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Jul 06, 2018

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  • 8/17/2019 chfi3

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    Chimica FisicaSoluzioni

    AA 2013-2014

    Antonino Polimeno

    Dipartimento di Scienze Chimiche

    Universit à degli Studi di Padova

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    Capitolo 1

    Soluzioni: grandezze fondamentali emiscele gassose

    Nella terza parte di queste dispense di lezione considereremo i sistemi termodinamici caratterizzatidalla presenza di pi´u componenti chimici, ma in assenza di reazioni chimiche , cioè di processi checomportino la variazione delle coordinate di composizione dei sistemi stessi. Prima di procedere con ladescrizione delle propriet` a delle soluzioni ideali e reali, introdurremo una serie di nuove propriet` a formalidei sistemi multi-componente, le grandezze parziali molari e l’equazione principale che ne descrive lecaratteristiche, vale a dire la legge di Gibbs-Duhem . Deniremo inoltre la relazione generale che permettedi determinare il numero di gradi di libert` a termodinamici di un sistema,

    1.1 Grandezze parziali molari

    Le varie funzioni termodinamiche estensive denite nei Capitoli precedenti V , U , S , H , A, G sonofacilmente convertite in grandezze intensive per un sistema ad un componente previa divisione per ilnumero di moli totali di sostanza del sistema, V m = V /n , U m = U/n etc. Le relazioni differenziali trale grandezze di stato sono facilmente convertibili, per un sistema monocomponente, nella loro formamolare; cośı per esempio il differenziale fondamentale diviene

    dU m = T dS m − pdV m + µdn (1.1)

    dove µ è per denizione l’aumento di energia interna dovuto all’aggiunta di un numero di moli disostanza dn ad entropia e volume costanti (ed è anche uguale alla variazione di energia di Gibbs dovutoall’aggiunta di un numero di moli di sostanza dn ad temperatura e pressione costanti etc.). La conoscenzadelle grandezze molari e del numero di moli permette di denire completamente il comportamento diun sistema ad un componente.

    Se ora passiamo a sistemi a pi´u componenti chimici, l’utilit` a delle grandezze molari viene meno: in unsistema composto da varie specie chimiche infatti, l’esistenza di interazioni tra le varie specie chimichenon permette di considerare, in generale, che l’energia interna, per esempio, sia la somma delle energieinterne molari delle specie presenti moltiplicate il numero di moli di ciascuna specie (a meno di nonconsiderare le soluzioni ideali , cfr. il prossimo Capitolo). Possiamo per` o denire delle nuove grandezze

    1

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    2 CAPITOLO 1. SOLUZIONI: GRANDEZZE FONDAMENTALI E MISCELE GASSOSE

    intensive che permettono di descrivere quantitativamente i sistemi termodinamici reali, denite comegrandezze parziali molari . Per una generica funzione di stato estensiva E , con E = U , V etc.deniamo la corrispondente grandezza parziale molare relativa all’ i-esimo componente come

    Ē i = ∂E ∂n i T,p, n ′i

    (1.2)

    cioè la variazione di E divisa per la variazione innitesima delle moli dell’ i-esima sostanza, a temper-atura, pressione e numero di moli di tutte le altre sostanze costanti. Per esempio l’ i-esimo volumeparziale molare è semplicemente

    V̄ i =∂V ∂n i

    T,p, n ′i

    (1.3)

    mentre l’energia libera di Gibbs parziale molare è

    Ḡi =∂G∂n i

    T,p, n ′i

    ≡ µi (1.4)

    cioè coincide per denizione con il potenziale chimico della specie i-esima.L’importanza delle grandezze parziali molari risiede nella seguente caratteristica

    La somma dei prodotti delle grandezze parziali molari per il numero di com-

    ponenti è uguale alla grandezza estensiva

    vale a direE =

    iĒ i n i (1.5)

    L’equazione (1.5) permette di calcolare il valore della grandezza estensiva, per esempio il volume totaledi una soluzione, note le grandezze parziali molari, per esempio i volumi parziali dei componenti diuna soluzione. La relazione pu`o essere ottenuta combinando le propriet` a matematiche e siche dellegrandezze di stato. Cominciamo esprimendo il differenziale totale di E nelle variabili T , p e n i

    dE =∂E ∂T

    p,n

    dT +∂E ∂p

    T, n

    dp+i

    ∂E ∂n i

    T,p, n′

    i

    dn i ≡∂E ∂T

    p,n

    dT +∂E ∂p

    T, n

    dp+i

    Ē i dn i (1.6)

    questa è una conseguenza matematica del fatto che dE che è un differenziale esatto, cioè che E èuna funzione di stato. Supponiamo ora di aumentare la massa del sistema a temperatura, pressione ecomposizione costante, cioè di integrare la precedente relazione da uno stato iniziale E ad uno stato naleE f mantenendo inalterate la temperatura, la pressione e le proporzioni relative tra i vari componenti.Otteniamo

    ∆ E = E f − E in =i

    Ē i ∆ n i (1.7)

    le grandezze parziali molari dipendono solo dalla temperatura, pressione e composizione relativa edunque restano costanti: questa è un’ipotesi sica, che denisce la natura delle grandezze intensive.

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    1.1. GRANDEZZE PARZIALI MOLARI 3

    L’aumento di massa pu` o essere espresso, considerando che la funzione è estensiva, come E f = kE dovek è il fattore di aumento di massa. Ne segue che

    (k − 1)E =

    i

    Ē i (k − 1)n i → E =

    i

    Ē i n i (1.8)

    Alternativamente, avremmo potuto ottenere direttamente la (1.5) come una applicazione banale delteorema di Eulero, applicato ad E , grandezza omogenea di grado 1 rispetto ai numeri di moli di ognicomponente

    i

    ∂E ∂n i

    T,p, n ′i

    = 1 × E → E =i

    Ē i n i (1.9)

    Ogni grandezza estensiva pu` o dunque essere espressa come somma delle relative grandezze parzialimolari

    V =i

    V̄ i n i (1.10)

    S =i

    S̄ i n i (1.11)

    U =i

    Ū i n i (1.12)

    H =i

    H̄ in i (1.13)

    A =i

    Āi n i (1.14)

    G =i

    Ḡ i n i (1.15)

    che nel caso di un sistema monocomponente si riducono alle consuete relazioni V = V m n etc. Si puònotare come con la medesima semplice tecnica si possano ottenere relazioni integrate a partire da ciascundifferenziale fondamentale

    U = T S − pV +i

    µi n i (1.16)

    H = T S +i

    µi n i (1.17)

    A = − pV + i µi n i (1.18)

    G =i

    µi n i (1.19)

    e queste relazioni sono chiaramente in accordo con le denizioni di H , A e G. Fra le grandezze parzialimolari esistono relazioni del tutto analoghe a quelle esistenti fra le grandezze estensive originarie. Peresempio, data la denizione di entalpia, H = U + pV , possiamo differenziale a rispetto a n i tenendo T , p e n ′i costanti ottenendo subito H̄ i = Ū i + pV̄ i etc.

    Le grandezze molari pi´u usate sono (a parte i potenziali chimici, naturalmente) le entalpie parzialimolari e i volumi parziali molari. Uno metodo di determinazione sperimentale è illustrato nel seguito peril caso delle entalpie parziali molari di una soluzione a due componenti. Siano H m, 1 e H m, 2 le entalpie

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    4 CAPITOLO 1. SOLUZIONI: GRANDEZZE FONDAMENTALI E MISCELE GASSOSE

    molari dei due componenti puri e H̄ 1 e H̄ 2 le entalpie parziali molari in una soluzione di n1 moli delcomponente 1 e n2 moli del componente 2. Il calore assorbito dalla soluzione all’atto del mescolamentoè

    (n1 H̄ 1 + n 2 H̄ 2) − (n1H m, 1 + n2H m, 2) = n1( H̄ 1 − H m, 1) + n2( H̄ 2 − H m, 2) (1.20)

    dividendo per n 1 + n2 si ottiene il calore assorbito per mole di soluzione ∆ H m

    ∆ H m = x1( H̄ 1 − H m, 1) + x2( H̄ 2 − H m, 2) = (1 − x2)( H̄ 1 − H m, 1) + x2( H̄ 2 − H m, 2) (1.21)

    La quantit`a ∆ H m può essere misurata sperimentalmente e riportata in graco contro, per esempio, x2.Per una valore dato x ′2 abbiamo i valori corrispondenti H̄

    ′1, H̄

    ′2 e ∆ H

    ′m ; si ottiene inoltre

    ∂ ∆ H m∂x 2

    |x 2 = x ′2 = − ( H̄ ′1 − H m, 1) + ( H̄

    ′2 − H m, 2) (1.22)

    da cui, eliminando H̄ ′2 − H m, 2 dalla (1.21) per x2 = x′2:

    H̄ ′1 − H m, 1 = ∆ H ′m − x

    ′2

    ∂ ∆ H m∂x 2

    |x 2 = x ′2 (1.23)

    che come si può vedere dal graco in Figura (1.1), è uguale all’intercetta della retta tangente alla curvache esprime ∆ H m in funzione di x2 con l’asse verticale a x2 = 0: infatti ∆ H ′m è il segmento EG, x

    ′2 è il

    segmento AE, mentre la derivata in x′2 è il rapporto tra FG e CF=AE, da cui risulta che H̄ ′1 − H m, 1 è

    pari alla differenza tra i segmenti EG e FG, cioè AC; analogamente H̄ ′2 − H m, 2 è ottenuto dall’intercetta

    con l’asse verticale a x2 = 1, cioè il segmento BD. Con una procedura analoga possiamo per esempio

    Figura 1.1: Graco per la determinazione delle entalpie parziali molari di una miscela binaria.

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    1.2. MESCOLAMENTO DI UNA MISCELA GASSOSA PERFETTA 5

    valutare i volumi parziali molari relativi ai volumi molari dei componenti di una soluzione binaria; anziin questo caso possiamo anche conoscere i volumi molari, quindi sono noti i volumi parziali molariassoluti . Si noti che le grandezze parziali molari possono essere negative: un volume parziale molarenegativo per un componente dato ad una composizione data implica che un’aggiunta innitesima delcomponente provoca una diminuzione del volume totale della soluzione.

    1.2 Mescolamento di una miscela gassosa perfetta

    Analizziamo ora il comportamento del pi´ u semplice esempio di soluzione che possiamo immaginare, cioèuna miscela gassosa formata da gas perfetti, detta anche miscela perfetta ). Una miscela perfetta è unamiscela di componenti chimici diversi non reagenti per ognuno dei quali il potenziale chimico è denibilesecondo la relazione:

    µi = µ⊖

    i + RT ln p p⊖ + RT ln x i (1.24)

    dove p è la pressione totale e xi è la frazione del componente. Per denizione, il potenziale chimicostandard è indipendente dalla pressione e dalla composizione, e quindi coincide con il potenziale chimicodel solo componente i-esimo in forma pura alla pressione standard. Denendo la pressione parziale come pi = x i p (da cui segue ovviamente che i pi = p), l’equazione precedente diviene

    µi = µ⊖i + RT ln pi p⊖

    (1.25)

    Dall’espressione che denisce il potenziale chimico del componente di una miscela (gassosa) perfetta,possiamo facilmente calcolare l’equazione di stato come

    ∂µ i∂p

    t, n ′i

    = RT

    p ≡ V̄ i (1.26)

    cioè il volume parziale è uguale per tutti componenti e vale di conseguenza la legge dei gas perfetti

    V =i

    n i V̄ i =i

    n iRT p

    = nRT p

    (1.27)

    Possiamo ora considerare il processo di formazione di una miscela perfetta a partire dai suoi componenti,a temperatura e pressione totale costanti. Dobbiamo naturalmente fare attenzione a considerare le

    condizioni di mescolamento. Analizziamo dapprima il comportamento di N componenti chimici gassosiperfetti a temperatura T , ciascuno a pressione pi, in , ognuno presente in misura di n i moli. Mescoliamolimantenendo constante la temperatura ; si trova facilmente che

    calore di mescolamento: dalla legge di Gibbs-Helmholtz relativa alle entalpie ed energia liberemolari risulta

    ∂µ i /T ∂T

    p,n=

    dµ⊖i /T ddT

    = −H̄ iT 2

    (1.28)

    ma questa equazione ci dice che l’entalpia molare parziale dipende solo dalla temperatura (perchéµ⊖i dipende solo dalla temperatura), quindi deve essere uguale a qualunque composizione, inclusa

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    6 CAPITOLO 1. SOLUZIONI: GRANDEZZE FONDAMENTALI E MISCELE GASSOSE

    quella corrispondente al componente i-esimo puro ( x i = 1), ed è peraltro uguale all’entalpiamolare; quindi il calore di mescolamento è nullo, ∆ mix H = 0;

    energia libera di mescolamento: calcoliamo ora l’energia libera di mescolamento. L’energia libera

    totale iniziale è

    Gin =i

    n i µ⊖i + RT ln pi, in p⊖

    (1.29)

    mentre quella nale è

    Gn =i

    n i µ⊖i + RT ln pi, n p⊖

    (1.30)

    Quindi l’energia libera di mescolamento è

    ∆ mix G = RT i

    n i ln pi, n pi, in(1.31)

    mentre l’entropia di mescolamento è semplicemente ottenuta tenendo conto che ∆ mix H = 0

    ∆ mix S = −∆ mix G

    T = − R

    in i ln

    pi, n pi, in

    (1.32)

    Nel caso in cui le pressioni iniziali di ciascun gas siano uguali alla pressione nale totale, pi, in = pn ,le espressioni precedenti sono semplicate tenendo conto che pi, n = x i pn da cui segue che

    ∆ mix G = RT i

    n i ln x i (1.33)

    ∆ mix S = − Ri

    n i ln x i (1.34)

    Questo tipo di mescolamento si dice a volume costante; per visualizzarne un esempio pensiamo aigas racchiusi in comparti di un recipiente rigido separati da pareti interne mobili, che inizialmentesono in equilibrio meccanico, cioè con la stessa pressione. Togliendo le pareti interne, il sistemasi mescola e la pressione nale è pari alla pressione iniziale di ciascun componente. Il processocomporta una variazione positiva di entropia ed una diminuzione di energia libera ( x i < 1), come

    ci si può aspettare da un processo spontaneo.

    Cambiando le condizioni di mescolamento, le grandezze di mescolamento possono cambiare. Conside-riamo il caso in cui ogni componente sia presente in misura di n i moli, ed occupi un volume sso V i .In pratica ora consideriamo delle pareti rigide, non mobili, che separano i comparti interni del nostrorecipiente. Possiamo per esempio immaginare un sistema di N palloni, a volume noto, separato darubinetti chiusi, ciascuno contenente un gas diverso. Ora apriamo i rubinetti e permettiamo il liberomescolamento dei gas. La temperatura nale è sempre T mentre la pressione è pn . L’energia liberainiziale è

    Gin = i n i µ⊖

    i + RT ln pi, in p⊖ = i n i µ

    i + RT ln n i RT V i p⊖ (1.35)

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    1.2. MESCOLAMENTO DI UNA MISCELA GASSOSA PERFETTA 7

    Figura 1.2: Mescolamento di una miscela gassosa binaria perfetta a partire da recipienti in equilibriomeccanico.

    mentre quella nale è

    Gn =i

    n i µ⊖

    i + RT ln pi, n p⊖ = i n

    i µ⊖

    i + RT ln x i pn

    p⊖ (1.36)

    Quindi l’energia libera di mescolamento è, tenendo conto che xi = n i / i n i e che pn V = i n i RT

    ∆ mix G = RT i

    n i ln V iV

    (1.37)

    dove V è il volume totale del recipiente. Ancora una volta la variazione è negativa ed il processo èspontaneo. Per un sistema binario l’energia libera di mescolamento a volume costante per mole dimiscela, in unit`a RT in funzione della frazione molare di un componente è semplicemente

    ∆ mix GnRT = x1 ln x1 + (1 − x1)ln(1 − x1) (1.38)

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    8 CAPITOLO 1. SOLUZIONI: GRANDEZZE FONDAMENTALI E MISCELE GASSOSE

    Figura 1.3: Mescolamento di una miscela gassosa binaria perfetta a partire da recipienti di volume dato.

    In Figura (1.4) l’energia libera di mescolamento è posta in graco contro x1; la funzione è sempre nega-tiva, quindi una miscela gassosa perfetta (binaria) si forma spontaneamente a qualunque composizione.

    1.3 Equazione di Gibbs-Duhem

    Tra le grandezze molari parziali sussistono molte relazioni utili. Se consideriamo il differenziale fonda-mentale di dG, otteniamo le relazioni di Maxwell

    ∂µ i∂p

    T, n= V̄ i (1.39)

    ∂µ i

    ∂T p,n= − S̄ i (1.40)

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    1.3. EQUAZIONE DI GIBBS-DUHEM 9

    Figura 1.4: Energia libera di mescolamento in una miscela binaria gassosa perfetta (mescolamento avolume costante).

    Tenendo conto che µi = H̄ i − T S̄ i otteniamo facilmente

    µi = H̄

    i + T

    ∂µ i

    ∂T p,n→

    ∂µ i /T

    ∂T p,n= −

    H̄ iT 2

    (1.41)

    cioè l’equivalente dell’equazione di Gibbs-Helmholtz per un sistema a molti componenti. Ma la relazionepiú importante, per qualunque grandezza parziale molare, è ottenuta differenziando l’equazione (1.5)

    dE =i

    n i dĒ i + Ē i dn i (1.42)

    combinando questa espressione differenziale con il differenziale di E rispetto a T , p ed n i

    dE =∂E

    ∂T p,ndT +

    ∂E

    ∂p T, ndp +

    iĒ i dn i (1.43)

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    10 CAPITOLO 1. SOLUZIONI: GRANDEZZE FONDAMENTALI E MISCELE GASSOSE

    si ottiene l’importante relazione differenziale che lega tutte le variabili intensive

    ∂E ∂T

    p,ndT +

    ∂E ∂p

    T, ndp −

    in i d Ē i = 0 (1.44)

    che a T e p costanti diviene semplicemente, dividendo anche per il numero di moli totali i n ii

    x i dĒ i = 0 (1.45)

    Nel caso dell’energia di Gibbs E = G, l’equazione (1.44) prende la forma

    − SdT + V dP −i

    n idµi = 0 (1.46)

    la (1.46) è detta equazione di Gibbs-Duhem , e correla le variazioni di temperatura, pressione epotenziali chimici. A temperatura e pressione costanti l’equazione di Gibbs-Duhem prende la forma

    ix i dµi = 0 (1.47)

    Per un sistema binario a pressione e temperatura costante possiamo perci` o scrivere

    x1dµ1 + x2dµ2 = 0 (1.48)

    Una variazione innitesimale del potenziale chimico di un componente è quindi causa di una variazioneinnitesimale del potenziale chimico dell’altro componente.

    1.4 Miscela gassosa reale

    Possiamo subito discutere un’applicazione dell’equazione di Gibbs-Duhem considerando una miscelagassosa reale, per la quale il potenziale di ciascun componente è

    µi = µ⊖i + RT ln f i p⊖

    (1.49)

    lim p→ 0

    f i pi

    = 1 (1.50)

    dove µ⊖i dipende solo da T , ed è identico al potenziale chimico standard del gas reale puro. Il calcolo

    della fugacit à parziale in funzione della pressione a temperatura e composizione costante pu` o essereeffettuato in analogia con la fugacit` a di un gas puro. Si ottiene

    ln f i pi

    = pmis

    0

    V̄ iRT

    − 1 p

    dp (1.51)

    Il calcolo della fugacit à di un componente in una miscela reale è dunque una misura lunga e complessa.È infatti necessario misurare, per una temperatura, pressione e composizione date, tutti i volumi parzialimolari in un intervallo di pressioni da 0 alla pressione di misura. In pratica, per esempio in un miscelabinaria, si devono misurare le variazioni di volume della miscela a varie composizioni, ad una datapressione; da questi dati si possono ricavare i volumi parziali alla composizione desiderata. La serie dimisure si ripete ad una seconda pressione e cośı via. Come possiamo vericare la correttezza dei dati

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    1.5. APPROFONDIMENTI 11

    di fugacit à cośı ricavati? La risposta viene dalla relazione di Gibbs-Duhem. Per una miscela binariaabbiamo

    x1dµ1 + x2dµ2 = 0 → x1d ln f 1 + x2d ln f 2 = 0 (1.52)

    che pu ò facilmente essere posta nella forma, detta di Duhem-Margules∂ ln f 1∂ ln x1

    +∂ ln f 2∂ ln x2

    = 0 (1.53)

    Una descrizione meno accurata delle miscele gassose pu` o essere costituito dalle miscele ideali , per lequali si accetta la denizione

    µi = µ∗i + RT ln x i (1.54)

    con µ∗i funzione della temperatura e della pressione; come vedremo una relazione analoga sar` a denita inseguito anche per le soluzioni ideali liquide e solide. Le miscele gassose ideali costituiscono un modelloapprossimato meno restrittivo delle miscele gassose perfette, ed alcune loro propriet` a sono descrittenegli approfondimenti di questo Capitolo.

    1.5 Approfondimenti

    1.5.1 Miscele gassose ideali

    In una miscela gassosa ideale il potenziale chimico di ciascun componente gode delle propriet` a

    ∂µ i∂p

    T, n=

    ∂µ∗i∂p

    T, n≡ V̄ i (1.55)

    ∂µ i /T ∂T

    p,n=

    ∂µ∗i /T ∂T

    p,n≡ −

    H̄ iT 2

    (1.56)

    quindi, poiché non vi è dipendenza dalla composizione, il volume molare parziale e l’entalpia molareparziale sono uguali al volume molare ed all’entalpia molare del componente puro. In una miscela idealeil calore di mescolamento ed il volume di mescolamento a pressione e temperatura costanti sono nulli,come in una miscela perfetta.

    Se si accetta l’approssimazione ideale per una miscela reale, possiamo ricavare una stima semplicedella fugacit à. Combinando infatti la denizione di potenziale chimico di un componente in un miscela

    reale con la (1.54) otteniamoRT ln

    f i p⊖ x i

    = µ⋆i − µ⊖

    i (1.57)

    per denizione il secondo membro di questa equazione non dipende dalla composizione, quindi il primomembro mantiene lo stesso valore per qualunque valore di x i ; per x i = 1 la fugacit à f i è la fugacit à delcomponente puro e perci` o per una soluzione gassosa ideale

    RT ln f i

    p⊖ x i= RT ln

    f puroi p⊖

    → f i = x i f puroi (1.58)

    questa relazione è nota come regola di Lewis-Randall : in una miscela gassosa ideale la fugacit`adi ciascun componente è pari alla frazione molare del componente moltiplicata per la fugacit` a che il

    componente avrebbe allo stato puro, alla stessa temperatura e pressione.

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    12 CAPITOLO 1. SOLUZIONI: GRANDEZZE FONDAMENTALI E MISCELE GASSOSE

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    Capitolo 2

    Soluzioni: proprietà generali e soluzioniideali

    Descriveremo in questo Capitolo le propriet` a termodinamiche delle soluzioni ideali , che costituisconouna descrizione approssimata delle soluzioni reali; come i gas reali tendono al comportamento del gasperfetto a basse pressioni, cośı le soluzioni reali assumono comportamenti limite analoghi a quelli dellesoluzioni ideali in condizione di bassa diluzione (eccesso di solvente).

    2.1 Regola delle fasi

    Prima di tutto, è necessario stabilire una relazione generale tra il numero di gradi di libert` a (cioè di

    variabili intensive che si possono variare liberamente) e numero di fasi e componenti chimici di unsistema multicomponente.

    Le condizioni di equilibrio termodinamico tra due fasi separate da una membrana sono date dall’uguaglianzadi pressione (se la membrana non è rigida), di temperatura (se la membrana non è adiabatica) e di poten-ziale chimico per ogni specie chimica contenuta nelle due fasi (e che possa passare liberamente attraversola membrana). Per esempio possiamo scrivere per le due fasi 1 e 2 di un sistema monocomponente

    p1 = p2 (2.1)

    T 1 = T 2 (2.2)

    µ1(T 1 , p1) = µ2(T 2, p2) (2.3)

    l’ultima eguaglianza esprime la condizione di equilibrio chimico e pu` o essere interpretata come la curvadi intersezione delle supercie che rappresentano i potenziali chimici nelle due fasi in funzione dellatemperatura e pressione. Il sistema ha dunque un solo grado di libert` a , cfr. Figura (2.1).

    È possibile generalizzare il bilancio di variabili intensive e vincoli di equilibrio, per trovare il numerodi gradi di libert`a di un sistema formato da varie fasi e diversi componenti chimici. Consideriamodapprima il caso di un sistema in equilibrio termodinamico formato da F fasi e C componenti nonreagenti fra loro; ammettiamo che tutti i componenti siano presenti in ogni fase . Lo stato di ciascunafase è denito dai potenziali chimici, dalla temperatura e dalla pressione, cioè da C + 2 variabili, cheper ò devono essere le stesse in tutte le fasi per la condizione di equilibrio meccanico (pressione), termico

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    14 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    Figura 2.1: Coesistenza di due fasi in un sistema all’equilibrio.

    (temperatura) e chimico (potenziali chimici). Quindi tutto il sistema è descritto da C + 2 variabili.Ma per ogni fase deve anche valere una relazione di Gibbs-Duhem, per esempio per la fase 1 si haS 1dT − V 1dp + i n i1dµi = 0; di consequenza il numero di gradi di libert` a o varianza è dato dal numero

    di variabili ( C + 2) meno i vincoli (pari al numero di fasi, F )V = C + 2 − F (2.4)

    questa è la famosa regola delle fasi, ricavata per primo da Gibbs. Si noti che non è necessario che tuttii componenti siano presenti in tutte le fasi; se per esempio il componente j -esimo non esiste nella fase1, la corrispondente relazione di Gibbs-Duhem resta valida ma non contiene il termine n j 1dµ j .

    Un modo alternativo, meno elegante ma forse pi´ u immediato di ricavare la regola delle fasi è dicontare tutte le variabili e tutti i vincoli, includendo esplicitamente tra i vincoli le condizioni di equilibrio.Se in ogni fase sono contenute tutte le C specie, si hanno senza contare i vincoli di equilibrio 2 + C − 1 =C + 1 (cioè temperatura, pressione e frazioni molari) variabili per fase; d’altra parte si hanno ancheF − 1 eguaglianze tra pressioni per l’equilibrio meccanico, F − 1 eguaglianze tra temperature (equilibrio

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    2.1. REGOLA DELLE FASI 15

    termico), e C (F − 1) eguaglianze di potenziale chimico (equilibrio chimico per ogni componente). Lavarianza risulta perci` o

    V = F (C + 1) − (C + 2)( F − 1) = C + 2 − F (2.5)

    Se un componente manca da una fase si ha una variabile in meno per specicare lo stato della fase,ma anche un vincolo di equilibrio in meno (relativo al potenziale chimico del componente) e quindi laregola resta vericata.

    La regola delle fasi deve essere modicata in presenza di vincoli aggiuntivi, come per esempio unapressione totale imposta dall’esterno, o dalla presenza di membrane semi-impermeabili, che cioè con-sentono il passaggio solo di alcuni componenti chimici, od inne dalla presenza di reazioni chimicheindipendenti. In effetti, come vedremo nella quarta parte di queste dispense di lezione, una reazionechimica si traduce in una relazione tra i potenziali chimici nella forma i ν i µi , dove ν i sono i coefficientistechiometrici della reazione; di conseguenza, se sono R le reazioni chimiche indipendenti, la regola delle

    fasi risulta modicata

    V = C − R + 2 − F (2.6)

    La regola delle fasi non deve essere applicata in modo meccanico, ma utilizzata in modo intelligente perdeterminare la varianza di un sistema. Alcuni esempi possono essere utili.

    1. l’esempio piú semplice è quello di una sostanza pura in una fase in equilibrio con una seconda fase(per esempio liquido/vapore); la varianza è evidentemente 1+2-2=1;

    2. se le fasi del sistema in equilibrio sono tre la varianza è 1+2-3=0: il punto triplo di una sostanza è

    denito da una ben precisa condizione di temperatura e pressione, che non pu` o essere modicata3. un liquido è in equilibrio con il suo vapore ed un gas insolubile nel liquido stesso, in un pallone

    chiuso: V = 2 + 2 − 2 = 2; se la pressione imposta alla miscela vapore-gas dall’esterna è costantesi ha un vincolo aggiuntivo, e la varianza scende a 1.

    Consideriamo come esempio ulteriore un sistema chiuso formato da tre specie chimiche A, B e C, tra lequali sussista una reazione chimica nella forma A = B+C, e che possa avere una fase vapore e/o liquida:

    1. se il sistema è solo nella fase vapore la varianza V è 3-1+2-1=3, cioè si possono variare la tem-peratura, la pressione ed una frazione molare; ma se il sistema è stato preparato a partire solo da

    A, si possono formare solo numeri uguali di moli di B e C, e ci` o costituisce un vincolo aggiuntivo ,per cui la varianza è 2;

    2. se il sistema è costituito da un vapore misto e da un fase A liquida, la varianza è 2 nel casogenerale; ma se il sistema è stato preparato partendo solo da A il vincolo aggiuntivo impone cheV = 1;

    3. se il sistema è costituito da una fase liquida e vapore, entrambe miste, la varianza è 2, co-munque il sistema sia stato preparato, anche a partire solo da A, in quanto viene meno il vincolodell’uguaglianza delle moli di B e C in una delle due fasi, in quanto le solubilit` a delle due specie

    nel liquido possono essere diverse.

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    16 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    Figura 2.2: Varianza e fasi in un sistema monocomponente

    2.2 Propriet̀ a generali delle soluzioni

    Consideriamo ora alcune delle relazioni generali esistenti tra le grandezze intensive che descrivono unasoluzione. Per ssare le idee, consideremo sempre nel seguito il caso di una soluzione binaria, trannequando non sar`a specicato altrimenti in modo esplicito. Per descrivere correttamente una soluzione(liquida o solida) è necessario innazitutto specicare se è in presenza oppure no di un’altra fase. Peresempio, ponendo in soluzione del cloruro di sodio in acqua in un recipiente chiuso possiamo ottenere,a secondo delle condizioni di temperatura, pressione e composizione una soluzione salina in contattocon sale solido e vapore acqueo, od una soluzione solida di acqua e sale in contatto con una soluzioneliquida etc. Se entrambi i componenti di una soluzione binaria sono volatili (per esempio acqua edetanolo) possiamo avere una soluzione liquida in contatto con una miscela gassosa etc. È evidente chela descrizione degli equilibri di fase e del diagramma di stato di una soluzione pu ò essere molto com-plesso; ci avvicineremo perci`o a questa problema per gradi, discutendo dapprima le propriet` a generali

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    2.2. PROPRIET À GENERALI DELLE SOLUZIONI 17

    Figura 2.3: Varianza e fasi per Al 2SiO5

    delle soluzioni che non richiedano speciali denizioni del potenziale chimico, in questa sezione; poi in-trodurremo, a livello fenomenologico, alcune caratteristiche sperimentali dei diagrammi di stato dellesoluzioni, nella prossima sezione; inne il resto del Capitolo sar` a dedicato ad un modello particolare perle soluzioni, il modello delle soluzioni ideali, gi à in parte introdotto nel Capitolo precendente per le solemiscele gassose. Il Capitolo successivo è dedicato ad una descrizione pi´ u accurata delle soluzioni reali.

    Distinguiamo le relazioni generali in base al numero e al tipo di fasi presenti.Soluzione monofasica Consideriamo innanzitutto una soluzione binaria monofasica. le variabili

    intensive sono quattro, per esempio la temperatura T , la pressione p ed i potenziali chimici deicomponenti, µ1 e µ2, o le frazioni molari x1 e x2. È per ò evidente dalla regola delle fasi che solotre variabili sono libere, per esempio T , p ed una frazione molare od un potenziale chimico. Ci` odiscende del resto anche dall’equazione di Gibbs-Duhem

    SdT − V dp+ n1dµ1 + n2dµ2 = 0 (2.7)

    che lega fra loro le variazioni dT , dp, dµ1 e dµ2. La relazione precedente pu` o essere posta in una

    forma che coinvolge solo le frazioni molari e i potenziali chimici. Se infatti esprimiamo dµ1 e dµ2in funzione per esempio di T , p e x1 (le variabili scelte come indipendenti) abbiamo che

    SdT − V dp+ n1 − S̄ 1dT + V̄ 1dp + ∂µ1∂x 1

    dx1 + n2 − S̄ 2dT + V̄ 2dp + ∂µ2∂x 1

    dx1 = 0 (2.8)

    dove si è fatto uso delle relazioni tra entropia, energia libera e volume parziale molare per ognicomponente; si vede subito che i termini in dT e dp vanno a zero (perch́e per esempio S =n1 S̄ 1 + n2S̄ 2) e quindi

    n1∂µ 1∂x 1 + n2

    ∂µ 2∂x 2 = 0 → x1

    ∂µ 1∂x 1 + (1 − x1)

    ∂µ 2∂x 2 = 0 (2.9)

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    18 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    dove la seconda espressione è ottenuta dividendo per n = n1 + n2, e le derivate sono intese a T , pcostante. Naturalmente questa espressione è vera anche per una fase binaria in contatto con altrefasi: solo che in questo caso sono presenti delle relazioni aggiuntive che riducono ulteriormente ilnumero di variabili libere.

    Effetto di un gas inerte sulla tensione di vapore . Si tratta sostanzialmente di un sistema bifasicoa due componenti, in cui uno dei componenti esiste nelle due fasi (liquido/solido e vapore), l’altrosolo nella fase vapore. La varianza del sistema è due. Indichiamo con p la tensione di vaporedel componente bifasico e con ptot la pressione totale. Dall’uguaglianza dei potenziali chimici delcomponente bifasico nelle due fasi, dµg = dµc , otteniamo

    ∂µ g∂T

    dT + ∂µg∂p tot

    dptot + ∂µg

    ∂xdx =

    ∂µc∂T

    dT + ∂µc∂p tot

    dptot (2.10)

    dove x è la frazione molare del componente bifasico nella fase vapore. Sostituendo le derivate delpotenziale chimico in fase vapore con l’entropia ed il volume parziale molare si ottiene

    − S̄ gdT + V̄ gdptot +∂µ g∂x

    dx = − S c,m dT + V c,m dptot (2.11)

    Se la fase vapore è una miscela perfetta possiamo scrivere

    µg = µ⊖ (T ) + RT ln ptot p⊖

    + RT ln x (2.12)

    e quindi si pu ò calcolare facilmente il volume parziale molare, V̄ g = RT/p tot ; inne tenendo contoche p = xp tot

    RT d ln p p⊖

    = ( S̄ g − S c,m )dT + V c,m dptot (2.13)

    da cui segue che

    ∂ ln p∂T

    ptot

    =S̄ g − S c,m

    RT =

    H̄ g − H c,mRT 2

    (2.14)

    ∂ ln p∂p tot T

    = V c,m

    RT (2.15)

    L’equazione (2.14) è analoga alla Clausius-Clapeyron, che per` o è corretta sotto due approssi-mazioni: che il vapore sia una fase perfetta e che il volume molare della fase condensata siatrascurabile; la (2.14) è vera solo sotto la condizione che il vapore sia una fase perfetta. La pre-senza di un gas inerte, che non si sciolga nella fase condensata, rende in un certo senso l’uso dellarelazione di Clausius-Clapeyron (o meglio della (2.14), che è analoga) pi´ u accurata. La (2.15)descrive l’effetto della pressione totale sulla tensione di vapore, che è molto modesto, in quantodipende dal solo volume molare della fase condensata.

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    2.2. PROPRIET À GENERALI DELLE SOLUZIONI 19

    Soluzione in contatto con due fasi pure . È questo per esempio il caso di una soluzione liquidasalina in contatto con vapore d’acqua e cloruro di sodio solido. Il numero dei componenti è due edil numero delle fasi tre, la varianza viene perci` o ad essere uno: deve quindi esistere una relazionetra pressione e temperatura, analoga alla legge di Clausius-Clapeyron per un sistema bifasicomonocomponente. Indichiamo con µ1, µ2 il potenziale chimico dei componenti in soluzione e µ′1,µ′2 il potenziale dei componenti nelle due fasi pure. Per il componente 1 possiamo scrivere

    µ1 = µ′1 equilibrio (2.16)

    ∂µ 1∂T

    dT +∂µ 1∂p

    dp +∂µ 1∂x 1

    dx1 =∂µ ′1∂T

    dT +∂µ ′1∂p

    dp (2.17)

    − S̄ 1dT + V̄ 1dp + ∂µ1∂x 1

    dx1 = − S ′1,m dT + V ′

    1,m dp (2.18)

    continuando ad indicare con un apice le grandezze riferite alle fasi pure; semplicando si ottiene

    ∂µ 1∂x 1

    dx1 = − (S ′1,m − S̄ 1)dT + ( V ′

    1,m − V̄ 1)dp (2.19)

    Procedendo nello stesso modo otteniamo per il componente 2

    ∂µ 2∂x 1

    dx1 = − (S ′2,m − S̄ 2)dT + ( V

    ′2,m − V̄ 2)dp (2.20)

    Se moltiplichiamo la (2.19) per x1 e la (2.20) per (1 − x1), sommiamo e teniamo conto della (2.9),

    otteniamodpdT

    =(1 − x1)(S ′1,m − S̄ 1) + x1(S

    ′2,m − S̄ 2)

    (1 − x1)(V ′1,m − V̄ 1) + x1(V ′

    2,m − V̄ 2) (2.21)

    tenendo conto che S ′i,m − S̄ i = T (H ′i,m − H̄ i ) come discende dal fatto che valgono le condizioni di

    equilibrio µi = µ′i si ottiene

    dpdT

    =(1 − x1)(H ′1,m − H̄ 1) + x1(H

    ′2,m − H̄ 2)

    T [(1 − x1)(V ′1,m − V̄ 1) + x1(V ′

    2,m − V̄ 2)] (2.22)

    che esprime la variazione di pressione con la temperatura lungo la curva di coesistenza di unequilibrio trifasico in funzione di effetti termici e di volume.

    Due fasi binarie Gli esempi di sistemi bifasici a due componenti sono molto numerosi, come unasoluzione di due liquidi in contatto con la miscela di vapori; due soluzioni di liquidi miscibili condiversa composizione (per esempio etere/acqua). La regola delle fasi ci permette di affermareche questi sistemi sono bivarianti, e consentono di trovare relazioni che correlano la pressione ela temperatura solo se si ssa la composizione di una delle due fasi. La metodologia di studio èsostanzialmente analoga a quella usata nel caso precedente. Ne rimandiamo l’analisi al prossimoCapitolo, quando discuteremo le propriet` a delle soluzioni reali in connessione con il problema delladistillazione .

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    20 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    2.3 Diagrammi di stato delle soluzioni: dati sperimentali

    Il diagramma di stato di una soluzione binaria, in cui entrambi i componenti siano presenti in fasevapore, è un graco che riporta in ascissa una variabile di composizione della soluzione, per esempio la

    frazione molare del componente 1, e in ordinata le tensioni di vapore dei componenti e la tensione divapore totale, in ogni punto relativamente al vapore in equilibrio con la soluzione avente la composizionein ascissa. In molti casi, per esempio bromuro di etilene con bromuro di propilene, benzene con clorurodi etilene, benzene con metilbenzene etc. la tensione di vapore di un componente è proporzionale alla sua frazione molare in soluzione : come vedremo, questa è la caratteristica deducibile per le soluzioniideali .

    Figura 2.4: Diagramma di stato benzene/metilbenzene

    L’andamento tipico del diagramma di stato per una soluzione ideale (per ora denita come tale

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    2.4. POTENZIALI CHIMICI PER LE SOLUZIONI IDEALI 21

    solo in base al suo comportamento sperimentale) è illustrato in gura (2.4), per una miscela ben-zene/metilbenzene. Come si pu` o vedere, le tensioni di vapore dei due componenti sono direttamenteproporzionali alla loro frazione molare in soluzione; la tensione di vapore totale è data naturalmentedalla somma delle due tensioni di vapore parziali:

    p1 = p∗

    1x1 p2 = p∗

    2x2 (2.23)

    p = p1 + p2 = p∗1x1 + p∗

    2x2 = p∗

    2 + ( p∗

    1 − p∗

    2)x1 (2.24)

    La costante di proporzionalit` a è data, per ogni componente, dalla tensione di vapore del componentepuro alla stessa temeratura, che indichiamo con p∗1,2. L’equazione (2.23) va sotto il nome di legge diRaoult . la maggior parte delle soluzioni liquide non segue la legge di Raoult, e presentano deviazioninegative o positive dal comportamento ideale, come si pu` o vedere in gura (2.5) per le miscele ace-tone/cloroformio (a) e acetone/CS 2 (b). L’analisi delle curve di tensione di vapore delle soluzioni realicome quelle mostrate in gura (2.5) evidenzia due punti importanti

    1. quando xi → 1 la relazione pi = p∗i x i acquista validit` a, in altri termini la curva di tensione divapore per il componente i-esimo è tangente alla retta di Raoult per concentrazioni molto elevatedel componente considerato;

    pi = p∗i x i xi → 1 (2.25)

    2. quando xi → 0 può esistere nondimeno una relazione di linearit` a pi = K i x i , in altri termini lacurva di tensione di vapore per il componente i-esimo è comunque tangente ad una retta perdiluzioni estreme del componente considerato; la relazione limite per basse concentrazioni è dettalegge di Henry

    pi = K i x i xi → 0 (2.26)

    Le soluzioni per le quali uno dei componenti segue la legge di Raoult ( solvente ) mentre gli altriseguono la legge di Henry ( soluti ) si dicono soluzioni ideali diluite .

    Altri esempi di diagrammi di stato di soluzioni binarie includono le soluzioni di gas in liquidi, e dicomponenti parzialmente miscibili. La lettura dei diagrammi di stato pu` o essere in questi ed altri casipiuttosto complicata (vedi il Capitolo seguente).

    2.4 Potenziali chimici per le soluzioni ideali

    Il comportamento delle soluzioni sar` a ora discusso, come abbiamo fatto in precedenza per i gas ideali,reali e le miscele gassose, introducendo una legge sica appropriata per il potenziale chimico e deducendoda questa le propriet` a osservabili dei diagrammi di stato. Iniziamo considerando le soluzioni ideali .Si dice che una soluzione è ideale se il potenziale chimico di ciascun componente dipende linearmentedal logaritmo della sua frazione molare, secondo la relazione

    µi = µ∗i + RT ln x i (2.27)

    dove µ∗i è funzione della temperatura e della pressione. Si noti che

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    22 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    Figura 2.5: Diagramma di stato cloroformio/acetone, con deviazioni negative dall’idealit` a (a) e clor-formio CS2, con deviazioni positive dall’idealit` a (b).

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    2.5. SOLUZIONI IDEALI E LEGGI DI RAOULT ED HENRY 23

    1. una soluzione non deve essere necessariamente ideale in tutto il campo di variazione delle con-centrazioni dei componenti; in altri termini la legge (2.27) pu` o essere corretta in un intervallo dicomposizioni e non valere in un altro;

    2. le miscele gassose ideali sono soluzioni idealiLe soluzioni che sono ideali a tutte le concentrazioni sono anche dette soluzioni perfette .

    2.5 Soluzioni ideali e leggi di Raoult ed Henry

    Consideriamo ora una soluzione, la cui fase vapore in equilibrio sia perfetta. Per ogni componentepresente in entrambe le fasi, il potenziale chimico in soluzione e nel vapore deve essere uguale. Possiamoperci ò scrivere

    µsoli

    = µvapi

    (2.28)

    Se adottiamo la legge (2.27) per descrivere il potenziale chimico del componente in soluzione, ela combiniamo con l’espressione del potenziale chimico del componente nella miscela gassosa perfetta,otteniamo

    µ∗i + RT ln x i = µ⊖

    i + RT ln pi p⊖

    (2.29)

    dove pi è la tensione di vapore del componente e x i è la frazione molare in soluzione. Si trova facilmenteche

    pi = K i x i (2.30)

    K i = p⊖ exp[(µ∗i − µ⊖

    i )/RT ] (2.31)

    Si nota subito che K i è indipendente dalla composizione, perché µ∗i e µ⊖ lo sono. Se la validit à del

    comportamento ideale è presente anche per x i → 1, K i → p∗i , tensione di vapore del componente puro,e quindi si ritrova la legge di Raoult relativa al componente in esame; altrimenti, la (2.30) è la legge diHenry. Ne consegue che una soluzione i cui componenti sono descritti dalla (2.27), e la cui fase vaporesia una miscela gassosa perfetta, si comporta come una soluzione ideale diluita nelle regioni in cui unocomponenti è prevalente, mentre gli altri sono presenti a diluizione estrema. Consideriamo per chiariremeglio le idee il diagramma di stato di una soluzione binaria in gura (2.6): nella regione di sinistra dove

    x1 è piccola , si ha una soluzione diluita approssimativamente ideale del componente 1 nel componente2 e valgono le leggi Raoult per il componente 2 ( p2 = p∗2x2) e di Henry per il componente 1 ( p1 = K 1x1):il signicato di µ∗2 è quello di potenziale chimico del componente 2 puro; mentre µ

    1 rappresenta ilpotenziale chimico di uno stato - irrealizzabile - del componente 2 puro, ma con propriet` a estrapolatedalla condizione di estrema diluizione 1 . Analogamente, nella zona di estrema destra si considera unasoluzione ideale diluita di 2 in 1, e valgono le medesime considerazioni.

    Se la fase vapore è imperfetta, le leggi di Raoult ed Henry devono essere espresse in funzione dellefugacit à. Uguagliando infatti potenziali chimici della soluzione e del vapore si trova

    f i = K i x i (2.32)1 Come se improvvisamente tutte le molecole di 1 fossero eliminate lasciando le poche molecole di 2 nelle stesse condizioni

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    24 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    Figura 2.6: Soluzione ideale diluita.

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    2.6. PROPRIET À DI MESCOLAMENTO DELLE SOLUZIONI IDEALI 25

    Componente K /(bar kg mol − 1)pentano 0.00078benzene 0.18etanolo 120

    cicloesano 0.0051CCl4 0.034

    acetone 23cloroformio 0.24

    CO2 0.045

    Tabella 2.1: Coefficienti di Henry in acqua a 298.15 K; Yaws, C.L.; Yang, H.-C., Henry’s law constant for compound in water in Thermodynamic and Physical Property Data , C. L. Yaws, ed(s)., Gulf PublishingCompany, Houston, TX, 1992, 181-206.

    e se la soluzione resta ideale per xi → 1 abbiamo l’equivalente della legge di Raoult espressa rispettoalla fugacit à del componente puro alla stessa pressione e temperatura della soluzione considerata

    f i = f ∗i x i . (2.33)

    2.6 Propriet̀ a di mescolamento delle soluzioni ideali

    Le propriet`a di mescolamento delle soluzioni ideali possono essere ricavate usando la medesima proceduraimpiegata per le miscele gassose. Dall’espressione (2.27)

    µiT

    = µ∗i

    T + R ln x i (2.34)

    ∂µ i /T ∂T

    p,n=

    ∂µ∗i /T ∂T

    p

    (2.35)

    ∂µ i∂p

    T, n=

    ∂µ∗i∂p

    T

    (2.36)

    ricordando che µ∗i non dipende dalla composizione. Usando ora le denizioni di grandezze parziali molari

    otteniamo

    −H̄ iT 2

    =∂µ∗i /T

    ∂T p

    (2.37)

    V̄ i =∂µ∗i∂p

    T

    (2.38)

    da cui segue che in una soluzione ideale le entalpie parziali molari e i volumi parziali molari sonoindipendenti dalla composizione. Se la soluzione ideale ad ogni composizione, ne consegue che le entalpiee i volumi parziali molari sono uguali alle corrispondenti grandezze molari e quindi l’entalpia ed il volumedi mescolamento sono nulli. Ma la maggior parte delle soluzioni hanno un comportamento ideale diluito,

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    26 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    quando cioè una delle specie, il solvente, è presente in eccesso. In questo caso solo l’entalpia ed il volumeparziale molare del solvente possono essere uguagliate alle grandezze molari, mentre in generale H̄ i eV̄ i per i soluti saranno diversi dalle grandezze molari dei soluti puri. Considerazioni analoghe possonoessere svolte per l’energia libera di Gibbs e l’entropia di mescolamento. Se la soluzione è ovunque idealesi ritrovano facilmente le medesime espressioni gi` a trovate per la miscela gassosa perfetta.

    2.7 Dipendenza da T e p degli equilibri di soluzioni ideali

    Concludiamo questo capitolo chiedendoci quali sia l’effetto di pressione e temperatura sui coefficienti diHenry in una soluzione ideale diluita. Partiamo dall’uguaglianza dei potenziali chimici, dividendo perla temperatura

    µsoliT

    = µvapi

    T (2.39)

    ed uguagliamo i differenziali totali, sostituendo le espressioni dei potenziali chimici di una soluzioneideale a sinistra e di una miscela gassosa perfetta a destra

    ∂µ soli /T ∂T

    dT + 1T

    ∂µ soli∂p

    dp + 1T

    ∂µ soli∂x i

    dx i =∂µ vapi /T

    ∂T dT +

    1T

    ∂µ vapi∂p i

    dpi (2.40)

    Per le propriet`a delle soluzioni ideali e delle miscele gassose perfette otteniamo facilmente

    −H̄ iT 2

    dT +V̄ iT

    dp + Rx i

    dx i = −H vapi,mT 2

    dT + R pi

    dpi (2.41)

    che pu ò essere riscritta come

    d ln pix i

    ≡ d ln K i =H vapi,m − H̄ i

    RT 2 dT +

    V̄ iRT

    dp (2.42)

    da cui discende che

    ∂ ln K i∂T

    p

    =H vapi,m − H̄ i

    RT 2 (2.43)

    ∂ ln K i∂p

    T

    =V̄ i

    RT (2.44)

    (2.45)

    Si noti che H vapi,m − H̄ i è il calore assorbito nell’evaporazione di una mole di componente dalla soluzionealla temperatura e pressione date.

    2.8 Approfondimenti

    2.8.1 Fasi anisotrope

    Una mesofase è una fase della materia che esibisce propriet` a intermedie tra un solido ed un liquido. Digrande importanza per lo sviluppo della tecnologica di nuovi materiali e per l’interpretazione di molti

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    2.8. APPROFONDIMENTI 27

    fenomeni biologici, le mesofasi costituiscono uno dei pi´u moderni ed avanzati campi di studio dellachimica sica. La grande maggioranza delle mesofasi è esibita da sostanza note come cristalli liquidi 2.

    I cristalli liquidi, dal punto di vista chimico, sono molecole organiche di forma allungata, formateessenzialmente da due parti: una regione rigida che fornisce la classica forma a “bastoncino” che soli-tamente si associa a questo tipo di molecole ed una regione mobile che, invece, è responsabile del lorocomportamento relativamente disordinato. Questa duplice natura del cristallo liquido è causa delleparticolari propriet` a che manifesta: la relativa rigidit` a della struttura è responsabile dell’ordine cheessi presentano a livello molecolare analogamente a quanto accade nei cristalli, mentre le catene lateralimobili forniscono ad essi propriet` a di uidit̀ a e di scorrimento caratteristiche dei liquidi ordinari isotropi.

    In condizioni normali l’anisotropia microscopica dovuta all’orientamento medio delle molecole nonsi manifesta a livello macroscopico (analogamente a quanto accade, ad esempio, nei materiali ferromag-netici) per la struttura a zone (o domini) del cristallo liquido: in ognuna di esse le molecole assumonouna determinata orientazione media ssa che per` o è diversa da una zona all’altra. Tra di esse sono pre-senti singolarit`a in cui l’orientazione delle molecole subisce una rotazione o twist. Tuttavia, applicandoun campo magnetico o elettrico esterno, si pu` o indurre in tutto il campione un’orientazione preferenziale(perpendicolare o parallela al campo) che d` a al cristallo liquido un’anisotropia che si manifesta a livellomacroscopico. Le propriet`a ottiche, magnetiche, elettriche della sostanza esibiscono tutte una marcataanisotropia che rende questi sistemi interessanti per applicazioni tecnologiche di vario tipo (soprattuttodi tipo ottico: display).

    Figura 2.7: Cristalli liquidi: a) nematico; b) smettico A; c) smettico C

    L’orientazione media delle molecole in un cristallo liquido è individuata da un vettore unitariochiamato direttore e indicato dal simbolo n : esso rappresenta la media locale della direzione dellemolecole in ogni punto del campione preso in esame.

    2 Questa sezione è tratta da: Dinamica di processi diffusivi in uidi isotropi ed anisotropi , F. Meneghini, Tesi di Laureain Chimica, Universit` a degli Studi di Padova, 2001

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    28 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    Esistono molte diverse categorie di cristalli liquidi. Una prima classicazione che si pu` o fare distinguequeste sostanze in termotropiche e liotropiche , a seconda che la transizione di fase dal liquido isotropoalla fase liquido-cristallina avvenga in seguito ad una variazione di temperatura o di concentrazione.Cristalli liquidi liotropici sono, ad esempio, i tensioattivi che danno strutture micellari in soluzione;cristalli liquidi termotropici sono invece quelli che normalmente vengono usati per la tecnologia diproduzione dei display.

    Una classicazione diversa distingue i cristalli liquidi in base alle propriet` a d’ordine delle fasianisotrope. Le classi pi´u importanti sono essenzialmente due: i nematici che presentano ordine ori-entazionale, ma non traslazionale e gli smettici che hanno anche un ordine traslazionale (i centri dimassa sono distribuiti su piani paralleli tra loro). I cristalli liquidi smettici poi si suddividono ulterior-mente in A se il direttore è perpendicolare al piano che individua gli strati; B, analoghi agli A, ma incui le molecole hanno una disposizione esagonale delle molecole all’interno degli strati; C se il direttoreè inclinato rispetto alla normale al piano smettico.All’interno di queste categorie principali si possono poi individuare fasi particolari come sono ad es-empio quelle formate da molecole chirali ( fasi colesteriche ). In esse il direttore tende a ruotare nellospazio attorno ad un asse formando eliche sinistrorse o destrorse, a seconda dell’enantiomero che si usa.A met à strada tra le fasi colesteriche e non, vi sono poi le cosiddette fasi frustrate che, pur essendosempre formate da molecole chirali, non riescono a formare vere e proprie eliche. Esse compaiono inintervalli di pochi gradi centigradi e sono comunque rare: tra queste si possono nominare le fasi blu ele TGB (twist grain boundary). Le prime tentano di formare doppie eliche con assi perpendicolari traloro: queste stutture, tuttavia, non riescono a coprire lo spazio tridimensionale uniformemente e quindisi formano difetti che danno luogo strutture pi´ u complesse. Le TGB, invece, sono strutture formate

    dalla competizione tra la tendenza del cristallo liquido a formare una fase smettica e quella di formareun’elica dovuta alla chiralit` a delle molecole. Quel che ne deriva è una coesistenza delle due strutture incui “grani” di fase smettica ruotano a formare un’elica.

    Le fasi piú comuni e pi ú largamente studiate nei cristalli liquidi sono quelle nematiche. Per descri-vere a livello teorico queste fasi si deve poter quanticare l’ordine orientazionale che le caratterizza:supponendo che le molecole abbiano simmetria assiale, si potr` a denire la funzione di distribuzionef (θ) dell’angolo caratteristico θ tra l’asse lungo della molecola e l’asse z del sistema di riferimento. Lafunzione f (θ) potr à essere espansa su di una base completa di polinomi ortogonali quali sono i polinomidi Legendre P n (cos θ): di questi contribuiranno solo quelli di ordine pari:

    f (θ) = c2P 2(cos θ) + c4P 4(cos θ) + . . . (2.46)

    I coefficienti dell’espansione sono quindi dati da:

    ci N i = 2π

    0dφ

    π

    0dθ sin θP i (cos θ)f (θ) = S i (2.47)

    Gli S i vengono chiamati parametri d’ordine e sono quantitativamente indicativi dell’ordine della fase:normalmente viene considerato solamente S 2, essendo di gran lunga il maggiore. Il parametro d’ordinevaria da 0 per una fase completamente disordinata ( f non dipende da θ e quindi pu ò essere estrattodall’integrale dando S 2 = 0), a 1 per una fase completamente ordinata: valori intermedi danno una faseparzialmente ordinata (normalmente un nematico ha valori di S 2 che variano da 0 .3 a 0.7).

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    2.8. APPROFONDIMENTI 29

    Figura 2.8: Cristalli liquidi: a) e b) fasi blu; c) TGB

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    30 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

    Figura 2.9: Cristalli liquidi: MBBA (4-Methoxibenzylidene-4’-n-butylaniline), PAA (4,4’-Dimethoxyazoxy benzene), 5CB (4’-n-Pentyl-4-cyanobiphenyl)

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    2.8. APPROFONDIMENTI 31

    Rimane ora da determinare l’espressione esplicita di f (θ): in base alla teoria di Maier-Saupe si pu` odenire un potenziale di campo medio V mf (θ), il quale dipende solamente dalle forze di Van der Waalsed è invece indipendente dalla temperatura, per cui la funzione di distribuzione pu` o essere scritta come:

    f (θ) = exp(

    − V mf (θ

    )/k B T

    )Z (2.48)

    in cui kB è la costante di Boltzmann, T è la temperatura e Z è l’integrale di normalizzazione dato da:

    Z = 2π

    0dφ

    π

    0dθ sin θ exp( − V mf (θ)/k B T ) (2.49)

    Anche il potenziale, essendo una funzione di θ, pu ò essere espanso sulla base dei polinomi di Legendre,di cui si pu ò mantenere solamente il termine dominante in P 2 . Risulta quindi V mf = c2P 2(cos θ) cheè comodo riscrivere come V mf = −ǫS 2P 2(cos θ), in cui ǫ è un fattore positivo che ha le dimensioni diun’energia e dipende dal particolare sistema sico considerato.

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    32 CAPITOLO 2. SOLUZIONI: PROPRIET À GENERALI E SOLUZIONI IDEALI

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    Capitolo 3

    Soluzioni: comportamenti non-ideali

    In questo Capitolo completeremo lo studio delle soluzioni introducendo una descrizione generale delle

    soluzioni reali, per le quali le leggi di Raoult/Henry cessano di essere valide. Con una procedura chedovrebbe ssere ormai familiare allo studente, procederemo dapprima alla denizione di relazioni generaliper descrivere il potenziale chimico dei componenti di una soluzione reale e da queste dedurremo ilcomportamento della soluzione stessa. Considereremo inoltre inoltre in questo Capitolo in qualchedettaglio il processo di distillazione, per le sue importanti applicazioni tecnologiche, e svilupperemoalcuni modelli per la dipendenza dalla temperatura, pressione e composizione dei potenziali chimici diuna soluzione reale. Inne discuteremo quella serie di propriet` a delle soluzioni, note come propriet` acolligative, che dipendono in modo esiziale dalla composizione della soluzione.

    3.1 Coefficienti di attività

    La descrizione delle soluzioni non-ideali richiede alcune distinzioni. Iniziamo dal considerare il caso diuna soluzione in cui tutti i componenti sono liquidi allo stato puro, alla stessa temperatura e pressionedella soluzione. In questo caso deniamo il potenziale chimico di ciascun componente della soluzionecome

    µi = µ∗i + RT ln γ i x i (3.1)

    limx i → 1

    γ i = 1 (3.2)

    Il coefficiente adimensionale γ i si dice coefficiente di attivit` a del componente i-esimo, mentre laquantit`a

    a i = γ i x i (3.3)

    si dice semplicemente attivit` a del componente. Per xi → 1 il coefficiente di attivit`a tende a 1 perdenizione e quindi il termine logaritmico tende a 0: di conseguenza µ∗i è il potenziale chimico del componente puro alla temperatura e pressione ssate , che corrisponde allo stato standard o di riferimentorispetto al quale il potenziale chimico del componente in soluzione è misurato.

    Nella maggior parte dei casi, per` o, è necessario distinguere tra solvente e soluti, cioè tra un com-ponente in eccesso e gli altri componenti, che sono perlopi´ u solidi o gas. In questo caso si adotta una

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    34 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    diversa convenzione per i coefficienti di attivit` a del solvente e del soluto. La denizone di potenzialechimico dei componenti di una soluzione di questo tipo è perci` o

    µi = µ∗i + RT ln γ i x i (3.4)

    limx 0 → 1

    γ 0 = 1 solvente (3.5)

    limx i → 0

    γ i = 1 soluti (3.6)

    dove per convenzione usiamo l’indice 0 per il solvente ed i (i > 0) per tutti i soluti. In pratica, sisceglie ora per il solvente lo stesso stato standard del caso precedente, cioè il solvente puro; mentre peri soluti si sceglie come stato standard lo stato ipotetico corrispondente al soluto puro in una condizione(irrealizzabile) corrispodente all’estrapolazione del comportamento basato sulla legge di Henry.

    Supponiamo che una soluzione non-ideale sia a contatto con una fase vapore (per semplicit` a assuntaperfetta). Applicando le denizioni dei potenziali chimici ed uguagliandole per ciascun componente

    nelle due fasi, come abbiamo gi`a visto per le soluzioni ideali, possiamo scrivere

    µsoli = µvapi (3.7)

    ed in forma esplicita

    µ∗i sol + RT ln γ i x i = µ⊖

    i vap + RT ln pi p⊖

    (3.8)

    dove pi è la tensione di vapore del componente e x i è la frazione molare in soluzione. Si trova facilmenteche

    pi = K i γ i x i (3.9)

    K i = p⊖ exp[(µ∗i sol − µ⊖

    i vap )/RT ] (3.10)

    Se la soluzione è descritta secondo la prima convenzione (soluzione di soli ”solventi”), per x i → 1 si haγ i → 1 e dunque K i , che non dipende dalla concentrazione, deve essere uguale alla tensione di vaporedel componente puro, per cui

    pi = p∗i γ i x i (3.11)

    Nel secondo caso, molto pi ú comune (soluzione solvente + soluti), K 0 è la tensione di vapore del soluto,

    p∗0, mentre una K i con i > 0 è la pendenza, a diluizione innita, della tensione di vapore del componente,cioè il coefficiente di Henry per il componente stesso. Si noti che dunque operativamente il coefficientedi attivit`a del solvente è misurabile come il rapporto della tensione di vapore del solvente in soluzionee del valore della tensione di vapore previsto dalla legge di Raoult, mentre per un soluto è il rapportodella tensione di vapore del souto in soluzione e del valore della tensione di vapore previsto dalla leggedi Henry

    γ 0 = pi p∗i x i

    (3.12)

    γ i = piK i x i (3.13)

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    3.2. MOLALIT À 35

    3.2 Molalità

    La frazione molare è una grandezza adimensionale, molto utile per esprimere le concentrazioni di unsistema multicomponente, e dovrebbe essere sempre usata per la sua semplicit` a di impiego in consider-

    azioni teoriche. Tuttavia, molti dati sperimentali sono riferiti a diversi parametri di concentrazione, eper le soluzioni tra le pi ú usate è senz’altro la molalit` a .

    La molalit à di un soluto è denita come il numero di moli di soluto disciolte in 1 kg di solvente. Sen0 e n i sono le moli di solvente e soluto in una soluzione con N soluti e M 0 è il peso molecolare delsolvente, espresso in chilogrammi per mole, ma molalit` a del soluto è

    m i = n in0M 0

    (3.14)

    mentre la sua frazione molare è

    x i = n in0 + N j =1 n j

    (3.15)

    Il rapporto tra molalit` a e frazione molare p̀erci ò

    m ix i

    =n0 + N j =1 n j

    M 0n0=

    1M 0x0

    (3.16)

    se la diluzione dei soluti è molto elevata, cioè j n j → 0, si ha x0 → 1, e quindi (per soluti in soluzionimolto diluite)m i ≈

    xiM 0 (3.17)

    Un’altra scala di concentrazione ben nota al chimico è la molarit` a , denita come il rapporto trail numero di moli del soluto per il volume totale della soluzione, ci = n i /V ; la difficoltà di predire ilvolume totale di una soluzione reale a partire dai volumi dei suoi componenti rende la molarit` a unapessima grandezza per modelli termodinamici. Se la densit` a della soluzione in chilogrammi per metrocubo è ρ, si ha che

    cin iV

    = n i

    M 0n0 + N j =1 M j n jρ

    = n i ρ

    M 0n0 + N j =1 M j n j(3.18)

    da cui segue che

    cix i

    =ρ(n0 + N j =1 n j )

    M 0n0 + N j =1 M j n j(3.19)

    e per soluzioni diluite si ottiene

    ci ≈ ρxiM 0

    = ρm i (3.20)

    La dipendenza dalla densit` a della soluzione rende perci`o l’uso della molarit à sconsigliabile rispetto allamolalit à.

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    36 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    Quando si considerino soluzioni di solidi o gas in liquidi, la concentrazione del solvente è di solitoespressa in frazione molare, mentre per i soluti si pu` o usare la molalit`a. Di conseguenza la denizionedei potenziali chimici delle specie presenti viene modicata nel modo seguente

    µ0 =

    µ∗

    0 +

    RT ln

    γ 0x0 (3.21)

    limx 0 → 1

    γ 0 = 1 solvente (3.22)

    µi = µ⋄i + RT ln γ ⋄

    i m i (3.23)

    limm i → 0

    γ ⋄i = 1 soluti (3.24)

    dove il potenziale standard µ⋄i è uno stato ipotetico in cui γ ⋄

    i = 1 per m i = 1, e non dipende dallacomposizione della soluzione; il potenziale standard µ⋄i ed il coeffiente di attivit`a γ

    i sono diversi dallegrandezze analoghe espresse quando le concentrazioni e lo stato standard sono basati sulle frazionimolari. Il potenziale chimico è invece, naturalmente, lo stesso; si ha perci` o

    µ⋄

    i + RT ln γ ⋄

    i m i = µ∗

    i + RT ln γ i x i (3.25)da cui segue

    RT ln γ ⋄i m iγ i x i

    = µ∗i − µ⋄

    i (3.26)

    per soluzioni diluite per`o entrambi i coefficienti di attivit` a vanno ad uno da cui segue

    RT ln m ix i

    ≈ − RT ln M 0 = µ∗i − µ⋄

    i (3.27)

    che è sempre vera (il secondo membro non dipende dalla concentrazione). Segue perci` o cheγ ⋄iγ i

    = xiM 0m i

    (3.28)

    che fornisce una relazione tra i coefficienti di attivit` a espressi nella convenzione delle frazioni molari(coefficienti razionali ) e delle molalit à (coefficienti pratici ) per qualunque concentrazione.

    3.3 Diagrammi pressione-composizione

    In questa sezione discuteremo alcune propriet` a dei sistemi bifasici bicomponenti, con particolare at-tenzione all’interpretazione del meccanismo della distillazione . I sistemi bifasici bicomponenti hannovarianza due, come abbiamo gi` a visto. Consideriamo una soluzione liquida in equilibrio con il suo vapore,dove entrambi i componenti sono volatili. Dall’uguaglianza del potenziale chimico di un componente

    abbiamo− S̄ soli dT + V̄ soli dp +

    ∂µ soli∂x 1

    dx1 = − S̄ vapi dT + V̄ vap

    i dp +∂µ vapi∂y1

    dy1 (3.29)

    dove con x1 indichiamo la frazione molare del componente 1 in soluzione e con y1 la frazione molare dellostesso componente nel vapore; oltre a queste due equazioni sussistono anche le relazioni di Gibbs-Duhem

    x1∂µ sol1∂x 1

    + (1 − x1)∂µ sol2∂x 1

    = 0 (3.30)

    y1∂µ vap1∂y1

    + (1 − y1)∂µ vap2∂y1

    = 0 (3.31)

    (3.32)

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    3.3. DIAGRAMMI PRESSIONE-COMPOSIZIONE 37

    Combinando queste quattro equazioni si ottiene

    ∂µ sol1∂x 1

    y1 − x11 − x1

    dx1 = − [y1(S̄ vap1 − S̄ sol1 ) + (1 − y1)( S̄

    vap2 − S̄

    sol2 )]dT +

    + [y1(V̄ vap1 − V̄ sol1 ) + (1 − y1)( V̄ vap2 − V̄ sol2 )]dp (3.33)

    quindi in accordo con la regola delle fasi, esiste una relazione che collega fra loro le tre variabili intensivrT , p e x1. Analizziamo alcune consequenze della (3.33). Se si mantiene la composizione della soluzionearticialmente costante (per esempio continuando ad aggiungere il componente che passa pi´ u facilmenteallo stato di vapore) si ottiene

    ∂p∂T

    x 1

    = y1( H̄ vap1 − H̄ sol1 ) + (1 − y1)( H̄

    vap2 − H̄ sol2 )

    T y1(V̄ vap1 − V̄ sol1 ) + (1 − y1)(V̄ vap

    2 − V̄ sol2 ) =

    ∆ H T ∆ V

    (3.34)

    dove le entropie sono state sostituite con le entalpie divise per la temperatura: il numeratore ∆ H è ilcalore latente differenziale di evaporazione. Se la fase vapore è perfetta, possiamo ottenere l’equivalentedella Clausius-Clapeyron

    ∂ ln p∂T

    x 1

    = ∆ H RT 2

    (3.35)

    Un’altra importante consequenza della (3.33) è la possibilit` a di predire comportamenti della temperaturadi ebollizione con massimi o minimi. Ricavando infatti le espressioni delle derivate di T e p rispetto adx1 si trova

    ∂T ∂x 1 p

    ∝ y1 − x11 − x1

    , ∂p∂x 1 T

    ∝ y1 − x11 − x1

    (3.36)

    e se il vapore ha la stessa composizione della soluzione, queste derivate si annullano; ne consegue chesoluzioni il cui vapore ha la medesima composizione hanno un punto di ebollizione massimo o minimo(azeotropi ).

    La razionalizzazione dei comportamenti complessi della fasi a pi´ u componenti è di solito possibileusando i diagrammi pressione composizione e/o temperatura composizione. I diagrammi pressione-composizione riuniscono insieme in unico graco la tensione di vapore totale contro la composizione delvapore e la composizione del vapore contro la composizione della soluzione. Prendiamo in esame peresempio una soluzione ideale; la tensione di vapore totale è

    p = p∗2 + ( p∗

    1 − p∗

    2)x1 (3.37)

    come segue dalla legge di Raoult; inoltre:

    y1 = x1 p∗1

    p∗2 + ( p∗

    1 − p∗

    2)x1(3.38)

    p = p∗1 p

    2 p∗1 + ( p

    2 − p∗

    1)y1(3.39)

    queste funzioni sono rappresentate in gura (3.1). Consideriamo ora il diagramma in gura (3.2) (a)che riporta in ascissa una frazione molare del componente 1 ed in ordinata una pressione, a temperatura

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    38 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    Figura 3.1: Composizione del vapore contro composizione della soluzione e tensione di vapore totalecontro composizione del vapore per una soluzione ideale, a vari valori di p∗1/p

    2

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    3.3. DIAGRAMMI PRESSIONE-COMPOSIZIONE 39

    costante . La retta in diagonale rappresenta la tensione di vapore totale di una soluzione di composizionedata (ascissa come x1); punti sopra la retta sono fasi liquide, poiché la pressione è superiore alla tensionedi vapore. La curva rappresenta la tensione di vapore totale di una vapore di composizione data (ascissacome y1); punti sotto la curva sono fasi vapore, poiché la pressione è inferiore alla tensione di vapore. Lazone compresa tra la retta e la curva rappresenta la coesistenza delle due fasi: l’ascissa in questo caso èla frazione molare totale del componente 1 nel sistema, che indichiamo con z1. Come è infatti indicatoin gura (3.2), la zona superiore, avendo ssato la temperatura, è a varianza 2; quella intermedia è avarianza 1 e quella inferiore è a varianza 2.

    Come possiamo leggere un diagramma di questo tipo? Analizziamo la gura (3.2) (b): il puntoI corrisponde ad uno stato liquido, a pressione p e composizione x1 = c′liq ; diminuendo la pressione,raggiungiamo la retta e inizia a formarsi una quantit` a innitesima di vapore a composizione y1 = c′vap ,alla pressione p′ , che è ora anche la tensione di vapore; abbassando la pressione a p′′ abbiamo unasoluzione di composizione x1 = c′′liq ed un vapore di composizione y1 = c

    ′′vap e cośı via, no ad arrivare al

    punto F, a pressione cośı bassa che esiste solo vapore alla medesima composizione del liquido originario.Possiamo ricavare un’utile relazione quantitativa tra le composizioni della soluzione e del vapore e i

    Figura 3.2: Diagrammi pressione-composizione.

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    40 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    segmenti che uniscono un punto iniziale ad un dato z1 e i punti di intersezione lungo la retta e la curva,cfr. gura (3.2) (d). Se indichiamo con nliq e nvap il numero di moli totali di soluzione e di vapore,possiamo scrivere per il primo componente

    nz 1 ≡ (n liq + nvap )z1 = n liqx1 + nvap y1 (3.40)

    da cui segue n liq (x1 − z1) = nvap (z1 − y1) e posto lliq = x1 − z1 , lvap = z1 − y1 risulta

    n liq lliq = nvap lvap (3.41)

    nota anche come regola della leva .

    3.4 Diagrammi temperatura composizione: distillazione

    Il processo di distillazione è basato sull’idea che il componente pi´ u volatile di una soluzione è presentein proporzioni maggiori nel vapore che nella soluzione; condensando il vapore sottratto al sistema siottiene dunque una soluzione a diversa composizione, che è via via, ripetendo la procedura pi´ u ricco nelcomponente pi´u volatile. Per l’interpretazione di questo tipo di processi è utile impiegare dei diagrammitemperatura-composizione, del tutto analoghi ai diagrammi pressione-composizione sopradescritti, maa pressione costante (di solito 1 atm) invece che a temperatura costante. La zona del liquido è sottola curva inferiore, che indica la temperatura di ebollizione; la curva superiore indica la composizione diun vapore in equilibrio con un liquido ad una data temperatura. Partendo da un punto situato nellazona liquida a composizione x1 = c′liq e riscaldando da T a T

    ′ si raggiunge l’ebollizione a cui compareun vapore di composizione y1 = c′

    vap; se questo vapore viene condensato e riportato ad ebollizione alla

    temperatura T ′′ si forma un vapore di composizione y1 = c′′vap e cośı via. In una distillazione semplice ,in cui un componente è poco volatile, il vapore è praticamente costituito dal solo componente volatilee viene continuamente condensato; in una distillazione frazionata i componenti sono tutti volatili eper arricchire la soluzione nel componente meno volatile o per ottenere una nuova soluzione via viapiú ricca nel componente pi´u volatile si procede condensando e riportando alla’ebollizione il vapore,in una serie di cicli successivi. La presenza di fasi azeotrope, caratteristica delle soluzioni non-ideali,rende per ò il processo di distillazione pi´u complesso: la possibilit à di avere massimi nel diagrammi T vs.composizione, gi à illustrata formalmente in precedenza, ha come conseguenza la formazione preferenzialedell’azeotropo in una distillazione frazionata come per le soluzioni etanolo/acqua (un azeotropo si formaa 78 ◦ C con il 4 % di acqua in alcol).

    3.5 Liquidi parzialmente miscibili

    Consideriamo il caso di due liquidi parzialmente miscibili, con un diagramma di stato come quelloillustrato in gura (3.8). Analizziamo dapprima il comportamento delle soluzioni binarie di liquidiparzialmente miscibili, in presenza e in assenza di fase vapore, dal punto di vista della regola delle fasi.A basse frazioni molari del primo componente i due componenti si mescolano e danno luogo ad uncomportamento classico; nella zona centrale si formano due fasi liquide a composizione costante (unapiú ricca in un componente e l’altra nell’altro) in equilibrio con una fase vapore; segue poi una zona

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    3.5. LIQUIDI PARZIALMENTE MISCIBILI 41

    Figura 3.3: Diagramma schematico temperatura-composizione.

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    42 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    Figura 3.4: Apparato di distillazione di laboratorio.

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    3.5. LIQUIDI PARZIALMENTE MISCIBILI 43

    Figura 3.5: Un antico apparato di distillazione.

    in cui la fase liquida diviene nuovamente una sola. È evidente che nella zona centrale, a causa dellaregola delle fasi, il sistema è monovariante (2 componenti e 3 fasi), quindi se si ssa la pressione totale

    le tensioni di vapore parziali dei due componenti restano le stesse.Di interesse sono i diagrammi temperatura-composizione per soluzioni binarie mono o bifasiche di

    liquidi parzialmente miscibili, in assenza di fase vapore (cioè sotto la temperatura di ebollizione) . Nelleregioni di composizione dove i due liquidi non si mescolano, sono presenti due fasi (cioè due soluzioniliquide a diversa composizione) e quindi la varianza è 2; ssata la pressione, per ogni temperatura lacomposizione delle due fasi è determinata. Se i due liquidi si mescolano completamente, si ha una solafase, e quindi la varianza è 3: a pressione ssata, sia la temperatura che la composizione della fasepossono essere variate liberamente. Possiamo discutere il processo di dissoluzione di due liquidi parzial-mente miscibili considerando la gura (3.9), che rappresenta il diagramma temperatura-composizione

    per due componenti liquidi 1 e 2 in funzione di z2 (frazione molare totale di 2), a pressione ssata.Per una data temperatura, inferiore alla temperatura critica superiore T c, a basse concentrazioni delliquido 2 si ha un’unica fase, ricca in 1; al crescere di z2 si giunge alla formazione di due fasi, una riccain 1 (e in maggior quantit` a), ed una ricca in 2 (in tracce). Le due curve indicano la composizione delledue fasi ad ogni temperatura, e l’abbondanza relativa delle due fasi ad una temperatura è data dallaregola della leva

    nsol. 2 in 1lsol. 2 in 1 = nsol. 1 in 2lsol. 1 in 2 (3.42)

    al crescere di z2, la composizione delle due fasi non cambia , perché per la regola delle fasi in presenzadi due fasi la varianza è due, e la temperatura e la pressione sono gi` a state ssate; aumenta per` ol’abbondanza della seconda soluzione, ricca in 2; inne la quantit` a di 2 aggiunta è tale da portare alla

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    44 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    Figura 3.6: Esempio di diagramma temperatura-composizione che presenta un azeotropo a basso puntodi ebollizione .

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    3.5. LIQUIDI PARZIALMENTE MISCIBILI 45

    Figura 3.7: Esempio di diagramma temperatura-composizione che presenta un azeotropo ad alto puntodi ebollizione.

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    46 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    Figura 3.8: Diagramma di stato schematico per due liquidi parzialmente miscibili.

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    3.5. LIQUIDI PARZIALMENTE MISCIBILI 47

    Figura 3.9: Diagramma temperatura composizione di due liquidi parzialmente miscibili a pressionessata.

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    48 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    scomparsa della soluzione ricca in 1 e alla presenza di un’unica soluzione ricca in 2. Sopra la temperaturacritica, i due liquidi sono completamente miscibili, e quindi la varianza è tre: anche a temperatura epressione ssata, la composizione dell’unica soluzione pu` o cambiare. Si noti che possono essere soluzionidi liquidi parzialmente miscibili con una temperatura critica inferiore (ciòe tale che solo sotto T c iliquidi sono completamente miscibili) e soluzioni con una temperatura critica sia inferiore che superiore.La distillazione di una soluzione di liquidi parzialmente miscibili pu` o essere naturalmente abbastanzacomplicata: sostanzialmente si dovranno distinguere due casi principali, quando la temperatura diebollizione è superiore alla temperatura critica superiore (se esiste) oppure quando è inferiore. Unasituazione piuttosto comune è data dal caso di due liquidi parzialmente miscibili, con temperaturacritica superiore, e temperatura di ebollizione sempre maggiore della temperatura critica, in equilibriocon una miscela di vapori che forma un azeotropo.

    3.6 Soluzioni solido-liquidoInne, consideriamo brevemente la descrizione dei diagrammi temperatura-composizione di soluzionisolido-liquido. Un tipico diagramma di questo tipo è illustrato in gura (3.10), che mostra la variazionedel comportamento di una soluzione di due componenti A e B quasi immiscibili in forma solida, ecompletamente mescolabili in forma liquida. A temperatura elevata il sistema si presenta come una sola

    Figura 3.10: Diagramma temperatura composizione di una soluzione solido-liquido

    fase liquida, bicomponente (quindi a varianza 3: a pressione ssata e temperatura ssata la composizionepu ò variare). Scendendo con la temperatura, il sistema entra in una regione in cui sono presenti duefasi, con una soluzione e uno dei due componenti in forma solida, per esempio A; la soluzione ha unacomposizione indicata dal punto della curva relativa alla composizione totale data e l’ammontare relativo

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    3.6. SOLUZIONI SOLIDO-LIQUIDO 49

    di liquido e solido è dato dalla regola della leva; continuando a scendere con la temperatura si giungealla separazione dei due solidi. Il punto a temperatura pi´ u bassa in cui coesistono la soluzione ed unsolido si dice punto eutettico : una soluzione al punto autentico congela senza prima depositare informa solida uno suoi componenti. In gura (3.11) è mostrato il diagramma temperatura-composizionedel sistema acqua-NaCl, che forma un eutettico alla composizione del 23 % in peso di NaCl in acqua.Possiamo calcolare la pendenza di una delle curve che stabiliscono la composizione di una soluzione nei

    Figura 3.11: Diagramma temperatura composizione del sistema acqua-NaCl..

    diagrammi (3.10) e (3.11). Se supponiamo che la soluzione sia ideale ed in presenza del solido puroi-esimo, si ha che

    µsolidoi = µi + RT ln x i → ln x i = − µ∗

    iRT + µ

    solidoiRT (3.43)

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    50 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    dove x i è la frazione molare in soluzione del componente. Derivando l’espressione precedente rispetto aT , a p ssata, si ottiene

    ∂ ln x i

    ∂T p=

    H liquidom,i − H solidom,i

    RT 2 =

    ∆ H

    RT 2 (3.44)

    dove H liquidom,i e H solidom,i sono le entalpie molari del componente puro nello stato liquido e solido ipoteticoalla temperatura T , che non è la temperatura di fusione alla pressione data del componente puro, ingenerale: ∆ H non è quindi il calore latente di fusione alla temperatura di fusione, ma piuttosto il calorelatente di fusione alla temperatura T , una grandezza ottenibile per integrazione della dipendenza delleentalpie molari in funzione della temperatura (cfr. la prossima sezione).

    3.7 Propriet̀ a colligative

    Discutiamo ora l’importante fenomeno delle propriet` a colligative , vale a dire quelle propriet` a sichefacilmente misurabili di una soluzione che dipendono in modo diretto dalla composizione, come con-seguenza del fatto che il potenziale chimico del solvente diminuisce in presenza di soluti , almeno insoluzioni ideali (cioè in soluzioni reali diluite). Le propriet` a colligative propriamente dette sono

    • l’abbassamento del punto di congelamento

    • l’innalzamento del punto di ebollizione

    • la pressione osmotica

    Consideriamo innanzitutto l’ abbassamento del punto di congelamento : sperimentalmente osserviamoche una soluzione, per esempio di sale in acqua congela ad un temperatura inferiore del solvente puro,e che per soluzioni diluite, l’abbassamento del punto di congelamento ad un pressione data, cioè ladifferenza tra T F temperatura di di fusione del liquido puro, e T temperatura effettiva di congelamentodella soluzione, vale la relazione

    ∆ T = T F − T = K F N

    i=1x i (3.45)

    dove K F è detta costante crioscopica e la somma corre sulle frazioni molari dei soluti. La prece-dente relazione è ottenibile, sotto opportune approssimazioni, a partire dalla (3.44), supponendo che lasoluzione sia ideale. La (3.44) è valida per ogni componente del sistema e quindi anche per il solvente.Consideriamo la variazione con la temperatura del calore latente ∆ H ; sappiamo che

    ∂ ∆ H ∂T

    p

    = ∆ c p,m (3.46)

    dove ∆ c p,m è la differenza tra la capacit` a termica a pressione costante del solvente nello stato liquido enello stato solido, alla temperatura T . Se ammettiamo che sia circa costante, possiamo scrivere

    ∆ H = ∆ H F − ∆ c p,m ∆ T (3.47)

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    3.7. PROPRIET À COLLIGATIVE 51

    dove ∆ H F è il calore latente molare di fusione del liquido puro, cioè a temperatura T F . Integrando la(3.44) da 1 al valore x0 (frazione molare del solvente nella soluzione) otteniamo

    − ln x0 = ∆ H F − ∆ c p,m ∆ T

    R1T

    − 1T F

    + ∆ c p,m

    R ln

    T F T

    (3.48)

    Se si trascura del tutto la differenza tra ∆ H e ∆ H F cioè si pone ∆ c p,m = 0 si ottiene

    − ln x0 = ∆ H F

    R1T

    − 1T F

    (3.49)

    se la soluzione è diluita e la variazione del punto di congelamento è piccola possiamo scrivere

    − ln x0 = − ln(1 −N

    i=1x i ) ≈

    N

    i=1x i ,

    1T

    − 1T F

    ≈ T F − T

    T 2F (3.50)

    da cui segue facilmente la (3.45), con la seguente stima della costante crioscopica

    K F = RT 2F

    ∆ H F (3.51)

    La costante crioscopica è quindi tanto maggiore quanto minore è il calore latente di fusione del solventepuro. Una trattazione analoga permette anche di descrivere il fenomeno dell’innalzamento del puntodi ebollizione: la temperatura di ebollizione della soluzione è maggiore del solvente puro, secondo unarelazione empirica, corretta per soluzioni diluite, data da

    ∆ T = T − T E = K E N

    i=1x i (3.52)

    dove K E è detta costante ebullioscopica e la somma corre sulle frazioni molari dei soluti. La costanteebullioscopica è stimabile come la costante crioscopica secondo l’espressione

    K E = RT 2E ∆ H E

    (3.53)

    dove ∆ H E è il calore latente di evaporazione del solvente puro.

    Solvente K F / (K/ molkg− 1) K F / (K/ molkg − 1)Benzene 5.12 2.53Canfora 40Fenolo 7.27 3.04Acqua 1.86 0.51

    Tabella 3.1: Costanti crioscopiche ed ebullioscopiche di alcuni solventi.

    Inne, discutiamo il fenomeno dell’ osmosi e della pressione osmotica , cheè la propriet` a colligativaprobabilmente pi´ u importante ma di interpretazione meno evidente. Supponiamo di avere un sistemadiviso in due sezioni, con una soluzione separata dal solvente puro mediante una membrana semiper-meabile , tale cioè da permettere il passaggio del solo solvente: la pressione osmotica è la pressione chedeve essere esercitata sulla sezione contenente la soluzione per impedire il passaggio del solvente dallasezione contenente solvente puro a quella contenente la soluzione. La pressione osmotica è una propriet` acaratteristica di una soluzione, come il suo punto di congelamento od il suo punto di fusione. La sua

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    52 CAPITOLO 3. SOLUZIONI: COMPORTAMENTI NON-IDEALI

    Figura 3.12: Osmosi e pressione osmotica..

    causa è la differenza di potenziale chimico del solvente, che è pi´ u basso nella soluzione che nel solventepuro, in seguito alla presenza del soluto: di conseguenza il sistema favorisce la diffusione delle molecoledi solvente verso la soluzione, in modo da tendere all’uguaglianza dei potenziali chimici del solventenelle due sezioni. In pratica, siano p e p′ le pressioni che agisono sul solvente puro e sulla soluzione incondizioni di equilibrio. La differenza è la pressione osmotica, indicata con Π

    Π = p′ − p (3.54)

    Per il solvente puro il potenziale chimico è µ∗( p) mentre per la soluzione, supposta ideale, il potenzialechimico del solvente è µ∗( p′ ) + RT ln x0: non scriviamo esplicitamente la dipendenza dalla temperaturain µ∗, poich́e è ssata, e usiamo l’indice 0 al piede poiché ci riferiamo al solvente. In condizioni diequilibrio

    µ∗

    ( p) = µ∗

    ( p′

    ) + RT ln x0 → RT ln x0 = µ∗

    ( p) − µ∗

    ( p′

    ) = p

    p ′ V m dp (3.55)

    dove l’ultima uguaglianza è basata sulla relazione tra volume molare ed energia libera molare del solventein rapporto alla pressione; considerando il volume molare come circa costante abbiamo

    RT ln x0 = V m Π → Π = −RT V m

    ln x0 (3.5