Top Banner
27

COME PUOI AIUTARE BETANIA n.2.pdfCOMUNITÀ BETANIA / CASCINAGHIARA Strada Cantone, 42 - 43012 Fontanellato (PR) - Tel. 0521 821974 COMUNITÀ BETANIA / LA SPERANZA Strada Santa Margherita,

Feb 05, 2021

Download

Documents

dariahiddleston
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
  • COME PUOI AIUTARE BETANIA

    RICORDIAMO INOLTRE che le erogazioni liberali ad associazioni Onlus come Betania, prevedono:

    • dal gennaio 1998 per le PERSONE FISICHE una detrazione dall’imposta lorda (Irpef) pari al 19%, su un importo massimo di e 2.065,83 (pari a e393); per le SOCIETÀ una deduzione dal reddito d’impresa per un importo non supe-riore a e 2.065,83 (pari a e 393) o al 2% del reddito d’impresa dichiarato

    • dal marzo 2005 una deduzione dal reddito complessivo del soggetto erogatore (PERSONE FISICHE e SOCIETÀ) nel limite del 10% del reddito comples-sivo dichiarato, e comunque nella misura massima di e 70.000 annui.

    LE OFFERTEA FAVORE DELLA COMUNITÀ BETANIA (ONLUS)

    POSSONO ESSERE EFFETTUATE

    Tramite assegni circolari o bancari presso la segreteria della Comunità Betania in Marore di Parma

    Presso la Cassa di Risparmio di Parma e PiacenzaAg. 8/Parma, c/c n. 92918667 intestato“Comunità Betania”, IBAN IT 45C06230 12708 000092918667

    Attraverso il Conto Corrente Postalen. 13462437 intestato“Comunità di Servizio e Accoglienza Betania”,

    IBAN IT 85C0760112700000013462437

    Attraverso donazioni a favore della Comunità Betania sotto forma di eredità

  • Per i cristianiè l'ora di alzare la voceLuigi Valentini

    I l 13 luglio scorso le suore Clarisse e Carmelitane di 63 monasteri ita-liani hanno inviato al direttore del quotidiano “Avvenire” una lettera aperta al Presidente Mattarella e al Pre-mier Conte così firmata: “Noi claustrali, sorelle d’Italia e dei Migranti, preoccu-pate e in preghiera per il Paese e per chi non ha voce” (v. testo integrale a p. 3).Il testo della lettera è diretto innanzi-tutto al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei ministri, ma essendo consegnato alla stampa (che in verità non vi ha dato tanto rilievo eccetto il quotidiano Avvenire e il settimanale Famiglia Cristiana) è dunque consegnato ad ognuno che voglia accettarlo come contributo di straordinaria puntualità e importanza. Il linguaggio usato è scorrevole e facile, come una conversazione che scaturisce da lunga preghiera e dal desiderio di contribuire a portare chiarezza in un dramma circondato da tante falsità e

    da un crudele progetto razzista.“Siamo sorelle di alcuni monaste-ri… accomunate dall’unico desiderio di esprimere preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discri-minazione nei confronti dei migranti e rifugiati, che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione”.

    L’ABBANDONO DEI MIGRANTIALLA LORO SORTELa linea politica dell’attuale Governo è stata codificata nei due decreti sulla si-curezza e immigrazione varati dal Par-lamento. È diventata opinione diffusa che la tutela e la sicurezza del nostro Paese sono assicurate dalla esclusione e dal rifiuto dei migranti. I tanti pre-giudizi ci hanno indotto a mettere in dubbio la loro vera povertà e facilmente dimentichiamo che partono da situa-zioni di sfruttamento, spesso operato dalle agenzie economiche italiane ed

    VANITYFAIR.IT

    Dossier LA CITTÀ CHE ACCOGLIE Problematiche e prospettive per un'integrazione possibile

    Foto copertina, credito fotografico: scattomancino.com

    SHALOM Quadrimestrale di informazione e cultura della Comunità BetaniaAnno XXXIII - n. 2 / Maggio - Agosto 2019

    Chiuso in tipografia il 3 settembre 2019Il numero 1/2019 è stato consegnato alle Poste il 24 aprile 2109Direttore Luigi ValentiniCaporedattore Franco FerrariRedazione Gabriella Giani Rotelli, Ettore Pozzati Comitato di redazione Danilo Amadei, Roberto

    SommarioPer i cristiani è l'ora di alzare la voce / Luigi Valentini .........................................pag. 1Preoccupate e in preghiera / Suore Clarisse e Carmelitane..................................pag. 3"Sappiamo" e non vogliamo tacere / Lettera aperta di un gruppo di giuriste ..pag. 7Problematiche attuali di una Comunità terapeutica / Luigi Valentini ..............pag. 9

    L'avvio di un percorso / Giuseppe G. Luciani ........................................................pag. 12Accoglienza: una priorità di ogni agenda politica / Fausto Pagnotta ...............pag. 14Essere città ospitale, un impegno quotidiano / Maria Cecilia Scaffardi ...........pag. 19Accogliere per costruire cittadinanza / Michele Rossi ...........................................pag. 21Un bando che non prevede l'integrazione / Nello Calvi .......................................pag. 23Rompere col concetto "Prima l'uno dell'altro" / Simone Strozzi .............................pag. 24 Occorre investire molto sull'integrazione / R. Assel Nouguep Tchinkap ......pag. 26Il contributo delle comunità straniere / Erion Begai ...............................................pag. 28Riconoscere il ruolo sociale degli stranieri / Giuseppe Iotti .................................pag. 30L'accoglienza come metodo / Arnaldo Conforti ......................................................pag. 33Alcuni dati per un inventario di chi fa accoglienza / (e.c.) ...................................pag. 34Governare l'immigrazione con scelte coraggiose /Laura Rossi ...........................pag. 36

    Le storie che Salvini non conosce / Centro Astalli ..................................................pag. 39La lettera non spedita/Beppe Sivelli ..........................................................................pag. 42Buone notizie dal mondo del volontariato /a cura di Carlotta Ferrari ..............pag. 44Due libri per capire/a cura dell'Agenzia Redattore Sociale ..................................pag. 47

    Boggiani, Luisa Borgese, Paolo Cavalieri, Lorenzo Montenz, Gianluca Ollari, Beppe Sivelli, Abdala Traore.Direzione Via del Lazzaretto, 26 - 43123 Marore (Parma) - Tel. 0521.481771Autorizzazione Tribunale Parma n. 4/1989 del 22/2/1989Stampa Graphital – Corcagnano (Parma) È consentita la riproduzione dei testi con la citazione della fonte. Si chiede in cambio l’invio di una copia della pubblicazione o, nel caso degli on-line, la segnalazione del link della pagina internet.

    INDIRIZZI DI BETANIACOMUNITÀ BETANIA

    Sede principale Via del Lazzaretto, 26 – 43123 Marore (PR)

    Tel. 0521 481771 - 0521 484060 – Fax 0521 481895 - e-mail [email protected]

    COMUNITÀ BETANIA / CASCINAGHIARA Strada Cantone, 42 - 43012 Fontanellato (PR) - Tel. 0521 821974

    COMUNITÀ BETANIA / LA SPERANZAStrada Santa Margherita, 2

    43015 Borghetto di Noceto (PR) - Tel. 0521.626117

    COMUNITÀ BETANIA / IL FRANCOBOLLOSede a bassa intensità terapeutica

    Via Budellungo, 100 - 43123 Coloreto (PR)

    COMUNITÀ BETANIA / CASA MIAAppartamenti per il reinserimento

    Strada San Cosimo 18 - 43123 Martorano (PR)

    COMUNITÀ BETANIA / LA SOSTA Casa di accoglienza notturna

    Via Budellungo 114 - 43123 Coloreto (PR)

    COMUNITÀ BETANIA / CASA FRANCESCO Casa protetta per sieropositivi e malati di AIDS

    Via Madonnina Gigli, 8 - 43100 Marore (PR) - Tel. 0521.247859

    COOPERATIVA SOCIALE BETANIA Cooperativa di tipo “A”

    Via del Lazzaretto, 26 - 43123 Marore (PR) - Tel. 0521.481771Floricultura in serra

    Strada Santa Margherita, 243015 Borghetto di Noceto (PR) - Tel. 0521.626117

    COMUNITÀ BETANIA / BORGO SAN GIACOMO Sede di formazione e di vacanza

    43030 Vallerano di Calestano (PR)

    COMUNITÀ BETANIA / “NON PIÙ STRANIERO”Accoglienza temporaea stranieri in difficoltà

    Casa Ninetta Strada San Cosimo 18 - 43123 Martorano (PR)

    La MeridianaVia don Corchia 15 – Vignale di Traversetolo - 43029 Traversetolo (PR)

    La RoccaStrada per la Rocca 43 – Roccalanzona – 43014 Medesano (PR)

    a cura dell'Osservatorio sulla città del Circolo culturale "il Borgo”

  • europee, che continuano ad esportare dall’Africa e da altri paesi poveri risorse e materie prime ed importano armi per tenerli in situazioni di povertà e di violenza. Tutta la normativa internazionale, la nostra Costituzione italiana e, per chi crede, l’imperativo evangelico dell’a-more verso i poveri e dell’accoglienza di chi è in pericolo sono ora disattesi e diventa legge dello Stato l’atteggiamen-to disumano dell’abbandono dei poveri e dei migranti alla loro sorte. Papa Francesco, voce infaticabile che invoca una maggiore giustizia e sen-sibilità umana, ha detto recentemente che il Mediterraneo “mare nostrum” è diventato un grande cimitero.

    PER DARE VOCE A CHI NON HA VOCE…La lettera delle suore di clausura con-tinua: “Con questa lettera vorremmo dare voce ai nostri fratelli e sorelle migranti che scappano da guerre, per-secuzioni e carestie, affrontano viaggi interminabili e disumani, subiscono umiliazioni e violenze di ogni genere che ormai più nessuno può smentire”. Sotto i nostri occhi ormai da troppo tempo si consumano sacrifici umani circondati da tanta indifferenza e ras-segnazione. Sembra che il dramma del rifiuto e dell’abbandono dei poveri sia un’esigenza inevitabile. L’arroganza e

    la prepotenza ideologica si è scagliata con odio contro i più fragili come un assalto alla dignità dell’uomo, sia egli bianco o nero, italiano o straniero, cat-tolico o di altre religioni. Questo è uno dei segnali che indicano quella “terza guerra mondiale che è in atto”, come dice e mette in guardia Papa Francesco. Cambiano i territori e le modalità di conquista e di difesa, ma è pur sempre lotta degli uni contro gli altri e, come sempre, a morire sono i più indifesi. … E SOSTENERE CHI LOTTAVerso la conclusione della loro lettera le claustrali scrivono ancora: “Deside-riamo sostenere coloro che dedicano tempo, energie e cuore alla difesa dei profughi e alla lotta ad ogni forma di razzismo, anche semplicemente dichia-rando la propria opinione. Ringrazia-mo quanti, a motivo di ciò, vengono derisi, ostacolati e accusati. Vale ancora l’art. 21 della nostra Costituzione che sancisce per tutti il diritto di manifesta-re liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Desideriamo inoltre dissociarci da ogni forma di utilizzo della fede cristiana che non si traduca in carità e servizio”.Alle 63 comunità monastiche che han-no firmato la lettera in pochi giorni se

    Preoccupatee in preghieraSuore Clarisse e Carmelitane

    Egregio signor presidente della Repubbli-ca Sergio Mattarella

    Egregio signor presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte

    Siamo sorelle di alcuni monasteri di cla-risse e carmelitane scalze, accomunate dall’unico desiderio di esprimere pre-occupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre

    accoglienza e protezione. Non ci è stato possibile contattare tutte le fraternità mo-nastiche esistenti sul territorio nazionale, ma sappiamo di essere in comunione con quante di loro condividono le stesse nostre preoccupazioni e il nostro stesso desiderio di una società più umana.Con questa lettera aperta vorremmo dare voce ai nostri fratelli e sorelle migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie, affrontano viaggi interminabili e disumani, subiscono umiliazioni e violen-

    LAZIONE.IT

    (continua a pagina 5)

    REPUBBLICA.IT

    Shalom 32 Shalom

  • ze di ogni genere che ormai più nessuno può smentire. I racconti di sopravvissuti e soccorritori, infatti, così come le statistiche di istituzioni internazionali quali l’Acnur/Unhcr o l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e i reportage giornalistici che approfondiscono il fenomeno migra-torio, ci mostrano una realtà sempre più drammatica.Facciamo nostro l’appello contenuto nel Documento sulla fratellanza umana firmato da papa Francesco e dall’imam di al-Azhar Ahmed al-Tayyeb chiedendo «ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace». E tutto questo in particolar modo «in nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro Paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vi-vono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mon-do, senza distinzione alcuna». Anche noi, quindi, osiamo supplicarvi: tutelate la vita dei migranti!Tramite voi chiediamo che le istituzioni governative si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di in-tegrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo e da una mentalità che li con-sidera solo un ostacolo al benessere na-zionale. Accanto alle tante problematiche e difficoltà ci sono innumerevoli esempi di migranti che costruiscono relazioni di amicizia, si inseriscono validamente nel mondo del lavoro e dell’università, creano imprese, si impegnano nei sindacati e nel volontariato. Queste ricchezze non vanno svalutate e tante potenzialità andrebbero

    riconosciute e promosse.La nostra semplice vita di sorelle testimonia che stare insieme è impegnativo e talvolta faticoso, ma possibile e costruttivo. Solo la paziente arte dell’accoglienza reciproca può mantenerci umani e realizzarci come persone. Siamo anche profondamente convinte che non sia ingenuo credere che una solidarietà efficace, e indubbiamente ben organizzata, possa arricchire la nostra storia e, a lungo termine, anche la nostra situazione economica e sociale.È ingenuo piuttosto il contrario: credere che una civiltà che chiude le proprie porte sia destinata ad un futuro lungo e felice, una società tra l’altro che chiude i porti ai migranti, ma, come ha sottolineato papa Francesco, «apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti». Ciò che ci sembra mancare oggi in molte scelte politiche è una lettura sapiente di un passato fatto di popoli che sono migrati e una lungimiranza capace di intuire per il domani le conseguenze delle scelte di oggi.Molti monasteri italiani, appartenenti ai vari ordini, si stanno interrogando su come con-tribuire concretamente all’accoglienza dei rifugiati, affiancando le istituzioni diocesa-ne. Alcuni già stanno offrendo spazi e aiuti. E, al tempo stesso, tutte noi cerchiamo di essere in ascolto della nostra gente per capirne le sofferenze e le paure. Desideriamo metterci accanto a tutti i po-veri del nostro Paese e, ora più che mai, a quanti giungono in Italia e si vedono rifiu-tare ciò che è diritto di ogni uomo e ogni donna sulla terra: pace e dignità. Molte di noi hanno anche avuto modo di conoscere da vicino le loro tragedie.

    ne sono aggiunte altre 300, perché la voce in difesa dei diritti e dei bisogni dei migranti diventasse più forte.

    COSÌ LA PENSA ANCHE BETANIA Dopo alcuni giorni dalla pubblicazione della lettera delle suore di clausura, il 27 luglio, sullo stesso giornale Avvenire sono apparse tre lettere con contenuto simile e con un messaggio altrettanto stimolante. Sono firmate da Antonio Gianfico, presidente della Fondazione nazionale S. Vincenzo de’ Paoli, Fran-co Monnicchi, presidente di Emmaus Italia, e dalla Fondazione La Pira di Firenze. Da queste prendo un brano che rias-sume con piena condivisione anche il pensiero di Betania. “Lo vogliamo ribadire con forza: è giusto salvare vite umane ed è giusto disobbedire a quelle leggi che vanno contro ad alcuni individui, ai loro diritti, alla loro vita; questa vergogna deve finire! Non dob-biamo più sacrificare alcuna persona e alcuna vita sull’altare della nostra ipo-crisia e del nostro egoismo” (Antonio Gianfico). “Non ci sarà pace finché non capiremo cos’è il rispetto e l’amore per il prossimo, … non ci sarà pace finché continueremo a costruire e vendere armi, ad erigere muri e reticolati, barrie-

    (continua a pag. 6)

    re, a schiavizzare le persone. Potremo ancora salvarci se scopriremo il valore dell’umanità” (Antonio Gianfico). PER AMORE DEL MIO POPOLO NON TACERÒNei tempi delle vere catastrofi umani-tarie sono sempre sorti uomini liberi, coraggiosi, ricchi di fede nell’uomo (e tante volte sostenuti dalla fede in Dio), che hanno saputo tessere progetti di ci-viltà e futuro con tanta pazienza. È l’ora di resistere senza lasciarsi abbattere dai luoghi comuni dell’arresa, perché forse l’alba di giorni nuovi di fraternità non è molto lontana. Ricorre quest’anno il 25° anniversario della morte di don Beppe Diana, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. Di lui testimone libero e coraggioso per aiuta-re la sua gente, specialmente i giovani a liberarsi dagli artigli della mafia, è ri-masto famoso il titolo di un documento che lui ha inviato ai suoi parrocchiani nel Natale del 1991: “Per amore del mio popolo non tacerò”.È l’ora che tutti i Cristiani che fanno riferimento al Vangelo di Gesù, insieme a tutti gli uomini di buona volontà che si adoperano per un futuro più equo e rispettoso della vita dei migranti, alzino la voce e possano dare con più convin-zione una buona porzione di speranza.

    LIVESICILIA.IT

    4 Shalom

  • “Sappiamo” enon vogliamo tacereLettera aperta di un gruppo di giuriste

    Caro Direttore,siamo un gruppo di giuriste di diverse università italiane: crediamo che, in questo momento, il nostro lavoro debba trasformarsi in impegno vivo da porta-re al di fuori delle nostre aule.Le scriviamo perché desideriamo ag-giungere la nostra alle tante voci che rifiutano di essere indifferenti rispetto alla tragedia che si sta compiendo nel nostro mare e sulle sue coste. Di fronte all’orrore che credevamo non potesse più ripetersi nella storia recente, con questo appello scegliamo di ripudiare l’indifferenza.Ogni Stato, insieme all’Unione euro-pea e alle istituzioni internazionali, è chiamato a rispettare la dignità umana, divenuta da tempo ormai il nucleo inviolabile di principi giuridici e nor-me nazionali e internazionali, scritte e consuetudinarie. Questi stessi principi e norme impongono chiari obblighi: le vite di naufraghi, migranti e rifugiati vanno protette; il loro salvataggio in mare va garantito; la solidarietà verso i più deboli non va criminalizzata.Voci autorevoli – il Consiglio d’Europa, l’Alto Commissariato per i Rifugiati

    Lettera aperta di un gruppo di giuriste in dissenso con la politica del governo sui migranti, apparsa su www.huffingtonpost.it il 4 luglio.

    delle Nazioni Unite, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, con-fessioni religiose e molte organizzazio-ni umanitarie (Medici senza Frontiere, Amnesty International e tante altre) – ci ricordano che il Mediterraneo centrale è popolato da chi fugge dalle violazioni dei più elementari diritti umani. Violen-ze feroci vengono compiute anzitutto nei campi di detenzione libici, ai danni di bambini, giovani, donne, uomini, anziani: tutti inermi, tutti dimenticati da chi potrebbe salvarli e proteggerli.Vogliamo esprimere pubblicamente, in modo pacifico, ma fermo, la nostra con-trarietà rispetto a quelle posizioni del nostro Paese che impediscono azioni umanitarie a favore di queste persone. La nostra contrarietà ha radici pro-fonde. Affondano nella Costituzione italiana, in quelle parole che vogliono dare un significato irrinunciabile alla nostra convivenza, umana e civile: «la Repubblica riconosce e garantisce i di-ritti inviolabili dell’uomo» e «richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà». Oggi, questa solidarietà reclama con forza di non avere confini e di essere obbligo non soltanto nei

    Desideriamo sostenere coloro che dedica-no tempo, energie e cuore alla difesa dei profughi e alla lotta a ogni forma di razzi-smo, anche semplicemente dichiarando la propria opinione. Ringraziamo quanti, a motivo di ciò, vengono derisi, ostacolati e accusati. Vale ancora l’art. 21 della nostra Costituzione che sancisce per tutti «il diritto di manifestare liberamente il proprio pen-siero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».Desideriamo dissociarci da ogni forma di utilizzo della fede cristiana che non si tra-duca in carità e servizio.Infine, in comunione con il magistero di fraternità e di solidarietà di papa Fran-cesco, desideriamo obbedire alla nostra coscienza di donne, figlie di Dio e sorelle di ogni persona su questa terra, esprimendo pubblicamente la nostra voce.Vi ringraziamo per l’attenzione con cui avete letto il nostro appello. Ringraziamo lei, pre-sidente Mattarella, per i suoi inviti continui alla pace e per la sua fiducia nel dialogo che permette, come ha detto in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, «di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazio-nale». Ringraziamo lei, presidente Conte, per il suo non facile ruolo di mediatore e garante istituzionale all’interno del Governo.Vi ringraziamo sinceramente per quello che già fate a favore di una convivenza pacifica e di una società più accogliente. E assicuriamo la nostra preghiera per voi, per quanti operano nelle istituzioni, per il nostro Paese e per l’Europa, perché insieme colla-boriamo a promuovere il vero bene per tutti.

    11 luglio 2019San Benedetto abate

    Le sorelle: Clarisse di Lovere (Bg), Carmelitane scalze di Sassuolo (Mo), Clarisse di Milano, Clarisse di Fanano (Mo); Carmelitane scalze di Crotone, Clarisse di Grottaglie (Ta), Carme-litane scalze di Parma, Clarisse di Padova, Carmelitane scalze di Cividino (Bg), Clarisse di Montagnana (Pd), Carmelitane scalze di Venezia, Clarisse di Mantova, Carmelitane scalze di Savona, Clarisse di Urbania (Pu), Clarisse urbaniste di Montalto (Ap), Clarisse di Imperia Porto Maurizio (Im), Clarisse urbaniste di Montone (Pg), Clarisse cappuccine di Fiera di Primiero (Tn), Clarisse di S. Severino Marche (Mc), Clarisse urbaniste di S. Benedetto del Tronto (Ap), Clarisse di Vicoforte (Cn), Clarisse di Bra (Cn), Clarisse di Sant’Agata Feltria (Rn), Clarisse di Roasio (Vc), Clarisse di Verona, Clarisse di S. Lucia di Serino (Av), Clarisse urbaniste di Altamura (Ba), Clarisse di Otranto (Le), Clarisse di Carpi (Mo), Clarisse di Leivi (Ge), Clarisse di Alcamo (Tp) - Monastero Sacro Cuore, Clarisse di Alcamo (Tp) - Monastero santa Chiara, Clarisse di Bologna, Clarisse di Boves (Cn), Clarisse di Sassoferrato (An), Clarisse di Termini Imerese (Pa), Carmelitane scalze di Monte S. Quirico (Lu), Clarisse di Chieti, Carmelitane scalze di Arezzo, Clarisse di Pollenza (Mc), Clarisse cappuccine di Napoli, Clarisse urbaniste di Osimo (An), Clarisse cap-puccine di Mercatello sul Metauro (Pu), Clarisse di Castelbuono (Pa), Clarisse di Porto Viro (Ro), Clarisse cappuccine di Brescia, Clarisse di Bergamo, Carmelitane scalze di Bologna, Clarisse di Rimini, Clarisse di Manduria (Ta), Clarisse di Urbino (Pu), Clarisse di Bienno (BS), Clarisse di Scigliano (Cs), Clarisse di Sarzana (Sp), Carmelitane scalze di Piacenza, Clarisse di Caltanissetta, Clarisse di Ferrara, Clarisse di Iglesias (Ci), Carmelitane scalze di Legnano (MI), Clarisse di San Marino (Repubblica di San Marino), Carmelitane scalze di Nuoro, Clarisse cappuccine di Città di Castello (Pg)

    Shalom 76 Shalom

  • “Sappiamo”, e non vogliamo tacere.Agostina Latino (Università di Camerino), Alessan-dra Algostino (Università di Torino), Alessandra Pera (Università di Palermo), Angela Musumeci (Università di Teramo), Antonella Massaro (Uni-versità di Roma3), Arianna Pitino (Università di Genova), Arianna Vedaschi (Università Bocconi di Milano), Auretta Benedetti (Università di Milano-Bicocca), Barbara Pezzini (Università di Bergamo), Carla Gulotta (Università di Milano-Bicocca), Enrica Rigo (Università di Roma3), Cecilia Corsi (Università di Firenze), Clelia Bartoli (Università di Palermo), Cristina Grisolia (Università di Firenze), Elena Malfatti (Università di Pisa), Elena Paparella (Università di Roma La Sapienza), Elisa Cavasino (Università di Palermo), Elisabetta Palici di Suni (Università di Torino), Francesca Angelini (Uni-versità di Roma La sapienza), Francesca Rescigno (Università di Bologna), Ilenia Ruggiu (Università di Cagliari), Joelle Long (Università di Torino), Laura Ronchetti (Università del Molise), Laura Lorello (Università di Palermo), Laura Scomparin (Università di Torino), Luciana De Grazia (Uni-versità di Palermo), Manuela Consito (Università di Torino), Maria Angela Zumpano (Università di Pisa), Maria Irene Papa (Università di Roma La Sapienza), Maria Rosaria Marella (Università di Perugia), Marta Picchi (Università di Firenze), Monica Bonini (Università di Milano-Bicocca), Tatiana Guarnier (Università di Camerino)eLorenza Carlassare (prof.ssa emerita di diritto costituzionale), Carmela Decaro (prof.ssa di diritto pubblico comparato), Maria Paola Viviani Schlein(prof.ssa di diritto pubblico comp.to f.r.), Francesca Zajczyk (prof.ssa di sociologia f.r.)

    confronti dei nostri concittadini, ma impegno, anche, verso i soggetti vul-nerabili al punto da vedere calpestati la loro dignità e i loro diritti fondamentali come fosse cosa giusta.Inutile richiamare qui gli innumerevoli obblighi internazionali sui quali si fon-dano solidarietà e rispetto dei diritti: rispondere a una crisi umanitaria è anzitutto un imperativo morale – ma pur sempre ancorato a regole divenute inviolabili per le società odierne. Per questo, vogliamo che il nostro Paese rispetti le norme costituzionali ed inter-nazionali in materia di tutela dei diritti umani e di protezione della persona migrante;agisca nel segno dei valori di solidarietà a fondamento della nostra Repubblica;garantisca in ogni circostanza i diritti inviolabili della persona umana.Questa lettera aperta è per noi l’inizio di un impegno che assumiamo: contri-buire a scalfire il muro dell’impotenza di fronte alla tragedia che si consuma sotto i nostri occhi. Ci adopereremo per coinvolgere il più elevato numero di persone in questo nostro tentativo, e per rivolgerci alle massime istituzioni della Repubblica italiana e dell’Unione europea.

    Problematiche attuali diuna Comunità terapeuticaLuigi Valentini

    Porto volentieri un contributo alla riflessione di questa giornata che vuole fermare l’attenzione sul grave problema dell’uso, abuso e diffusione delle droghe a Parma. È un pensiero personale maturato nella lunga esperienza di 36 anni all’inter-no della comunità Betania. Spero di esprimere preoccupazioni e progetti presenti anche nei percorsi delle altre due realtà terapeutiche, L’Airone e Lodesana, presenti sul territorio della nostra provincia.

    UNA REALTÀ IN CONTINUA EVOLUZIONE La comunità terapeutica per quanto gli compete risponde al bisogno di li-berarsi dalla dipendenza, e quindi dal rapporto con la sostanza, e di rafforzare le risorse individuali per un nuovo progetto di vita.Pertanto la comunità è una struttura residenziale o semi residenziale che accompagna ad uno stile di vita non più condizionato dall’uso di sostanze e non più esposto a comportamenti a

    Il 26 giugno, in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, il Prefetto di Parma ha promosso un incontro con i responsabili delle Forze dell’ordine, la Questura, i Sindaci, l’Usl e i rappresentanti delle Comu-nità terapeutiche. Tra i vari interventi quello del fondatore di Betania, don Luigi Valentini, che riportiamo qui di seguito.

    rischio, ma dove si rafforzano abitudini di vita e progetti più maturi. La comu-nità opera in stretto rapporto con i Ser.D territoriali.Negli anni il programma comunitario si è modificato in modo significativo a motivo delle sostanze usate, delle normative nazionali e locali, della ti-pologia degli utenti inviati e della loro posizione penale.Per la scarsità delle risorse economiche da parte degli enti pubblici si tende ad inviare in comunità persone che costituiscono un problema di disturbo sociale. Persone in condizioni economi-che precarie, persone disturbate o con vere patologie psichiatriche, persone in stato di detenzione e che possono usufruire dei benefici di legge. RAPPORTO TRA VINCOLI PENALIE PERCORSO TERAPEUTICO Quando lo stato di detenzione e i vinco-li penali limitano o impediscono alcune dinamiche terapeutiche, comprometto-no il significato e l’obiettivo dello stesso

    Lampedusa, sbarco di migranti dalla Mare Ionio (maggio 2019)

    GDS.IT

    Shalom 98 Shalom

  • dossierla città che accoglie

    Problematiche e prospettive per un'integrazione possibilea cura dell'Osservatorio sulla città del Circolo culturale "il Borgo"

    beneficio previsto dalla legge. Se l’uten-te deve essere ritenuto prevalentemente un detenuto a scapito dell’inserimento nel programma comunitario, consolida anche in comunità un comportamento carcerario e non l’adesione ad un pro-gramma comunitario che richiede l’a-desione e la collaborazione dello stesso utente per un processo educativo. Attualmente nella nostra comunità il 71% degli ospiti hanno vincoli penali. Riteniamo dunque indispensabile, come avveniva in altri tempi, che l’affi-do del giudice avvenga al programma terapeutico personalizzato e non al luogo fisico. Rimane inteso il valore indiscusso dei controlli da parte delle forze di P.S., che contribuiscono al raggiungimento dello stesso obiettivo. GLI OSPITI CON PATOLOGIE PSICHIATRICHEL’altro grande problema è quello delle persone con patologie psichiatriche, non sempre diagnosticate e adegua-tamente curate anche da un punto di vista farmacologico. A questo si aggiungono i tempi di permanenza in

    programma sempre più brevi, a moti-vo della scarsità delle risorse, ma che spesso impediscono di raggiungere l’obiettivo prefissato. Dalle comunità si cerca di far emergere una cultura di prevenzione e di sensi-bilizzazione verso il pericolo di tutte le dipendenze. Ma l’informazione dei me-dia da tempo non da più spazio ad una cultura contro le droghe. E avvertiamo un dilagare di comportamenti devianti, che sembrano trovare giustificazioni sia nell’opinione pubblica che nel dibattito politico ed educativo.Questi atteggiamenti vengono presi in considerazione solo quando sembrano minacciare la sicurezza. RICONOSCERE IL VALORE CIVICO-SOCIALE DELLE COMUNITÀVorremmo vedere maggiormente ri-conosciuto il valore civile e sociale dei nostri servizi, che hanno sempre più una considerazione residuale e sono sottoposti al logorio formale delle inu-tili burocrazie.I danni umani e sociali causati dalle varie droghe che inducono alle dipen-denze, non sono meno pericolosi oggi e meno drammatici degli anni passati, quando su questo problema si inve-stiva con maggiore consapevolezza e decisione.Le comunità, insieme ai servizi isti-tuzionali e territoriali, i Ser.D, le forse dell’ordine, le scuole e tutte le agenzie educative, come anche i contributi sempre più puntuali della scienza, rimangono una presenza che intende produrre una cultura di libertà capace di smascherare l’attrattiva e la crudeltà di ogni droga.

    ARCHIVIO BETANIA

    Ingresso direzione Comunità Betania

    10 Shalom

  • Shalom 1312 Shalom

    Dossier

    Dossier L'avvio di un percorso

    Giuseppe G. LucianiPresidente de "Il Borgo"

    i può dire che oggi non vivia-mo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’e-poca”, affermava Papa Fran-

    cesco nel suo celebre discorso, tenuto a Firenze, nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, il 10 novembre 2015, esortando tutti i fedeli a “non costrui-re mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo”.

    Una dimenticanza. Il significato più auten-tico e vero di queste parole può essere compreso se si condivide un assunto: le società post-moderne, vinte dalla spasmodica ricerca del benessere e del piacere, come i mangiatori di loto de-scritti nell’Odissea, hanno dimenticato i valori di solidarietà, dignità e rispetto sui quali sono state fondate, rifiutando di confrontarsi con i profondi cambia-menti sociali, culturali ed economici che il nuovo corso della storia sta portando.Dello status privilegiato che queste si sono riservate, il nemico principa-le è rappresentato dallo straniero, il migrante, che raggiunto il suo appro-do, irrompe inaspettatamente nella compagine sociale e, scardinando le dinamiche, le consuetudini ed i costu-mi, domanda di condividere gli agi e i benefici conseguiti faticosamente nel tempo dai consociati.

    I timori che connotano larghe fasce delle comunità locali necessitano, tuttavia, di una loro specifica collocazione. Se da un lato, infatti, la globalizzazione, l’uti-lizzo massivo delle nuove tecnologie, il consolidamento economico-politico dei “paesi emergenti”, l’affermazione di nuovi percorsi di scambio commercia-le, stanno segnando le rotte dei nuovi flussi migratori, dall’altro le grandi sperequazioni economiche, l’indigenza a cui sono soggette vaste aree del piane-ta e la necessità di fuggire da guerre e persecuzioni stanno spingendo ingenti masse umane a muoversi verso luoghi ritenuti più sicuri ed in grado di assicu-rare un migliore tenore di vita.

    Ciò non significa che il fenomeno migratorio debba trovare la sua ragion d’essere esclusivamente in situazioni di grave disagio sociale ed economico, perché

    "S

    anzi la logica del commercio globale e della libera circolazione di persone e merci comporterà spostamenti signi-ficativi, motivati dal solo desiderio di conseguire migliori condizioni di lavo-ro o welfare. Peraltro, proprio la rapida circolazione e le particolari circostanze sociali ed economiche in cui questa sarà realizzata, lasciano ipotizzare che non esisteranno luoghi esclusivamente di approdo e luoghi di partenza, ma, piut-tosto, luoghi di transito e ripartenza.

    La vastità e l’intensità del fenomeno, unita all’accelerazione temporale con cui si caratterizza, richiedono, pertanto, soluzioni sistemiche e concertate tra le nazioni. Illusorio pensare che i grandi spostamenti possano essere gestiti, li-mitati o esclusi con soluzioni unilaterali e non concordate. Sbagliato, peraltro, è ritenere il fenomeno migratorio possa risultare necessariamente negativo. L’uomo è migrante e transeunte per natura, perennemente in viaggio, lungo il suo faticoso percorso di vita. Da qui la ricerca di un luogo dove approdare, trovare conforto e ripartire, come Ulis-

    se - per proseguire con la suggestione omerica - che tornato ad Itaca ed uccisi i Proci, decide di ripartire verso terre lontane.A Parma sono rappresentate 140 diverse nazionalità. Dall’Africa proviene circa il 30% dei migranti, dall’Asia circa il 18%. Dall’Est Europa i rumeni rappresentano circa il 14% degli stranieri, i moldavi il 12% e gli albanesi quasi l’11%. In taluni casi gli stranieri si sono organizzati in comunità presenti sul territorio.

    Con il convegno “La città che accoglie. prospettive e problematiche per un’in-tegrazione possibile” e l’istituzione di un Osservatorio sulla città, “Il Borgo” ha deciso di iniziare un percorso di indagine prospettica sul tema dell’ac-coglienza a Parma e sui percorsi di integrazione attivati in città, sul pre-supposto che la deriva ansiogena che sembra connotare socialmente il feno-meno migratorio derivi, in larga parte, dal confronto culturale e valoriale tra i migranti residenti e le popolazioni au-toctone, nella prospettiva di progressivi insediamenti di stranieri sul territorio.

  • Shalom 1514 Shalom

    Dossier

    Dossier Accoglienza: una prioritàdi ogni agenda politicaFausto PagnottaDocente di Sociologia della comunicazione e dei nuovi media dell'Università di ParmaCoordinatore dell’Osservatorio sulla Città del Circolo Culturale "Il Borgo"

    l Convegno La città che accoglie. Prospettive e problematiche per un’in-tegrazione possibile, rappresenta il primo momento di incontro e di

    confronto aperto alla cittadinanza pro-mosso dall’Osservatorio sulla Città del Circolo culturale Il Borgo in collabora-zione con il Centro Interdipartimentale di Ricerca Sociale (CIRS) dell’Universi-tà di Parma. Con questo Convegno dedicato al tema “La città che accoglie” l’Osservatorio intende offrire un’occasione di confron-to e di riflessione tra il settore dell’as-sociazionismo dedito all’accoglienza, le Istituzioni pubbliche e le organizza-zioni economiche cittadine. L’obiettivo è quello di continuare a promuovere a Parma, soprattutto alla luce dei prov-vedimenti previsti dal Decreto-Legge 4 ottobre 2018 n. 113, comunemente conosciuto come “Decreto sicurezza”, quelle sinergie necessarie per trovare soluzioni concrete di accoglienza e di integrazione per le persone extracomu-nitarie che spesso si trovano a vivere nel territorio situazioni di emergenza di diversa natura.

    Un'accoglienza efficace è granzia di sicurez-za. Ad animare questa iniziativa è la

    I consapevolezza che senza una rete di accoglienza efficace, che metta insieme Istituzioni ed Enti pubblici e privati con progetti di integrazione nel tessuto cit-tadino, si possono creare velocemente quelle situazioni di anomia e di insta-bilità sociale che determinano esaspe-razioni e conflitti tra la popolazione autoctona e le persone di altre etnie e culture che provengono in Italia e in Europa da Paesi spesso teatri di guerra e segnati da profonda povertà. Persone in cerca di un rifugio, di una protezione e soprattutto di una possibilità di vita per sé e le proprie famiglie. A tutto que-sto si aggiunge il rischio concreto, già in parte in atto e testimoniato dall’impe-gno costante delle Forze dell’ordine sul territorio, che coloro che non riescono ad entrare, o non possono più rientrare, anche per le recenti disposizioni di Leg-ge, all’interno della rete di accoglienza e di integrazione cittadina, diventino facile preda di molteplici forme di sfrut-tamento ad opera di organizzazioni criminali sia autoctone che alloctone. In tal senso la parola accoglienza quando si traduce in un impegno responsabile e concreto sul territorio e per il territorio, con il fine di creare condizioni di integrazione possibile nel

    sistema sociale, normativo e produttivo cittadino, ben si accompagna con la promozione e la tutela della sicurezza sociale, anzi ne può rappresentare a pieno titolo la prima garante.

    La storia ci viene in soccorso e ci ricorda che Parma è da sempre città dell’ac-coglienza, a partire dalle esperienze di Padre Lino, dei Frati dell’Annunziata, dei Benedettini di S. Giovanni, e delle molteplici realtà dell’associazionismo e del volontariato sia cattolico che lai-co presenti con impegno e operosità all’interno del territorio del Comune di Parma e della sua Provincia. Si tratta quindi di difendere e di pro-muovere la consapevolezza di questa nostra storia che ha nell’incontro e nel confronto con l’altro momento di con-divisione e di arricchimento sul piano umano, sociale e culturale.Per realizzare questo obiettivo in modo efficace, crediamo si debba innanzitutto riscoprire il valore storico e sociale che

    ha avuto la parola accoglienza nella cultura europea e occidentale. Que-sto non per negare le diverse forme di xenofobia e razzismo nate proprio all’interno di tale contesto, ma piutto-sto per evidenziare come il concetto di accoglienza sia ben presente nelle più antiche radici fondative della cultura europea.

    Una parola, “accoglienza”, che da troppo tempo sta subendo un’involuzione e un impoverimento del suo significa-to originario in quanto è considerata sempre più sinonimo di negatività e di problema sociale e sempre meno di opportunità; infatti è percepita da molti come sinonimo di perdita identitaria, di qualcosa che si oppone al concetto di “radici” culturali, di insicurezza sociale.Ma tutto questo è aderente con la storia d’Italia e d’Europa e con quelle antiche radici culturali che hanno nella tradizione greco-romana e giudaico-cristiana quegli elementi fondativi che

    Da sinistra: il prof. Fausto Pagnotta; il tavolo dei relatori

  • Shalom 17

    Dossiercaratterizzano l’Occidente nella sua eterogenea identità culturale?

    Prendiamo in considerazione alcuni brevi esempi tratti proprio dalla tradi-zione greco-romana e giudaico-cristia-na che ci permettono di comprendere come la parola accoglienza sia ben radicata nella tradizione culturale europea e occidentale. In ambito greco, nell’Odissea, l’antico poema omerico scritto intorno al VII sec. a.C., Alcinoo, Re dei Feaci, mentre offre ospitalità a Ulisse, giunto naufra-go nella sua terra, dice al suo popolo: «Lo straniero, il supplice, è come un fratello per l’uomo che abbia anche solo un poco di senno» (Od. VIII, 546-547), e ancora nel poema omerico, il pastore Eumeo che offre rifugio e cibo a Ulisse, provato dai lunghi viaggi in mare e dai naufragi subiti, afferma con forza e convinzione: «Straniero, non è mia regola, venisse anche uno più misero di te, trattar male uno straniero: infatti tutti gli stranieri e i mendicanti provengono da Zeus» (Od. XIV, 56-58).

    Nella cultura di Roma antica poi, non è possibile non considerare l’esempio dell’Asylum Romuli, un luogo di rifu-gio voluto da Romolo, fondatore della città, che si trovava tra le due cime del colle Capitolino, nel quale pote-vano trovare ospitalità e protezione gli esiliati dai luoghi vicini, fossero liberi o schiavi fuggiaschi, come ci testimoniano Plutarco (Rom. 9.2-3) e Livio (1, 8, 5-6). Inoltre lo storico Dio-nigi di Alicarnasso, vissuto nel I sec. a.C., nella sua opera Antichità romane, evidenzia il fatto che Roma abbia po-

    tuto sviluppare e mantenere una sua propria identità culturale «nonostante abbia ricevuto al suo interno Opici, Marsi, Sanniti, Tirreni, Bruzi e parecchie decine di migliaia di Umbri, Liguri, Iberi, Celti e molti altri popoli (…) tutti differenti per lingua e costumi» (1, 80, 1-2). E cosa dire infine, sempre per quanto riguarda la cultura romana, delle parole di Cice-rone (I sec. a.C.) che nel trattato Sui doveri dedicato al figlio Marco ci dice che «Quelli poi che affermano che si debba tenere conto dei concittadini, non degli stranieri, abbattono la comunità sociale del genere umano, e togliendo questa di mezzo ne viene eliminato ogni concetto di bene-ficenza, di liberalità, di bontà, di giustizia fin dalle radici; ed eliminate queste cose, li si dovrà giudicare anche empi verso gli dèi» (off. 3, 28).

    Nella tradizione giudaico-cristiana, tra i molteplici esempi che valorizzano la cultura dell’ospitalità, emblematici risultano nell’Antico Testamento un versetto del Levitico (VI sec. a.C.) in cui leggiamo «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19, 34) e nel Nuovo Testamento, dal Vangelo di Matteo (I sec. d. C.), le parole di Gesù ai discepoli, nel discorso sulla venuta e sul giudizio del Figlio dell’uomo: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero

    in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36). A tale proposito è opportu-no citare anche dalla cultura islamica un hadith attribuito al Profeta che dice: «Nella casa dove non entrano gli ospiti non entrano gli angeli» (Al-Ghazali (1058-1111) Iḥiyā’ulūm ad-dīn).Se a questo aggiungiamo che già Pu-blio Terenzio Afro (Cartagine, 190-185 a.C. circa – Stinfalo, 159 a.C.), schiavo liberato, commediografo di lingua latina e precursore dell’humanitas cice-roniana era originario di Cartagine e probabilmente di etnia berbera, e che lo stesso Aurelio Agostino d’Ippona (Sant’Agostino), nato il 13 novembre del 354 d.C. a Tagaste città sita nell’o-dierna Algeria, era sì di espressione latina ma di etnia berbera o, secondo taluni, punica, comprendiamo come l’idea di cultura e di indentità con-cepite in modo statico non abbiano ragione d’essere rispetto all’Europa e alla sua storia.

    Una distorta percezione della realtà. Eppu-re ci sono Paesi come l’Italia nei quali la messa in discussione dei concetti di accoglienza e ospitalità verso lo straniero (in particolare se in condi-zioni di povertà e di indigenza), si accompagnano spesso a una distorta percezione della presenza di stranieri sul suolo nazionale, fenomeno questo a cui Parma non è estranea. Secondo un recente studio dell’Istituto Cattaneo (2018) l’Italia risulta infatti il Paese in Europa dove si registra un maggior distacco tra la percentuale di immigrati non-Ue realmente presenti sul territorio nazionale (7%), che sale al (9%) se consideriamo quelli prove-nienti da altri Paesi della stessa Unione europea, e la percentuale stimata, o percepita dal campione della popola-zione italiana preso in esame, secondo il quale è pari al 25%. Alla domanda rivolta agli intervistati “Per quanto ne sa Lei, qual è la percentuale

    Da sinistra: i partecipanti in un momento di pausa del seminario; Maria Cecilia Scaffardi con Albino Ivardi Ganapini

    16 Shalom

  • Shalom 1918 Shalom

    Dossier

    Dossier di immigrati rispetto alla popolazione complessiva in Italia?”, dove per “immi-

    grati” l’Istituto Cattaneo ha precisato si intendono soltanto le persone nate fuori dai confini dell’Unione Europea e che attualmente risiedono legalmente nel nostro paese, il 73% ha risposto sovrastimando la presenza di immi-grati in Italia di circa 4 volte il numero effettivo. Fenomeno questo che trova conferme a Parma come hanno mostra-to i risultati di un sondaggio promosso nel 2018 dal settimanale online «Par-maAteneo», Residenti stranieri a Parma, tra dati e percezioni contraddittorie, dove alla prima domanda «che riguardava la percentuale di residenti stranieri a Parma e Provincia, un quarto degli intervistati ha risposto convinto che questa sia compresa tra il 40% e il 50%, mentre il 20.7% pensa sia compresa tra il 10% e il 20%».

    I dati della provincia di Parma. Se stiamo ai dati del Report La popolazione tota-le. Gli stranieri, forniti ad inizio 2019 dall’Ufficio Statistico della Provincia di Parma in collaborazione con i re-sponsabili del Servizio Statistica della Regione Emilia-Romagna e dei Servizi Anagrafici dei Comuni della provincia di Parma, notiamo che «Gli stranieri al 1° gennaio 2019 sono 64.209, il 14,2% della popolazione complessiva, con una crescita di circa 2.290 persone» rispetto al 1° gennaio «2018 (+3,7%)» (p. 7). L’aumento degli stranieri «si è attenuato rispetto ad anni fa, quando si rilevavano variazioni anche di 5-6 mila persone in più all’anno, ma è comunque il più elevato degli ultimi sei anni» (p. 7).

    Essere città ospitaleun impegno quotidianoMaria Cecilia ScaffardiPresidente Caritas Diocesana di Parma

    l tema di questo Convegno provo-ca alcune domande da cui non si può prescindere: l’accoglienza può essere una dimensione opzionale

    per l’essere umano? Se pensiamo alla parabola della nostra esistenza, dobbia-mo riconoscerci come ospiti sulla terra, persone accolte e quindi ospitanti.

    L’accoglienza o, per dirla con altro ter-mine, l’ospitalità ci segna e ci carat-terizza in primis nella sua accezione passiva e, di conseguenza, anche nella sua accezione attiva. L’ospitalità è la regola fondamentale dell’umanità dell’uomo e della sua umanizzazione, perché «L’ospitalità è la dimensione che realizza pienamente l’umanità della persona e della collettività: l’umano comincia quando l’io distoglie i suoi passi e la sua attenzione dal fine che si è prefisso perché ascolta la voce dello straniero, della vedova e dell’orfano» (C. Chalier).

    Io ospitale, ma anche città ospitale. Ci ri-chiamava il vescovo nel 2010: “Parma città aperta a chi viene da lontano e arriva, anche in questi giorni, e chiede, anche solo con la sua stessa presenza, di essere aiutato… Anche per coloro che non presentano altro che la carta universale dell’essere persona umana,

    non scritta né timbrata, ma iscritta nella natura umana e perciò sempre vera e inappellabile” (Messaggio alla città, Sant’Ilario 2010). Carta universale iscritta nella dignità stessa della perso-na, al di là della provenienza, della sua storia personale, della capacità o meno di mettere a frutto i pochi o tanti talenti personali o gli strumenti e gli aiuti che si riescono ad offrire.

    Garantire i diritti fondamentali. L’accoglien-za passa inevitabilmente attraverso il garantire l’accessibilità ai diritti fonda-mentali: il mangiare, il lavarsi, le cure, la scuola, il lavoro. Azioni non scontate anche nella nostra città per tante perso-ne, uomini, donne, famiglie con bambi-

    I

    Tuttavia è opportuno notare come nella provincia di Parma «in 12 comuni su 44 si rileva, invece, nell’ultimo anno una diminuzione degli stranieri, e in altri 10 un aumento inferiore al 3%» (p. 12). Inoltre se consideriamo i dati de Il bilancio demografico del Comune di Parma al 31.12.2018 rileviamo come la popolazione straniera residente a Par-ma si attesti sulle 32.782 unità con un aumento di 1.184 unità rispetto al 2017 ( +3,7%), un numero che rappresenta il 16,68% della popolazione complessiva.

    L’invasione che non c’è. Tutti dati que-sti, certamente da non sottovalutare sull’impatto sociale e demografico che potranno avere in futuro, soprattutto se non saranno messe in campo efficaci politiche integrative, ma che sono ben lontani dall’essere riconducibili alla ca-tegoria dell’“invasione” come peraltro è stato dimostrato a livello nazionale dalla 28° edizione del Dossier statistico immigrazione 2018 dell’Idos. Si tratta di dati che è opportuno cono-scere per creare consapevolezza al di là delle percezioni individuali e collet-tive, e dai quali si evince come a livello provinciale la città di Parma rimanga, in termini numerici, con le sue 32.782 unità (2018), come principale polo attrattivo della popolazione straniera. Proprio alla luce di questa tendenza riteniamo sia impensabile, in termini di sicurezza sociale e di politiche di integrazione concrete ed efficaci sul lungo periodo, depotenziare oggi la rete dell’accoglienza che a Parma deve rimanere priorità assoluta nell’agenda politica di ogni Amministrazione Co-munale.

    Volontari e operatori della Caritas con la maglietta rossa per la campagna "Fermare l'emorragia di umanità” lanciata da "Libera" a sostegno del salvataggio dei migranti.

  • Shalom 2120 Shalom

    Dossier

    Dossier

    ni. Accoglienza che implica l’attenzione a non selezionare e a non produrre, per dirla con papa Francesco, degli scarti. Che siano i richiedenti asilo come gli immigrati di seconda generazione che hanno perso il lavoro, o le famiglie con minori o con persone disabili a carico o persone sole impoverite e perciò non più in grado di sostenere le spese quo-tidiane necessarie alla sopravvivenza o nuclei familiari sfrattati, o giovani precari o i “working poors”.

    Alcune criticità. Dal nostro osservatorio ampio, perché comprende servizi di bassa soglia, cogliamo alcune criticità: in particolare il dover spesso affronta-re situazioni di bisogno in emergenza (famiglie già in strada o che hanno già subito il distacco delle utenze…). L’ospitalità, che ha sempre caratteriz-zato Parma e che l’ha arricchita con il patrimonio di esperienze, di cultura che tanti uomini e donne venendo da altri Paesi hanno portato (141 le nazionalità oggi presenti nel nostro territorio), deve oggi assumere “i caratteri di un Hospi-tale, cioè dello xenodochio medievale dove trovano provvisorio soccorso e ricovero i pellegrini, gli stranieri e non solo, di un “ospedale da campo”, dicia-mo oggi con Papa Francesco. Da città ospitale, resti, ancora, hospitale, perché ancora oggi ce n’è bisogno. Non è tem-po di smantellarlo: l’emergenza è vera e l’urgenza è pressante” (Vescovo Enrico, Messaggio alla città, Sant’Ilario 2019).

    Sinergie e sussidiarietà. Essere "ospedale da campo" per poter dare risposte im-mediate ai tanti feriti che vi transitano, da quelli in codice rosso a quelli con patologie cronicizzate, nella consape-volezza che questo costituisce solo il primo stadio di un procedere verso il miglioramento e la guarigione. Che si può realizzare attraverso l’elaborazione di progettualità che vedono in campo tutti i soggetti della collettività, cia-scuno secondo le proprie competenze e ruolo, in una sinergica e sana sussi-diarietà. E con la capacità di mettere la persona prima della legge.

    L’osservanza della legge, infatti, ci chiede di rispettare sempre la dignità di ogni essere umano, specie se debole e vul-nerabile. Per questo, nel prendere le distanze da chi ci chiede di calpestare questo diritto-dovere, chiediamo - come è già stato fatto - alle Ammini-strazioni locali di aprire l’iscrizione all’anagrafe ai richiedenti asilo. Perché nessuno resti fuori, escluso, dalla nostra convivenza.

    Essere città ospitale non è una scelta fatta una volta per sempre, ma un impegno che deve rinnovarsi quotidianamente. Per questo mi piace concludere con un’icona biblica: la figura di Abramo che nell’ora più calda sta all’ingresso della tenda, per stare all’erta, per poter scorgere da lontano qualche passante e invitarlo ad entrare. È il mio augurio.

    Accogliere per costruirecittadinanzaMichele RossiDirettore di Ciac Onlus - Parma

    l Centro Immigrazione Asilo Co-operazione (Ciac Onlus) è stato un indiscusso protagonista nella costruzione del sistema nazionale

    asilo, pubblico, a partire dalla fine degli anni ’90.

    L’accoglienza integrata. Qui è nata l’acco-glienza integrata e diffusa, un modello di accoglienza a stretto contatto con la comunità - senza muri, fili spinati tra migranti e autoctoni - e qui sono nate le esperienze che hanno dimostrato come i diritti dell’uno significassero la tutela della comunità tutta, contrastando dinamiche sociali più generali come lo sfruttamento lavorativo, la devianza, lo sfruttamento sessuale. Fenomeni in cui l’assenza di diritti espone alla ricattabilità tipica dei sistemi informali e criminali. Qui è nato quel sistema di tutele e diritti che la Legge 132/18 vuole svellere. In un dibattito nazionale avvelenato, vorremmo oggi portare, con tutta la concretezza dei dati, tre esperienze - non le principali, e per questo spesso trascurate - che hanno provato e sono riuscite nell’intento di individuare un terreno comune tra italiani e migranti.

    La domiciliazione Speciale (Protocollo provinciale Asilo, 2013). Lo strumento

    predisposto da Ciac Onlus, a partire dal 2011, consente ai richiedenti asilo di accedere alla procedura di asilo senza dover ricorrere al mercato nero dei domicili fittizi, ottenendone uno transitorio sulla base dell’articolo 53 del Codice Civile, rilasciato presso gli Sportelli Immigrazione Asilo e Cittadi-nanza dai Comuni capofila di Distretto, a rotazione. Una risposta istituzionale che con 259 domiciliazioni speciali, ha garantito il 100% di regolarizzazioni e il 100% di riconoscimento successivo di una protezione.

    La pronta accoglienza (Protocollo pro-vinciale Asilo, 2011). È un regime di 90 giorni utile a “sincronizzare” la tempistica della procedura giuridica (nel 2011 l’attesa era di 13 mesi) con esigenze sociali di soggetti vulnerabili che altrimenti rimarrebbero fuori dai circuiti istituzionali: nuclei familiari, vittime di tortura, mamme con bam-bini, persone a rischio tratta e sfrut-tamento. Garantisce una accoglienza sociale adeguata e standard di qualità riconosciuti. Ha saldato e unito le com-petenze di tanti Enti di terzo settore: Ciac, Betania, le Caritas diocesane, il Cav, le associazioni Pozzo di Sicar e Di mano in mano. Dal 2011, 156 i per-corsi di alta vulnerabilità, che nel 96%

    I

    POVERTÀ.JPG

  • 22 Shalom

    Dossier

    hanno però - grazie ad un intervento qualificato nel momento di massimo bisogno - trovato l’autonomia entro 1 anno dall’arrivo.

    Il tutor Territoriale dell’Integrazione (2018). Questa sperimentazione è stata de-dicata invece alle persone che escono dall’accoglienza. Si tratta di contrasta-re l’isolamento sociale e la precarietà alloggiativa e lavorativa che spesso fa ricadere nella marginalità le per-sone quando cessa il sostegno. L’idea è quella di “adottare un percorso di integrazione” da parte di comunità, gruppi organizzati, associazioni. Questi non garantiscono aiuti economici, ma inseriscono nelle proprie reti sociali una nuova persona. Al primo appello han-no risposto 49 realtà e 76 sono stati i tu-toraggi attivati. Il 77% di questi (59) ha trovato nel corso dell’anno autonomia alloggiativa e lavorativa, mantenendo i rapporti e contribuendo con l'attività dei gruppi-tutor.

    L’integrazione è un percorso. Questi tre esempi ci raccontano che l’integrazione è un percorso, e che senza accoglienza - sin da subito - non c’è integrazione. Comprenderne i meccanismi è essen-ziale per studiare le soluzioni e vedere

    la realtà con occhi diversi.La Domiciliazione Speciale ci ricorda che nessuno “arriva clandestino”: tutti lo sono perché non c’è canale regolare e sicuro di arrivo nel nostro paese. La clandestinità è prodotta dalla assenza di tutela. La pronta accoglienza ci dice che esi-stono, anche e proprio perché le per-sone sono trafficate, esigenze e bisogni specifici. Non si tratta quindi solo di accogliere o non accogliere, ma di come accogliere: che competenze mobilitare e quando. Non basta la volontà del sin-golo a realizzare salute, occupazione, benessere.

    Serve l’impegno di una comunità. Anche situazioni di grande fragilità possono risolversi positivamente, facendo pre-venzione ed evitando costi umani e sociali maggiori. Il tutor ci ricorda infine che l’integra-zione non la si fa (solo) con servizi: sono le relazioni sociali a realizzare il radicamento. Si contribuisce ad una comunità se in essa ci sono per noi persone e luoghi significativi. Come per ciascuno di noi. La certezza del diritto e la capacità di fare tessuto sono una con-dizione dell’altra. Accogliere, in questa accezione, è costruire cittadinanza.

    CIACONLUS.O

    RG

    Shalom 23

    DossierUn bando che non prevede

    l'integrazioneNello CalviDirettore Comunità di accoglienza "Betania"

    etania, nata 35 anni fa a Parma, è una comunità di servizio e accoglien-za nata per volere di mons. Benito Cocchi e grazie alla disponibilità di

    volontari, alcuni dei quali sono qui anche questa sera, per offrire servizi per i giovani.

    Lo spirito dell’iniziativa è stato quello di un testo dei Vescovi italiani del 1981 che diceva “bisogna ripartire dagli ultimi”: all’e-poca gli ultimi erano i tossicodipendenti. Dall’81 ad oggi le tipologie di “ultimi” sono cambiate: malati di Aids, immigrati, ecc.Betania, insieme alle Istituzioni e alle altre associazioni, si è sempre resa disponibile per offrire servizi: per Betania l’accoglien-za non può prescindere dall’integrazione. Accoglienza per Betania è accoglienza di tutte le persone che hanno bisogno, non solo italiani o solo immigrati.Betania oggi ha nove sedi operative, di cui tre per gli immigrati con due progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e Cas (Centro di accoglienza straordinaria) con circa 60 ospiti, mentre sono circa 70 gli ospiti del programma terapeutico riabilitativo.

    La Comunità Betania non è d’accordo su questo ultimo Bando, ma ha deciso di aderire perché la persona viene prima delle leggi, viene prima di tutto. Quindi Betania ha aderito all’ultimo Bando promosso dalla

    Prefettura e dal Ministero, pur non condivi-dendone la linea, in quanto nel Bando non si prevede più il principio di integrazione ma solo quello di dare risposte di vitto e alloggio.

    Grazie alla rete che ci supporta (Ciac, Isti-tuzioni, Caritas, ecc.) e che ci aiuta e ci dà forza nel portare avanti questi progetti, siamo riusciti ad aderire (abbiamo parlato con il Prefetto e con altre associazioni) pur non condividendo questa linea, ma per andare incontro alle esigenze delle persone in difficoltà.Le esigenze delle persone, come dicevo, vengono prima di tutte queste leggi che dobbiamo per forza rispettare.

    Punti deboli del Bando: sono state “taglia-te” le risorse per l’integrazione e non si affrontano i problemi: si vorrebbe che le persone stessero chiuse nelle sedi a loro destinate senza prevedere formazione e integrazione.

    Ringrazio “Il Borgo” che ci dà voce perché il problema non si risolve non parlandone o facendo finta che vada tutto bene. Sman-tellare i campi rom, togliere gli immigrati dalle stazioni senza trovare soluzioni, vuol dire creare disordine e problemi, alla città e a tutti. Non si risolvono così i problemi dell’accoglienza.

    B

  • Shalom 2524 Shalom

    Dossier

    Dossier si insisteva sui numeri - ricordo che i richiedenti asilo accolti erano 1800

    nel punto massimo nel luglio 2017, su un totale di 460.000 abitanti della provincia. I bisogni dei richiedenti asilo sono gli stessi delle persone povere: sanità, scuola, formazione professionale e momenti di aggregazione. Per una prospettiva per una integrazio-ne possibile, la domanda che dobbiamo porci è: “Quanto le comunità di persone non italiane possono essere una risorsa in rete per l’integrazione?”. È la sfida più grande che ci attende.

    La scelta di partecipare al Bando: sapete che i fondi sono stati tagliati del 37%. Parma è forse stata l’unica provincia dell’Emilia-Romagna in cui il Bando prefettizio ha avuto una risposta sia sul Cas 1 che sul Cas 2: sia sull’accoglienza diffusa sul territorio in appartamenti, dove sono stati candidati 780 posti da chi ha partecipato, ma anche sulle strut-ture grandi, dove si sono candidati 120 posti, rispetto a tutte le altre province della regione. Il bando prefettizio a Parma è riuscito. Questo è stato frutto di quanto fatto in precedenza, il modello Parma, tutto quanto di buono è stato fatto in rete. La scelta di partecipare al Bando è stata dettata da un senso di responsabilità di fronte al taglio del 37% dei fondi e significa sentirsi legati in cordata con le persone con cui si è iniziato un percor-so. La sfida è grande, ma sarebbe stato molto più tragico, dal nostro punto di vista, tirarci indietro.È per questo che abbiamo deciso di provarci.

    Le foto dell'articolo, riprese dall'opuscolo “Passione per l'accoglienza" della cooperativa "Svoltare", sono di Alessandro Ceci.

    Rompere col concetto“Prima l'uno dell'altro"Simone StrozziPresidente Cooperativa sociale "Svoltare"

    a Cooperativa sociale Svoltare è nata nel 2015. Cosa facciamo e chi accogliamo? La maggior parte delle persone accolte sono

    richiedenti protezione internazionale. In questo momento ne abbiamo 469.

    Gli sbarchi non si sono fermati. Ieri da Trieste sono partire 70 persone per le regioni del nord e 30 di queste sono scese a Bologna e solo una è arrivata a Parma. Abbiamo ancor un numero importante di accoglienze rispetto al calcolo che l’Anci ha fatto con il Ministero dell’Interno, rispetto al nu-mero delle persone residenti in una provincia. Svoltare accoglie richiedenti protezione internazionale, due nuclei

    L famigliari in sfratto, 18 persone adulte in difficoltà abitativa e socio-relazionale in appartamenti di condivisione, 6 mi-nori stranieri non accompagnati, neo maggiorenni in uscita da comunità per minori e vittime di tratta. Il taglio che hanno dato con i loro interventi Nello Calvi e Cecilia Scaffardi mi è piaciuto particolarmente perché quando parlia-mo di accoglienza non parliamo solo di richiedenti asilo, anche se dal 2014 si è voluto che la parola accoglienza venisse sposata solo ai richiedenti asilo.

    Dobbiamo rompere il concetto “prima l'uno dell’altro”: i ragazzi hanno bisogno di un clima che li includa. Quando ci hanno gridato a Parma “l’invasione” - siccome

  • Shalom 2726 Shalom

    Dossier

    Dossier Occorre investire moltosull'integrazioneRodrigue Assel Nouguep TchinkapVicepresidente Associazione San Cristoforo - Parma

    l progetto educativo San Cristoforo “un pezzo di strada insieme” na-sce nel 2003 e si prefigge di aiutare concretamente persone, giovani e

    adulti, che vivono situazioni di preca-rietà e che, di fatto, non hanno ancora trovato una loro stabilità a causa del persistere di difficoltà di integrazione nel tessuto sociale. Da 5 anni accoglia-mo richiedenti asilo.

    Un centro di accoglienza non deve essere un semplice luogo dove soddisfare i bisogni primari (mangiare e dormire) ma deve avviare un percorso per il raggiungimento di una vita autonoma con l’aiuto dei Servizi. Tuttavia, spesso incontriamo qualche problema con i Servizi, in particolare con gli uffici immigrazione delle Que-sture (per l’iter della domanda d’asilo ed il successivo rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno), i tempi burocratici sono spesso lunghissimi principalmente a causa del personale ridotto che si trova a gestire un numero impressionante di pratiche e questo è molto stressante per gli ospiti. Difficoltà le riscontriamo pure con gli uffici anagrafici e sociali dei Comuni (per la residenza anagrafica ed il so-stegno sociale); a questo si aggiungono gli effetti del “decreto sicurezza” per

    I cui diversi ragazzi non possono più chiedere l’iscrizione anagrafica presso il comune di “appartenenza”, cosa che non tiene conto che senza residenza di fatto “non esisti” sul territorio! Meno male che qualche sindaco si è opposto a questo! Inoltre, la collaborazione con i Servizi sociali è quasi inesistente e non man-cano problemi con il Sistema Sanitario Nazionale (medico di base, visite varie in ospedale) infatti chi non ha la resi-denza non può avere una tessera sani-taria, e chi non ce l’ha non può avere un medico di base! Questo è gravissimo.

    Perché parlare di integrazione? Nel nuovo bando, attivo dal 1º maggio 2019 e con una durata biennale, ogni richiedente asilo ha diritto a 4 ore l’anno di assisten-za con il medico del centro di accoglien-za. Quattro ore l’anno! Stiamo parlando di persone che hanno affrontato viaggi difficili, pericolosi e logoranti.Le scuole per l’insegnamento della lin-gua italiana hanno notevoli difficoltà; il primo passo per l’integrazione è chia-ramente l’apprendimento della lingua italiana (ne so qualcosa essendo anch’io straniero), si tratta di un servizio che non siamo più tenuti ad erogare con il nuovo bando! Allora perché parlare di integrazione?

    Nonostante tutto l’insegnamento della lingua italiana è stato aggiunto nell’of-ferta tecnica dell’Associazione San Cri-stoforo, perché l’apprendimento della lingua italiana per noi è fondamentale. Infatti come fa un operatore (educatore) a spiegare ai ragazzi le minime regole del vivere civile se non capiscono una parola della lingua italiana? Si tratta di far comprendere loro cose di primaria importanza, dalle regole condominiali, a quelle per la raccolta differenziata della spazzatura, dalle informazioni necessarie per frequentare corsi di for-mazione professionale, a quelle per aiu-tare nell’accesso al mondo del lavoro ...

    Nonostante l’impegno che mettono tanti ragazzi per integrarsi nel tessuto sociale con l’acquisizione di un lavoro a tempo indeterminato, della licenza media, del livel-lo B2 di lingua italiana, con il volontariato (ad esempio con il progetto “Mimpegnoa-Parma” o ancora presso le Chiese di San Tommaso e San Rocco), attraverso corsi di formazione professionali (presso Forma Futuro ed altre scuole), si osserva un nu-

    mero sempre crescente di ostacoli e di rifiuti per il loro compiuto inserimento.Il “decreto sicurezza” non farà altro che moltiplicare il numero di stranieri che si trovano in situazione irregolare nel paese, che non possono iscriversi a corsi di formazione, avere un lavoro regolare o ricevere prestazioni sociali e che per questo si possono persino trovare nelle condizioni di dedicarsi ad attività illegali. Tutto questo s'intende non è un alibi per chi si dedica ad attività illegali ma vista la difficoltà nel procedere ai rimpatri, non sarebbe il caso di investire molto di più sull’integrazione per evitare che queste persone si trovino nelle condi-zioni di compiere attività illecite?Perché è questa la vera sfida. Ogni cittadino deve sentirsi partecipe di questo processo di integrazione. Ogni cittadino deve sentirsi educatore. È come prendersi cura di un albero, perché cresca e produca frutti ci vuole impegno e tanta pazienza.Un albero buono non può che produrre frutti buoni.

    Vedntidue giovani africani, seguiti dall'Associazione San Cristoforo, con l'Assessore Laura Rossi e don Umberto Coc-coniall'avvio del progetto "Mi impegno a Parma" (settembre 2014).

  • Shalom 2928 Shalom

    Dossier

    Dossier Il contributodelle comunità straniereErion BegaiPresidente Consulta provinciale degli stranieri - Parma

    a “Consulta provinciale degli stra-nieri” raggruppa tutte le associa-zioni presenti sul territorio della provincia di Parma. Abbiamo

    principalmente estrapolato alcuni dati dal punto di vista economico perché ci possono aiutare a capire l’impatto e il ruolo dell’immigrazione sul nostro territorio.

    I dati, in linea con quelli regionali e nazionali, ci danno il seguente quadro.Nel territorio di Parma e provincia sono presenti 5.820 imprese straniere, di cui: ◗ l’80% forma giuridica individuale (semplici partite Iva)◗ Il 15% società di persone◗ 5% società di capitaleLe partite iva, le ditte individuali, sono impegnate nei seguenti tre settori: ✔ edilizia✔ artigianato e commercio

    L ✔ servizi alle aziende Le comunità più impegnate nell’edilizia sono quelle tunisina e albanese. La maggior parte di loro si mette in proprio perché intende l’immigrazione come una sfida e cerca di mettersi in proprio per evitare di andare alle di-pendenze del datore di lavoro, ma cerca di lavorare attraverso il subappalto.Quella più impegnata nel commercio è quella marocchina, mentre quella più concentrata nel settore servizi alle im-prese (pulizie e facchinaggio) è quella rumena/moldava.Il trend secondo la Camera di Com-mercio è in linea con quello del Paese.

    La percezione della presenza dell’immigrazio-ne è ciò che, secondo gli analisti, incide di più sulle paure dei cittadini. Questo è determinato dal fatto che la maggior

    parte dei servizi commerciali (es. ri-storazione, ecc.) si concentra in centro città. I negozi gestiti da stranieri stanno sostituendo i negozi autoctoni, perché riescono a contenere molto i costi di gestione. Questo sta rendendo i nostri spazi urbani più cosmopoliti. In realtà i dati ci dicono che nella provincia di Parma sono accolte 1.800 persone su una popolazione di 450.000 abitanti. Il problema dell’immigrazione è quindi più di percezione che reale.

    La domanda che molti si fanno è questa: “fino a quanti e fino a quando questo Paese potrà accogliere?” Le persone non pos-siamo certamente abbandonarle. L’idea che c’è nel Paese, e che costituisce la più grande paura, è che sotto la Sicilia c’è un intero continente che potrebbe river-sarsi al Nord del mondo, di cui l’Italia è la porta principale. Ora le quantità sono contenute, ma se i numeri dovessero cambiare: la risposta quale sarà?È vero che l’Italia ha avuto poca storia di immigrazione. È cominciata con l’Albania e il processo di integrazione ha richiesto circa 20 anni; un fenomeno che ha avuto costi enormi anche per l’Albania, che in pochi anni si è svuo-tata. Nel 2000 i porti dell’Albania sono stati chiusi e anche quelli italiani. Chi è rimasto qui ha iniziato un percorso diverso da coloro che sono rimasti in Albania. La difficoltà principale dell’integrazio-ne è un flusso continuo: se questo flusso non verrà regolato, tutto quello che è stato costruito verrà travolto. L’immi-grazione non si può fermare ma si può controllare e questo ci aiuterà a salvare quanto è stato fin qui costruito. Qui sopra due foto, ormai rarissime, dei rifugiati albanesi in arrivo in italia nel 1991

    ILSOLE24O

    RE.COM

    LATIANOITACA.BLO

    GSPO

    T.COM

    INGEG

    NERE.ITILFATTO

    QUO

    TIDIANO,IT

    VENETS.WO

    RDPRESS.COM

  • Shalom 3130 Shalom

    Dossier

    Dossier Riconoscere il ruolo socialedegli stranieriGiuseppe IottiPresidente Gruppo imprese artigiane e PMI

    a provincia di Parma, con 452.000 abitanti, ha la popolazione in aumento (0.3%). Il saldo naturale però è negativo: l’ultimo anno

    di 1.200 abitanti. Dunque, l’aumento è dovuto al fenomeno migratorio, sia da altre regioni d’Italia sia dall’estero.

    Gli stranieri (residenti ma non cittadini ita-liani) in provincia sono stimati in oltre 64.000. Sono il 14.2% del totale, cui si potrebbero aggiungere i cittadini di origine straniera, e gli stranieri in posi-zione irregolare, il cui numero è difficile da valutare. In città gli stranieri sono

    L il 16.5%, e a Langhirano addirittura il 21.4%.Spesso li chiamiamo “extracomunita-ri”: in realtà un buon numero di stra-nieri sono comunitari, come i romeni, che da noi sono i più numerosi dopo i moldavi. È poi infondato che siano pre-valentemente musulmani: sono invece in larga maggioranza cristiani di varie confessioni. Al di là di quanto consideriamo positi-va o meno la multi-etnicizzazione del nostro paese, la madre della gran parte dei problemi dell’Italia degli ultimi vent’anni è la bassa natalità degli autoc-

    toni. Gli anziani sono meno produttivi di quelli in età di lavoro, e i giovani immigrati che subentrano dispongono di un reddito pro capite basso come il patrimonio. Ciò spiega in parte il rista-gno del Pil nel nostro paese.Gli anziani hanno già dato, dunque c’è da sperare da una popolazione giova-ne che desidera crescere in benessere. Inoltre, è luogo comune, ma vero, che con la maggiore qualificazione dei gio-vani italiani, ci sono tanti lavori che tale livello non richiedono, quindi sono a disposizione degli stranieri, cioè se non li facessero loro non li farebbe nessuno.

    Le forze di lavoro in provincia di Parma nel 2017 erano il 48% della popolazione: 216.000, di cui il 95% occupati ed il restante 5% disoccupati. Essendo più giovani in media, gli stranieri a Parma incidono sul mercato del lavoro più del 14.2%, direi intorno al 20%. Nella po-polazione sotto i 18 anni i non (ancora)

    cittadini italiani sono ormai intorno al 25% del totale. È immaginabile il futuro riflesso sul mondo del lavoro.Dunque, gli imprenditori parmensi im-piegano diciamo 35/40.000 lavoratori stranieri.

    Le imprese detenute da stranieri nella no-stra provincia, a fine 2018, erano quasi 900 con più di 2.000 addetti, quelle di imprenditori comunitari, e circa 4.000 con quasi 9.000 addetti quelle di im-prenditori non comunitari. Tutti i citta-dini, constatano la presenza di stranieri nel commercio, in edilizia, nelle profes-sioni artigianali, come dipendenti nelle campagne e nelle fabbriche. È senso comune che senza il loro contributo una buona parte della nostra produzione non la si farebbe, e verrebbero meno servizi essenziali. Al di là delle tante fake news, inoltre, i lavoratori stranieri in regola portano al sistema contributivo grandi risorse;

    GLO

    BUSMAG

    AZINE.IT

    MILANO

    TODAY.IT

  • Shalom 3332 Shalom

    Dossier

    Dossier L'accoglienza

    come metodoArnaldo ConfortiDirettore "Forum Solidarietà"

    o non sono un esperto di temi legati all’immigrazione. Grazie al mio percorso in Forum Solidarietà, ho avuto l’opportunità di cono-

    scere da vicino tante realtà che operano nel volontariato nel nostro territorio. Da questo osservatorio vorrei perorare la causa dell’accoglienza come “meto-do” di una città che può, che deve o che dovrebbe e che, spero, voglia prendersi cura di sé. Se accoglienza è rendere partecipe l’al-tro di qualcosa di proprio, o prendere con sé l’altro, ci chiediamo chi è l’altro oggi? Siamo in un momento storico in cui c’è un “altro” molto visibile o quanto meno reso molto visibile anche con metodi discutibili. Dall’altra parte c’è un “altro” molto nascosto, per sua scelta e spesso per vergogna.

    Lo scenario è molto complesso: siamo mol-to lontani dal lavoro di Comunità di 7/8 anni fa, in cui c’era una minoranza di cittadini da includere in una collet-tività che tutto sommato “teneva”. Da qualche anno si tratta di includere una maggioranza di cittadini in stato di forte vulnerabilità. A fronte del 4/5% di persone in situa-zioni di difficoltà conclamata, un altro 30% sta scivolando verso situazioni di disagio, inquietudine e bisogno per

    I

    mancanza di legami sociali. Ad esempio: tutte quelle coppie che contavano sui genitori per accudire i figli; madri e padri separati che non sanno a chi lasciare i figli; anziani soli; persone colpite da malattie invalidanti; chi non sa a chi lascare i figli dopo la fine della scuola; chi a 50 anni si trova fuori dal mercato del lavoro; chi viene sfrattato; chi è vittima di malattie de-generative; chi ha un figlio adolescente che non trova la propria strada; chi viene dimesso dall’ospedale e non ha nessuno che lo può assistere. A Parma una persona su tre, italiano o straniero che sia, vive in condizioni di più o meno marcata sofferenza. Una recente ricerca di Eurostat ha rive-lato che l’Italia è il Paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di soli-

    a Parma, valuto all’incirca non meno di 3 miliardi di Euro. Queste cifre sono importanti per tenere in piedi il nostro sistema pensionistico, così com’è tutto-ra strutturato. Non v’è, perciò, chi non veda il ruolo sociale degli stranieri (pensiamo solo alle badanti!), ma tanti preferiscono prendere le misure solo su una mino-ranza di delinquenti o nullafacenti.

    È solo questa la xenofobia? Non credo. A troppi cittadini non interessa l’integra-zione degli stranieri, perché credono davvero che gli italiani vengano prima, in termini quasi classisti (talvolta si tratta di chi in gioventù votava appunto per la lotta di classe). La presenza di stranieri accusati (ingiustamente) di “accontentarsi” in termini economici e di diritti produrrebbe un loro passo indietro nella scala sociale. Qualcuno dice che gli imprenditori si dovrebbero far carico dei lavoratori stranieri perché “li sfruttano”.Non è vero! Anche qui ci sono dei diso-nesti, ma non si deve generalizzare. In effetti ce ne facciamo carico, pagando le tasse, come ci facciamo carico di tut-ti, e tutti dovrebbero farsi carico degli altri con i quali convivono nella stessa società.Gli emigrati italiani in Germania veni-vano chiamati Gastarbeiter, “lavoratori ospiti”. Ospiti che lavoravano, poi

    andavano a casa (fornita dal datore di lavoro) per mangiare e dormire, facen-dosi vedere in giro il meno possibile, senza disturbare.

    Qui c’è un problema. Una parte della società italiana è abbastanza colta ed intelligente per capire che degli stranieri abbiamo bisogno, ma crede anche che mai e poi mai devono diventare cittadini come noi, altrimenti non siamo più padroni a casa nostra.D’altra parte, il non riconoscere la cittadinanza italiana a ragazzi nati da stranieri se non dopo la maggiore età non è spiegabile se non col fatto che co-storo la cittadinanza potendo non gliela darebbero nemmeno dopo. Allora, è bene ricordare che nelle civiltà greche e romane esisteva lo schiavismo e gli schiavi erano stranieri, prigionieri di guerra e i loro discendenti.Questa struttura sociale (e culturale), era conforme a quella dell’Impero, tan-to che, ai tempi del maggiore fulgore, sembra che circa un terzo degli abitanti della penisola italiana fossero schiavi. Stavano, per esempio, nei latifondi a fare i lavori agricoli così come oggi gli africani a raccogliere frutta e pomodori nelle campagne del Sud. Tutto si tiene, ma dobbiamo lavorare per un futuro diverso, perché una socie-tà senza giusti principi etici non durerà, come non durò quella greco-romana.

    VOXEURO

    P.EU

    FACEBOO

    K.COM

  • Shalom 3534 Shalom

    Dossier

    Dossier tudine. Il 13,2% non sa a chi rivolgersi in caso di necessità. A Parma va molto

    meglio che altrove, facciamo la metà, cioè 6%..., siamo ottimisti facciamo 3%, cioè 6.000 persone.

    Di fronte a tutto ciò non possiamo pensare che tutto venga risolto dalle Istituzioni, non solo per la quantità di interventi ma anche per la tipologia e la comples-sità di servizi necessari. Con questo non

    ALCUNI DATI PER UN INVENTARIO DI CHI FA ACCOGLIENZA

    A Parma vi sono varie realtà associative e cooperative sociali che operano nell’am-bito dell’immigrazione attraverso l’attività di accoglienza, l’assistenza socio-sanitaria, la formazione, l’integrazione e l’animazione, mettendo in risalto che il tema della solidarietà è uno dei cardini del Terzo Settore. Pur correndo il rischio di essere in-completi proviamo a compilare un elenco. Punti di riferimento, oltre alle Istituzioni, sono il Forum Solidarietà, la Caritas, il Cen-tro Interculturale, l’Emporio, Betania, Ciac, Kwa Dunia, Comunità di Sant’Egidio, la cooperativa sociale Svoltare, la San Cristoforo, Parma per gli altri. Altre realtà del volontariato e della cooperazione sociale impegnate sul tema dell’in-tegrazione sono: Solidarietà-Muungano onlus, la cooperativa La bula, la Consulta dei popoli, il Forum interreligioso 4 ottobre, il Centro Aiuto alla Vita, il circolo Il Borgo, l’AVIS, Mission, Tuttimondi, il Pozzo di Sicar, l’Associazione San Giuseppe onlus, Di mano in mano, il Consorzio Fantasia, le coop sociali Co.De.Al. e Xenia, e tante altre ancora.Numerose sono, poi, le associazioni di Parma e provincia impegnate quotidia-namente a sostenere progetti in vari paesi africani: Sierra Leone, Costa d’Avorio, Senegal, Ciad, Burundi, Madagascar, Congo. Spesso queste realtà sono legate a missionari o ad ospedali. Si segnalano il progetto “Quattro Fondazioni per l’Africa” e l’Associazione “Con loro e per loro” onlus, impegnata nella costruzione della casa per bambini “Flamme d’amour” a Goma (Congo RD). Un ruolo particolarmente significativo per l’inserimento dei giovani è affidato alla scuola ed alle società sportive. Un valore inestimabile per questi obiettivi va rico-nosciuto a vari progetti e manifestazioni che mobilitano coscienze ed energie; fra le iniziative del settore segnaliamo la Festa Multiculturale al Parco Nevicati di Col-lecchio, la Festa dei popoli in Cattedrale, Mi impegno a Parma, il Coordinamento Pace e Solidarietà, Migratour, Io Accolgo, ecc. Iniziative di informazione, affinché i cittadini possano avere per una conoscenza di prima mano, sulle iniziative di coordinamento e sulle realtà impegnate nel settore potrebbero favorire una crescita culturale più incisiva anche dell’opinione pubblica, una solidarietà più efficiente ed una maggiore produttività degli investimenti sociali ed economici fatti dal volontariato e dalle Istituzioni. (e.c.)

    intendo dire che chi ha il compito di garantire i diritti e i servizi conseguenti, debba arretrare.Il ruolo della collettività anzi deve essere quello di fare pressioni verso le Istituzio-ni nazionali per migliorare le politiche sociali e aumentare i trasferimenti a livello locale.Fatte queste considerazioni lo sforzo a cui siamo chiamati in questi anni si gioca in ambito educativo e culturale. Parlia-mo di responsabilità civica ed umana che va coltivata e abilitata: la sfida è convincere ogni nostro concittadino che lui è parte e responsabile di una comu-nità e in quanto tale, può sì rivendicare dei diritti ma nei confronti della quale è anche chiamato a “dare” per creare quel capitale sociale necessario affinché le persone non siano sole. E questo ci chiama in causa tutti: come cittadini, come vicini di casa, come colleghi, come amici, come lavoratori, insegnanti, ecc.

    Il male del nostro tempo è quello del pre-sunto cittadino che quando ha svolto le sue mansioni professionali e ha pagato le tasse ritiene che l’”altro” sia un com-pito del Comune, della parrocchia, del volontariato, ma non suo. Diceva un grande del ‘900: il mondo è quel disastro che vedete non tanto per i guai combinati dai malfattori ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono ma stanno lì a guadare. L’inerzia dei giusti di oggi non ci può frenare nella sfida del cambiamento culturale a cui siamo chiamati.Il cambiamento culturale è la condizione sine qua non, perché il nostro territorio faccia dell’accoglienza il proprio carat-tere distintivo.

    Ci sono tanti progetti sul nostro territorio molto interessanti, pluralità di progetti che hanno questo carattere distintivo: tutte le volte che abbiamo lanciato ap-pelli ai cittadini, la risposta c’è sempre stata. Rispetto ad anni fa sono stati fatti passi da gigante nei progetti di collabo-razione pubblico/privato, integrazione tra sociale e sanitario. Abbiamo un’Università molto attenta alla cosiddetta “terza missione”. Ab-biamo imprese che sempre più stanno realizzando forme di responsabilità sociale di impresa.Per esempio, “Ad Store” che ha fatto l’anno scorso un’esperienza in collabo-razione con associazioni che operano nell’ambito dell’immigrazione. Ci sono esperienze in città molto interessanti nell’ambito dell’educazione dei gio-vani come “Borgo Lab” e gli LPS con l’Università. Sono esperienze interessanti ma non bastano: serve un’azione di sistema, progettata e coordinata, che coinvolga tutti quelli che si riconoscono in una città che accoglie perché questa è la sua propensione spontanea. Con questo appello vi ringrazio e vi saluto.

    Iniziativa organizzata da "Borgo Lab" con l'economista Zamagni, Luca Barilla, Michele Brambilla direttore della Gazzetta di Parma e Paolo Scarpa presidente del Il Borgo (2016).

  • Shalom 3736 Shalom

    Dossier

    Dossier rimpatrio o il Centro Permanenza Tem-poraneo per 6 mesi. I rimpatri non sono

    aumentati poiché i soldi stanziati sono minimi e perché gli accordi internazio-nali non ci sono se non per Tunisia e Marocco. I CPR non esistono ancora né sono in previsione. In Emilia Romagna non ce n’è neanche uno.Conseguenza è un aumento di fantasmi nelle città medio grandi, di persone invisibili che saranno preda della cri-minalità organizzata aumentando l’IN-SICUREZZA delle città in generale.

    La vera sicurezza è data invece dall’inclu-sione e integrazione nel territorio: casa-lavoro-relazioni sociali; sentirsi parte di una comunità con senso di reciprocità; dalla costruzione di una società mul-ticulturale che non vive con odio e intolleranza le differenze; dalla costruzione di ponti e non di muri; dall’offerta di opportunità di inclusio-ne (che non vuole dire mantenere a vita ma mettere in condizione di integrarsi); dal far sentire le persone accolte: quando le persone si sentono accolte si pongono in maniera positiva e normal-mente hanno voglia di restituire qual-cosa, al contrario, quando si sentono rifiutate e respinte saranno arrabbiate e oppositive.

    I fenomeni di cui stiamo parlando non sono un’emergenza temporanea ma hanno carattere strutturale. Le migrazioni sono strutturali in tutta la storia dell’umani-tà. Tralasciando il tema delle politiche nazionali e transnazionali, a livello locale territoriale i fenomeni non pos-

    sono essere negati o evitati ma vanno “governati”. Non si governano questi complessi fenomeni con la demagogia, gli slogan che alimentano una narrazio-ne basata sull’insicurezza, la paura, l’in-tolleranza, bensì con scelte coraggiose del fare sistema e sviluppare politiche di integrazione sociale e di appartenenza. Cosa che può voler dire anche rimpa-triare chi non intende integrarsi.

    Nel qui ed ora le politiche razziste, respin-genti ed escludenti fanno breccia e attirano consensi incontrando le paure alimentate e ora diffuse della gente, ma nel lungo tempo le scelte politiche di integrazione porteranno garanzie in termini di coesione sociale, sicurezza e benessere per la Comunità tutta.Un ultimo pensiero ai respingimenti e alle innumerevoli persone morte in mare o nei campi di tortura libici: non possiamo accoglierli tutti, ma non possiamo neanche lasciare morire le “p