fonderia sulla
quale sono stati condotti studi di dettaglio (op. cit.) è di 20
´10^3 Kg/a in atmosfera, e nelle acque superficiali di 2´10^3 Kg/a
in forma solubile e di 1,5´10^6 Kg/a in forma
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insolubile. Berthelsen B.O. et al (1995) segnalano che attraverso
i suoli Norvegesi si osserva un gradiente negativo nella
concentrazione nei suoli del Sb, Pb, Cu e Cd spostandosi dalle
aree industriali settentrionali alle aree agricole meridionali.
Nei suoli del Nord America si osserva un arricchimento del Sb nel
suolo rispetto alla roccia madre di 3,3, che secondo Alloway B.J.
(1990) è attribuibile alla deposizione da atmosfera del
particellato prodotto dalle attività industriali.
Adriano D.C. (1986) riporta che sono state condotte poche
ricerche sulla assimilabilità del Sb. Bowen H.J.M. (1979) riporta
che l’intervallo di concentrazioni del Sb osservato nei vegetali è
compreso tra 1*10^-4 e 2*10^-1 mg/Kg. Secondo Baes et al. (1988) la
concentrazione del Sb antropico nella biomassa vegetale è
efficacemente descritta da una relazione lineare, ovvero dal
cosiddetto “fattore di trasferimento”, il rapporto tra la
concentrazione dell’elemento estraibile per attacco acido dal
suolo e la concentrazione nel vegetale. Il fattore di
trasferimento del Sb antropico dal suolo ai
vegetali è mediamente del 20% per gli organi vegetativi e del 3,9%
per gli organi quiescenti. Considerato che il contenuto medio del
Sb nei suoli del Nord America è di 0,66 mg/Kg si può stimare che
la concentrazione media del Sb nei foraggi Nordamericani sia di
0,02 mg/Kg. La concentrazione degli elementi di transizione in
traccia presenti nei primi metri a livello di campagna è
mediamente un milionesimo della concentrazione dell’elemento nel
suolo (Facchinelli et al., 1997), così che l’inalazione del Sb
legato ai componenti del suolo può essere stimata in prima
approssimazione mediamente di 0,08 mg/g. Il Sb presente nei suoli
può essere assimilato dall’organismo umano attraverso l’ingestione
Page 82
volontaria od involontaria di suolo (Sheppard S.C. et al., 1992.
Sheppard S.C. et al., 1994. Sheppard S.C., 1995. ). I soggetti
geofagi, circa l’1% della popolazione infantile di età inferiore
ai 7 anni, possono arrivare ad ingerire 1-5 g di suolo al giorno,
ingerendo mediamente 6,6*10^-3 ¸ 3,3*10^-2 mg/g di Sb. La quantità
di suolo ingerita accidentalmente è compresa tra 10-100 mg/g di
frazione prevalentemente argillosa. La quantità di Sb assimilata
attraverso l’ingestione di suolo dipende così fortemente da quanto
l’Sb è concentrato sulle frazione più fine del suolo.
Come osserva Adriano D.C. (1986) non si dispongono di studi sulla
tossicità del Sb, osservazione che sembra confermata dalla mancata
pubblicazione di informazioni sulla tossicità del Sb sulla
prestigiosa rivista “Reviews of Environmental Contamination and
Toxicology” edita dalla casa editrice Springer-Verlag. L’Sb è
comunque uno dei 126 inquinanti a cui l’USEPA conferisce la
priorità di ricerca (Schnor J.L., 1996).
1.3.3.4. Piombo (Pb).
Le tecniche disponibili per l’analisi del contenuto di Pb
nelle matrici complesse come rocce sedimenti non presentano
difficoltà analitiche (Alloway B.J. Ed., 1990), forniscono
risultati precisi e possono essere effettuate con attrezzature
poco costose, qual è lo spettrofotometro, disponibili presso la
maggior parte dei laboratori chimici. Rispetto ad elementi quali
As, Bi, Sb e la cui determinazione presenta difficoltà analitiche
particolari, in letteratura sono riportati i risultati di
numerosissime ricerche condotte sul comportamento del Pb in una
Page 83
vasta gamma di matrici ambientali (Sahl K., Doe B.R. e Wedepohl
K.H., 1978. Davies B.E., 1992. Bodek I., Lyman W. J., Reehl W. F.,
and Rosenblatt D.H., Eds., 1988. Adriano D.C., 1986. Salomons W.,
Förstner U., 1984). Sahl K., Doe B.R. e Wedepohl K.H. (1978)
compendiano una ricchissima raccolta di dati chimici,
cristallochimici e petrografici che permette di delineare il ciclo
petrogenico del Pb a seguito riassunto.
Il contenuto di Pb nelle rocce ultrabasiche, basiche ed acide
è rispettivamente di 13, 6 e 18 mg/Kg. Questi dati indicano che il
Pb, nel corso della fusione parziale del mantello che ha luogo in
corrispondenza delle dorsali oceaniche, come tutti gli elementi
aventi un basso potenziale ionico, è espulso dai reticoli
cristallini dei minerali primari ed è concentrato nel fuso, di
norma il 3-4% della massa rocciosa di partenza (Negretti G. e Di
Sabatino B., 1983). Sahl K., Doe B.R. e Wedepohl K.H. (1978) non
riportano analisi del contenuto di Pb nei minerali che compongono
le peridotiti del mantello terrestre. Secondo le regole
cristallochimiche del Pauling (Faure G., 1992) si può prevedere
che il Pb vicari il K nei reticoli cristallini dei silicati
primari. Infatti nelle serie petromagmatiche si osserva una
Tabella T1334-1. Concentrazione media del Pb (mg/Kg) nelle
principali rocce.
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(Tratto da Shan K., Doe B.R., e Wedepohl K.H., 1978).
Page 85
Tabella T1334-2. Concentrazione del Pb (mg/Kg) nei principali minerali silicatici. (Tratto da
Shan K., Doe B.R., e Wedepohl K.H., 1978).
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forte correlazione tra il contenuto di K e Pb delle rocce
(Negretti G. e Di Sabatino B., 1983). Nelle peridotiti del
mantello esso dovrebbe pertanto essere prevalentemente ospitato
nel reticolo cristallino dei Feldspati, nei quali il Pb-Feldspato
è parzialmente solubile (Bruno E., and Facchinelli A., 1972). Nel
corso del processo di cristallizzazione frazionata del magma
basaltico la cristallizzazione dei minerali femici aventi un
elevato punto di fusione (Pirosseni, Anfiboli e Ca-Feldspati) è
scarsamente efficiente nel rimuovere il Pb dal fuso silicatico
(tabella T1334-1) che si arricchisce così in Pb. La
cristallizzazione dei solfuri, principalmente della pirite, che ha
luogo durante la consolidazione del magma basico, non è in grado
di rimuove il Pb dal fuso silicatico in quanto la solubilità
della Galena nella Pirite a 700°C è solo del 0,1%. La
concentrazione del Pb tende all’aumentare con il grado di
evoluzione del magma (tabella T1334-1) ed è minima nei basalti e
massima nelle rocce acide.
La concentrazione del Pb nei Graniti, la roccia plutonica più
comune nella crosta continentale superiore, è in media di 22
mg/Kg, e ha una distribuzione lognormale (figura F1334-1). La
concentrazione del Pb nelle Rioliti è in media lievemente
superiore a quella dei Graniti (26,9 mg/Kg) e ha una distribuzione
di frequenza normale (F1334-2). Le Rioliti hanno lo stesso
contenuto degli elementi maggiori proprio dei Graniti, ma a
differenza di questi, hanno avuto modo di risalire attraverso la
crosta terrestre e fino a giungere alla superficie terrestre e
consolidare in ambiente sub-aereo (Negretti G. e Di Sabatino B.,
1983). La differenza nel contenuto di Pb tra graniti e Rioliti
indica che nel corso della risalita del leggero magma granitico
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attraverso la densa crosta terrestre le interazioni chimiche del
magma acido con le rocce incassanti e la circolazione dei fluidi
idrotermali associati al fenomeno igneo portano ad un
arricchimento del Pb nel fuso silicatico. Nei graniti, i solfuri
contengono mediamente lo solo lo 0,5% del Pb presente nella
roccia. Gran parte del Pb presente nel granito è occluso nel K-
Felspato, nella Biotite, nel Ca-Feldspato e nella Muscovite, in un
rapporto che è mediamente di 4:3:2:1 (tabella T1334-2). Le
concentrazioni maggiori di Pb si osservano nelle Pegmatiti, rocce
generate dalla cristallizzazione di fluidi ultracritici espulsi
dalla cristallizzazione del magma granitico. In queste rocce la
concentrazione del Pb nel K-Felspato è in media di 271 mg/Kg è può
raggiungere valori di 2900 mg/Kg (T1334-2). La concentrazione del
Pb nei fluidi idrotermali raggiunge concentrazioni
sufficientemente elevate per determinare la cristallizzazione
della Galena (PbS), il principale minerale del Pb,
nell’idrotermalismo di medio grado. Nella Galena sono di norma
ospitate ingenti quantità di Shapbachite o Matildite
(rispettivamente le forme a e b di AgBiS), minerale con il quale
sopra ai 400°C la Galena ha una miscibilità allo stato solido
completa. Nelle emissioni fumaroliche associate all’attività
vulcanica l’emissione di Pb è controllata dal composto alogenato
più volatile, il PbCl2.
La concentrazione del Pb nelle acque piovane dell’emisfero
australe riportata da Sahl K., Doe B.R. e Wedepohl K.H. (1978) è
di 0,72+/-20% mg/l. Le concentrazioni di Pb più basse (0,16¸2,6
mg/l) si osservano in Groenlandia, in prossimità del Circolo
Polare Artico, mentre i valori più alti (6,2¸29,2mg/l) si
osservano nel Michigan, un’area fortemente industrializzata. Sahl
Page 88
K., Doe B.R. e Wedepohl K.H. (1978) compendiano una raccolta di
6562 analisi del contenuto di Pb in campioni di acque dolci
continentali provenienti da tutto il mondo, la cui concentrazione
media è di 1,78 mg/l. La concentrazioni del Pb nelle acque del
Nord America risulta sensibilmente più alta, compresa tra 1 e 55
mg/l e con un valore medio di 2,51 mg/l (n=1233). Sahl K., Doe
B.R. e Wedepohl K.H. (1978) stimano la concentrazione del Pb nelle
acque oceaniche incontaminate di 2*10-3 mg/l. I valori di Pb
osservati nelle acque superficiali prossime alle coste
continentali sono assai superiori, compresi tra 0,08 e 0,36 mg/l
ed hanno un valore medio di 0,19 mg/l. L’incremento della
concentrazione del Pb nelle acque marine è rimasta registrata
nell’esoscheletro dei coralli (Andrew J.E., et al., 1996). La
concentrazione del Pb nell’esoscheletro dei coralli si mantiene su
valori costanti di 10 nM di Pb per ogni M di Ca fino agli anni
‘30. Successivamente si osserva un aumento lineare di 0,6 nMPb/MCa
all’anno fino agli anni ‘80, quando la concentrazione del Pb
nell’esoscheletro dei coralli decresce a causa della rimozione del
Pb dalle benzine americane. Dall’analisi di dettaglio della
distribuzione del Pb attraverso la colonna d’acqua nel Pacifico
Settentrionale (Nozaky Y., 1996) risulta che la concentrazione del
Pb decresce esponenzialmente dalla superficie al fondo oceanico.
Il Pb non presenta nello strato oceanico superficiale ricco di
vita il minimo assoluto della concentrazione caratteristica degli
elementi che limitano la crescita planctonica, bensì la tipica
diminuzione esponenziale della concentrazione con la profondità
che è peculiare degli elementi rapidamente rimossi dalla
sedimentazione del particellato oceanico (Salomon W., and Förstner
U., 1984).
Page 89
Da alcune analisi riportate da Sahl K., Doe B.R. e Wedepohl
K.H. (1978) (tabella T1334-3) si osserva che il Pb è fortemente
accumulato nella biomassa marina. Gli organismi che raggiungono le
concentrazioni maggiori appartengono al microplancton e al
fitoplancton, con 29,5 e 18,3 mg/Kg. Per gli organismi marini si
può stimare un fattore di arricchimento rispetto all’acqua marina
compreso tra 10+4 e 10+5.
Il contenuto di Pb nelle più comuni rocce sedimentarie (T1334-
1), Arenarie, carbonatiche ed Argilliti, è rispettivamente di
12,0, 9,0 e 20 mg/Kg. Il contenuto di Pb, raggiunge le
concentrazioni massime nelle Argilliti nere ricche in sostanza
organica (30 mg/Kg) e nelle Argilliti di piana abissale (80
mg/Kg), nei quali è principalmente associato agli ossidi di Fe
(Yuan-Hui Li, 1982). E’ pertanto ragionevole ritenere che il
principale meccanismo di rimozione del Pb dall’acqua oceanica sia
la sedimentazione delle argille ed il seppellimento nei sedimenti
della sostanza organica.
Sahl K., Doe B.R. e Wedepohl K.H. (1978) riportano ricerche
dalle quali risulta che nel corso del processo metamorfico la
concentrazione del Pb diminuisce all’aumentare del grado
metamorfico,
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Figura F1334-1. Distribuzione di frequenza del Pb (mg/Kg) nei Graniti. (Tratto da Shan K., Doe
B.R., e Wedepohl K.H., 1978).
Page 91
Figura F1334-2. Distribuzione di frequenza del Pb (mg/Kg) nelle Rioliti. (Tratto da Shan K.,
Doe B.R., e Wedepohl K.H., 1978).
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Figura F1334-3. Diagramma Eh-pH del sistema Pb-O-H-C-S.
(Tratto da Brookis D.G., 1988).
Page 93
come è per altro evidente dai dati riportati nella tabella T1334-
1. La mobilizzazione del Pb nel processo metamorfico sembra
comunque fortemente controllata dalla presenza nei fluidi
circolanti nelle rocce di Cl, un anione che forma complessi
stabili con il Pb e ne aumenta la solubilità. Infatti, come
riportano gli autori, le rocce incassanti i giacimenti di Galena
risultano fortemente impoverite in Pb e nelle inclusioni fluide
associate alle mineralizzazioni si osservano elevate
concentrazioni di Cl. La formazione dei giacimenti di Galena è
così favorita in quegli ambienti geotettonici dove, come
nell’Iglesiente (Cagliari), l’assetto geostrutturale comporta una
ingente circolazione di acque marine attraverso le rocce crostali.
In letteratura sono riportate numerose ricerche condotte sul
contenuto di Pb nei suoli dei paesi dell’emisfero australe (Davies
B.E., 1992. Adriano D.C., 1986, Andrew J.E. et al., 1996. Sposito
G., 1989). Queste indicano che la concentrazione di questo
elemento è massima negli strati superficiali del suolo e
diminuisce con la profondità. La concentrazione è massima negli
orizzonti superficiali dei suoli argillosi o ricchi di sostanza
organica. A seguito della rimozione del Pb dalle benzine Americane
si osserva una progressiva diminuzione della concentrazione del Pb
negli orizzonti superficiali dei suoli forestali determinata dalla
lisciviazione verso la falda (Andrew J.E. et al., 1996).
La solubilità del Pb nelle soluzioni circolanti dei suoli può
essere controllata dalla precipitazione di fasi minerali
insolubili, la cui precipitazione dipende dalle condizioni di Eh-
pH (figura F1334-3). I principali minerali che possono
controllare la solubilità del Pb (Alloway B.J., 1992. Brookins D.,
G., 1987) sono gli idrossidi Pb(OH)2, l’Anglesite PbSO4, la
Page 94
Cerussite PbCO3, l’Idrocerussite Pb3(CO)3(OH)2, il PbPO4 e la
Galena PbS. Nella figura F1334-3 è riportato il diagramma Eh-pH
del sistema Pb-O-C-S, che pur trascurando l’importante ruolo della
precipitazione del fosfato di Pb nel rimuovere dalla soluzione
circolante del suolo, fornisce una descrizione qualitativa
soddisfacente del comportamento del Pb in condizioni di terreno,
ed in buon accordo con i risultati di indagini condotte in
campagna quali riportate da Davies B.E. (1992). La concentrazione
del Pb+2 supera le 10^-6 M solo a pH inferiori ad 1. In ambiente
riducente la concentrazione del Pb è controllata dalla
precipitazione dei solfuri. Nell’ambiente ossidante tipico delle
falde e dei suoli ben ossigenati la concentrazione del Pb può
essere controllata a pH inferiori a 5 dall’Anglesite o, a pH
superiori a 5, dalla Cerussite. Il Pb, come tutti gli elementi di
transizione bivalenti forma complessi dotati di elevata stabilità
con i gruppi lo ione Cl.
La presenza di Cl nella soluzione circolante del suolo può
così diminuire l’attività dello ione Pb+2 innalzandone la
solubilità, come osservato per altri elementi di transizione
bivalenti: Ni, Cu, e Cd (Doner H.E., 1978. Shas V. M., et al.,
1979. ). Il Pb, come gli altri elementi di transizione bi- e
trivalenti può essere adsorbito sui minerali delle argille e sulla
sostanza organica. L’adsorbimento dei metalli di transizione
bivalenti sui suoli e sui suoi componenti chimici è solitamente
ben descritto
Tabella T1334-3. Concentrazione del Pb (mg/Kg) negli organismi
marini.
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(Tratto da Shan K., Doe B.R., e Wedepohl K.H., 1978).
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Tabella T1334-4. Parametri dell’adsorbimento dei metalli di transizione bivalenti sui
principali componenti del suolo. (Elaborato da Bodek I. et al., 1988).
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dall’isoterma di Langmuir (Schor J. L., 1996. Stumm W. and Morgan
J.J., 1996. Sposito G., 1989). L’isoterma di Langmuir descrive
l’adsorbimento nei semplici termini della costante di reazione del
metallo con la superficie dell’adsorbente (KL) e della capacità di
adsorbimento massima (A) di questa. Come è noto, i parametri della
costante di adsorbimento di Langmuir dipendono dalle condizioni
sperimentali in cui si effettuano le prove di adsorbimento e non
sono estrapolabili con esattezza ad a condizioni sperimentali
diverse per pH, forza ionica, composizione della soluzione
elettrolitica. Solitamente le isoterme di Langmuir vengono
determinate a pH compresi tra 4 e 5 e in presenza di una
concentrazione di CaCl2 di 0,01 M/l, condizioni ritenute
rappresentativa dei suoli di vaste aree geografiche. Bodek I. et
al. (1988) compendiano le isoterme di adsorbimento pubblicate in
letteratura per i principali elementi di transizione in traccia
(T1334-4). E’ evidente dalla costante di complessazione del Pb con
i principali costituenti del suolo che all’adsorbimento del Pb
possono partecipare le argille, gli ossidi di ferro di manganese e
la sostanza organica. Particolare attenzione è stata dedicata il
letteratura all’adsorbimento dei cationi a sulle argille.
In letteratura è riportata una vasta bibliografia sui siti di
adsorbimento dei cationi sui minerali argillosi (Bolth G. H.,
Summer M. E. and Kamphorst A., 1963. Brouwer E., et al., 1983.
Cremers A et al., 1988. Ewans D.W. et al., 1983. Francis C. W.,
and Brincley F.S., 1976. Grutter A., Von Gunten R., and Rossler
E., 1986. Hill D.E., and Sawhney B.L., 1969. Klobe W.D., and Gast
R.G., 1970. Komarneni S., 1978. Le Roux J., Rich C.I., 1969. Rich
C.I., and Blak W.R., 1964. Sawhney B. L., 1965. Sawhney B.L.,
1970. Sawhney B. L., 1972. Ziper C., Komarneni S., and Baker E.D.,
Page 98
1988). I minerali argillosi presentano tre principali siti di
adsorbimento nei confronti dei metalli:
1) i siti planari delle superfici esterne dei cristalli o
siti “p poco selettivi”;
2) i siti planari posti negli interstrati aperti a 14Å di
Vermiculiti e Smectiti o siti “p moderatamente selettivi”;
3) i siti ubicati nelle zone a cuneo che fanno da transizione
tra i domini cristallografici dove la distanza basale è aperta
a 14 Å ed i domini illitici dove la distanza basale è chiusa a
10 Å, o siti “i-e altamente selettivi”.
I siti planari “p” delle superfici esterne dei cristalli ed i
siti “p” degli interstrati aperti a 14 Å sono poco selettivi nei
confronti dei metalli di transizione bivalenti, ed il metallo ivi
adsorbito può essere facilmente scambiato da un cationi idrati
come il Ca o il Mg. I siti delle zone che fanno da transizione tra
i domini dove il reticolo cristallino delle Illiti è inalterato e
chiuso a 10 Å ed i domini cristallografici dove l’Illite è
alterata in Vermiculite o Smectite possono formare con i cationi
dotati di basso potenziale ionico e bassa energia di idratazione
quali Rb, Cs, K, Pb e Cd legami molto forti, le cui energie
aumentano con la carica superficiale del minerale argilloso e sono
nell’ordine di grandezza dei legami ionici (Brouwer E., et al.
1983). I siti altamente selettivi rappresentano di norma una
piccola frazione della capacità di scambio cationico delle
argille, variabile con il loro grado di alterazione in minerali
secondari, (Bolth G. H., Summer M. E. and Kamphorst A., 1963.
Cremers A et al., 1988) e sono efficaci nel controllare la
Page 99
solubilità dell’elemento solo quando questo è presente nel suolo
in tracce (Bolth G.H. Ed., 1979).
Davies B.E., (1992) Compendia una ricca raccolta dei risultati
delle indagini dirette condotte sul comportamento del Pb in suoli
contaminati. I risultati ottenuti indicano un comportamento del Pb
fortemente differente in funzione del pedoambiente. Alcuni studi
condotti sulle forme chimiche del Pb presente nella soluzione
circolante del suolo provano che nei suoli carbonatici la sua
concentrazione è controllata dalla solubilità della Cerussite
PbCO3 e dall’Idrocerussite Pb3(CO)3(OH)2. In suoli non carbonatici
la solubilità del Pb è talvolta controllata dal Anglesite PbSO4,
dall’adsorbimento sugli ossidi di manganese o sulla sostanza
organica. Gli studi condotti mediante frazionamento chimico delle
forme in cui il Pb è presente nei suoli riportati da Davies B.E.
(op. cit.) indicano che in alcuni suoli la sostanza organica è
il principale componente del suolo che fissa il Pb in forme non
scambiabili, chelandolo attraverso i gruppi carbossilici degli
acidi umici. In altri suoli la sostanza organica non ha un ruolo
statisticamente significativo nel limitare la quota del Pb
scambiabile, che è determinata principalmente dalla la capacità di
scambio cationico. La composizione mineralogica del suolo, in
particolare quella dei Fillosilicati sembra un fattore importante
nel determinare l’influenza della tessitura sul comportamento del
Pb e degli altri elementi di transizione con basso potenziale
ionico. Nel suolo della Scozia, fortemente lisciviato, la
solubilità del Pb risulta infatti inversamente correlata alla
frazione argillosa fine, presumibilmente composte da Vermiculiti o
Smectiti, minerali argillosi poveri di siti altamente selettivi
nei confronti del Pb. La frazione tessiturale che fissa il Pb è
Page 100
quella limosa, presumibilmente composta da Illiti e Idromiche,
ricche di siti di adsorbimento altamente selettivi. Dai risultati
dei frazionamenti riportati da Davies B.E., (1992) risulta che gli
ossidi di manganese risultano per lo più di scarso rilievo nel
fissare il Pb.
Il risultato è in disaccordo con gli studi sull’adsorbimento
del Pb sugli ossidi di manganese e di ferro, dai quali risulta
che l’energia con cui il Pb è legato a questi composti minerali
non è molto diversa da quella con cui è legato alla sostanza
organica (Bodek I. et al., 1988). L’osservazione è inoltre in
disaccordo con la forte correlazione osservata tra contenuto di
Pb, Cd, Zn, Cu, Ni e Co dei sedimenti e il contenuto in ossidi di
Fe e Mn dei sedimenti fluviali riportata da molti autori in
(Nowland G. A., 1976. Carpenter et al., 1978. Gibbs R.J., 1977.
Teraoka H. and Kobayashi J., 1980). La forte correlazione tra
contenuto di elementi di transizione in traccia bivalenti e
contenuti in ossidi di Fe e Mn induce a ritenere che i
sesquiossidi siano le principali fasi che nel corso del processo
pedogenetico occludono gli elementi liberati dall’alterazione dei
reticoli cristallini dei minerali primari. E’ stato comunque
osservato (Salomons W., Förstner U., 1984) che nei sedimenti
fluviali la ripartizione degli elementi di transizione in traccia
bivalenti nelle diverse forme è varia in funzione del bacino
idrografico (F1334-4). E’ evidente dalla figura F1334-4 che i
sedimenti fluviali provenienti da bacini idrografici fortemente
industrializzati, riportati sulla sinistra della figura, si
caratterizzano per trasportare elevate quantità di Mn e Fe ed una
elevata percentuale di elemento scambiabile, legato alla sostanza
organica ed occluso nei sesquiossidi. I sedimenti fluviali
Page 101
provenienti da bacini scarsamente industrializzati, posti alla
sinistra della figura, sono al contrario caratterizzati dal minori
quantità di Mn e Fe, una percentuale trascurabile di elemento
scambiabile e una percentuale preminente di elemento occluso nei
minerali primari. E’ ragionevole ritenere che le diverse forme
assunte dal e dagli
altri elementi di transizione in traccia bivalenti nei sedimenti
fluviali riflettano le forme che gli elementi hanno nei suoli dei
rispettivi bacini idrografici sia le differenze dei processi
erosivi in atto nei diversi bacini.
Davies B.E., (1992) e Adriano D.C. (1986) compendiano una
ricca raccolta di ricerche condotte sulla biodisponibilità del Pb
presente nel suolo. Nell’intervallo di concentrazione del Pb
comunemente osservato nei suoli si osserva una correlazione
lineare tra la concentrazione dell’elemento nel suolo e quella nel
vegetale. Secondo la rassegna critica sulla biodisponibililità
degli inquinanti di Baes C.F et al. (1984) la concentrazione del
Pb negli organi vegetativi e quiescenti delle piante è mediamente
rispettivamente il 4,5% ed il 0,9% della concentrazione
dell’elemento nel suolo. Considerando un contenuto medio del Pb
nei suoli americani di 19 mg/Kg il contenuto medio di Pb nei
foraggi può essere grossolanamente stimato di 0,85 mg/Kg. Il Pb
raggiunge la sua massima concentrazione nelle radici dei vegetali
ed è traslocato nella porzione apogea con difficoltà (Davies B.E.,
1992). Quando nel suolo raggiunge elevate concentrazioni, il Pb è
immobilizzato dalla suberificazione dell’epidermide radicale. La
capacità di assimilare il Pb e traslocarlo negli organi apogei
varia da specie a specie e risente della fase vegetativa. Tra le
proprietà del suolo che limitano l’assimilazione del Pb il pH non
Page 102
sembra avere grande rilievo, in quanto risulta essere assimilato
anche nei suoli carbonatici. Il principale fattore che sembra
controllare la biodisponibilità del Pb è la presenza di cationi
che competono nell’adsorbimento del metallo sulle argille.
Come riporta Davies B.E., (1992) la deposizione di Pb al suolo
è per il Nord America compresa tra 7.1 e 2050 mg·m2·a-1 , con una
media di 424 mg·m2·a-1 mentre per l’Europa compresa tra 8.7 e 53.6
mg·m2·a-1 con una media di 19 mg·m2·a-1. Nel computo della
assimilazione del Pb nei vegetali non si può quindi, come
osservano Sheppard S.C. et al. (1992), trascurare l’assorbimento
fogliare. In un rilievo condotto sulla concentrazione del Pb nei
vegetali della Norvegia Meridionale (Bertelsen B.O., et al. 1995),
si osserva che la concentrazione del Pb in un’ampia gamma di
specie e organi vegetali epigei (n=18) diminuisce dal 1982 al 1992
dl un valore medio di 9,3 +/- 172% al valore di
Figura F1334-4. Forme del Fe, Mn, Zn, Cu, Ni, Pb e Cd nei
sedimenti trasportati dai fiumi. (NH4Ac=solubile+scambiabile;
NH2OH*HCl=occluso negli ossidi di manganese;
H2O2/HCl=estraibile con attacco acido forte;
resistant=estraibile in acido fluoridrico). (Tratto da Salomon
W. e Förstner U., 1984).
Page 103
4,6 +/-122% mg/Kg. Negli stessi anni la deposizione del Pb
diminuisce da 12,2+/-36% a 3.9+/-29% mg·m2·a-1 (n=4). Nonostante
la forte diminuzione di deposizione di Zn, Cd e Cu, per questi
elementi non si osserva, come per il Pb, una significativa
diminuzione della concentrazione nei tessuti vegetali epigei.
Studi isotopici condotti sull’origine del Pb nel sangue umano
(Lee Robert C., et al., 1995. Lewandosky T.A., and Forlsund B. L.,
1994) indicano che questo può avere origini molto diverse. In aree
poco contaminate la principale sorgente del Pb presente nel sangue
è il consumo di derrate alimentari e l’ingestione di suolo. In
aree fortemente contaminate, come in prossimità degli stabilimenti
siderurgici, o gli ambienti urbani, la principale fonte
attraverso cui il Pb è assimilato è l’ingestione involontario del
particellato argilloso su cui questo elemento è fortemente
arricchito (Sheppard S. C., 1995. Sheppard S.C., et al., 1992).
Gli stessi studi, nell’alea del limitato numero di campioni
considerati, indicano che circa l’1% della popolazione infantile
delle comunità urbane di città occidentali raggiunge livelli di Pb
ematico ai quali possono manifestarsi effetti neurotossici.
Adriano D.C. (1986) compendia una raccolta di studi sulla
fitotossicità del Pb. Prove in coltura idroponica indicano che la
sensibilità al Pb+2 varia con la specie. Il limite massimo di Pb
tollerabile per lo sviluppo del vegetale è di 50 mg/l per il
pomodoro, 25 mg/l per la bietola, 30mg/l per il pisello,
corrispondenti per la bietola ad una concentrazione di 35 mg/Kg.
Le concentrazioni di Pb nel suolo cui si manifesta tossicità sui
vegetali sono molto variabili in funzione del pedoambiente e
dell’essenza: per il riso è stata segnalata fitotossicità per
concentrazioni di Pb di 50-2000 mg/Kg su alcuni suoli e 400-500
Page 104
mg/Kg su altri. Il Pb blocca la respirazione mitocondriale, altera
il trasporto di elettroni nella fotosintesi, in altri termini,
inibisce il metabolismo vegetale. Per il grano e la soia la
fotosintesi diminuisce linearmente con la concentrazione di Pb nei
tessuti. Quando il contenuto di Pb raggiunge nei tessuti del grano
i 60 mg/Kg la perdita fotosintetica è del 20%, mentre per la soia
è del 10%. Per la biomassa vegetale della Norvegia Settentrionale
si può cautelativamente stimare quindi una diminuzione della
fotosintesi compresa tra il 4 ed il 1,4%.
Sull’organismo umano non si osservano effetti tossici per
concentrazioni ematiche inferiori a 20mg/100 ml (Lilia A.A., and
Badillo F., 1991). Tra i 20 ed i 40 mg/100ml si osserva anemia,
mentre sopra tale soglia si osservano effetti neurotossici ed una
correlazione negativa tra la concentrazione di sangue ematico e
quoziente intellettivo. Elevati valori di sangue ematico si
osservano in particolare nella popolazione infantile delle
comunità siderurgiche, in prossimità di stabilimenti per lo
smaltimento delle batterie esauste e in ambiente metropolitano.
Lilia A.A., and Badillo F., (1991) segnalano che da un recente
studio epidemiologico condotto nei quartieri popolari di Città del
Messico il 30% dei bambini ha problemi di apprendimento. Solo il
17% del campione ha livelli ematici inferiori a 20mg/100ml, il 23%
ha livelli ematici compresi tra 21 e 39 mg/100ml, mentre il 30% ha
livelli ematici sopra i 60 mg/100ml.
La principale fonte mineraria da cui è estratto il Pb è la
Galena. La produzione annua mondiale degli ultimi 30 anni è stata
di circa 32 milioni di tonnellate (Adriano D.C., 1986). Il 60% del
Pb è impiegato nella industria automobilistica, come componente
delle leghe e come additivo antidetonante delle benzine. Il
Page 105
rimanente 40% è impiegato nella produzione delle batterie. La
maggiori sorgenti di inquinamento del suolo sono quindi le
emissioni in atmosfera determinate dalle attività siderurgiche e
dal traffico veicolare, stimate complessivamente in ragione di
400000 tonnellate/anno (Adriano D.C., 1986).
1.3.3.5. Cadmio (Cd)
Il Cd ha un potenziale ionico simile a quello del Pb e di
conseguenza un comportamento simile nel ciclo petrogenico. La
concentrazione del Cd cresce con il contenuto di silice delle
rocce ignee, è minima per le rocce ultrafemiche (0,05 mg/Kg),
massimo nelle rocce basiche (0,2 mg/Kg) e massimo nelle rocce
acide (0,15 mg/Kg). In occorrenza delle dorsali medio-oceaniche in
corrispondenza delle quali si ha la fusione parziale delle
peridotiti del mantello, il Cd, dotato di basso potenziale ionico,
si concentra nel fuso parziale della peridotite che da luogo al
magma basaltico. La cristallizzazione dei minerali ricchi in Fe e
Mg del magma basaltico, per lo più poveri di elementi a basso
potenziale ionico, non è efficiente nel rimuovere il Cd dal fuso,
che raggiunge così le concentrazioni massime nelle rocce acide. Il
Cd ha un potenziale ionico simile a quello del K, ed è pertanto
seguendo i principi generali della cristallochimica (Faure G.,
1992) è corretto ritenere esso vicarii questo elemento maggiore
nei K-Feldspati, nei Fillosilicati e nei Plagioclasi, occupando
preferenzialmente i siti cristallografici a coordinazione 8 o 12.
Il Cd è un elemento calcofilo e può raggiungere concentrazioni
molto elevate nei solfuri, in particolare nella Galena, e nella
Sfalerite, dove può facilmente vicariare il Pb e lo Zn. I solfuri
delle rocce, ed in particolare la Pirite, non sono comunque
Page 106
presenti in quantità sufficienti ad occludere tutto l’elemento
presente nel magma, che è pertanto in buona parte ospitato nei
reticoli cristallini dei minerali primari di K e delle Apatiti
(Whedwpohl K.H., 1969).
Le forme che il Cd ha nei sedimenti trasportati dai corsi
d’acqua provenienti da bacini idrografici che ospitano una
fiorente industria, sono riportate sulla sinistra della figura
F1334-4. Le forme prevalenti del Cd sono quelle solubili,
scambiabili ed occluse negli ossidi di manganese. Nella colonna
d’acqua marina la concentrazione del Cd ha il valore minimo nei
primi 200m, indicando che nello strato oceanico ricco di vita è
fortemente accumulato dagli organismi planctonici. Nello strato
sottostante ha una concentrazione maggiore e costante, indicando
che non è efficientemente rimosso
Figura F1335-1. Diagramma Eh-pH del sistema Cd-S-C-O-H.
Page 107
Tabella T1335-1. Costante di selettività delle Ca-Argille
verso Pb, Cd, Zn e Cu.
(Elaborato da Bolth G.H., 1976).
Page 108
Figura F1335-2. Rapporto tra potenziale ionico dell’elemento di transizione bivalente ed la
costante di selettività delle Ca-Argille. (Elaborato da Bolth G.H., 1976).
Page 110
Figura F1335-3. Stabilità dei complessi dell'acido acetico con alcuni metalli pesanti
bivalenti.
Page 112
Figura F1335-4. Rapporto tra pH del suolo e costante di
Langmuir KL.
(Tratto da Shulte A. e Beese F., 1994).
Page 113
dall’acqua marina a causa della sedimentazione della sostanza
organica e delle argille. Il tempo di residenza del Cd nell’oceano
è quindi presumibilmente lungo rispetto a quello del Pb,
rapidamente rimosso dalla sedimentazione della sostanza organica e
delle argille. La concentrazione del Cd nelle rocce sedimentarie è
bassa nelle Argilliti di piana abissale (0,5 mg/Kg), ed è maggiore
nelle Argilliti di piattaforma continentale (1 mg/Kg). Bassa è la
concentrazione del Cd nelle rocce carbonatiche, 0,05 mg/Kg. La
distribuzione del Cd nelle rocce sedimentarie suggerisce che il
principale meccanismo di rimozione del Cd dalle acque oceaniche
sia la sedimentazione delle argille. La concentrazione del Cd è
molto elevata nel carbone, 1,3 mg/Kg, indicando che questo
elemento è fortemente accumulato dalla vegetazione terrestre. La
concentrazione del Cd nella crosta terrestre è di 0,11 mg/Kg.
La concentrazione del Cd nei suoli Russi (Vinogradov, 1959)
risulta da rilievi condotti nella prima metà del ‘900 di 0,1
mg/Kg, indicando un fattore di arricchimento del suolo rispetto
alla crosta terrestre uguale a 1,0. Da rilievi condotti più
recentemente (Adriano D.C., 1990) la concentrazione del Cd risulta
di 0,26 mg/Kg nel Nord America, 0,7 mg/Kg nel Regno Unito e in
media di 0,62 mg/Kg nel mondo. L’aumento della concentrazione del
Cd nei suoli è principalmente dovuta alle attività antropiche
degli ultimi 50 anni (Adriano D.C., 1990. Alloway B.J., 1990).
Nel suolo la solubilità del Cd può essere controllata dalla
precipitazione di fasi insolubili che dipendono dalle condizioni
di Eh-pH, (figura F1335-1). La solubilità del Cd è limitata in
condizioni riducenti dalla precipitazione dei solfuri. In ambiente
ossidante la solubilità del Cd è controllata dal pH. A pH
superiori ad 8, tipici dei suoli carbonatici ed alcalini si ha la
Page 114
precipitazione del carbonato, degli ossidi e degli idrossidi.
Nell’ambiente ossidante tipico delle acque superficiali e di falda
il Cd è fortemente solubile a pH inferiori ad 8. Come per tutti
gli altri elementi di transizione bivalenti, il Cd forma complessi
stabili con il Cl che ne possono innalzare la solubilità anche a
pH alcalino o in ambienti riducenti (Doner H.E., 1978).
La solubilità del Cd, come quella di Rb, Cs, K, e Pb,
avendo un modesto potenziale ionico e bassa energia di
idratazione, può essere adsorbito nei siti altamente selettivi
tipici delle Illiti e delle Idromiche (Ziper C., Komarneni S., e
Baker D. E., 1988, Sawney) nei quali è legato con energie prossime
a quelle dei legami ionici. I siti planari dei minerali argillosi,
non sono selettivi nei confronti del Cd, che può essere facilmente
scambiato dal Ca. Per queste argille il coefficiente di
selettività nell’adsorbimento di questi due cationi è infatti
mediamente di 1,0 (tabella T1335-1 e figura F1335-2). La
solubilità del Cd può essere inoltre controllata dalla
complessazione con i gruppi carbossilici dei composti organici, di
cui, a titolo di esempio, sono riportate le costanti di stabilità
dell’acido acetico nella tabella T1335-2, F1335-3.
All’adsorbimento del Cd possono ovviamente partecipare anche gli
ossidi di Fe e Mn (tabella T1334-4). Sculte A. e Beese F. (1994)
studiano 16 campioni di suolo Israeliani e Tedeschi e trovano che
l’adsorbimento del Cd sul suolo può essere descritto dall’isoterma
di Langmuir. La costante di complessazione KL dell’isoterma di
Langmuir dipende linearmente dall’attività dello ione idronio e
dal componente minerale che ne tampona l’attività (figura F1335-
4), mentre il massimo di adsorbimento A aumenta con il contenuto
di argilla. Holm P.E. et al. (1996) osservano che la soluzione
Page 115
circolante dei suoli agrari carbonatici, tamponati a pH 8 dalla
Calcite, la concentrazione del Cd può raggiungere valori superiori
a 10 volte quella prevedibile dalla precipitazione del l’Octavite,
CdCO3, probabilmente a causa della presenza nella soluzione
circolante di sostanza organica solubile. McBride M.B. et al.
(1981) osservano che l’adsorbimento del Cd su un campione di suoli
rappresentativo dell’America Nord-Occidentale, dove il pH è varia
tra 4,8 e 7,3 mentre il contenuto di argilla varia tra il 2 e il
52%, è ben descritto dall’isoterma di Langmuir. Impiegando una
soluzione di riferimento 10^-5 M osservano che la quantità di Cd
legato alla frazione solida è inversamente proporzionale al Ca
scambiabile. La frazione di Cd adsorbita sul suolo è a sua
volta inversamente proporzionale alla concentrazione del Cd nel
grano cresciuto sul suolo contaminato dal Cd. Gli autori
concludono pertanto che il principale fattore di controllo della
biodisponibilità del Cd antropico è la reazione di scambio tra Cd
e Ca sulle argille. Come riporta Alloway (1997) molti autori
trovano una correlazione lineare significativa tra contenuto di Cd
nel vegetale e nel suolo. Secondo la rassegna critica di Baes C.F.
et al. (1984) sui fattori di trasferimento suolo-pianta, la
concentrazione del Cd antropico nelle porzioni vegetative e
quiescenti dei vegetali è mediamente il 55% ed il 16% della
concentrazione dell’elemento nel suolo, indicando un forte
accumulo dell’elemento nella biomassa vegetale. Per i suoli del
Nord America dove il contenuto di Cd è mediamente di 0.35 mg/Kg si
può stimare il contenuto medio di Cd nei foraggi di 0,19 mg/Kg e
nella granella dei cereali di 0,21 mg/Kg. Per gli elementi di cui
si registrano elevati tassi di deposizione dall’atmosfera, come
osservato da Sheppard S.C. et al (1992) per valutare la
Page 116
concentrazione nella biomassa vegetale oltre all’assorbimento
radicale andrebbe considerato l’assorbimento fogliare. Bertelsen
B.O. et al. (1995) la concentrazione del Cd in un ampio campione
di tessuti vegetali della Norvegia Meridionale, soggetta ad una
deposizione atmosferica di 2,9+/-24% mg·m-2·a-1. La concentrazione
del Cd risulta di 0,29+/-94% mg/Kg. La concentrazione media del Cd
nella biomassa vegetale non cambia significativamente dieci anni
dopo, nel 1992, quando la deposizione al suolo di Cd è scesa a
0,09+/-5% di mg·m-2·a-1, suggerendo che il Cd manifesti una bassa
assimilabilità fogliare.
Le concentrazioni di Cd nei tessuti vegetali che determinano
un decremento del 25% della fotosintesi variano sensibilmente
secondo la specie (Adriano D.C., 1986). Su un campione di 19
essenze esse sono risultate comprese tra 160 mg/Kg e 3 mg/Kg, con
una media di 56+/86% (n=19) mg/Kg. La dose giornaliera
assimilabile dalla popolazione di Cd consigliata dalla FAO è di
0,06¸0.07 mg/g. La dose assimilata dalla popolazione mondiale, è
compresa tra 0.025 e 0.075 mg/g (Alloway B.J., 1997).
L’assimilabilità del Cd ingerito con l’alimentazione è nei
mammiferi modesta; solo 1-2% per il ratto, 0,5-3% per la scimmia,
16% per le vacche, 3-8% per gli uomini (Ragan H.A. e Mast T.J.,
1990). I minerali argillosi non diminuiscono la biodisponibilità
del Cd antropico ingerito accidentalmente con il suolo (Sheppard
S.C. et al., 1994). L’assimilabilità del Cd inalato è doppia
rispetto a quella del Cd ingerito (Ragan H.A. e Mast T.J., 1990).
Tra gli effetti sanitari dell’intossicazione da Cd vi è la
diminuzione della fertilità maschile (op. cit.), un fenomeno che,
come noto, affligge le popolazioni urbane, gli allevamenti bovini
Page 117
e che è, con la caccia, tra le cause della diminuzione del numero
di branchi di Balene.
Le principali sorgenti d’emissione antropica di Cd
nell’ambiente sono: i fertilizzanti fosfatici, i fanghi di
depurazione e le attività inerenti l’estrazione e la lavorazione
di minerali. Il Cd, come Pb, Bi e Sb è contenuto già in origine
nella fosforite, la roccia sedimentaria organogena dalla quale
vengono prodotti i fertilizzanti fosfatici (Wedepohl, 1969).
Infatti è riscontrata una correlazione diretta tra l’accumulo di P
e Cd sulla superficie dei suoli a testimoniare la pericolosità di
un indiscriminato
utilizzo di tali fertilizzanti (Alloway B.J., 1997). Il suo
contenuto nei fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura
dipende dalla tipologia del rifiuto e dall’estensione del centro
urbano che li produce. Le acque di scarico impiegate nelle
attività estrattive di alcuni minerali quali, in particolare, la
Sfalerite (ZnS) e la Smithsonite (ZnCO3) hanno tenori in Cd
decisamente inquinanti (540 mg/kg). Un’ulteriore conseguenza
causata dai processi di fusione dei minerali sopracitati è
rappresentata dall’immissione nell’atmosfera del Cd, stimata di
55×10^8 g/a (Adriano D.C., 1986) e, quindi, di una successiva
deposizione la cui concentrazione dipende dalla distanza dalla
sorgente d’emissione.
Page 118
1.3.3.6. Zinco (Zn).
Lo Zn+2 ha un potenziale ionico di 2,7 Å-1, simile a quello del
Fe+2 (2,62 Å-1) di cui è vicariante nelle strutture cristalline dei
minerali primari. La sua concentrazione . nelle rocce ignee, è
minima nelle peridotiti (15 mg/Kg), massima nei basalti (90
mg/Kg) e minima nelle rocce acide (15 mg/Kg). Esso si concentra
nel fuso basaltico prodotto dalla fusione parziale delle rocce
peridotitiche del mantello. Dal magma basaltico, a differenza di
Pb e Cd, ioni troppo grossi per vicariare il Fe+2, è efficacemente
rimosso dalla cristallizzazione frazionata dei minerali di Femici,
principalmente dai Pirosseni ed dagli Anfiboli. Esso inoltre può
vicariare il Fe+2 nella Pirite, dove raggiunge elevate
concentrazioni. Nel magma acido rimangono perciò modeste quantità
di Zn, che vengono ad essere catturate come elemento in traccia
prevalentemente nella Biotite e negli altri minerali femici che,
come i pirosseni, talvolta si osservano nelle rocce acide
(Wedepohl, 1969). La sua concentrazione nel suolo può essere
controllata dalla precipitazioni di solfuri in ambiente riducente.
In ambiente ossidante è altamente solubile a pH inferiore ad 8,
mentre a pH inferiori precipita come ossido (Brookis D.G., 1988).
Come gli altri elementi di transizione bivalenti la sua
concentrazione nella soluzione circolante nel suolo può essere
controllata dall’adsorbimento sui colloidi organici e le argille
(T1334-4). Da queste ultime, avendo un potenziale ionico piuttosto
elevato e una energia di idratazione relativamente alta, non
fissato nei siti specifici dei bordi di alterazione delle Illiti
Page 119
e delle Idromiche. Come per gli altri elementi di transizione
bivalenti molti autori riportano una forte correlazione tra il
contenuto di Zn e quello di Fe e Mn nei sedimenti fluviali. Le
forme che assume in questi dipendono dal bacino idrografico
(Figura F1334-3). Nei bacini delle aree industrializzate
prevalgono le forme solubili, scambiabili e legate agli ossidi di
Mn mentre nei bacini idrografici delle aree poco industrializzate
prevalgono le forme occluse nei minerali primari. Nell’oceano, lo
Zn, come il Cd, si comporta da fattore limitante la crescita
planctonica nei primi 200 m di spessore oceanico e nello strato
sottostante raggiunge una concentrazione elevata e costante,
indicando che è rimosso dalla sedimentazione della sostanza
organica con scarsa efficacia. Il suo tempo di residenza
nell’oceano è di 10^3¸10^4 a (Whitfield M., 1981). La
concentrazione dello Zn nelle rocce sedimentarie è massima nelle
Argilliti di piana abissale (165 mg/Kg), dove è associato
prevalentemente agli ossidi di manganese, intermedia nelle
Argilliti ricche in sostanza organica (100 mg/Kg) e bassa nelle
Argilliti povere di carbonio organico (10 mg/Kg). Nei carbonati ha
basse concentrazioni, 1,7 mg/Kg. Dalla distribuzione dello Zn
nelle rocce sedimentarie è ragionevole ritenere che i principali
meccanismi di rimozione dalle acque oceaniche sia il seppellimento
della sostanza organica e la sedimentazione delle argille. II
contenuto di Zn nel carbone è di 1,7 mg/Kg indicando che questo
elemento rispetto al Pb ed al Cd è meno fortemente bioaccumulato
dalla vegetazione continentale rispetto al Pb, del Cd e dell’As.
Tra le sorgenti di inquinamento del suolo vi è lo Zn è
contenuto nei fertilizzanti sia organici che inorganici, come il
solfato di zinco (ZnSO4), l’ossido di zinco (ZnO) ed il complesso
Page 120
Zn-NH3 utilizzati in agricoltura. Altre fonti inquinanti possono
essere rappresentate dalle polveri dei combustibili fossili, dalla
fusione dei metalli non ferrosi e dai fanghi di depurazione.
Particolarmente variabile è il contenuto di Zn nei fanghi di
depurazione che risulta spesso superiore ai livelli di fondo dei
suoli.
1.3.3.7. Rame (Cu).
Il Cu ha un potenziale ionico più elevato simile a quello
dello Zn e una analogo comportamento nel ciclo petrogenico. La sua
concentrazione nelle rocce ignee è massima nelle rocce basiche ed
intermedia nelle rocce basiche e acide. E’ stata osservata una
significativa correlazione tra il contenuto di Cu e di S nelle
rocce basiche, indicando che la cristallizzazione della Pirite nel
magma basaltico rimuove quantità significative di Cu dal fuso
silicatico. Tra Pirite e Calcopirite vi è infatti una buona
miscibilità allo stato solido (Wedepohl K. H., 1969).
Nei suoli la sua solubilità è controllata in ambienti
riducenti dalla sedimentazione dei solfuri, in ambienti ossidanti
il Cu è solubile a pH inferiori a 6, mentre a pH superiori la sua
solubilità è controllata dalla precipitazione di ossidi,
idrossidi, carbonati e solfati (Brookis D.G, 1988). Avendo elevato
un elevato potenziale ionico e una elevata energia di idratazione
non è fissato in siti altamente selettivi delle Illiti. Esso forma
legami particolarmente stabili con gli ossidi di Mn e i composti
umici (T1334-4). Secondo Baes C.F et al. (1984), la concentrazione
del Cu antropico nei tessuti vegetativi e quiescenti è
Page 121
rispettivamente il 40 ed il 25% della concentrazione dell’elemento
nel suolo. Le forme del Cu rilevate nei sedimenti fluviali sono,
come per gli altri elementi di transizione diverse a seconda del
grado di industrializzazione del bacino idrografico di provenienza
(F1334-3). Nelle acque oceaniche la concentrazione del Cu è minima
in superficie e cresce linearmente con la profondità. La
concentrazione del Cu nelle rocce sedimentarie indica che il
principale meccanismo di rimozione del Cu dalle acque marine è
stata, nel corso delle ere terrestri, la sedimentazione delle
argille e della sostanza organica. Il suo tempo di residenza
nell’acqua oceanica è stimato di 10^3 anni (Whitfield M., 1981).
La fonte più rilevante di Cu nei suoli agricoli è
rappresentata da alcuni suoi composti, utilizzati come
fertilizzanti, quali: i chelati, capaci di mantenere il Cu
biodisponibile per i vegetali, il solfato di rame idrato (CuSO4 ×
5H2O) contenente il 25,5 % di rame ed alcuni ossidi (CuO, Cu2O). Di
particolare interesse il loro utilizzo come fungicidi e
battericidi nella protezione sanitaria della vite, poiché efficaci
nel combattere la Peronospora, parassita diffuso in tutti i paesi
viticoli del mondo. I preparati “storici” più efficaci sono le
poltiglie cupriche, tra cui la poltiglia borgognona e quella
bordolese sono, da sempre, le più impiegate. La poltiglia
borgognona consiste in una soluzione di solfato di rame idrato
neutralizzata con carbonato di sodio (Na2CO3), mentre quella
bordolese è costituita sempre da solfato di rame idrato,
neutralizzato, in questo caso, con calce spenta [Ca(OH)2].Questi
composti cuprici amorfi sotto l’azione dell’acqua piovana carica
di anidride carbonica o sotto l’azione della rugiada liberano ioni
rame solubili. Tra i preparati moderni più adottati vi sono i
Page 122
fungicidi cuprici puri, le poltiglie bordolesi essiccate e
micronizzate, che è sufficiente mettere in sospensione nell’acqua
per poterle utilizzare direttamente nel trattamento della vite, e
le miscele organo-cupriche, ottenute aggiungendo ad uno o più
fungicidi organici di sintesi composti quali l’ossicloruro
tetracuprico, il solfato di rame e l’idrossido di rame. Alti
quantitativi di Cu si possono trovare anche nei fanghi di
depurazione e nelle deiezioni degli animali d’allevamento nutriti
con mangimi addizionati in solfato di rame, che viene sempre più
impiegato nell’alimentazione animale, poiché è risultato essere un
valido integratore alimentare.
1.3.3.9. Nichel (Ni).
Gli apporti più rilevanti di Ni antropogenico provengono dalle
emissioni delle fonderie e dai fanghi di depurazione dove supera
lo 0,5 % e rappresenta, con lo Zn ed il Cu, il metallo pesante che
potenzialmente può risultare più fitotossico.
1.3.3.10. Cobalto (Co).
Particolarmente ricchi in Co sono i liquami animali e le acque
di scarico prodotte dalle fonderie, che vengono talvolta riversate
su vaste aree con conseguente rischio di contaminazione. Minori
quantitativi sono presenti nelle ceneri prodotte durante la
combustione del carbone (specie quello bituminoso) (vedi Tabella
1-6). Un’altra potenziale sorgente inquinante è costituita da un
uso eccessivo dei sali di Co o dei fertilizzanti fosfatici
trattati con il Co.
Page 123
1.3.3.11. Cromo (Cr).
Le fonti d’inquinamento principali del Cr sono rappresentate
dai fertilizzanti fosfatici, che possono contenere oltre 1000
mgr/Kg di Cr, e dalla deposizione atmosferica provocata dalle
emissioni delle industrie metallurgiche, specialmente acciaierie o
stabilimenti che estraggono e trasformano il Fe. Minori
quantitativi vengono prodotti dagli impianti di riscaldamento,
dalle centrali elettriche e dai cementifici (vedi Tabella T132-1).
Page 124
2.
OBIETTIVI
Obiettivi della ricerca sono di indagare la mobilità degli
inquinanti emessi in prossimità di stabilimenti siderurgici ed
identificare i fattori chimici e fisici che la controllano. In
particolare si indagano:
1) La distribuzione areale dell’inquinante attorno allo stabilimento;
2) l’innalzamento antropico della concentrazione litogenica dei microelementi
inquinanti;
3) la velocità di lisciviazione dell'inquinante;
4) l’importanza della geomorfologia e dell’uso del suolo nel determinare la
mobilità degli inquinanti;
5) l’importanza della geomorfologia e dell’uso del suolo nel determinare la
biodisponibilità degli inquinanti.
Page 125
3.
MATERIALI E METODI
3.1. Inquadramento geologico, pedologico e
climatico delle aree di studio.
3.1.1. La contea di Cliland, Glasgow, Scozia.La contea di Cliland è ubicata all’interno di una grande unità
tettonica, nota con il termine di “The Midland Valley” o “The
Great Valley”, la grande Cameron B.I. e Stephenson D., 1985). Dal
Devoniano al Siluriano nella Great Valley si registra la
deposizione di Arenarie continentali rosse a festoni tipiche di
clima desertico. Ad incominciare dal siluriano la Great Valley
viene a trovarsi delimitata da due faglie distensive orientate in
direzione E-W e diviene soggetta ad un lento sprofondamento
tettonico al quale si accompagna un cambiamento della tipologia
dei sedimenti. Dai rilievi posti a nord e a sud della Great Valley
delimitati dagli specchi delle faglie distensive è eroso materiale
terrigeno, intercalato da sedimenti marini di ambiente poco
profondo testimoni di periodiche ingressioni marine. In
particolare, nel corso del Carbonifero, quando il Regno Unito era
venuto a trovarsi a latitudini equatoriali, le sequenze
sedimentarie che colmano la Great Valley sono composte da
alternanze ciclotemiche composte da strati di rocce carbonatiche,
carbone e limi tipiche del periodico susseguirsi di ambienti
deposizionali di mare poco profondo, lacustri e di pianura
alluvionale. Nel Triassico all’apertura dell’Oceano Atlantico si
Page 126
associa una fase compressiva con direttrice N-S che determina il
sollevamento delle “Higlands”, i rilievi collinari della Scozia
Settentrionale. Soggette ad un rapido sollevamento, stimabile
nell’ordine di grandezza dei cm/a, l’erosione porta ad affiorare
le rocce della crosta continentale superiore, principalmente
Scisti Gneiss e rocce granitoidi. Le faglie distensive che
delimitano a nord ed a sud il bacino sedimentario della Great
Valley sono riattivate in chiave compressiva ed i sedimenti che
riempiono la depressione tettonica della Great Valley rimangono
ripiegati a formare una anticlinale ad asse E-W pizzicata tra i
blocchi continentali convergenti delle Higlands e della Scozia
Meridionale. Alla fase compressiva del Cenozoico si associa
ovviamente un sollevamento eustatico che porta all’erosione dei
sedimenti Cenozoici ed all’affioramento del substrato Paleozoico
del riempimento sedimentario della Great Valley.
Nel corso del quaternario in occasione dei periodi glaciali il
Regno Unito Settentrionale e Centrale è stato periodicamente
coperto da ghiacciai continentali dello spessore di 1000-2000 m.
L’ultima glaciazione del Pleistocene, denominata “glaciazione
flandriana”, rimodella completamente la superficie topografica del
Regno Unito fino alle regioni centrali e traccia un sistema di
valli glaciali ampie diverse decine di Km e solcate da Drumlins,
rilievi collinari lunghi qualche chilometro ed alti qualche
centinaio di metri, orientati parallelamente alla linea di
deflusso delle lingue del ghiacciaio Flandriano. I Ghiacciai
flandriani erodono quasi completamente i sedimenti quaternari
deposti nel precedente periodo caldo, ed al loro ritiro ricoprono
la Scozia Centrale e Settentrionale di depositi glaciali,
periglaciali e fluvioglaciali. Sulla superficie di deglaciazione
Page 127
si imposta l’attuale reticolo idrografico della Great Valley, che
segue le ampie valli glaciali insinuandosi tra i Drumlins. A causa
dello scioglimento dello spesso ghiacciaio flandriano,
nell’Olocene le faglie che delimitano a Nord (Higland Boundary
Fault) e a Sud (Sutern Upland Fault) sono state riattivate e la
Great Valley è divenuta soggetta ad un lento sollevamento
eustatico. La velocità di sollevamento è compresa tra il mm/a
della costa occidentale e i 4 mm/a della costa orientale. I
depositi glaciali flandriani nell’Olocene sono stati rimaneggiati
dalle acque superficiali, ma con scarsa energia, sia a causa della
modesta acclività dei rilievi, che della modesta entità del
sollevamento tettonico. La carta pedologica del Regno Unito
classifica i suoli della Great Valley come Gleysol.
Il Clima della Scozia è caratterizzato da intense
precipitazioni, comprese tra 1000 e 2000 mm/a, omogeneamente
distribuite nel corso dell’anno. L’evapotraspirazione nella contea
di Cliland supera le precipitazioni tra aprile e settembre per un
massimo di 40 mm (figura F311-1). Le temperature medie mensili
sono comprese tra i valori minimi di 3-6 °C ed i valori massimi di
17-22°C. A causa della calda Corrente del Golfo che affiora a
poche centinaia di Km a nord delle coste scozzesi i periodi di
gelo e di copertura nevosa del suolo sono limitati a pochi giorni
all’anno.
La contea di Cliland è ubicata a qualche decina di km a sud di
Glasgow, la città che fino all’inizio di questo secolo
rappresentava il principale centro industriale dell’Impero
Britannico. Nella contea di Cliland l’attività economica
prevalente è stata quella agricola fino al ‘700, epoca nella quale
incomincia l’estrazione dalle rocce paleozoiche. All’attività
Page 128
mineraria si aggiunge all’inizio del ‘900 l’attività siderurgica
dello stabilimento British Stell. Agli inizi degli anni ‘80 cessa
l’attività mineraria e, poco dopo, nel 1987, quella siderurgica.
Alla rilocalizzazione dell’industria pesante nei paesi in via di
sviluppo nell’area metropolitana di Glasgow si accompagna
l’espansione delle attività terziarie e l’urbanizzazione delle
aree agricole e delle aree industriali dismesse. Il cambiamento
d’uso del suolo suscita preoccupazione presso le autorità locali
dell’area metropolitana di Glasgow a causa della presenza nel
suolo di metalli pesanti nei suoli e del possibile effetto
sanitario sulle popolazioni residenti.
Per valutare il grado di contaminazione del suolo della contea
di Cliland si è campionato un profilo dello spessore di 45 cm a
cinque Km sottovento lo stabilimento siderurgico della British
Stell, sulla sommità pianeggiante di un Drumlins. Il suolo
campionato nel corso del ‘900 a ricevuto le emissioni fumose dello
stabilimento siderurgico della British Stell. Il flusso inquinante
è stato confinato
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Figura F311-1. Dati climatici della contea di Cliland.
Page 130
nell’orizzonte Ap dalle lavorazioni agricole fino al 1987, anno in
cui la British Stell ha smantellato lo stabilimento. Nello stesso
anno il suolo è stato riconvertito dalla coltivazione dell’orzo a
quella del prato permanente e sono quindi cessate le lavorazioni
agricole. L’inquinante confinato nell’orizzonte lavorato ha così
potuto essere lisciviato verso gli orizzonti profondi.
3.1.2. Il Comune di Villadossola, Verbania, Italia.L’area di studio si estende sottovento allo stabilimento
siderurgico SISMA di Villadossola (Vb) su un’area di 20 Km2 circa,
due chilometri ortogonalmente all’asse vallivo e cinque
longitudinalmente (figura F312-1).
Il settore di valle studiato è intagliato in 5 diverse unità
tettoniche (Barbieri F., 1983): la Falda Ofiolitica Piemontese, il
Penninico, il Basamento Penninico, l’Austroalpino ed il Basamento
Sdalpino. Lo schema tettonico dell’area di studio, e i rapporti
strutturali tra le unità tettoniche sonno riportati nelle figure
F312-2 ed F312-3. Le rocce presenti nell’alta Val d’Ossola (figura
F312-3) sono principalmente Gneiss, Micascisti, Metabasiti,
Calcescisti e, secondariamente, Serpentiniti. In tutta la valle si
osservano mineralizzazioni ad Arsenopirite aurifera, Calcopirite,
e Niccolite di età mesoalpina, riportate nella figura F312-2 con i
simboli As o Au, Cu e Ni rispettivamente. In corrispondenza
dell’anticlinale delle valli Anzasca ed Antrona, dove un lembo di
Metabasiti della Falda Ofiolitica Piemontese è pizzicato
all’interno degli Gneiss del Basamento Pennidico (figura F312-3,
profilo A’-B’), le mineralizzazioni di Arsenopirite aurifera sono
costituite da sistemi di vene dello spessore di qualche metro e di
diversi ettometri di lunghezza. Le mineralizzazioni della Val
Page 131
d’Ossola costituiscono il centro di alto grado di un campo di
mineralizzazioni a solfuri ellissoidale che si estende per qualche
centinaio di Km parallelamente all’asse dell’edificio alpino Nord-
Occidentale (Mastrangelo F., Natale P. e Zucchetti S., 1983), la
cui origine va ricercata nella circolazione idrotermale associata
all’attività plutonica delle radici dell’orogeno alpino.
Le mineralizzazioni della Val d’Ossola sono state coltivate
per l’estrazione di oro e ferro ad incominciare dal 1700.
L’attività estrattiva è stata nell’ultimo secolo condotta su scala
industriale raggiungendo la massima intensità sul finire
dell’ultima guerra. Nel complesso essa ha portato all’escavazione
di un sistema di gallerie che si estende svariate decine di
chilometri. La presenza di giacimenti minerari economicamente
interessanti è, come per le altre vallate, la ragione della
vocazione siderurgica della valle d’Ossola, lungo il cui asse si
contano 6 fonderie. La storia dell’attività siderurgica della
valle è complessa e parzialmente ricostruibile attraverso
l’intervista dei quadri tecnici degli stabilimenti e delle
miniere. E’ ragionevole ritenere che la fusione dei minerali
escavati dai campi minerari della Valle d’Ossola sia andata
progressivamente aumentando di pari passo con l’attività
Figura F312-1. Area di campionamento della Val d'Ossola.
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Figura F312-2. Schema tettonico dell'area di studio.
Page 133
Figura F312-3. Carta geologica compilativa dell'alta Val
d'Ossola.
Page 134
estrattiva nel corso del ‘900, raggiungendo i valori massimi sul
finire dell’ultima guerra. Successivamente alla chiusura delle
miniere, avvenuta negli anni ‘50, le fonderie devono essersi
orientate alla fusione di rottami e materiale minerario
proveniente da giacimenti esteri. La storia dell’inquinamento dei
suoli di Villadossola ascrivibile alle attività siderurgiche è
presumibilmente complessa. L’evento inquinante di maggiore rilievo
degli ultimi cinquanta anni sembra comunque risalire al biennio
1981-1982. In tale biennio la popolazione ha lamentato presso le
Unità Sanitarie Locali ingenti e preoccupanti emissioni da parte
dello stabilimento SISMA, le cui osservazioni sono riportate nella
tabella T312-1. E’ possibile stimare l’emissione di metalli
pesanti complessiva avvenuta nel biennio 1982-1983 assumendo che
le emissioni orarie registrate dalle UUSSLL siano durate un’ora
per ciclo fusorio e che vi siano stati 9 cicli fusori al giorno.
Tabella T312-1. Emissioni in atmosfera della fonderia SISMA
nel biennio 1980-1982.
Elemento Emissione oraria,
Kg/h
Emissione
complessiva, tZn 45 296Cr 20 131Fe 5,34 35,1Pb 5,0 32,9Ca 5,0 32,9Mn 3,0 19,7Cu 0,20 1,31Ni 0,11 0,72Cd 0,10 0,66
Page 135
Nell’ultima glaciazione del Pleistocene, terminata circa
10.000 anni fa, la valle d’Ossola era coperta da un ghiacciaio
della potenza di 1-2 Km. Sui versanti vallivi si rinvengono le
tracce sedimentarie dell’episodio glaciale, rappresentate da
morene laterali, depositi fluvio-glaciali ed infine da depositi
loessici. Nel successivo periodo caldo olocenico, ovvero nel corso
degli ultimi 10.000 anni, i depositi glaciali e periglaciali sono
stati rimodellati dallo scorrimento delle acque superficiali. I
depositi glaciali risultano così ora rimodellati dall’acqua non
incanalata e dissecati dai corsi d’acqua. Essi possono essere
osservati principalmente in corrispondenza della rottura di pendio
associata alle spalle glaciali, in quanto lungo i versanti
vallivi, se presenti, sono ricoperti da uno strato metrico di
colluvium ridistribuito dallo scorrimento delle acque non
incanalate. Nel fondovalle i depositi glaciali,
Page 136
.
Precipitazioni (m m ), tem peratura (°C) e evapotraspirazione (m m ) nelcom une di Villadossola.
020406080100120140160180200
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
M ese
Precipitazioni ed
evapotraspirazione, mm.
Pioggia Temperatura ETP Giorni di pioggia
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quando presenti, sono ricoperti dalle alluvioni deposte dal fiume
Toce e dai suoi affluenti. Lo spessore del deposito alluvionale si
può stimare raggiunga in corrispondenza dell’asse vallivo la
potenza di 100-200 metri. Le alluvioni che occupano il fondovalle
sono costituite da conglomerati e ghiaie deposti ad opera del
fiume Toce e nei suoi affluenti. In superficie i conglomerati e le
ghiaie sono ricoperte da uno strato dello spessore di qualche
decimetro di sabbie fini e limi.. I depositi alluvionali del
fondovalle sono rimaneggiati dalle acque superficiali con relativa
frequenza rispetto ai depositi colluviali dei versanti vallivi.
La “Carta della capacità d’uso del suolo” edita dalla Regione
Piemonte distingue Entisuoli sul fondovalle ed Inceptisuoli sui
versanti vallivi. L’uso del suolo è in stretta relazione alla
topografia. Nel fondovalle, pianeggiante, i suoli sono coltivati a
mais in rotazione con prati polifiti e sono soggetti a lavorazioni
meccanizzate relativamente profonde (20-30 cm). La profondità di
aratura è limitata dalla presenza a modeste profondità di ghiaie e
ciottoli. I suoli impostati sui versanti vallivi per essere
coltivati sono stati terrazzati. A causa dell’idoneo microclima i
terrazzamenti in passato hanno ospitato coltura della vite, mentre
attualmente sono occupati prevalentemente da prati permanenti e a
boschi cedui. La profondità di lavorazione sui terrazzamenti è
limitata dal modesto spessore del deposito colluviale, dalle
accentuate pendenze e dalle modeste dimensioni degli appezzamenti
che rendono impossibile la lavorazione meccanica con mezzi
pesanti. Le lavorazioni, quando vengono effettuate, sono leggere
(10-20 cm). I suoli dei versanti vallivi che non sono stati
terrazzati e non possono essere lavorati a causa dell’elevata
acclività ospitano foreste di latifoglie o boschi cedui.
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Il comune di Villadossola dal punto di vista climatico rientra
nella Regione mesaxerica, sottoregione ipomesaxerica del sistema
Bagnouls Gaussen (figura F312-4). La temperatura media annua è
11.5 °C, con le temperature maggiori corrispondenti ai mesi di
Luglio e Agosto. Secondo i dati riportati dall'atlante
climatologico della Regione Piemonte, subisce in media 64 giorni
di gelo all'anno. La distribuzione della piovosità mostra 2
massimi annuali, uno in Maggio e l'altro in Ottobre con un totale
di 1518 mm di precipitazioni all'anno. Il mese con il maggior
numero di giorni piovosi è però Maggio. L'evapotraspirazione
potenziale, secondo Thorntwaite, è invece massima durante i mesi
di Giugno e Luglio. Secondo il Newhall Simulation Model, il regime
termico dei suoli è mesico, mentre quello idrico è udico.
3.2. Campionamento.
Per valutare lo stato di inquinamento dei suoli della contea
di Cliland è stato raccolto un unico profili di suolo sulla
sommità di un rilievo collinare alto un centinaio di m a 5 Km
sottovento lo stabilimento siderurgico della British Steell. Il
suolo è stato campionato raccogliendo una carota avente 10 dm2 di
area e 45 cm di altezza. La carota è stata quindi suddivisa in 9
fette aventi 5 cm di spessore
Nel comune di Villadossola sono stati raccolti campioni in 19
siti in un’area che si estende per 5 km lungo l’asse vallivo e per
2 km ortogonalmente ad esso (F312-1). La densità di campionamento
nel comune di Villadossola è stata di 1 sito per Km2, una densità
Page 140
di campionamento considerata più che sufficiente al fine della
cartografia pedologica e ambientale. Nello scegliere l’ubicazione
delle stazioni di campionamento si è cercato ovviamente di
raccogliere un insieme rappresentativo e ragionevolmente
bilanciato sia delle principali unità d’uso del suolo che delle
principali unità geomorfologiche.
Nel confronto dell’uso del suolo si sono distinti i suoli
coltivati a bosco, a prato permanente sfalciato e a prato
sfalciato in rotazione agricola. Nei confronti della geomorfologia
dell’area si sono distinti i suoli del fondovalle alluvionale, la
cui roccia madre è rappresentata da depositi alluvionali, i suoli
dei versanti vallivi, la cui roccia madre e il colluvium, e i
suoli ubicati sulle spalle glaciali, sorta di pianori scolpiti a
mezzacosta dalle lingue dei ghiacciai che nel pleistocene si
insinuavano nella valle. La roccia madre dei suoli impostati sulle
spalle glaciali è rappresentata da una sequenza sedimentaria
costituita alla base da depositi fluvio-glaciali ed alla sommità
dal colluvium.
Tenendo presente la geomorfologia e dell’uso del suolo
nell’area si sono identificate sei diverse unità. In funzione
della geomorfologia si sono distinte tre unità:
1) i versanti vallivi;
2) le spalle glaciali;
3) il fondovalle alluvionale;
Altre tre unità si sono distinte in ragione dell’uso del
suolo:
Page 141
1) forestale;
2) prato permanente;
3) prato in rotazione agricola con colture cerealicole;
Al fine di studiare la lisciviazione degli inquinanti si è
considerata la storia recente dei suoli, e si sono distinti i
suoli “disturbati”, il cui profilo è stato perturbato da lavorazioni
successivamente all’evento inquinante del biennio 1981-1982 e
suoli “indisturbati”.
I suoli sono stati campionati scavando una buca pedologica e
suddividendo il profilo del suolo in fette prismatiche con area di
1 dm2 e dello spessore di 5 cm.. Il numero di strati raccolto
attraverso il profilo varia da stazione a stazione ed è compreso
tra il valore minimo di tre ed il valore massimo di sette. La
profondità massima di campionamento è così compresa tra 15 e 35
cm. Sono stati inoltre campionati tre profili pedologici. In
questi il profilo è stato diviso in orizzonti pedologici omogenei,
che sono stati descritti secondo le norme della Soil Taxonomy; di
questi è stato raccolto un volume di campione rappresentativo
dell’orizzonte pedologico. Per la determinazione della densità
apparente sono stati raccolti opportuni campioni mediante un
cilindro in ottone avente lunghezza di cm 5 e diametro di 5, per
un volume totale di circa 100 cm3.
Page 142
3.3. Preparazione dei campioni.
I campioni di suolo sono stati asciugati a temperatura
ambiente. L’umidità relativa e la densità apparente sono stati
determinati sui campioni raccolti con il carotatore cilindrico per
differenza tra il peso secco ed il peso umido. Le analisi chimico-
fisiche sono state effettuate sulla terra fine (Æ<2 mm), separata
dallo scheletro con setaccio di nylon. I risultati ottenuti sono
stati quindi riferiti ad un kg di terra fine oppure ad un dm3 di
suolo.
3.4. Determinazione dei parametri fisici e
chimici.
La porosità apparente (g·dm-3) è stata determinata con il
metodo del carotatore cilindrico (Società Italiana della Scienza
del Suolo, 1985). Per ogni strato di suolo dello spessore di 5 cm
si sono prelevati due cilindri dell’altezza di 5 cm e di 5 cm di
diametro, raccogliendo un totale di circa 200 cm3 di suolo per
strato. La porosità apparente è stata calcolata quale rapporto del
peso del suolo seccato a temperatura ambiente ed il volume
campionato.
La tessitura è stata determinata gravimetricamente per
levigazione alla pipetta con l’apparecchio di Gattorta previa
dispersione con Na-esametafosfato. 10 g di terra fine sono stati
Page 143
posti in bottiglia di polivinile, umettati con una soluzione di 10
ml di sodio esametafosfato 11,7% e dispersi in 100 ml di acqua
deionizzata. La bottiglia di polivinile è stata posta ad agitare
per 60’. La sabbia grossa (2 mm<Ø) è stata separata per
setacciatura ad umido. La sospensione contenente sabbia fine, limo
ed argilla è stata posta in un levigatore di Gattorta avente 500
ml di capacità e 50 cm di altezza. Ad intervalli di tempo
calcolati secondo la legge di Stock si sono effettuati due
prelievi di 10 ml di sospensione contenenti rispettivamente le
frazioni tessiturali limo (0,02 mm < Ø < 0,002 mm) + argilla
(Ø<0,002mm) ed argilla. La sospensione prelevata è stata posta in
un vetrino da orologio, seccata a 60°C e pesata con la bilancia di
precisione in atmosfera mantenuta anidra con gel di silice. La
percentuale di argilla, limo, e sabbia grossa è stata calcolata
direttamente del peso del sedimento prelevato, mentre la
percentuale di sabbia fine è stata calcolata come complemento a
cento. Nella determinazione del contenuto di argilla si è
considerata la densità della colonna d’acqua nella quale è
avvenuta la sedimentazione e la presenza del sodio esametafosfato
impiegato come disperdente, variabili entrambe non trascurabili.
La sostanza organica è stata determinata mediante ossidazionead umido con potassio dicromato secondo il metodo Walkley-Black
seguendo i metodi normalizzati della S.I.S.S. (Società Italiana
della Scienza del Suolo, 1985). 10 g di terra fine sono stati
macinati con un mortaio di agata fino ad ottenere un macinato
avente dimensione inferiore a 0,5 mm. Una aliquota di macinato
compresa tra 0,5 e 2,0 g è stata posta in un matraccio da 250 ml e
messa a contatto con 10 ml potassio dicromato 0,100 N. La reazione
di ossidazione della sostanza organica è stata innescata
Page 144
dall’aggiunta di 20 ml di acido solforico concentrato ed
interrotta dopo 30’ esatti dall’aggiunta di 200 ml di acqua
deionizzata. Nel corso della reazione di ossidazione il matraccio
è stato mantenuto in agitazione per garantire una omogenea
reazione del campione di suolo. Il dicromato ridotto a cromito
dalla reazione con la sostanza organica è stato determinato per
differenza titolando il dicromato residuo con il sale di Mohor,
Fe(NH4)2(SO4)2, 0,050 N. Come indicatore della titolazione si è
impiegata ferroina. La quantità di suolo sottoposta ad ossidazione
è stata opportunamente pesata così che avere sempre almeno 0,15
mEq di dicromato in eccesso rispetto alla sostanza organica.
La capacità di scambio cationico (CSC) è stata determinata
mediante scambio con bario cloruro BaCl2 tamponato a pH 8,15 con
trietanolammina seguendo i metodi normalizzati della S.I.S.S.
(Società Italiana della Scienza del Suolo, 1985). 2,0 g di terra
fine macinata a 0,5 mm sono stati posti in un tubo da centrifuga
con 25 ml di bariocloruro BaCl2 al 10% tamponato a pH 8,15. Il
suolo ed il reagente si sono mantenuti in agitazione per 20’ così
da ottenere un completa reazione del Ba con il complesso di
scambio. Il Ba+2 non adsorbito dal suolo è stato rimosso con due
successivi lavaggi effettuati con 25 ml di acqua deionizzata
intercalati da 10’ di agitazione meccanica. Al suolo saturato in
Ba+2 e liberato dall’acqua deionizzata di lavaggio mediante
centrifugazione si sono aggiunti 25,0 ml di MgSO4 0,100 N. Lo
scambio tra il Ba+2 adsorbito sul suolo ed il Mg+2 è stato garantito
dall’agitazione della sospensione per 20’ e dalla precipitazione
del BaSO4. La quantità di Mg+2 adsorbita sul complesso di scambio è
Page 145
stata determinata per differenza titolando con EDTA il Mg+2 rimasto
in soluzione dopo lo scambio con il Ba.
Il pH è stato determinato potenziometricamente in acqua ed in
KCl 1N secondo i metodi normalizzati di analisi del suolo della
S.I.S.S. (op. cit.). 2 g di terra fine sono stati posti in
bottiglia di polietilene e messi a reagire con 5 ml di acqua
deionizzata. Il suolo è stato lasciato reagire con l’acqua
deionizzata per 15’ su agitatore meccanico, quindi lasciato
sedimentare per 30’. L’elettrodo del pH-metro è stato immerso nel
liquido limpido e la lettura effettuata dopo 5’.
L’elemento “totale” è stato determinato mediante estrazione conacqua regia in canne a riflusso secondo i metodi normalizzati
della S.I.S.S. (op. cit.). 1 g di terra fine macinata a 0,5 mm è
stata posta in una canna a riflusso ed addizionata con 7,5 ml di
acido cloridrico concentrato e 2,5 ml di acido nitrico
concentrato. Le canne a riflusso sono state poste a bollire su un
bagno di sabbia per due ore. Una volta raffreddata, la sospensione
contenuta nelle canne a ricadere è stata centrifugata, il residuo
solido lavato con acqua deionizzata e il surnatante portato ad un
volume finale di 100 ml esatti.
L’elemento biodisponibile è stato determinato mediante
estrazione con il reagente di Lakanen (una soluzione di ammonio
acetato 0,5 M + EDTA 0,02 M tamponata a pH 4,65) secondo i metodi
normalizzati di analisi del suolo della S.I.S.S. (op. cit.). 10 g
di terra fine (Ø<2 mm) sono stati posti in bottiglia di
polietilene e messi a reagire con 100 ml del reagente di Lakanen
su agitatore meccanico per 60’. Il surnatante è stato separato per
centrifugazione e filtrazione.
Page 146
Le concentrazioni di Si, Fe, Al, Ca, Mg, K, P, S, Cr, Mn, Co,Ni, Zn e Cu, nell’acquaregia è stata effettuata direttamente
sull’estratto mediante ICP Perkin-Elmer Optima 3000 multicanale,
con rilevatore echelle. Le concentrazione di Bi, As ed Sb
nell’acquaregia sono state misurate mediante ICP Perkin-Elmer
Optima 3000 multicanale previa generazione e concentrazione degli
idruri secondo il metodo e le apparecchiature sviluppate da Morrow
A., Wiltshire G., e Hursthouse A., (1997). Dell’analita 10 ml sono
stati posti in un matraccio da 25 ml ed addizionati di 75 mg di
ioduro di potassio, 75 mg di acido ascorbico e 3 ml di acido
cloridrico concentrato. La soluzione è stata lasciata a riposo per
20’, quindi portata a volume con acqua deionizzata. Il preparato è
stato fatto reagire per qualche secondo con una soluzione di sodio
boroidrato NaBH4 1 N mantenuta a pH 12 con idrossido di sodio
mediante un’apposita apparecchiatura costituita da una pompa
peristaltica accoppiata ad un anello miscelatore. Gli idruri di
As, Bi ed Sb generati dalla reazione dell’analita con il sodio
boroidrato sono stati quindi raccolti dall’anello miscelatore
mediante un separatore a membrana ed aspirati dalla torcia al
plasma dell’ICP. La concentrazione di Cd e Pb nell’acquaregia è
stata misurata mediante fornetto di grafite Perkin-Elmer HGA 700.
All’analita è stata aggiunto un condizionatore di matrice e si
sono effettuate le correzioni dell’interferenza della matrice
mediante lampada a raggi ultravioletti. Le concentrazioni di Co,
Ni, Zn, Cu, Cd e Pb nella soluzione estratta dal reagente di
Lakanen è stata determinata mediante assorbimento atomico.
La mineralogia della frazione argillosa è stata determinata conspettrofotometro a polveri Siemes modello D5000 impiegando la
radiazione CuKa, una fenditura Soller sul raggio primario e un
Page 147
monocromatore a grafite sul raggio secondario. I trattamenti
impiegati per la determinazione semiquantitativa sono stati quelli
indicati da Thorez J., (1976) e Wilson M.J. (1987):
1) campione saturato in Mg;
2) campione saturato in K;
2) saturato con glicole etilenico;
3) riscaldato a 550°C.
La composizione mineralogica è stata quantificata
numericamente assumendo che l’altezza del picco diagnostico del
minerale considerato sia direttamente proporzionale alla sua
percentuale in peso. La percentuale di Illite è stata così stimata
dall’altezza del picco a 10 Å del campione saturato in Mg, la
percentuale di Vermiculite è stata calcolata dall’abbassamento del
picco a 14Å a seguito della saturazione del campione con K e La
percentuale di Smectite è stata calcolata dall’altezza del picco a
16 Å del campione trattato con glicole etilenico. La percentuale
di Caolino, infine, è stata calcolata dall’abbassamento del picco
a 7 Å a seguito del riscaldamento a 550°C.
Il metodo adottato trascura i fattori di struttura, la
cristallinità e l’effetto dell’interstratificazione dei minerali
sull’altezza e la forma del picco di diffrazione del minerale
considerato ed è pertanto semiquantitativo (Wilson M.J., 1987). A
causa dei fattori di struttura il metodo sottostima
sistematicamente la percentuale in peso dei minerali poveri di
metalli pesanti e con strutture cristalline disordinate mentre
sovrastima i minerali ricchi di elementi pesanti e con strutture
cristalline ordinate. Il fenomeno dell’interstratificazioni dei
Page 148
minerali argillosi ha effetto sulla ampiezza e sulla forma del
picco di diffrazione e dipende dall’ordine con cui si susseguono i
foglietti dei diversi minerali. Trascurare il fenomeno
dell’interstratificazione dei minerali argillosi determina una
sottostima o una sovrastima dei minerali in dipendenza
dell’abbondanza relativa dei minerali nel cristallo e dall’ordine
con cui si susseguono nell’edificio cristallino.
La mineralogia della frazione sabbiosa e limosa è stata
determinata mediante microsonda elettronica a dispersione di
energia SEM-EDS. Le zollette di suolo analizzate sono state
inglobate in resina epossidica, quindi sezionate e lucidate. La
sonda è stata calibrata sull’emissione K del Co. Per la
quantificazione degli elementi primari si sono impiegate rette di
taratura calibrate su minerali standard. La determinazione
quantitativa così effettuata è affetta dall’errore determinato
dalla differenze di densità dei minerali analizzati e di quelli
impiegati nella retta di taratura dello strumento. Tali errori
sono trascurabili ai fini della presente indagine.
Le analisi micromorfologiche sono state effettuate alla
microsonda elettronica SEM. Le zollette di suolo sono state poste
sul piattello portacampioni e ricoperte da un sottile strato di
carbonio.
Validazione dei dati analitici. Le principali caratterizzazioni
chimico-fisiche dei suoli (tessitura, contenuto in sostanza
organica, CSC, pH, elemento estraibile dal reagente di Lakanen ed
in acquaregia) sono state effettuate in doppio. La deviazione
standard delle misure effettuate al di sopra dei limiti di
rilevabilità metodologica e strumentale è risultata sempre
inferiore al 10%. I limiti di rilevabilità strumentale e
Page 149
metodologica sono stati ampiamente superati per tutte le proprietà
misurate eccetto che il contenuto di argille nei suoli di
Villadossola, dove talvolta si osserva tra i replicati una
deviazione standard del 30%.
Nelle misure effettuate all’ICP di ogni analita si sono
considerate le emissioni determinate dalla matrice ed effettuata
l’adeguata sottrazione della radiazione di fondo. Per tutti gli
elementi le concentrazioni sono state misurando due diverse linee
di emissione, tra le quali hanno si è sempre osservato un
coefficiente di varianza inferiore al 3%. Le deviazioni standard
tra i replicati, eccetto che per As e Bi, dove la deviazione
standard si è mantenuta nel limite di incertezza metodologica del
30% , sono sempre state inferiori al 10%. Nella determinazione del
Cd all’HGA, pur essendo stata effettuata ben al di sopra dei
limiti di rilevabilità strumentale, la deviazione standard tra i
replicati ha raggiunto valori medi del 20% con punte del 40%.
Difficoltà nella determinazione del Cd all’HGA sono state
lamentate dai tecnici che erano, indipendentemente, impegnati in
analisi di campioni simili in laboratori sia italiani, presso il
Dipartimento di Chimica Analitica e Strumentale della Università
di Torino, che scozzesi, presso il Department of Chemistry and
Chemical Engineering dell’Università di Paisley, Scozia. Le
ragioni della elevata deviazione standard osservata tra i
replicati delle misure effettuate all’HGA non è stata appurata, ma
potrebbe essere dovuta a contaminazioni accidentali determinate
dal campionatore dello strumento.
Page 150
3.5. Trattamento statistico dei dati.
Gli strumenti statistici impiegati nella interpretazione dei
risultati sono stati le correlazioni lineari e le regressioni
multiple (Busetti G., 1983. Spiegel M.R., 1979). Le regressioni
multiple sono state ottenute con il metodo dell’aggiunta
progressiva di variabili. Una prima serie di regressioni sono
state effettuate per ogni variabile dipendente considerata
singolarmente. Quindi è stata selezionata la regressione con
coefficiente di correlazione r2 più alto e limite di confidenza P
pù significativo. Alla correlazione lineare così ottenuta sono
state aggiunte una alla volta le rimanenti variabili. Delle
numerose regressioni multiple così ottenute si è selezionata
quella in cui entrambe le e la variabili indipendenti sono
risultate significativamente correlate alla variabile dipendente e
con maggior limite di confidenza. Si è quindi proceduto con metodo
euristico aggiungendo progressivamente una alla volta tutte le
altre variabili fino ad identificare tutte le proprietà del suolo
significativamente correlate alla variabile dipendente.
3.6. Determinazione della concentrazione
litogenica dell’elemento.
La determinazione della concentrazione dell’elemento
litogenico ed antropico di un campione di suolo riveste notevole
importanza scientifica e normativa. E’ ovvio infatti che piccoli
errori nella valutazione della concentrazione litogenica di un
elemento possono portare a grandi errori nella stima del fattore
Page 151
di arricchimento antropico ovvero della perturbazione dei cicli
biogeochimici naturali. E’ altrettanto ovvio che la distribuzione
degli elementi nei minerali, nelle rocce e nei suoli non a causa
dei processi geologici è disomogenea. Si possono così osservare in
prossimità di particolari formazioni geologiche, quali i
giacimenti minerali, elevate concentrazioni di elementi pesanti
tossici la cui componente antropica è trascurabile anche se è, in
termini di impatto sanitario, massiccia.
In letteratura sono stati riportati diversi metodi per la
determinazione della concentrazione dell’elemento litogenico ed
antropico (Adriano D.C., 1986. Alloway B.J., 1997. Salomons W. e
Förstner U., 1984), nessuno dei quali sembra essere completamente
soddisfacente od universalmente accettato. Nei seguenti paragrafi
si discutono le caratteristiche dei metodi riportati in
letteratura e di quelli adottati nella presente ricerca.
Quando non si possa disporre di costose misure isotopiche o
quando la composizione isotopica dell’inquinante e del suolo non
differiscono sufficientemente, la misurazione diretta della
concentrazione litogenica non è possibile e si ricorre pertanto ad
assunzioni e stime ragionevoli.
Alcuni autori, assumono che la concentrazione litogenica dei
suoli sia quella degli strati ubicati a profondità superiori a 40
cm. Altri autori prendono come riferimento la concentrazioni degli
elementi in profili pedologici raccolti lontano dalla sorgente di
inquinamento.
Entrambe i metodi presentano alcuni limiti. I processi
pedogenetici infatti comportano una ridistribuzione degli elementi
attraverso il profilo di suolo e conducono alla formazione di
orizzonti differenti per proprietà fisiche e chimiche (Sequi P.
Page 152
Ed, 1986. Vinogradov A. P., 1959). Gli orizzonti superficiali di
suolo così, anche quando non contaminati, hanno una composizione
chimica differente da quelli profondi. Tra i processi che possono
portare ad un accumulo di un elemento negli orizzonti superficiali
di suolo (Violante P., 1986b) vi è ovviamente la precipitazione
dell’elemento liberato nel corso dell’alterazione pedogenetica dei
minerali primari in forme immobili quali quelle occluse nei
reticoli dei minerali secondari, quali argille, sesquiossidi,
idrossidi, fosfati, solfati, o carbonati. Inoltre, per gli
elementi che possono essere bioaccumulati nella biomassa vegetale
quali Cu, Cd, As, Bi, l’elemento è trattenuto negli orizzonti
superficiali ricchi in sostanza organica (Whedepohl K. H., 1969.
Vinogradov A. P., 1959). Tra i processi che comportano
l’impoverimento di un elemento negli strati superficiali di suolo
vi è la traslocazione preferenziale sotto forma di composti
solubili facilmente lisciviabili quali PbCl3-1, Cu(OH)3
-1 , CrO-,
Zn(OC-CH4)3-2, Co(HSO4)3
-1 Pb+2, PbCl20, o complessi organometallici
con molecole organiche solubili a basso peso molecolare (Cu-OOC-
CH3). Inoltre semplici modelli cromatografici che simulano la
lisciviazione degli inquinanti poco mobili (Konshin O. V., 1982),
indicano che quando la velocità di lisciviazione dell’inquinante è
sufficientemente elevata, la concentrazione dell’inquinante
antropico negli strati profondi può non essere trascurabile. Il137Cs, per esempio, può essere in taluni suoli lisciviato alla
velocità media di 1 cm/a (op. cit.), venendo così a trovarsi dopo
soli 50 anni dalla contaminazione in concentrazioni apprezzabili
alla profondità di 1 m.
Page 153
L’identificazione di suoli incontaminati simili a quelli in
oggetto di studio può sembrare il metodo migliore per determinare
la distribuzione litogenica di un elemento attraverso il profilo
del suolo, in quanto il metodo tiene conto dei processi naturali
che ne determinano l'ineguale distribuzione attraverso il profilo.
Recenti studi hanno messo in luce che il metodo è più
difficoltoso di quanto in prima analisi si potrebbe essere indotti
a ritenere e può per alcuni elementi risultare assai fuorviante.
Per il Pb, per esempio, la cui composizione isotopica permette di
scorporare l’elemento litogenetico da quello antropico, sono state
registrate concentrazioni di elemento antropico di alcuni ordini
di grandezza superiori al contenuto litogenetico anche in aree
lontane centinaia di km dalla più vicina sorgente di inquinamento
(Shirata H., Elias R.W. e Patterson C. C., 1980. Alloway B.J.,
1997. Salomons W. e Förstner U., 1984). Le elevate deposizioni
atmosferiche registrate in aree lontane centinaia di km da
sorgenti inquinanti, i rilevamenti condotti nelle campagne dei
paesi industrializzati (Bertelsen B.O., et al. 1995, Davies B.E.,
1997) e il contenuto di Pb presente nelle carote di ghiaccio
artico suggeriscono che la maggior parte del Pb misurato nei suoli
dell’emisfero nord sia di origine antropica. Ipotesi che sembra
confermata dall’osservazione che il fattore di arricchimento del
Pb nel suolo rispetto alla roccia madre osservata mostra un
progressivo aumento nel corso di questo secolo da 0,8 in Russia
nella prima metà del ‘900 (Vinogradov A. P., 1959) a 1.4 negli
anni ‘80 nel Nord America (Shacklette H. T. e Boerngen J. G.).
Elevate concentrazioni di Pb antropico si osservano anche in
carote provenienti da bacini lacustri, la cui datazione indica che
la deposizione del Pb al suolo ha inizio nella prima metà del ‘700
Page 154
in Inghilterra (Farmer J. G. e Eades L.J., 1996) e nella seconda
metà dell’800 in Nord America (Shirata H., Elias R.W. e Patterson
C. C., 1980), presumibilmente sia a causa della combustione del
carbone, che al progressivo aumento delle attività siderurgiche
connesse all’industrializzazione.. L’inquinamento del suolo da Pb
è pertanto un fenomeno che interessa quantomeno tutto l’emisfero
settentrionale, e in nessun’area dei paesi industrializzati
dell’emisfero nord, per quanto remota, è quindi possibile
rinvenire suoli che non siano sensibilmente contaminati dai quali
poter quindi ricavare la concentrazione litogenica dell’elemento
attraverso il profilo. Per un numero indefinito di elementi, quali
Cd, Zn, Cu, As, Bi, Sb che sono associati ai solfuri e che come
il Pb sono mobilizzati nel corso dell’estrazione, delle attività
siderurgiche, industriali ed agricole in quantità complessive
comparabili a quelle mobilizzate dai processi geologici, è
quantomeno plausibile attendere una analoga contaminazione
globale, tale da rendere vana la ricerca di profili di suolo
sicuramente incontaminati.
Nella presente ricerca la determinazione della concentrazione
litogenica degli elementi in traccia è stata determinata mediante
un modello geochimico. Il modello adottato si basa su 4 assunti:
1) il sedimento morenico sul quale si sviluppano i suoli studiati è costituito da un
miscuglio omogeneo di detriti litoidi e minerali ablasi dalle rocce che
affiorano nell’area coperta dal ghiacciaio che ha deposto la morena;
2) la concentrazione dell’elemento in traccia nelle rocce nell’area di studio è
normale, ovvero uguale alla composizione media di rocce simili raccolte in
tutto il mondo;
Page 155
3) il contributo di un litotipo affiorante nell’area interessata dall’esarazione
glaciale nel determinare la composizione della morena è direttamente
proporzionale alla relativa superficie di affioramento;
4) i processi pedogenetici in atto nell’area di studio non hanno determinato né
un arricchimento né un impoverimento dell’elemento nel profilo dei suoli.
Seguendo questi assunti la concentrazione dell’elemento in
traccia nel suolo è stata quindi stimata uguale a alla
concentrazione media dell’elemento nelle affioranti nell’area
ponderata per la rispettiva superficie di affioramento.
Il modello adottato per stimare la concentrazione litogenetica
dei suoli di Villadossola è uguale a quello impiegato per la
determinazione della composizione della crosta superiore, essendo
questa supposta essere uguale alla composizione delle morene
deposte dai ghiacciai continentali, che in quanto tali, hanno
ablaso e miscelato un campione rappresentativo delle rocce della
crosta superiore. Questa stima fornisce in verità risultati in
buon accordo con quelle effettuate per vie indipendenti
dimostrandosi sufficientemente accurata per gli scopi proposti
(D’Amico C. et al., 1989). L’applicazione del modello geochimico
proposto trova ovviamente la ragione d’essere nella origine dei
sedimenti sui quali si sviluppano i suoli. Questi sono infatti di
origine glaciale e sono il frutto dell’ablazione e del trasporto
su distanze di chilometri (Villadossola) delle particelle
distaccate dalla roccia madre ad opera dei ghiacciai che nel
Pleistocene inferiore coprivano il bacino di afferenza.
Il metodo di stima adottato presenta tuttavia alcuni limiti.
Innanzi tutto trascura la azione di differenziazione del sedimento
di origine glaciale operata dallo scorrimento delle acque
Page 156
superficiali. Nel corso dell’Olocene le acque superficiali hanno
infatti agito ridistribuendo sulla superficie topografica i
granuli minerali presenti nel suolo in funzione del loro diametro,
della densità e della pendenza della superficie topografica. È per
contro ragionevole ritenere che l’effetto del rimodellamento
superficiale delle acque, più che spostare il valore medio
osservato dal valore della concentrazione litogenica vera, abbia
l’effetto di distribuire la concentrazione litogenica
dell’elemento attorno al suo valore medio originario. Come già
visto, il modello trascura inoltre l’effetto che i processi
pedogenetici hanno nel ridistribuire gli elementi in modo difforme
attraverso gli orizzonti del suolo.
Il modello adottato presenta infine il limite di essere valido
a descrivere la composizione della roccia madre quale è
determinata da una digestione completa del suolo. Nella
determinazione del contenuto totale degli elementi in traccia
considerati si è impiegata al contrario l’acquaregia. L’acquaregia
dissolve la sostanza organica, gli idrossidi, i carbonati, i
solfati, fosfati, i solfuri, i serpentini e solo parzialmente le
argille e i Fillosilicati (Page A.L., Miller R.H., e Keney D.R.
Eds, 1982). L’elemento occluso nella maggior parte dei minerali
primari silicatici e in alcuni spinelli primari non è dissolta
dall’attacco in acquaregia. E’ pertanto lecito concludere che il
modello geochimico adottato per determinare il contenuto
litogenetico dei metalli pesanti comporti per quegli elementi che
sono inclusi nei reticoli dei minerali inattaccabili all’acqua
regia una sottostima della concentrazione litogenica.
Page 157
3.7. Determinazione della concentrazione
antropica dell’elemento.
La determinazione antropica dell’elemento dovrebbe essere
calcolata come semplice differenza tra l’elemento totale e quello
litogenico. In realtà, come discusso nel paragrafo precedente, la
determinazione della concentrazione litogenica dell’elemento
estraibile in acquaregia è difficoltosa e risente molto della
composizione mineralogica della roccia madre e dell’evoluzione
pedogenetica del suolo (Whedepohl K.H., 1969. Vinogradov A.P.,
1959. Sequi P., Ed., 1986). La valutazione della concentrazione
antropica dell’elemento è così stata effettuata con due metodi
diversi negli Entisuoli della Valle d’Ossola e nel Glaysol della
Scozia.
Nel Glaysol di Cliland, fortemente lisciviato, è stato
assunto seguendo Page et al. (1982) che l’elemento estraibile
dall’acquaregia costituisca prevalentemente l’elemento antropico,
mentre l’elemento litogenico sia per lo più occluso nei minerali
silicatici non dissolti dall’acquaregia.
Nei suoli di Villadossola, che si sviluppano sui sedimenti di
un bacino imbrifero sede di un corposo campo minerario, la
concentrazione antropica è stata stimata essere uguale alla
differenza tra la concentrazione totale ed il valore minore tra la
concentrazione litogenica stimata con il modello geochimico e la
concentrazione osservata nello strato più profondo di suolo. Il
metodo di stima adottato per i suoli di Villadossola trova la sua
giustificazione nell’osservazione che la concentrazione totale
degli inquinanti nei suoli non disturbati dalle lavorazioni
agricole tende a diminuire con la profondità fino e ad approcciare
Page 158
a profondità superiori ai 20 cm la concentrazione litogenica
stimata.
3.8. Determinazione della velocità di
lisciviazione degli inquinanti.
3.7.1. Scelta del modello.
Come è noto, la lisciviazione degli inquinanti attraverso la
zona non satura può essere descritta da una numerosa gamma di
modelli sia fisici che matematici (Feddes R.A. et al., 1988).
Prima di esporre il modello adottato nella presente ricerca e
discuterne le caratteristiche è pertanto opportuno valutare
criticamente le caratteristiche dei principali modelli riportati
in letteratura.
La lisciviazione degli inquinanti attraverso la zona non
satura può essere descritta da una famiglia di modelli fisici nota
con il nome collettivo di modelli “cromatografici advettivo-
diffusivi”. Questi modelli nel descrivere la lisciviazione possono
prendere in considerazione una vasta gamma di combinazioni di
processi fisici fondamentali quali la diffusione, l’advezione,
l’adsorbimento, la comparsa o la scomparsa per decadimento
dell’inquinante, l’assimilazione da parte dei vegetali, le
reazioni di complessazione ed adsorbimento che hanno luogo nella
soluzione circolante. Questi modelli, in dipendenza della loro
complessità, per descrivere la lisciviazione dell’inquinante
necessitano la determinazione di numero variabile di proprietà del
suolo e dell’elemento, quali la porosità, la permeabilità, la
tortuosità del suolo, le isoterme di adsorbimento sui siti di
Page 159
scambio del mezzo poroso, le precipitazioni, l’infiltrazione
efficace, l’evapotraspirazione, il coefficiente di diffusione
dell’inquinante nella soluzione circolante, la composizione della
fase fluida, la densità volumica delle radici, la traspirazione,
nonché le leggi che regolano la comparsa o il decadimento
dell’elemento.
Alcuni dei modelli cromatografici diffusivo-convettivi più
sofisticati, quali è GEOCHEM (Lichtner P.C., 1988), non si
limitano a considerare il sistema suolo-soluzione come un sistema
chimico in stato di equilibrio, bensì lo considerano un sistema in
equilibrio cinetico. Questi modelli considerano pertanto le
cinetiche delle reazioni che in esso avvengono, tra le più
importanti delle quali vi è la dissoluzione dei minerali primari,
la precipitazione di minerali secondari o l’accumulo e
l’ossidazione della sostanza organica. Come dimostrato da prove di
terreno questi modelli descrivono efficacemente la migrazione
degli elementi attraverso il suolo e le forme che assumono
oltreché nei tempi di interesse prettamente pedologico anche su
quelli geologici. Tali modelli, per quanto estremamente
interessanti ed utili, sono estremamente complessi, e per essere
applicati richiedono la conoscenza di tutte le reazioni che
avvengono nel sistema considerato, delle costanti chimiche che le
descrivono e di una approfondita caratterizzazione delle fasi che
compongono il sistema studiato nelle sue condizioni iniziali.
L’applicazione di questi modelli risulta così ardua, o, quando non
si dispongono delle appropriate costanti chimico-fisiche,
impossibile.
Esistono comunque modelli cromatografici convettivo-diffusivi
assai più semplici e pur sempre efficaci a descrivere la
Page 160
lisciviazione degli inquinanti. Tra i più semplici modelli
cromatografici advettivo-diffusivi applicati con successo in
condizioni di terreno si cita quello sviluppato da Konshin O. V.
(1982). Il modello di Konshin descrivere la lisciviazione degli
inquinanti prendendo in considerazione i processi chimico-fisici
dell’adsorbimento, dell’advezione, della diffusione e della
dispersione. L’equazione differenziale che descrive la
lisciviazione dell’inquinante è espressa dalla legge di Fick
nello spazio monodimensionale:
dC(x,t)/dt = D·(d2C/dx2) - V·(dC/dt)
dove
V = velocità di lisciviazione dell’inquinante nel mezzo poroso
quale determinata dalla percolazione delle acque e
dall’adsorbimento dell’inquinante sulle superfici del mezzo
poroso;
D = la costante che esprime i fenomeni della diffusione e
della dispersione;
C(x,t) = concentrazione dell’inquinante al tempo t nel punto x;
La soluzione dell’equazione di Fick per le condizioni al contorno
(t=0 & x=0) =>C(0,0)=C0
trovata da Konshin è:
(C/C0)x,t = {1/[2·(p·D·t)0,5]} exp [-(x-V·t)2/(4·D·t)]
Page 161
Il modello di Konshin descrive la lisciviazione
dell’inquinante attraverso il suolo come una gaussiana che si
sposta alla velocità V e la cui deviazione standard aumenta alla
velocità D·t (F371-1).
L’applicazione del modello di Konshin al suolo inquinato da137Cs permette di osservare che la velocità V con cui l’inquinante
è lisciviato non è costante attraverso il profilo, ma aumenta con
la profondità (op. cit.). Mediante opportune interpolazioni è
possibile trovare un’equazione che esprime la variazione di V e D
con la profondità. A loro volta V e D possono essere messe in
relazione alle proprietà chimico-fisiche del suolo, permettendo
così di evincere i meccanismi ed i processi della lisciviazione.
L’applicazione del modello di Konshin allo studio della
lisciviazione degli inquinanti è uno strumento che fornisce utili
informazioni. La sua applicazione alla determinazione delle
proprietà
Page 162
Figura 371-1. Lisciviazione degli inquinanti secondo il modello di Konshin.
Page 163
Figura 371-2. Lisciviazione degli inquinanti secondo il modello di Ropolo, Bonazzola e
Facchinelli.
Page 165
del suolo che determinano la velocità di lisciviazione è comunque
difficoltosa in quanto richiede lo sviluppo di un opportuno
programma di calcolo che permettano di calcolare come V e D
variano attraverso il profilo e come queste sono in relazione alle
proprietà del suolo.
Recentemente per descrivere la mobilità degli inquinanti è
stata proposta l’applicazione di modelli appartenenti alla
famiglia dei modelli matematici a serbatoi e flussi. Tali modelli
matematici hanno già trovato impiego nello studio della
perturbazione antropica dei cicli biogeochimici (Lasaga A. C.,
1980. Whitfield M, 1981. Lerman A. e Mackenzie F.T., 1975), nella
valutazione dell’impatto sanitario determinato dalla
contaminazione dei suoli (Sheppard S.C., 1995. Zach R. e Sheppard
S. C., 1991) e della lisciviazione degli inquinanti (Poelstra P. e
Frissel M.J., 1967. Bonazzola G. C., Ropolo R. e Facchinelli A.,
1993).
Il modello a serbatoi e flussi impiegato da Bonazzola G. C. et
al. (1993) descrive la lisciviazione dell’inquinante attraverso la
determinazione empirica di una sola costante K caratteristica del
profilo considerato (F371-2):
S(n,t) = e(-K·t) · {å(m=0®m=n) S(m,0)·{[k·t]
(n-m)·[(n-m)!]-1}
Dove:
S(m,0) = la concentrazione dell’inquinante nello strato numerom al tempo t=0;
Page 166
K = la costante cinetica del rilascio da un serbatoio al
sottostante;
t = tempo intercorso dalla contaminazione.
. La costante empirica K che descrive la lisciviazione
dell’inquinante attraverso il profilo è la cinetica del rilascio
da uno strato di suolo al sottostante K che meglio interpola il
profilo osservato. Il limite del modello adottato è che descrive
il fenomeno della lisciviazione nei termini di una sola costante
che riassume empiricamente i processi di advezione e dispersione,
e non permette di determinare quali proprietà del suolo
influiscono rispettivamente su questi due fenomeni. Infine il
modello descrive la velocità di lisciviazione con costante
cinetica del rilascio mediata sull’intero profilo e non permette
pertanto di apprezzare come la velocità di lisciviazione varia di
strato in strato nel singolo profilo e di trovarne le relazioni
con le proprietà chimico-fisiche come il modello di Konshin rende
possibile. Il vantaggio del modello a serbatoi e flussi rispetto
al modello cromatografico advettivo-diffusivo di Konshin è che per
descrivere la velocità di lisciviazione necessita del
campionamento di un numero limitato di strati di suolo. Esso può
essere applicato quando nel corso di
Page 167
Figura F372-1. Il modello a serbatoi e flussi ad n costanti.
Page 169
un rilevamento di un’area inquinata si campionano per ogni suolo
anche due strati soltanto, nel qual caso si determina la costante
K del solo primo. Esso può quindi essere applicato anche nel corso
di rilevamenti, quale quello presentato in questo studio, dove il
numero di campioni da raccogliere è limitato dai costi economici e
dev’essere distribuito su un’ampia superficie.
3.7.2. Sviluppo del modello.
Per sviluppare il modello si assume che il profilo del suolo
sia assimilabile ad una serie di Sn strati, o serbatoi (F372-1),
sufficientemente piccoli da poter essere considerati omogenei da
un punto di vista delle proprietà chimico-fisiche macroscopiche
quali la porosità, la densità, il contenuto in sostanza organica,
le proprietà del complesso di scambio, assunzione tanto più valida
quanto le dimensioni dei serbatoi tendono ad essere piccole. Il
serbatoio del profilo, S0, è ipotizzato essere soggetto ad una
deposizione meteorica I di inquinante. Il flusso di inquinante Fnche passa da un serbatoio Sn al sottostante Sn+1 è, assunto essere
direttamente proporzionale alla concentrazione dell’inquinante nel
serbatoio Sn:
Fn = Kn · Sn-1
La migrazione dell’inquinante attraverso il profilo del suolo è
così descritta da una serie di n equazioni differenziali:
Page 170
1) dS0/dt = I - K0·S02) dS1/dt = K0·S0 - K1·S13) dS2/dt = K1·S1 - K2·S2
···
n) dSn/dt = S(n-1)·K(n-1) - Kn·Sn
Il sistema di equazioni differenziali che descrive l’evoluzione
dell’inquinante nel tempo attraverso il profilo secondo il modello
a serbatoi e flussi è un sistema di equazioni differenziali
lineari omogenee risolvibile. La soluzione generale del sistema
può essere espressa nella forma ricorsiva:
S(1,t) = I/K(1) - (I/K(1) - S(1,0))exp (-K(1) t)
S(n,t) = I/K(n) + [å(m=1®m=n) (K(n-1)/K(n)-K(m))·A(m,n-1)exp(-
K(m)·t)] -
- [I/K(n) - S(n,0) + å(m=1®m=n) (K(n-1)/(K(n)-K(m))·A(m,n-
1)]exp(-K(n)t)
dove:
A(1,1) = S(1,0) - I/K(1)A(m,n) = [S(n,0) - I/K(n) - å(m=1 ® m=n) (K(n-1)/(K(n)-
K(m))·A(m,n-1)]exp(-K(n)·t)
Page 171
I = immissione antropica nel primo strato di suolo;
S(n,0) = concentrazione dell’inquinante nel serbatoio n al
tempo zero;
S(n,t) = concentrazione dell’inquinante nel serbatoio n al
tempo t:
Secondo il modello proposto, la lisciviazione dell’inquinante
dal serbatoio Sn è descritta da una specifica costante cinetica Kndel primo ordine. La costante Kn può essere determinata con
procedimenti numerici, quando è nota la deposizione meteorica I,
il contenuto dell’inquinante nel serbatoio n al tempo zero S(n,0) ed
il contenuto dell’inquinante nel serbatoio n al tempo t, S(n,t).
3.7.3. Il significato matematico, chimico e fisico del
modello a serbatoi e flussi.
La costante Kn in termini rigorosamente propri della
modellistica è una costante empirica di un modello matematico, che
in quanto tale, simula il fenomeno della lisciviazione per
analogia con il fenomeno da descrivere, ma senza essere in
relazione con i meccanismi chimico-fisici che lo determinano. Nel
limite imposto da alcune approssimazioni, si può dimostrare che
essa è strettamente legata ad alcuni particolari fenomeni fisici
ed alcune particolari proprietà chimiche del suolo.
La costante Kn, è, per definizione, la frazione di inquinante
che abbandona lo strato Sn nell’unità di tempo. Essa pertanto può
essere considerata avere lo stesso significato di una costante di
Page 172
una cinetica di decadimento del primo ordine. L’assunzione che
l'allontanamento di un inquinante da uno strato di suolo obbedisca
ad una cinetica del primo ordine è ragionevole quando la velocità
con cui l’inquinante diffonde e si omogeneizza all’interno dello
strato è molto maggiore rispetto a quella con cui ne è
allontanato. La cinetica con cui l’inquinante esce dal serbatoio Snè infatti esattamente uguale a quella che descrive l’uscita di una
specie chimica da un matraccio mantenuto omogeneo da un agitatore
magnetico nel quale si ha in entrata un piccolo flusso F l/s di
acqua deionizzata ed un uguale flusso F l/s in uscita di acqua
contaminata. Tra i processi pedologici che tendono ad
omogeneizzare l’inquinante all’interno di uno strato di suolo si
possono ragionevolmente annoverare la diffusione dell’inquinante
all’interno della soluzione circolante che riempie i pori del
suolo in occasione delle piogge e dei successivo periodo in cui il
suolo permane umido, la periodica inversione del flusso d’acqua
che attraversa la sezione di suolo quale risultato dell’andamento
climatico e stagionale delle temperature, delle precipitazioni ed
dell’evapotraspirazione, nonché, infine, la bioturbazione operata
da organismi animali e vegetali.
3.7.3. Velocità di lisciviazione.
La costante Kn può essere utile per stimare
approssimativamente la velocità di lisciviazione media attraverso
lo strato Sn di spessore h. Infatti se nello strato Sn è mantenuto
chimicamente omogeneo dai processi pedogenetici, se
nell’intervallo di tempo dt percola la frazione di inquinante Kn ,
Page 173
e tutti gli atomi di inquinante hanno la stessa velocità di
lisciviazione media Vn, allora la velocità di traslocazione media
attraverso lo strato sarà:
Vn @ Kn · hn
3.7.3.2. Tempo di semisvuotamento.
Dalla costante cinetica Kn dello svuotamento dello strato di suolo
Sn per analogia con le cinetiche di decadimento del primo ordine si
può facilmente calcolare il tempo di semisvuotamento del serbatoio
Sn, una costante analoga al tempo di dimezzamento delle cinetiche
chimiche del primo ordine:
t(1/2)n = ln2·Kn-1
t(1/2)n è un parametro empirico efficace nel riassumere la
velocità di lisciviazione di un inquinante da uno strato di suolo,
in quanto indica il tempo necessario affinché la sua
concentrazione si dimezzi.
3.7.3.4. Tempo di residenza.
Il tempo di residenza Trn di un elemento nel serbatoio Sn è
definito come il rapporto tra la quantità di elemento
immagazzinata nel serbatoio ed il flusso in uscita Kn*Sn. Il tempo
di residenza Trn è pertanto uguale al reciproco della costante Kn.
Page 174
4.RISULTATI
4.1. I Suoli.
Per comprendere la sorte degli elementi in traccia che
raggiungono il suolo è necessario considerare l’ambiente chimico
in cui si vengono a trovare e le reazioni a cui prendono parte.
Queste dipendono ovviamente dalle proprietà chimico-fisiche dei
suoli, dai processi pedogenetici in atto e degli effetti che
l’attività antropica ha nel modificare il pedoambiente. Vengono
illustrate e discusse le proprietà chimico-fisiche dei suoli,
riservando particolare attenzione a quelle reazioni e a quei
processi cui sono soggetti Pb, Cd, Zn, Cu, Cr, Bi, As ed Sb, e che
ne possono determinare l’entità del trasferimento entro la
biomassa vegetale e la lisciviazione verso la falda.
Le proprietà chimico-fisiche di un suolo sono condizionate sia
dalla storia quaternaria del sedimento su cui il suolo evolve sia
dall’uso che del suolo è fatto. Caratteristiche geomorfologiche ed
uso del suolo, nell’area di Villadossola, sono strettamente
legate. E’ ragionevole pertanto supporre che le proprietà chimico-
fisiche del suolo siano differenti nelle diverse unità
geomorfologiche distinte nel corso del campionamento e che la
lisciviazione, la biodisponibilità, o, genericamente parlando, la
vulnerabilità del suolo all’inquinamento da metalli pesanti sia
significativamente differente nelle diverse unità.
L’osservazione di una vulnerabilità del suolo all’inquinamento
significativamente diversa in rapporto alla geomorfologia ed
all’uso del suolo può permettere una più corretta gestione del
Page 175
territorio, minimizzando gli effetti dell’inquinamento e
permettendo una migliore tutela della salute pubblica.
4.1.1. Profili pedologici.
Come è noto le proprietà chimico-fisiche del suolo possono
essere considerate il risultato dei processi pedogenetici quali
determinati dai fattori pedogenetici sintetizzati dall’equazione
di Jenny (Violante P. 1986):
Suolo = f (roccia madre, tempo, topografia, clima,
vegetazione, antropizzazione)
. Nella discussione che segue la descrizione dei profili
particolare riguardo è dato all’analisi di come le
Page 176
Tabella T411-1. Principali proprietà chimiche e fisiche attraverso i profili pedologici.
Tabella T411-1Principali proprietà chimiche e fisiche attraverso i profili pedologici.Codice del campione cm g/cm3 % cm 3/cm 3 Tessiture della terra fine, % % ceq/K g pHNumero Sigla Profondità Orizzonte Densità Umidità Porosità SG SF L A OM CSC H 2O K Cl
20 FAOS7.1/5 0-5 A 0,75 28,9 0,679 32,7 63,1 1,9 2,2 9,5 19,7 5,07 5,0021 FAOS7.2/5 5-10 1,15 16,4 0,543 40,8 55,3 2,4 1,4 3,5 8,18 4,93 4,6022 FAOS7.3/5 10-15 AC 1,29 15,5 0,495 40,1 55,8 2,8 1,3 2,6 4,50 5,34 4,7023 FAOS7.4/5 15-20 1,31 13,7 0,493 31,4 64,8 2,7 1,1 1,9 3,20 5,41 4,9024 FAOS7.5/5 20-35 C 1,07 *** 0,581 77,1 22,0 0,8 0,0 2,3 4,7 5,40 4,9070 FAOS19.1/4 0-10 A1 0,55 *** 0,755 17,1 78,0 2,8 2,2 12,9 26,2 5,50 4,4071 FAOS19.2/4 10-30 A2 0,94 *** 0,621 17,4 78,8 3,0 0,8 5,1 18,3 5,03 4,3072 FAOS19.3/4 30-50 B1 0,95 *** 0,618 14,1 76,7 7,3 1,9 4,9 20,0 5,19 4,4073 FAOS19.4/4 50-60+ B2 1,06 *** 0,585 8,5 83,8 6,1 1,6 2,7 11,8 5,28 4,6074 FAOS20.1/4 0-3 O 0,50 *** 0,718 71,2 26,1 1,2 1,5 35,3 51,3 3,51 3,0075 FAOS20.2/4 3-33 A1 0,93 *** 0,623 31,9 63,1 3,5 1,5 5,3 12,5 5,08 4,1076 FAOS20.3/4 33-58 A2 1,00 *** 0,602 39,9 55,2 3,3 1,6 3,8 11,1 4,74 4,3077 FAOS20.4/4 58-63+ C 1,11 *** *** 56,7 38,5 3,0 1,8 1,6 17,2 4,99 4,5078 FAPA1.1/9 0-5 O *** 38,7 *** *** *** *** 33,6 11,6 10,8 5,10 4,4079 FAPA1,2/9 5-10 *** 36,8 *** *** *** *** 20,0 8,0 9,8 4,80 4,4180 FAPA1.3/9 10-15 Ap *** 25,7 *** *** *** *** 20,9 6,0 9,8 4,85 4,4281 FAPA1.4/9 15-20 *** 24,0 *** *** *** *** 20,0 5,0 9,8 4,88 4,3982 FAPA1.5/9 20-25 *** 23,4 *** *** *** *** 24,2 5,2 9,0 4,85 4,4483 FAPA1.6/9 25-30 *** 16,6 *** *** *** *** 24,1 3,0 7,5 4,78 4,3984 FAPA1.7/9 30-35 Ae *** 16,8 *** *** *** *** 23,0 2,2 7,0 4,76 4,2785 FAPA1.8/9 35-40 *** 20,8 *** *** *** *** 31,1 1,9 8,18 4,71 4,0386 FAPA1.9/9 40-45 Bg *** 28,7 *** *** *** *** 76,2 2,0 10,60 4,50 3,71
Page 177
Tabella T411-2. Elementi maggiori totali nei profili pedologici.
Tabella T411-2Elem enti m aggiori estratti dall'acquaregia attraverso i profili pedologici.Codice cm Concentrazione pseudototale, m g/K g.Progressivo Terreno Profondità O rizzonte Al T Fe T M n T Ca T M g T K T Na T P S Si
20 FAO S7.1/5 0-5 A 9210 15741 603 5216 6914 1147 200 1098 883 14821 FAO S7.2/5 5-10 8593 15210 484 19272 6713 744 238 907 472 14822 FAO S7.3/5 10-15 AC 7733 13550 288 3400 6084 684 87 718 296 14823 FAO S7.4/5 15-20 8347 13428 191 3345 6958 1059 148 661 191 14824 FAO S7.5/5 20-35 C 6496 11696 185 2317 5008 1626 159 480 157 17570 FAO S19.1/4 0-10 A1 17826 18379 374 2558 6428 1479 99 594 722 10671 FAO S19.2/4 10-30 A2 20071 19977 240 1330 6939 1787 70 480 470 16472 FAO S19.3/4 30-50 B1 23002 22104 233 1065 7505 1955 66 381 369 24073 FAO S19.4/4 50-60+ B2 21594 20069 187 745 7015 2234 54 286 254 19274 FAO S20.1/4 0-3 O 10268 13062 355 2400 3529 1462 142 757 1483 51075 FAO S20.2/4 3-33 A1 12993 13606 167 1213 4494 1227 57 413 272 13176 FAO S20.3/4 33-58 A2 11691 12597 152 1493 4102 1083 39 364 188 14877 FAO S20.4/4 58-63+ C 14383 16056 193 1588 5471 2122 82 665 131 35978 FAPA1.1/9 0-5 O 12826 2050 25701 1130 1425 557 30 382 529 28979 FAPA1.2/9 5-10 13487 2135 28916 1093 1434 598 12 370 506 26680 FAPA1.3/9 10-15 Ap 12180 2395 30045 934 1415 648 42 377 531 23081 FAPA1.4/9 15-20 15142 2264 29975 1240 1583 650 84 391 496 26882 FAPA1.5/9 20-25 12384 2097 29200 981 1413 685 128 346 460 25383 FAPA1.6/9 25-30 12650 1747 29104 1084 1446 864 100 325 271 26084 FAPA1.7/9 30-35 Ae 15402 1480 29978 1454 1908 639 73 280 250 34585 FAPA1.8/9 35-40 14868 1768 29350 1343 1622 722 126 338 323 30586 FAPA1.9/9 40-45 Bg 32319 2594 40389 3760 4364 454 119 187 242 371
Page 178
Tabella T411-3. Elementi in traccia totali nei profili pedologici.
Tabella T411-3Elem enti di transizione in tracce estratti dall'acquaregia attraverso i profili pedologici.Cam pione cmNum ero Terreno Profondità O rizzonte As T Sb T Bi T Cd T Co T Cr T Cu T Ni T Pb T Zn T
20 FAO S7.1/5 0-5 A 8,88 0,92 1,61 1,03 10,73 130,77 30,99 44,10 84,67 128,8121 FAO S7.2/5 5-10 11,39 0,78 1,65 0,42 10,27 99,60 28,56 43,97 56,17 93,1322 FAO S7.3/5 10-15 AC 9,74 0,65 1,47 0,24 8,97 62,16 27,00 40,61 31,17 60,9223 FAO S7.4/5 15-20 6,19 0,36 0,62 0,23 9,56 53,85 27,57 48,78 19,83 52,1324 FAO S7.5/5 20-35 C 3,81 0,30 0,53 0,09 7,98 37,01 18,90 30,14 13,90 32,3970 FAO S19.1/4 0-10 A1 0,93 0,02 0,37 3,06 8,08 119,55 88,60 33,32 135,00 131,4871 FAO S19.2/4 10-30 A2 1,55 0,05 0,11 1,80 7,69 57,91 95,70 34,99 32,43 63,1772 FAO S19.3/4 30-50 B1 1,28 0,03 0,07 1,23 10,00 43,74 43,93 37,44 23,17 49,1673 FAO S19.4/4 50-60+ B2 11,18 1,34 0,31 0,95 9,67 38,70 25,76 36,22 18,53 44,2574 FAO S20.1/4 0-3 O 1,78 0,05 0,08 0,84 4,28 157,74 43,57 20,11 203,86 170,5775 FAO S20.2/4 3-33 A1 1,19 0,01 0,05 0,39 4,69 42,93 20,25 17,45 18,53 42,7076 FAO S20.3/4 33-58 A2 3,25 0,30 0,34 0,26 6,63 48,48 12,22 20,73 13,90 46,0177 FAO S20.4/4 58-63+ C 4,11 0,17 0,31 0,08 6,06 31,32 14,47 19,42 18,53 33,2078 FAPA1.1/9 0-5 O *** *** *** 2,03 9,22 191,77 34,78 34,11 42,11 108,2479 FAPA1.2/9 5-10 *** *** *** 2,63 9,50 128,24 35,69 30,21 44,89 179,0880 FAPA1.3/9 10-15 Ap *** *** *** 1,73 11,02 97,79 59,62 30,45 41,76 128,1481 FAPA1.4/9 15-20 *** *** *** 1,01 11,17 98,40 45,11 32,11 39,94 118,9182 FAPA1.5/9 20-25 *** *** *** 0,61 10,46 84,09 33,01 29,58 29,71 100,0883 FAPA1.6/9 25-30 *** *** *** 0,25 11,42 74,20 28,09 27,16 24,35 111,4284 FAPA1.7/9 30-35 Ae *** *** *** 1,42 8,01 70,61 27,86 28,40 26,76 153,8985 FAPA1.8/9 35-40 *** *** *** 2,47 8,22 67,88 46,36 26,21 39,63 62,9086 FAPA1.9/9 40-45 Bg *** *** *** 1,67 13,12 87,62 37,46 41,75 53,10 70,77
Page 179
Tabella T411-4. Metalli pesanti estratti dl reagente di Lakanen.
Page 180
diverse caratteristiche osservate nei profili pedologici siano il
risultato della diversa intensità con cui hanno agito i fattori ed
i connessi processi pedogenetici. La scelta di questo schema di
discussione trova la sua ragione nel presupposto che il metallo
inquinante una volta raggiunto il suolo ne entri a far parte del
sistema chimico, si misceli all’elemento litogenico e di questo
segua il comportamento secondo l’effetto che i fattori e i
processi in atto determinano. Le principali proprietà chimiche e
fisiche dei profili pedologici sono riportate nelle tabelle T411-
1, T411-2, T411-3 e T441-4.
Profilo FAPA1.
Il profilo è stato raccolto nella contea di Cliland, Glasgow
Scozia, sulla sommità pianeggiante di un Drumlins alto una
trentina di metri e lungo diversi hm. La roccia madre su cui si
sviluppa il suolo è un deposito glaciale lasciato all’inizio
dell’Olocene (10000 anni fa) dal ritiro del ghiacciaio flandriano.
La giacitura immerge di circa il 5% in direzione S-S-W. La carta
pedologica del Regno unito lo classifica come Glaysol.
Orizzonte O, 0-5 cm. Colore umido bruno scuro, associato
dall’accumulo di spoglie organiche. La densità dell’orizzonte è
molto bassa. Le radici delle foraggiere formano un feltro
pressoché continuo, la struttura del suolo è poliedrica
irregolare, con aggregati sub-centimetrici cementati dalla
sostanza organica e dalle radici delle foraggiere. L’orizzonte O
deve la sua formazione all’impostazione del prato permanente
avvenuta nel 1984, quando il prato permanente è succeduto
all’orzo. Il contenuto di argilla dell’orizzonte è sensibilmente
Page 181
superiore a quello del sottostante, suggerendo un tasso di
formazione delle argille del 1,3% all’anno. Il limite con
l’orizzonte inferiore è lineare e sfumato.
Orizzonte Ap, 5-25 cm. Il colore del suolo umido è bruno-
giallo. Il contenuto di sostanza organica dell’orizzonte Ap è
inferiore a quello dell’orizzonte organico e decresce
esponenzialmente con la profondità. Alla diminuzione del contenuto
di sostanza organica si accompagna la diminuzione dell’attività
biologica, rappresentata dalle radici delle foraggiere e dagli
anellidi. La struttura del suolo è poliedrica irregolare, con
aggregati cementati dalla sostanza organica e dalle radici che
raggiungono dimensioni centimetriche. Lo scheletro presente
nell’orizzonte è costituito da granuli monominerali di quarzo
fortemente arrotondati e segnati dalla corrosione chimica. A causa
delle lavorazioni agricole la distribuzione dello scheletro
attraverso l’orizzonte è fortemente disomogenea. Il limite con
l’inferiore sottostante è netto e lineare, segnato dalla soletta
di aratura.
Orizzonte Ae, 25-40 cm. Il colore del suolo umido è giallo-
bruno, indice della precipitazione di idrossidi di Fe. Il
contenuto di sostanza organica e l’attività biologica sono
modeste, e decrescono attraverso l’orizzonte. La struttura è
poliedrica regolare, gli aggregati sono rivestiti di “cutens”,
pellicole di minerali argillosi isoorientati, indice della
traslocazione delle argille dall’orizzonte soprastante. Il
contenuto di argilla dell’orizzonte Ae è inferiore a quello degli
orizzonti sopra- e sottostanti ed aumenta esponenzialmente con la
profondità.
Page 182
Orizzonte Bt, 40-45+ cm. Il colore del suolo umido è rosso
scuro, attraversato da screziature verdastre, indici di
precipitazione di ossidi di ferro e condizioni riducenti. Il
contenuto di argille è molto elevato. La struttura è poliedrica
regolare prismatica. Gli aggregati prismatici sono ricoperti da
pellicole isoorientate di argille,, indice della illuviazione di
questa frazione tessiturale dall’orizzonte soprastante.
L’orizzonte ha un’elevatissima umidità relativa. L’attività
biologica è bassissima, rappresentata da rarissimi di dimensioni
millimetriche.
Profilo FAOS19.
Il profilo è ubicato su una spalla glaciale del versante
destro della valle, con pendenza del 10% circa. L’esposizione è a
ESE. Il suolo è sviluppato sul deposito colluviale impiegato nel
terrazzamento agricolo del versante, ben preservato ed in uso. In
passato l’appezzamento, come alcuni campi limitrofi, per l’idoneo
microclima testimoniato da specie xerofile (fico d’india) in stato
di deficit idrico, ha ospitato la coltura della vite, ma al
momento del campionamento è destinato a prato permanente
sfalciato.
Orizzonte A1, 0-10 cm. Colore del suolo umido 10YR 3/3
(marrone scuro). Lo scheletro è scarso e la tessitura sabbiosa
(95%), con prevalenza di quella fine (78%). La struttura è
poliedrica irregolare, a scala millimetrica, moderatamente
resistente. I singoli poliedri sono riuniti in fragili aggregati
centimetrici dalle radici delle foraggiere pratensi. Il suolo è
poco addensato, molto poroso e di bassa densità. L’attività
Page 183
biologica è elevata e sono abbondantemente presenti le radici fini
e i peli radicali. Il limite con l’orizzonte sottostante è diffuso
e ondulato.
Orizzonte A2, 10-30 cm. Colore umido 10YR 3/4 (giallastro
scuro). Lo scheletro è comune e grossolano, la tessitura è
sabbiosa (95%). La struttura è poliedrica sub-angolare, con
aggregati che talvolta raggiungono dimensioni di 2-3 cm,
moderatamente consistenti. L’attività biologica è media e sono
comuni le radici delle foraggiere, che raggiungono i 2 mm di
diametro. La porosità e la densità è sono medie. Il limite con
l’orizzonte sottostante è graduale e ondulato.
Orizzonte B1, 30-50 cm. Colore del suolo umido 10YR 3/4
(giallastro scuro). La frazione scheletrica è poco rappresentata e
prevalentemente composta dagli elementi fini. La tessitura è
sabbiosa (91%). La struttura è simile a quella dell’orizzonte
sovrastante, poliedrica sub-angolare con aggregati di dimensioni
di 2-3 cm di diametro, moderatamente consistenti. L’attività
biologica è simile a quella dell’orizzonte soprastante, dove sono
comuni le radici di diametro millimetrico. La porosità e la
densità sono medie. Il limite con l’orizzonte inferiore è diffuso
e discontinuo.
Orizzonte B2, 50-60+ cm. Il colore del suolo umido è 5YR 4/4
(rossastro marrone). Come nell’orizzonte B1 lo scheletro è poco
rappresentato ed è principalmente costituito dai termini più fini.
Simile è inoltre la tessitura, la densità e la porosità.
Sensibilmente inferiore è l’attività biologica in quanto sono
visibili solo poche radici.
Profilo FAOS20.
Page 184
La stazione di campionamento è ubicata sul versante sinistro
della valle, su una spalla glaciale. La giacitura
dell’appezzamento è sub-pianeggiante e l’esposizione è WNW.
L’appezzamento è relativamente poco soleggiato e fresco.
L’appezzamento campionato faceva parte di un terrazzamento
destinato alla coltivazione della vite. Attualmente il campo è in
stato di abbandono ed è in corso un processo di riforestazione
spontanea che ha condotto alla formazione di un giovane bosco
misto, favorito da un idoneo microclima umido, a prevalente pino,
castagno e larice. Sotto la copertura arborea che intercetta una
buona frazione dei raggi solari cresce l’erica, alla quale si deve
l’accumulo di una spessa lettiera.
Orizzonte O, 0-5 cm. Orizzonte organico costituito nei primi
millimetri di spessore da spoglie organiche indecomposte,
principalmente foglie di erica e di castagno, e nello spessore
sottostante da residui organici progressivamente decomposti. Lo
scheletro è assai poco rappresentato e la tessitura è sabbiosa
(93%) con prevalenza della frazione grossolana (71%). La sostanza
organica ammonta al 35% e l'orizzonte ha una densità molto bassa.
L’attività biologica è principalmente determinate dalle ife
fungine in quanto le radici sono assenti. I limite con l’orizzonte
sottostante è netto e lineare.
Orizzonte A1, 5-35 cm. Colore del suolo umido 7.5YR 3/4
(marrone scuro). E’ abbondante lo scheletro minuto, la tessitura è
sabbiosa e principalmente composta dalla frazione fine. La
struttura è granulare, con granuli che raggiungono dimensioni di 5
cm, fragili, cementati dalle ife fungine. Il suolo è poroso e poco
addensato. La sostanza organica è abbondante e in parte costituita
Page 185
da spoglie organiche indecomposte. L’attività biologica è elevata,
e accanto alle radici ed ai peli radicali si osservano ife
fungine. Il limite con lo strato sottostante è graduale ed
ondulato.
Orizzonte A2, 35-60 cm. Colore del suolo umido 5YR 3/2
(marrone rossastro scuro). Abbondante scheletro da fine a medio,
tessitura sabbiosa con prevalenza di quella fine. Struttura
granulare irregolare, a grana singola, con aggregati di dimensioni
millimetriche. Porosità e densità medie. Modesta attività
biologica, determinata prevalentemente da scarse radici
millimetriche. Non sono visibili ife fungine. Il limite con
l’orizzonte sottostante è diffuso e ondulato.
Orizzonte C, 55-60+ cm. Colore del suolo umido 7.5YR 4/6
(marrone intenso). Scheletro molto abbondante, con clasti a
spigoli vivi che raggiungono un diametro di alcuni cm. Tessitura
sabbiosa, con prevalenza della frazione grossolana (56%). Non sono
evidenti aggregati, il suolo è sciolto ed i singoli granuli
minerali sono ben separati. Il contenuto di sostanza organica è
basso e la densità è elevata. Attività biologica molto bassa,
radici assenti.
Profilo FAOS7
Il suolo è ubicato sulle alluvioni di fondovalle e ha quindi
giacitura pianeggiante. Il sedimento su cui si sviluppa il suolo è
costituito da lenti di sabbie fini e ciottoli deposte dalle
alluvioni del fiume Toce. L’appezzamento è destinato
all’avvicendamento del prato con le colture cerealicole.
Orizzonte A, 0-10 cm. Il colore del suolo umido è 10YR 3/2,
(grigiastro marrone molto scuro).Il suolo è privo di scheletro e
Page 186
molto sabbioso (91% di sabbia) e privo di plasticità. La porosità
è elevata e, a eccezione di aggregati cementati dalle radici fini,
il suolo è privo di struttura. L’attività biologica è molto
elevata, e si osservano molto abbondanti le radici e i peli
radicali delle foraggiere pratensi. Il limite con l’orizzonte
sottostante è netto.
Orizzonte AC, 10-20 cm. Il colore del suolo umido è 10YR 5/2,
(grigiastro marrone) con screziature 7.5YR 4/6 (marrone intenso).
Lo scheletro è poco abbondante. La tessitura è più ricca in sabbia
dell’orizzonte A (96% contro 91%) e più povera in frazione fine
(3,8 contro il 3,2%). Le sabbie, il principale costituente
tessiturale, sono più addensate che nell’orizzonte superficiale.
Sono evidenti aggregati poliedrici irregolari a grana singola
molto deboli. L’attività biologica è modesta e si osservano poco
abbondanti radici fini. Il limite inferiore dello strato è netto,
e corrisponde alla suola di lavorazione.
Orizzonte C, 20-35+ cm . Il colore è 2,5Y 5/2 (grigiastro
marrone). Lo scheletro è abbondantemente rappresentato. Esso è
costituito da ciottoli eterodiametrici addensati con diametro
superiore ai 3 cm. La sabbia grossa è la principale componente
tessiturale della frazione fine. Limo ed argilla sono pressoché
assenti. L’attività biologica è molto scarsa, ed è principalmente
costituita da radici di qualche millimetro di diametro.
4.1.2. Fattori di formazione del suolo
La composizione chimica e mineralogica della roccia madre su
cui si sviluppano i suoli è in prima approssimazione simile per
tutti i suoli campionati, essendo essa costituita da un deposito
Page 187
morenico di età olocenica, prodotto dall’esarazione di settori
crostali ampi diverse decine (Villadossola) o centinaia (Cliland)
di Km (Villadossola). Il fattore tempo è anch’esso
approssimativamente lo stesso per la Scozia e l’Italia, essendo in
entrambe i casi la roccia madre costituita da una morena deposta
10000 anni fa. Poco è noto sulla vegetazione che si è sviluppata
sui suoli considerati. E’ ragionevole ritenere che con il
procedere della deglaciazione determinata dalla precessione
dell’asse di rotazione terrestre si siano succedute, con un certo
sfasamento determinato dalla latitudine, biocenosi tipiche del
deserto artico, della taiga, della tundra, foreste di conifere ed
infine di latifoglie. In tempi storici più o meno recenti le
foreste infine sono state tagliate ed i suoli, antropizzati,
destinati all’agricoltura e all’uso residenziale. Ricostruire con
maggior dettaglio l’evoluzione della vegetazione sui suoli
considerati e se questa abbia determinato le proprietà del suolo
che sono oggi osservate, per quanto affascinante, esula dagli
scopi della presente indagine. Quanto si osserva dell'attività
biologica è l’uso recente del suolo: prati in rotazione agricola
con colture cerealicole (FAOS21), prati permanenti sfalciati
(FAOS19, FAPA1) e suoli sviluppati sotto bosco (FAOS20). La
vegetazione che si sviluppa sul suolo ha un ruolo notevole nel
determinare l’accumulo di sostanza organica osservato. Il suolo
scozzese ed il suolo italiano si differenziano nettamente per il
fattore tettonico. Diverso è l’ambiente geotettonico su cui si
sviluppa il suolo scozzese ed il suoli italiano. Il profilo di
Cliland è ubicato su un settore crostale soggetto ad un lento
sollevamento eustatico, stimato in ragione di 1-4 mm/a (Cameron
B.I. e Stephenson D., 1985), mentre i suoli di Villadossola sono
Page 188
ubicati sull’arco alpino, dove la velocità di sollevamento e di
erosine sono stimate nell’ordine di grandezza del cm/a. La
differente velocità di erosione è un fattore che contribuisce a
spiegare la grande differenza nel contenuto di argille del suolo
scozzese e dei suoli di Villadossola. I suoli di Villadossola sono
ricchi in scheletro e sabbia costituite da frammenti litici o di
minerali facilmente alterabili come serpentino e feldspati, e sono
poveri in limo e argille ad indicare un limitato sviluppo
pedogenetico. Il basso contenuto di argille dei suoli di
Villadossola è la conseguenza dall’elevata energia di scorrimento
delle acque superficiali. Tuttavia l’erosione selettiva delle
argille e del limo spiega le differenze tessiturali tra i suoli di
Villadossola ma non è un processo che da solo possa spiegare le
differenze tessiturali, mineralogiche e strutturali tra il suolo
scozzese ed i suolo alpino, in parte attribuibile alle differenti
condizioni climatiche. La combinazione delle temperature e delle
precipitazioni fa sì che i suoli delle Alpi siano soggetti a brevi
periodi di intense precipitazioni in grado di causare eventi
alluvionali, lunghi periodi di deficit idrico e di gelo, periodi
in cui i processi di formazione del suolo sono rallentati dal
modesto contenuto d’acqua del suolo. Lo scarso sviluppo dei
suoli di Villadossola rispetto a quello di Cliland va quindi
attribuito sia ad una maggiore intensità con cui insiste
l’erosione, che al regime climatico, poco favorevole alla
formazione ed alla conservazione in situ dei minerali argillosi
pedogenetici.
Page 189
4.1.3. Influenza della geomorfologia e dell’uso del suolo sulle proprietà chimiche e fisiche dei suoli di Villadossola.
I principali dati analitici dei suoli di Villadossola e le
caratteristiche della stazione di campionamento sono riportati in
appendice (A1-A7). Nelle tabelle T413-1, T413-2, T413-3 e T413-4
sono invece illustrate le medie e i coefficienti di variazione
standard delle proprietà chimico-fisiche dei profili distinti per
profondità dello strato e quindi anche per uso, stazione
geomorfologica e pratiche di gestione attuali. Le tabelle
permettono in prima approssimazione di determinare se tra le
classi considerate sussistono differenze statisticamente
significative tenendo conto del numero dei campioni presenti nella
classe, della media e della deviazione standard. In prima
approssimazione si può ritenere che tra due classi vi siano
differenze significative con un limite di confidenza superiore al
60% quando la differenza tra le due medie è superiore alla
deviazione di almeno una delle due classi.
4.1.3.1. Tessitura
La tessitura del suolo è una caratteristica importante nel
determinare proprietà del suolo che possono spiegare la mobilità
dei metalli pesanti provenienti dalle emissioni fusorie della
fonderia. Tra queste vi sono principalmente la permeabilità e la
capacità di scambio cationico. Queste caratteristiche fisiche e
chimiche del suolo hanno grande rilievo nel determinare la
Page 190
velocità di lisciviazione degli inquinanti verso la falda e la
loro disponibilità nei confronti degli organismi vegetali e
animali.
La tessitura è prevalentemente sabbiosa in tutti i suoli
considerati. In media si
misura il 25% di sabbia grossa, il 66% di sabbia fine, il 6% di
limo ed il 3% di argilla.
La tessitura dei suoli di Villadossola è il risultato di
fattori pedogenetici, la cui azione può essere importante nel
determinare il comportamento e la mobilità degli elementi in
traccia. Tra questi i più importanti sono la neoformazione di
argille e la loro traslocazione verso gli strati più profondi del
suolo; la formazione di aggregati di suolo ad opera di sostanze
cementanti quale la sostanza organica; il rimodellamento
superficiale ad opera dello scorrimento delle acque superficiali,
che ridistribuisce il materiale terrigeno eroso dalle porzioni più
acclivi secondo la pendenza locale.
In nessuna delle unità pedoambientali considerate si osserva
una significativa differenza tessiturale attraverso il profilo del
suolo. In particolare non si osserva nessun significativo
arricchimento della frazione argillosa negli orizzonti profondi
neanche nel profilo dei suoli indisturbati, dove i processi
pedogenetici che portano alla neoformazione di argilla e alla sua
traslocazione negli orizzonti profondi hanno agito per i tempi più
lunghi e sono pertanto più pronunciati. Non si osserva inoltre
nessuna differenza tessiturale significativa tra gli orizzonti
delle diverse unità d’uso del suolo, dove le differenze nel
contenuto in sostanza organica sono massime. Queste osservazioni
permettono di concludere che in nessuna delle unità pedoambientali
Page 191
considerate vi è un apprezzabile fenomeno di illuviazione delle
argille e si può escludere che la traslocazione dell’inquinante in
forme adsorbite sui minerali dell'argilla sia un fenomeno di
rilievo nel determinare la distribuzione verticale degli
inquinanti. Si può inoltre escludere che l’azione cementante della
sostanza organica affligga la determinazione della tessitura con
erosi sistematici significativi.
Page 192
Tabella T413-1.
Tabella T413-1.M edia e coefficente di varianza delle proprietà chim iche dei suoli di Villadossola. (*)
cm g/cm 3 dm 3*dm -3 dm 3*dm -3 % ceq/K g Tessiture della terra fine, % pHProfondità Casi Statistica Densità Solido Porosità O M CSC SG SF L A H 2O K Cl
0-5 20 M edia 0,65 0,28 0,72 11,83 24,15 26,47 64,68 5,55 3,29 4,94 4,62C.V. 38,4 34,8 13,4 67,9 45,7 55,0 20,3 56,5 58,7 15,0 16,4
Tutti 5-10 19 M edia 0,89 0,36 0,64 6,00 16,84 24,98 66,14 6,13 2,74 4,86 4,48i C.V. 26,0 24,9 13,8 64,8 44,1 41,6 14,4 47,0 68,2 11,0 10,2
suoli 10-15 19 M edia 1,02 0,41 0,59 4,68 15,04 23,37 66,95 6,85 2,83 4,93 4,50C.V. 21,5 20,3 13,8 59,3 43,3 48,1 14,6 38,6 64,3 9,9 8,3
15-20 10 M edia 1,07 0,42 0,58 4,20 13,11 20,55 68,83 6,48 4,14 5,20 4,60C.V. 17,6 15,5 11,3 57,5 48,5 53,4 15,4 58,3 44,7 8,4 8,6
20-20 10 M edia 1,05 0,41 0,59 2,74 11,59 26,39 62,56 5,97 5,08 5,18 4,52C.V. 10,8 9,2 6,4 85,5 48,4 100,4 37,5 58,4 14,4 9,1 4,8
(*) I volori delle proprietà statisticam ente differenti tra strato e strato sono riportati in grassetto.SO= sostanza organica; CSC= capacità di scam bio cationico; SG= sabbia grossa; SF= sabia fine; L= lim o; A= argilla;pH H 2O= pH in acqua; pH K Cl= pH in K Cl.
Page 193
Tabella T413-2.
Tabella T413-2.M edia e coefficiente di varianza delle proprietà chim ico-fisiche dei cam pioni di suolo raggruppati rispettoalla stzazione geom orfologica ed alla profondità di prelievo (*).
Unità Profondità g/cm 3 cm 3*cm -3 % cM /K g Tessiture della terra fine, % pHmorfologica cm Casi Statistica Densità Porosità OM CSC SG SF L A H 2O K Cl
0-5 7 M edia 0,39 0,82 20,35 36,72 32,08 61,44 3,41 3,07 4,43 3,96C.V. 38,7 9,7 38,7 22,0 62,1 32,0 29,7 64,3 18,1 16,7
5-10 6 M edia 0,68 0,72 9,56 23,98 26,79 66,12 4,62 2,48 4,60 4,27Spalle C.V. 37,5 14,6 47,6 30,6 37,0 13,4 26,8 80,8 11,7 7,7glaciali 10-15 6 M edia 0,82 0,66 7,84 22,12 22,63 68,68 5,95 2,74 4,66 4,37
C.V. 24,3 12,4 35,9 26,6 50,6 12,8 34,7 74,6 11,5 4,915-25 7 M edia 0,93 0,62 5,44 17,11 26,47 64,05 4,56 4,92 5,13 4,43
C.V. 15,0 6,7 53,7 31,9 64,9 26,5 20,7 29,8 4,9 5,20-5 9 M edia 0,83 0,66 6,43 15,51 19,50 68,91 8,50 3,10 5,38 5,14
C.V. 14,8 7,1 24,2 18,0 49,5 11,5 33,1 65,2 8,5 10,05-10 8 M edia 0,99 0,61 3,87 12,00 21,68 68,57 7,59 2,16 5,15 4,71
Depositi C.V. 10,8 6,7 23,6 27,1 52,9 14,8 47,6 87,8 9,2 10,0alluvionali 10-15 8 M edia 1,15 0,55 2,90 10,65 20,20 69,87 7,57 2,35 5,24 4,68
C.V. 9,6 7,7 29,3 32,2 59,4 15,1 42,1 78,3 6,9 9,115-25 9 M edia 1,13 0,56 1,90 7,81 19,27 68,49 8,04 4,20 5,42 4,66
C.V. 10,5 8,3 40,0 40,8 127,2 31,6 56,1 40,8 7,3 8,60-5 8 M edia 0,75 0,69 8,55 20,36 29,78 62,47 3,85 3,90 4,95 4,71
C.V. 27,8 12,0 37,5 23,7 30,8 13,7 39,6 51,8 13,0 11,5Versanti 5-10 8 M edia 1,03 0,59 4,63 15,72 29,66 60,95 5,74 3,66 4,76 4,39vallivi C.V. 1,9 1,4 30,8 28,0 29,4 14,2 35,0 43,0 8,7 9,9
10-15 8 M edia 1,05 0,58 3,73 13,54 29,34 60,21 6,77 3,68 4,76 4,36C.V. 21,0 15,2 27,5 23,7 31,9 13,1 36,5 41,2 8,2 8,3
15-25 3 M edia 1,14 0,55 3,82 15,10 28,10 62,18 4,76 4,96 4,63 4,59C.V. 8,7 7,9 19,1 1,0 2,5 3,4 28,9 8,7 10,0 0,7
(*) Le proprietà significativam ente differenti tra le diverse unità geom orfologiche sono riportate in grassetto.SO= sostanza organica; CSC= capacità di scam bio cationico; SG = sabbia grossa; SF= sabia fine; L= lim o; A= argilla;pH H 2O = pH in acqua; pH K Cl= pH in K Cl.
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Tabella T413-3.Tabella T413-3M edia e coefficiente di varianza delle prorietà chim ico-fisiche dei cam pioni di suolo raggruppatirispetto all'uso del suolo e alla profondità di prelievo (*).
Uso del cm n g/cm 3 % ceq/K g Tessitura della terra fine, % pHsuolo Profondità Casi Statistica Densità (°) SO CSC SG SF L A H 2O K Cl
2,5 8 M edia 0,63 12,47 26,73 27,13 65,21 3,64 4,02 4,99 4,66C.V. 32,21 36,77 29,50 32,94 13,35 34,13 44,29 9,07 5,64
7,5 9 M edia 0,92 6,31 18,80 26,95 64,77 4,84 3,44 4,81 4,39Prati C.V. 19,62 45,91 35,19 35,73 14,03 39,55 55,75 6,25 7,43
perm anenti 12,5 8 M edia 1,07 5,48 17,20 26,15 64,71 5,88 3,26 4,91 4,49C.V. 14,25 46,18 43,04 40,20 14,19 37,58 56,93 7,13 4,03
17,5 7 M edia 1,05 4,86 15,04 21,44 69,87 4,66 4,03 5,08 4,57C.V. 21,89 57,50 48,78 42,89 12,53 30,36 51,59 7,64 3,91
22,5 3 M edia 0,99 4,63 14,01 40,33 51,29 3,77 4,60 5,10 4,64C.V. 13,06 71,49 63,24 80,18 57,17 53,27 25,34 12,05 5,41
2,5 8 M edia 0,84 6,09 14,98 20,43 68,27 8,77 2,53 5,44 5,18C.V. 14,13 15,78 14,77 55,47 13,11 24,70 68,62 8,20 9,95
Prati in 7,5 8 M edia 0,98 3,82 12,48 21,45 68,28 8,06 2,21 5,17 4,72rotazione C.V. 9,12 24,77 22,96 51,41 15,52 37,70 85,22 8,94 9,92agricola 12,5 8 M edia 1,12 2,88 11,55 20,19 69,48 7,93 2,41 5,22 4,68
C.V. 8,40 29,92 20,40 59,37 16,10 34,24 75,29 6,89 9,0517,5 3 M edia 1,14 2,52 9,47 15,00 70,00 10,99 4,01 5,47 4,81
C.V. 8,94 31,29 42,64 98,25 22,91 35,84 49,88 10,28 12,5022,5 4 M edia 1,09 1,32 8,50 4,98 80,92 8,81 5,30 5,39 4,49
C.V. 11,74 35,74 18,62 36,28 4,08 36,50 7,45 8,27 5,222,5 4 M edia 0,31 22,06 37,31 37,24 56,46 2,96 3,33 3,84 3,43
C.V. 42,68 51,44 31,97 66,03 43,60 41,36 74,52 12,47 10,917,5 3 M edia 0,36 13,27 25,45 30,30 63,72 4,24 1,75 3,84 3,85
Bosco C.V. 5,28 55,05 61,81 41,43 17,12 44,71 14,20 2,40 1,8412,5 3 M edia 0,60 7,35 18,55 24,46 66,20 6,56 2,78 4,20 4,03
C.V. 14,10 57,93 49,35 54,34 13,65 52,05 77,66 8,68 5,1617,5 M edia 1,03 3,59 13,58 42,83 48,17 3,69 5,31 4,93 4,30
C.V. 8,24 51,33 23,58 29,55 26,08 6,95 3,03 3,57 4,65(*) I valori delle proprietà statisticam ente differenti tra le unità d'uso del suolo sono riportati in grassetto.
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Tabella T413-4.Tabella T413-4M edia e coefficiente di varianza delle proprietà chim ico-fisiche dei cam pioni di suolo raggruppati rispetto allealle pratiche agricole recenti e profondità di prelievo.
Profondità Statistica g/cm 3 cm 3/cm 3 cm 3/cm 3 % ceq/K gTessiture della terra fine, % pHTurbazione cm Casi Statistica Densità Solido Porosità O M CSC SG SF L A H 2O K Cl
1,5 12 M edia 0,52 0,23 0,77 15,52 29,95 28,70 63,77 3,77 3,76 4,69 4,29C.V. 44,2 41,4 12,5 55,4 35,7 59,2 25,2 50,2 51,3 15,0 16,5
7,5 11 M edia 0,81 0,33 0,67 7,45 19,65 25,85 66,63 4,34 3,18 4,66 4,31Suoli C.V. 33,6 32,5 15,9 61,5 42,9 42,8 15,5 40,7 59,5 9,9 8,7
indisturbati 12,5 11 M edia 0,95 0,38 0,62 5,80 17,19 23,61 67,43 5,77 3,19 4,77 4,37C.V. 27,3 25,9 16,0 54,5 44,9 51,9 15,5 41,5 59,4 9,4 6,4
17,5 7 M edia 1,04 0,41 0,59 4,63 14,02 19,63 71,61 4,65 4,11 5,16 4,49C.V. 20,6 17,7 12,4 61,0 49,5 54,9 13,3 31,3 46,3 3,6 5,5
22,5 6 M edia 1,07 0,42 0,58 3,18 12,01 33,78 56,45 4,75 5,01 5,11 4,58C.V. 11,9 8,9 6,4 85,8 54,5 86,3 46,8 52,3 16,2 5,7 4,8
2,5 8 M edia 0,85 0,35 0,65 6,30 15,43 23,13 66,05 8,24 2,58 5,32 5,11C.V. 13,4 13,0 6,8 15,1 16,7 43,5 11,7 33,0 70,4 12,3 10,9
7,5 8 M edia 0,99 0,39 0,61 4,00 12,97 23,80 65,46 8,60 2,14 5,14 4,71Suoli C.V. 9,2 8,7 5,6 23,8 24,9 42,0 13,7 25,8 83,0 10,2 10,1lavorati 12,5 8 M edia 1,12 0,44 0,56 3,14 12,08 23,04 66,30 8,33 2,33 5,15 4,67
C.V. 8,2 8,4 6,5 29,2 21,2 45,6 14,3 28,0 72,7 9,6 9,217,5 3 M edia 1,14 0,45 0,55 3,22 10,99 22,70 62,32 10,77 4,21 5,29 4,82
C.V. 9,0 9,9 8,1 18,0 48,0 59,5 18,9 39,9 50,7 16,1 12,422,5 3 M edia 1,01 0,39 0,61 1,85 10,75 11,60 74,78 8,41 5,22 5,32 4,40
C.V. 9,2 10,2 6,5 65,9 38,7 120 14,8 52,9 12,7 15,1 4,7(*) In grassetto sono riportate le proprietà del suolo statisticam ente differenti tra le diverse unità. SO= sostanza organica; CSC= capacità di scam bio cationico; SG= sabbia grossa; SF= sabia fine; L= lim o; A= argilla;pH H 2O= pH in acqua; pH K Cl= pH in K Cl.
Page 197
Dall’idrogeologia è noto che la permeabilità dei suoli
controlla sia la frazione di acque piovane che si infiltra nel
sottosuolo (infiltrazione efficace) che la velocità con cui questi
fluiscono attraverso il profilo (Francani V., 1988. Frega G.,
1987. Maione U., 1995. Terzaghi P., 1967. Feddes R. A. et al.,
1988). Infiltrazione efficace e permeabilità dipendono dalla
tessitura e dalla struttura del suolo. In prima approssimazione la
struttura del suolo può essere trascurata. Infatti si osserva che
la permeabilità e l’infiltrazione efficace aumentano
progressivamente con il contenuto in frazione grossolana. Oltre
alla composizione tessiturale del suolo è quindi importante la
distribuzione geometrica e i rapporti tra le particelle minerali
del suolo, ovvero la sua struttura. Delle diverse classi
tessiturali presenti nei suoli di Villadossola è ragionevole
ritenere che la permeabilità e quindi l’infiltrazione efficace del
suolo siano controllate principalmente dalla sabbia fine e dal
limo. Lo scheletro e la sabbia grossa sono infatti rappresentate
nei suoli in quantità troppo esigue per poterne determinare la
permeabilità, ed è atteso che queste classi tessiturali si
comportino nei confronti della soluzione circolante come una massa
inerte immersa in una matrice più fine. Il contenuto di argilla è
per contro eccessivamente esiguo per riempire completamente le
cavità e gli interstizi lasciati liberi dall’impacchettamento dei
granuli di sabbia fine e questa frazione tessiturale non può
quindi controllare la permeabilità dei suoli.
A causa dell’elevata attività superficiale e l’adsorbimento di
cationi, la frazione fine, limo e argilla, è notoriamente
importante anche nel determinare la biodisponibilità
dell’inquinante (Adriano D.C., 1986. Alloway B.J., 1997. Sillampää
Page 198
M., 1982). Le argille del suolo possono rimuovere il metallo
presente in soluzione adsorbendolo sulle proprie superfici o
fissandolo all’interno dei propri interstrati (Bolth G.H., 1963.
Bolth G.H., 1955. Dolcater D.L., 1972. Egozy Y., 1980. Lim C.H.,
et al., 1980. Evans L. J., 1989. Schindler P.W., et al, 1976.
Bittel J.F. e Miller R.J., 1974. Farrah H. e Pickering W.C., 1976)
diminuendo nella soluzione circolante la concentrazione della
forma che più facilmente passa la membrana cellulare dei peli
radicali, quella solubile. Inoltre Vermiculiti e Smectiti possono
adsorbire all’interno del proprio interstrato i metalli in una
forma che non viene rilasciata a contatto con i succhi gastrici
dei mammiferi, diminuendone, lievemente, l’assimilazione da parte
delle specie animali quale risultato dall’ingestione di suolo
(Sheppard S. C. et al., 1994).
4.1.3.2. Sostanza organica.
Il contenuto in sostanza organica nei suoli di Villadossola è
compreso tra 0.7 e 35.3%. In tutte le unità pedologiche
considerate il contenuto di sostanza organica è massima negli
strati superficiali e diminuisce a valori minimi in quelli più
profondi (tabelle T413-1, 2, 3 e 4). Il profilo della sostanza
organica è ovviamente controllato dall’uso del suolo come si può
apprezzare in figura F4131-1. I
Page 199
Figura F4131-1. Distribuzione della sostanza organica nel profilo secondo l'uso del suolo.
Figura F4131-1. Distribuzione della sostanza organica attraverso il profilo del suolo in funzione dell'uso.
0
5
10
15
20
25
30
0 5 10 15 20 25Profondità, cm .
Sostanza organica, %.
Prati permanenti Prati in rotazione Bosco
Page 200
contenuti minimi in sostanza organica si osservano nel profilo dei
prati lavorati nel corso degli ultimi dieci anni, i valori
intermedi si hanno nel profilo dei prati permanenti ed infine i
valori massimi si registrano nei suoli forestali. A profondità
superiori a quindici centimetri il contenuto di sostanza organica
è mediamente compreso tra il 2 ed il 5% e le influenze determinate
dall’uso del suolo sono minime. La velocità di degradazione della
sostanza organica apportata ai suoli alpini simili a quelli di
Villadossola è del 3% annuo (Arduino E. et al., 1986). Considerati
i tempi di rinnovo dei prati permanenti e dei boschi e la
diffusione che le pratiche agricole di Villadossola hanno in vaste
aree dell’arco alpino occidentale, è ragionevole ritenere che,
quantomeno nei boschi e nei prati permanenti, il contenuto in
sostanza organica osservato sia quello determinato dal raggiunto
equilibrio tra apporti asporti e degradazione, abbia raggiunto lo
stato stazionario e sia rappresentativo di un’ampia area
geografica.
Molti lavori pubblicati da numerosissimi autori indicano che
la sostanza organica è un componente del suolo molto importante
nel determinare il comportamento dei metalli pesanti nel suolo
(Adriano D.C., 1986. Alloway B.J., 1997. Sillampää M., 1982). In
particolare è importante per determinarne le forme chimiche, la
concentrazione nella soluzione circolante, la velocità di
lisciviazione e la biodisponibilità.
La sostanza organica presente nel suolo può forme assai varie,
comprese tra le spoglie organiche indecomposte e gli acidi umici e
fulvici (Testini C. e Gessa C., 1986. Schnitzer M., 1991). La
sostanza organica può quindi complessare il metallo in forme
insolubili e rallentarne la lisciviazione o chelarlo in forme
Page 201
solubili e mobilizzarlo. La sostanza organica può inoltre
occludere all’interno delle propria struttura (Schnitzer M., 1991)
i metalli pesanti rimuovendoli dalla soluzione circolante (Saar R.
A., e Weber J.H., 1980), diminuendone sensibilmente, come nel caso
del Cu (Sillampää M., 1982) la frazione assimilata dai vegetali. A
causa del carattere acido, l’accumulo di sostanza organica può
inoltre abbassare il pH del suolo, favorendo così la
solubilizzazione dei metalli pesanti occlusi nel reticoli
cristallini di ossidi, idrossidi, carbonati e fosfati che possono
precipitare solo a pH elevati. I metalli di transizione formano
con i radicali dei composti organici, principalmente con R-COO-, R-
NH2, R-COOH, R-SH, complessi assai stabili rispetto a quelli
formati dai metalli alcalini ed alcalino-terrosi (Yatsimirskii K.
B. and Vasil’Ov V.P., 1960. Schwarzen G. and Sillen G. L., 1958).
4.1.3.3. Capacità di scambio cationico.
La CSC dei suoli studiati è compresa tra il valore minimo di
3.2 cmol/kg e il valore massimo di 51.3 cmol/kg. Considerato che
il contenuto di argilla è sempre piuttosto basso e che la
distribuzione
Page 202
Figura F4133-1. Distribuzione della CSC nel profilo delle unità d'uso del suolo.
Figura F4133-1. Distribuzione della capacità di scam bio cationico attraverso il profilo dei suoli di Villadossoala in rapporto all'uso del suolo.
05101520253035404550
0 5 10 15 20Profondità, cm .
CSC, cM/Kg.
Prati permanenti Prati in rotazione Bosco
Page 203
delle frazioni tessiturali è relativamente omogenea sia tra gli
strati di uno stesso profilo che tra i profili delle diverse unità
pedologiche distinte nel corso del campionamento, è ragionevole
ritenere che la distribuzione della CSC sia determinata
principalmente dalla sostanza organica. Invero la distribuzione
della CSC attraverso il profilo grossomodo riflette quello della
sostanza organica (figura F4133-1). Tra gli strati di un profilo e
tra i profili delle diverse unità d’uso del suolo si osservano
notevoli differenze nei valori di CSC (T413-4). I valori minimi di
CSC si osservano così nei suoli a prato avvicendati con le colture
cerealicole, i valori intermedi nei profili dei prati permanenti
ed i valori massimi nei profili dei suoli forestali. La CSC
aumenta dove le pratiche agricole conducono all’accumulo di
sostanza organica ed è quindi una proprietà chimica del suolo
fortemente controllata dall’attività antropica. A profondità
superiori ai 15 cm, dove diminuisce l’influenza delle pratiche
agricole, la CSC converge a valori più bassi.
A determinare la CSC del suolo oltre che i colloidi organici
concorrono ovviamente anche le superfici minerali. Le superfici
dei minerali del suolo sono infatti elettricamente cariche e
chimicamente reattive (Gessa G., Testini C., 1989b). Smectiti,
Vermiculiti, Idromiche, Illiti e ossidi e idrossidi di Fe e Mn
possono adsorbire i metalli, rimuovendoli dalla soluzione
circolante rallentandone la lisciviazione verso gli strati
profondi del suolo o limitandone la biodisponibilità. Siccome la
superficie dei minerali del suolo aumenta in modo inversamente
proporzionale al quadrato del raggio medio della particella, le
frazioni più reattive nel complessare i metalli sono quella
argillosa e limosa. Le superfici minerali e i composti umici hanno
Page 204
inoltre una carica pH-dipendente affatto diversa ed inoltre si
combinano con gli elementi in traccia formando complessi dotati di
una stabilità molto diversa. Il complesso di scambio determinato
dalla sostanza organica e quello determinato dalle superfici dei
minerali del suolo ha quindi un comportamento chimico nei
confronti dei metalli pesanti molto differente.
La CSC risulta quindi fortemente correlata sia alla sostanza
organica (SO) che alla frazione fine, limo + argilla (F4133-2):
CSC = 1.49 SO + 0.244 F + 5.07 (p <0.001; r2 = 0.87;
n=77)
La frazione fine e la sostanza organica, come è evidente dal
coefficiente di determinazione, spiegano l’87% della varianza
della CSC. Si può presumere che il rimanente possa essere spiegato
dalla composizione mineralogica della frazione fine in particolare
dal contenuto di Vermiculiti (cfr. paragrafo Mineralogia dei suoli
di Villadossola).
Page 205
Figura 4133-2. Rapporto tra CSC e sostanza organica.
Page 206
Tabella T4133-1. Capacità di scambio cationico della sostanza
organica e della frazione minerale nelle diverse unità
geomorfologiche e d'uso.
Tabella T4133-1.
Regressioni m ultiple tra capacità di scam bio cationico (cM *K g-1),sostanza organica (% ) e frazione fine lim o+ argilla e sabbia fine SF (% )in funzione delle unità geom orfologiche e d'uso del suolo (*).Prati perm anentiCSC = (2,10+/-1,90) + (1,73+/-0,12)*SO + (0,56+/-0,20)*Fn= 34, r2=0,877; P=8,1*10̂ -15;P1=2,8*10̂ -1; P2=3,1*10̂ -15; P3=8,32*10̂ -3
Prati in rotazione agricolaCSC=(4,77+/-1,63) + (1,32+/-0,22)*SO + (0,21+/-0,11)*Fn=31, r2=0,572; P=7,0*10̂ -6; P1=6,9*10̂ -3; P2=2,1*10̂ -6; P3=2,1*10̂ -2
BoschiCSC= (3,42+/-4,70) + (1,32+/-0,12)*SO + (0,65+/-0,47)*Fn=12; r2=0,93; P=5,3*10̂ -6; P1=4,8*10̂ -1; P2=2,2*10̂ -6; P3=2,1*10̂ -1
Fondovalle alluvionaleCSC = (3,2+/-1,4) + (1,46+/-0,23)*SO + (0,30+/-0,12)*Fn=26; r2=0,619; P=5,1*10̂ -7; P1=3,4*10̂ -2; P2=9,7*10̂ -7; P3=2,3*10̂ -2
Spalle glacialiCSC = (5,11+/-2,9) + (1,28+/-0,08)*SO + (0,98+/-0,40)*Fn=26; r2=0,909; P=1,1*10̂ -12; P1 =9,2*10̂ -2; P2=2,3*10̂ -13; P3=2,4*10̂ -2
Versanti valliviCSC = (15,8+/-1,8) + (1,0+/-0,2)*SO - (0,77+/-0,19)*Fn=18; r2= 0,892; P=5,5*10̂ -8; P1=8,5*10̂ -7; P2=1,9*10̂ -5; P3=1,2*10̂ -3
Fondovalle alluvionaleCSC = -(4,78+/-2,2) + (1,75+/-0,19)*SO + (0,13+/-0,03)*SFn=26; r2=0,753; P=7,8*10̂ -10; P1=4,0*10̂ -2; P2=4,6*10̂ -10; P3=2,3*10̂ -5
Spalle glacialiCSC = (5,49+/-3,9) + (1,28+/-0,09)*SO + (0,083+/-0,05)*SFn=26; r2=0,898; P=4,1*10̂ -12; P1 =1,7*10̂ -1; P2=1,2*10̂ -12; P3=1,1*10̂ -1
Versanti valliviCSC = -(3,7+/-2,1) + (1,2+/-0,1)*SO + (0,21+/-0,03)*SFn=18; r2= 0,935; P=1,2*10̂ -9; P1=1,0*10̂ -1; P2=2,5*10̂ -8; P3=2,4*10̂ -5
(*) In grassetto le correlazioni significative con un lim ite di confidenzasuperiore al 95% ; P= significatività della regressione; Pn = significatività
del term ine ennesim o della regressione.
Page 207
Tabella T4133-1. Capacità di scambio cationico della sostanza
organica e della frazione minerale nelle diverse unità
geomorfologiche e d'uso (continua).
Tabella T4133-1 (Continua).
Regressioni m ultiple tra capacità di scam bio cationico (cM *K g-1),sostanza organica (% ) e frazione fine lim o+ argilla e sabbia fine SF (% )in funzione delle unità geom orfologiche e d'uso del suolo (*).Versanti valliviCSC = -(5,5+/-2,1) + (1,7+/-0,2)*SO + (0,12+/-0,02)*SF + (0,20+/-0,10)*Fn=18;r2= 0,784;P=8,7*10̂ -10;P1=1,5*10̂ -2;P2=5,7*10̂ -5;P3=4,9*10̂ -2;P4=8,1*10̂ -4
Fondovalle alluvionaleCSC = (3,5+/-1,3) + (1,46+/-0,23)*SO + (0,32+/-0,13)*Ln=33; r2=0,617; P=5,5*10̂ -7; P1=1,6*10̂ -2; P2=9,1*10̂ -7; P3=2,5*10̂ -2
Spalle glacialiCSC = (6,2+/-2,3) + (1,29+/-0,08)*SO + (1,1+/-0,4)*Ln=26; r2=0,906; P=6,2*10̂ -13; P1 =1,1*10̂ -2; P2=1,2*10̂ -13; P3=1,3*10̂ -2
Versanti valliviCSC = (14,9+/-2,0) + (1,0+/-0,2)*SO - (0,80+/-0,23)*Ln=18; r2= 0,892; P=5,5*10̂ -8; P1=8,5*10̂ -7; P2=1,9*10̂ -5; P3=1,2*10̂ -3
Fondovalle alluvionaleCSC = (4,5+/-1,5) + (1,5+/-0,25)*SO + (0,87+/-0,85)*An=33; r2=0,562; P=4,2*10̂ -6; P1=6,4*10̂ -3; P2=1,6*10̂ -6; P3=3,1*10̂ -1
Spalle glacialiCSC = (12,4+/-2,0) + (1,22+/-0,09)*SO + (0,5+/-1,1)*An=26; r2=0,887; P=1,3*10̂ -11; P1 =3,3*10̂ -6; P2=2,7*10̂ -12; P3=6,4*10̂ -1
Versanti valliviCSC = (12,0+/-1,8) + (1,4+/-0,2)*SO - (2,1+/-1,0)*An=18; r2= 0,834; P=1,4*10̂ -6; P1=7,8*10̂ -6; P2=5,7*10̂ -7; P3=4,1*10̂ -2
(*) In grassetto le correlazioni significative con un lim ite di confidenzasuperiore al 95% ; P= significatività della regressione; Pn = significatività del term ine ennesim o della regressione.
Page 208
Figura F4133-3. Capaità di sambio cationico relativa della frazione minerale e della sostanza
organica nelle spalle glaciali.
F4133-3. Capacità di scam bio cationico della frazione m inerale e della frazione organica nele spalle glaciali
0
20
40
60
80
100
120
0-5 5-10 10-15 15-20Profondita. cm .
CSC relativa, %.
CSC SO* CSC F*
Page 210
Figura F4133-4. Capaità di sambio cationico relativa della frazione minerale e della sostanza
organica nei versanti vallivi.
Figura 4133-4. Capacità di scam bio cationico della frazione m inerale e della frazione organica nei versanti vallivi.
0
20
40
60
80
100
120
0-5 5-10 10-15 15-20Profondita. cm .
CSC relativa, %.
CSC SO* CSC SF*
Page 212
Figura F4133-5. Capacità di scam bio cationico relativa della frazione m inerale e della sostanza organica nei prati del fondovalle.
0
20
40
60
80
100
120
0-5 5-10 10-15 15-20Profondita. cm .
CSC relativa, %.
CSC SO* CSC SF* CSC F*
Page 214
Le capacità di scambio cationico della frazione minerale e
della frazione organica sono state calcolate mediante regressioni
multiple nelle diverse unità geomorfologiche e d’uso (T4133-1).
Differenze significative della capacità di scambio cationico della
sostanza organica si osservano in funzione dell’uso del suolo. La
capacità di scambio cationico della sostanza organica dei prati
permanenti è di 173+/-7,0% cM/Kg, significativamente maggiore a
quella dei boschi e dei prati in rotazione agricola, 132+/-16
cM/Kg. Differenze significative nella capacità di scambio
cationico della frazione minerale si osservano in funzione
dell’unità geomorfologica. Nelle spalle glaciali la capacità di
scambio cationico è principalmente determinata dalla frazione
limo+argilla ed è di 98+/-40 cM/Kg. Negli acclivi versanti vallivi
la capacità di scambio cationico della frazione minerale è
principalmente determinata dalla sabbia fine, , ed è di 21+/-23
cM/Kg. Nelle alluvioni del fondovalle la capacità di scambio
cationico della frazione minerale è significativamente determinata
sia dalla frazione fine limo+argilla (20+/-50 cM/Kg) che dalla
sabbia fine (12+/-16 cM/Kg). Le differenze statisticamente
significative osservate nella capacità di scambio cationico in
funzione della unità geomorfologica permettono, nell’alea del
metodo di stima adottato, di tracciare il profilo dell’importanza
relativa della sostanza organica e della frazione minerale nelle
spalle glaciali, sui versanti vallivi, e nel fondovalle
alluvionale (F4133-3, F4133-4, F4133-5). L’importanza relativa
della sostanza organica dipende ovviamente dall’uso del suolo
prevalentemente associato all’unità geomorfologica: prato in
rotazione agricola sul fondovalle, prato permanente o bosco sui
versanti vallivi, prato permanente sulle spalle glaciali.
Page 215
Le differenze osservate nella capacità di scambio cationico
della frazione minerale in funzione dell’unità geomorfologica
possono essere spiegate dalla velocità di scorrimento delle acque
superficiali (Castiglioni G.B., 1986. Birkeland P.W., 1983), che,
ad incominciare dall’Olocene, 10.000 anni fa, rimodellano le
superfici topografiche di Villadossola. In corrispondenza delle
spalle glaciali la velocità di scorrimento delle acque di
ruscellamento è bassa e possono pertanto essere deposte solo le
particelle fini caratterizzate da una densità bassa, quali le
Vermiculiti, le Idromiche e le Illiti. Attraverso gli acclivi
versanti vallivi le velocità di scorrimento delle acque
superficiali è elevata, e le particelle fini possono essere
deposte solo quando hanno una densità elevata come quella del
Quarzo, dei Feldspati e dei Pirosseni, minerali aventi una bassa
capacità di scambio cationico. Le Illiti, poco dense, possono
essere deposte solo quando hanno una diametro superiore a quello
del limo. Quando i cristalli di Illite hanno queste dimensioni
permangono a lungo nel pedoambiente, potendosi così alterare
profondamente ed aumentare la propria capacità di scambio
cationico (Ajmone Marsan F. et al., 1988. Arduino E., et al.
1986). Al procedere dell’alterazione della Illite, aumentano sia
la capacità di scambio cationico che la selettività verso i
cationi a bassa energia di idratazione quali Rb, Cs, K, Pb e Cd.
Nel fondovalle la
Page 216
Figura F4134-1. Reazione del suolo in rapporto all'uso
3,0
3,5
4,0
4,5
5,0
5,5
6,0
0 5 10 15 20 25Profondità, cm .
pH
Prati in rotazione Prati permanenti Bosco
Page 217
velocità di scorrimento delle acque diminuisce e tornano ad essere
deposte le particelle fini dotate di elevata capacità di scambio
cationico e le leggere Idromiche sabbiose formatesi sui versanti
vallivi dall’alterazione delle miche.
4.1.3.4. Il PH
Il pH dei suoli di Villadossola è compreso tra un valore
minimo di 3.5 e il valore massimo di 6.0. L’attività dello ione
idronio nella soluzione circolante diminuisce con la profondità in
tutte le unità pedologiche considerate (tabella T413-1, T413-2,
T413-3, T413-4), sebbene non a profondità superiori ai 15 cm. Vi è
una stretta relazione tra uso del suolo, contenuto in sostanza
organica e pH (figura F4134-1). L’attività delo ione idronio è
massima nel profilo dei suoli forestali, intermedia nel profilo
dei prati permanenti ed è minima nel profilo dei prati in
rotazione agricola.
Il pH del suolo influisce su molte reazioni e processi chimici
che controllano la biodisponibilità e la lisciviazione dei metalli
in traccia (Adriano D.C., 1986. Alloway B.J., 1997). In
particolare il pH ha un ruolo importante nel determinare la
solubilità di fasi minerali che possono occludere al loro interno
gli elementi in traccia, sulle forme chimiche che gli elementi
assumono in soluzione, sulla carica superficiale dei composti
minerali ed umici, sull’intensità dell’adsorbimento e della
complessazione e quindi sulla costante di ripartizione tra solido
e liquido e sulla velocità di lisciviazione.
4.2.5.Analisi alla microsonda.
Page 218
Le analisi in microsonda sono state eseguite su aggregati di
suolo, detti anche organoliti del campione FAOS1/3. La microsonda
permette l’analisi morfologica delle superfici sui campioni
rivestiti di grafite e l’analisi chimica quantitativa dei campioni
inglobati in resina e lucidati. Le analisi chimiche, morfologiche
e microtessiturali effettuate con la microsonda permettono di
acquisire utili informazioni sulla composizione mineralogica,
sulle caratteristiche della superficie dei minerali, nonché di
evidenziare i processi di alterazione in atto sui minerali primari
ed alcune importanti caratteristiche microtessiturali importanti
nello spiegare la velocità di lisciviazione degli inquinanti e la
loro biodisponibilità.
Nelle figure F425-1c e F425-1d è riportato l’immagine in
elettroni retrodiffusi di un frammento di roccia costituito da
quarzo, feldspati ed idrossidi di ferro. Gli idrossidi di ferro
risultano nella immagine di un colore bianco brillante rispetto a
quarzo e feldspato in quanto il Fe riflette con maggior efficienza
gli elettroni di quanto non facciano gli elementi leggeri (Ca, Na,
K, Al, Si) che costituiscono il Quarzo e i Feldspati. Gli ossidi
di Fe evidenziano al loro interno una struttura fine, a
Page 221
bande concentriche, spesso visibile anche ad occhio nudo nelle
pseudomorfosi di limonite su solfuri. Le pseudomorfosi di limonite
su solfuri non sono comuni nel campione esaminato, e l’ossido di
ferro riportato è l’unico rinvenuto. Nella figura F425-1a è
riportata la fotografia di un fascio di fibre di serpentino
appartenenti alla frazione limosa. Le fibre risultano separate da
cavità che si insinuano profondamente nel frammento
policristallino. L’origine di tali cavità va ragionevolmente
attribuita all’alterazione pedogenetica, in quanto la roccia
inalterata, formatasi nelle profondità della crosta terrestre, è
caratterizzata da una marcata compitazione delle fibre che non si
riscontra nel campione esaminato. Le superfici dei feldspati della
frazione limosa (F525-1b, F425-2a, F425-2c) sono subrotondeggianti
e non presentano gli angoli vivi che comunemente caratterizzano i
feldspati fratturati di fresco. La causa dell’arrotondamento delle
superfici dei feldspati va attribuita alla alterazione chimica dei
minerali che occorre in ambiente pedogenetico. Infatti le
superfici dei granuli di feldspato sono attraversate da profonde
cavità subrotondeggianti, segnalate in letteratura come frutto di
corrosione chimica nonché da fessure allargate dall’alterazione
che seguono i sistemi di sfaldatura e si insinuano profondamente
all’interno del cristallo (F425-1b). Le superfici dei piani basali
delle miche limo evidenziano processi di sfaldatura paralleli al
piano basale (F425-2d e F425-2b). Le dimensioni dei frammenti di
mica che si distaccano dai frammenti della frazione limosa,
indicati con due crocette nella figura F425-2b, sono quelle
dell’argilla. L’origine della defoliazione delle miche è stata
attribuita in letteratura (Violante P., 1986) all’azione fisica
del gelo e del disgelo nonché all’azione abrasiva esercitata dai
Page 222
minerali più resistenti all’abrasione. L’attività della superficie
della frazione limosa è infatti troppo modesta perché i processi
di alterazione chimica possano essere marcatamente più incisivi
dei processi di alterazione fisica. L’alterazione chimica è al
contrario il principale meccanismo di alterazione pedogenetica
della frazione argillosa, caratterizzata da un’elevata attività
superficiale. I piani lungo i quali due foglietti di mica si
distaccano assumono una notevole importanza per spiegare in taluni
suoli il comportamento degli elementi in traccia. Lungo tali piani
la distanza basale si riduce progressivamente raggiungendo
l’intervallo compreso tra i 14 e i 10 Å. Tale zona è detta zona a
cuneo. Essa ospita i cosiddetti siti di adsorbimento di “bordo da
alterazione” nei quali sono adsorbiti selettivamente cationi a
basso potenziale ionico quali Pb, Cs, Pb e Cd.
I granuli di quarzo, non riportati in figura, nonostante
abbiano una durezza circa uguale a quella dei feldspati (7.0 nella
scala di Mohs) sono caratterizzati da spigoli vivi. Le
caratteristiche superfici di frattura concoidi sono perfettamente
preservate nonostante i processi di alterazione chimica ed i
processi abrasivi che devono aver agito nel corso del trasporto
del sedimento. La ragione della pressoché perfetta conservazione
delle superfici di frattura dei granuli di quarzo va
presumibilmente ricercata nella ben nota resistenza
all’alterazione chimica di questo minerale e nella relativa
modesta distanza di trasporto dalla cava di prestito. I granuli di
quarzo risultano infatti fortemente arrotondati solo a seguito di
trasporti di diverse centinaia di Km, come nel caso del loess
deposto sulla collina torinese o nelle alluvioni di bassa
pianura.
Page 223
I singoli cristalli ed i rari frammenti di roccia della
frazione limosa ed argillosa sono aggregati a formare zollette da
una sostanza dall’aspetto mucillaginoso, talvolta filamentoso
(F425-3c, F425-3a). In cemento mucillaginoso costituisce una massa
amorfa percorsa da fratture di disseccamento che ingloba
completamente le componenti minerali e le spoglie organiche
indecomposte (F425-3d, F425-3b). Nelle sezioni lucidate (F425-3-
c), dove è ovviamente indistinguibile dalla resina a base di
carbonio che ingloba le zollette, è evidente che la mucillagine
penetra all’interno degli aggregati inglobando completamente le
particelle minerali e distanziandole le une dalle altre. Le
mucillagini osservate risultano assai diverse dalle immagini dei
composti umici provenienti da laghi e suoli pubblicate in
letteratura (Schnitzer M., 1991). Queste hanno infatti una forma
filamentosa e una struttura reticolare. E’ quindi lecito
ipotizzare che la sostanza organica che si osserva inglobare la
frazione minerale possa essere costituita da mucillagini radicali
ed essudati radicali.
Le osservazioni effettuate con la microsonda permettono di
trarre importanti risultati. Mentre i frammenti litici sono il
costituente principale dello scheletro, nella frazione sabbiosa e
limosa prevalgono le particelle monominerarie. L’espansione
termica differenziale dei diversi minerali è un processo
pedogenetico importante nel determinare la disaggregazione delle
rocce e la formazione colluvium su cui è impostato il suolo.
L’ordine di alterabilità dei minerali osservati rispecchia quello
previsto su basi termodinamiche ed è (Faure G., 1992):
Page 224
solfuri > serpentino > feldspati > miche >
quarzo
I solfuri risultano completamente alterati in limonite. Processi
di alterazione chimica sono evidenti sulle superfici dei del
serpentino e dei feldspati anche quando questi hanno le dimensioni
del limo. Sulla superficie delle miche, minerali considerati tra i
meno alterabili, sono evidenti solo processi di esfoliazione
meccanica. Il quarzo non evidenzia processi di alterazione chimica
o meccanica eccetto che la frammentazione determinata dagli urti
meccanici.
Le particelle minerali sono cementate da composti organici
mucillaginosi e filamentosi. Negli aggregati irregolari le
particelle minerali sono completamente immerse in una matrice
costituita da sostanza organica. Questa, presumibilmente
costituita da essudati radicali e composti umici, penetra tra i
granuli minerali e inglobandoli completamente. La sostanza
organica ha quindi una grande importanza nel determinare lo stato
di aggregazione dei osservata nei profili pedologici, la
macroporosità, la bagnabilità, e quindi la porosità del suolo e
l’infiltrazione efficace delle piogge. La
Page 227
porosità e l’infiltrazione efficace sono proprietà del suolo che
condizionano la frazione di acque piovane che si infiltrano nel
suolo e la loro velocità di discesa verso la falda e, in ultima
analisi, la velocità di trasporto degli inquinanti.
4.2.6. Composizione mineralogica dei suoli di
Villadossola.Nel corso del rilevamento della composizione mineralogica
delle argille presenti nei primi 15 cm dei suoli Piemontesi
condotta da Facchinelli et al. (1997), due suoli raccolti sono
stati raccolti nell’area in esame: il Campione “Domodossola”,
sulle alluvioni del fiume Toce, ed il Campione “Pontetto”, su un
terrazzo glaciale. I diffrattogrammi e le stime semiquantitative
(F426-1, F426-2) indicano che la vermiculite rappresenta
rispettivamente il 20 e il 30% della frazione argillosa, mentre
non risulta rappresentata la Smectite, peraltro alquanto rara
nella regione e rappresentata nell’arco alpino principalmente nei
suoli sviluppati sui complessi serpentinitici. Nelle argille della
spalla glaciale, (F426-1) la scomparsa del picco a 18Å del
campione saturato in Mg a seguito del trattamento Co K indica la
presenza di interstratificati Vermiculite-Smectite.
L’elevato contenuto di vermiculite osservato nelle argille delle
spalle glaciali è in buon accordo con l’elevata capacità di
scambio cationico della frazione minerale di questa unità
geomorgfologica.
Page 228
4.3. Elementi di transizione in traccia
estraibili con acquregia.
4.3.1. Stima della concentrazione litogenica ed antropica.La concentrazione dell’elemento di transizione calcolato
dall’inventario geochimico e la concentrazione media dell’elemento
estraibile in acquaregia sono riportate nella tabelle T431-1 e
T431-2. Nel profilo di Cliland si osserva che i metalli pesanti
estratti dall’acquaregia hanno una concentrazione assai prossima a
quella dell’inventario geochimico eccetto che per Cd e Pb. Nei
suoli di Villadossola si osservano concentrazioni a quelle stimate
dall’inventario geochimico per tutti gli elementi eccetto che per
Co, Ni e Cr. La distribuzione dei metalli pesanti è diversa nei
suoli disturbati dalle lavorazioni e nei suoli non disturbati dopo
l’evento inquinante del 1980-1982. Nei suoli non disturbati dalle
lavorazioni si osserva che la concentrazione di tutti gli elementi
in traccia eccetto quelle di Co e Ni decresce esponenzialmente con
la profondità fino a raggiungere valori prossimi a quelli stimati
dall’inventario geochimico a profondità superiori ai 20 cm
(Tabella T431-2). Nel confrontare la concentrazione litogenica
osservata e quella stimata, va osservato che l’acquaregia
solubilizza
Tabella T431-1. Inventario geochimico della Val d’Ossola
Roccia Pb Cu Ni Zn As Bi Cr Sb Cd Co
Page 229
% Concentrazione, mg/kg (*)
Gneiss 80.5 21 12 3 51 1 0 2 0 0 1Rocce
carbonati
che
10.9 15 25 47 62 12 1 40 1 0 10
Anfibolit
i
4.6 5 43 150 97 2 0 245 0 0 43
Quarziti 1.9 15 11 2 40 1 0 30 0 0 1Serpentin
iti
1.7 1 35 2000 58 3 1 3200 0 0 155
Gneiss
anfibolit
ici
0.7 13 50 76 74 1 0 230 0 0 22
Concentrazione ponderata con la superficie di affioramento,
mg/kg.
Gneiss 80.5 16.9
1
9.66 2.01 41.0
6
0.81 0.10 1.61 0.08 0.11 0.81
Rocce
carbonati
che
10.9 1.60 2.67 5.12 6.70 1.31 0.08 4.36 0.05 0.03 1.04
Anfibolit
i
4.6 0.23 1.98 6.90 4.46 0.07 0.00 11.2
7
0.00 0.01 1.98
Quarziti 1.9 0.29 0.21 0.04 0.76 0.02 0.00 0.57 0.00 0.00 0.01Serpentin
iti
1.7 0.02 0.60 34.0
0
0.99 0.05 0.02 54.4
0
0.00 0.00 2.64
Gneiss
anfibolit
ici
0.7 0.09 0.35 0.53 0.52 0.01 0.00 1.61 0.00 0.00 0.15
Concentrazione 19.1 15.5 48.6 54.5 2.3 0.20 73.8 0.14 0.15 6.6
Page 230
litogenetica
del suolo(*) La concentrazione media degli elementi in traccia nelle rocce è elaborata dai
dati riportati in: Wedepohl K.H., 1978, "Handbook of Geochemistry".
Page 231
Tabella T431-2. Distribuzione degli elem enti di transizione in traccia nel profilo dei suoli di Villadossola lavorati e non lavorati dopo l'evento inquinante del 1980.-1982 (*).
Unitàpedologica Profondità Casi Statistica As T Sb T Bi T Cd T Co T Cr T Cu T Ni T Pb T Zn T
0-5 12 M edia 7,27 0,67 1,85 1,74 6,47 111,3 91,6 30,3 126,7 163,5CV 86 76 131 49 39 45 121 44 39 61
5-10 11 M edia 7,18 0,38 1,15 0,97 6,89 71,4 98,4 31,0 60,3 103,1Suoli non CV 86 77 49 58 32 48 127 37 34 63
om ogeneizzati dalle 10-15 11 M edia 6,29 0,25 1,07 0,56 6,94 50,7 88,3 28,3 34,9 68,0lavorazioni CV 93,5 81,8 52,5 51,0 34,0 37,8 131,6 36,1 31,4 39,2
15-20 7 M edia 6,04 0,44 0,75 0,43 6,65 45,2 59,9 32,3 31,2 61,4CV 63 112 63 61 35 35 102 39 42 38
20-25 6 M edia 4,18 0,19 0,56 0,24 6,62 42,1 23,6 30,6 31,4 45,9CV 26 62 41 61 18 30 42 44 60 24
0-5 8 M edia 2,79 0,18 0,17 0,82 10,12 95,3 37,5 53,3 58,3 114,7CV 64 47 110 54 15 46 24 32 41 31
5-10 8 M edia 3,27 0,23 0,23 0,72 10,32 91,6 38,4 55,6 58,9 106,9Suoli om ogeneizzati CV 72 93 102 65 19 57 24 33 43 44dalle lavorazioni 10-15 8 M edia 3,82 0,19 0,25 0,66 10,12 82,3 38,3 55,5 56,1 97,4
agricole CV 73,7 85,1 122,5 88,6 17,3 53,1 25,3 35,3 49,4 39,515-20 8 M edia 4,10 0,11 0,15 0,45 8,75 67,6 40,8 49,3 62,0 78,5
CV 80 87 129 51 30 35 27 37 55 1720-25 3 M edia 8,50 0,08 0,25 0,54 8,43 49,8 28,2 40,5 24,0 56,9
CV 8 1 23 81 13 19 26 9 49 7
Page 232
l’elemento legato alla sostanza organica, ai sesquiossidi, ai
solfuri, e solo parzialmente o poco l’elemento occluso nei
silicati primari e nelle Vermiculiti (Page L. et al. Eds, 1982).
La concentrazione dell’elemento stimata dall’inventario
geochimico, esprime la concentrazione dell’elemento totale e
comprende quello occluso nei minerali primari, che come è stato
osservato nello studio dei cicli petrogenici degli elementi, non è
trascurabile.
Per stimare il contenuto litogenico si è proceduto
diversamente nei suoli di Villadossola e nel suolo di Cliland. Nei
suoli di Villadossola, che si sviluppano su un terreno geologico
attraversato da importanti mineralizzazione a solfuri, è stato
assunto che la concentrazione litogenica sia il valore minore tra
la concentrazione stimata dall’inventario geochimico e la
concentrazione osservata negli strati più profondi dei profili.
Nel profilo di Cliland, che si sviluppa su un terreno geologico
poverissimo di mineralizzazioni (Cameron B.I. e Stephenson D.,
1985) si è assunto, seguendo Page L.
et al. Eds., 1982) l’elemento estratto dall’acquregia sia composto
principalmente dall’elemento antropico mente l’elemento litogenico
sia per lo più in forme non dissolubili da un attacco acido forte.
La stima della concentrazione dell’elemento litogenico ed
antropico è arbitraria in entrambe le aree, ma va osservato che,
come emerge dall’esame critico della letteratura discusso nel
paragrafo 3.6 del capitolo dedicato ai materiali e ai metodi,
eccetto che quando sia possibile effettuare analisi isotopiche,
non vi sono metodi considerati universalmente validi e comunemente
accettati che permettano di determinare la concentrazione
litogenica dell’elemento.
Page 233
4.3.2. Stima dell’arricchimento antropico dei metalli pesantinei suoli contaminati.
L’arricchimento antropico di un elemento nel suolo (AA) è
definito come il rapporto tra la concentrazione dell’elemento
totale osservata nel suolo e la concentrazione dell’elemento
litogenico (tabella T432-1). Esso è un parametro utile per
valutare la perturbazione dei cicli biogeochimici, in quanto
esattamente come il flusso dell’elemento che dal suolo entra nella
biomassa vegetale (Sillampää M., 1982. Baes C.F. et al., 1984) i
flussi dei cicli biogeochimici dei metalli pesanti sono per lo più
governati da cinetiche lineari (Lasaga A. C, 1980. Whitfield M.,
1981. Whitfield M., e Turner D.R., 1982. Mckenzie et al., 1979).
Nel suolo di Cliland e nei suoli di Villadossola, si osserva che
l’arricchimento antropico segue lo stesso ordine, e che il fattore
di arricchimento antropico di Co, Ni, Zn, Cd, Pb e Cr del suolo
inquinato dalle attività siderurgiche è correlato al fattore di
arricchimento dell’elemento nel suolo rispetto alla roccia madre
(FAS) osservato in Nord America (Shacklette H. T. et al., 1984),
tabella T432-1 e figura F432-1):
Page 234
Tabella T432-1.Concentrazione dell'elem ento litogenetico e dell'elem ento estraibile conacquaregia nel suolo di Villadossola e di Cliland (*).
Villadossola. Cliland Nord Am ericaElem ento Liogenico O sservato AA Litogenico O sservato AA FAS (**)
Ni 49 39 0,80 80 31 0,39 0,24Cr 74 75 1,01 100 100 1,00 0,54Co 6,63 7,95 1,20 20 10 0,51 0,46Zn 54 98 1,79 75 115 1,53 0,80Sb 0,14 0,32 2,27 0,20 n.d. n.d. 3,30As 2,3 5,4 2,39 1,5 n.d. n.d. 4,80Pb 19 60 3,14 14 38 2,72 1,40Cu 15 63 4,06 50 39 0,77 0,50Bi 0,20 0,81 4,08 0,14 n.d. n.d. ***Cd 0,15 0,81 5,37 0,11 1,54 13,96 3,20
(*) AA= rapporto tra la concentrazione dell'elem ento estraibile in acquaregia ela concentrazione dell'elem ento litogenico; n.d.= elem ento non determ inato.(**) FAS = fattore di arricchim ento dell'elem ento nel suolo rispetto alla roccia m adretratto da (Shakelette et. al., 1984).
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Figura F432-1. Fattore di arricchim ento degli elem enti di transizione in traccia nei suoli inquinati dalle fonderie e nei suoli
del NordAm erica.
0246810121416
0,0 1,0 2,0 3,0 4,0Fattore di arricchim ento nel suolo del Nord Am erica.
Fattore di arricchimento di
arricchimento antropico in
prossimità delle fonderie
Cliland Villadossola
Page 237
FAS = (0,031 +/- 0,97) + (0,31 +/- 0,023) * AA
n = 7; r2 = 0,997; P=7,6*10^-5
La stretta relazione osservata tra arricchimento antropico del
suolo contaminato dalle emissioni delle fonderie e il fattore di
arricchimento di Co, Ni, Zn, Cd, Pb e Cr rispetto alla roccia
madre osservato nel Nord America lascia supporre che il suolo del
Nord America sia inquinato dalle emissioni delle fonderie. Il
contenuto fattore di arricchimento dell’As nel suolo del Nord
America è molto superiore a quello stimabile dall’inquinamento
siderurgico e può essere spiegato dal massiccio uso dell’As come
pesticida e defoliante (Alloway D.C., 1986). L’arricchimento di Sb
nel suolo del Nord America è un poco inferiore a quello
prevedibile dall’arricchimento di Co, Ni, Zn, Cd, Pb e Cr, ma
segue lo stesso andamento. Non si hanno dati sull’arricchimento
del Bi nel suolo del Nord America, ma questo può essere stimato di
circa 1,3.
Nei suoli di Villadossola l’arricchimento antropico è
ovviamente diverso attraverso il profilo dei suoli che sono stati
lavorati a seguito dell’evento inquinante del biennio 1986-1986 ed
in quelli che, dopo aver ricevuto l’immissione siderurgica, sono
stati lavorati. I valori più elevati dei fattori di arricchimento
antropico si registrano ovviamente nello strato superficiale dei
suoli indisturbati, dove sono in ordine decrescente 11 (Cd), 10
(Bi), 5.9 (Cu), 6.6 (Pb), 3.6 (Zn), 3.3 (Sb), 3.2 (As) e 2.6 (Cr).
Nei suoli lavorati i fattori di arricchimento sono ovviamente
inferiori ed approssimativamente costanti attraverso il profilo. I
Page 238
valori medi decrescono nell’ordine 4.2 (Cd), 2.7 (Pb), 2.4 (Bi),
2.4 (Cu), 2.0 (As), 2.0 (Zn), 1.8 (Cr).
4.4. La lisciviazione degli inquinanti.
La lisciviazione degli inquinanti è stata indagata mediante un
modello matematico che esprime la mobilità dell’inquinante
attraverso tre diversi parametri: la velocità di lisciviazione, la
costante cinetica dell’inquinante da un volume di suolo al
sottostante e la costante di ripartizione in situ. I tre parametri
forniscono informazioni complementari e differenti sui meccanismi
che controllano la velocità di lisciviazione verso la falda
idrica. Le principali proprietà chimiche e fisiche dei suoli di
Villadossola su cui si è studiata la lisciviazione sono riportate
nell’appendice A6. Le velocità di lisciviazione ed i tempi di
residenza calcolati sono riportati nelle appendice A7.
Page 241
F441-3. Velocità di lisciviazione degli inquinanti nel suolo scozzese in funzione della profondità
0,00,51,01,52,02,53,03,54,04,55,0
0 10 20 30 40 50Profondità, cm .
Velocità di lisciviazione, cm/a.
Co Cu Ni Zn Cd
Page 243
F441-4. Velocità di lisciviazione degli inquinanti dai suoli di Villadossola in funzione della profondità
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
0 2 4 6 8 10 12 14Profondità, cm .
Velocità di lisciviazione, cm/a.
Pb Cd Zn Cu Bi Cr As Sb
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Tabella 441-1.Risultati delle regressioni lineari e m ultiple (*) che spiegano la velocitàdi lisciviazione dell'inquinante dai suoli di Villadossola (**)V Sb = (-0,278+/-0,386) - (4,92+/-4,68)*SO + (1,15+/-0,38)*SFn = 16; r2 = 0,531; P1=4,84*10^-1; P2 = 3,12*10^-1; P3 = 1,05*10^-2; P = 7,25*10^-3V Sb = (-0,487+/-0,303) - (7,26+/-4,17)*SO + (9,05+/-2,66)*Fn = 16; r2 = 0,678; P1=1,60*10^-1; P2 = 1,32*10^-1; P3 = 3,88*10^-4; P = 6,26*10^-4V Sb = (-0,543+/-0,412) - (7,84+/-5,00)*SO + (0,632+/-0,306)*Dn = 16; r2 = 0,314; P1=2,10*10^-1; P2 = 1,41*10^-1; P3 = 5,92*10^-2; P = 3,41*10^-2V Cr = (-0,449+/-0,240) - (8,85+/-3,08)*SO + (1,38+/-0,248)*SFn = 16; r2 = 0,815; P1=8,43*10^-1; P2 = 1,32*10^-2; P3 = 9,03*10^-5; P = 1,7*10^-5V Cr = (-0,784+/-0,284) - (11,3+/-3,94)*SO + (8,45+/-2,41)*Fn = 16; r2 = 0,678; P1=1,60*10^-1; P2 = 1,32*10^-1; P3 = 3,88*10^-4; P = 6,26*10^-4V Cr = (-0,629+/-0,292) - (12,3+/-3,80)*SO + (8,48+/-2,31)*Dn = 16; r2 = 0,693; P1=3,38*10^-2; P2 = 6,59*10^-3; P3 = 2,84*10^-3; P = 4,67*10^-4V Cu = (0,578+/-0,606) - (5,83+/-9,58)*SO + (1,36+/-0,53)*SFn = 10; r2 = 0,605; P1=3,72*10^-1; P2 = 5,62*10^-1; P3 = 3,80*10^-2; P = 3,87*10^-2V Cu = (0,910+/-0,579) - (9,76+/-9,80)/SO + (8,92+/-4,18)*Fn = 10; r2 = 0,538; P1=1,16*10^-1; P2 = 3,52*10^-1; P3 = 7,02*10^-2; P = 6,67*10^-2V Cu = (0,775+/-0,616) - (9,82+/-9,68)/SO + (0,965+/-0,44)*Dn = 10; r2 = 0,546; P1=2,49*10^-1; P2 = 6,54*10^-2; P3 = 3,44*10^-1; P = 6,28*10^-2
Page 246
Tabella 441-1 (continua).Risultati delle regressioni lineari e m ultiple (*) che spiegano la velocitàdi lisciviazione dell'inquinante dai suoli di Villadossola (**)V Zn = (0,529+/-0,216) - (2,92+/-2,37)*SO + (0,432+/-0,216)*SF n = 12; r2 = 0,546; P1=3,70*10̂ -3; P2 = 2,48*10̂ -1; P3 = 7,61*10̂ -2; P = 2,87*10^-2V Zn = (0,800+/-0,209) - (4,72+/-2,58)/SO+ (1,11+/-1,74)*F n = 12; r2 = 0,371; P1=3,99*10^-3; P2 = 1,00*10^-1; P3 = 5,40*10^-1; P = 1,20*10̂ -1
V Zn = (0,647+/-0,220) - (4,17+/-2,38)*SO + (0,236+/-0,170)*Dn = 12; r2 = 0,459; P1=1,64*10̂ -2; P2 = 1,44*10̂ -1; P3 = 1,98*10̂ -1; P = 6,20*10^-2
V Cd = (1,64+/-0,61) - (16,2+/-7,59)*SO - (0,132+/-0,628)*SFn = 17; r2 = 0,264; P1=1,77*10^-2; P2 = 5,05*10^-2; P3 = 8,36*10^-1; P = 1,16*10̂ -1
V Cd = (1,68+/-0,54) - (16,3+/-7,27)/SO - (1,63+/-4,63)*Fn = 17; r2 = 0,269; P1=8,01*10^-3; P2 = 4,13*10^-2; P3 = 7,30*10^-1; P = 1,11*10̂ -1
V Cd = (1,70+/-0,58) - (16,3+/-7,19)*SO - (1,63+/-0,44)*Dn = 17; r2 = 0,270; P1=1,04*10^-1; P2 = 6,02*10^-1; P3 = 7,21*10^-1; P = 1,11*10̂ -1
V Pb = (0,244+/-0,393) - (6,70+/-4,53)*SO + (1,90+/-0,43)*SFn = 18; r2 = 0,639; P1=5,44*10̂ -1; P2 = 1,60*10̂ -1; P3 = 5,26*10̂ -4; P = 4,82*10^-4V Pb = (0,628+/-0,375) - (10,3+/-4,79)*SO + (12,3+/-3,3)*Fn = 18; r2 = 0,572; P1=1,15*10̂ -1; P2 = 4,87*10̂ -2; P3 = 2,00*10̂ -2; P = 1,72*10^-3V Pb = (0,610+/-0,480) - (10,1+/-5,5)*SO + (1,10+/-0,42)*Dn = 18; r2 = 0,432; P1=2,24*10̂ -1; P2 = 8,73*10̂ -2; P3 = 1,99*10̂ -2; P = 1,44*10^-2
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Tabella 441-1 (continua).Risultati delle regressioni lineari e m ultiple (*) che spiegano la velocitàdi lisciviazione dell'inquinante dai suoli di Cliland (***)V Co = (2,15+/-0,16) - (0,170+/-0,027)*SOn = 8; r2=0,869; P = 7,4*10^-4; P1 = 1,3*10^-5; P2 = 7,4*10^-4V Ni = (2,19 +/- 0,15) - (0,18+/-0,02)*SOn=8; r2 = 898; P = 3,4*10^-4; P1 = 7,0*10^-6; P2 = 3,4*10^-4V Cu = (1,94+/-0,35) - (0,149+/-0,057)*SOn = 8; r2 = 0,524; P = 4,0*10^-2; P1 = 1,6*10^-3; P2 = 4,2*10^-2V Zn = (1,53+/-0,24) - (0,11+/-0,04)*SOn=8; r2=0,591; P = 2,6*10^-2; P1 = 6,5*10^-4; P2 = 2,5*10^-2V Cd = (8,37+/-3,57) - (0,77+/-0,39)*CSCn=8; r2 = 0,290; P = 9.7*10^-1; P1 = 5,7*10^-2; P2 = 9,7*10^-2V Pb = (8,6+/-1,7) - (8,5+/-0,18)*CSCn = 8; r2=0,772; P = 4,1*10^-3; P1 = 2,4*10^-3; P2 = 4,1*10^-3(*) Le regressioni m ultiple sono ottenute con il m etodo della aggiunta di variabili.Tra parentesi sono riportati i coefficenti della regressione più o m eno l'errorestandard. P è il lim ite di confidenza della regressione, P1, P2 e P3 sono i lim iti dei confidenzadei singoli term ini della regressione. In grassetto sono riportate le regressionisignificative con un lim ite di confidenza superiore al 95% .(**) Tessitura e contenuto in sostanza organica sono espressi in g/cm 3
(***) la CSC e la sostanza organica sono riferite a 100 g di suolo.
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4.4.1. La velocità di lisciviazione.
Le velocità di lisciviazione medie (cm/a) hanno una deviazione
standard compresa tra il 30 ed il 140% (figura F441-1 e F441-2) e
sono in ordine decrescente:
a Cliland
Cd(1,4)>Co(1,2)=Ni(1,2)>Cu(1,1)>Pb(0,9)>Zn (0,9)
a Villadossola
As (1,4)>Cu
(1,2)>Pb(0,8)>Cd(0,75)=Cr(0,74)=Sb(0,7)Bi>(0.78)>Zn
(0,66)
Le velocità di lisciviazione differiscono dall’elemento più
veloce a quello più lento di un fattore 2. L’ordine con il quale
si sussegue la velocità di lisciviazione media è lo stesso nel
suolo di Cliland ed in quello di Villadossola. Le velocità degli
inquinanti sono sistematicamente maggiori a Cliland, in buon
accordo con la maggior lisciviazione del suolo scozzese rispetto a
quelli della Val d’Ossola rilevata dall’osservazione dei profili
pedologici.
Nel profilo di Cliland la velocità di lisciviazione degli
inquinanti, tutti elementi di transizione bivalenti, è minima
nello strato superficiale, aumenta con la profondità raggiungendo
il valore massimo nell’orizzonte Ae per tornare a diminuire
lievemente in prossimità dell’orizzonte Bg (F441-3).
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Particolarmente marcato è l’aumento della velocità di
lisciviazione del Cd in corrispondenza dell’orizzonte Ae. Nei
suoli di Villadossola la velocità di lisciviazione di Pb, Cd, Zn,
Sb, e Cr aumenta muovendo dagli orizzonti superficiali a quelli
profondi (F441-4). Dal comportamento medio si discosta il Cu,
elemento che può essere pervenuto al suolo a causa della coltura
della vite e dell’As, un elemento che può essere metabolizzato
dalle popolazioni fungine e batteriche in forme metilate volatili
(Tamaki S. e Frankerbergher W. T., 1992). Le regressioni multiple
significative ottenute con il metodo della progressiva aggiunta di
variabili tra velocità di lisciviazione e proprietà chimiche e
fisiche del suolo sono riportate nella tabella T441-1. Nel profilo
di Cliland si osserva che la velocità di lisciviazione è
controllata dal contenuto in sostanza organica e dalla capacità di
scambio cationico. Per i metalli a basso potenziale ionico la
proprietà del suolo che meglio spiega la velocità di lisciviazione
è il contenuto in sostanza organica, mentre per i metalli a basso
potenziale ionico la proprietà che meglio spiega la velocità di
lisciviazione è la capacità di scambio cationico, confermando il
criterio generale secondo cui nelle serie litotropiche
l’importanza delle argille nel legare il metallo aumenta al
diminuire del potenziale ionico (Violante P., 1986b). Nei suoli di
Villadossola si osserva che la sostanza organica rallenta la
lisciviazione dell’inquinante, mentre la frazione minerale, sia
essa sabbia fine o frazione fine limo+argilla è positivamente
correlata alla velocità di lisciviazione. Si osserva inoltre che
anche la densità del suolo è positivamente correlata alla velocità
di lisciviazione. L’analisi statistica dei dati conferma quanto
osservato dalla distribuzione delle velocità di lisciviazione
Page 250
attraverso il profilo del suolo, ovvero un aumento della velocità
passando dall’orizzonte superficiale ricco in sostanza organica e
poroso agli orizzonti sottostanti minerali e densi. L’osservazione
che la frazione fine è negativamente correlata alla velocità di
lisciviazione suggerisce che la frazione di metallo pesante mobile
sia un complesso anionico.
4.4.3. Il tempo di residenza dell’inquinante nel suolo. Come risulta dalle regressioni multiple ottenuto con il metodo
della progressiva aggiunta di variabile, il tempo di residenza
degli inquinanti nel suolo di Villadossola è controllato dal
contenuto di sostanza organica e dalla tessitura (tabella T442-1).
Il tempo di residenza aumenta con il contenuto di sostanza
organica e diminuisce sia con il contenuto di sabbia fine che di
frazione fine limo + argilla. Per gli elementi per i quali la
tessitura non influisce significativamente nel determinare il
tempo di residenza nel suolo (Cu, Zn, Cd), il tempo di residenza
può essere efficacemente espresso da un modello lineare che
trascura l’influenza della sostanza organica e può essere espresso
con una singolare precisione dalla formula:
Tr = A*SO; P>0,05
Una relazione simile si osserva nel profilo di Cliland (figura
F442-1). Sia nei suoli di Villadossola che nel suolo di Cliland
tra costante A e potenziale ionico PI dell’elemento sussiste una
stretta relazione:
Page 251
Villadossola, A = -(2,13+/-0,034) + (9,50+/-0,08)/PI;
n=3; r2=0.999; P=0,005
Cliland, A = -(2,08+/-1,01) + (10,10+/-2.44)/PI;
n=6; r2=0.810; P=0.015
La relazione tra costante A e potenziale ionico dell’elemento è
simile nelle due aree in esame, ed i coefficienti della
regressione differiscono meno del 10%. La relazione tra la
costante A ed il tempo di residenza è molto simile alla relazione
che intercorre la costante di stabilità K2 del complesso binario
con l’acido acetico M(Ac)2 ed il potenziale ionico dell’elemento:
Ks2 = (1,6+/-0,4) + (9,5+/-0,8)/PI; n=6; r2=0,987; P=0,05
Page 252
Tabella T442-1Regressioni m ultiple tra tem po di residenza dell'inquinante nei suoli di Villadossola e principali proprietà chim ico-fisiche del suolo.Tr Cr = (0,576+/-0,184) + (2,78+/-2,36)*SO - (0,564+/-0,190)*SFn=16; r2=0,526; P1=8,00*10^-3; P2= 2,60*10^-1; P3= 1,08*10^-2Tr Cu = (14,4+/-6,58) + (32,6+/-109)*SO - (93,2+/-43,8)*Fn=10; r2 = 0,373; P1=6,10*10^-2; P2=7,75*10^-1; P3=8,60*10^-2; P=1,94*10 -̂1Tr Zn = (0,68+/-2,21) + (51,1+/-27)*SO - (14,0+/-18,5)*Fn=12; r2 = 0,394; P1=1,30*10^-2; P2=9,50*10^-2; P3=4,70*10^-1; P=1,05*10^-1Tr Cd = (5,67+/-8,64) + (176+/-115)*SO - (36,1+/-73,7)*Fn=17; r2 = 0,189; P1=5,21*10^-1; P2=1,48*10^-1; P3=6,31*10^-1; P=2,29*10^-1
Tr Cu = (14,4+/-6,58) + (32,6+/-109)*SO - (93,2+/-43,8)*Fn=10; r2 = 0,373; P1=5,21*10^-1; P2=1,48*10^-1; P3=6,31*10^-1; P=1,9*10 -̂1Tr Pb = (12,0+/-4,31) + (56,2+/-52,7)*SO - (81,3+/-36,4)*Fn=18; r2 = 0,310; P1=1,08*10^-2; P2=3,03*10^-1; P3=4,08*10^-2; P=6,5*10^-2
Tr Cr = (7,94+/-1,13)*SOn=16; r2=0,139; P=0,142Tr Cu = (119,9+/-12,3)*SOn=9; r2 = 0,433; P = 0,042Tr Zn = (155,14+/-16,69)*SOn=12; r2=0,805; P=0,004Tr Cd =(237,66+/-42,27)*SOn=17; r2 = 0,164; P = 0,096Tr Pb = (159,58+/-24,93)*SOn=18; r2 = -0,100(*) In grassetto sono riportate le regressioni significative con un lim ite di confidenza superiore al 95% .
Page 253
Figura F442-1. Tem po di residenza dell'elem ento in funzione del contenuto in sostanza organica nel profilo di Cliland.
010203040506070
0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0Contenuto di sostanza organica, % .
Temp
o di res
iden
za,
anni
.
Pb Cd Zn Co Ni Cu
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Considerato che tra tempo di residenza Trn dell’inquinante nello
strato di suolo n e la costante cinetica del rilascio Kndell’inquinante dallo strato n al sottostante vale la relazione:
Trn = 1/Kn
per gli elementi di transizione bivalenti la costante cinetica
della lisciviazione può essere espressa con dalla formula:
Kn = [K2 * SO]-1
dove:
K2 = è la costante di stabililità del complesso (CH3COO)2M
SO = è la concentrazione della sostanza organica nel suolo
La relazione riportata predice la cinetica della lisciviazione da
uno strato di suolo al sottostante di Co, Ni, Cu, Ni, Cd e Pb con
un’incertezza del 10% indipendentemente dalla tessitura tutti i
suoli osservati dove il pH è compreso tra 4 e 5 ed il contenuto di
sostanza organica supera il 3g/100.
La relazione osservata tra cinetica del rilascio
dell’inquinante cationico bivalente e stabilità del complesso
binario con l’acido acetico è in buon accordo con le indagini di
laboratorio dalle quali risulta che la affinità dei gruppi
carbossilici degli acidi umici per i metalli di transizione
bivalenti è prossima a quella dei gruppi carbossilici dell’acido
acetico (Munza B. et al., 1995). L’osservazione è inoltre in
Page 255
accordo con i risultati delle indagini in vitro dalle quali
risulta che nell’intervallo di pH compreso tra 4 e 5, quello
prevalente nei suoli indagati, il complesso che i composti umici
formano con i metalli di transizione bivalenti è quello binario M-
(OOC-R)2 (Shnitzer M, 1991).
4.2.3. Stima del tempo di autodepurazione dei suoli di
Villadossola.
Il modello a serbatoi e flussi ben descrive la mobilità
verticale degli inquinanti e permette di identificare le proprietà
chimico-fisiche che la condizionano. Esso permette inoltre di
stimare il tempo necessario perché gli inquinanti vengano
lisciviati al di sotto dello strato in cui l’attività radicale è
più intensa.
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Le relazioni osservate tra le proprietà del suolo e le costanti
cinetiche del rilascio dell’inquinante da uno strato al
sottostante permettono ovviamente una stima più precisa dei tempi
di autodepurazione del suolo. Nella figura F423-1 è rappresentata
la lisciviazione del Cu da un suolo avente le proprietà chimico
fisiche medie dei suoli di Villadossola. Si può osservare che la
distribuzione dell’inquinante attraverso il profilo evolve
gradualmente da una forma esponenziale ad una curva gaussiana
allargata. Simulazioni simili effettuate per gli altri elementi
permettono di stimare che il tempo medio necessario affinché gli
inquinanti raggiungano nei primi 15 cm di suolo concentrazioni
prossime a quelle litogeniche sono compresi tra i 30 ed i 60 anni
in funzione dell’elemento e delle proprietà del suolo. Si può
comunque prevedere che in tale lasso di tempo la quasi totalità
degli inquinanti non raggiunga profondità superiori al mezzo
metro, rimando così biodisponibili per le specie arboree e
arbustive per un lasso di tempo nell’ordine di 1-2 secoli.
4.5. Biodisponibilità di Co, Ni, Cu, Zn, Cd e Pb nei
suoli di Villadossola.
La concentrazione di Co, Ni, Cu, Zn, Cd e Pb estraibili dal
reagente di Lakanen è riportata nell’appendice A5. I valori medi
dell’elemento biodisponibile espressi in mg/Kg sono riportati
nella tabella T45-1. Nell’insieme dei suoli campionati la
concentrazione dell’elemento biodisponibile (mg/Kg) è sempre
correlata all’elemento totale con un limite di confidenza
superiore al 5% (T45-2). La frazione biodisponibile percentuale
media degli elementi è in ordine decrescente:
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Co (3+/-38%)<Ni (5+/-15%)<Cd (35+/-14%)<Zn (57+/-5%)<Cu (68+/-2%)<
Pb (79+/-5%)
Gli inquinanti (Pb, Cd, Zn, Cu) sono caratterizzati dall’essere
biodisponibili in una quota percentuale superiore di un ordine di
grandezza a quella degli elementi di origine prevalentemente
litogenica (Co, Ni). L’incertezza con la quale la concentrazione
dell’elemento inquinante biodisponibile può essere prevista
dalla concentrazione totale è compresa tra il 2 ed il 14%. Per gli
elementi litogenici l’incertezza con la quale la concentrazione
dell’elemento biodisponibile è prevedibile dall’estrazione con
l’acqua regia è superiore a quella degli inquinanti, ed è
compresa tra il 15 ed il 38%.
Nei suoli che a seguito dell’evento inquinante del biennio
1986-7 sono stati rimaneggiati dalle lavorazioni e quindi
destinati a prato permanente la frazione biodisponibile di Pb, Cd
e Zn è controllata dalla frazione fine limo + argilla e dalla
sostanza organica:
Zn Fb = 0.194 + 0.0263 ·S.O. -0.0150 ·F; P = 5.7
·10-7; n=30; r = 0.809
Cd Fb = 0.864 + 0.0482 ·S.O. - 0.0463 ·F; P = 2.0
·10-6; n=30; r = 0.788
Pb Fb = 0.306 + 0.0337 ·S.O. -0.00414 ·F; P = 6.4
·10-3; n=30; r = 0.558
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Tabella T45-1
Correlazione tra elem ento totale e elem ento biodisponibile (*).Co B = (0,220+/-0,099) + (0,0312+/-0,012)*Co tn = 77; r = 0,289; P = 1,1*10^-2Ni B = (0,96+/-3,3) + (0,05+/-0,008)*Ni tn = 77; r = 0,594; P = 1,2*10^-8Cu B = -(13,7+/-1,30) + (0,676+/-0,013)*Cu tn=77; r = 0,987; P = 1,7*10^-61Zn B = -(30,9+/-3,38) + (0,579+/-0,029)*Zn tn = 77; r = 0,914; P = 4,5*10^-31Cd B = (0,0567+/-0,0494) + (0,353+/-0,044)*Cd tn = 77; r = 0,914; P = 1,3*10^-11Pb B = (-16+/-2,4) + (0,792+/-0,033)*Pb tn = 77; r = 0,939; P = 1,5*10^-36(*) In grassetto le correlazioni significative con un lim ite di confidenza superiore al 1% .
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Una analoga relazione si osserva quando si considera tutto
l’insieme dei suoli campionati:
Pb Fb = 0,455 + 0,1300*S.O. - 0,0097*F; r2=0,256; n=
77; P>0,001
Cd Fb = 0,688 + 0,0130*S.O. - 0,0295*F; r2=0,428; n= 77;
P<0,001
Zn Fb = 0,205 + 0,0130*S.O. - 0,0109*F; r2=0,609; n= 77;
P<0,001
Cu Fb = 0,354 + 0,0452*S.O. - 0,0049*F; r2=0,609; n= 77;
P<0,001
Le relazioni fra sostanza organica e frazione minerale
suggeriscono che la frazione biodisponibile degli inquinanti sia
controllata dalla reazione di scambio:
Argilla-M + 2HOOC-R = Argilla-H + M(OOC-R)2
La frazione tessiturale che controlla la biodisponibilità è
diversa in funzione della unità geomorfologica. Nelle spalle
glaciali e nei suoli sviluppati sulle alluvioni del fondovalle la
frazione biodisponibile dell’inquinante è negativamente correlata
alla frazione fine del suolo, mentre sugli acclivi versanti
vallivi è negativamente correlata alla sabbia fine (tabella T45-
2). L’osservazione è in buon accordo con quanto osservato al
riguardo della capacità di scambio cationico della frazione
Page 261
minerale, che risulta determinata dalla frazione fine nelle aree
pianeggianti ed è controllata dalla sabbia fine sugli acclivi
versanti vallivi.
L’osservazione che la capacità di scambio cationico della
frazione minerale del suolo lega l’inquinante con legami forti
bloccandolo in forme non biodisponibili è in contraddizione con
l’osservazione che la velocità di lisciviazione è inversamente
proporzionale al contenuto di frazione fine limo + argilla. E’
noto che le Illiti dei suoli attorno al nucleo di mica inalterato
presentano dei bordi di alterazione in vermiculite (Sawhney B.L.,
1972. Bolt G.H. et al., 1963. Brouwer E. et al., 1983. Cremers A.
et al., 1988. Francis C. W. e Brincley F. S., 1976. Grutter A. et
al., 1986. Hill D. E. e Sawhney B. L., 1969. Jackson M. L., 1963.
Klobe W. D. and Gast R. G., 1970. Le Roux J. e Rich C.I., 1969.
Le Roux J. et al., 1970. Rich C.I. e Black W. R., 1964. Sawhney
B.L., 1969. Sawhney B.L., 1970). Le Illiti possono legare i
cationi a bassa energia di idratazione con tre diversi siti, i
silossilanici posti sulle superfici esterne dei cristalli, i siti
silossilanici intrareticolari posti negli interstrati a spaziatura
di 14Ä dell’orlo esterno del cristallo alterato in vermiculite e
nei siti di cuneo interno che fanno da transizione tra il nucleo
cristallino interno e il domino cristallino esterno alterato. Le
isoterme di adsorbimento (Bolth G.H., 1979) indicano che i primi
due siti hanno un’energia di
Page 262
Tabella T45-2Regressioni m ultiple tra frazione biodisponibile, contenuto in sostanza organicae tessitura in funzione delle unità geom orfologicheFondovalleFb Cu = (0,169+/-0,040) + (0,080+/-0,067)*SO + (0,0072+/-0,0036)*Fn=33; r2=0,177; P=0,054; P1=2,1*10̂ -4; P2=5,0*10̂ -2; P3=2,4*10̂ -1
Fb Zn = (0,049+/-0,030) + (0,0389+/-0,005)*SO - (0,0089+/-0,0027)*Fn=33; r2=0,685; P=2,94*10̂ -8; P1=1,11*10̂ -1; P2=2,3*10̂ -3; P3=1,1*10̂ -8
Fb Cd = (0,323+/-0,117) + (0,0743+/-0,0194)*SO - (0,0186+/-0,010)*Fn=33; r2=0,350; P=1,6*10̂ -3; P1=9,6*10̂ -3; P2=8,2*10̂ -2; P3=6,2*10̂ -4
Fb Pb = (0,373+/-0,067) + (0,00756+/-0,112)*SO - (0,0011+/-0,006)*Fn=33; r2=0,015; P=7,9*10̂ -1; P1=5,14*10̂ -6; P2=5,0*10̂ -1; P3=8,5*10̂ -1Versanti valliviFb Cu = (0,724+/-0,130) -(0,0039+/-0,068)SO - (0,0052+/-0,002)SFn=17; r2= 0,382; P=3,4*10̂ -2; P1=7,1*10̂ -5; P2=3,0*10̂ -2; P3=5,7*10̂ -1
Fb Zn = (0,675+/-0,209) + (0,047+/-0,011)*SO - (0,010+/-0,003)*SFn=17; r2= 0,599; P=1,7*10̂ -3; P1=6,1*10̂ -3; P2=1,1*10̂ -2; P3=6,2*10̂ -4
Fb Cd = (1,14+/-0,47) + (0,045+/-0,024)*SO - (0,011+/-0,008)*SFn=17; r2=0,226; P=1,6*10̂ -1; P1=3,0*10̂ -2; P2=1,6*10̂ -1; P3=8,3*10̂ -2
Fb Pb = (0,608+/-0,157) + (0,032+/-0,008)*SO - (0,0051+/-0,0026)*SFn=17;r2=0,533; P=4,8*10̂ -3; P1=1,7*10̂ -3; P2=7,0*10̂ -2; P3=1,4*10̂ -3
Spalle GlacialiFb Cu = (0,108+/-0,147) + (0,0077+/-0,004)*SO+ (0,014+/-0,19)*Fn=17; P=1,9*10̂ -1; P1=4,7*10̂ -1; P1=4,7*10̂ -1; P3=7,5*1= -̂2Fb Zn = (0,232+/-0,107) + (0,012+7-0,003)*SO -(0,026+/-0,015)*Fn=26; P=2,3*10̂ -4; P1=4,2*10̂ -2; P2=6,7*10̂ -4; P3=9,2*10̂ -2Fb Cd = (0,469+/-0,263) + (0,0177+/-0,0078)*SO - (0,045+/-0,037)*Fn=26; P=2,1*10̂ -2; P1=8,8*10̂ -2; P2=3,2*10̂ -2; P3=2,3*10̂ -1Fb Pb = (0,418+/-0,14) + (0,024+/-0,004)*SO - (0,042+/-0,019)*Fn=26; r2=0,683; P=1,8*10̂ -6; P1=6,8*10̂ -3; P2=6,7*10̂ -6; P3=4,4*10̂ -2
Page 263
legame nei confronti degli metalli di transizione molto inferiore
a quella formata con i composti umici. I siti di cuneo interno
possono al contrario formare legame con cationi caratterizzati da
basse energia di idratazione che hanno un ordine di grandezza
confrontabile a quello dei composti ionici. I siti di cuneo
interno possono quindi competere con l’EDTA del reagente di
Lakanen nel determinare la concentrazione del metallo presente
nell’estratto. I composti umici sono adsorbiti sui minerali delle
argille in corrispondenza dei bordi del cristallo legandosi
attraverso i gruppi carbossilici ai metalli dello strato
ottaedrico (Schnitzer M., 1991. Koyama M., 1995). Inoltre
nell’interstrato delle vermiculiti possono penetrare composti
molecole organiche quali i composti alifatici contenenti fino a 12
molecole di carbonio purché contenenti un radicale amminico
(Wilson M.J., 1987) Recenti ricerche rese pubbliche in occasione
del congresso della Società Italiana di Scienza del Suolo del 1999
indicano che incubando le Illiti con sostanza organica questa può
ostruire i siti di cuneo interno impedendone la reazione con il
catione a bassa energia di idratazione ed impedendone la
fissazione sul complesso di scambio. I dati riportati in
letteratura sull’adsorbimento dei cationi a bassa energia di
idratazione e le osservazioni condotte nella presente ricerca
suggeriscono che la attività biologica e la sostanza organica del
suolo impedisca ai siti di bordo interno ubicati sui bordi di
alterazioni di fissare i cationi a bassa energia di idratazione,
così che sembra ragionevole dubitare che in condizioni di terreno
la solubilità e la biodisponibilità dell’inquinante nei suoli
considerati sia principalmente determinata dai complessi
organometallici.
Page 264
4.6. Distribuzione areale di As, Bi, Sb, Co, Ni, Zn,Cu, Cd e Pb nei suoli del comune di Villadossola.Nella appendice A8 è riportata la quantità di metallo pesante
presente nei primi 15 cm dei suoli indisturbati riferita ad un m2.
Per i suoli che dopo l’evento inquinante sono stati omogeneizzati
dalle lavorazioni la quantità di metallo è stata integrata
attraverso l’intero spessore dell’orizzonte lavorato. I colori
verde, giallo, arancione e rosso si riferiscono rispettivo al
primo, secondo, terzo e quarto quartile. Per tutti gli elementi
considerati, Il carico di metallo pesante per unità di superficie
differisce dal primo al quarto quartile di un ordine di grandezza.
E’ evidente dalle figure che la distribuzione attorno allo
stabilimento siderurgico è alquanto irregolare e non lascia
evincere una chiarissima distribuzione spaziale. In linea
generale, si può osservare che l’area rossa, relativa all carico
di metallo pesante maggiore, si allunga un circa uno-due
chilometri sottovento allo stabilimento siderurgico e lascia luogo
a campioni gialli o arancione. Sul versante destro della valle,
prevalgono i campioni gialli o arancione. Sul versante sinistro
della valle prevale di norma il colore verde, sebbene siano
talvolta presenti campioni gialli.
4.7. Raffronto delle concentrazioni totale e
biodisponibile con i limiti di legge.
Page 265
Nessuno degli elementi considerati supera i limiti di soglia
posti dalla normativa regionale per gli usi industriali. Per
quanto concerne il Cu, si osserva che il limite di legge per l’uso
agricolo e residenziale viene abbondantemente superato nei suoli
dove è stata coltivata la vite. Nei suoli indisturbati che non
hanno in passato la coltivazione della vite la concentrazione del
Cu è sempre inferiore ai limiti di legge vigenti. I limiti di
legge per l’uso residenziale e agricolo vengono per contro
approssimati o superati dalle concentrazioni di Pb, Zn, Cu, e Cd,
rispettivamente nel 2, 5, 9 e 10% della popolazione campionaria.
Le soglie di bonifica di Pb e Cd sono superate nei suoli lavorati
entro un raggio di 1-2 Km sottovento allo stabilimento
siderurgico e negli strati più superficiali dei suoli indisturbati
in tutta l’estensione dell’area studiata.
Tra gli elementi considerati a causa dell’elevata tossicità
merita particolare attenzione il Cd. Per alcune specie quali la
lattuga e lo spinacio si osserva una diminuzione del 25% della
biomassa sostenuta dal suolo a soli 2-4 mg/kg di elemento
pseudototale (Alloway D.C, 1986). In prossimità dello stabilimento
siderurgico e in suoli dotati di 2 mg/kg di Cd totale alcuni
agricoltori lamentano l’ingiallimento delle specie foraggiere. Il
Cd infine si concentra in talune specie orticole quali la lattuga
e lo spinacio e può dar luogo a fenomeni di accumulo nella
biomassa.
Page 266
5.
CONCLUSIONI
Il livello di inquinamento dei suoli è elevato in entrambe le
aree studiate. Il fattore di arricchimento antropico, ovvero il
rapporto tra l’elemento antropico e quello litogenico, stimato
sulla base degli inventari geochimici segue lo stesso ordine in
Scozia e a Villadossola:
Cliland Cd(14.96)>Pb(3.72) > Zn(2.53) > Cr(2,00) > Cu(1,77) >Co
(1.51) > Ni(1.39)
Villadossola Cd( 5.45)>Pb(3,05)>Zn(2,.50)>Cu(2,43)>Cr(2,26)
>Ni(1,75) > Co(1.53)
I fattori di arricchimento antropici stimati in Italia ed in
Scozia sono fortemente correlati (r2 > 0,960, P<0,001) ai fattori
di arricchimento suolo/roccia madre osservati nel Nord America a
conferman delle ipotesi che le attività siderurgiche abbiano
determinato nell’emisfero australe un forte aumento della
concentrazione nel suolo di Cd, Pb, Zn, Cu e Cr.
L’elemento biodisponibile determinato nei suoli di
Villadossola è ben correlato all’elemento estraibile in acqua
regia (r2>0,85) ed è nell’ordine (%):
Villadossola: Pb 79 > Cu 68 > Zn 57 > Cd 35 > Ni 5 > Co 3.
Page 267
Indicando che nei suoli in esame i fattori di trasferimento
fornicono una stima relativamente accurata della concentrazione
degli inquinanti nei veegetali.
La frazione biodisponibile di Cd, Pb, Zn, Cu è determinata
dalla sostanza organica e dalle argille presenti nella frazione
fine F (limo+ argilla):
Pb fb = 0,455 + 0,1300*S.O. - 0,0097*F; r2=0,256; n= 77;
P>0,001
Cd fb = 0,688 + 0,0130*S.O. - 0,0295*F; r2=0,428; n= 77; P<0,001
Zn fb = 0,205 + 0,0130*S.O. - 0,0109*F; r2=0,609; n= 77; P<0,001
Cu fb = 0,354 + 0,0452*S.O. - 0,0049*F; r2=0,609; n= 77; P<0,001
La frazione fine blocca l’elemento in forme non biodisponibili
mentre la sostanza organica lo complessa in forme biodisponibili.
All’aumentare della costante di stabilità dei complessi
organometallici aumenta l’importanza della sostanza organica e
diminuisce quella delle argille. La biodisponibilità dell’elemento
è quindi controllata dalla reazione
Argilla-M + (HOOC-R)2 = Argilla-H + M-(OOC-R)2
il cui equilibrio è spostato a destra per gli elementi che come il
Cu e Pb formano stabili complessi organometallici.
La velocità di lisciviazione media degli inquinanti verso la
falda è nell’ordine (cm/a):
Page 268
Cliland: Cd(1,4)>Co (1,24)>
Ni(1,23)>Cu(1,14)>Pb(0,92)>Zn(0,92)
Villadossola:
As(1,42)>Cu(1,16)>Pb(0,83)>Cd(0,75)>Cr(0,74)>Sb(0,70)>Zn(0,66)
Nel profilo di Cliland, dove la tessitura del suolo è
relativamente omogenea, la velocità di lisciviazione è
principalmente limitata dal contenuto di sostanza per i metalli di
transizione bivalenti ad elevato potenziale ionico e dalla
capacità di scambio cationico per Cd e Pb. Nei suoli di
Villadossola si osserva che la velocità di lisciviazione degli
elementi presenti n forma cationica e anionica è controllata,
oltre che dal contenuto in sostanza organica (SO), dalla sabbia
fine (SF):
V Pb =0,244 – 6,70*SO + 1,9*SF; n=18; r2=0,639; P<0,001
V Cd = 1,64 – 16,2*SO – 0,132*SF ; n=17; r2=0,264 ; P=0,16
V Zn = 0,529 – 2,92*SO + 0,432*SF; n=12 ; r2=0,546 ; P=0,029
V Sb = -0,278 + 4,92*SO + 1,15*SF; n=16; r2=0.531 ; P=0.007
V Cr = -0,784 - 11,3*SO + 8,45*SF; n=16 ; r2=0.678 ; P<0,001
V Cu = 5,78 – 5.83*SO + 1,36*SF; n=10; r2=0,605; P=0,0039
La tessitura sciolta favorisce lo sgrondo delle acque e la
lisciviazione degli inquinanti, mentre la sostanza organica li
complessa in forme biodisponibili e poco mobili. La frazione fine
non ritiene gli inquinanti presumibilmente sia poiché è
completamente inglobata dai colloidi organici, sia poiché le forme
Page 269
più mobili sono i complessi datati di carica negativa.
L’applicazione del modello a serbatoi e flussi permette di stimare
che il tempo richiesto affinché gli inquinanti raggiungano le
concentrazioni litogeniche “normali” nei primi 15 cm di suolo,
dove l’attività radicale delle piante erbacee è maggiore, in
dipendenza dell’elemento e delle proprietà del suolo, è compreso
tra 30 e 60 anni. Il tempo necessario affinché gli inquinanti
raggiungano concentrazioni le litogeniche nel primo metro di
suolo, è compreso tra 50 e 100 anni.
La dispersione degli inquinanti attorno allo stabilimento è
controllata dalla direzione dei venti. Le concentrazioni di
inquinanti più elevate si osservano sottovento lo stabilimento
siderurgico entro una distanza di 1-2 Km, mentre concentrazioni
moderatamente elevate si estendono sottovento a distanze superiori
ai 7 Km.
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