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Città di Vetro, analisi semiotica

May 17, 2023

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1. Introduzione

Paul Auster

Paul Auster è uno scrittore, saggista, poeta, sceneg-giatore, regista, attore e produttore cinematografico statunitense. La centralità del suo lavoro la si ritrova in letteratura: personalità fon-damentale della letteratura americana contemporanea, Auster viene ascritto alla corrente letteraria del Postmodernismo.

Il suo stile narrativo, che fonde in se esistenzialismo, lettura gialla e poliziesca e psicoanalisi, si incentra sullo scandagliare le angosce e le nevrosi dell’uomo di oggi, perso e confuso nelle mo-derne metropoli tentacolari.

Notevole anche il suo impe-gno nella linguistica moder-na, partecipa alla compi-lazione del volume “Futuro dizionario d’America” dove si analizza il variare del si-gnificato di alcune parole in relazione a eventi di rilievo della storia recente.

Tra il 1985 e il 1987 scrive i tre racconti che andranno a comporre la “Trilogia di New York”I romanzi sono ambientati in una città allucinata, in cui tutto si confonde e sfuma. I protagonisti di queste storie conducono ognuno un’in-chiesta misteriosa e impre-vedibile. Sono tre detecti-ve-stories in cui lo scrittore crea una sua New York stra-na e surreale, dove tutto può accadere e in cui tutti noi po-tremmo perderci.

Paul Karasik

Paul Karasik nasce nel 1956. È un fumettista, sceneggia-otre ed editor americano, noto per il suo contributo in lavori come City of Glass: the Graphic Novel, The Ride Togheter: A Memoir of Au-tism in the Family, e I Shall Destroy All The Civilized Pla-nets.

Il suo lavoro come autore unico gli è valso nel 2008 un Eisner Awards e attualmen-te lavora come vignettista al “New Yorker”.

Karasik è anche un inse-gnante, ha tenuto lezioni al Rhode Island School of De-sign e alla School of Visual Arts negli Stati Uniti, alla Scuola Internazionale di Co-mics a Roma e a Firenze. Ha tenuto workshop e confe-renze al Center for Cartoon Studies, e seminari di scrit-tura al Bennington College, American University, Price-ton University e al Wheaton College.

David Mazzucchelli

David John Mazzucchelli (21 settembre 1960) è uno scrit-tore e disegnatore di fumetti americano.

È conosciuto principalmente per i suoi lavori su albi consi-derati seminali per il genere supereroistico come “Da-redevil: Born Again” e “Bat-man: Anno Uno”.

Come autore unico, invece, è acclamato dalla critica per graphic novel di altro genere come “Asterios Polyp” o l’a-dattamento a fumetti del ro-manzo di Paul Auster “Città di Vetro”.

È insegnante di “teoria del-la narrazione del fumetto” alla scuola di arti visive di Manhattan e copertinista per il “New Yorker”

Il suo stile è caratterizzato da un tratto modulato nello stile di Alex Toth e in sequenze di taglio decisamente espres-sionista.

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1. Introduzione

Città di vetro,il romanzo

La prima storia, Città di vetro, tratta le vicende di uno scrittore di romanzi polizieschi che, divenuto investigatore privato, cade nella follia mentre è coinvol-to in un caso. Essa esplora i diversi strati dell’identità e della realtà, a partire da Paul Auster, scrittore del romanzo, fino ad arrivare all’”autore” senza nome che riporta gli eventi come sono accaduti nella realtà, allo “scrittore Paul Auster”, un personaggio della storia, al “detective Paul Auster”, che può o non può esistere nel romanzo, al giovane Peter Stillman, al vecchio Peter Stillman e, infine, al protago-nista, Daniel Quinn.Città di vetro ha un rappor-to intertestuale con il Don Chisciotte di Cervantes. Non solo il protagonista Daniel Quinn condivide le sue iniziali con il cavaliere, ma quando Quinn trova lo scrittore “Paul Auster”, Auster sta scrivendo un articolo sull’autore del Don Chisciotte. “Auster” intitola il suo articolo una “lettura fan-tasiosa”, e in esso esamina le possibili identità di Cide Hamete Benengeli, il narra-tore del Don Chisciotte.

La collaborazione tra Auster, Karasik e Mazzucchelli

La storia della traduzio-ne a fumetti del romanzo di Città di Vetro inizia nel

1987 a Brooklyn quando Paul Karasik per diletto ne disegna alcune pagine. Il progetto inizialmente si ferma a questa sua forma embrionale ma successiva-mente, grazie ad una telefo-nata di incoraggiamento di Art Spiegelman, diventa più ampio e concreto. È così che Karasik, con l’aiuto dello stesso Paul Au-ster e supervisionato da Art Spiegelman, si lancia nella scrittura di uno dei fumetti più importanti del ventesimo secolo.

L’entusiasmo che si venne a creare intorno alla pos-sibilità di realizzare questo graphic novel stava proprio nella sua difficoltà: Città di Vetro veniva considerato un romanzo impossibile da adattare su di un altro medium, ma quando Kara-sik, lo sceneggiatore, vi si dedica supera facilmente lo scoglio. La prova del nove è la tra-duzione del secondo capi-tolo: un soliloquio di quindici pagine brillantemente reso in sette pagine di fumetto da nove vignette ciascuna. Il capitolo era particolar-mente importante perchè conteneva tutte le informa-zioni propedeutiche a com-prendere la trama e le sue implicazioni. Qui si decido-no molte delle basi fonda-mentali del fumetto, come la griglia a nove vignette, simbolo di una struttura fer-rea della storia, ma anche metafora della vita di Quinn rigida e infelice (Quando la storia e la vita di Quinn

andranno in pezzi, anche la struttura a 3 vignette e 3 colonne si sfalderà).

Successivamente Karasik adatta il primo capitolo, questo processo, invece, è reso possibile grazie ad un colpo di genio d’ispirazione cinematografica: serviva un contesto visivo e narrativo (non solo testuale) con il quale presentare il prota-gonista Daniel Quinn, i suoi tormenti e il suo passato. Per fare ciò lo sceneggia-tore si ispira alle sequenze d’apertura tipiche di Hi-tchcok: una carrellata nello studio del protagonista ci svela, tramite gli oggetti della sua vita, la sua storia e la sua personalità.

Per chi legge sia il libro che l’adattamento risulta parti-colarmente sorprendente constatare come il ritmo del-la storia a fumetti sia rimasto pressoché immutato rispetto al romanzo. In un intervista gli autori spiegano che mantenere questa corrispondenza ritmica fu in realtà un com-pito molto semplice: il libro era di 203 pagine, mentre l’adattamento sarebbe stato di 120. Bastò calcolare il rapporto di 1:1,7 e appli-carlo ad ogni capitolo: se il capitolo 8 del romanzo era lungo 21 pagine, il fumetto doveva coprire la stessa materia in 12 pagine.

A questo incredibile lavoro di adattamento su unisce il disegnatore David Mazzuc-chelli. Il suo segno sintetico

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ma allo stesso tempo così espressivo, la sua abilità nella comunicazione pret-tamente grafica oltre che fumettistica lo rendevano l’uomo ideale per questo lavoro. Mazzucchelli non si limita semplicemente a disegnare ciò che Karasik aveva adat-tato dal libro ma da un con-tributo fondamentale: riesce a tradurre per immagini le parti di Città di Vetro che non venivano riportate per scritto nel fumetto. Così che la frase “Quand’è che un albero non è più un albero?” è straordinariamente tradot-ta in una sequenza di tre immagini dove un albero si capovolge e diventa l’appa-rato respiratorio di un ragaz-zino. Non si poteva dise-gnare l’assenza dell’albero ma, secondo Mazzucchelli, si poteva disegnare l’albe-ro trasfigurato in un altro significato generando così in corto circuito semantico reso però per via grafica.

Stabiliti questi accorgimenti, superati i capitoli più densi e difficili accompagnato dal disegno eccellente di Mazzucchelli, per Karasik adattare il resto della storia fu una passeggiata.

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2. Narrazione

TramaIn Città di vetro lo scrittore di romanzi polizieschi Daniel Quinn riceve una telefonata nel cuore della notte da un indivi-duo in preda alla disperazione che cerca Paul Auster, fanto-matico investigatore dell’”A-genzia investigativa Auster”. Quinn chiude la comunica-zione, ma nelle notti seguenti le chiamate si susseguono e Quinn decide di assumere l’identità di Paul Auster. Peter e Virginia Stillman ingag-giano Quinn, credendolo Paul Auster, per esser protetti dal padre di Peter, appena uscito dal carcere. Padre e figlio portano lo stesso nome: Peter Stillman. Il padre ha rinchiuso il piccolo Peter in una stanza per nove anni con l’intento di scoprire il linguaggio originale dell’inno-cenza, scomparso dopo che l’uomo acquisì il concetto del Male a seguito della caduta dall’Eden. Quinn registra tutto ciò che viene a sapere in un taccuino (elemento che torna in tanti romanzi di Auster).Invece di provare a far del male a suo figlio o a Virginia, il vecchio Stillman gira per Manhattan raccogliendo og-getti rotti e inutili. Lo scopo è quello di creare dei termini per un linguaggio che finalmente renderà l’essenza delle cose.Alla fine del racconto Quinn scompare dal libro e il lettore scopre che un amico dell’Au-ster personaggio del libro, anch’egli scrittore, ha usato il manoscritto di Quinn ritrova-to nella stanza dalla quale è scomparso per scrivere Città di vetro.

Semiotica della narrazioneLa storia è articolata su più piani di lettura, nel piano piano più superficiale analizziamo semplicemente i fatti di quella che ad una lettura più distratta potrebbe sembrare solo una detective story.

Sequenza narrativacontratto: Peter Stillman assume Paul Auster (Daniel Quinn) per proteggerlo dal padrecompetenza: Daniel Quinn segue il padre di Peter Stillman per capire le sue intenzioniperformanza: Daniel Quinn parla con il padre di Peter Stillman e si apposta davanti casa di Peter per proteggerlosanzione: Peter non riceve mai la sanzione che gli spetta, questo gli causa la perdita della ragione

Struttura sintagmaticasoggetto: Daniel Quinn oggetto: proteggere Peter Stillman (figlio) da Peter Stillman (padre)destinante e destinatario: Peter Stillman (figlio)opponente: Peter Stillman (padre)aiutante: Moglie di Stillman, Paul Auster

TemiI ruoli tematici sono ben definiti: abbiamo un investigatore, un committente, un potenziale assassino e una potenziale vittima, ne emergono i temi legati al racconto giallo: il mistero, la colpa, il pericolo, la ricerca della verità. Anche le atmosfere rispecchiano il tema: una New York sconfinata nella quale ci si perde, sia nel-le sue strade che nelle sue storie. Stanze buie che nascondono personaggi distorti. Un protagonista che prende la vicenda molto personalmente, tema fondamentale del noir e un assassino e una vittima che sono quasi due facce della stessa medaglia.Su questi temi possiamo costruire il quadrato semiotico alla base della storia superficiale

Daniel inizia la sua indagine in una situazione di timore (Peter teme per la sua vita)Si passa ad una situazione di non pericolo quando Daniel seguen-do il padre di Stillman lo trova innocuo.Improvvisamente arriva un pericolo perché il padre di Stillman scompare e le sue mosse sono imprevedibiliLa situazione si risolve nella quiete: Gli stillman sono scom-parsi e Daniel perde il senno mentre scompare dalla città.

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Se invece superiamo il livello più superficiale del racconto trovia-mo una trama decisamente più interessante quella relativa alla psiche di Daniel Quinn.

Sequenza narrativaContratto: Daniel Quinn è un uomo vuoto, da quando la moglie e il figlio sono morti vive per inerzia. Ha contatti con l’esterno solo grazie alla sua attività di scrittore. Tramite il suo pseudonimo William Wilson con il quale scrive i gialli dell’inve-stigatore Max Work, Daniel ha ancora una minima “presenza” nel mondo. Quando si presen-ta l’occasione di essere Paul Auster, vivere davvero ciò che finora aveva solo immaginato per i suoi libri, Daniel stipula un contratto con se stesso, chiu-dere il caso per rivivere in una nuova identità, rinascere nel mondo come Paul Auster.

Competenza: Daniel per essere Paul deve risolvere il caso. Co-mincia a fare la vita dell’investi-gatore. Acquisisce competenza sia sulla sua nuova vita che sul caso stesso. Nei momenti di cri-si la sua vecchia vita si ripresen-ta dolorosamente sotto forma del ricordo del figlio perso.

Performanza: Il caso è risolto, Peter Stillman padre sembra innocuo. Peter si sente a suo agio nei panni di Paul e si lascia alle spalle il dolore della sua vita precedente.

Sanzione: La sanzione manca poiché gli Stillman scompaiono. Abbandonata ormai la vecchia vita e impossibilitato a riconoscer-si veramente in quella nuova, nell’identità di Paul Auster, poiché le persone che potevano “riconscerlo” non ci sono più, Daniel è costretto in un limbo. Senza più dimora ne identità, svanisce nei meandri della stessa città che lo ha privato della sua essenza.

Struttura sintagmatica Soggetto: Daniel QuinnOggetto: diventare Paul AusterDestinante e destinatario: Daniel QuinnOpponente: Il passato di Daniel

TemiQuesta lettura del libro è fortemente legata ad un tema: quello del doppio e della ricerca e perdita dell’identità. I ruoli tematici in questo caso sono difficili da individuare poiché gli argomenti trattati non si legano necessariamente ad un genere tradizionale se non quello della psicanalisi, filone letterale, in verità, povero di ruoli narrativi propriamente detti, a meno che non si considerino tali quello del paziente e dell’analista. Tutto il libro gioca sui con-trasti tra l’essere e il non essere, il sembrare, lo scomparire. Ne consegue che il quadrato semiotico della veridizione sembra la scelta migliore per descrivere ciò che si muove tra le righe (o tra le vignette) della vicenda.

Daniel inizia il suo viaggio in una situazione di sopravvivenza, è al mondo ma non vi partecipa (Sembra vivere)Per rientrare nel mondo con una nuova identità è costretto ad ab-bandonare il suo io precedente (annullarsi, non sembrare) fatto ciò si sente di nuovo vivo in Paul Auster (Esistere) ma poiché non gli è riconosciuta la sanzione è destinato a dissolversi (Non essere).

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3. Semiotica del Fumetto

Analisi Figurativa

Figuratività del medium fumetto

Dal punto di vista dell’analisi figurativa possiamo consi-derare il medium fumetto come ogni altro testo visivo con l’unica differenza che nella maggior parte di casi l’immagine totale (la pagina) sarà composta di vignette e quindi da più immagini in sequenza. Ogni fumetto quindi avrà un suo livello di figuratività secondo la scala Greimasiana: se si tratta di un fumetto a tratto realistico avremo un altissima densità figurativa (iconico), se avremo un tratto più autoriale, carto-onesco, caricaturale avremo una densità figurativa media (figurativo). Con fumetti speri-mentali o astratti avremo una figuratività bassa o addirittura nulla (astratto).

La particolarità del medium fumetto è che essendo com-posto da una sequenzialità di immagini legate una all’altra da un rapporto sintagmatico si può, di vignetta in vignetta variare il livello della figurativi-tà (es. fumetto di breccia su lovecraft) così da passare da un tipo di segno all’altro e, accostandoli, produrre effetti di senso diversi.

All’interno del fumetto trovia-mo anche delle figure (intese come elementi minimi della grammatica del fumetto) come baloon, onomatopee, linee cinetiche ecc. Questi sono elementi definiti secon-do un’arbitrarietà verticale,

si è stabilito volontariamente che il baloon servisse a con-tenere le parole pronunciate nella vignetta, che la pipa alla fine del baloon “collegasse” le parole pronunciata al suo enunciatore, che l’onomato-pea esprimesse un rumore ambientale o un verso, che le linee cinetiche indicassero velocità e direzione. Queste figure non rimandano a nien-te di reale ne astratto, quindi le tratteremo più approfondi-tamente al momento dell’a-nalisi plastica poiché, come la firma in un dipinto o come la stessa pennellata, sono elementi che ci aiutano nella comprensione o addirittura sono alla base della gene-razione del senso. L’unica figuratività che possiamo discutere di questi elementi è legata allo stile con cui ven-gono rappresentati (un ba-loon fatto di una forma piut-tosto che un’altra, il font con cui è scritta un onomatopea ecc.) e come queste differen-ze generino senso.

Analisi Plastica

L’analisi plastica del medium fumetto ci porta subito ad andare oltre le immagini e le parole di cui l’opera può essere costituita e a concen-trarci su tutti quegli elementi che vanno inconfondibilmen-te a caratterizzare un testo di arte sequenziale. Dei testi all’interno delle didascalie e dei baloon si considererà solo il carattere, la dimen-sione e la loro disposizione spaziale, le immagini all’in-terno di ogni vignetta invece, prese indipendentemente, si

sottopongono ad un analisi plastica tradizionale (utilizzo del segno grafico, pennellata, chiaroscuro, colori, disposi-zione degli elementi, organiz-zazione topologica, eidetica, cromatica). Oltre questo ciò che rimane sono gli elementi della grammatica basilare del fumetto, le figure che vanno a costruire e integrare la narra-zione per immagini: i balloon, le didascalie, la suddivisione della pagina, lo spazio tra una vignetta e l’altra.

Vediamo come anche questi elementi caratteristici posso-no essere studiati secondo la teoria classica dell’analisi plastica:

1) l’organizzazione “topologi-ca”, ovvero spaziale

Nell’analisi dell’organizzazio-ne topologica analizziamo sostanzialmente la messa in pagina.La disposizione delle vignet-te, il tipo di griglia è ciò che sta alla base del meccanismo di narrazione fumettistica, ne deriva che analizzare la disposizione spaziale delle vi-gnette, la loro dimensione, la loro forma e quindi lo spazio che occupano nella tavola è fondamentale. Anche all’in-terno delle singole vignette, l’inquadratura, la disposizione dei personaggi ha un peso narrativo poiché anche nel singolo riquadro si ha spesso una narrazione. Infine si ana-lizzera la disposizione degli altri elementi fondamentali come le vignette e le dida-scalie che, ordinate secondo l’ordine di lettura muovono lo

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sguardo del lettore.

2) l’organizzazione “eidetica”, ovvero delle linee

Se analizziamo la composi-zione nella sua interezza pos-siamo scoprire che, proprio ad uso narrativo, certi ele-menti, di vignetta in vignetta giacciono in posizioni precise. Si tratterà quindi un analisi delle linee della composizione all’interno di ogni vignetta e nella pagina complessiva. Si individuerà sicuramente una linea corrispondente all’ordi-ne di lettura che guida la vista e che passerà da vignetta a vignetta e, al loro interno, da baloon a baloon a eventuali didascalie (non necessaria-mente in questo ordine!), si individueranno inoltre altre linee, corrispondenti a indica-zioni cinetiche o utili a col-legare simbolicamente certi elementi.

3) l’organizzazione cromatica, cioè dei colori e/o dei chiaro-scuri.

Anche in questo caso l’analisi si condurrà in un contesto micro (la singola vignetta) e in un contesto macro (la pagina intera). All’interno della vignetta le differenze cromatiche possono servire a focalizzare l’attenzione su un certo elemento, e quindi sono usate a scopo narrativo. Oppure possono evidenziare uno stato d’animo o un’at-mosfera, quindi sono usate per mettere in rilievo elementi patemici. Infine il colore po-trebbe essere semplicemente usato in modo iconico, per

colorare la scena in modo realistico.

Nell’economia dell’intera pa-gina, invece, le differenze cro-matiche di vignetta in vignetta rafforzano la presenza della griglia e generano contrasti precisi tra gli elementi con-tigui così, ad esempio, due vignette identiche, consecuti-ve ma colorate diversamente generano un effetto narrativo legato ad un cambiamento temporale (ad esempio la silhouette suggerisce il pas-saggio di un tempo molto lungo, oppure una vignetta colorata a giorno seguita da una colorata in notturna sug-geriscono il passaggio di un tempo lunghissimo) oppure ad un cambiamento passio-nale (i personaggi provano improvvisamente sentimenti diversi “colorando” la scena in modo diverso).

Tutti questi elementi vanno considerati in relazione all’a-nalisi della “chiusura”. Nell’a-nalisi tradizionale di un dipinto per chiusura si intende solo il margine dell’immagine nel fumetto invece è un elemento fondamentale per la narrazio-ne. Per chiusura nel fumetto si intende non tanto il margi-ne di ogni vignetta quanto lo spazio bianco lasciato tra una vignetta e l’altra. È all’interno di questo spazio bianco che secondo i teorici della semi-otica del fumetto avviene il meccanismo che lega una vignetta all’altra e permette la narrazione. Così come un testo viene considerato una macchina pigra che funziona solo grazie alle inferenze del

lettore, così il fumetto fun-ziona grazie all’inferenza che il lettore compie all’interno dello spazio bianco, qui il lettore immagina il collega-mento, cosa è successo tra una vignetta e l’altra legando tutto insieme, producendo un flusso unico. L’analisi della chiusura di-venta quindi un passaggio obbligato: la dimensione dello spazio bianco produce effetti diversi: la sua esagerazione, così come la sua mancanza sono indicazioni precise al lettore.

La collaborazione di tutti questi elementi forma una struttura sulla quale può avvenire la figurazione e può quindi originarsi un messag-gio e quindi una narrazione. Messaggio ed elementi pla-stici sono fortemente legati, non basta analizzare i sin-goli elementi, si deve anche individuare quale di questi “formanti plastici” può essere ricondotto ad una significati-vità, qual’è la loro pertinenza rispetto al piano del contenu-to e come questi influenzano la sequenzialità.

Possiamo classificare i for-manti plastici in base a come si riferiscono al contenuto in due modi:

1) Rimando “Simbolico”. Una unità del piano dell’espres-sione rimanda direttamente ad una unità del piano del contenuto, è il segno plastico che direttamente “significa”. Se coloro una vignetta inte-ramente dorata rimanderà ad un senso di sacro.

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3. Semiotica del Fumetto

2) Rimando “Semi-simboli-co”. Una categoria semiotica (opposizione di due semi) sul piano dell’espressione rimanda ad un’opposizione e quindi ad un’altra categoria sul piano del contenuto: la di-sposizione di elementi in alto o in basso può rimandare a un’opposizione tra sacro o profano, oppure un contrasto cromatico può evidenziare la differenza tra due situazioni.

Testo

Erroneamente si tende a chiamare fumetto ciò che è unione di testo e immagine. Ci si rende subito conto però che questa definizione è as-solutamente sbagliata, fumet-to è arte sequenziale, ovvero immagini giustapposte a creare una narrazione. Un fumetto senza neanche una parola, neanche un onoma-topea, sarebbe, comunque, orgogliosamente, un fumetto. Dunque le parole nell’arte sequenziale sono un’aggiun-ta, un ausilio alla narrazione e neanche lontanamente l’elemento centrale.Quando le parole sono in-castonate dentro il baloon o la didascalia sono funzionali alla narrazione, stanno su un altro piano, esterno, supe-riore a quello dell’immagine e vengono percepite come strumento non come parti mimetiche dell’immagine. Una variazione della figurati-vità di questo tipo di senso è sempre funzionale alla narra-zione (un font diverso identi-fica un tono di voce diverso o una voce appartenente ad un certo preciso perso-

naggio). All’interno di una vignetta poi può esserci un suono onomatopeico, que-sto a differenza del testo nel baloon si trova sullo stesso piano dell’illustrazione poiché espressione vera di ciò che sta accadendo nella narra-zione. Non è un informazione che ci viene data, ma una traduzione grafica di un feno-meno (il rumore) che non può essere reso su carta.Infine com’è normale che sia, si possono trovare illustrate nella vignetta delle scritte che appartengono al mondo della storia come un cartel-lone pubblicitario o le parole del libro che sta leggendo il personaggio. In questo caso le parole hanno valore mime-tico.

Ricezione

Nello stesso modo in cui Eco definisce il testo una “macchina pigra” che vai completata e azionata tramite le inferenze del lettore, così funziona il fumetto. Oltre alle inferenze di tipo linguistico il lettore deve sottostare al meccanismo della “Clousu-re” ovvero deve riempire lo spazio bianco tra una vi-gnetta, immaginando cosa è successo nel frattempo. La lettura del fumetto avviene nella mente del lettore come un flusso guidato di volta in volta dalle varie vignette. Il lettore non ha il controllo sulla direzione di questo flusso ma può decidere la velocità a cui questo flusso scorre. Seb-bene dei meccanismi ritmici possano indurre il lettore a salti o rallentamenti, il tempo

di lettura rimane a discrezio-ne di chi legge. In un saggio sull’arte sequen-ziale il teorico del fumetto Grant Morrison immagina il mondo del racconto a fu-metti come un mondo con una dimensione in meno alla nostra. Noi lettori in quanto esseri dotati di una dimensio-ne in più possiamo affacciarci a quel mondo e deciderne il tempo a piacere, farlo scorre-re a diverse velocità o addirit-tura all’indietro.Un elemento importante per la scansione temporale della narrazione è la griglia, strut-tura definita dalla messa in pagina, massima espressione dell’enunciazione del fumet-tista.

Enunciazione

Per parlare di enunciazione a livello fumettistico si deve fare una distinzione. Nella produzione di un fumetto vi sono varie fasi. La scrittura di un soggetto, lo storyboard, le matite, le chine ed un’even-tuale colorazione. Il momento di enunciazione strettamente legata al fumetto avviene solo durante lo storyboard, in tutte le altre fasi avvengono delle enunciazioni relative a testi grafici o lessicali. Solo nello storyboard avviene la messa in pagina, elemento centrale dell’enunciazione strettamen-te fumettistica. Con la messa in pagina, ovvero la divisione della pagina in vignetta si opera la proiezione di una griglia, di una forma sulla so-stanza che è il foglio bianco. Allo stesso modo della scrit-tura si costituiscono un asse

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del processo (susseguirsi di vignette) e un asse del para-digma (ciò che è rappresen-tato nelle vignette). La gran-dezza delle singole vignette, il numero di vignette in una pagina, la loro forma, sono tutte variabili che producono effetti di senso diversi.

Cornice

Parlando di cornice, nel fumetto si pensa subito alla cornice delle vignette. Quella però è la cornice di un’illu-strazione singola e quindi non è pertinente alla nostra analisi. La cornice di una pagina di fumetto è la fine della pagina stessa. Il rappor-to del contenuto della pagina con questo margine produce anch’esso effetti di senso, basti pensare a vignette che rientrano in un margine o vignette al vivo. Particolare attenzione va dedicata al fatto che, a parte la prima e l’ultima pagina di una storia, le pagine di fumetto (come di qualunque altro libro) si leggono sempre accoppiate a due a due. E’ per questo che, a voler essere preci-si, la cornice di una pagina di fumetto va considerata “doppia” ovvero si devono considerare i margini che racchiudono le due pagine affiancateSe poi ci allarghiamo alla “cornice” dell’intero fumetto non può che essere l’intero oggetto libro che, proprio come le cornici dei quadri deve essere “In tema” con l’opera che contiene e anti-cipare gli stili e le atmosfere della storia.

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4. Analisi delle Immagini

Utilizzeremo adesso le nozioni discusse nella parte 1 al fine di analizzare alcune pagine di Città di Vetro e dimostrare come non siano soltanto le scene di una storia noir ma che, attraverso la loro espres-sività, siano anche portatrici di un significato più profondo e nascosto.

Lo stile figurativo di Mazzucchelli

La figuratività tipica di Mazzuc-chelli, particolarmente visibile in “Città di vetro”, è una pro-dotto di uno stile ben preciso. Un bianco e nero netto, che si avvale di una scacchiera dei due colori per rendere il contrasto tra luci e ombra e un tratto modulato per descrivere i contorni delle figure e farle ora emergere dallo sfondo ora nasconderle e appiattirle. Non è certo però una tecnica di sua invenzione, allo stile proprio di Mazzucchelli, inve-ce, possiamo ascrivere una notevole capacità di sintesi, ad esempio nei volti tratteggiati da poche linee eppure così espressivi, o il contrasto tra le figure più semplici e gli sfondi particolareggiati e accurati.

È uno stile che oscilla tra due gradi di densità figurativa: figu-rativa e astratta.Non è uno stile realistico, non si arriva mai ad un livello iconi-co, piuttosto si ha una sintesi molto espressiva della realtà. Questa sintesi, nei momenti in cui si devono comunica-re concetti più graficamente complessi raggiunge un livello figurativo astratto dove la comprensione dell’immagine è fortemente mediata dal testo che vi si accompagna.

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4. Analisi delle Immagini

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1. Introduzione

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4. Analisi delle Immagini

Pagine 38-39-40-41

Analisi figurativa

Queste quattro pagine, tra le prime del libro, hanno la funzione di presentare il personaggio di Daniel Quinn. Citando una scena tipica dei film di Hitchcock, si fa intuire la presenza del personag-gio ma non lo si fa vedere fino alla fine, nel frattempo si pone lo sguardo sugli og-getti che gli stanno intorno. Ogni oggetto è legato ad un aspetto della sua vita che ci viene descritto e così, prima ancora di vedere il personag-gio in carne e ossa, lo cono-sciamo già.La sequenza si apre con una carrellata all’indietro: da uno scenario buio passiamo ad un telefono che squilla, vediamo i piedi del protagoni-sta che scende dal letto e si avvia a rispondere. Vediamo la sua libreria, i libri che ha scritto e il suo tragico pas-sato, infine vediamo Daniel rispondere.

Analisi Plastica

-Organizzazione topologica: Le prime tre pagine rispet-tano fedelmente la struttura della griglia a nove vignette. Abbiamo quindi nove riqua-dri della stessa dimensione posti ordinatamente in righe e colonne di tre. Rispettando la “clousure” in modo classico, tra una vignetta e l’altra c’è uno spazio bianco di dimen-sioni contenute. L’ultima vignetta dell’ultima pagina, invece, è grande quanto due

vignette normali. Quasi tutte le vignette hanno una dida-scalia in alto, una sola la ha sia in alto che in basso, due la hanno solo in basso. Vi è un onomatopea nella quarta vignetta della prima pagina che sfora dal riquadro. La stessa onomatopea, interrot-ta, nella penultima vignetta, sta tutta dentro al riquadro.

-Organizzazione eidetica: ignorando le linee, evidentis-sime, che identificano i bordi delle vignette e quindi hanno la funzione di organizzazione spaziale, procediamo ad ana-lizzare le “linee” nascoste che intercorrono tra gli elementi delle vignette.Le prime 9 vignette sono legate in gruppi da tre da un movimento diagonale dall’al-to verso il basso. Alcune vignette delle pagine successive racchiudono im-magini costruite secondo lo stesso asse diagonale, altre invece sono costruite sull’as-se diagonale inverso (basso alto). A pagina 41 abbiamo ancora due assi che legano tre vignette ma questa volta in direzioni opposte.

-Organizzazione cromatica: Tutto lo stile rappresentativo di Città di Vetro si basa in realtà su di una forte oppo-sizione cromatica: quella tra il bianco e il nero. Di base questa opposizione serve semplicemente ad uno scopo figurativo, a rappresentare le immagini della storia, ma quando si calca la mano su questo contrasto e si fa pre-valere ora il bianco ora il nero si può ricavare da questa op-

posizione anche un messag-gio ulteriore, un segno o un meta segno che veicola un significato diverso da quello strettamente narrativo.Se nelle prime due pagine i bianchi e i neri sono piuttosto equilibrati, tra la terza pagina, prevalentemente bianca, e la quarta, prevalentemente nera, c’è un’opposizione decisiva.

-Analisi dei formanti plastici

La prima cosa da chiarire è il significato legato alla struttura intrinseca della narrazione del libro: la griglia a nove vignet-te, oltre a scandire un tempo preciso, come analizzeremo nel paragrafo dedicato alla ricezione, la griglia a nove vi-gnette, così simile alle sbarre di una prigione, è metafora della stessa vita del protago-nista, rigida e infelice.

Nella prima pagina abbiamo visto come le vignette siano legate da un movimento dia-gonale ripetuto tre volte. Oltre a essere espressione del movimento di zoom out della camera questo movimento serve a dare un senso di ripe-titività che ricordi gli squilli del telefono (“tre squilli di telefo-no, nel cuore della notte).

Il telefono stesso introduce il tema del sembrare/essere. Si fa crede al lettore che quel-lo che si vede nella quarta vignetta sia effettivamente il telefono che sta squillando, si ottiene questo effetto acco-stando al telefono l’onomato-pea dello squillo (“Riiing”). Si scopre invece poi, che quella

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è solo un’icona sull’elenco telefonico, e il telefono vero, che squilla è appoggiato proprio sopra l’elenco. Più avanti, a pagina 41 abbia-mo una vignetta identica alla quarta ma questa volta quello è davvero il telefono che sta squillando, lo capiamo dal fatto che stavolta, oltre all’o-nomatopea, vi è una mano che si appresta ad alzare la cornetta.

La continua opposizione di vignette costruite a partire da un asse diagonale, ora verso l’alto ora verso il basso, crea un gioco di rimandi precisi. Il piede che avanza, il libro chiuso, il libro aperto e l’im-magine del personaggio fitti-zio, costruiti tutti secondo la stessa direzione dominante, si uniscono a formare una va-riegata descrizione delle “per-sonalità” di Daniel Quinn. A pagina 41 invece l’opposizio-ne tra gli assi delle prime sei vignette unita alla prevalenza cromatica del nero ci restitui-sce il movimento di zoom in e zoom out sulla carta da parati vicino alla libreria e anche l’idea di inoltrarci nella parte più oscura della personalità di Daniel e di subito riuscirne.

La terza e la quarta pagina sono caratterizzate da una forte opposizione nero/bian-co. La terza, prevalentemente bianca mostra una serie di mutazioni immaginarie da un’oggetto all’altro ripren-dendo l’esercizio di Mondrian della sintesi dell’albero (si ha un cambiamento figurativo che percorre tutta la scala della densità figurativa) fino

a che l’ultimo oggetto non si ritrasforma nel primo forman-do un ideale circolo vizioso. Qui si descrive un piacere di Daniel quello di camminare e perdersi nella città, nella pagina accanto, con evidente contrasto (la pagina è preva-lentemente nera) si descrive il dolore di Daniel.

Ricezione

In queste pagine (insieme a quelle del capitolo successi-vo) il lettore viene preparato a ciò che sta per affrontare. Subito la struttura del libro è chiara: una griglia ferrea, che scandisce un tempo preciso. Ogni variazione sulla griglia è una trasgressione a questo scandire del tempo e non è mai fatta casualmente o per pura estetica della vignetta. Dunque a ogni vignetta ugua-le corrisponde un segmento temporale uguale, quando la vignetta raddoppia o quadru-plica il tempo raddoppia o quadruplica. In queste pagine il meccanismo è chiarissimo, per le prime tre pagine non c’è nessuna variazione, gli eventi narrati hanno tutti lo stesso peso, addirittura in ogni singola vignetta c’è una didascalia, questo crea un ritmo di lettura perfettamente scandito. Arrivati all’ultima vignetta si rompe questo ritmo con una vignetta larga il doppio con una didascalia ed un baloon. Come se non fosse già abbastanza chiaro a che gioco stanno giocan-do gli autori, nella didascalia c’è proprio scritto “Ci fu una lunga pausa”.

Trattamento del margineIn queste prime pagine il margine è trattato in modo molto tradizionale: la pagina non è al vivo (vi è un riquadro bianco intorno alle nove vi-gnette) e lo spazio bianco tra le vignette ha una dimensione normale. Ma come è ormai abitudine in Città di Vetro ogni costruzione tradizionale viene messa in piedi per poi essere distrutta, più avanti analizzeremo le trasgressioni del margine e della clousure.

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1. Introduzione

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1. Introduzione

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1. Introduzione

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4. Analisi delle Immagini

Pagina 58-59-73-86

Analisi FigurativaA pagina 58 e 59 siamo alla fine del lungo monologo dove Peter Stillman racconta la sua tragica storia. Dopo 8 pagine di stra-ziante racconto, scandito dalla solita griglia a nove vignette si gira pagina e avviene una tra-sformazione inaspettata. Nove vignette nere, solo che non sono vignette ma solo il buio che sta dentro ad una prigione. Le linee bianche della chiusura sono diventate solide sbarre di una grata chiusa a chiave. Nella pagina vi è un unico baloon, la cui pipa volteggia ora sopra ora sotto le sbarre fino a scomparire in basso. Il testo all’interno del baloon è scritto in un font diver-so dal solito.La pagina a fianco è costituita di un unica vignetta riquadrata. Si vede il fondo di quella che probabilmente è una profonda fossa. Qui giace, sopra una pozzanghera, una marionetta rotta. Dalla sua gola esce un’al-tro baloon con lo stesso font della pagina di prima. E’ la voce di Stillman che arriva dai mean-dri più oscuri e nascosti della sua coscienza.A pagina 73 invece troviamo Daniel nudo, ricurvo sulla scri-vania, intento a scrivere sul suo quaderno. Le pagine che scrive compaiono alle sue spalle ma non sono elementi reali della scena, sono li ad uso del lettore, perchè possa leggere ciò che Daniel scrive. Tutta questa sce-na, unica, grande tutta la pagina è “filtrata” attraverso la griglia tre per tre che divide un’imma-gine unica in un puzzle di nove vignette.Infine, perfettamente coerente (vedremo più avanti perchè) al confronto tra queste immagi-ni, troviamo l’ultima vignetta di

pagina 86. Daniel alla stazione, sta arrivando il treno che porta il padre di Peter Stillman in città. Nella vignetta vediamo che il rumore assordante dell’arrivo del treno, legato all’ansia dell’ar-rivo del sospettato provocano in Quinn una sorta di “crisi di panico” Si vede susseguirsi il mezzobusto di Quinn più volte, ora più grande ora più piccolo, ora in uno stile ora in un’altro fino ad arrivare ad una versio-ne che pare disegnata da un bambino. La clousure, lo spazio bianco, sembra fuori controllo, la vignetta è piena d’interruzioni a distanza diverse, più grandi e più piccole. Sopra a tutto questo, in alto, una striscia di onomatopee rende il frastuono del treno in arrivo.

Analisi Plastica-Organizzazione topologica: tut-te le tre pagine e l’ultima vignet-ta hanno il testo situato in alto e rimandano ad un elemento grafico posto in basso. La pipa del baloon di pagina 58 parte in alto e muovendosi tortuo-samente finisce in basso. Così succede anche nella pagina se-guente, con lo stesso percorso tortuoso la pipa del baloon va a finire nella gola del manichino, in basso. A pagina 73 le pagine sono disposte, in modo sparpa-gliato in alto, in basso vediamo Quinn che scrive. La vignetta di pagina 86 invece, sebbene ab-bia il testo in alto, ha un anda-mento orizzontale, diversi busti di Quinn si susseguono molto ravvicinati.

-Organizzazione eidetica: La linea dominante nelle prime due pagine è un asse direzio-nato dal basso verso l’alto. Se nella pagina 58 a questo asse si associano delle linee paralle-le e delle linee perpendicolari,

quelle delle sbarre, a pagina 59 invece, dall’asse centrale si irradiano delle linee a raggiera che tendono verso il manichino e vi focalizzano l’attenzione oltre a rendere la profondità della fos-sa. A pagina 73 invece abbia-mo un andamento zigzagante (quello dell’asse che collega le pagine) che entra in contrasto con l’ordine di lettura suggerito dalla griglia. Infatti siamo portati a leggere le pagine seguendo le linea che le collega invece di rispettare l’ordine di lettura delle vignette. La curva disegnata dal corpo di Daniel fa da divisorio tra le pagine del diario sul tavolo (mimetiche) e quelle sospese in aria (funzionali). La vignetta di pagina 86 invece ha un anda-mento orizzontale reso tremo-lante dalla diversa dimensione delle molteplici figure di Daniel.

-Organizzazione cromatica: In queste pagine c’è un evidente prevalenza del colore nero, le figure emergono da questa cu-riosità colorandosi di bianco ma rimangono sempre, comunque, sopraffatte dall’oscurità che le circonda.

-Analisi dei formanti plastici:

Ho deciso di raggruppare e confrontare queste pagine (e la vignetta) perchè, in modi diver-si, trascendono e smontano il meccanismo ordinario messi in piedi per raccontare la storia. Questa trasgressione non è anarchica e casuale ma serve per veicolare, grazie a variazioni a livello plastico, effetti di senso precisi.A pagina 58 lo spazio bianco delle vignette diventa la grata di una prigione. Questa tra-sformazione rende un oggetto del piano plastico una rappre-sentazione sul piano figurativo, anche il baloon trascende il suo

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utilizzo funzionale per diventa-re oggetto della scena. Con il suo volteggiare dentro e fuori dalla prigione, va a rafforzare la tridimensionalità della grata e quindi la trasfigurazione da griglia in oggetto fisico. E’ grazie a questa pagina che associamo la composizione delle vignette alla rigidità della vita del prota-gonista e del del suo commit-tente, come già accennato in precedenza.In questa pagina e nella pagina a fianco il testo dentro i baloon è scritto con un font diverso. La ragione di questo cambiamen-to sta nel fatto che a parlare è Peter Stillman, il cui trauma infantile gli ha provocato, tra le tante cose, non pochi problemi linguistici. Per questo il font che identifica Peter è più sganghera-to e irregolare di quello usato nel resto del libro. L’ultimo elemento in comune di queste prime due pagine è la pipa del baloon che non termina nel classico modo acuminato ma si perde, ora nel margine della pagina, ora nella gola del manichino. Come già accennato, anche dagli autori, questa scelta vuole indicarare la provenienza della voce e quindi degli eventi raccontati come richiamati da un luogo profon-do, i ricordi più oscuri e contorti di Peter Stillman. Inoltre si vuole porre una similitudine tra Peter e la figura del manichino rotto.

A pagina 73, sebbene la griglia sia presente in modo assoluta-mente ordinario, con un brillante rimando alla pagina delle sbarre della prigione, si continua a fare un gioco di ambiguità e di ap-parenze. Il corto circuito questa volta viene innescato dal fatto che la griglia a nove vignet-te non fa altro che, in realtà, segmentare un’immagine unica. É quindi come se vedessimo l’immagine “filtrata” attraverso

la griglia, ancora una volta viene posto l’accento sull’anormalità della vita del protagonista che infatti in questa scena, in modo metodico e rigido appunta tutte le sue deduzioni su di un quaderno, ma lo fa nudo. Alle sue spalle, in alto compaiono le pagine che sta scrivendo come se fossero viste dall’alto, sparpagliate sul tavolo. Queste pagine non sono realmente presenti nella scena e quindi, sebbene siano ancora percepite come pagine di un quaderno e abbiano una funzione mimetica, trascendono la loro figurativi-tà per diventare un elemento plastico: non sono altro che didascalie. La disposizione di queste pagine inoltre, nonostan-te l’apparenza “sparpagliata”, non è casuale, anche questo è un espediente per rompere la struttura della griglia. Vediamo infatti che il testo di ogni pagina è perfettamente inquadrato in una vignetta. Se leggessimo quindi la pagina seguendo l’or-dine di lettura classico leggere-mo le ultime due pagine nell’or-dine sinistra-destra. Se invece ci lasciamo guidare dall’istinto e vediamo l’immagine nella sua interezza ci viene da seguire la linea che unisce in modo contiguo le pagine e leggere-mo le ultime due con l’ordine destra-sinistra. A riprova di ciò, quello che è scritto nelle pagine ha senso in qualunque ordine lo leggiamo.Infine la vignetta di pagina 86. Questa vignetta è probabilmen-te l’emblema del concetto di rottura della “chiusura”. I vari spazi bianchi, di dimensioni di-verse e a distanze diverse, che non corrispondono all’immagine “sottostante”, l’onomatopea che “corre” lineare sopra l’immagine e gli spazi bianchi, la variazione dello stile di rappresentazione e dimensione della varie figure

di Daniel, sono tutti elementi caotici che rappresentano al meglio una situazione narrativa concettualmente identica alla sua rappresentazione: il caos nella testa di Daniel, la sua psiche che comincia ad andare in pezzi.

RicezioneIn queste pagine il lettore è chia-ramente messo alla prova. Tutte le certezze, la struttura che era abituato a leggere cominciano ad andare in pezzi. L’effetto di avere delle pagine da un unica vignetta (58-59) è quello di far fare alla narrazione una pausa lunghissima. Le scene raffigu-rate sono immobili e statiche ma per un tempo infinito. Quello che succede a pagina 73 invece è leggermente diverso, la scena è una ma divisa in nove parti. L’effetto che si ha è quello di un piano sequenza cinemato-grafico: la scena è unica ma la telecamera, muovendosi conti-nuamente, ne inquadra solo un pezzo alla volta. Finita la car-rellata l’unione dei segmenti ci restituisce un’immagine unica. Ogni segmento (vginetta) ha una durata ordinaria, ma tutte le vignette insieme compongo-no un unica scena dal tempo lunghissimo.L’ultima vignetta infine con la sua anarchia ci lascia spaesati e ignari, è una scena che può essere durata un decimo di secondo nella realtà, come un infinità nella testa di Daniel.

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1. Introduzione

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1. Introduzione

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4. Analisi delle Immagini

Pagina 166 -167

Analisi Figurativa

In queste due pagine, che vanno necessariemente considerate come un’imma-gine unica, rappresentano la definitiva rottura dello sche-ma narrativo ma soprattutto il declino totale della psiche di Daniel. Ormai ridotto ad un barbone, rifugiatosi nella casa vuota degli Stillman, Da-niel risponde solo agli istinti naturali di nutrirsi e dormire mentre continua, con fissa-zione maniacale a scrivere sul suo quaderno fino a, simbo-licamente, immergersi total-mente nella follia. Mentre va alla deriva le vignette diventa-no pagine, le pagine del suo quaderno che cadono nell’in-finita oscurità

Analisi Plastica

-Organizzazione topologica: La struttura della griglia è totalmente sovvertita: se le prime sei vignette sembrano ancora posizionate secon-do la struttura tre per tre ma distanziate e inclinate, la terza riga fuga ogni dubbio, ci sono solo due vignette, sono sovrapposte e sono visibilmente più piccole. Nella pagina a fianco la vignette cominciano a distorcersi e verso il basso si avvolgono su se stesse diventando pagine che precipitano sullo sfondo, che occupa tutta la pagina, lo stesso fossato nel quale giaceva la marionetta rotta. Ogni vignetta ha una didascalia posta in alto.

-Organizzazione eidetica: in queste due pagine le linee dominanti sono totalmente sfalsate e irregolari se a pa-gina 166 ancora si mantiene una struttura che, sebbene inclinata, rispetta l’ordine di lettura, a pagina 167 la linea dominante, che guida la composizione così come la lettura è una spirale discen-dente, che tende verso la parte bassa della pagina.

-Organizzazione cromatica: In queste due pagine è il nero a farla da padrone. Un oscurità totalizzante avvolge ogni cosa anche le vignette stesse, che emergono fioca-mente dal buio macchiandosi qua e la di bianco, facendo emergere delle figure tremo-lanti e distorte.

-Analisi dei formanti plastici: In queste due pagine si ha lo sfaldamento totale di ogni struttura. La disposizione inclinata delle vignette restitu-isce un senso di sbandamen-to, la disposizione a vortice, una perdita irreparabile, un immersione nella follia. Il fatto che le vignette siano poste sopra un’altra illustrazione, cha fa da sfondo, serve a contestualizzarle ma non in un luogo fisico quanto in un luogo della mente, una parte oscura e perduta della psi-che. A pagina 167 le vignette stesse perdono gradualmen-te il loro significato plastico per trasfigurarsi in elemento figurativo (pagine che cado-no) prima distorcendosi e poi rimpicciolendosi e cadendo a spirale nel vuoto. Si rompe così anche l’ordine di lettura,

le ultime due vignette si leg-gono con l’ordine destra-si-nistra.

Ricezione

Il lettore in queste due pagine viene letteralmente trascinato sul fondo insieme a Quinn, la mancanza di punti di riferi-mento, la mancanza di una vera e propria chiusura (lo spazio bianco è sostituito dallo “spazio nero” dello sfon-do) la prevalenza cromatica dell’oscurità, le stesse parole nelle didascalie (“Sembrava che ci fosse meno tempo...”) destabilizzano ogni perce-zione temporale. Non si sa quanto quell’attimo nella follia sia durato, se giorni, mesi, anni, o solo il tempo di esala-re un ultimo respiro.

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Pagina 172 – 173

Analisi figurativa

In queste ultime pagine abbiamo un cambiamento totale di contesto. Si sco-pre che sebbene il narratore fosse Quinn la storia è stata ricostruita e riproposta da uno scrittore, amico di Paul Auster che ha trovato i qua-derni di Daniel. Si vede una macchina da scrivere, sulla quale l’autore scrive un testo che prosegue nelle vignet-te successive. Si vedono le strade di una città indefinita, ma in questa nuova realtà c’è un elemento che mantiene il collegamento con il resto della storia: il quaderno.

Analisi Plastica

-Organizzazione topologica: Molte cose testimoniano il cambio di contesto, la griglia è molto libera, non si riesce a distinguere un’organizzazione spaziale comune a queste ultime due pagine. Le dida-scalie, non più riquadrate e individuate soltanto da uno spazio bianco che invade la vignetta, sono spesso poste in alto, altre volte in basso o nel mezzo della rappresenta-zione.

-Organizzazione eidetica: le linee che guidano lo sguardo sono fortemente influenza-te dal fatto che esploriamo un’area, così ci saranno curve, rettilinei e diagona-li. Ognuna delle due tavole è aperta e chiusa da una vignetta larga quanto tutta la

pagina ad andamento oriz-zontale.

-Organizzazione cromatica: Sul piano cromatico abbia-mo una variazione notevole, alla scacchiara di bianchi e neri nettissimi si aggiunge una mezzatinta molto liquida, probabilmente acquerellata. Ne deriva un’immagine più rarefatta, meno contrastata. Il bianco è comunque il colore dominante, che individua le didascalie entrando di prepo-tenza nelle vignette riquadra-te sempre dal bianco (manca il cornicione nero) in modo irregolare e tremolante.

-Analisi dei formanti plasti-ci: Il cambiamento plastico e figurativo così radicale ci comunica che ci troviamo non solo in un luogo diverso, popolato di personaggi ester-ni alla storia, ma proprio su un piano narrativo diverso. La tavola si apre con una mac-china da scrivere dalla quale possiamo leggere ciò che è scritto sulla pagina, questa figura trascende la sua rap-presentazione figurativa per diventare elemento plastico della narrazione, è a tutti gli effetti una didascalia a forma di macchina da scrivere. Le didascalie che seguono sono facilmente individuabili come la continuazione del testo scritto con la macchina, per via dell’utilizzo dello stesso font (esattamente quello di una macchina da scrivere). Anche il bianco che individua le stesse didascalie rimanda al bianco senza margini della pagina infilata nella macchi-na.

Ricezione

La chiusura in queste pagine è molto irregolare, vi è uno spazio bianco ma è frasta-gliato. Questo da alla lettura una certa cadenza ma rende l’atmosfera rarefatta, comuni-ca un senso di spesamento. Si è in grado di individuare delle unità temporali ricorrenti ma non sappiamo quanto effettivamente durino. Con queste ultime pagine il lettore è accompagnato definitiva-mente “fuori” dalla storia e qui ci si può identificare con la figura dello scrittore, il cui volto non viene mai mostrato. Noi come lui non sappiamo quale sia stata la vera fine di Daniel Quinn e possiamo solo augurargli buona fortuna.

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5. Bibliografia e Sitografia

-Paul Auster, Trilogia di New York, Super ET-Auster, Karasik, Mazzucchelli, Città di Vetro, Coconino Press -Groensteen Thierry, Il sistema fumetto, ProGlo edizioni-Dario Viganò, Dizionario della comunicazione, Carocci-Daniele Barbieri http://www.danielebarbieri.it/def.asp

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